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Corriere della Sera 04-01-2004: Anno 1964

Ultimo Aggiornamento: 06/01/2004 11:55
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06/01/2004 11:55

Come cadde Kruscev
II retroscena
del "cambio della guardia"
che ha strabiliato il mondo

STEWART ALSOP
e EDMUND STEVENS

"Passo il telefono ad Anastas
Mikoian. è un pezzo che sta
cercando di strapparmelo dal-
le mani." Nikita Kruscev era d'otti-
mo umore lo scorso 12 ottobre men-
tre- parlava per radiotelefono con
l'equipaggio della nave spaziale Vo-
skod che stava percorrendo la sua
orbita.
Quelle furono le ultime parole
pronunziate in pubblico dall'uomo
grasso, gioviale e spietato che per
oltre dieci anni aveva attratto, spa-
ventato e divertito il mondo. In un
certo senso quelle parole sono state
un epitaffio politico appropriato
perché danno un'idea dell'uomo e
del regime sovietico di cui, fino al-
l'ottobre scorso, era stato il capo su-
premo.
I tre cosmonauti non avvertirono
certamente l'ironia insita nelle pa-
role di Kruscev, né l'avvertirono i
milioni di Russi che guardavano la
televisione. Ma Anastas Mikoian,
presidente dell'U.R.S.S. e fino a quel
giorno il migliore amico di Kruscev,
sapeva già allora che Kruscev a-
vrebbe cessato assai presto di es-
sere una personalità politica.
Una cosa è certa. Nessuno è sta-
to piú sorpreso della sua caduta del-
lo stesso Kruscev.
Una drammatica riunione.
II 13 ottobre scorso, mentre si godeva
qualche giorno di riposo nella sua
villa al mare in Crimea, Kruscev
fu convocato per una riunione del
Praesidium del Comitato Centrale
del partito comunista sovietico. Nel-
la sala rivestita di quercia dove si
riuniscono i 16 componenti del Prae-
sidium, in un edificio del Gremlino
dai muri gialli, la scena dev'essere
stata drammatica. Attorno al tavolo
coperto da un panno verde c'erano
Kruscev, il suo protetto Leonid Brez-
nev, un bell'uomo dall'aria austera,
Alexei Rossighin, smilzo, biondastro,
riservato, quasi timido; Mikoian,
con la sua faccia da Armeno volpi-
na e intelligente; Mikail Suslov, an-
ziano, professorale, il teorico nato;
e gli altri 11 componenti e aspiran-
ti componenti del potentissimo Prae-
sidium. Tutti, dal primo all'ultimo,
dovevano la loro presenza, almeno
in parte, a Kruscev, e tuttavia prese-
ro ad attaccarlo con la ferocia tra-
dizionale del movimento bolscevico.
Le accuse.
Fu Suslov a condurre l'attacco.
A una a una snoccio-
lò le accuse contro l'anziano capo,
mentre gli altri citavano fatti per
corroborarle ed estenderle.
Si trattò, in parte, d'accuse di ca-
rattere personale. Kruscev, fecero
notare i suoi colleghi, era rozzo e
volgare nei modi e nel linguaggio,
incline all'irriverenza e intollerabil-
mente dispotico. Nei suoi continui
viaggi attraverso il Paese pretende-
va di essere salutato con discor-
si adulatori e perfino di riceve-
re il benvenuto con il cerimoniale
dell'offerta del pane e del sale, co-
me uno zar. Molta importanza fu at-
tribuita al fatto che Kruscev aveva
concesso il titolo di Eroe dell'Unio-
ne Sovietica al presidente egiziano
Nasser, quando lo scorso maggio si
recò in Egitto per l'inaugurazione
della diga di Assuan, senza consul-
tare gli altri componenti del Prae-
sidium. Gli fu chiesto perché mai
un uomo che aveva imprigionato i
comunisti e dato asilo a criminali
di guerra nazisti fosse degno della
piú alta onorificenza dell'Unione So-
vietica.
Kruscev fu inoltre incolpato di
nepotismo: il genero Alexei Agiubei,
esonerato in seguito dalla carica di
direttore delle Izvestia, ne era l'esem-
pio principale. Fu anche accusato di
servirsi del programma spaziale so-
vietico per proprio vantaggio poli-
tico. La Voshod, fu detto, era stata
messa in orbita prematuramente pro-
prio per coprire i suoi insuccessi.
L'attacco si estese a specifici in-
successi in politica interna ed estera.
Gli fu attribuita la colpa di assurdi
doppioni burocratici: due diverse
trafile direttive a ogni livello; del
« caos nell'agricoltura »; di « sprechi
e di dispendi esagerati» delle riserve
di valuta straniera sperperate per
importare costose attrezzature e gra-
no allo scopo di supplire alle gravi
deficienze dei raccolti.
C'era stata «l'umiliazione di Cu-
ba », con i critici che gli rimprove-
ravano il disastroso tentativo di in-
stallare missili nucleari a Cuba.
Kruscev fu poi accusato d'aver per-
messo una crescente insubordinazio-
ne dei Paesi satelliti; perfino i par-
titi comunisti italiano e francese cri-
ticavano Mosca apertamente.
L'interesse nazionale in giuoco.
Ma la piú grave delle accuse rivol-
te a Kruscev poteva esser compen-
diata in una domanda: « Chi aveva
perduto la Cina? » Kruscev era in-
colpato d'aver permesso che i suoi
sentimenti si frapponessero all'inte-
resse della nazione, cosí da lasciar
degenerare la disputa ideologica con-
la Cina in una disputa personale.
Cosí i due piú potenti Paesi comu-
nisti erano stati condotti sull'orlo di
un'aperta rottura e l'intero movi-
mento comunista mondiale era sta-
to indebolito.
Reagendo a quest'incriminazione,
Kruscev divenne paonazzo per l'ira.
Gridò che i suoi accusatori cercava-
no d'intrappolarlo; minacciò di far-
li arrestare tutti. La sua sfuriata finí
di colpo ed egli divenne stranamen-
te calmo e apatico, come se in lui si
fosse spento ogni desiderio di lot-
tare.
Questa non era la prima volta
che i suoi nemici tentavano di ro-
vesciarlo. Nel giugno 1957 il « grup-
po anti-partito » - Molotov, Malen-
kov, Raganovich e compagni - nel
corso d'una riunione del Praesidium
votarono per escluderlo dal potere.
Ma Kruscev aveva capovolto la si-
tuazione ricorrendo al Gomitato
Centrale del partito, composto di
133 membri, che era stato eletto
Fanno prima al XX Congresso del
partito, dominato da Kruscev.
Lo scorso 13 ottobre, tuttavia, il
Praesidium si aggiornò senza estro-
mettere formalmente Kruscev. De-
ferí la decisione al Comitato Cen-
trale che allora contava 175 mem-
bri, davanti al quale Suslov reiterò
il giorno dopo le accuse contro
Kruscev. Kruscev si difese a lungo
ma senza furibondi istrionismi. Am-
mise con tono sommesso d'aver fat-
to degli errori. Ma non vedeva il
motivo, disse, di dar lo spettacolo
d'una pubblica autocritica che pote-
va servire soltanto a screditare il par-
tito. La mozione per estromettere
Kruscev fu debitamente presentata
e approvata con una forte maggio-
ranza. Dopo di che, il voto fu reso
unanime : perfino Kruscev votò per
il suo esonero.
Di che darsi pensiero? Come
mai l'uomo astuto e senza scrupoli
che aveva schivato tanti gravi peri-
coli, che era sopravvissuto alle pur-
ghe staliniste e ai successivi attenta-
ti al suo potere, ha potuto perdere
cosí improvvisamente il proprio do-
minio? Come è stato possibile che

il Comitato Centrale lo abbia getta-
to cosí d'improvviso in quello che
lui stesso aveva definito una volta
il « letamaio della storia »?
La risposta sta in parte nel mi-
stero della personalità umana. Kru-
scev era diventato vecchio. Con l'a-
vanzare degli anni le stramberie di
una personalità già stramba diven-
nero piú marcate, i suoi protetti e i
suoi subordinati fremevano nel loro
intimo quando il vecchio capo con-
traddiceva i loro ordini e li insulta-
va. Inoltre Kruscev credeva d'avere
il potere saldamente in pugno. Miko-
ian non era forse il suo piú vecchio
amico, l'ultimo superstite ancora al
potere dai tragici e lontani giorni
di Stalin? 1 nuovi uomini - Breznev
compreso - non erano forse uomini
suoi? Di che doveva darsi pensiero?
Di molte cose. Chiunque detenga
grande potere si fa dei nemici, e
Kruscev se n'era fatti piú di altri.
C'erano gli stalinisti non ricreduti,
sgomenti per la portata della sua
campagna di « destalinizzazione ».
C'erano i militari inaspriti dal suo
esonero del maresciallo Georgi Zu-
kov e di altri ufficiali e allarmati per
le sue minacce di ridurre ulterior-
mente le spese militari. C'erano i
dirigenti dell'industria pesante, an-
che loro allarmati dalle promesse
di Kruscev di favorire le industrie
di consumo. C'erano gli ideologi
convinti i quali temevano che Kru-
scev, nel suo furore contro i Ginesi,
potesse distruggere il movimento co-
munista mondiale e lo sospettavano
di mollezza nei riguardi del capita-
lismo.
E c'erano, senza alcun dubbio,
molti del popolo. Mosca è una città
molto meno triste di quanto fosse.
La gente è ben nutrita e vestita con
proprietà. Ma la penuria di merci e
le code ci sono tuttora, e le promes-
se di Kruscev di una buona vita per
tutti sono rimaste lontane dalla loro
attuazione. Qualche tempo fa Kru-
scev disse ad Averell Harriman -
fra gli altri - che aveva intenzione
di ritirarsi presto. Se lo avesse fatto,
per esempio, nel 1961 alla fine del
XXII congresso del partito, da lui
dominato, senza alcun dubbio gli
sarebbe stato permesso di finire i
suoi giorni come un vecchio, ono-
rato statista.
Aggrappato al potere. Ma ri-
nunciare al potere è difficile per tut-
ti, impossibile per alcuni. Col tra-
scorrere degli anni la sua disputa
con Mao Tse-tung divenne un'osses-
sione e, m mente sua, fu certo un
motivo per tenersi aggrappato al po-
terg. Perciò i suoi colleghi del Prae-
sidium, visto che evidentemente
Kruscev non aveva intenzione di an-
darsene con bél garbo, decisero che
dovesse esser costretto a farlo.
II compito essenziale d'impedire
che il vecchio capo sospettasse qual-
cosa deve essere stato affidato al suo
vecchio amico Mikoian, che era a
fianco di Kruscev il giorno in cui
questi parlava con i cosmonauti. Co-
me spesso avviene nella storia sovie-
tica, anche in questo caso torna alla
mente una battuta del famoso libro
di George Orwell 1984, in cui si im-
magina un terribile Stato comunista
e poliziesco dell'awenire: « Sotto
l'albero fronzuto t'ho venduto e
m'hai venduto. »
Adesso il tempo di Kruscev è chiu-
so. Che accadrà in avvenire?
L'uomo del futuro. II futuro im-
mediato, nel momento in cui scri-
viamo, appartiene a due uomini:
Leonid Breznev e Alexei Kossighin,
rispettivamente primo segretario del
partito comunista e primo ministro
dell'Unione Sovietica i quali - al pa-
ri di tutti gli altri capi sovietici –
sono estremamente abili. Tutti e due
sono ideologi comunisti convinti e,
come tali, nostri avversari. Ma, come
Kruscev, sono anche esseri umani.
Breznev è piaciuto ai diplomatici
e agli altri stranieri che hanno par-
lato con lui. è un uomo con cui si
parla agevolmente, sebbene sia piú
riservato del bollente predecessore,
cauto nelle opinioni, attento nella
scelta delle parole e del tutto privo
dell'impulsività di Kruscev che in-
duceva quest'ultimo a battere una
scarpa sul tavolo, per esempio e a
indulgere nelle battute sarcastiche.
La sua carriera è tipica della mo-
derna generazione dei dirigenti co-
munisti giunti al successo. è stato
ingegnere, commissario politico du-
rante la guerra, e uomo politico do-
po la guerra. Nel 1960 divenne pre-
sidente del Supremo Praesidium so-
vietico, formalmente l'incarico N. 1
in Russia e, nel luglio dello scorso
anno, è passato a una posizione di
potere effettivo, come N. 2, dopo
Kruscev, nell'apparato del partito.
Kossighin, secondo l'opinione ge-
nerale, conosce il meccanismo dell'e-
conomia sovietica piú d'ogni altro
massimo dirigente del partito e, in
questo senso, è un uomo indispensa-
bile. Chi lo conosce lo giudica un
uomo d'ingegno, competente e mol-
to simpatico. Un altro in gara per il
potere è Nicolai Podgorni, membro
del Praesidium fin dal 1961. Ma da-
to che Breznev ha 58 anni, Kossi-
ghin 60 e Podgomi 61, questi uomi-
ni appartengono alla generazione tra
Kruscev e il gruppo molto abile e
ambizioso dei piú giovani dirigenti
del partito, tra i 40 e i 55 anni. Tra
i piú probabili nuovi capi è Dimitri
Poliansld, di 47 anni, uno dei piú
giovani membri del Praesidium, che
a Mosca è considerato l'uomo da te-
ner d'occhio. Polianski conosce la
struttura del partito da cima a fon-
do; è stato un politico del partito
per tutta la sua carriera. All'inizio
del 1960 fu a capo di una missione
negli Stati Uniti - Paese che né
Breznev né Kossighin hanno visita-
to - e si trovò molto a suo agio. è
un uomo socievole, ha il dono della
loquela di Kruscev, senza però aver-
ne la rozzezza a volte simpatica e a
volte scostante.
Un altro uomo da tener d'occhio
è Yuri Andropov, che ebbe una par-
te importante nella repressione del-
la rivolta ungherese quando era am-
basciatore a Budapest. Ora presiden-
te della Commissione per le Relazio-
ni con l'Estero del Soviet Supremo,
é probabile che abbia parecchia vo-
ce in capitolo nella politica estera
sovietica. Altre persone di talento al
vertice e vicine al vertice sono: Ghe-
nadi Voronov, di 54 anni, un altro
ex protetto di Kruscev; Alexander
Scelepin, di 46 anni, già dirigente
del Komsomol; Piotr Demicev, an-
che lui di 46 anni, e ultimo, ma non
certo per importanza, Vladimir Se-
misciastni, capo della Sicurezza del-
lo Stato, che ha appena compiuto
40 anni. Ovviamente i « cambi del-
la guardia » che cominciarono dopo
la morte di Lenin e nuovamente do-
po quella di Stalin, possono essere
ora ripresi e il regime Breznev-Kos-
sighin potrà dimostrarsi un regime
interlocutorio.
Ma per gli Stati Uniti ed il mon-
do in genere, i nomi degli uomini
che sono a capo del governo sovieti-
co non hanno molta importanza.
Quel che importa l'ha indicato la
frase di una donna che, quando sep-
pe dell'esonero di Kruscev, disse:
« Purché non ci sia la guerra, non
m'importa quale sia lo zar che re-
gna.»


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GENNAIO 1965
Stefano
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