| | | OFFLINE | | Post: 14.606 Post: 14.127 | Città: CATANZARO | Età: 42 | Sesso: Maschile | Veterano del forum | |
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19/12/2007 11:56 | |
posto ora dei servizi che sono sicuramente di parte.non voglio,come appare dal contenuto dei servizi stessi,difendere la juventus,squadra che sicuramente non è la più pulita del calcio mondiale,voglio solo sottolineare fatti ai più sconosciuti;leggendo,sono evidenti le caratteristiche tipiche di un certo modo di (dis)informare,al quale ormai siamo abituati,tipiche...guarda caso...di un soggetto che come molti sanno,non amo affatto.il servizio è un pò lunghetto...se avete la pazienza però leggetelo,ci sono spunti che ritengo molto interessanti.
Milan: Diavolo di una televisione
La primavera del 1986 è tutto un fervore organizzativo per Berlusconi e i suoi sottoposti: l’imperativo è quello di costruire la macchina-Milan e di “venderla” al pubblico senza lesinare sforzi economici.
La campagna acquisti del Cavaliere per la stagione 1986/87 è faraonica, se non per i nomi, per la quantità di denaro investita: il primo arrivo è quello di Dario Bonetti, aitante difensore della Roma. Le modalità di conclusione dell’affare illustrano subito le singolari circostanze operative del nuovo presidente: è il primo giorno di apertura ufficiale del mercato e miracolosamente alle 10 di mattina il Milan ha già depositato il contratto firmato dal calciatore. Secondo Galliani la trattativa si è svolta dopo la mezzanotte del primo marzo, in modo da rispettare i limiti federali, ed è stata talmente veloce che ha consentito di apporre immediatamente le firme sul contratto. In realtà è stato palesemente violato un regolamento, ma la paura di poter essere anticipati da qualche altra società ha messo fretta al Padrone milanista che ha ritenuto opportuno preparare tutto, illecitamente, con largo anticipo.
Nei mesi successivi Berlusconi completa il parco giocatori acquistando anche il terzino ascolano Cimmino, il portiere Giovanni Galli (5 miliardi e 200 milioni), Daniele Massaro (5 miliardi e 900 milioni), Giuseppe Galderisi e Roberto Donadoni. Le modalità dell’ingaggio di quest’ultimo sono note: Boniperti aveva un accordo sulla parola con il presidente dell’Atalanta ma l’intervento di Berlusconi (che offrì il doppio alla società e al calciatore) sconfessò la promessa.
Alla fine dell’estate 1986 sono stati già spesi 23 miliardi, senza contare il fallito assalto a Vialli, per il quale erano stati offerti altri 10 miliardi. Berlusconi sta distruggendo il mercato elevando enormemente quotazioni e stipendi dei calciatori, ma per dare sostanza e dignità al tutto il 18 luglio 1986 all’Arena di Milano viene organizzata la presentazione del nuovo Milan: è una festa in pompa magna, ovviamente ripresa dalle tv del Biscione. Mai nessun’altra squadra aveva avuto l’opportunità di godere di una trasmissione televisiva solo per mostrare al pubblico i nuovi acquisti. Calciatori, allenatore e presidente vengono calati sul campo da tre elicotteri mentre in sottofondo viene diffusa La cavalcata delle valchirie di Wagner, colonna sonora di una celebre “elicotterata” nel film Apocalypse Now. A presentare, microfono in mano, l’aziendalista Cadeo e, a dare un po’ di pepe, le ballerine di Drive-In. Tanto per gradire.
Il 1987 vede, oltre al moltiplicarsi degli elicotteri, l’ingresso a piene forze del Milan nelle televisioni. Il pallone è vettore di emozioni e di consenso e questo non sfugge al Napoleone di Arcore. Gli italiani invece ancora non se ne accorgono e, ignari, stanno per assistere alla prima storica e massiccia campagna mediatica a favore di un’unica squadra di calcio.
Il concetto è semplicissimo: il Milan è grande e perfetto, è il simbolo dell’efficienza e del rampantismo yuppie della Milano da bere. Tuttavia, non ha ancora vinto nulla. Non potendo far leva sui trofei e sulle imprese sportive, ci si affida quindi ad un restyling dell’immagine in salsa paninara: durante l’estate 1987 i rossoneri partecipano ad un torneo estivo con Barcellona, Tottenham e PSV e Canale5 non perde l’occasione di offrirlo al pubblico. È la prima volta che un torneo estivo del Milan viene integralmente trasmesso da una televisione, ma è già sufficiente per una prima esibizione del modus operandi di Sua Emittenza: preannunciazione dell’evento con una settimana di anticipo, insistenza sull’imperdibilità di un simile spettacolo, spot a raffica prima e dopo gli incontri e telecronisti compiacenti pronti ad entusiasmarsi per un fallo laterale. Infine, ovviamente, l’ossessione per l’immagine: Berlusconi istruisce i cameraman: «dovete riprendere delle belle immagini, perché noi siamo il Milan: dovete inquadrare bene e da vicino i nostri giocatori più alti e più belli, come per esempio Maldini e Bonetti… I tipi piccoli come Galderisi, invece, dovete inquadrarli solo da lontano». (cfr.C.Petrini, "Le corna del diavolo", Kaos)
Sondato il terreno e gettata la prima pietra, il martellamento mediatico vira sulla campagna abbonamenti allo stadio. I giornali in orbita berlusconiana si riempiono di inserzioni e le tv picchiano forte con brevi pubblicità piazzate ad arte nel bel mezzo del film, del serial o del cartone animato più seguito. Gli spot recitano:
Regalati una nuova domenica con l’azzurro del cielo, il verde del prato, il rosso e il nero del nuovo Milan. A San Siro c’è un posto sicuro per te, per familiari e amici tuoi. Con il nuovo Milan è facile abbonarsi, puoi farlo anche nelle quattrocento agenzie della Cariplo. Regalati una nuova domenica con la voglia di vincere del nuovo Milan.
Le altre squadre non possono permettersi una cosa del genere: se lo facessero dovrebbero pagare profumatamente lo spazio pubblicitario alla Fininvest e, di riflesso, al Milan. La vendita delle tessere va a gonfie vele al punto che il Cavaliere, in un’estasi di onnipotenza, dichiara che è ingiusto che San Siro debba ospitare anche i tifosi avversari: perché privare i tifosi milanisti di un così esclusivo spettacolo?
Nel frattempo, il germe rossonero invade completamente il palinsesto del Biscione con le prove generali delle trasmissioni sportive. In via preliminare anche i programmi che non trattano di calcio si riempiono di riferimenti ed allusioni alla squadra rossonera: Drive-In, il mitico varietà comico, mostra qua e là bandierine, striscioni e fettuccine con i colori del Diavolo. Niente di evidente, solo qualche indizio e qualche accenno, giusto per farsi la bocca. Ma tanto basta perché il pubblico cominci, inconsciamente, ad apprezzare. Ezio Greggio lancia il tormentone «Lei sa chi è Sacchi, lei sa chi è Sacchi, lei sa chi è? L’allenatore del Milan» e, in una scenetta, appare (è proprio il caso di dirlo) Piersilvio, il figlio del presidente rossonero, che a colpi di karate sgomina una banda di manigoldi che infastidiscono una bella signorina. Quattro calci et voilà, il rampollo è pronto a declamare la sua battutina di copione che fa sciogliere la donnina di turno tra le sue braccia. Il messaggio passa: Berlusconi è bello, Milan è bello, Piersilvio addirittura protegge dalle ingiustizie!
Pur con quest’occhio di riguardo all’immagine, Berlusconi non dimentica il suo vero obiettivo: la trasmissione in diretta delle partite di calcio. Il 30 settembre 1988, in occasione di un’amichevole tra Milan e Inter, Sua Emittenza sfrutta legalmente i satelliti di Telespazio (società comandata per un terzo dalla Rai) per i quali ha inoltrato regolare richiesta, ma si “dimentica” che questi possono essere utilizzati solo per una pratica tecnica chiamata “interconnessione di servizio” (ovvero, si prendono le immagini dal satellite, le si registra su una cassetta e le si manda in onda dopo il lasso di tempo previsto per legge). La partita viene invece trasmessa meno di mezz’ora dopo l’acquisizione dal satellite, fornendo così allo spettatore una differita quasi in tempo reale. Un tipo di trasmissione illegale che in gergo è stata definita diretta surretizia.
Con la vittoria dello scudetto (1988) le televisioni del Biscione si ritrovano con la strada spianata: il Milan è grande e non c’è trasmissione che non ne parli. Per la prima volta nella storia del tubo catodico un canale televisivo dedica uno speciale (3 ore e mezza) ad una squadra campione d’Italia (16 maggio 1988).
Tanto è l’ardore glorificatorio che addirittura si mostra gran riguardo per un’altra squadra che rossonera non è, ma che indirettamente è legata agli interessi del club di Berlusconi: l’Olanda, vincitrice dei campionati europei del 1988. Per rafforzare i festeggiamenti dello scudetto milanista vengono esaltati oltre misura i milanisti Gullit e Van Basten, freschi campioni continentali con la loro nazionale. L’estate del 1988 è una Gullit-mania: cappellini con le treccine, poster, specials televisivi, spot e trasmissioni tutte incentrate sull’esplosione del nuovo fenomeno olandese. Ad un certo punto sembra che gli Europei non li abbiano vinti gli Orange, ma il Milan, e che il calcio spumeggiante dei ragazzi di Rinus Michels sia, per osmosi, quello dei rossoneri di Sacchi.
La colonizzazione milanista della tv si appresta ad entrare nel suo apice, invadendo anche i campi dell’informazione e dell’intrattenimento. Persino i giochi a quiz si infarciscono di domande sul Milan supercampione: la trasmissione Babilonia del milanistissimo Umberto Smaila e Il gioco dei nove del fedelissimo Vianello presentano periodicamente quesiti e brevi filmati sugli eroi rossoneri.
Ma alla dittatura mediatica manca ancora qualcosa, quel quid aggiuntivo che renda il quadro perfetto: un programma ad hoc, tutto sul calcio, che magnifichi ulteriormente le imprese dei campioni di Berlusconi. Nasce così Calciomania, trasmissione in onda tutti i venerdì sera, a partire dal 25 agosto 1989, con una formula semplice semplice: un conduttore fidato (Cesare Cadeo che abbiamo già visto nel CdA del primo Berluscomilan), una graziosa donzella al fianco (Paola Perego il primo anno, Cristina Parodi il secondo, Luana Colussi il terzo), baracconate fracassone per sdrammatizzare (ad opera di Maurizio Mosca) e, come cornice, un po’ di curve femminili al vento (le “calciomaniache”, ballerine succinte da inserirsi nei momenti di maggior fregola dello spettatore).
Il programma, ideato da Paolo Ziliani, noto per la sua feroce antijuventinità, vede la presenza quasi fissa di Ruud Gullit (e chi sennò?), Aldo Serena (all’Inter ma già in orbita Mediaset come opinionista) e Gianluca Vialli (allora alla Sampdoria, tanto per fare simpatia e per dimostrare che non c’è solo Milan). Infine, ecco Massimo Boldi, altro tifoso del Diavolo, a curare un siparietto comico dall’improbabile titolo “Indovina Vip”.
Qualcuno non se ne accorge, ma c’è Milan dappertutto. 1990: il programma Emilio vede tra i protagonisti Peo Pericoli, fantomatico tifoso di tutte le squadre con tanto di sciarpa multistemma, interpretato da Teo Teocoli. Peccato che parli sempre di Milan e si congedi dal pubblico urlando «Vai Massaro!». Il personaggio ritorna poi in Mai dire gol, intervenendo qua e là con battute e andando in delirio per due giocatori in particolare: l’inglese di colore John Fashanu (l’elemento simpatia) e Ruud Gullit (il milanista da idolatrare). Teocoli, in funzione di avanguardia propagandistica rossonera, viene infilato anche nella fiction targata Fininvest Vicini di casa, dove interpreta Teo Bauscia, tipico milanese tutto donne e calcio. Bauscia ogni cinque minuti aggiunge un riferimento al Milan e in una puntata dileggia suo fratello (Silvio Orlando) dopo che i rossoneri hanno battuto il Napoli, sua squadra del cuore, in campionato.
L’11 settembre 1990 nasce L’appello del martedì, sorta di bar sport televisivo d’ispirazione biscardiana condotto da Maurizio Mosca. A metà campionato 1991/92 viene proposta in trasmissione una strana classifica, quella senza gli errori arbitrali: il Milan, già primo di suo, diventa primissimo. La Juve, seconda, scende di una quindicina di punti. Al suo posto viene magicamente sistemato il Foggia, squadra simpatia dell’anno (non a caso con i colori rossoneri).
Nel maggio 1992 Bettega, invitato in trasmissione, lascia lo studio perché indignato dai continui attacchi di Zeffirelli, non moderati da Mosca. Questo episodio, che fece seguito ad uno analogo in cui fu il giornalista Giampaolo Ormezzano ad andarsene, segnò la momentanea fine del programma, che fu ripreso a settembre con la conduzione di Massimo De Luca.
L’intero palinsesto, come se non bastasse, viene “coperto” con presentatori e spalle di fede milanista: Massimo Boldi, Teo Teocoli, Mauro Di Francesco, Diego Abatantuono, Jo Squillo, Umberto Smaila, Gerry Scotti.
La fine degli anni Ottanta segna anche l’avvento della mania dei sondaggi: la Fininvest si specializza nel mandare in onda, in momenti strategici, i risultati di raccolte di opinioni che aiutino a creare il consenso dell’uditorio. Il trucco è noto: se la maggioranza della gente la pensa così, allora perché non farlo anch’io? Il primo storico sondaggio riguarda il petardo milanista che colpì il portiere della Roma, Tancredi (stagione 1987/88): il 72% degli intervistati si dichiara sfavorevole alla sconfitta a tavolino dei rossoneri e favorevole ad un cambiamento nei regolamenti. Qualche tempo dopo, un altro sondaggio indicherà in Berlusconi il presidente di calcio ideale davanti, guarda caso, a Boniperti.
Le stesse modalità saranno utilizzate per l’ingresso in politica del Padrone, con brevi programmi di interviste a persone comuni, fermate per strada da Giorgio Medail (che via via hanno avuto diversi titoli, Qui Italia, Vox Populi, Secondo Voi). Schema semplice quanto astuto: domandare alla gente un’opinione sul governo attuale, far vedere 10 risposte negative e solo 1-2 positive, quindi chiedere cosa ne pensi dell’ingresso in politica (o della rielezione) di Berlusconi, mostrando un risultato opposto. Infine, usando una tecnica carissima all’entourage Fininvest, dare spazio a qualche nome-simpatia che sdrammatizzi e renda il tutto più credibile. Qualcuno, ovviamente, che non dia fastidio e che non abbia alcuna possibilità di vincere (“Mariotto” Segni nel caso della politica, il Foggia e il Parma nel caso del calcio).
Il 5 agosto 1990 il Senato approva la Legge Mammì: Fininvest ottiene il dominio completo della televisione italiana grazie alla sancita legittimità delle sue tre reti private. Inoltre Berlusconi, pur avendo una quota minoritaria, occupa l’etere con le tre frequenze di Tele+1, Tele+2 e Tele+3, da utilizzarsi per trasmettere il campionato di calcio. Per rispettare una clausola della nuova legge, che impedisce di possedere un quotidiano oltre ad un emittente televisiva, Berlusconi cede la maggioranza de “Il Giornale” al fratello Paolo. Se non è zuppa, è pan bagnato.
Il 1990 del Milan si chiude con un deficit di bilancio di 13 miliardi ma Berlusconi, per bocca di Galliani, dà una sua versione dei fatti: i miliardi di passivo corrispondono ai premi concessi ai calciatori per la vittoria in Coppa dei Campioni. Falsità: i giocatori hanno percepito 250 milioni ciascuno che, moltiplicati per la rosa di 26 elementi, portano ad un totale di 6,5 miliardi. Ma la bugia, se fatta passare in tv, diventa una realtà che nessuno può confutare.
Nel settembre del 1990, Fininvest compie il definitivo salto di qualità avviando il suo primo programma calcistico domenicale, Pressing, una sorta di risposta alla Domenica Sportiva di mamma Rai. A questa faranno seguito altre trasmissioni sportive, da Guida al Campionato a Mai dire Gol¸ da Pressing Champions League a L’appello del martedì.
Tutti questi programmi sono condotti o presentano in studio sempre un gran numero di milanisti dichiarati: Vianello, De Luca, Piccinini, accompagnati dai commenti di Franco Ordine, Diego Abatantuono, Aldo Serena, Filippo Galli, Daniele Massaro e di altri opinionisti di omonima fede. I servizi dai campi vengono affidati a Franco Ligas, Carlo Pellegatti, Paola Ferrari, e ad altri rossoneri della prima ora, scovati e reclutati nelle fucine delle televisioni locali lombarde, mentre i testi vengono affidati alla ferocia antibianconera di Paolo Ziliani. Alla moviola siedono Matteo Dotto e Maurizio Pistocchi che si renderanno protagonisti di originali e discutibili interpretazioni della stessa.
Con la Tv di Stato ormai soddisfatta della sua stessa mediocrità, l’opinione pubblica è in mano a Berlusconi. Per la prima volta nella storia dello sport una tv fa togliere una squalifica a un calciatore: è il caso di Van Basten che viene ingiustamente ma involontariamente ammonito per un fallo commesso da un suo compagno di squadra. Sono le telecamere di Italia1 a svelare il retroscena e a creare, in questo modo, un disastroso precedente in Federcalcio.
Il 27 gennaio 1991, 17° di campionato, il Milan impatta a Marassi contro il Genoa: i liguri pareggiano grazie ad un rigore grottescamente causato dal portiere milanista Pazzagli. L’estremo difensore esce su Branco lanciato a rete, non buttandosi a terra per recuperare il pallone, ma spiccando un salto che lo porta praticamente a volare in braccio al genoano. Un gesto incredibilmente scoordinato ed immotivato. In serata Galliani fornisce una sua grottesca versione dei fatti: «mi pare che sul rigore concesso al Genoa, Pazzagli sia andato chiaramente sul pallone, che tocca prima di travolgere Branco che gli volta le spalle».
Alla fine della stagione 1991 il Milan è distrutto: estromesso dalla Coppa Italia per mano della Roma, dietro alla Sampdoria in campionato ed eliminato dalla Coppa dei Campioni con l’umiliazione di Marsiglia. Per risollevarsi il morale il settimanale Epoca, di proprietà Fininvest, pubblica un sondaggio che è una vera perla: l’85% degli intervistati pensa che il calcio sia marcio e dominato da corruzione e doping mentre il 40% individua, ancora una volta, in Berlusconi il presidente sportivo ideale (Boniperti è secondo con il 15%...). Ecco il messaggio tradotto: quando il Milan non vince nulla, allora il calcio è corrotto e senza credibilità e solo un presidente come il re di Arcore può risollevarne le sorti.
Nei primi giorni di gennaio del 1991 le reti Fininvest iniziano la trasmissione dei telegiornali Tg4, Tg5 e Studio Aperto. L’occupazione dell’informazione è completa.
Il potere mediatico milanista è così diffuso che nel 1992 riesce persino a far vincere a Van Basten un discusso pallone d’oro: non certamente per il valore del giocatore, che era altissimo, ma perché l’olandese non aveva partecipato alle coppe europee di quell’anno e aveva disputato un deludente europeo a fronte però, va detto, di un grande inizio della stagione 1992/93 (tanti gol in campionato e un poker al Goteborg in coppa).
Il 31 ottobre 1993, 10° giornata di campionato, il Milan perde 3-2 con la Sampdoria dopo essere stato in vantaggio per 2-0. A siglare il gol decisivo è Gullit, che poco tempo prima aveva lasciato i rossoneri per trasferirsi a Genova. È proprio questa rete, segnata in fuorigioco, a scatenare le proteste dei milanisti. Negli studi di Pressing (condotto da Vianello), a rappresentare la rabbia rossonera è presente capitan Baresi. Dopo il servizio sulla partita comincia una patetica sceneggiata che vuole far passare il Milan come vittima di un complotto. Il capitano piange (lacrime vere) per la terribile ingiustizia che ha dovuto subire, dal momento che quel gol consente alla Sampdoria di superare il Milan in classifica. Di fronte a quella maschera di dolore, un giornalista presente in studio osa una considerazione «Siamo solo alla decima giornata, si può sempre rimontare», alla quale Baresi, frignante come un bambino a cui hanno sottratto un giocattolo, replica: «sì, l’anno prossimo…». Lo scudetto lo vincerà poi il Milan.
Intanto, i programmi delle tre reti del Capo vengono disseminati di immagini di calciatori rossoneri, quasi tutti mostrati nell’atto di festeggiare un gol: il Milan è gioia, è vincente, è bello tifare Milan perché comunica i valori positivi dello sport. La tattica è subdola e sottile e penetra le coscienze della massa vedente, rabbonita a colpi di culi e seni scoperti all’ora di cena. In fondo, al Milan, ci sono anche delle belle donne. Ogni tg contiene un’immagine del Milan, ad esempio nelle sigle compaiono un Massaro esultare indemoniato, oppure un Van Basten che conclude a rete. Addirittura si arriva a finezze di sublime livello: i milanisti non vengono inseriti solo nelle sigle ma, addirittura, nei fondali di studio. Mentre i giornalisti leggono le notizie del giorno i televisori collocati sullo sfondo propongono immagini relative a fatti di cronaca tra le quali, ogni tanto, spuntano azioni da gol o festeggiamenti dei magnifici rossoneri. È un appostamento martellante alla coscienza dello spettatore. Persino i programmi di costume e di approfondimento, tra una foto del Papa e una di Arafat trovano lo spazio per un Sacchi o un Donadoni. La vetta assoluta viene toccata quando, a fine 1993, il Milan vende Gullit alla Sampdoria: l’olandese, che era ritratto nell’ultima inquadratura della sigla di Studio Sport, viene prontamente sostituito da Panucci che festeggia un suo gol all’Aek Atene.
Le trasmissioni sportive sono un ricettacolo di giornalisti ed opinionisti al servizio del regime mediatico in rossonero: domenica 17 gennaio 1992, il Milan batte il Foggia per 3-1 ma sul vantaggio milanista pesa un rigore inesistente (trasformato da Van Basten), procurato da un tuffo olimpionico di Gullit. In serata, a Pressing viene sistemato strategicamente il team manager rossonero, Silvano Ramaccioni. Scorrono le immagini del presunto rigore e appare nettissimo il salto che il trecciolone spicca senza neanche incocciare la gamba del difensore foggiano. Secondo Ramaccioni è rigore perché «Gullit stava per toccare la gamba del difensore avversario, ma salta prima perché è stato appena infortunato al ginocchio e ha paura di farsi di nuovo male. Comunque il rigore è da assegnare perché se Gullit non avesse saltato avrebbe comunque subito fallo». Attimi di silenzio in studio poi qualcuno rompe gli indugi complimentandosi per il ristabilimento della verità. Incredibile ma vero.
Il 1993 vede la nascita della prima tv a pagamento italiana, Tele+, sulla quale mette le mani Berlusconi, che vi partecipa con un’importante quota azionaria: la trattativa per la cessione dei diritti del campionato alla nuova emittente è gestita da Adriano Galliani che vi prende parte nella quadrupla veste di dirigente milanista, dirigente della Lega (sarà poi presidente), membro del cda di Tele+ e consigliere di Mediaset. Il Presidentissimo cerca di sfruttare al massimo i possibili vantaggi di questo nuovo mezzo televisivo e impone che una partita venga anticipata al sabato e un’altra posticipata alla domenica sera. È l’inizio del can can di anticipi e posticipi, e delle conseguenti polemiche, tutte in nome del dio denaro delle televisioni.
Nell’estate del 1994 si svolgono i Mondiali di calcio negli Stati Uniti. Per preparare l’evento le tv trasmettono servizi rievocativi, vecchie partite della Nazionale e interviste ai protagonisti. Fra queste si distingue Rete4, con una serie di puntate dedicate alle precedenti edizioni dei Campionati: in quella del 1962, lo speaker commenta le grandi giocate del brasiliano Garrincha: «Garrincha è imprendibile e sulla fascia sembra il Donadoni della finale di Atene (riferendosi alla finale di un mese prima, Milan-Barcellona, nda)». Non si tratta di un programma live ma di puntate registrate, dei piccoli dossier per ripercorrere la storia dei Mondiali. Emergono in modo ancor più chiaro i subdoli metodi Fininvest per infiltrare il Milan dappertutto.
A luglio, la finale dei Mondiali americani vede l’Italia battuta ai rigori dal Brasile: i tempi regolamentari si erano conclusi con un noiosissimo 0-0, che aveva retto anche nei supplementari. I rigori beffano l’Italia costretta a fare i conti con gli errori di Baresi, Massaro e Roberto Baggio. Per i media l’errore dello juventino (il tiro finisce sopra la traversa di Taffarel) viene presentato come quello decisivo, che condanna alla sconfitta. In pochi però ricordano che non sarebbe bastata la trasformazione di quel rigore perché, anche solo per pareggiare, l’Italia avrebbe dovuto sperare in un errore brasiliano nell’ultimo tiro dal dischetto. Infatti, gli azzurri erano sotto 3-2 “grazie” alle mancate trasformazioni dei milanisti Baresi e Massaro, ovviamente dimenticati dalle tv del Biscione.
Nella primavera del 1996, l’ex attaccante milanista Jean-Pierre Papin rilascia delle scottanti dichiarazioni ad una rivista francese: la finale tra Marsiglia e Milan della Coppa dei Campioni 1992/93, vinta dai francesi con un gol di Basile Boli, sarebbe stata “venduta” da due calciatori rossoneri. In Francia si fanno i nomi dei tre olandesi del Milan. In Italia, la notizia passa inosservata.
Il 1996/97 del Milan inizia con l’ingaggio dell’allenatore uruguaiano Oscar Washington Tabarez che, messosi in luce a Cagliari, è chiamato a raccogliere la pesante eredità di Capello. A novembre però il Milan boccheggia e si parla già di un possibile esonero. Il presidente Berlusconi, in un’intervista a Tele+2, interviene perentoriamente per chiarire la questione:
Tabarez quest’anno è l’allenatore del Milan. Punto e basta. E vi posso garantire che il Milan non cambierà allenatore quest’anno anche se dovessero succedere delle cose, anche soltanto per un fatto di serietà e anche di puntiglio, il Milan quest’anno ha Tabarez, crede in Tabarez e arriverà alla fine della stagione con Tabarez.
Tre settimane dopo, il Milan perde 3-2 a Piacenza e Tabarez viene allontanato. Per la guida tecnica viene richiamato Arrigo Sacchi, che ha appena lasciato la Nazionale. È il primo dicembre 1996. Tre giorni dopo il suo ritorno sulla panchina del Milan, il tecnico di Fusignano affronta i norvegesi del Rosenborg nella decisiva partita del girone di Champions. Per passare il turno al Milan basta un pareggio ma i norvegesi, sottovalutati da tutti, compiono l’impresa imponendosi per 2-1 a San Siro. L’eliminazione del Milan causa una violenta contestazione da parte dei tifosi che viene taciuta dalle televisioni berlusconiane, nonostante la squadra sia stata costretta ad uscire dallo stadio con la scorta:
La delusione diventa rabbia: è finita la partita, ma i tifosi rossoneri aspettano bellicosi fuori dai cancelli di San Siro. Il pullman con i giocatori non può uscire dal bunker sotterraneo. Urla, minacce. È assedio. […]Quando esce il pullman del Rosenborg gli ultrà del Milan scoppiano in un applauso. I cameraman norvegesi, increduli, filmano la scena. “Non ci siamo mai trovati in questa situazione” ci dice un collega norvegese, che filma le evoluzioni dei poliziotti. […] L’urlo è rabbioso e ormai roco: “Sebastiano (Rossi, nda) vattene all’Inter”. L’allusione è trasparente: “Sebastiano Taglialatela”. Cori ritmati. Il fiato si dissolve alla luce dei lampioni […] Trillare di telefonini. I giocatori del Milan restano barricati negli spogliatoi. Con loro c’è anche il gruppo dirigenziale del Milan, compreso il presidente Silvio Berlusconi. Dal tunnel escono prudenti avanguardie: anche le macchine di servizio vengono inseguite dall’urlo rabbioso. L’attesa è lunga. Fa freddo. Ma gli assedianti non demordono. Solo alle 12.15, due ore dopo la fine della partita, il pullman del Milan, tendine abbassate, preceduto da due staffette e un pullmino della polizia, a luci intermittenti, spunta dal sottopassaggio. L’urlo diventa invettiva bruciante. Volano sassi, lattine, bottiglie. Una sgommata e via nella notte, per dimenticare (Gazzetta dello Sport, 5 dicembre 1996)
Nel 1999, lo scudetto zaccheroniano porta nuova linfa ad un Diavolo depresso dai recenti insuccessi. Le televisioni, di conseguenza, riacquistano fiducia nel “prodotto Milan”: durante la campagna elettorale per le “europee” di quell’anno, Canale5, Italia1 e Rete4 diffondono in continuazione spot di Forza Italia confezionati con l’aggiunta di immagini di gol del Milan. Nel frattempo i programmi sportivi segnano l’ingresso di nuovi commentatori di estrazione rossonera: Giovanni Galli, Stefano Eranio e Antonio Di Gennaro. Il 15 dicembre 1999 Canale5 manda in onda in prima serata uno speciale sui 100 anni di storia della società rossonera, presentato da Gerry Scotti. Nei servizi celebrativi viene solo accennato il nome dell’allenatore Zaccheroni, poco apprezzato per le sue dichiarate simpatie progressiste.
Il 3 novembre 1999 il Milan è a Istanbul per affrontare il Galatasaray nel decisivo scontro per il passaggio del turno. I rossoneri perdono 3-2 e stabiliscono un singolare record riuscendo a farsi eliminare da due competizioni nell’arco di soli tre minuti: qualificati fino all’87’ (vinceva 1-2), declassati in Uefa all’88’ (2-2 di Hakan Sukur), esclusi dalle coppe al 90’ (3-2 di Umit). Nel dopo partita Galliani fa una gaffe: «un secondo tempo peggio del Milan di Rocco», dimenticandosi delle numerose vittorie del Paròn. Ma a quei tempi, dicono i maligni, Galliani era tifoso della Juventus.
Il 5 marzo 2000 l’Inter vince 2-1 il derby meneghino contro il Milan. In serata, a Controcampo, si discute sui perché della sconfitta, con Galliani in collegamento dallo stadio. Diego Abatantuono, da studio, offre la sua analisi: «Eravamo un po’ sbilanciatini, visto come erano messi loro. Io credo che qualche volta si possa anche cambiare la formazione base». Galliani risponde che l’unico problema sono stati i duelli diretti vinti dai nerazzurri ma il comico ribatte sostenendo che una squadra ben organizzata non dovrebbe soffrire per questo tipo di problema. Quest’ultima considerazione manda su tutte le furie l’ad rossonero che si scalda: «Io sto ascoltando, non mi fate esprimere la mia opinione, io non ho niente da dire. Pensavo di essere io l’intervistato e non la… la cosa… ma evidentemente ho sbagliato trasmissione». Abatantuono cerca di calmarlo: «No, è che sono acceso perché abbiam perso», ma Galliani non ne vuol sapere e interrompe bruscamente il collegamento “portandosi via il pallone”: «No, no, no, ragazzi. Pensavo di essere io l’intervistato. Saluti». Quando si dice “saper perdere”.
Il 7 settembre del 2000, in attesa dell’inizio del campionato in programma per il 30 del mese, il Milan invita la Roma a San Siro per una partita amichevole. Motivo? La celebrazione dei 20 anni dell’emittente Canale5. Ma guai a dire che il Milan e Mediaset sono la stessa cosa.
Il 5 marzo 2001 il Milan pareggia in casa 2-2 con il Parma. I rossoneri si lamentano per un posizione irregolare (in realtà regolare) di fuorigioco non vista dall’arbitro Trentalange. A fine partita Galliani copre di insulti l’arbitro mentre cerca di rientrare nel proprio spogliatoio. In tv non si fa menzione della sceneggiata del dirigente milanista. Stesso trattamento una settimana dopo per una furibonda lite tra Boban e Maldini alla fine della gara con l’Atalanta.
Il 13 marzo 2001 il Milan non riesce a battere il Deportivo La Coruna e viene estromesso dalla Champions League. Il giorno seguente arriva l’esonero di Zaccheroni. Due mesi prima, Berlusconi aveva dichiarato: «Zaccheroni? Non dipende da me riconfermarlo o meno. Non mi occupo più del Milan» (Ansa, 10 gennaio 2001). Secondo alcuni, l’esonero è stato voluto dallo stesso Berlusconi il quale non avrebbe mai tollerato le inclinazioni politiche del tecnico. Il Milan, con un comunicato ufficiale, si affretta a precisare i termini della questione, ricorrendo a due delle sue tecniche favorite, coinvolgere altre squadre e tirare in ballo la politica:
La politica è entrata nel mondo del calcio: è entrata a piedi giunti la faziosità, la partigianeria politica e ha caricato di significati falsi e artefatti una decisione della dirigenza del Milan, la sostituzione di Zaccheroni, necessitata, indifferibile, ma corretta e rispettosa nei confronti dello staff tecnico. Molte altre società hanno preso quest’anno lo stesso provvedimento senza destare scandalo
Nel 2001, l’allenatore sarà completamente escluso dalle otto pagine di memorie sportive che Berlusconi fa inserire nel libretto autocelebrativo “Una storia italiana”, distribuito gratuitamente a dodici milioni di famiglie italiane per la propaganda di Forza Italia.
molti di questi fatti sembrano cronaca di questi giorni...di ogni giorno.
il milan vince la coppa intercontinentale che,improvvisamente,diventa il torneo più importante di sempre:su mediaset,nelle trasmissioni sportive non si parla di altro,il cavaliere,presente a controcampo,intervistato per due ore consecutive,fornisce aneddoti sul suo milan,quello degli ultimi 20 anni...si ride,si scherza...si parla dei valori del calcio e della vita...i valori di berlusconi...(nel frattempo,nel pomeriggio,a buona domenica,su canale 5,passa a lungo la scritta "A CONTROCAMPO OSPITE IN STUDIO IL PRESIDENTE DEL MILAN SILVIO BERLUSCONI ALLE ORE 18,15"). ________________________________________________________________________
...e non dio ma qualcuno che per noi l'ha inventato ci costringe a sognare in un giardino incantato...
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