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Scritte misteriose

Ultimo Aggiornamento: 20/03/2007 23:04
09/10/2005 02:56
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Scritte misteriose nella storia...

dal sito http://groups.msn.com/ALTORENOETOSCANA/lescrittedelluomoselvatico.msnw






LE MISTERIOSE SCRITTE DELL'UOMO SELVATICO

le scritte dell'uomo selvatico (Lizzano in Belvedere)

Riportiamo di seguito un articolo sulle misteriose scritte del cosidetto "uomo selvatico" nel Comune di Lizzano in Belvedere pubblicate da "La Musola" nel lontano 1972 (n. 12, pp. 67 ss). Personalmente siamo molto dubbiosi della veridicità di quella scoperta, è comunque una interessante lettura per tutti.

"GLI ETRUSCHI

Domenica 22 ottobre 1972



Domenica 22 ottobre 1972, in una splendida mattinata di sole, Giorgio Filippi mi

ha guidato fino a un gruppo di 'iscrizioni davvero singolare, che il suo occhio

esercitato aveva colto qualche giorno prima sul plano di una lastra di roccia, in

un punto del crinale montuoso che sovrasta Lizzano in Belvedere, verso Vidiciatico.

Nella piccola comitiva, di cui faceva par,te anche la gentile signora Filippi,

godevamo della simpatica compagnia dei signori :Lanfranco Bonora e Annamaria

Scardovi. Staccatici dalla strada asfaltata, dopo un'ora di cammino su di un sentiero

e, alla fine, traversando una fitta faggeta, si giunse al luogo del rinvenimento.

Le iscrizioni erano incise su di una lastra adiacente ad un'altra sulla quale si trovavano

scolpiti una piccola «forchetta» e un piccolo «cucchiaio», già noti da molto

tempo nella zona e che erano anzi entrati nella leggenda locale: se ne favoleggiava

in relaz;ione a un «uomo selvatico» che avrebbe abitato in tempi lontani una buca

(non si può proprio chiamarla grotta) sottostante alle rocce vicine.

Mi parve subito di poter distinguere tre diverse iscrizioni, l'una sotto l'altra:

quella superiore la qualificai senz'altro come etrusca, quella inferiore aveva un'apparenza

assai più tarda', quella di mezzo evocò in me strani ricordi di «chiodi» e

di ideogrammi.

Ripuliti con cura i vari segni e misuratili (erano fra i 5 e i 7 cm.) effettuammo

diverse fotografie: anche, su una roccia sovrastante la buca dell'«uomo selvatico»,

quella di una mano scolpita a grandezza naturale che il massaro del «Rugletto»

aveva notato il giorno precedente nel corso di una sua solitaria esplorazione.

Era quasi mezzogiorno: si stava per ridiscendere quando, mentre Giorgio Filippi

ci raccontava come aveva liberato le iscrizioni dal muschio che le semiricopriva,

il sig. Bonora domandò se sotto il muschio che ancora era su parte della lastra

non poteva trovarsi qualcosa d'altro. Ci mettemmo allora febbrilmente al lavoro.

Ed ecco appar:ire, fra gridarelli di entusiasmo, una piccola croce di forma non

consueta, sottile e nettamente incisa.

Ma, terminata la bella gita e tornato io al mio abituale lavoro di scartabellatore

di libri vecchi e men vecchi, sono qui a dover riferire su quanto ho potuto tra vagliatamente

appurare, in pochi giorni di indagine per non fare attendere la tipografia

della Musola, su quelle singolari testimonianze epigrafiche.

Cominciamo dall'iscrizione etrusca. Che sia proprio etrusca è denunciato intanto

dalla prima lettera (si sa che gli Etruschi scrivevano da destra a sinistra) che ha

la fol'ma di una F e che veniva pronunciata v. Essa si trova in numerose iscrizioni,

allo stesso modo che nella nostra, come lettera a sé, ossia come -iniziale del prenome

Vel, così scritto abbreviatamente. Abbiamo poi la theta crociata, ossia il cerchietto

con la croce inscritta, che è tipica delle iscrizioni etrusche arcaiche. Altre lettere,

e cioè la A, la E 'e specialmente la Z (ultima lettera dell'iscrizione) si trovano,

identiche o quasi, nelle iscrizioni etrusche. Inoltre la parola tha, identificabile nella

nostra iscrizione, è in etrusco un ben conosciuto dimostrativo «~,«quello»);

ez si trova attestato chiaramente, come parola a sé, in una nota iscriziO'ne etrusca

detta del piombo di Magliano (ma con significato indeterminabile). Restano le due

O con in mezzo quello strano segno: ma non sarebbe escluso trattarsi di un'indicazione

numerica, dato che qualche analogia sarebbe proponibile cO'n i segni numerali

etruschi già noti e con le dfre chioggiotte, riportate dal Buonamici nel suo volume

Epigrafia Etrusca. D'altra parte non si vede bene cosa ci starebbe a fare un'indicaz,

ione numerica su quel crinale, e si svuoterebbe di significato la v a sé stante,

giacché un prenome non seguito da un gentilizio sarebbe un non senso.

La chiave per la comprensione del documento è data invece, a mio avviso, proprio

da quello strano segno fra le due O: ho trovato che esso corrispO'nde esattamente

a una sigla riprodotta dal Fabretti al n. 27 del I Supplemento del Corpus

Inscriptionum Italicarwn, iscritta su un vaso di Villanova (Bologna). Il Fabretti

riporta una quindicina di sigle analoghe, piÙ o meno inconsuete, trovate su vasi

del genere. Il Buonamici, seguendo il Pareti, le riconnette ad un protO'tipo degli

alfabeti nord-etruschi, etrusco pur esso ma distinto da quello in uso in Toscana: un

alfabeto arcaico, anteriore alla conquista del VI secolo avanti Cristo. Ad esso

secondo il Pareti è da riconnettersi anche l'alfabetO' delle iscrizioni picene.

Ora proprio nel Piceno noi ritroviamo il nostro stesso segno: il Whatmough

credette di vederlo in un'iscrizione di Bellante (ma ruotato di 90 gradi) e segni

quasi uguali risultano in altre iscr;zioni (Acquaviva, Superaequom, ancora Bellante).

Mol!o dubitativamente il Whatmough pensa abbiano il valore di una sibilante.

Ma se dobbiamo dunque orientarci verso il Piceno, ove era usata anche la O, non

dobbiamo nasconderci che in quelle iscrizioni il segno che appare a Lizzano come A

possiede invece il valore r. E allora? Allora dovremmo pervenire, per la nostra

iscrizione, ad una lettura v throso ez che trova un riscontro persuasivo nel noto

gentilizio etrusco thresu. Infatti nell'Etruria la lettera O non era in uso: per esprimere

graficamente tale suono venivano imp:egate nelle iscrizioni, piuttosto promiscuamente,

le lettere E, D, A. In parole povere si tratterebbe di una persona che

incise lassù l'iniziale del suo «nome» e il «cognome», più una paro letta ez che non

si sa cosa voglia dire.

Comunque sia è chiaro che la presenza nella nostra iscrizione di quello strano

segno fra le due O ne garantisce al cento per cento l'autenticità: l'ipotesi di uno

scherzo erudito non regge perché l'erudito che si potrebbe immaginare autore della

beffa avrebbe dovuto essere molto ma molto erudito, né sarà stato certo il non

meglio identificato sig. Clersoni (o Chersoni) Elidio il quale, non si sa quando, non

trovò di meglio per immortalarsi che incidere il suo nome, con tanto di cartiglio,

su quella roccia, a poter congegnare uno scherzo del genere.

E veniamo alla seconda iscrizione: quella che mi apparve, di primo acchito,

come... cuneiforme. Ebbene, so che la notizia farà restare qualcuno senza fiato,

ma devo dire .che quella (sarebbe, se non erro, la prJma trovata 'in Italia) è proprio

un'iscrizione cuneiforme! Si tratta di un ideogramma i cui primi quattro elementi

corrispondono quasi in pieno alla prima parte di un ideogramma in scrittura neoassira,

che troverete (è il primo in basso a sinistra) a pagina 44, fig. 19a del .volumeHo

del Friedrich, Decifrazione delle scritture e delle lingue scomparse, edito a Firenze

nel 1961. Purtroppo in questi pochi giorni non ho avuto la possibilità di esaminare

ampi elenchi di 'ideogramm,i per trovarvi corrispondenze complete e pervenire a

una sicura traduzione di quei segni: saranno poi gli assiriologi, stimolati, non ne

dubito, da questa clamorosa primizia che offr.iamo ai ,lettori della Musola, a darne

una spiegazione che non lasci adito a dubbi e che conforterà o meno anche il senso

che ho dato, provvisoriamente beninteso, all'iscrizione etrusca.

Quando furono incise quelle due iscrizioni? Tutto concorda a situarle nel VI

secolo avanti Cristo, piuttosto verso l'inizio.

Resterebbe a parlare della misteriosa crocetta, della «forchetta», del «cucchiaio»

e della mano scolpita. Di questi ultimi tre reperti non dico nulla: lascio alla fantasia

dellettare di sbizzarrirvisi.Per la cracetta passa azzardare tre diverse ipatesi. È un

simbala cristiana? È una figurina umana stilizzata? È un segna di arientazione?

A favare di questa terza idea patremma citare Dolabella, in Cromo Vet., ed. Lachmann,

I, p. 303, 22ss.: quare per aedes publicas in ingressus antiqui fecerunt crucem,

antica et postica? Quia aruspices secundum aruspicium in duabus partibus orbem

diviserunt... C'era dunque, lassù, un tempietta o un sacella etrusco?

Angelo Savelli"
Marisa
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