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la tradizione medica: idee, preconcetti, luoghi comuni

Ultimo Aggiornamento: 15/03/2005 10:25
15/03/2005 10:25
 
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Idee, preconcetti e luoghi comuni sulla pratica medica
a cura di: Carollo M.Oscar -

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La tradizione come cultura in medicina. Idee, paradigmi, preconcetti, luoghi comuni sulla salute e l’arte medica.



Introduzione

Una dei motivi di questo studio è lo stupore fra la contrapposizione della cultura medica accademico-istituzionale e la cultura medica tradizionale -popolare.

Questa impostazione può essere identificata come scontro fra scienza e arte, fra futuro e passato, fra certezza e perizia. O almeno così ci piace di immaginarla.

Lo sviluppo di questa descrizione fenomenologica, basata su una conoscenza etimologica dei termini usati a cui daremo senso, surrogata dalla intuizione immaginifica che lasceremo scaturire per poi analizzarne i prodotti, dovrà portarci al compimento di una ricollocazione delle nostre opinioni in campo medico-sanitario o a una loro conferma come implicazione necessaria al progresso umano.

Primo approccio

Cosa è la tradizione?

Secondo l’etimo si tratta di ciò che viene detto fra le genti.
Correntemente questo viene inteso come quella forma di sapere che viene trasmesso oralmente, ma anche per iscritto, da singolo a singolo e da gruppo a gruppo.

La tradizione è perciò un grande data-base dove si possono trovare ogni tipo di notizie che riguardano tutti.
Alcune delle informazioni sono andate perdute, come ad esempio la lingua etrusca, la tradizione delle istituzioni Maia, o la comprensione del contenuto dei simboli runici dei popoli del nord-Europa.

Questo è successo quando una cultura, limitata nel tempo e nello spazio, ha dovuto far posto ad un’altra che si proponeva con una forza maggiore. Ciò che forse è importante rilevare è la perdita di un patrimonio comune,a cui tutti avremmo potuto attingere.

Come non rilevare infine che la scrittura si è evoluta in due modi sostanzialmente diversi.

Dalla forma primordiale di scrittura che fu incisione rupestre di segni atti a formare visivamente l’idea della realtà circostante si sono evolute una scrittura matematica, fatta su argilla essicata, su pergamena, su carta che riportava però gli stessi segni, che potevano essere numerati.

L’altra forma di scrittura rimase più fedele all’origine e continuò a stilizzare l’idea del fenomeno osservato. Non a caso il simbolo è detto anche ideogramma.

Mentre nel primo caso le osservazioni si sostanzializzano in righe di scrittura, nel secondo arricchiscono un segno, facendolo diventare un disegno e caricandolo di significati stratificati.

Mentre in questo caso è impossibile tracciare una linea di demarcazione netta fra pensiero e arte, nel caso della scrittura matematica, come quella che state leggendo, è impossibile trasformarla in arte immediata. Infatti il concetto artistico mediato dalla scrittura abbisogna di essere letto e compreso prima di creare in noi un’immagine di insieme.

A questo l’uomo occidentale a posto rimedio, ricollocando ciò che non era razionale o numerico, nell’ambito dell’arte come cosa a sé: pittura, arti grafiche, musica, poesia, ecc.

Forse è proprio in questo che sta la forza prorompente dell’occidente, e la sua debolezza interiore. Questa sorta di schizofrenia collettiva che cerca disperatamente di ricostruire l’intero e che la tradizione occidentale nel suo complesso a fatto propria, privilegiando la ricerca dell’equilibrio fuori di sé piuttosto che ricollocando il tesoro di informazioni che ha a disposizione.

Ma la tradizione non è solo parola o scritto. E’ anche, forse soprattutto, fatto.

Quando ci si muove dentro un paradigma spesso non si abbisogna di parole per agire.
Si fa, e questo basta.

Ecco allora che il fare diventa più importante del dire. Le cose manufatte ci parlano di chi le ha costruite e attraverso queste l’artefice, l’artigiano, l’artista parlano di sé e del loro mondo.

Sono le cose che indicano i bisogni del singolo e delle genti, ma anche i desideri, i progetti, le soluzioni messe in atto.
In questo senso anche le cose hanno un’anima, come creduto dal paganesimo di ogni momento storico. E’ l’anima dell’artefice che si è espressa più o meno adeguatamente nell’oggetto.
Ed è a seguito di questa constatazione che l’universo, opera insigne per eccellenza, possiede un’anima, che è quella divina. Così il popolo prova l’esistenza della divinità: dalle cose fatte.

La tradizione è perciò un “saper fare”.
Non per nulla “tradizione” richiama subito alla mente usi e costumi antichi, storicizzati, collocati soprattutto nelle province e nelle zone rurali, dove il ritmo con cui avvengono i cambiamenti, i rinnovamenti, le rivoluzioni è diluito nel tempo e le guerre ed i rumori di guerra sono attutiti dalla vastità delle campagne,delle foreste, dei deserti, dove i cicli stagionali hanno ancora un significato e i bio-ritmi non sono una scoperta scientifica ma la vita quotidiana.
Ma l’interpretazione del “saper fare” è appannaggio del “sapere”.

Cosa è la tradizione medica?

Ponendoci questa domanda altre subito si presentano alla mente:
Cosa è la medicina? Chi sono i medici?

La storia della medicina ci può in parte rispondere. Non ci si può fermare alla storia della medicina occidentale scritta da autorevoli ma partigiani esponenti della medicina accademica, in quanto fuorviante.

Si devono sondare anche le storie della magia, dalla quale la medicina deriva come pratica antropologica. Anche la medicina familiare, molto in uso nella latinità pre-imperiale, ha una sua valente dignità. Anche la medicina greco-ippocratica non si può tralasciare. Galeno,nel secondo secolo d.c. diventò famoso in Roma per il suo sincretismo medico, ed è alla sua dottrina che la Scuola Salernitana deve gran parte della sua diffusione e fama. Fu forse da questo momento che in occidente si cominciò a parlare di una classe medica ed a un corpo organizzato di conoscenze mediche.

Ma se a cavallo con l’anno mille la medicina era un’arte formata soprattutto nell’Islam e pochi erano gli elementi che penetravano nella tradizione popolare europea perche’ l’ebraismo e l’islam erano indicati dalla chiesa cattolica e dai regnanti come nemici, nel Rinascimento occidentale e l’umanesimo naturalistico ritrovavano usi e costumi medici popolari, in chiave magica e pagana, mescolando nella alchimia elementi ancestrali e moderni che sarebbero stati la culla della medicina ottocentesca.

La ricerca della pietra filosofale coincide con la ricerca dell’elisir di lunga vita e in questo connubio di visioni religiose panteistiche, di ricerca filosofica che è pre-scienza, di sapienza popolare che diventa superstizione, si profila l’uomo nuovo, l’uomo libero, l’uomo che porta a compimento il peccato originale della rinuncia a Dio per proporre se stesso come sua immagine e come somigliante nel suo agire.

Qui si propone anche la divisione definitiva fra pratici o empirici e fra colti o razionalisti.
Ma la medicina procede oltre, sebbene a fatica.
Insieme a medici preparati nelle università convivono figure popolari come i cerusici o chirurghi (dal greco cheir: mano), ciarlatani che, oltre a divertire con giochi e artifici vari, distribuiscono panacee e lenimenti vari.
Vi erano anche erboristi o speziali che spesso davano anche ricette e consigli sulle cure da usare per i malanni del popolo. Ma in vari Stati questo era vietato e restava appannaggio dell’indicazione medica.

Rimaneva poi la medicina famigliare, fatta di suggerimenti delle donne anziane che venivano consultate per la loro esperienza.
In genere la loro capacità derivava dall’arte ostetrica ma non era difficile che questa sfociasse o comprendesse anche la capacità di provocare aborti. Cosa gravissima sia per la chiesa che per l’autorità signorile. Ma questo non è tutto.

L’ uso della chiromanzia, dell’astrologia, della negromanzia, dei farmaci ”semplici”, di ritualità e formule ripetute per creare suggestione o stato ipnotico, le circondava di ammirazione ma anche di timore. Alcune di esse si specializzavano in queste pratiche fino ad ottenere dal popolo l’appellativo di “strega” che, abbandonato l’etimo originale, nel medioevo diventa “strolega (ven., lomb.)”, o astrologo, capace di leggere negli astri, come in uso fra i popoli nomadi (Zingari o Rom).

Queste donne tendevano ad isolarsi dalla comunità pur restandovi legate, spesso in luoghi solitari, e si circondava di animali, soprattutto gatti, che contribuivano a rendere strana e sinistra la loro situazione.
In tempo di livore popolare potevano essere bersaglio di ogni sorta di sopruso, fino all’assassinio dopo torture. In questo il popolo trovava appoggio da parte delle autorità ecclesiastiche che, soprattutto nei villaggi di campagna (detti anticamente “pagus” da cui “pagano”) dovevano faticare molto per impedire che i “cristiani” ricadessero nelle loro pratiche dionisiache.

Visto il desiderio di spiritualità da parte del popolo la chiesa promuove nuovi esempi che sostituiscano i riferimenti divini e semi-divini del politeismo pre-cristiano.
Sono i santi, specializzati in varie materie fra cui la medicina, in cui eccellono figure che propongono quello che era già nell’Egitto antico e poi sarà della medicina novecentesca: l’iper-specializzazione.

Comunque, nonostante la ormai decisa separazione fra una medicina ufficiale e istituzionale ed una medicina pratica e popolare, i rimedi rimangono sostanzialmete gli stessi sino all’inizio di questo secolo.
Sono i rimedi che Ippocrate aveva indicato come pietre basilari della terapeutica: in primis, non nocere. Poi: emetico, purgante, salasso.

Come succede anche oggi, più la tecnica è elaborata e più è ricercata dai neofiti della medicina. Perciò la pratica che si diffuse in ambito medico fu il salasso provocato con lancetta, mentre il popolo continuava a preferire la classica purga.
Questa è perciò la medicina in ambito storico. Questi sono stati i medici del nostro passato, tendenti alla tradizione, controllati a vista dalla Chiesa, alla ricerca di soddisfazioni personali che erano una professione dignitosa, qualche volta molto ben pagata, che dava riguardo, rispetto e un certo potere.

Vi era un unico grave rischio: essere costretti ad assistere malati durante una pestilenza. Questo era il vero terrore del medico istituzionale!

Chi è il medico oggi?

Dall’inizio del secolo il paradigma medico sta costantemente adeguandosi.
Insieme alla modificazione della percezione che egli ha del proprio ruolo, vi è anche il cambiamento della percezione del ruolo della medicina da parte del cittadino.
Sempre più, infatti, egli si rende conto che il ruolo medico è un ruolo sociale che assolve una funzione istituzionale, al pari di altre funzioni già assodate.

Va sparendo perciò la sensazione di un medico con potere di vita e di morte sul paziente, a cui rivolgersi con speranzose suppliche, e viene alla luce un impiegato che assolve il suo ufficio, a cui rivolgersi per tutte le richieste che abbiano come tema la medicina in senso lato: certificati, ricette, richieste di passaggio ad altro specialista, interprete di esami medici vari.

Vi è poi da aggiungere un nuovo fenomeno costituito dall’”americanizzazione” dell’assistenza.
Oggi il medico è molto più attento ai propri atti che in passato, in quanto il pericolo di rivalse da parte del cliente è molto più reale.
Ciò ha senz’altro reso più prosaica la medicina e di conseguenza vi è più attenzione per la salute e per coloro che sono istituzionalmente delegati a mantenerla.
Ciò che precedentemente era considerata un dono, oggi viene considerata un diritto.

Ma ciò che forse colpisce di più è l’inizio di un periodo storicamente nuovo in cui la medicina comincia a giudicare apertamente se stessa.
L’opera degli epistemologhi come Lorenz e Popper e il dibattito bioetico scaturito dall’introduzione di nuove e stupefacenti possibilità biologiche ha costretto il medico a sottoporsi alla critica di altri professionisti che operano in campo biomedico.

Gli ecclesiastici ed i teologi si riaffacciano in un mondo che li aveva esclusi perché non iniziati alla scienza, così come i filosofi, sociologi, psicologi si sentono liberi e moralmente abilitati in un campo che sta tentando di ricostruire l’unità mente-corpo, scissa dalla visione positivista che ha esaurito il suo compito, mentre, all’altro estremo, la bio-tecnologia si avvale più di conoscenze ingegneristiche che non di conoscenze teoriche.

La persona comune che ora ha imparato a rivolgersi al medico, e solo secondariamente ad esperti di natura diversa, non comprende il travaglio di queste figure, costantemente combattute fra un’interpretazione organicista della malattia ed una psicosomatica.

Ciò accade soprattutto fra i medici di base, reduci della storica figura del medico di condotta, che giornalmente devono fare i conti fra malati che tendono a suggerire una interpretazione organica o comunque sindromica di ogni malessere che disturba la loro esistenza.

Ultima fra le nuove patologie la noia esistenziale, chiamata melanconia o solitudine dalla letteratura e depressione dalla medicina. A queste nuove entità si può rispondere solo con nuove nosologie, nella speranza che un nuovo nome cancelli la sofferenza, cosi' come la recita del rosario o delle giaculatorie mitiga l’afflizione dell’esistenza.


1 giugno 1999
Carollo M.Oscar



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