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A ruota libera

Ultimo Aggiornamento: 27/08/2002 14:47
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Clone del Ratto
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27/08/2002 14:47
 
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Tempo di ferie – che ahimé vanno concludendosi. Tempo di letture. Le più disparate, per la pura gioia di sentirsi padrone del proprio tempo, anche se a termine. Ma a volte anche convergenti.

Tra quello che ho fatto, ho approfittato della vacanza per portare a termine, con la seconda parte, la lettura di Palestina di Joe Sacco, rileggendone anche la prima; poi la rilettura della Petra Chérie di Micheluzzi (leggete tutto quello che trovate di questo elegante, raffinatissimo ma anche cinico e disincantato fumettista: leggete il suo incompiuto Afghanistan); infine sono in dirittura d’arrivo con Q, magmatico, ricchissimo, affascinante e fluviale romanzo dei Luther Blissett.

Cosa accomuna un rigoroso e accurato reportage a fumetti su una delle più assurde tragedie del nostro tempo ad un’opera di squisita forma, sulle dorate avventure di una fascinosa spia per diletto all’epoca della Prima Guerra Mondiale e ad un affresco storico dai molteplici piani di lettura ambientato in quello snodo fondamentale per la storia occidentale che è la prima metà del XVI secolo? Quasi banale: l’odio religioso. In Palestina è motore della vicenda (mostrata e non narrata), in Petra Chérie è al centro di un episodio intensissimo della saga, uno dei capitoli finali, in Q è la cornice entro la quale si muovono i due misteriosi protagonisti, ma anche l’architrave della superba costruzione letteraria.

Tutte e tre le opere mostrano come la diversità religiosa venga sfruttata come schermo agli interessi economici e di potere e quindi come spada per imporli sulla pelle di coloro che combattono in nome di quegli ideali: vinti, ma anche vincitori. Tutto antico e tutto risaputo; ma allora perché ci sono ancora così tanti uomini e donne disposti a morire e uccidere per andare a dire ad un altro come e se deve pregare, come e se espletare questa attività che dovrebbe essere privatissima ed affidata alla sola coscienza individuale? Ignoranza, certo, e manipolabilità delle coscienze più indifese: ma non può essere solo questo, non si spiegherebbe tutto. C’è la schizofrenia, forse congenita della natura umana che ci spinge con egual forza a riunirci in gruppo ma anche a trovare identità, a rafforzare la nostra vacillante identità secondo la logica dei gruppi contrapposti. Anche laddove non ve ne sarebbe il minimo motivo. Nell’episodio di Petra Chérie siamo nella Palestina del 1917, alle radici dell’odio tra i palestinesi e coloro che in futuro diverranno parte degli isrealiani. E’ l’odio contrapposto di Fuad e Ehud sulla scena di Gerusalemme: due ragazzi che hanno diviso i giochi dell’infanzia (non per caso un personaggio ricorda la più che millenaria convivenza fianco a fianco dei due gruppi) ma che rispolverano la loro diversità quando gli inglesi, per i propri interessi, danno inizio a quel processo di immigrazione e riarmo che sfocerà infine nella costituzione dello stato di Israele un trentennio più tardi. Palestinesi ed ebrei, in realtà un unico popolo (i più recenti studi archeologici sembrano sempre più indicare come gli ebrei siano quella parte dei canaanei che a un certo punto ha sviluppato dei tabù religiosi e ha finito col polarizzare questi costumi nell’adorazione di uno solo degli dei dell’antico pantheon di quelle popolazioni: Jahve). Un unico popolo diviso da questa coazione a ricercare la propria identità tribale in contrapposizione a chi è uguale ed opposto da sé. Un tratto che ripercorre tutte le grandi divisioni religiose. Un tratto che si è sempre rivelato della massima utilità per chi ha bisogno di eserciti a buon mercato. Un tratto che oggi, nel terzo millennio dell’era cristiana, non solo non sembra definitivamente dimenticato, ma gode della miglior salute.

Un tratto che da laico assoluto posso comprendere come manifestazione della debolezza umana, ma non posso giustificare in nessun modo.

V.

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