Mi appello alla moderatrice.
Se fuori topic canclla tranquillamente, senza indugio.
I miei ricordi di "arruolato" .
PS
Il Sottenente della prima sera, scrive sul nostro forum, ma il suo nick non ve lo dico...
La mezzanotte doveva essere passata da un pezzo ed ero ancora davanti al mio letto, sul "riposo formale." Indossavo scarpe di tela, jeans ed una magliettina grigia coi bordi verdi; arrivato quel giorno stesso alla Scuola Truppe Corazzate ero, come la maggioranza, non ancora "vestito".
Aspettavo il contrappello, quello che si fa ogni sera nelle caserme italiane e che nei film americani passa per un'ispezione. Sentivo le urla che si avvicinavano e contavo i secondi; ma ero tranquillo.
- Ha pulito il suo posto branda?
- COMANDI, SIGNORSI'!
- Vediamo subito!
Sparì dalla mia vista e dalla posizione di "attenti" riuscivo a intuire, con la coda dell'occhio, che aveva appoggiato un ginocchio a terra e allungato una mano verso una piega nascosta della zampa più distante del mio armadietto che, probabilmente, neppure il suo progettista conosceva.
In un nanosecondo il suo naso fu a tre millimetri dal mio, mentre un polpastrello orrendamente impolverato saliva lentamente all'altezza del mio occhio sinistro.
- E questa cos'è?!!
- COMANDI, E' POLVERE!!
- E lo sgabello, lo ha pulito?
Porca zozza, pure lo sgabello, che ti vuoi pulire nello sgabello… va beh, a quel punto meglio essere sinceri:
- COMANDI, SIGNORNO!'
Si pulì il dito sulla mia maglietta.
- Non lo guardo nemmeno..!
Da circa dodici ore ero alla Scuola Truppe Corazzate di Caserta e quella era la mia prima sera di corso Allievo Ufficiale di Complemento.
Ne avrei fatti anch'io di contrappelli, da ufficiale, e ce ne sono stati di memorabili.
Una sera li trovai tutti a letto, tranquillissimi ma con l'elmetto calzato in testa:
- Scusate, capisco che siete "la vecchia" e siete tanto operativi, ma non vi pare di esagerare?
- Ma tenente, ci dobbiamo proteggere la testa, stanotte cadono le stelle, anzi, l'ultima stella!
Già, l'ultima delle dodici stelle, il loro ultimo mese di militare; io invece me ne sarei andato di lì a due settimane.
Soldati ragazzi che sparavano "cartucce" da un milione l'una e guidavano macchine da cinque miliardi:
Il romagnolo Bo*, sempre ridente, il miglior cannoniere della compagnia, quello che, prima di partire s'era trovato un lavoretto, di quelli faticosi, per "mantenersi" al militare.
E Ba*, che quando arrivava la posta se ne andava scuotendo la testa dicendo: "Chi vuole che scriva a uno come me" e invece era il migliore di tutti e non c'era una volta che lo specialista di mezzi corazzati "scavalcasse" un motore senza portarselo dietro perché era capace, devoto, volenteroso.
E il Caporalmaggiore An*, che prima di uscire coi carri si dava l'olio solare e si sdraiava sulla torretta.
- Bravi ragazzi, è andata molto bene. Ma di chi era il secondo carro a sinistra?
- Comandi signor Colonnello, era uno dei miei.
- Ha sparato entro cinque secondi dal momento in cui lei ha ordinato il fuoco, ampiamente nei tempi Nato, per lei un bravo in modo particolare.
An* aveva fatto caricare la bocca da fuoco mentre il carro, ancora in movimento, si disimpegnava e poi tornava ad affacciarsi, brandeggiando, dalla cresta del Monte De Mesu, a Capo Teulada. Mentre il piano della torretta ruotava sotto i suoi piedi il servente aveva strappato dalla rastrelliera una HESH da guerra, dondolandosi mentre il Leopard svettava, l'aveva inserita e poi spinta, con il pugno della mano destra nella culatta; un secondo dopo il carro inchiodava sulla cresta e partiva il colpo. Roba che avrebbe avuto paura pure Schumacher; qualcuno sa il nome di quel servente?
Sarebbero tornati a casa a cercare un lavoro quando coetanei più smaliziati di loro avevano evitato la naja, con leggi e ideologie compiacenti.
- Il mì babbo me lo spiegò subito. Quando si nasce s'hanno dù debiti: le tasse e 'l servizio militare. Il soldato va fatto.
Servivano uno Stato che li armava così e così e che avrebbe potuto trattarli meglio, senza porsi il problema, con semplicità, forse senza avere coscienza che solo perché "c'erano", l'Alleanza funzionava e milioni di persone potevano vivere in pace. Per questo li ammiravo.
Queste e ancora tante altre cose non sapevo, mentre i miei chili superflui si scioglievano sotto il sole di Caserta tra campo ostacoli, adunate, educazione fisica.
La sveglia era alle 5. 45, "per essere sicuri di fare tutto" e alle 6.00 c'era l'inizio servizi. Fare il cubo, pulire la cameretta e poi ai servizi, chi ai lavabi, chi di corvee esterna, a spazzare i viali. Di sicuro ricordo un cosa: per le 6.30 tutto doveva essere stato fatto e mentre gli altoparlanti diffondevano la sveglia, 76 allievi, perfettamente inquadrati, facevano la loro "reazione fisica" correndo lungo il perimetro della grande caserma. Arrivati sotto l'alloggio del Generale Comandante, l'inno dei carristi che cantavamo s'alzava di tono così da funzionare, per suo espresso desiderio, "da sveglia". Veterano della guerra d'Africa veniva dal complemento e non era solito perdonarci nulla.
Per le 6.50 dovevamo già essere cambiati, in mimetica e anfibi, in adunata mensa.
Alle 7.00 eravamo a fare colazione. E' l'unica sensazione spiacevole che ho conservato: il rumore delle tazze d'alluminio sulla formica, le briciole e le gocce di caffellatte che rimanevano sui tavoli. Ancora oggi se esco di casa a quell'ora guardo il cielo non completamente illuminato e provo un senso di disagio.
Alle 7.30 nuova adunata per andare all'alzabandiera, a seguire di nuovo in tuta ginnica pronti per le tre ore di educazione fisica, poi ancora un'ora di lezione in aula, naturalmente in mimetica e anfibi, alle 12.30 in adunata per il pranzo.
Fino a quel momento ci eravamo cambiati tre volte, le nostre stanze erano in perfetto ordine, i bagni brillavano, avevamo fatto un po’ di footing, quattro ore di scuola e la giornata non era neppure a metà!
L’adunata per tornare in aula a lezione era alle 13.50 e qui c’è da dire una cosa.
Chi s’inquadrava nelle prime righe riusciva a mangiare e a tornare in compagnia in un tempo ragionevolmente breve. A conti fatti poteva lucrare anche una mezz’oretta di tempo libero. D’altra parte con l’attività intensa cui eravamo sottoposti si sa, si risvegliavano vecchi e nuovi acciacchetti.
Conclusione: 70 persone si stendevano a terra - sdraiarsi in branda, ma stiamo scherzando? - appoggiavano la testa sul piano dell’armadietto aperto e le gambe sullo sgabello, a dare sollievo alla schiena. Non volava una mosca.
Chi fosse passato per la compagnia in quei momenti avrebbe pensato ad una visione onirica.
E’ in queste situazioni che si sviluppa la capacità di dormire nei posti più impensati e per momenti brevissimi.
S.A.S.T.: striscia di addestramento allo sfruttamento del terreno. Da non confondersi con la C.A.G.S.M., campo addestrativo ginnico sportivo militare, il campo ostacoli a cui ci dedicavamo il sabato mattina: muretti, sbarre, salti, tutto in velocità, praticamente una prova d’atletica.
La Sast no, si fa coll’elmetto ed il fucile ed è tutto uno strusciare, buttarsi a terra, muoversi col passo del leopardo, sbalzare, entrare nelle buche e saltar fuori a cercare la copertura di un cespuglio, di un mucchio di sassi.
Meno faticoso se vogliamo. Ma provate a farlo (un giorno si e uno no) subito dopo mangiato: "hai voluto la bicicletta, allora pedala".
E i carri? Ma si, i carri, nella seconda e terza fase del corso, prima è tutta fanteria. Divisi per plotoni ognuno a studiare il proprio carro e qui il fascino è tanto.
Capisci che, vale quasi per tutti, sei finito nei carristi per caso, ma adesso ti tocca una specie di privilegio. Chi è che da bambino non è rimasto affascinato da quelle macchine enormi e non si è chiesto: ma come sono fatti dentro?
E tutto quel rigore degli istruttori, perché con quei cosi è vietato sbagliare ti puoi fare male sul serio.
E le storie che cominci a sentire: El Alamein, le "scatole di sardine", il basco nero, prima solo nostro, ora di tutti (spero di non veder mai un carrista con la "stupida"), insomma cominci a sentirti parte di qualcosa.
Il simulatore, un impianto fantastico, le prime guide, la rivalità tra i plotoni, mentre il sonno si accumulava ma non ci si faceva più caso.
Giunse così "la sporka", l'ultima sporca notte di corso AUC, quando a suon di gavettoni si regolano i conti con i più imboscati e con i furieri più dispettosi. E, soprattutto, arriva il momento dei saluti.
Nella compagnia dei "microbi" - sporcare la nostra? non se ne parla! - lo spumante schizzava ovunque, asciugato dagli abbracci, nascosto dalle risa e dall'entusiasmo.
Abbracci tra di noi, con l'amico del cuore, di cui ti sei accorto sempre troppo tardi, con i microbi del corso più giovane : "e fai attenzione alla verifica di 'trasmissioni', intesi?", "..e mi raccomando, avverti sempre il pilota quando sali..", "hai riposto gli appunti che ti dato?".
Gli ufficiali istruttori, che ci avevano accompagnato e preso per mano per cinque mesi, che avevamo temuto, che ci avevano insegnato e avevano fatto la vitaccia pure loro con noi, facevano capolino, in jeans e pullover a godersi la nostra festa che era anche la loro.
Tutti tranne uno: il terribile S. ten Mo*, quello che in un solo contrappello aveva punito più di trenta allievi perché non avevano lucidato la cucitura della suola degli anfibi, l'unico che mi abbia affibbiato più di un giorno di consegna (ragazzi, io rigavo dritto!).
Lui era in una delle nostre camerette, seduto su una branda con gli occhi umidi e circondato dai tre o quattro fedelissimi del suo plotone, con un muso lungo così perché ce ne andavamo. Se ne stavano lì, senza parlare.
Questa è la dedica che mi ha lasciato sul giornalino del corso di cui ero redattore: "quando si perde un giornalista, se ne trova un altro, quando si perde un amico non se trova un altro. Ad un amico, con affetto".
E quello della prima sera, quello che mi aveva fatto il contropelo?
Come in un romanzo d'appendice era diventato il mio comandante di plotone, ed io servente sul suo carro. Ecco la sua:"al miglior servente, del miglior carro, del miglior plotone, grazie per la compagnia!"
Ma sarei ingiusto se dimenticassi le parole che il nostro capitano a pochi giorni dalla fine del corso mi sussurrò a monito e insegnamento: "e si ricordi che lei i suoi uomini li dovrà sempre difendere, ma loro non lo dovranno mai sapere".
E forse, a saperle leggerle, la vita militare si trova tutta lì.
Bricchetto
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