Capitolo 5°: "La Ricerca"

La biblioteca. In realtà era naturale aspettarsela, ma dopo lo scontro il gruppo pensava di trovare altre guardie, non certo una stanza piena di libri, sebbene preziosi, probabilmente rarissimi, e alcuni intrisi di malvagità.
Gwaeron, come i suoi compagni, aveva camminato per la stanza per qualche minuto, osservando i volumi negli scaffali, leggendone i titoli, guardando le mappe che Yeras stava prendendo. Infine si scosse.

"Non mi sembra che qui possiamo trovare molto, almeno senza restarci per ore. Non siamo venuti qui per cercare libri. Andiamo avanti."

"Certramente non stiamo cercando libri, ma sicuramente abbiamo bisogno di sapere se qui c'è stato o c'è un dannato stregone, finora non abbiamo trovato il benchè minimo indizio a parte quegli schifosi orchetti!"

Già gli orchetti, di solito sono sempre comandati da qualcuno di molto potente che con il terrore li piega ai suoi voleri, inoltre (stava riflettendo Olin) dopo lo scontro sulle scale non se n'era visto più nessuno in giro.

*Strano, che sia una qualche trappola?

Olin decise che avrebbe atteso gli eventi, raccolse le sue cose e disse "Bene dunque, andiamo avanti"

Mentre usciva dalla biblioteca, Meneldir notò con una rapida occhiata il movimento di Yeras, ma non disse nulla.

*Credo che tra breve alcune cose dovranno essere chiarite* pensò.

Si avviò con cautela verso l'ultimo piano della fortezza, quello riservato ai signori del castello. Mentre saliva lentamente l'ampia scalinata del salone, tendeva l'orecchio ad ogni minimo rumore che potesse giungere dalle altre sale.
Silenzio assoluto.
Poteva sentire il proprio respiro ed i passi pesanti del nano dietro di lui, il leggero fruscìo del giovane ramingo, i movimenti fluidi ed aggraziati di Isilion e l'inesorabile incedere di Gwaeron, solido come il giovane uomo del nord.
Eppure non si sentiva nient'altro.
Improvvisamente una sgradevole sensazione si impadronì di Meneldir: la certezza di essere osservato da occhi vigili.
Il dùnadan si guardò intorno ansioso, ma non vide nulla.
Ora anche gli altri sembravano presi dalla sua stessa preoccupazione e cominciavano a guardarsi attorno inquieti, ma mentre continuavano ad avanzare nessuno si fece vedere.
Il silenzio si faceva opprimente ed il respiro dei componenti del gruppo affannoso.
Nulla.
Improvvisamente Gwaeron, che chiudeva la fila, si voltò verso una finestra e puntò verso di essa la sua balestra, ma dopo un istante che sembrò durare un'eternità fece di nuovo cenno agli altri di proseguire.
I cinque compagni erano finalmente arrivati all'ultimo piano di Barad Eithel; davanti ai loro occhi si apriva un salone molto simile a quello che avevano appena lasciato nel piano inferiore...

Olin avanzava cercando di fare meno rumore possibile, ma la tenzione era altissima. Si stavano dirigendo verso il punto più alto della torre.

D'improvviso gli venne in mente una cosa che aveva imparato nei bassifondi di Pelargir "mai fare qualcosa di illecito senza lasciarsi avere almeno due vie di fuga", questo pensiero lo colpì come una frusta, ma forse era troppo tardi, non aveva fatto in tempo a finire il pensiero che percepì lo scatto di Gwaeron.

*che fare adesso? Posso rivolgermi a Meneldir adesso? Stupido nano, perchè non ci hai pensato prima?

Decise comunque di rischiare. Si avvicinò a Meneldir e gli disse in un soffio:
"Meneldir, che tu sappia, ci sono altre uscite da questa torre? Sai non vorrei farmelo scappare questo stregone dopo tutta la strada fatta fin'ora! Inoltre cosa succederebbe se avesse altri orchi sparsi sul territorio circostante?"

Yeras si sentì improvvisamente spaventato.

Non capiva perchè, proprio alla fine del viaggio (che mai aveva avuto paura!), proprio in quel momento, si sentiva così teso, impaurito.
Strinse il suo arco, ma sentiva che, in queste condizioni, anche la sua mira avrebbe perso di efficacia, e non lo aiutò.

Poi il turbamento di Gwaeron, che sempbrava aver visto qualcosa fuori dalla finestra, e l'ultima stanza dell'ultimo piano apparentemente uguale alla precedente...

*No. Non è il momento per farsi prendere dal panico!*
Pensò, e se ne forzò.

Si piazzò allora in mezzo alla stanza, scrutando fuori da tutte le finestre...

"Io cerco di coprirvi le spalle, e vi avviserò se qualcosa entra dalla finesta.
Voi, messere nano e messere elfo, che siete i più abili in queste cose, cercate nella stanza!
Vi prego, messere Gwaeron, se non ha niente da fare, potete avvicinarvi a me con la balestra e spartirci così le direzioni in cui osservare e, se necessario, tirare?"
In verità, Yeras aveva bisogno anche di un compagno con cui stare spalla a spalla in mezzo alla stanza...

"Meneldir" poi aggiunse "Cosa facciamo ora?"

Un dubbio poi improvviso colse Yeras, prima ancora che intraprendesse ogni azione.

"Non è che stiamo cadendo in una trappola?!"
E lo disse allarmato a Meneldir, ma in modo che tutti lo sentissero.

Pensò al nano, che già lo stava sospettando;
Pensò a Gwaeron, alle sue sensazioni;
Pensò alla caccia, di cui Yeras era abbastanza pratico...
La situazione sembrava quella!
Come la scia di carne che si lascia ad un lupo per farlo cadere nella trappola!
Era troppo "facile"; troppo "costruita"; qualcosa di tragico li stava aspettando!

Yeras cercò conforto negli occhi imperturbabili dell'elfo, che in quel momento sembrava proprio pensare ad altro...

I libri nella biblioteca parlavano di storia . . . ma niente che facesse pensare ad un Negromante!!
Yeras si era impossessato di alcune mappe, ma in quella biblioteca non sembrava esserci niente di utile . . .

La compagnia allora riprese il cammino verso le stanze più alte, come se la ricerca dovesse continuare in quella direzione, ma ad un certo punto Gwaeron fece qualcosa di insolito, come se avesse notato qualcosa fuori da una finestra lungo un corridoio.

Poteva essere un uccello, anche una piccola lucertola che per la tensione aveva fatto scattare l'Uomo del Nord, ma ad Isilion la prima cosa che venne in mente fu l'immagine di quei solchi su quel grosso tronco d'albero, ai bordi della radura dove avevano trovato degli orchi morti ammazzati . . .

Eppure l'Elfo non aveva sentito niente di particolare, ma avrebbe voluto sporgersi dalla finestra per osservare meglio la situazione con i propri occhi . . .

Il gruppo era ormai giunto nel salone del piano superiore, simile a quello che avevano appena lasciato, nel quale le scale proseguivano fino al tetto e si aprivano due porte su altrettanti corridoi che si affacciavano sul cortile interno.
Meneldir si arrestò un istante e si rivolse ad Isilion, che si era sporto dalla finestra dove Gwaeron aveva visto il fugace movimento che lo aveva allarmato:

"Hai visto qualcosa?"

L'elfo aveva una espressione preoccupata: sul muro aveva visto di nuovo i profondi solchi che lo avevano turbato nella foresta.

Dopo che Isilion aveva riconosciuto i segni sulla parete al di fuori della finestra, si fermò . . .

"Signori, ora ho la quasi completa certezza che siamo osservati! Non so se dal nemico, ma spero che, chi ha appena salito questa parete qui fuori, sia qualcuno che ha in odio gli orchi almeno quanto me . . ."

Detto questo, col coltello in una mano e il pugnale nell'altra, riprese il passo lungo il corridoio che la compagnia stava percorrendo . . .

Il nano si volse verso Isilion.

"Allora messere, visto che siamo in stallo, andiamo avanti, se il nostro fantomatico "amico" ha volgia di seguirci che faccia pure, finiamo di esplorare la torre e vediamo se ci riesce di scoprire le prove della presenza del negromante."

Olin era impaziente, quell'aria di staticità gli dava sui nervi, lui era abituato ad essere cauto certo, ma ora si esagerava.

"Entriamo in questa stanza e rovistiamola, se non troviamo niente proseguiamo. Sono stufo di aspettare che qualcuno ci piombi alle spalle! Meneldir, sei tu il capo sei d'accordo?"

"Andiamo avanti"

disse Meneldir a bassa voce.

Si diresse quindi verso una delle due porte del salone in cui si trovavano e la superò con cautela. Il gruppo proseguì in silenzio lungo il corridoio seguente, superando due alloggi vuoti ed abbandonati da tempo, le cui porte d'ingresso erano state divelte ed abbattute dagli orchi che occupavano la torre. Il segno del loro passaggio era ancora visibile sulle pareti e sui mobili. Il dùnadan, che guidava la fila, strinse con forza la lama che impugnava, ma continuò l'esplorazione.
Giunsero ad un piccolo salotto, nel quale si apriva una pesante porta chiusa a chiave, rinforzata da larghe bande di acciaio. Meneldir fece segno ad Olin di aprirla ed il nano, le spalle coperte dagli altri membri della compagnia, la aprì con estrema difficoltà, impiegando diversi minuti nell'operazione.
Il gruppo si ritrovò in un alloggio molto curato ed ordinato, i cui mobili di pregio non avevano subìto il vandalico assalto degli orchi. Al suo interno un imponente letto a baldacchino ed una infinità di alambicchi, ampolle e strani strumenti di metallo disposti ordinatamente sugli scaffali appesi alle pareti e sul ripiano di due grossi tavoli di legno. Uno scrittoio, simile a quelli della biblioteca ma lavorato con maggiore cura, era posto vicino ad una delle finestre che illuminavano l'ambiente ed era coperto di libri e documenti. Completava l'arredamento dell'ampia stanza una ingombrante biblioteca stracolma di antichi tomi e rotoli di pergamena.

Il nano entrò nella stanza con grande cautela, osservando attentamente le pareti, i mobili e le suppellettili che la occupavano alla ricerca di trappole.
Dopo aver ispezionato il resto dell'ambiente, concentrò la sua attenzione allo scrittoio, estraendo i piccoli attrezzi che portava sempre con sè ed utilizzandoli per esaminare i cassetti ed i ripiani del mobile.
Improvvisamente si arrestò:

"Per la barba di Durin!"

Il nano era preoccupato.
Si rivolse ai suoi compari e disse:
"Ragazzi, di nuovo una trappola mortale, non so quanto tempo ci vorrà per disattivarla, ma mi pare che sia l'unica trappola nella stanza, perciò se volete dare uno sguardo in giro, basta che mi staiate lontani, ho bisogno di concentrazione!"

Detto questo il nano si concentrò sul suo lavoro.

Olin si concentrò sul cassetto, isolandosi completamente dai suoi compagni che nel frattempo ispezionavano il resto della stanza.
Rimase immobile per diversi minuti, in ascolto, i piccoli strumenti inseriti nella serratura, un viso che esprimeva la sua concentrazione e la tremenda tensione che lo attanagliava.
Sembrava una statua immota e Meneldir ebbe la tentazione di scuoterlo per verificare che non si fosse assopito.
Scacciò però subito il pensiero:

*E' talmente concentrato che se lo tocco o lo chiamo sobbalzerà, facendo scattare la trappola...*

Ma il nano, grazie alla sua consumata abilità ed esperienza con tutti i tipi di meccanismi, riuscì ad individuare il congegno che legava la trappola alla serratura ed a disattivarlo, aprendola poi senza troppo sforzo.
Si girò poi verso gli altri con una espressione visibilmente soddisfatta:

"Ecco fatto signori, il cassetto è tutto nostro."

Ed aprì teatralmente il cassetto...

Mentre Olin armeggiava con la trappola, Gwaeron camminava lentamente e in silenzio per la stanza. Le pochissime persone che potevano dire di conoscerlo bene si sarebbero accorte che il suo passo era un po'più esitante, la sua schiena più tesa, il respiro più profondo. Non era tranquillo.
Il cassetto non lo preoccupava. Olin aveva dimostrato grande abilità, e in ogni caso dubitava che il contenuto potesse interessarlo molto. Fosse stato per lui il cassetto avrebbe aspettato.
Altri pensieri turbavano la sua mente. L'ombra che aveva visto fuori dalla finestra, il silenzio che regnava nella torre, i segni sugli alberi, le intuizioni di Isilion. Non aveva ancora una risposta alle sue domande, ma sentiva che qualcosa di molto pericoloso e malvagio era in agguato là fuori, nell'apparente calma della foresta.
Con la balestra sempre in pugno, si fermò al centro della stanza. Masticava tabacco, guardandosi intorno. E aspettava...

La sua concentrazione era al massimo, non si accorse nemmeno che i suoi compagni stavano vagando nella stanza, il suo sguardo era focalizzato sulla serratura. Aprì un piccolissimo spiraglio per capire come fosse fatta la trappola e finalmente lo vide. C'era un piccolissimo filo di metallo che collegava il meccanismo della serratura alla trappola, un microscopico forellino avrebbe fatto scattare un ago. Si assicurò che non ci fossero falle nel suo ragionamento e poi con delle tronchesine tagliò il filo. La serratura era libera. Una volta liberata, aprire la serratura fu un gioco da ragazzi.

Cominciò a guardare cosa ci fosse dentro.

Il giovane ramingo era rimasto per tutto il tempo con l’arco in pugno e la freccia incoccata.
Immobile, vicino alla porta aperta della stanza, guardava attentamente verso l’esterno, attento a non farsi sfuggire nessun minimo dettaglio.
Di tanto in tanto dava un’occhiata all’interno, cercando di capire (dai movimenti e dalle espressioni dei suoi compagni) cosa stesse accadendo.
Olin stava armeggiando vicino ad una grande scrivania.
Gli altri si muovevano con cautela per la stanza, cercando di recuperare il maggior numero di indizi e informazioni possibili.
Improvvisamente un’esclamazione del nano lo fece trasalire:

"Ecco fatto signori, il cassetto è tutto nostro"

Yeras spostò velocemente lo sguardo verso Olin, senza però muoversi dalla sua posizione di “guardia”.
Attese alcuni istanti, poi, impaziente (e curioso) esclamò:

“Allora, Mastero Nano, che cosa contiene quel cassetto di così prezioso da necessitare di una serratura con tanto di trappola?”

Isilion si avvicinò con cautela all'imponente libreria, scorrendo con gli occhi alcuni dei titoli impressi sui tomi ivi custoditi: i pochi che riusciva a leggere erano trattati di alchimia, scienza dei metalli oppure medicina. In altri notò rabbrividendo una scrittura che non comprendeva ma che conosceva benissimo, non osando neanche pronunciarla apertamente: la Lingua Nera di Mordor.

Nel frattempo Olin osservò attentamente il cassetto ormai aperto e ne estrasse un piccolo libro nero, con le pagine ingiallite dal tempo. Aprendo con delicatezza la sua malridotta copertina potè vedere al suo interno una serie di pagine, ormai purtroppo quasi illeggibili, vergate con una grafia elegante e decisa in Sindarin.
La lingua gli era nota, anche se testardamente non aveva mai voluto impararla. Alcune parole inconfondibili, confuse tra le altre delle quali non comprendeva il significato, lo fecero sobbalzare: Khazad, Mazarbul, Azanulbizar, Barazinbar, Zirak-Zigil, Bundushatur.

[Modificato da Valandur 19/11/2004 18.53]

Il nano teneva il libretto tra le mani, non sapeva che fare, le parole gli si erano seccate in gola nel momento in cui aveva letto quelle parole...

Cercò di sforzare la memoria per ricordare altre nozioni sul Sindarin, ma era tutto inutile. Era veramente combattuto tra tenere il libretto per se o farlo vedere a qualcuno che avrebbe potuto leggerlo facilmente.
Alla fine si decise anche se di mala voglia.
Con voce incerta disse:
"Isilion, per favore potresti venire qui un momento?"

Il giovane ramingo non ottenne alcuna risposta, Olin sembrava non averlo neanche sentito.
Il nano, infatti, era concentrato ad osservare l'oggetto che aveva appena estratto dal cassetto … ma dal punto in cui si trovava (e che non aveva intenzione di abbandonare) Yeras non riusciva a vedere di cosa si trattasse.
L’attesa ed il silenzio iniziavano a preoccuparlo; stava di nuovo per parlare quando Olin con voce incerta disse

"Isilion, per favore potresti venire qui un momento?"

Il giovane ramingo a quel punto non riuscì a trattenersi e con un filo di preoccupazione nella voce, disse:

“Più passa il tempo più la mia sensazione di finire in trappola aumenta. Non sono affatto tranquillo … se pensate che qui dentro non ci sia altro di interessante perché non usciamo fuori, all’aperto?
Meneldir, cosa ne pensi?”