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Domani è l’11 luglio. Sono passati ventisette anni dall’omicidio di un grande servitore dello Stato.
Un uomo definito un “eroe borghese”: Giorgio Ambrosoli, ucciso da un sicario della mafia con tre colpi di 357 Magnum al petto. Giorgio Ambrosoli era stato nominato cinque anni prima della sua morte commissario liquidatore della Banca Privata Italiana di Michele Sindona.
Era consapevole del rischio che si assumeva accettando l’incarico. Sapeva delle collusioni tra Sindona, alcuni politici italiani e la mafia. Accettò per spirito di servizio nei confronti dello Stato e andò fino in fondo. Michele Sindona fu arrestato grazie al suo lavoro. I politici che protessero Sindona, quelli che non mossero un dito per salvare la vita di Ambrosoli, gli iscritti alla P2 che lo ostacolarono sono ancora in circolazione.
Giorgio Ambrosoli scrisse alcuni anni prima di morire una breve lettera-testamento a sua moglie di cui riporto alcuni passi per onorarne la memoria.
“Anna carissima,
è il 25.2.1975 e sono pronto per il deposito dello stato passivo della Banca Privata Italiana, atto che ovviamente non soddisferà molti e che è costato una bella fatica.
Non ho timori per me perchè non vedo possibili altro che pressioni per farmi sostituire, ma è certo che faccende alla Verzotto (senatore democristiano) e il fatto stesso di dover trattare con gente di ogni colore e risma non tranquillizza affatto. E’ indubbio che, in ogni caso, pagherò a molto caro prezzo l’incarico: lo sapevo prima di accettarlo e quindi non mi lamento affatto perchè per me è stata un’occasione unica per fare qualcosa per il Paese. ...
Qualunque cosa succeda, comunque, tu sai che cosa devi fare e sono certo saprai fare benissimo. Dovrai tu allevare i ragazzi e crescerli nel rispetto di quei valori nei quali noi abbiamo creduto ... Abbiano coscienza dei loro doveri verso se stessi, verso la famiglia nel senso trascendente che io ho, verso il Paese, si chiami Italia o si chiami Europa....
Giorgio”.