FALCO
Rivangare quegli eventi spiacevoli... Sì, purtroppo è necessario, per il bene comune.
Quegli occhi mi perseguitano, sondando continuamente la mia mente.
"Ebbene Giusto, quanto dici è vero. Occorre che vi dia delle spiegazioni su quanto mi è successo...", dico fissando l'uomo negli occhi.
"Invero, quanto vi dirò potrà sembrare strano. Potrete pensare che io sia pazzo, stia delirando, ma non è così. Quanto sto per dirvi è la pura realtà, nulla di più nè di meno..."
I miei occhi vagano lentamente per la stanza, scrutando gli angoli bui come alla ricerca di qualcosa, di un pericolo.
Non notando nulla di particolare, proseguo con nuova tranquillità.
"Ebbene, inizierò da quando ho calato la mia lama sullo straniero. Probabilmente a causa della poca dimestichezza con il peso dell'arma il mio colpo è andato a vuoto.
Dopo di che ho sentito su di me quello sguardo, uno sguardo pesante quanto un macigno.
Ho tentato di liberarmi da quella morsa, da quegli occhi crudeli, ma è stato tutto inutile. Ormai ero come una mosca intrappolata nella tela tessuta abilmente dal ragno..."
I ricordi mi provocano un brivido lungo la schiena, ma è soltanto un attimo.
"Come stavo dicendo, quegli occhi hanno intrappolato il mio sguardo, mi hanno stregato.
Dopo ho soltanto ricordi vaghi, confusi...
E' stato come essere catapultato nel suo sguardo di un blu intenso, profondo come il mare.
Mi sono ritrovato annaspante in quel blu, in quel mare. E per quanto io facessi tutto sembrava inutile perchè vi sprofondavo sempre di più, sempre più in fondo..."
Le immagini vorticano rapidamente nella mia mente, mi stordiscono, mi sento soffocare...
La vista è appannata, i sensi offuscati, come se stessi vivendo un sogno. Tutto è ovattato, sbiadito e stranamente grigio.
Tiro un lungo, profondo respiro, per schiarirmi le idee.
Tutto torna alla consueta normalità. Aracus al mio fianco mi rivolge uno sguardo preoccupato.
Con un cenno del capo gli indico che sto bene, che sono intenzionato a proseguire.
Non credevo che la cosa mi avrebbe provato tanto, ma ormai sono in ballo e non posso tirarmi indietro...
"Scusate, ho avuto un attimo di capogiro, ma ora è tutto a posto. Sarà colpa della stanchezza.
Dove eravamo rimasti? Ah, sì, ora ricordo..."
Rivolgo un'occhiata ai presenti, cercando di capire quali siano le loro idee, cosa stiano pensando sulle mie farneticazioni...
Dopo di che continuo il mio racconto.
"Sprofondavo sempre di più, sempre più in fondo. Mi mancava l'aria, soffocavo. L'acqua mi riempiva i polmoni, cercando beffardamente di spegnere la fiamma che mi arde nel petto, cercando di strapparmi la vita...
D'un tratto ha avuto una visione. Non so se sia vera o sia soltanto frutto della mia immaginazione, ma davanti agli occhi è scorsa la mia vita, a volte lentamente, a volte rapida quanto un serpente. Un turbinio di voci, luoghi, persone, colori... Mi sentivo stordito, privo di forze e ormai stavo per cedere a quella lotta impari...
Ad un tratto in quella massa di forme due ne sono emerse. I miei genitori..."
Raccolgo le forze, tentando di aggrapparmi a quella visione. Un rivolo di sudore mi riga la fronte, ma non ci faccio caso, concentrato nello sforzo di ricordare quanto la mia mente vuole dimenticare...
"Mia madre... Mia madre mi tendeva la mano. Ho cercato di raggiungerla, ce la stavo facendo... Mancava pochissimo, riuscivo a sfiorarla", dico tendendo la mano come per rievocarne la sensazione.
"Quando ormai ero prossimo a farcela mio padre ci ha scostati. L'ho guardato colmo di stupore, come un cucciolo inerme guarda il genitore...
Il suo volto, i suoi occhi... Tutto in lui mostrava disprezzo e amarezza. Una profonda vergogna animava il suo petto, la vergogna verso suo figlio, incapace di reagire, incapace di cavarsela da solo.
Io, centurione della Grande Roma, ridotto in quel misero stato da due occhi, da due singoli occhi..."
"Mio padre mi osservava dall'alto, allontanandosi sempre di più verso la superficie.
Io, invece, sprofondavo sempre più in basso. Un'amara tristezza mi stringeva il cuore, soffocandomi sempre di più.
D'un tratto la consapevolezza di essere un perdente mi vinse..."
Così dicendo un nodo mi stringe la gola, impedendomi di continuare.
Mi schiarisco la voce e, sempre come perso nei miei tristi ricordi, proseguo.
"Ma poi il mio onore di uomo, di Romano, ha avuto il sopravvento.
Io, Falco, non potevo perire così, in un modo tanto vile... Sarebbe stato un disonore troppo grande, una macchia a tutta la famiglia...
Così, rinnovato da un nuovo spirito combattivo, ho tentato di risalire verso la superficie, verso quella luce che filtrava tra le profondità di quell'abisso senza fondo."
"Non so bene come, ma so che d'un tratto mi sono ritrovato boccheggiante nella mia stanza, steso al suolo.
Potevo soltanto vedere Aracus e il Pretoriano Marco attaccare quell'uomo, che ora stringeva Ex-Lvce nel pugno.
Ho ricordi vaghi e confusi, come ho già detto prima...
Ricordo soltanto un grido, straziante... Poi alcune sagome strette attorno a me... Ho chiuso gli occhi e quanto segue dovrete raccontarmelo voi perchè credo di essere caduto tra le dolci braccia di Morfeo per parecchio tempo..."
Concludo la frase e appoggio la testa tra le mani, cercando di ricacciare indietro quei tristi ricordi...
[Modificato da lark 21/10/2002 09:32]