25/01/2006 20:15 | |
ROMA Al governo Berlusconi è particolarmente cara: «Elimina le pastoie burocratiche» accellerando la realizzazione delle grandi opere. Come la Tav o il Ponte sullo Stretto. I cittadini, invece, la contestano. È la «legge obiettivo» 443 del 2001 che non garantirebbe quella partecipazione dal basso che invocano a gran voce. Secondo il sondaggio dal titolo «Pubblica amministrazione e governance in situazioni di crisi» condotto dall’Ipsos su un campione di 1000 individui, 3 italiani su 4 vogliono essere interpellati sulla costruzione di infrastrutture (un termovalorizzatore per esempio) tramite referendum, oppure attraverso le rispettive amministrazioni comunali. Solo il 23% dà l’ultima parola all’ente preposto perché considerato interprete di un interesse più generale. A conferma di ciò, il fatto che il 34%, nelle decisioni sulle grandi opere, assegna più voce in capitolo ai cittadini delle zone interessate. Seguono lo Stato (20%) e l’Ue (11%). In caso di eventuali conflitti, inoltre, la concertazione (intesa non solo come mediazione ma anche come prevenzione dei problemi) è la soluzione indicata dal 75% degli intervistati. Contro un 17% secondo cui le discussioni non portano a nulla. A ciò si lega il giudizio negativo sulla capacità che PA e forze politiche hanno nel gestire le situazioni di crisi (51%). Infine se i contrasti nascono da preoccupazioni che riguardano l'impatto ambientale di un certo progetto, 1 italiano su 2 è convinto della necessità di «fermare i lavori e rivedere il tutto». Mentre per il 29% bisogna andare avanti compensando adeguatamente le vittime del disagio. Per l’eventuale risarcimento, però, non tutti sono disposti a pagare di tasca propria: il 49% dice no a tasse aggiuntive. |
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