LA RECENSIONE
Stadio Heysel di Bruxelles, 29 maggio 1985. E’ la finale di Coppa dei Campioni, a contendersela ci sono Juventus e Liverpool. Prima del fischio d’inizio si compie una delle più gravi stragi che il calcio e lo sport abbiano mai conosciuto. La furia ubriaca di un gruppo di hooligans inglese si avventa sui tifosi juventini posizionati nel settore Z dello stadio. 39 i morti, di questi 32 sono italiani. C’è anche un medico aretino di 31 anni, sposato e con due piccoli figli. Il suo nome è Roberto Lorentini. Ha affrontato la lunga trasferta in Belgio con il padre Otello. Ma Roberto muore, mentre stava tentando di soccorrere un ferito. Per questo motivo gli verrà conferita la medaglia d’argento al Valor Civile alla memoria dalla presidenza della Repubblica Italiana.
Il signor Otello si fa in seguito promotore della creazione dell’«Associazione delle vittime dell’Heysel». Tutto il materiale conservato negli anni con cura certosina dal padre di Roberto è stato trasformato in un libro, grazie alle capaci e sensibili mani di Francesco Caremani, giornalista aretino amico dello stesso Roberto Lorentini, che conduce il lettore alla ricerca delle verità su quella strage.
Leggendo il libro di Caremani non si sa più se piangere o se prendere a pugni il libro... tanta è la rabbia!
Già, perché immergendosi nella lettura si scoprono tutti i retroscena di quella strage. Ma, come se non bastasse, si scopre tutto il male che è stato commesso verso quelle 39 vittime negli anni a seguire, attraverso una vergognosa e infamante serie di processi e di scontri, che hanno portato solo ad un responso: dimenticare, dimenticare tutto.
Tutti hanno voluto dimenticare la tragedia e i suoi morti: l’Uefa, il Belgio, la Juventus, e la città di Bruxelles, la polizia. Come se nulla fosse successo, impedendo spesso la possibilità di commemorazioni. Hanno addirittura cancellato lo stadio, ricostruendolo e cambiandogli nome, nella speranza di eliminare anche il ricordo di quella tragica sera.
La realtà è che nessuno ha mai voglia di parlarne. Come fosse un ricordo ingombrante. Ma Francesco Caremani non ha avuto peli sulla lingua. Ha messo nero su bianco tutta la verità, nuda e cruda, a volte anche un po’ forte, ma certamente una verità onesta.
Il libro è scritto con il cuore. Ed è questa la cosa più importante. O, come ha scritto Roberto Beccantini, l’autore della prefazione, è stato scritto «senza astio, senza paura, senza secondi o terzi fini. Pane al pane».
Il libro si apre con le testimonianze di chi c’era, quel giorno e in quel luogo d’inferno. Sono testimonianze taglienti, vere, assolutamente e incredibilmente autentiche. Incredibilmente, sì, perché tutto sembra così assurdo e impossibile. Testimonianze che portano profonde riflessioni a chi legge, che cercano di entrare nel racconto, di incrociare i vari ricordi e provare a immaginarsi quelle scene: l’insulso odio degli hooligan, i corpi accatastati, l’avanzare degli inglesi che lanciano per aria gli effetti personali dei tifosi esanimi. Uno sfregio alla persona e alla sua dignità.
E poi la partita, giocata ugualmente nonostante tutti sapessero e tutti conoscessero esattamente cosa era successo. Un rigore inesistente, l’agonia della premiazione, mentre il sangue è ancora fresco al suolo del settore Z, e poi solo la voglia di sparire. Ma le immagini del giro d’onore con la coppa in mano sono una scena da brivido, una scena da cancellare dalla storia dello sport, se ancora di sport si può definire. E in questo caso proprio non si può. La coppa, come ha giustamente scritto qualcuno, doveva essere lanciata verso la tribuna, verso i dirigenti dell’Uefa che hanno voluto quello stadio e quella vergognosa organizzazione. Le famiglie delle vittime ancora oggi chiedono una simbolica rinuncia a quella coppa, in modo che risulti, per sempre, «non assegnata».
Dopo il danno, la beffa. Che inizia a strage non ancora conclusa.
Perché i corpi vennero sezionati come maiali per l’autopsia e non ricuciti? Perché in Italia qualcuno pianse sulla bara di un altro tifoso? Perché gli oggetti personali furono portati via dai cadaveri? Una storia purtroppo di soli 18 anni fa. Non siamo mica nel medioevo. E neanche nella Spagna della Controriforma. Siamo nel XX° secolo, nella democratica e civilissima nazione belga, cuore politico della costituenda Unione Europea. Non nella struttura sperduta di un paese del terzo mondo.
L’Associazione fondata da Otello Lorentini ha anche condotto una battaglia legale, si è aperta un’inchiesta, c’è stato un processo, delle inutili sanzioni, degli umilianti risarcimenti. Ma soprattutto c’è stata l’indifferenza e la totale mancanza di rispetto nei confronti di 39 vittime. Che ancora oggi chiedono giustizia. Impossibile chiedere perdono, sicuramente non con queste premesse e non con questo sfondo.
Tutte queste sensazioni, tutte queste testimonianze sono il sale stesso del libro di Caremani. Un libro – verità che sarà sicuramente scomodo per qualcuno, ma necessariamente vero e necessariamente dovuto. Già, proprio dovuto, perché questo libro era, ed è, un doveroso omaggio verso quelle 39 vittime. Che se non hanno avuto giustizia in un aula di tribunale, hanno comunque il diritto di far sapere a tutti la loro storia. Per avere una giustizia morale, perché la gente sappia e perché le verità non rimangano nascoste, così come molti hanno fatto e continuano a fare.
Qualcuno, un giorno, ha giustamente scritto che «nessuna persona è morta finché vive nel cuore di chi resta». E se chi resta ha il cuore di Otello Lorentini e la capacità di Francesco Caremani di tradurre questi sentimenti in inchiostro, possiamo stare tranquilli.
Sono certo che Roberto, così come gli altri 38 tifosi del settore Z, rimarranno vivi nel cuore di chi leggerà le pagine del libro di Francesco.
E allora mi piace immaginarli sugli spalti dell’Olimpico il 22 maggio 1996, come se nulla fosse successo, a festeggiare la prima e unica Coppa dei Campioni della storia bianconera.
Così come dovrebbe essere per una partita di calcio. Perché, come giustamente ci trasmette Andrea Lorentini nella sua bella e intensa presentazione, il calcio è vita.
Non dimentichiamolo, mai.
PROVA A LEGGERLO VA CHRIS CHE MAGARI DI CAZZATE NON NE SPARI PIU'....