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Tratto da " Focus 03/2006"

Ultimo Aggiornamento: 18/10/2006 18:57
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18/10/2006 03:54

Economia, politica, storia: quando i registi "non sì vedono"
Che cosa c'è sotto?

La Storia è troppo complessa per essere spiegata dagli intrighi. Ma a volte c'è davvero qualcuno che trama nell'ombra.


Cospiratori che
pilotano gli
eventi: così
immaginiamo
i complottisti.


Qual è il filo che unisce la loggia massonica P2, la strage di Piazza Fon­tana e Al Qaeda? La pretesa di cambiare, nell'ombra, il destino d'interi Paesi. Ma a fronte di alcuni complotti veri, sono mol­to più numerosi quelli immaginari o difficili da provare. Come il Fe­stival di Sanremo: nel '90, '95. '96, '97 e 2003 Striscia la notìzia ne ha previsto i vincitori, che però erano cantanti già popolari o presentavano una canzone d'impatto. Insomma, da qui a ipotizzare una vit­toria a tavolino (di cui gli esclusi sono certi) ce ne passa.
«Le persone tendono ad asso­ciarsi per perseguire interessi comuni. Ma un vero complotto pla­netario non potrebbe avere successo» avverte lo storico Franco Cardini. «Sarebbe troppo complicato». Tuttavia, questo non esclu­de che le cospirazioni abbiano avu­to un peso nella storia. L'ex segretario di Stato Usa Henry Kissinger ha ammesso che dietro tutte le principali dittature del Sud America c'era la Cia. Nessuno du­bita che in Italia sia esistita la log­gia massonica P2, coinvolta in tra­me losche. E che ci sia stato alme­no un tentativo di golpe.

Voglia di crederci

Gli intrighi, però, affascinano: lo testimonia il successo di romanzi "complottisti" come Angeli e Demoni di Dan Brown, che descrive le gesta degli Illuminati, potentissima società segreta. Sono davvero esistiti, ma furono loro a diffonde­re la notizia - falsa - di manovrare i governi europei. Il complotto, in­somma, si alimenta da sé.
L'idea del complotto piace per­ché offre facili spiegazioni a even­ti difficili da capire. Ma può arri­vare a far dubitare di tutto: anche che l'uomo sia realmente arrivato sulla Luna...

L'11 settembre, lo sbarco sulla luna, il campionato dì calcio:
Pensiamo così di fronte agli eventi difficili da capire. Ma le congiure planetarie sono impossibili. O no?

C'è sempre sotto qualcosa


L'11 settembre del 2001 il Pentagono non fu colpito da un aereo dirottato da terroristi islamici, ma da un missile Cruise americano: il go­verno Usa, sostiene Thierry Meyssan nel libro L'Effroyable Impo­sture (II tremendo inganno), ave­va bisogno di ricompattare il Pae­se in crisi economica. Le prove? Sarebbero alcune foto pubblicate sul sito francese www.asile.org che mostrano danni limitati al primo piano del Pentagono, mentre un Boeing 757 avrebbe dovuto cau­sare effetti più devastanti. Peccato che, spiega il quotidiano Le Mon­de, non siano state pubblicate altre foto, che mostrano la vera entità dei danni al Pentagono. Senza con­tare i numerosi testimoni dell'im­patto...
E che dire degli ebrei, avvisati - secondo una tv libanese - con te­lefonate anonime di non andare a lavorare nelle Torri Gemelle l'11 settembre? Ipotesi inquietante: cozza però con il fatto che quel giorno morirono anche 130 ebrei. Milioni di americani, peraltro, dubitano persino dello sbarco dell'uomo sulla Luna. Lo ha rilevato l'istituto di ricerche di mercato Gallup. Le "prove"? Le foto del­l'allunaggio, con le ombre che andrebbero in direzione sbagliata ri­spetto alla luce solare, e le stelle invisibili, nonostante l'assenza di atmosfera. La Nasa, pur di battere l'agenzia spaziale russa, avrebbe speso 25 miliardi di dollari per or­ganizzare un set cinematografico con tanto di effetti speciali nel de­serto del Nevada, con l'aiuto del regista Stanley Kubrick. Secondo Billl Kaysing, ex capo pubblicazioni del laboratorio Rocketdyne, for­nitore dei motori per gli Apollo, e autore del libro "verità" We never went to thè Moon (Non siamo mai andati sulla Luna), sarebbe finto non solo il primo allunaggio ma anche i successivi.

Papa e scudetto

Ma gli intrighi, veri o presunti, ci sarebbero stati anche in Vaticano. Secondo il giornalista Usa David Yallop (autore del libro In nome di Dio), la prematura morte di papa Albino Luciani, al secolo Giovanni Paolo I, dopo 33 giorni di pontificato sarebbe dovuta ad avvelenamento: qualcuno voleva impedirgli di indagare sulla gestione delle finanze vaticane. Eppure a 66 anni l'infarto è tra le principali cause di morte.
Dal sacro al profano: secondo molti tifosi, il Campionato di calcio sarebbe deciso a tavolino da alcu­ni club. Ma allora quale motivo avrebbero certe società di dopare i giocatori? O di "comprare" singole partite, com'è emerso da al­cuni recenti scandali?
Tesi simili saranno pure assur­de, ma come mai tanta gente è portata a credere nei complotti? Per­ché dev'esserci sempre qualcuno che manovra dietro le quinte? Spiega lo storico Franco Cardini, dell'Università di Firenze: «Non è una tendenza solo dei nostri tempi. Durante la peste del 1348 si dette la colpa agli ebrei, che avrebbero contaminato i pozzi d'acqua». Si cercarono origini occulte anche in eventi successivi: «La Rivoluzione francese fu dipinta come un com­plotto massonico» continua Car­dini. «La gente ha sempre pensato ai complotti per semplificare le cause di avvenimenti complessi e improvvisi, difficili da capire e do­minare. L'ha sempre fatto per una difesa psicologica».

II Grande Vecchio

L'emblema di tutti i capi occulti è il Re del Mondo, dall'omonimo libro dell'esoterista francese Rene Guenon, pubblicato nel 1924. Guenon, studiando racconti simili tramandati in Paesi diversi, ipotizzò l'esistenza di un centro di coman­do che determina i destini del mondo, situato in una città sotter­ranea, Agartha. in India o in Af­ghanistan. Ad Agartha vivrebbero, felici, milioni di persone pacifiche, dedite alla scienza e alla sag­gezza. Governate dal Re del Mondo, con il mandato divino per rea­lizzare il progresso attraverso una rete di iniziati presenti, in incogni­to, nei diversi popoli.
Ma esistono davvero grandi reti occulte che decidono in segreto le sorti di noi tutti? «Non ci sono complotti planetari. ma piccoli sì» risponde Cardini. «Ci sono reti di relazioni interconnesse, sistemi economici e politici in cui le per­sone si ritrovano per comunanza di interessi; questi sistemi però hanno vita propria, non sono i sin­goli a deciderne più di tanto il cor­so». Anche per lo scrittore cattoli­co Vittorio Messori non esistono Signori Oscuri, anche se i massoni hanno determinato le scelte di alcuni Stati. «La Terza repubblica francese, durata 70 anni dal 1870, fu il braccio della massonerìa, con una valanga di leggi anticlericali» afferma. «In Italia, erano massoni Cavour e Garibaldi. E anche Fran­cesco Crispi: i suoi governi di fine '800 furono condizionati da un'ala anticattolica presente ancora oggi in Italia». Secondo Messori, negli Usa c'è ora una convergenza fra massoni, gruppi estremisti ebraici e gli evangelicos, cristiani fondamen­talisti. «In Sud America, con l'ap­poggio delle ambasciate Usa e del­la Cia, da anni si svolge dietro le quinte una lotta per togliere spazio alla Chiesa cattolica, che ultimamente ha perso il 40% dei fedeli».
Le "cupole" degli affari
Anche molte decisioni dell'eco­nomia non avvengono alla luce del sole. «In Italia abbiamo avuto il caso di Mediobanca» dice Andrea Di Stefano, direttore di Valori, il mensile di Banca Etica. «Ne era a capo Enrico Cuccia, il "monaco" della finanza laica che la dietrolo­gia spiritualista indicava come membro di un ristretto gruppo di devoti a un'eretica medievale. Guglielmina la Boema. Cuccia e al­tri, si recavano in visita alla tomba di Guglielmina nell'Abbazia di Chiaravalle». Esoterismo a parte, per decenni gli affari più impor­tanti della finanza italiana dove­vano avere la benedizione di Cuc­cia. Per motivi di competenza e di fiducia: «Era il garante delle gran­di famiglie del capitalismo italiano, esperto nel costruire scatole ci­nesi. Ovviamente in modo riser­vato». Dopo la scomparsa di Cuc­cia (nel 2000, a 92 anni) decidono i grandi gruppi finanziari come Uni-credit, Capitalia, Banca Intesa.
Sul piano internazionale il gioco lo fanno, a porte chiuse, le élite che si ritrovano nei "think tank", i co­siddetti serbatoi di idee. «Decido­no le scelte di macroeconomia co­me la liberalizzazione dei servizi e dell'energia o i tagli al welfare (sa­nità, scuola)» spiega Di Stefano. Alcuni esempi? La Commissione Trilaterale, fondata dal capitalista Usa David Rockefeller nel 1973 per orientare la politica di Usa, Europa e Giappone. O i circoli di imprenditori e intellettuali come il Bilderberg (fondato nel 1954 in Olanda) e l'Aspen Institute (Usa,1950). «Le decisioni sono prese da pochi e poi rilanciate nei vari Pae­si, non come proposte, ma come il "verbo"» aggiunge Di Stefano. «Gli Stati deboli le subiscono. Quelli normali hanno più difese, ma sono sempre più queste élite, non i politici eletti democraticamente, a governare».

Franco Capone


Dal Dopoguerra a oggi, una scia di stragi decise a tavolino

Quando le trame sono vere!

C'è una ragione per cui sospettiamo sempre complotti, soprattutto quando c'è di mezzo la politica: la storia recente d'Italia ne è piena.

Chi avvelenò quel caffè? Michele Sindona, prima a capo di un impero finanziario, poi bancarottiere. Morì per un caffè al cianuro, servitegli in carcere. Da un film su Roberto Calvi: il banchiere fu "suicidato".

In Italia, c'è almeno una gene­razione che non crede alle ver­sioni ufficiali. Tende a non fi­darsi delle autorità e crede al­l'esistenza di manovre occulte. Questi italiani hanno oggi 50-60 anni e quel 12 dicembre del 1969. adolescenti o già ventenni, appre­sero che una bomba era scoppiata a Milano, nella Banca dell'Agri­coltura in piazza Fontana, provo­cando 17 morti e 84 feriti. Seppero anche, dai giornali, che la bomba l'aveva messa un anarchico, ma ge­stì così efferati non facevano parte né delle lotte di quei giorni né del­la tradizione anarchica. Divennero così i "figli del sospetto". Aveva­no ragione a sospettare che lo Sta­to, non gli anarchici, fosse coinvol­to in quel terribile crimine contro comuni cittadini?
«Oggi non si conoscono ancora i colpevoli materiali della strage di piazza Fontana, dati i numerosi depistaggi e la morte di testimoni in circostanze misteriose, ma il fatto che l'attentato sia stato organizza­to da cellule fasciste con la coper­tura di apparati dello Stato è una verità storica» afferma Giovanni Pellegrino, presidente della Com­missione parlamentare sulle stragi. «Con quella strage, che doveva essere attribuita alla sinistra, gli "or­ganizzatori" si proponevano di su­scitare un'ondata emotiva nell'o­pinione pubblica, allo scopo di realizzare un colpo di Stato. I loro "mandanti", invece, più che al gol­pe pensavano a insediare un go­verno forte, che mettesse all'ango­lo il Partito comunista e le richieste sindacali dell'autunno caldo. La bomba doveva spingere il capo del governo Mariano Rumor a dichiarare lo stato di emergenza. A quel punto, nei piani della destra fascista, il principe Junio Valerio Borghese, fondatore di Avanguardia nazionale, avrebbe attuato il golpe. Secondo i calcoli dei "man­danti", invece, il capo dello Stato avrebbe affidato il governo a un uomo forte».
La reazione popolare alla strage, anche per la morte dell'anarchico Giuseppe Pinelli, precipitato da una finestra della Questura di Milano, fermò entrambi i piani.

II piano scappa di mano

Lo stato di emergenza non fu dichiarato, e il golpe Borghese fu rinviato di un anno: avvenne la notte tra il 7 e l'8 dicembre 1970. E fallì, perché mancarono gli appog­gi internazionali promessi.
Non per questo, però, finirono le stragi. Perché i fascisti, senten­dosi traditi, andarono avanti da so­li: un'autobomba uccise 3 carabinieri a Peteano (Gorizia, 31 mag­gio 1972). Una bomba "ananas" contro Rumor provocò alla Que­stura di Milano 4 morti e 45 feriti (18 maggio 1973). Un'altra bomba, durante un comizio sindacale in Piazza della Loggia, a Brescia, fece 8 morti e 108 feriti (28 maggio 1974). Poi, la strage del treno Itali-cus, con 12 morti e 50 feriti (4 ago­sto 1974, v.foto nelle prossime pa­gine). Fino a quella della stazione di Bologna, 85 morti e 200 feriti (2 agosto 1980)... In Italia si moriva per oscuri attentati. Perché? La Commissione parlamentare sulle stragi, con l'aiuto di politici di al­lora e studiosi come Virgilio Ilari. Giuseppe De Lutiis, Aldo Giannuli e Giuseppe Padulo, con atti processuali e documenti desecre­tati, ha fatto una ricostruzione sto­rica. E molte di quelle conclusioni sono contenute in un libro di Gio­vanni Pellegrino e Giovanni Fasanella: La guerra civile (Bur).

La paura fa disastri

La strategia della tensione ha le sue radici nel 1948, quando tutti i partiti dell'arco istituzionale era­no ancora armati e la Democrazia cristiana vinse le elezioni. Palmiro Togliatti, segretario del Pci, ac­cettò la sconfitta. Anche perché i patti di Yalta (in Ucraina) avevano definito l'area d'influenza dei so­vietici e quella degli angloameri­cani: l'Italia era nella Nato, ma ave­va il Partito comunista più forte dell'Occidente, e ciò preoccupava gli statunitensi e gli anticomunisti italiani.
Cominciò la Guerra fredda, il muso duro fra Est e Ovest. «In questa cornice» spiega Pellegrino, «furono richiamati nelle istituzioni italiane uomini compromessi con il nazifascismo, in molti casi respon­sabili di crimini contro la popolazione. Brigate partigiane bianche, come la Osoppo, furono riarmate nell'ombra. Si formò, insomma, un esercito anticomunista clandesti­no dello Stato, gli Atlantici d'Italia, struttura allestita dall'ambasciato­re Edgardo Sogno con il prefetto Carmelo Marzano (al ministero dell'Interno) e il colonnello Renzo Rocca (al ministero della Difesa)». L'organizzazione confluì nel 1956 in "Gladio", struttura segreta sotto il controllo della Nato, pen­sata contro le possibili invasioni
comuniste. Nacque anche un'or­ganizzazione "privata", Pace e Libertà, promossa sempre da Sogno.

La fabbrica dei neofascisti

A questa struttura era affidata la guerra non ortodossa contro i co­munisti, dalla fabbricazione di fin­ti dossier ai tentativi di golpe. Il primo fu studiato per l'estate del 1964, quando si profilava l'avvento di governi di centrosinistra dopo anni di dominio democristiano: era il Piano Solo del generale dei carabinieri Giovanni De Lorenzo, in cui figurava la lista di 700 attivisti del Pci da arre­stare e deportare in una base di Gladio in Sardegna.
I documenti desecretati della Cia indicano che era coinvolto anche il Presidente della Repubblica Antonio Segni, stretto alleato degli Usa e fermo oppositore di un go­verno del democristiano Aldo Mo­ro con i socialisti. «Il presidente ebbe una trombosi dopo un collo­quio burrascoso con Moro e Giu­seppe Saragat, che gli chiedevano conto di ordini che aveva imparti­to a De Lorenzo» dice Pellegrino.
Dopo anni, Sogno ha ammesso che a lui faceva capo una strategia golpista per scoraggiare la sini­stra che avanzava elettoralmente. Infine il governo di centrosinistra si fece, ma i socialisti, consapevoli del piano, limitarono le richieste.
«Nello stesso tempo si delineava una strategia per realizzare un go­verno forte, da affidare a un "du­ro" come il senatore Cesare Merzagora, oppure a un "atlantico" co­me l'ex ministro Randolfo Pacciardi» continua Pellegrino. «La magistratura militare sospese mol­ti processi contro i repubblichini (fascisti). E questi entrarono nei servizi segreti e nelle forze dell'or­dine. Ci fu una saldatura ulteriore fra partigiani bianchi, ex repubbli­chini e neofascisti».
Il salto di qualità avvenne nel maggio 1965, all'Hotel Parco dei Principi a Roma. «L'Istituto di sto­ria e di ricerca militare Pollio, ema­nazione dello Stato maggiore del­le Forze armate, organizzò un con­vegno dal titolo "La Guerra Rivoluzionaria" (riferito al comunismo che si diffondeva nel mondo)» spiega Pellegrino. «In quell'occasione furono creati i "Nuclei di di­fesa dello Stato", gruppi di civili che inglobavano formazioni neo-fascisfe. come Ordine Nuovo, Avanguardia nazionale, Europa e Civiltà, per metterle in prospettiva sotto la protezione di Gladio, con la garanzia del segreto militare. Al convegno parteciparono uomini di vertice delle forze armate e dei servizi segreti, magistrati e indu­striali. Fu un'alleanza operativa, il punto di partenza di un disegno eversivo». Giulio Andreotti, inter­pellato dalla Commissione stragi, ha commentato così: «L'insieme, visto oggi, è inquietante»...
Resta, però, ancora un dubbio: da dove arrivò il terrorismo rosso, che pure ha fatto decine di vitti­me? Secondo Pellegrino, non nacque come reazione alle stragi, ma sarebbe stato l'erede di un gruppo minoritario del Pci, facente capo a Pietro Secchia, sconfitto con la svolta di Salerno nel 1944, in cui Togliatti scelse la via democratica.

Una regia all'estero?

I brigatisti rossi, insomma, sa­rebbero i nipoti di gruppi come la Volante Rossa. Ma ci furono anche partigiani rossi che passarono a Pace e Libertà (la struttura devia­ta anticomunista), come Luigi Ca­vallo e Roberto Dotti.
Un libro dell'ex senatore Sergio Flamigni (La Sfinge delle Br, Kaos ed.), della Commissione stragi, po­ne Dotti e Cavallo all'origine del­le Brigate Rosse. A fare da tramite fu Corrado Simioni, compagno di Mario Moretti, brigatista giunto poi a capo del gruppo mentre Cur­cio e gli altri dirigenti venivano arrestati grazie a un infiltrato. Con Moretti, le Br uscirono dal­la fase dimostrativa. Secondo Fla­migni. rispondevano ad "azionisti" di potenze straniere. Cioè a una struttura superiore collegata sia al terrorismo nero sia a quello ros­so, con il compito di orientarne alcune scelte. Per esempio, uccidere Aldo Moro, che voleva arrivare ad un governo con i comunisti.

Franco Capone

[Modificato da kilos15 18/10/2006 3.55]

[Modificato da kilos15 18/10/2006 4.02]

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18/10/2006 18:57

Ci sono molte "follie" in ipotesi del genere, ma è sempre meglio ricordare che non bisogna fidarsi troppo delle verità ufficiali. Quanto a Moro, per esempio, la stranezza di un ritrovamento della seconda parte del suo memoriale dodici anni dopo la prima, e sempre nello stesso appartamento, dopo la caduta del muro di Berlino, al riunifcazione delle due Germanie, il crollo del Comunismo ecc...a me puzza molto di servizi segreti, che tra l'altro hanno fatto solo il loro dovere nel far sparire documenti, diciamo così, "compromettenti" per la classe politica Italiana dell'epoca.....
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