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il satellite più grande

Ultimo Aggiornamento: 04/05/2002 17:48
30/04/2002 16:41
 
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rainking
[Non Registrato]
sinceramente oggi sono troppo incazzato col mondo per non essere schietto più del solito, almeno nel virtuale dove parlo poco per decenza o per complessi di superiorità nei confronti di maggioranze che han sempre torto.....gianni ha dato una bella opportunità a tutti conla proposta di una sezione con pensieri e riflessioni poetiche sui crows,ma forse si sbagliava nel senso che se i fan tacciono........devono avere qualche cosa che non va...........come ascoltate adam se nessuno di voi ha nulla da dire in proposito??????'mi sembra che allora non possiate venire scissi da quella mtv generation che ormai alleva solo idioti senza senso che ascoltano e credono a definizioni di pseudocritici che seguono le major come tutti.....ed essere tutti è davvero umiliante........gianni, sei coraggioso perchè hai messo su un bel sito in una dimensione che ormai segue la stupidità, e se qualcuno si sente offeso mi piacerebbe che mi dicesse LUCA SEI UNO STRONZO perchè almeno avrete un nuovo argomento di discussione.......ma caro gianni volevo regalarti un testo del 2000 scritto col sottofondo di THIS DESERT LIFE, infatti parla di un pazzo e di uno con una mela in mano.....molti lasceranno perdere questa discarica di parole prima di arrivare fino in fondo.....ma altri credo che capiranno...........e capire è sintomo di profondità,spesso!!!!!
buona lettura,rainking

Il Pazzo guarda un uomo con una mela.

Ci rifletti subito e non sai più come porti, cosa e chi porti dentro, in quale misura devi star affianco a qualcuno pur di dimostrare che i tuoi pensieri sono fatalmente gli stessi di quando eri calmo.
Non importa un granché oggi l’essere compreso o incompleto, è meglio ottenere rifiuti ed immaginare consensi, preparare silenziosamente ogni particolare dei miei sogni, siano essi realizzabili, siano essi già compiuti, ma non per questo privi di dignità. Avere intorno delle persone che non sopporti dovrebbe solo essere una chiave per trovare in modo più convincente la voglia di passare tra due fuochi senza bruciarsi, perché anche ai piedi di un arcobaleno c’è chi si limita a preparare un tesoro, sempre più spostato almeno lungo le linee di un pentagramma immaginato. Immaginando mi rendo conto che ti pioverà addosso tante volte, senza che tu possa contare sulle mie mani fredde, immobili all’ascolto di rumori che se non vuoi più è meglio condannarti a portare in un crescendo che per altri sarebbe follia; un libro nascosto è facile da trovare perché al di fuori di un ordine. Mi aspetto di interpretare questi episodi come ho fatto in passato, alla ricerca di un collegamento con il nostro trasformarci; ma vorrei che capire e cadere non fosse così immediato visto che i giorni passano e mancano le solite cose indipendentemente dall’odio nel non riuscire a trovare un equilibrio, intesa involontaria ma approvata che ci siamo regalati da tanto. E sarebbe già realizzato il vederti vagare davvero come me, senza allegria e con pochi istanti davvero importanti, simili o vicini a quelli che quando ho avuto hai ignorato, o così sembra, oppure dovresti spiegare meglio, mentre io assisto alla tua chiusura atemporale di fronte alla meraviglia altrui. Ogni tanto le cose ti sorprendono e non sembra il tempo sia tanto lento, ma poi ti basta correre sotto il buio lasciando stare i passanti per renderti conto che il tuo dubitare non sarà mai una prerogativa di chi non ti conosce, e a volte è proprio complesso far capire che piangere ha una sua forza, il riuscire a osservare tutto con un’emotività che ti invidia anche chi non sa che farsene, ma ora sono io che faccio volentieri a meno di quasi tutti, morto se penso alla creazione di un nuovo che include sempre meno fautori, ed il gusto perde collettività ed assensi che non date più, distratti con consapevolezza o per scelta dal quadro che dopo aver dipinto avete chiuso nelle tasche di un vestito buttato di proposito. Il vostro. Ed il mio non ha più funzione di riguardarvi o di soddisfarvi. Certo sono l’ultimo a poter criticare la vostra diaspora, ma l’unico che la sente entrare dentro come una corda che vibra in modo chiaro, e ora non siete più in grado di distinguerne né la nota, né i suoni risultanti. Quindi farete altre scelte, come me, o le vostre saranno giuste, le più giuste, o le più facili, ed io risulterò incerto ed indietro, ma almeno vero e disagiato, legato a doppio filo a quel selciato che ora è troppo scorrevole, persino l’ingresso è così semplice, tanto che molti penseranno sia un muoversi corretto, e forse era quella l’intenzione e l’effetto che si cercava di raggiungere: dare un punto di forza a chi preferirebbe dubitare persino di ciò che indossa. O almeno il tuo nero bagnato dalla nostra pioggia priverà sempre meno persone dell’aria di quei giorni, tanto che potrai urlarmi la tua pazzia ad alta voce quando sarò distante, e la sentirò comunque, ma il solo punto che mi interessa incontrare costituirà la cornice della mia evoluzione, o una corsa all’indietro, un ritardo per un discorso che posso pure evitare di sentire: son poche le parole di cui mi importa qualcosa, che ora non si possono dimenticare, che camminano su una strada interessante. Mi disarma questo esilio e questo continuo posticipare un addio che non ho dato solo fisicamente; ho contatti persino per vivere dentro chi mi odia, ma è troppo facile per regalarmi una vita più breve.





Tu senza un laccio di scarpe riusciresti a morire, ma è così difficile saperlo, tanto che anche un altro attimo ti metterebbe a disagio: sempre più raro di quello che ci vuole per annullare un normale che già rende solo più pesante un incrocio da attraversare, o un treno da pre-perdere. Io attingerò da nuove voci, da altri accompagnamenti che prescindono dal coronamento di un legame, dall’unione di una comune che perde pezzi, come non finire un puzzle con 10 tessere. Se le sensazioni non si manifestano, preferisco si recitino sopra il nostro lavoro, come il guardarsi indietro e continuare spediti, spedito in un posto che se non ami puoi pure tornare da noi. A casa. Comprendo sia difficile muoversi sbagliando o preferendo altre realtà, ma io non so se è giusto rimanere legati a qualcuno che fa male: forse sì, e allora la base della nostra simmetrica intesa potrebbe essere questa, ed è effettivamente così. Nonostante un vittimismo esasperato e messo al servizio di tutto ciò che cerchiamo di scrivere anche esterni o eterni; quasi impassibili rispetto al nostro sfuggirci e riprenderci ricco di rabbia e nervosismo, ed ho pensato più volte che preferirei la calma, persino verso chi mi ha regalato pazienza ed entusiasmo ogni volta che ho scelto male e mi son pentito. In un ringraziamento immaginario non potrei dimenticare, ma questi son gesti che corrispondono al solo piacere di essere compiuti, pur di salvare un legame, pur di sentire la vicinanza con il tuo interlocutore, distratto da fuochi di paglia, ma lo apprezzo. Perfino l’urgenza di mantenere intatto uno sfondo è stata evitata, o solo aggirata, tanto per semplificare e ridurre il risultato a poche immagini confuse, quando poi l’essere disorientato potrebbe essere un concetto di cui nessuno si preoccupa. O girare in tondo senza approdare in un centro mi appare come una condanna che se a lieto fine accetterei volentieri, ma questo mi porterebbe a sfoltire ulteriormente le posizioni più vicine, ed io dopotutto non riuscirei ad arrivare alla fine da solo. Ho anche preso parte alla lotta verso l’autodistruzione, da spettatore poco stupito, ma esiste sempre una cosa più difficile da portare avanti quando è giusto scegliere, ad ogni costo, senza la voglia di rifletterci su. Vorrei mantenere in eterno questa insolita ed insoluta euforia verso una data importante, che si ripete irregolare come una sincope la cui trascrizione prescinde dalla comprensione musicale della sua estensione. Ogni decorazione prestata dalla cultura esterna renderebbe questa foglia più pesante e vicina al suolo che potrebbe contenerne la grazia. Non riesco ad interpretare il perché di questo silenzioso e leggero leggere tra le righe di una sofferenza condannata e consolidata per inerzia, di cui mi appresto a catturarne l’essenza piacevole. Rispondo senza ricevere domande, e aspetto l’identità tra le tue parole e una vita deserta. Se dovessi distrarmi da questo proposito, la mancanza di rispetto sarebbe sinonimo di distruzione.
E’ la confusione di questa stagione che posticipa l’inizio di un trarne le conclusioni, cosicchè almeno noi due non sappiamo che farcene di questo caldo così presente, già passato e proiezione della distruzione che chiedo urlando a gran voce in nome dell’immobilità generata dal freddo più intenso. Ciò che vedo mi addolora, preferirei assistere al decadimento di personalità che fingete di conservare annoiando anche le funzioni più meccaniche, come mani che stringono sabbia cercando loro. Mi riempie di gioia la difficoltà nel vostro movimento, e vi chiedo se si è capaci di perdere qualcuno che si ha davanti, nonostante non pianga, nonostante sia migliore di te nel mantenere la precisione ideale di un tempo dispari. D’improvviso tutto attraversa il suo minuto di pausa dal tempo, come pioggia spenta sulla strada, come un cielo quadro, inserito nel cerchio della mia visione.



Da qui potrei tranquillamente approdare ai luoghi in cui ho scelto di morire, anche per scherzo, per gioco, per poi raccontarlo dal vivo davvero, e scoprendo che il diametro per il centro è tuo. Si può tentare il passaggio tra due fuochi di un’ellisse? Lì qualcuno andrà a sradicare un albero, cogliere una pianta senza radici, ma c’è solo una musica per riflettere; finché nel provare a svegliarti capirai che non stai dormendo, e puoi esclusivamente tornare indietro, per forza. O almeno per me. Se c’è un sacrificio da fare pur di ascoltarti parlare o dividerti tra frasi e canzoni, io ti chiederei di dirmi quale è, almeno per trovare altre strade bagnate su cui camminare così, e potresti provare ad avvicinarti per un rifiuto, per piangere su una riflessione, su una partenza troppo vicina, su un contatto che mi manca e potrebbe rispondermi e chiarirmi se vale la pena. Ci sono persone che con le loro scelte ti rendono partecipi di un analogia fisica col loro mondo; altre che ti spingono lontano, ma è difficile correre così tanto se non riesci a disprezzarle abbastanza, se non gli dai subito quel ruolo. Potrai vedere nuove curve e gesti opposti, ma se tu volessi tornare a casa non saremo mai distanti. Io non ti farei certo illuminare dal sole, perché ti confonderei con chi si sorprende di se stesso; ma inizierei a non dire più nulla, almeno senza sbagliare. Mi sono trasformato nella persona che detesto di più, ed ho una scusante per non prendermi le responsabilità che meriti, un’attenzione che solo la dolcezza di un abbraccio ed il tremare di un corpo possono rimpiazzare, perché la tranquillità dura un attimo, e ti sto già allontanando per la paura di non essere all’altezza di stringerti senza soffrirne......senza pensarti come meriti. O almeno penso debba essere così avere una coscienza e distribuire coerenza verso il ruolo che apprezzo.......ormai è tutto macchiato dal tempo e dalle parole impossibili da tradurre, potresti dire e fare ogni cosa.....sai che va sempre bene, anche non seguire rigidamente il metronomo per tenere in sospeso un testo che lascia fermi a pensare. Ho semplicemente visto un uomo con una mela gigante nella mano destra, che sorrideva della propria disperazione. Un giorno è qualunque luogo adoperi per muoverti, cosicchè anche le ultime speranze ora sono acqua; l’esagerazione e l’estremizzazione di ciò che sono, di quello per cui lotto, e forse sono io la causa di questa fine, preannunciata dal nostro desiderio di raccogliere i cocci, e quindi dover necessariamente rompere gli interi. È cresciuto in me l’amore per questo freddo ed il desiderio di trapassarlo fradicio, tanto per pulire le idee negative, le critiche, a volte. La mia colpa di un disastro tradotto in lacrime, ed avrei potenzialmente pianto io pur di non vedere altri in difficoltà, e proprio non capisco questa voglia di proteggere degnamente chi mi si è affiancato da tanto. Sono restio ma riconoscente a concedere anche frasi e non solo parti di un dialogo, e posso prendermela per tutto, se solo penso sia stimolante. Tu ormai lontana, che un nome equivarrebbe ad ogni altra malinconia distribuita per il gusto di porre termine e termini di una ricerca non risolutiva: tutti siamo in grado di capire, ma non senza commuoverci per quello che apprezzano i nostri riflessi, e senza augurare loro una prosecuzione. Questo giorno ed il suo momento è ciò che mi rende instabile, ed io ti passo tutto quanto ti può essere d’aiuto, ora che ti avvicino volentieri, ora che ho voglia di percorrere ancora una nave rientrando nello sfondo, per approdare sul fondo. Mi tormentano i preparativi per ogni nuovo gesto: potrei persino divertirmi a prendere in giro chi pensa che la noia sarebbe un grosso problema. Io vorrei fermarvi per sempre, o solo per rendervi conto di come state pronosticando la vostra ipocrita innovazione. Starò più solo di tutti gli anni, trascorsi a chiedermi se veramente son degno di leggerne le date, degno di un qualsiasi interesse, coinvolto consapevolmente in un meccanismo di celebrazioni prive di sentimento. È tutto un parlare di cambiamenti, ed eccomi immobile, all’insaputa di chi si sta attrezzando per esserci, ed essere in dura competizione con il resto di un universo finto e fittizio.


Ignoto a chi non sa volare.........................Poi ad ogni gruppo radunato da prospettive di festeggiamenti chiederei spiegazioni che prescindono da una fuga, o andrei in giro per attraversare una costa appartenuta forse ad i miei antenati, ma non posso ricordarlo con certezza e sarebbe una bugia. Io ti ho spezzata in tutto ciò che ha lasciato sottintendere un’ultima campana, responsabile di una chiusura al prossimo, e così voglio girare all’infinito, con la sicurezza della mia inerzia, ormai accettata.......sono troppo veloce per pensare a quella luna che ci ha visto uniti e poi ha tagliato ogni idea, e solo con questi estremi che mi aiutano a sottolinearne i contrasti di luce posso far sì che tu ti muova senza aprire bocca. Una voce familiare butterà le sue parole su qualcuno; devo uscire ed andare dove non sono mai stato, o guidare tutto con voi, in piedi davanti alle vostre di distruzioni programmate, senza clamore, senza sfuggirmi troppo con la sincerità di ciò che riuscite a concretizzare. Se penso che non ti parlerò più non capisco se c’è solo una reazione, o tante come la divisione degli armonici che partono da una corda, esaminata in termini di progresso, e invano vista come strumento musicale di morte. Io asciugherei tutte le gocce che ti infastidiscono, ma tu ammetteresti ogni colpa e lasceresti intanto spazio alla verità che nascondiamo...e aspettare significa rotolare in salite difficili da manifestare. Ogni mese che passa investe i precedenti, come un calendario triplo a cui nessuno può togliere pagine, ed è facile che tutti dimentichino e perdonino chi vuol conoscere il motivo di un’astrazione....come un’aggiunta a quello che sappiamo già, una farcitura opportuna alle emozioni che adoriamo silenziosamente.
Se mi identificassi o fossi realmente e parzialmente un altro rifarei la stessa strada senza ascoltare, così sarebbe una prosecuzione indolore dell’eterna malinconia da cucire sulla pelle di chi si complimenta per un risultato estetico o estatico di una scelta inspiegata, che solo nel disfacimento, e nella costruzione della propria cattiveria, può trovare il suo divenire vuoto. Parte integrante di un arpeggio costruito con cura assoluta......in uno dei miei sogni lui dice che ti ho perdonata, ma anche in uno dei contesti reali, come posso ricostruire tutto se dall’alto cade ancora ciò che mi manca e non ho la forza di perdere o lasciar stare. Tanto per intendermi con la nostalgia della tua calma così credibile, e non invidio una perdita ancora più sostanziale, o almeno credo tu riesca a dormire meglio se non ci pensi. Al capolinea di un fallimento ti chiederei di darmi una parvenza di emozioni, come poter indossare maschere e storie vuote rubate qua e là per farmi credere che ne vale la pena. Crollano anche i vasi più stabili se non vuoi curarli, e non solo non sono la persona più adatta, ma non sono neanche una persona. Sono quella storia senza il lieto fine, priva persino di premesse, senza eroi positivi, solo con dei vinti che piangono sui cadaveri delle proprie ideologie, e dei progetti abusivi, ai quali manca credibilità. Nessuno costruirà una casa sul mio disfacimento, ed il paradosso è che non sono io ad avere perso niente. Nessuno riuscirà ad arrivarmi così vicino, anche se non avesse intenzione di annientarmi. Lo sai, questo è uno di quei giorni in cui mi devo piegare per evitare il freddo del tempo ed il gelo che mi hai lasciato ed ogni tanto torna a galla come un cerchio concentrico agitato da uno stagno ed al di fuori di qualsiasi indagine fisica sulla quantità della mia malinconia, fosse almeno l’associazione ad una capitale senza confini che hai eretto su tutti. E ci arrivo ora, mentre compilo il calendario dei miei ipotetici ed antitetici risultati utili consecutivi, privi di sensazioni che è inutile, io non sento più per nessuno. Nessuno che mi viene a spiegare, o non è il peso che mi dai la nostra unione, neppure ciò che mi dici o eviti. Io penso che poi sappiamo circondarci di individui che sono numeri e non armonie; scegli tu se è meglio una nota o una frase musicale generata dall’emissione di un accordo diminuito....come la mia fiducia.


La bellezza ed il piacere che ne derivano si fondano su presupposti che partono dall’esperienza e divengono metodo, senza la necessità, solo con la possibilità di un cambiamento cercato senza interruzioni: in musica anche una pausa è funzionale al discorso creato. Ed anche un arrivo voglio sia calcolo sereno ed inaspettatamente atteso. O non puoi entrare in un cervello dove verresti respinta: sei in più su ciò che avevo prima, colpevole immotivata del mio mancato funzionamento, come aggiungere un nome di nota a quel salmo fautore di tutto. Il mio rapportarmi alle consonanze sarà sempre più distante dal conosciuto, ma a voi non vi cambierebbe la vita nessuna delle mie decisioni, se non ne siete al corrente, come il finale di una suite sorprendentemente irregolare: si può continuare anche senza coloro che non conosci, figurati quelli che non capisci. In un tratto ghiacciato ho sepolto aspirazioni, adattandomi ad un’attesa spasmodica di novità, o episodi capaci di sconvolgere qualsiasi proposito, anche buono. La volontà è il ritorno di un qualcosa di bello, che bruci sotto il diluvio di un universo che gira troppo ed io non posso guardarne il formato parziale, ma solo le conseguenze di responsabilità mai prese, neppure cercate, che poi non esistono e non c’entro niente. Al massimo mi rifiuto di fare esperienze di cui poi sento la mancanza, ma un inizio tanto arriva, e il non essere all’altezza di un’aspettativa non mi imbarazza, tanto non confino con la mente di nessuno a cui darei fastidio. Il sapore di una sconfitta che prescindeva dal percorso mi accompagna quando mi fermo a osservare un punto privo di dimensioni, ma l’importante è che attiri il mio sguardo ciò che per te non significa niente; recinteranno tutto quello che hai provato a dividere senza esseringrado di fingere: la solitudine è una compagnia che si conquista gradualmente, e ogni voce può staccarsi dalla polifonia senza arrecare danno apparente. Io apparecchio perdite materiali ed ideali senza alcun tipo di distinzione, ed è come nascondersi davanti al trascorrere delle esistenze di chi ha condiviso con me il proprio muoversi. Io son cambiato, se non altro in peggio, per quello che è il concetto di attaccamento morboso a chi mi affianca per ricevere rabbia, malcelata e malcurata da esercizi validi universalmente, ma io penso che neppure la gravità può diminuire la velocità con cui le mie lacrime si alzano in alto per diventare pioggia, quella che di notte ti fa svegliare e sentire vuota. L’edificio che ci contiene nel nostro incrociarci comunica solo ricordi, che trascinano solo pesi diversi regolati da rapporti che poggiano nell’esperienza, come radici incollate al suolo, dopo un viaggio lungo; io ci provo ad andarmene, sei tu che ritorni e penso che sarebbe meglio lasciarti riposare; si può accumulare stanchezza persino restando indifferenti al negativismo di uno sguardo, o alla rottura di una corda su cui grava la buona riuscita di un tentativo andato a vuoto ogni giorno che ci penso, e non accade spesso, solo quando cammino male.
luca devito

04/05/2002 17:48
 
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fede
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...innanzitutto ho letto il tuo racconto FINO I N FONDO
:-)...direi ke e' piuttosto contorto e convulso tanto quanto sembrano forti i tuoi sentimenti verso la persona ke traspare tra le righe per la quale sembra che tu ci stai stato davvero male... ed e' forse la parte ke sento piu'"mia"....ora capisco meglio qunado all inizio mi hai scritto ke eri una persona che vive troppo intensamente le cose per non starci male...

...riflessioni personali a parte.....non ti permetto di sparare a zero sui fans italiani dei CC dicendo ke non fanno sentire la loro voce,dal momento ke io gia' pensavo a loro spaziavo per merito loro e mi facevo i miei viaggi because of them:-P prima ke tu facessi sapere ke esistessi :-PPP
e poi mi sono stufata di scrivere in un forum in cui devo farmi auto domande e risposte:-PP (..a maledire certe domande ke forse era meglio nnon farsi mai:-P n.d.r.)
...e poi ...cosa ti lamenti visto ke do' input ti rispondo e tu mi scrivi ke hai deciso di allontanarti dall uso del pc??!!
:-PP.e xdi+ ero a urbino qundo maybe tu suonavi col tuo gruppo ma non ti si e' visto:P
...kazzo ke tempismo:-P
..ora vado senno' mi si brucia la torta..
bye fede8)
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