Caro Marchese,aspettiamo da te naturalmente la risposta giusta
Per quanto riguarda l'argomento del topic,riprendiamo da Maria l'Ebrea. Alcune notizie che ho trovato semplici e chiare per chi volesse fare un 'ripasso'sull'argomento.Attenzione alle sue 'parentele'(Mosè,Ermete...).
1)Stralciato da
orizzontidelgusto.blogspot.com/2006/01/invenzioni-e-cuc...
Il "bain marie"
[...]Maria o Miriam è colei che ha dato il suo nome all’apparecchio “bain marie”, ossia il doppio bollitore, senza il quale sarebbe assolutamente impossibile la preparazione di piatti che conservano il sapore inalterato dell’ingrediente principale!
Maria, non ha scoperto il doppio bollitore solo per preparare le sue creme senza che loro impazziscano, o per far sciogliere il cioccolato senza che si alteri la sua composizione, o per riscaldare i suoi cibi senza distruggerne il sapore, ma per facilitare il suo lavoro in laboratorio.
Della “
madre dell’alchimia” ci parla
Zosimo da Panapoli d’Egitto, alchimista, che scrisse in greco il manuale più antico di alchimia. Zosimo, visse cinquecento anni dopo Maria, quindi le informazioni sulla sua vita sono coperte dalla nebbia del mito che… si è addensata con il passare del tempo, in quanto più tardi si è conferita all’alchimia un carattere metafisico, che inizialmente, all’epoca di Maria l’ebrea, non aveva…
Per la sua vita quindi si possono fare solo delle ipotesi. Visse attorno al 300 a.C., e se fosse veramente ebrea non lo sappiamo, semplicemente Zosimo la definisce “
sorella di Mosè”. Lavorò poco dopo Euclide e si suppone avesse conosciuto Archimede ad Alessandria. Non c’è nessuna prova che dimostri che Maria si fosse interessata dell’alchimia metafisica, al contrario, il fatto che fondò una scuola di alchimia per tramandare le sue conoscenze, per lo più sugli strumenti che inventò, ci fanno pensare che fosse una scienziata, pioniere della meccanica della chimica.
L’apparecchio che utilizziamo oggi in cucina veniva chiamato nell’antichità
(Kerotakis), in quanto il doppio bollitore conservava calda la cera che utilizzavano i pittori nella tecnica ad encausto (una tecnica pittorica eseguita su tavola o su muro, che si avvale della cera come componente del legante), di cui un esempio sublime sono i celebri ritratti del Fayum. Secondo un’altra interpretazione il doppio bollitore veniva chiamato(NON ESCONO I CARATTERI ORIGINALI GRECI,vedasi il testo linkato) in quanto era utilizzato per
bagnare i metalli e definivano(IDEM COME SOPRA DETTO) il bagno in quanto i vapori condensandosi avevano la consistenza della cera. Infatti, il "Kerotakis" consisteva in una sfera o in un cilindro con la calotta emisferica messa sul fuoco, nella cui parte bassa venivano riscaldate soluzioni di mercurio, di solfuro di arsenico e zolfo; alla sommità del cilindro erano posti i metalli da trattare; i vapori dello zolfo attaccavano il metallo liberando solfuro nero (il nero di Maria) che si pensava fosse il primo stadio della trasmutazione. Continuando a riscaldare si poteva ottenere una lega simile all'oro la cui composizione variava a seconda dei metalli posti sul piatto o del mercurio e dei composti dello zolfo usati. Inoltre, la parte superiore del bollitore in base ai principi di
Ermete Trismegisto doveva essere sigillato, doveva cioè essere “ermeticamente chiuso”. Il Kerotakis fu anche usato per l'estrazione degli oli vegetali come ad esempio l'acqua di rose.
L’introduzione del termine “
bagnomaria” nella lingua italiana è, infatti, legato alla diffusione cinquecentesca dell’alchimia, a partire dalla vulgata del trattato di
Discoride “
De Materia Medica” (anno 1557) ad opera del veneziano
Pier Andrea Mattioli.
Un’altra versione, meno colorata e fiabesca, sostiene che bagnomaria derivi dal termine francese “bain marie”, che pare abbia avuto origine dalla scoperta che l’acqua di mare portata ad ebollizione evaporasse meno dell’acqua dolce. Da qui il nome “balneum maris” cioè bain marie, tradotto malamente in italiano bagnomaria, invece di bagno di mare".
Altra descrizione:
2)I primi apparecchi per distillare e i primi laboratori. Maria l'Ebrea
Quest'ultima concezione è quella più vicina alla visione ermetica, caratterizzata da una logica del vivente forse d'origine stoica, cui rinvia un altro detto "ermetico", in realtà risalente a Maria l'Ebrea (III secolo d.C.): "
Se non rendi incorporei i corpi e non rendi corporee le cose prive di corpo, il risultato atteso non ci sarà". In esso è implicita una continuità fra la dimensione corporea e quella incorporea o "spirituale", che operativamente si coglie nel processo della
distillazione. E infatti il principale contributo dato alla pratica di laboratorio da Maria consiste nei primi apparecchi distillatori: la
kerotàkis (un alambicco in tre parti), il
trìbikos, che dal recipiente in basso, a contatto col fuoco, porta il vapore sublimato in tre tubi infissi nel recettorio posto all'estremità superiore e lo raccoglie in tre diversi vasi di vetro, il
bagno-Maria, ovvero il riscaldamento per contatto indiretto col fuoco mediante un recipiente con acqua o sabbia. Ma risale alla stessa autrice anche il detto che definisce la distillazione in maniera così criptica da aver assunto arcane valenze simboliche:
"Uno diventa due, due diventa tre, e mediante il terzo e il quarto compie l'unità: così due sono uno".
Fu però Zosimo, discepolo di Maria, a esplicitare le valenze religioso-salvifiche delle pratiche di laboratorio, definendo l'alchimia un'arte sacra mediante la quale si produce l'acqua divina, o acqua di zolfo. Le operazioni si compiono su "un altare a forma di ampolla", descritto in "sogni" allegorici in cui vengono mostrate le fasi successive dell'opera, dalla separazione al ricongiungimento degli "spiriti" ai "corpi". Leggendo descrizioni del genere dall'interno della nostra cultura, fortemente dualista nel linguaggio e nell'immaginario, tendiamo ad attribuire loro un significato meramente simbolico. Ma Zosimo stava parlando di operazioni di laboratorio ben precise attraverso cui si ottengono sia l'"acqua divina" sia la polvere finissima detta xerìon (da cui l'arabo
al-iksir e il latino
elixir) che, "proiettata" sui corpi metallici, conferisce loro la perfezione dell'oro. Tuttavia queste operazioni sono anche veicolo di un perfezionamento spirituale, che fa sì che gli alchimisti possano essere definiti "la razza dei filosofi che si pone al di sopra del Fato": l'irriducibilità dell'arte trasmutatoria a nient'altro che pratica o simbolo è già tutta contenuta nei testi delle origini.
(quest'ultimo stralcio è stato estratto da
magazine.enel.it/ReS/arretrati/arretrati/alchimia_1.shtml)[Modificato da Marisa2003 29/03/2007 22.28]
Marisa