(25 a.c. - 2° Anno Augusteo - Pomeriggio - 15.30)
Il tempo passa inesorabile, mentre aspettate che il senato prenda la sua decisione: di una cosa siete sicuri, visto che non si sa che cosa sta succedendo in quelle stanze...
Ci stanno mettendo molto più del previsto.
Vedete che il senatore Caio Albertus si agita sulla sua poltrona e suo figlio non riesce nemmeno a stare seduto, tanto che vaga, fastidiosamente per la stanza, facendo tinttinnare ad ogni suo passo la sua spada contro la sua armatura.
Vi viene servito il pranzo, e come è usanza durante queste occasioni, nessuno di voi proferisce parola, anche perché c'è ben poco da dire: i servitori portano da mangiare, aspettano che magiate con calma e poi portano via tutto con misurata efficienza.
Nel frattempo il temporale continua ad imperversare su Roma e l'umidità e il freddo vi entrano nelle ossa, tanto questo tempo é fuori stagione.
Fuori, intanto, continua a piovere...
Sentite l'acqua che scivola lentamente, che si insinua nel grande palazzo nel centro della città eterna, palazzo che vi protegge, come una madre protegge gelosamente il proprio figlio in fasce.
Improvvisamente, quando vi chiedete quando finirà questa agonia, le porte si spalancano, e i servitori cominciano a preparare la stanza ad accogliere l'imperatore.
Vi alzate tutti in piedi, compresi il senatore Caio Albertus e suo figlio, il centurione Caesar, ma la vostra attesa é stata vana: l'imperatore non arriva.
Il senatore allora va verso il senato, per chiedere una spiegazione, e dopo alcuni minuti, ritorna, con in mano una pergamena.
Si ferma vicino alla statua di Scipione, e legge ad alta voce gli ordini del governo di Roma e del mondo intero:
E' opinione del senato e dell'imperatore,
credere che i fatti accaduti nel villagio di Iniax vicino a
Cartagine siano veritieri: per questo si ordina a Centurio
Falco e alla sua centuria di investigare, aiutati nella loro
missione da pretoriano Marco Bellero e dal Senatore Caio
Albertus.
Il senato, come l'imperatore, esige risultati entro un mese
da oggi, per la gloria di Roma.
Quando Caio Albertus finisce di leggere, vedete che suo figlio é già uscito dalla stanza, evidentemente alterato e fuori di se: il senatore non se ne cura, e arrotola con cura la pergamena e mentre la tiene in mano vi guarda e dice:
"Bene: andremo a Cartagine dunque..."