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Nell'evoluzione dell'uomo l'arma ha rappresentato lo strumento per
eccellenza; la necessità di difendersi e di cacciare trasformò
lentamente l'ominide in un essere che poteva afferrare oggetti,
usarli per percuotere, scagliarli, che doveva procedere eretto per
poter usare gli arti anteriori per questi movimenti. Nel corso di
millenni si perfezionarono amigdale, asce, lance, finché nel
paleolitico vi fu la prima invenzione "meccanica": l'arco che
sfruttava l'elasticità del legno per lanciare la freccia. Durante
altri millenni il progresso fu limitato al miglioramento dei
materiali usati per costruire le armi, ma, in effetti, l'unica vera
nuova invenzione si ebbe in una fase avanzata della nostra civiltà,
con la costruzione di macchine da guerra ad opera dei romani, quali
la catapulta e la balista, da cui nel medioevo deriverà la balestra.
La vera rivoluzione tecnologica nelle armi si ebbe però
attorno al 1250 quando gli alchimisti pervennero, con tutta
verosimiglianza in Germania, a scoprire le giuste proporzioni con cui
mescolare salnitro purificato, carbone polverizzato e zolfo, per
ottenere la polvere da sparo o polvere nera. E' questione del tutto
oziosa il cercare di individuare un inventore della polvere da sparo.
Per questa invenzione, come per altre importantissime, quale
l'elettricità, vale la regola secondo cui non vi sono mai invenzioni
subitanee, ma solo delle idee, delle intuizioni di più persone che
vengono affinate con un continuo lavoro di decenni, da parte di
infiniti altri soggetti. Già 75 anni dopo i cannoni iniziano a far la
loro comparsa nelle cronache (Cividale del Friuli, 1331), seguiti,
dopo alcuni decenni, dalla prima arma portatile, lo schioppo (1364,
in una cronaca della città di Perugia).
Le prime armi da sparo sono ad avancarica e sono costituite, in
sostanza, da un tubo (canna) chiuso ad un'estremità da un tappo
(vitone); dalla bocca la polvere veniva versata nella canna e
pressata con uno stoppaccio entro l'estremità chiusa (la culatta);
sopra lo stoppaccio veniva poi introdotta la palla; la polvere veniva
Le prime armi da sparo sono ad avancarica e sono costituite, in
sostanza, da un tubo (canna) chiuso ad un'estremità da un tappo
(vitone); dalla bocca la polvere veniva versata nella canna e
pressata con uno stoppaccio entro l'estremità chiusa (la culatta);
sopra lo stoppaccio veniva poi introdotta la palla; la polvere veniva
accesa accostando una miccia ad un piccolo foro nella parte
posteriore (il focone). Nelle armi portatili la canna è inserita in
un supporto di legno detto cassa in cui si distinguono il calcio e
l'impugnatura, dal fusto che è la parte che sorregge la canna. In un
primo modello (il petrinale) l'arma era tutta di metallo e veniva
appoggiata al petto. Contemporanemente però si cerca di semplificare
il caricamento mediante una camera posteriore mobile (masculo) in cui
vengono sistemate la polvere e la palla. Il masculo viene poi
sistemato e fissato alla parte posteriore della canna con cunei.
Compaiono anche le prime armi in grado sparare più colpi in rapida
successione (ribauldequin).
Lo sviluppo successivo è rivolto proprio a migliorare il
sistema di accensione della polvere. Dal sistema a miccia, che
richiedeva agli archibugieri di portare con sé delle micce sempre
accese o di procedere alla loro accensione prima di sparare, si
passa, nei primi anni del 1500, all'invenzione di un vero e proprio
"accendino" automatico mediante il cosiddetto meccanismo a ruota.
Trattasi di un meccanismo abbastanza sofisticato per l'epoca,
costituito da una piastra su cui sono montati una ruota zigrinata
collegata ad una molla caricabile con un'apposita chiave, una specie
di pinza (il cane) che tratteneva un pezzo di pirite (poi sostituita
dalla pietra focaia), uno scodellino con un coperchietto a contatto
col focone e riempito di polvere da sparo finissima. Azionando il
grilletto, il cane si abbassava a contatto con la zigrinatura della
ruota, il copriscodellino si apriva, la ruota iniziava a girare
sprigionando scintille dalla pietra e la polvere si infiammava
provocando lo sparo.
Il meccanismo a ruota, alquanto costoso e fragile, venne applicato
principalmente ad armi di lusso, e portò rapidamente alla produzione
di armi corte (le pistole) e di splendidi fucili da caccia, nel
mentre che per gli archibugi rimase in uso l'accensione a miccia.
Verso il 1550 si diffuse un nuovo tipo di acciarino detto snaphance
(gallo che becca) in cui si rinunziava alla ruota ed era lo stesso
cane che teneva stretta la pietra focaia e, spinto da una molla a
lamina, colpiva violentemente una piastra zigrinata appoggiata allo
scodellino. Circa un secolo dopo questo meccanismo venne
definitivamente perfezionato nell'acciarino a pietra focaia che
rimase in servizio fino ai primi del 1800.
In questo arco di tempo si ebbero naturalmente anche notevoli
progressi tecnologici con il miglioramento dei materiali e delle
tecniche di lavorazione; questi consentirono di adottare la rigatura
delle canne e quindi proiettili ogivali invece che sferici, con uno
straordinario aumento della precisione e della gittata.
precussione L'ulteriore progresso nelle armi fu però opera di una
nuova invenzione dei chimici: nel 1799 veniva inventato il fulminato
di mercurio e nel decennio successivo molti inventori riuscirono a
realizzare delle capsule fulminanti da porre sul focone e che
venivano fatte esplodere, incendiando così la polvere, dalla
percussione di un cane metallico; nascevano così i sistemi a
percussione che nel giro di pochi anni avrebbero soppiantato i
sistemi a pietra focaia.
Fino a quel momento la produzione di armi a più colpi (a
ripetizione) era stata ristretta ad un livello pressoché sperimentale
per la difficoltà pratica di impedire che l'accensione si propagasse
da un focone all'altro, facendo partire tutti i colpi
contemporaneamente, con grave pericolo per lo sparatore. Il sistema a
percussione, in cui la capsula chiudeva perfettamente il foro
d'ingresso del focone inserendosi su di un apposito tubicino
(luminello), consente la produzione di armi a più canne fisse o
rotanti e porta direttamente all'invenzione del revolver ad opera di
Samuel Colt nel 1835.
Dreyse A questo punto le possibilità di evoluzione delle armi ad
avancarica erano praticamente esaurite e notevoli erano i loro
limiti: laboriosità del caricamento, laboriosità delle operazioni di
scaricamento, difficoltà nella pulizia della canna, insufficiente
forzatura del proiettile nella canna. L'ingegnosità degli inventori
si rivolse pertanto alla ricerca di un sistema efficace di
caricamento dalla parte posteriore della canna (retrocarica). Il
primo passo fu compiuto da Nicholas Dreyse che nel 1836 brevettò il
fucile ad ago e la prima cartuccia vera e propria. Il fucile era
munito di un otturatore che, come nei fucili moderni, chiudeva la
parte posteriore della canna, in cui veniva alloggiata la cartuccia.
All'interno dell'otturatore vi erano una molla e un'astina di acciaio
(l'ago); tirando un anello si arretrava l'astina e si comprimeva la
molla in una posizione in cui essi venivano trattenuti da un dente di
arresto; azionando il grilletto, l'ago veniva lanciato in avanti e
colpiva la cartuccia. Questa era un involucro di carta che conteneva
il proiettile, una borra sul cui fondo era applicato l'innesco di
fulminato di mercurio, e la carica di polvere; l'ago perforava la
carta, passava attraverso la polvere e percuoteva l'innesco.
Con qualche miglioramento l'arma venne usata dai francesi (Chassepot)
ed è rimasto famoso nei libri di storia del Risorgimento il suo
impiego nella battaglia di Mentana contro i Garibaldini.
Tutte queste armi a retrocarica non riuscivano però a risolvere il
problema della fuga di gas dalla parte posteriore, impossibile a
realizzare senza l'impiego di una cartuccia con bossolo rigido,
almeno in parte metallico, che si dilati al momento dello sparo,
chiudendo ermeticamente la culatta.
Già nel 1835 vengono inventate da Lefauchaux padre cartucce con
bossolo di cartone e fondello metallico e innesco posto all'interno
di esso che veniva fatto esplodere facendo percuotere dal cane uno
spillo che sporgeva di alcuni millimetri lateralmente, alla base del
bossolo. Questo tipo di munizioni, perfezionato da Houllier nel 1936
con l'introduzione di un bossolo interamente metallico, divenne
famoso con il nome di cartuccia a spillo Lefaucheux, che Eugène
Lefauchaux (figlio) brevettò e inizio a produrre con grande successo
nel 1850.
Nel 1849 Auguste Flobert, proprietario di un salone di tiro a Parigi,
produce per le sua armi da bersaglio da sala una cartuccia
costituita, in sostanza, da un pallino di piombo inserito su di un
innesco, creando quello che sarebbe poi diventato il cal. .22 a palla
sferica (Bulleted breech cap, BB Cap). Visto il successo dell'idea,
la brevettò nel 1851; la Smith & Wesson migliorò la cartuccia con
successivi brevetti del 1854, 1856 e 1860.
Sebbene manchi una carica di polvere, visto che il propellente è
costituito dal solo innesco, la palla raggiunge già una velocità di
circa 230 ms.
Queste cartucce, pur rappresentando l'ingresso nella storia delle
armi della cartuccia metallica, non erano ancora efficienti perché le
tecnologie del tempo non consentivano di produrre bossoli che
resistessero alle pressioni necessarie per i fucili. Perciò le prime
cartucce poterono essere impiegate solo in revolver.
Pochi anni dopo compaiono già le munizioni a percussione centrale,
cioè con l'innesco posto al centro del fondello. La prima cartuccia
commerciale può essere considerata la .577 Boxer creata nel 1855
dall'inglese Edouard M. Boxer; il bossolo è particolarmente
complicato perché formato da strati di foglia di ottone e di carta
arrotolati in modo da formale un tubo a cui è saldato il fondello di
lamiera di ferro!
Nel 1858 nasce la cartuccia Dickrand (= orlo spesso) nei calibri 7
mm, 9 m, 12 mm, per i revolver Galand e Perrin; è detta anche
cartuccia Perrin.
Nel 1868 nasce il calibro .450 Revolver per il revolver inglese
d'ordinanza Adams, detto anche .450 short o .450 Colt (ed è del tutto
simile al .45 Webley).
Non è facile stabilire quale fu la prima cartuccia con bossolo
metallico a percussione centrale per fucile perché tra gli anni 1860
e 1865 vi fu in vero fiorire di invenzioni e miglioramenti (Pottet in
Francia nel 1857, Schneider in Francia nel 1861, Eley in Inghilterra
nel 1866.
Negli stessi anni vengono messi in commercio fucili da caccia a
retrocarica con le canne incernierate sulla bascula. Subito (1870)
compaiono fucili da caccia hammerless in cui il cane esterno è stato
abolito e sostituito da un percussore alloggiato nella bascula.
La cartuccia metallica a percussione centrale rende
possibile, dopo il 1862, la costruzione della prima mitragliatrice
Gatling, costituita da un fascio di una decina di canne fatte ruotare
manualmente in posizione di sparo con una manovella e alimentate di
cartucce da un serbatoio cilindrico posto sopra di esse.
Nel frattempo anche i chimici avevano fatto compiere ulteriori
progressi alla scienza degli esplosivi. Nel 1846 Schönbein scopre la
nitratazione della cellulosa mediante una miscela di acido nitrico ed
acido solforico, ottenendo il fulmicotone, e solo due anni dopo
Sobrero scopre la nitroglicerina. Dall'unione dei due prodotti si
perviene alla gelatinizzazione della nitrocellulosa e alle prime
polveri senza fumo che pervengono ad avere il primo impiego con
caratteristiche di sufficiente stabilità e costanza di rendimento
dopo il 1880, ed a soppiantare la polvere nera a partire dal 1890.
Nel 1867 Nobel aveva trovato il modo di stabilizzare la
nitroglicerina mescolandola con sostanze inerti, scoprendo la
dinamite, che però non ha alcun impiego nelle armi.
Il 91 Nel campo dei fucili militari a canna rigata, all'invenzione
della cartuccia a percussione centrale seguì un'epoca di
perfezionamenti rivolti a migliorare i sistemi di otturazione e
caricamento, fino ad arrivare ai fucili militari di fine secolo, tra
cui il mod. 1891 dell'esercito italiano, a ripetizione manuale od
ordinaria; in essi vi è un otturatore contenente il percussore con la
sua molla ed un serbatoio posto nel fusto in legno, al di sotto
dell'estremità anteriore dell'otturatore. Azionando manualmente
l'otturatore mediante un manubrio, una cartuccia viene prelevata dal
serbatoio e viene spinta nella camera di scoppio della canna;
l'otturatore, ruotando, si blocca in appositi incastri e la molla del
percussore blocca quest'ultimo in posizione di sparo; premendo il
grilletto l'arma spara un colpo. Svincolando ed arretrando nuovamente
l'otturatore, il bossolo esploso viene estratto ed espulso e l'arma è
pronta per un nuovo ciclo. Analogo era il funzionamento dei fucili a
leva tipo lo Spencer ed il Winchester in cui il movimento del
meccanismo è affidato ad una leva sita posteriormente al grilletto e
l'otturatore è sostituito da un blocco metallico all'interno del
castello. Winchester
Neppure questi miglioramenti sono sufficienti per gli usi militari e,
contemporaneamente, vengono studiate e realizzate armi in cui le
operazioni di caricamento delle cartucce e di espulsione dei bossoli
avvengono automaticamente,sfruttando o la pressione dei gas di sparo
o l'energia del rinculo. Le prime applicazioni di questi principi
avvennero con le mitragliatrici pesanti Hotchkiss e Maxim, ma già
nella prima guerra mondiale vennero impiegati fucili e pistole a
raffica, tra cui l'italiana Villar Perosa.
Il principio dello sfruttamento dell'energia di rinculo per
ricaricare un'arma (la stessa forza che sposta in avanti il
proiettile agisce nell'opposta direzione facendo arretrare il bossolo
e l'otturatore che poi una molla spinge di nuovo in chiusura, così
completando il ciclo) viene utilizzato in quella vera nuova
invenzione in materia di armi che è la pistola semiautomatica. Essa
viene costruita in modo da non funzionare in modo automatico (a
raffica), ma in modo semiautomatico, stante la limitatezza del numero
di cartucce contenibili nel serbatoio; quindi l'espulsione del
bossolo e la successiva introduzione nella camera di scoppio di una
cartuccia avviene in modo automatico, ma per esplodere i colpi
occorre azionare ogni volta il grilletto.
La prima pistola semiautomatica commerciale può essere considerata la
Bergmann (1896), ma subito seguirono la Mauser, la Borchart e la
Parabellum di Luger (1902).
Luger Quest'ultima, in particolare, nulla ha da invidiare alle
pistole di moderna produzione. Già nel 1906 Browning produce la prima
pistola "tascabile" di ridotte dimensioni.
Nel 1905 Browning produce un fucile da caccia a canna liscia a
funzionamento semiautomatico, che poi sarebbe diventato il "fucile
automatico" da caccia per antonomasia.
Dopo la prima guerra mondiale tutti gli sforzi dei militari si
indirizzano al miglioramento delle armi leggere automatiche (pistole
mitragliatrici o mitra, fucili d'assalto, mitragliatrici leggere).
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