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E’ l’Italia vera quella stretta attorno ai nostri Caduti
Non è facile per me versare altre lacrime: la vita e le scelte personali me le hanno già quasi tutte asciugate in trent’anni di impegno civile, facendomi trovare più a mio agio dove c’era da lottare, da levare la voce in difesa di diritti prevaricati, da denunciare ingiustizie perpetrate, da tentare di raddrizzare, sin dove le forze potevano bastarmi, dei torti... soprattutto torti nei confronti dei “Nostri Eroici Caduti”.
Eppure ieri, visitando il Sacrario della Polizia di Stato in compagnia di Fabrizio e Massimiliano, anche il petto della Pantera è parso squarciarsi per un dolore lancinante e, lo ammetto, le lagrime mi sono tornate agli occhi: circa tremila targhette, sul fondo di marmo nero delle lapidi – tanti sono gli Eroici Caduti delle Forze di Polizia – erano lì, immobili, a testimoniare in silenzio quel generoso - “Ci sono ! Ho tenuto fede al mio giuramento!”.
Un grido muto, che all’orecchio del visitatore commosso si traduce nell’urlata denuncia di una tragica assenza fisica, che niente al mondo potrà mai ricolmare.
Su quelle targhette nessuna qualifica, nessuna indicazione della Questura di provenienza: il sacrificio estremo ha cancellato ogni altro segno di distinzione e reso uguali tutti gli Eroi.
Un grido muto, che, pur ascoltato dai singoli cittadini, non sembra trovare l’eco necessaria nelle Istituzioni, chiamate invece ad ampliarlo e a trasformarla in monito civile per l’intero Paese.
Forse non m’ingannavo qualche anno fa, sostenendo che di “loro”, dei “Nostri Caduti”, sarebbero rimaste due cose soltanto: la data di nascita e quella di morte... Non la memoria delle gesta, non il rispetto per la professione, non la pietà verso degli esseri umani stroncati restando fedeli al giuramento prestato. O, almeno, niente sarebbe rimasto, se fosse dipeso soltanto dalle Istituzioni e non invece dall’animo di tanti uomini e donne, nel cui petto batte ancora un cuore leale.
Giunta al Sacrario passo dopo passo, avendo persino dubitato di potervi accedere a causa di inconcepibili disguidi burocratici - che la dicono lunga su come talune strutture e talune amministrazioni possano essere miopi nel ricambiare con atti dovuti il sacrificio generoso di chi mai nulla ha chiesto e ha invece solo donato - sotto un cielo che mi è parso squarciarsi all’improvviso, sono entrata al cospetto di quelle “tremila silenziose preghiere” e una forza irresistibile mi ha catturato. Non ho potuto esimermi dallo sfiorare leggermente con la mano quelle piccole targhette: volevo forse in quel modo accarezzare i volti sconosciuti di tanti oscuri Eroi, che mi venivano incontro e si presentavano solo con il loro nome: umilmente, semplicemente, generosamente.
Ognuno di loro mi chiamava, sembrava aspettarmi e avrebbe forse voluto sentire che un vivente era lì per indirizzargli un abbraccio, per dire un grazie, tanto semplice, quanto profondo e commosso.
Non poter trasformare questo slancio sincero in un gesto concreto, mi ha fatto scendere in cuore un terribile gelo. Un gelo che a poco a poco si è irradiato anche nel mio corpo di persona vivente e mi ha fatto temere che qualcuno, o qualcosa, intendesse forse far scendere su questi Caduti l ’oblio.
Ma non sarà così, adorate Giacche Blu: in tutti i modi chi vuole profanare la vostra Memoria dovrà fare i conti con l'amore delle vostre donne e dei vostri figli, con la riconoscenza di quei cittadini per i quali vi siete sacrificati, correndo orgogliosi al martirio.
L’Italia vera, il Paese che voi avete cresciuto nella legalità, nella democrazia, nell’etica civile, non permetterà che voi siate morti invano! Che voi siate scordati!
Grazie Ostro, per la comprensione dimostrata nei miei confronti e nel condividere i miei pensieri. Grazie, Fabrizio, per essere stato con me, in rappresentanza di tutti i tuoi colleghi, grazie di avermi teso la mano e di aver fatto al mio fianco gli stessi passi commossi sulle orme dei Caduti, che riposano nel troppo poco noto Sacrario !
Gabriella Vitali |