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Classifica di ottimismo: primi iracheni e afghani. Italiani? Ultimi

Ultimo Aggiornamento: 25/01/2006 11:01
25/01/2006 11:01
 
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Tra i grandi pessimisti sul futuro dell'economia anche Francia, Congo e Zimbabwe

Cosa mai possono avere in comune un iracheno, un afghano e un canadese? D'accordo, per i primi due sarebbe facile rispondere: una guerra recente. Ma i canadesi? Quale perverso o beneaugurante sondaggio potrebbe far salire sulla barca di un professionista di Vancouver una vedova di Kabul e un poliziotto di Bagdad, lasciando a terra un grand commis di Parigi o un bancario di Milano? Il sondaggio che così rimescola il mondo esiste e riguarda le previsioni sull'andamento dell'economia, dal micro al macro. L'ha commissionato la Bbc alla società (canadese) Globescan, che tra l'ottobre 2005 e il gennaio 2006 ha chiesto a 37.500 persone di 32 Paesi (grande assente la Cina) di soppesare paure e sogni di guadagno.

Ottimisti o pessimisti? Tori oppure orsi (con classificazione da Borsa)? In complesso vince la squadra degli orsi: in 17 Paesi la gente prevede un peggioramento dell'economia familiare e nazionale, in 15 scommette su un miglioramento. Quando si passa al giudizio sull'economia globale, i pessimisti vincono di misura (15 a 14) con tre incerti. Ma la cosa più sorprendente riguarda l'assortimento dei compagni di squadra, in un sondaggio che scambia la realtà con le aspettative. Il team dei più ottimisti? Canadesi, iracheni e afghani. I più sereni (sulla carta) assieme ai più disastrati. Comprensibile che il 64% dei canadesi veda più ricco se stesso e il proprio Paese nel giro di un anno. Ma come considerare quel 70% di afghani e il 65% di iracheni convinti di diventare meno poveri nel 2006? La loro fiducia nella performance nazionale diminuisce (57% a Kabul e 56% a Bagdad) ma resta comunque maggioritaria. Come dice la battuta: se la vita ti arride vuol dire che ha una paresi? All'opposto, forse ha avuto uno choc tremendo. Gli esperti di Globescan la spiegano così: l'esperienza della guerra, in Iraq come in Afghanistan, ha prodotto un effetto «anno zero» per cui «il futuro non può che essere migliore». Almeno nel portafogli: Mohammed Nouri, 38 anni, poliziotto di Samarra, guadagnava 20 dollari al mese sotto Saddam. Adesso ne prende 600. Certo adesso è molto più probabile che venga ammazzato, ma questo (per i numeri di Globescan, non per i quattro figli di Nouri) è un altro discorso.

«Un pessimista è uno che, quando sente profumo di fiori, si guarda in giro per vedere dov'è la bara». La freddura di Mencken non si addice al cliché sul carattere degli italiani. Forse proprio per questo la Bbc, presentando la ricerca
online, evidenzia la nostra presenza tra gli Orsi: «Gli italiani si uniscono a Zimbabwe e Congo e Corea del Sud tra i grandi pessimisti». Cos'è: uno sgambetto della Bbc all'ottimismo berlusconiano? Un complotto canadese? Chi hanno intervistato: solo dipendenti Alitalia? Senza arrivare al livello dello Zimbabwe del dittatore Robert Mugabe (90% di pessimisti) la Bbc rileva che, «forse a sorpresa», il Congo «devastato dalla guerra mostra percentuali simili a quelle di Paesi prosperi come l'Italia e la Corea del Sud, dove quasi l'80% è preoccupato per l'economia e dove una maggioranza tra il 53 e il 63%» prevede l'assottigliarsi del proprio conto in banca». Paolo Anselmi di Eurisko, curatore del sondaggio in Italia, dice al Corriere
che nelle ultime settimane «il vedo nero» si è un po' attenuato, ma che il mood negativo rilevato da Globescan si conferma. Italia in ricca compagnia. I francesi che vedono nero nei conti della loro grandeur
sono passati in un anno dal 74 all'83%, i brasiliani dal 24% al 67%.
Resistono i britannici (ottimisti dal 57 al 52%), mentre gli orsi si trasformano in tori in Germania (pessimisti dal 52% al 37%) e in Messico (aspettative negative dal 66 al 28%). Se le speranze dei russi crescono (39% di fiduciosi contro 27% di sfiduciati), gli americani divaricano aspettative pubbliche e private: in aumento chi sente il Paese frenare (dal 51 al 58%), in lieve diminuzione (ma in maggioranza) chi si vede più ricco (dal 58 al 56%). Come sempre, questione di punti di vista. Il dottor Kabamba, primario a Kinshasa, ha uno stipendio di 600 dollari (quanto prendono in sussidi i 37 milioni di poveri Usa). Un felice pessimista. Non si lamenta, anche se non ha l'acqua corrente e i figli mangiano carne due volte al mese. Milioni di connazionali stanno peggio, molti non hanno mai preso in mano una banconota. L'Italia è un altro mondo. Eppure sembra che il Congo di Kabamba
un po' ci rassomiglia.

Michele Farina
25 gennaio 2006

Bbc
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