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Candidatura Urur

Ultimo Aggiornamento: 18/05/2023 12:31
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Registrato il: 28/05/2012
Città: ROMA
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06/01/2023 11:29
 
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Buonasera,

IN ACCORDO CON LA GESTIONE E LA MODERAZIONE DI RAZZA

posto di seguito la candidatura per la razza chiusa.

Nome PG: Urur
Nome Drago: Mahtar - “Il Distruttore”
Stirpe: Laegar
Allineamento: Malvagio
Tipo: Drago Nero – Dominio della Terra

ATTO I – La nascita


Ne è passato di tempo dal primo vagito di quel tutt’altro che piccolo bambino.
Una settantina di anni umani, circa. Venuto alla luce in una notte piovosa, illuminata dai lampi e squassata dal rombo dei tuoni che risuonavano tra i monti. Nato all’ombra della morte, del dolore, della disperazione di atti crudeli e violenti.
Era una piccola comunità di elfi erranti, stabilitisi nel Nord da non molto tempo, in quei paesaggi montuosi aspri e duri dove solo i forti sopravvivono. Erano perfettamente in grado di badare a sé stessi, ognuno con il proprio compito per il bene del gruppo.
Ma non era la loro terra. Quella dura roccia, quei boschi cupi, appartenevano agli uomini del Nord.
Uomini duri come la terra che abitavano, feroci e violenti come i temporali che flagellano i monti, impietosi e freddi come la neve che ricopre le vette.
Così è avvenuto l’ “incontro” tra il padre e la madre del ragazzino. Sempre all’insegna della violenza e della ferocia.
Era un omone grande e grosso il padre, il classico guerriero barbuto del Nord. Uno dei migliori guerrieri della comunità in effetti, dal temperamento battagliero, praticamente incapace di starsene con le mani in mano, ad affrontare tranquillamente la vita di tutti i giorni. Uno di quegli uomini nato per combattere, come se quello fosse l’unico scopo della sua vita. Ed era proprio così che vivevano: di scorrerie e razzie, ai danni delle comunità vicine o degli sventurati di passaggio.
Ciò che contava era sopravvivere, secondo la legge del più forte, seguendo i dogmi più estremi del culto di Khorr. Quella piccola comunità di elfi, una volta scoperta, rappresentava, semplicemente, un ottimo bersaglio. Troppo facile per i guerrieri esperti, ma al tempo stesso una perfetta preda per mettere alla prova i più giovani, quelli che ancora dovevano assaggiare il sangue ed attraversare il fuoco della battaglia. Fu così che il padre ideò ed organizzò quella spedizione, nonostante il clima rigido dell’inverno. Approntò il gruppo di razziatori e si fecero avanti, attraversando la boscaglia fino a raggiungere quel villaggio talmente povero da non avere neanche una palizzata a difesa.
Ma gli Elfi non erano totalmente indifesi. Alcuni di loro erano perfettamente in grado di maneggiare le armi raffinate create dalla loro razza o acquistate in giro per l’Aengard. Dopotutto erano degli erranti, abituati a sopravvivere nelle terre selvagge. Giunti fin lì in cerca di un posto isolato, difficile da raggiungere, dove recuperare le energie e cercare di crescere in numero.
Quel giorno tutti i loro buoni propositi vennero infranti.
L’incursione fu piuttosto veloce, ma non per questo indolore. Gli uomini erano di più, meglio equipaggiati e meglio guidati mentre gli elfi, colti di sorpresa, cercavano di fare il possibile. Non ci volle molto prima che i rumori della battaglia di spegnessero, lasciando spazio ai gemiti dei feriti ed ai lamenti disperati di donne e bambini. La violenza dilagò senza alcun freno morale. Fu un massacro e quelle poche che scamparono non ebbero sorte migliore dei morti, anzi.
Proprio lì, dove il sangue dei mariti, dei fratelli e dei padri ancora era caldo, furono violate.
Fra loro, la madre. Sopravvisse a tutto quello strazio. Sopravvisse grazie alla disperazione, all’attaccamento alla vita che le permise di reggere mentalmente tutto quell’orrore. Le violenze non terminarono quella notte, né le successive. Svilite, umiliate, insultate, trattate come animali da compagnia per il piacere dei forti che avevano trionfato. Utilizzate come merce di scambio, perse ai dadi o barattate in cambio di qualcosa. Questo il futuro che affrontarono, ridotte ad essere il passatempo di uomini e donne, altrettanto dure e crudeli, ma troppo fiere ed orgogliose per morire.
Fu concepito così. Come tanti altri bastardi, nati negli anni a venire. Ibridi allevati con il semplice scopo di servire. A volte erano le madri stesse ad ucciderli, per non condannarli a quell’esistenza misera e triste. Poi furono torturate, uccise, e così la cosa andò avanti. Ma fra tutti quelli, c’era Urur.

ATTO II – Consapevolezza


Nel momento in cui una vita viene al mondo, un’altra si spegne. Esaurita nello spirito ed abbandonata sanguinante subito dopo aver messo alla luce quel bambino.
Un ibrido come tanti altri, risultato dell’unione del sangue umano con quello elfico.
E’ stato voluto affinché servisse il padre ed i suoi figli, per badare alla casa, ai campi, alle bestie e quant’altro. Ma la differenza è la “stazza” di quel neonato. Non è piccolo ed esile come tutti gli altri nati fino a quel momento. Appena uscito dal grembo materno, già da quel momento, si notano differenze in quelle dimensioni fuori norma. Perché non c’è solo sangue umano ed elfico nelle sue vene. In quel corpo, a sua insaputa, scorre il sangue del drago, discendenza diretta della madre che s’è spenta dandolo alla luce. Quel sangue lo sostiene, rendendolo robusto e forte.
Cresce senza madre, cresce male in quel contesto che gli insegna solamente l’odio ed il disprezzo. Ma, soprattutto, cresce più dei suoi simili. E’ più alto, più forte, più resistente, più cattivo, più duro. Ha chiaramente qualcosa di diverso, qualcosa che favorisce quello sviluppo particolare del fisico. Non sa cos’è, ma è evidente che il sangue del padre unito a quello della madre sta dando dei frutti inaspettati. I tratti del ragazzo fin da subito ricordano più quelli duri e spietati degli uomini del Nord, solamente quelle orecchie con la punta accennata tradiscono il miscuglio di sangue a cui appartiene. Eppure non immagina neanche fino a che punto quel sangue possa essere particolare.
Passano gli anni, neanche li conta, mentre lavora duramente.
Ben presto viene distolto dalle sue mansioni di “base” per essere destinato ad altro. La colpa è di quel fisico prestante e robusto che si ritrova.
Dallo sguattero di turno, passa ad essere il fantoccio da addestramento per i giovani.
Giornate interminabili di cazzotti, calci, percosse d’ogni genere. Anche ferite di varie armi.
Di certo non ci vanno leggeri, purché quel ragazzotto robusto resti vivo.
E’ quello l’unico ordine, imperativo, dato dal padre. Non certo per amore o compassione, semplicemente è uno strumento utile per tutti gli altri suoi figli e per i giovani razziatori che ancora devono farsi le ossa. Lo spremono per bene, poi quando crolla esausto gli concedono il riposo che basta per recuperare dalle ferite e tornare ad essere il fantoccio d’addestramento di turno.
E intanto cova l’odio e la rabbia, cova la vendetta. Sputa sangue ed impara sulla propria pelle quanto costa essere forti, quanto serve esserlo per poter sopravvivere.
Va avanti così, fino al giorno in cui la rabbia prende il sopravvento.
E’ proprio durante uno di quelle sessioni brutali, all’inizio. Il ragazzo che ha davanti è più basso di lui di tutta la testa, a differenza di tutti gli altri non ha l’aria da spaccone o la faccia da duro uomo del Nord. Eppure è costretto ad entrare nel recinto, ad impugnare la mazza tonda con la quale dovrebbe affrontare il grosso ibrido. Sono passati anni, la misura è colma. Quando il sempliciotto gli si avvicina, semplicemente esplode in un folle turbine di furia omicida. Lo colpisce con forza, tramortendolo, prende la mazza e lo finisce. Rapidamente e brutalmente. Come ha visto fare tante volte con gli altri ibridi, gli altri mezzelfi. Quando esausti o feriti, quando inservibili ormai nel villaggio, buttati nel recinto e massacrati dai giovani per abituarli al sangue.
Stavolta è lui che lo fa scorrere. Urla rabbiose, grida d’allarme mentre gli altri corrono al recinto.
Chi mai avrebbe pensato che quel ragazzo silenzioso, taciturno, solitamente schivo potesse mai rivoltarsi contro chi gli ha concesso di vivere e di mangiare?! Corre veloce, l’aria fredda nei polmoni ed i sensi acuiti dall’adrenalina. Viene ferito, ferisce ed uccide a sua volta. Ruba un cavallo e schizza via attraverso le porte delle palizzate, un attimo prima che si chiudano. Le frecce fischiano dietro di lui, si conficcano nel terreno tutto attorno, una lo raggiunge alla spalla sinistra.
Ma il sapore della libertà è troppo dolce per permettersi di cedere, non può farlo, non vuole farlo. Ha sentito solo racconti dalle donne più vecchie, storie di quella comunità di elfi e delle sue origini.
Una volta allontanato il pericolo, una volta risanate le ferite grazie all’aiuto di vagabondi erranti, si dedica alla ricerca delle sue origini materne. Una ricerca lunga, faticosa, che lo lascia con l’amaro in bocca. Perché li trova gli elfi. Delicati, aggraziati, quasi effeminati in quei loro modi fluidi e ben diversi da ciò a cui è abituato.
Ma non trova quello che cercava, quel senso di appartenenza che sperava di riscoprire. Al contrario, è oggetto di scherno, disprezzato per i tratti rozzi e per quelle dimensioni innaturali, per tutto praticamente.
Braccato da una parte, ripudiato dall’altra. Si ritrova solo, con l’odio verso il mondo che cresce, sbandato e senza un obiettivo, una meta.

ATTO III – La maledizione


Rimane una sola cosa alla quale aggrapparsi: la vendetta. Non ha intenzione di morire, di lasciarsi andare, di cedere, di finire come tanti altri che si sono spenti perché spezzati nello spirito.
Abbandona gli elfi, quella loro spocchia ed aria di superiorità per tornare sui monti dove è cresciuto. Abituato a quel clima rigido ed impietoso.
Di erranti, di sbandati, di scampati alle razzie ce ne sono e vagano senza meta finché non trovano la morte. E’ proprio loro che cerca, a cominciare da quelli che lo hanno aiutato durante la fuga. Pian piano, ci vuole tempo, inizia a formarsi un vero e proprio gruppetto. Tutti quelli che fino a quel giorno hanno subito le scorrerie della comunità di razziatori, tutti quelli che sono sopravvissuti in un modo o nell’altro ed anche quelli che cercano vendetta. Li raduna, si spostano sui monti sopravvivendo come possono. E’ dura, c’è chi muore e chi si arrende, ma tanti resistono spinti tutti dallo stesso desiderio.
Passano gli anni ed alla fine si arriva alla resa dei conti. Di nuovo una razzia nella notte, di nuovo fiamme, sangue e grida. Ma stavolta le parti sono invertite, gli uomini che si sono rammolliti nel loro vivere comodi soccombono. E’ un massacro, pochi sopravvivono ed ognuno decide la propria strada. Urur è fra quelli che restano, desideroso di costruire qualcosa. E’ cresciuto ascoltando i discorsi sui dogmi di Khorr, sulla spietata legge del più forte che domina ed alla fine l’ha messa in pratica, ritorcendola contro chi la predicava. Eppure non è appagato, manca qualcosa. Manca un IO al quale fare riferimento, un motivo per il quale continuare a vivere. Dunque è nella religione che cerca le risposte assieme agli altri mezzelfi che decidono di rimanere. Sono degli ibridi, un miscuglio più o meno caotico di due razze diverse. Solo una è la divinità alla quale rivolgersi, il doppia faccia nel quale rivedono la propria natura duale.
Si stabiliscono in quel villaggio, sostituendosi ai precedenti occupanti e, senza neanche rendersene conto, divenendo i nuovi razziatori di quei monti dal momento che l’unica attività per sopravvivere è quella di restare forti. Ma nelle notti buie, invece di invocare Khorr e la sua furia sanguinaria, s’intonano inni e canti a Feriy, affinché ascolti le suppliche di quegli ibridi e giunga a dargli uno spazio, uno scopo, un perché, un chiarimento sulla loro natura.
Passano ancora gli anni, i rituali vengono ripetuti più e più volte eppure non un cenno. Il grosso mezzelfo s’è investito da solo dell’autorità di più alto sacerdote, guidando gli altri membri della comunità a modo suo, secondo le proprie convinzioni, cercando spasmodicamente una risposta.
Finché Feriy non si manifesta, realmente. Proprio a lui, all’autoproclamatosi sacerdote del dio, all’ibrido che inventa riti ed invocazioni. Ma il risultato non è quello sperato, non ci sono risposte ma solo la beffa del doppia faccia che schernisce i tentativi vani, che rimprovera quell’improvvisazione suggerendo di abbandonare tutto e cercare un vero sacerdote per scoprire la vera essenza del sé.
Come accaduto in passato, la furia prende il sopravvento sul mezzo. Una furia cieca che lo porta ad insultare il dio, non riuscendo a sopportare il peso di quello scherno. Giura vendetta nei suoi confronti, giura di eradicarne il culto, giura di distruggerlo. In cambio, dopo un lungo silenzio, riceve solamente un’altra risata di scherno che risuona orribile.
La follia ormai galoppa, pazzo di rabbia raduna i nuovi razziatori, tutti quelli che gli danno ascolto. Li guida verso nuove terre per mettere in atto quel blasfemo giuramento. Cercano i seguaci di Feriy, li massacrano senza pietà ogni qual volta incontrano qualcuno che professi tale religione. Si spingono perfino ad assaltare i templi dedicati al dio, massacrandone il clero. Quello che non sa Urur è che ha fatto di peggio: in una delle ultime scorrerie s’è imbattuto in un campione emergente del dio, falcidiato insieme a tutti gli altri dalla furia e dalla ferocia implacabile del mezzo.
Inizialmente la fortuna pare arridere al gruppo, ma il doppia faccia non può perdonare tale affronto. Ancor meno se portato da qualcuno nelle cui vene scorre un sangue antico, ancestrale.
Lentamente gli scontri si fanno più sanguinari, i templi fortificati, i viaggiatori cauti, i credenti raccolti in una vera e propria crociata di fede contro i blasfemi uccisori di sacerdoti, donne, bambini, vecchi.
Si ritrovano nuovamente braccati, sempre meno numerosi, sempre più disperati mentre l’impresa crolla nelle tenebre. Ed il dio, che tutto sa e confonde con la sua arte, s’appresta alla vendetta.
E’ una notte fredda, sono rimasti pochi ibridi in quel piccolo accampamento, i pochi superstiti di quella follia. La luna brilla alta nel cielo, piena e bianca. Nell’aria risuona l’ululato del vento e, come mischiato a quel muggito, una voce arcana profonda che mormora parole oscure.
Si sveglia sudato, agitato, nel cuore della notte. Sente delle urla fuori dalla propria tenda, prende la spada ed esce di corsa. Di fronte a lui i superstiti, infervorati, le facce accese dall’odio. E quell’odio è rivolto verso di lui. Verso l’umano che vedono. Non comprende, è confuso, ma quando solleva la mano a toccare le orecchie non sente più quell’accenno di punta. L’istante successivo il finimondo, lo assalgono gridando, furibondi. Convinti, confusi dal dio della menzogna, di aggredire uno dei tanti odiati umani che gli da la caccia.
E poi il buio.
Si risveglia l’indomani mattina, al centro di quell’accampamento. Attorno a lui i corpi orrendamente straziati dei suoi compagni, le facce contorte in smorfie di pure orrore e dolore. Non si capacita di cosa sia successo, eppure non c’è traccia dei nemici. Ma è nudo, scosso da una rabbia feroce come non mai, dolorante e, soprattutto, sporco di sangue da capo a piedi. Trova uno specchio tra i resti di una tenda e si guarda: un uomo. E’ quello il riflesso che gli torna.
Nella testa risuona nuovamente la risata del dio seguita da poche, enigmatiche parole: “Ti avevo offerto la libertà, hai scelto la follia. Ora sarai condannato all’oblio, a dormire in eterno, intrappolato nella bestia che sei diventato. Nessuno saprà che esisti.
Di nuovo, il buio.

ATTO IV – Il risveglio


Non ricorda il proprio passato. Non sa da dove viene, chi l’ha generato. La maledizione del Duplice l’ha “ridotto” ad un semplice essere umano, grande e grosso oltre ogni misura, facendo svanire ogni singolo ricordo della sua vita passata. Da che ha memoria è sempre vissuto ad Asarn, nel Nord. Là nel Brehorn è cresciuto tra i seguaci di Khorr, o almeno questo è ciò di cui è convinto. Un uomo dedito al combattimento, più forte e grande degli altri che conosce. Non ha uno scopo se non combattere, perennemente spinto da quella rabbia bestiale che lo agita. L’unica certezza che ha è l’Orso, la bestia nella quale si trasforma durante le notti di luna piena, non sempre, o quando la rabbia è troppa. Non sa da cosa derivi la maledizione, non può saperlo perché è la maledizione stessa ad aver ottenebrato i suoi ricordi, ad averlo convinto di essere altro.
Impara l’arte della guerra, da solo, in gruppo, in formazioni. Di tutto e di più. Impara a maneggiare le armi, dalle più piccole alle più pesanti ed ingombranti. Impara a sopportare il dolore, anche se le cicatrici che si porta addosso parlano chiaro. Ma dopo anni, non c’è niente che realmente lo lega a quei posti. Continuano a sembrargli vagamente familiari, ma senza una motivazione vera.
Parte.
Gira l’Aengard guadagnandosi da vivere come viene, servendo come mercenario solitario, come sicario, come guardia del corpo, come scorta, come riscossore di crediti e via dicendo. Tutto ciò che riguarda, insomma, l’aspetto prettamente fisico. Un ambito nel quale far valere la propria forza brutale, quella ferocia selvaggia che continua ad agitarlo.
Senza meta, senza radici, senza legami di alcun tipo. Disprezza tutto e tutti, incapace di trovarsi in sintonia con qualcosa o qualcuno.
Almeno fino a quando il Duplice non si ricorda di lui. Vede quella nuova vita a cui credeva di averlo condannato, vede come il maledetto s’è adattato a quella condizione, come sembri addirittura trovare piacere in quegli sfoghi di violenza e ferocia.
Si sa, il Duplice è volubile, dispettoso se vogliamo. Può dare e togliere a proprio piacimento, per il proprio divertimento e gusto. Di tempo ne è passato, l’aspirante campione perso sostituito ed un ultima beffa non si esime dal rifilarla a quella bestia ambulante.
Gli appare un giorno, lo irride per quella natura bestiale alla quale s’è abituato, che crede appartenergli e, semplicemente, lo priva di tutto ciò. Lo rigetta nella confusione e nell’incertezza del non sapere chi è, cos’è e soprattutto perché.
Forse ha reputato sufficiente il tempo trascorso, la “punizione” inflitta al Drago ed al suo Discendente? O forse s’è semplicemente annoiato di stare ad osservare ciò che sembrava divertente ed invece s’è rivelato monotono e privo di stimoli, vista l’assuefazione alla violenza del nordico. Di certo c’è solo l’impossibilità di comprendere a fondo le motivazioni del dio più volubile fra tutti. In ogni caso, la beffa del Duplice non ha mai termine, difatti se torna ad essere un mezzelfo, una traccia di quella maledizione passata e subita rimane indelebile e permanente: quell’altezza fuori norma che rimarrà come un “marchio” dell’opera del dio.
Di altrettanto certo c’è che proprio a seguito di quella “liberazione”, forse anche sentendo il richiamo dei fratelli risvegliatisi nell’Aengard, Mahtar spezza le proprie catene e nasce.

Psicologia del Drago

Un guerriero: combattivo, feroce, spietato. Odia e disprezza i mortali, tutti senza distinzione. Gli elfi sono stati solamente uno strumento utile per garantire la sopravvivenza della razza superiore. Questa è l’unica cosa che conta realmente, la proliferazione della razza ed il riconquistare lo spazio vitale necessario affinché i draghi possano vivere nuovamente liberi, dominando il mondo. Ha un indole maggiormente impulsiva, tende a dimostrare la propria superiorità sottomettendo (quando non uccide) fisicamente chi osa sfidarlo o mettersi sul suo cammino. E’ in grado di seminare morte e distruzione, lo sa e gli piace. Non esita a lanciarsi in battaglia o ad uccidere nel caso in cui un fratello, o sorella, sia in pericolo od anche minimamente esposto ad un qualsiasi tipo di minaccia. Rancoroso, non dimentica i torti subiti e non li perdona. Estremamente possessivo e geloso dei propri averi e, sopra ogni cosa, dei propri fratelli e sorelle.

Psicologia Urur prima del risveglio

Praticamente nato e vissuto nella violenza, è estremamente impulsivo e cede fin troppo facilmente alla rabbia. Spiccatamente possessivo nei confronti di tutto ciò che considera “suo” ed altrettanto rancoroso, vive secondo il semplice principio della legge del più forte: “chi è forte sopravvive e domina, i deboli soccombono”. Un concetto che applica, praticamente, in ogni aspetto della sua vita. Nel tempo ha sviluppato quasi una vera e propria ossessione per la violenza fisica, come metodo per risolvere sbrigativamente qualsiasi problematica ed anche per il semplice piacere nel far scorrere sangue. Tutto il periodo passato sotto l’influenza della maledizione, che l’ha trasformato in un Mannaro, non ha fatto altro che accentuare estremamente il caratteraccio e le inclinazioni del mezzo, arrivando quasi a sfiorare la bestialità costante negli atteggiamenti e negli impulsi istintivi, anche quando non trasformato.

Psicologia Urur post risveglio ed equilibrio con il Drago

In realtà i punti in comune tra Urur e Mahtar sono molti. A cominciare dall’approccio prettamente “fisico” alla vita, la “passione” per il combattimento e lo scontro come mezzo per arrivare alla supremazia, a sottomettere il proprio avversario (nel caso non lo dovesse uccidere per qualche motivo). Anche la possessività è un tratto che li accomuna. Fondamentalmente caratteri simili ed inclinazioni altrettanto simili, la grande differenza sta nell’impulsività e nella razionalità. Urur prima del risveglio di Mahtar si lancerebbe in una sanguinosa rissa da bettola per un semplice sguardo di troppo, oppure in uno scontro campale anche contro più avversari per il semplice gusto di seminare morte e distruzione e poco importa se dovesse cadere. Urur dopo il risveglio di Mahtar sarebbe leggermente più pacato, magari la rissa scatta alla terza occhiata e non alla prima. Non certo per codardia o insicurezza, cose che entrambi disprezzano, ma per il semplice fatto che il drago andrebbe a condizionare l’eccessiva impulsività del discendente, per non mettere a repentaglio la razza. Quello sarebbe il primo pensiero: non svelare la natura del drago come difesa di tutti i propri simili. Però, appunto, superato un certo limite… Dunque, si, caratteri simili, ma tra i due certamente il drago sarebbe più razionale, a volte magari anche calcolatore, spingendo costantemente per il bene della razza superiore posto al di sopra della semplice soddisfazione personale di distruggere o uccidere, per quanto piaccia anche a lui.

Descrizione Drago

Taglia: Grande
Garrese: 6m
Lunghezza: 20m
Apertura alare: 15m

L’intero corpo è ricoperto dalle scaglie d’un nero opaco, senza alcuna differenza. Le uniche note di colore sono date da quegli occhi d’un marrone chiaro, con la pupilla dal taglio verticale, da rettile. Perfino gli artigli sono neri. E’ grande ma il corpo del drago non è sinuoso, più corto e tozzo rispetto agli altri. Il collo largo, così come il muso stesso che pare avvolto da una miriade di corna e spuntoni più o meno lunghi. Anche le zampe sono massicce. Dal cranio partono tre creste ossee parallele, non eccessivamente pronunciate, che attraversano l’intero dorso del drago arrivando poi ad avvolgersi attorno alla coda. Verso il termine di quest’ultima l’insieme delle creste è un poco più pronunciato, con alcuni tratti, tra una “spina” e l’altra, uniti da membrana alare. Una sorta di tozza mazza che funge anche da timone durante il volo.

Drago


Drago animato


Forma elfica

Alto poco più di 190cm per un 90kg circa, tipici tratti elfici ma con un quasi perenne piglio severo, l’espressione dura accentuata dalla mandibola un poco più marcata e massiccia rispetto ad un qualsiasi elfo. Capelli neri come la notte, lunghi fino alle spalle e ben tenuti. Totalmente privo di barba e baffi. Le orecchie a punta come qualsiasi altro elfo. Al di sotto delle sopracciglia, anch’esse nere, piuttosto marcate due occhi di un azzurro glaciale. Il fisico è muscoloso, un poco più massiccio rispetto alla classica sinuosità elfica.

Forma elfica


Segni particolari – Natura Manifesta

Occhi d’un marrone molto scuro – Sul petto, all’altezza del cuore, praticamente sullo sterno, un segno scuro, della grandezza di un pugno, inciso sulla pelle che simboleggia l’essenza del Drago. Una sorta di cicatrice nerastra somigliante ad una I ed una U incrociate a formare un unico simbolo, simile alla sagoma stilizzata di un Drago in volo.

Segno natura manifesta
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06/01/2023 16:45
 
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Accetto la candidatura che però, come da regolamento, può aver seguito solo una volta passato il tempo necessario per passare da una razza chiusa all'altra. Rimando quindi l'esame a fra poco più di due mesi, nel frattempo ti verrà fatta quest di cambiorazza a mezzelfo seguendo le linee guida del bg accordato con la gestione.
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21/03/2023 13:03
 
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Visto che i tre mesi sono quasi scaduti direi di dar inizio all'esame per vedere, intanto, se puoi accedere alla razza.
Prima di farlo però ti chiedo una cosa, modifica leggermente il bg e ripostalo.
Da com'è scritto si capisce che l'altezza innaturale di Urur derivi dal Drago ma non è possibile visto che l'altezza massima dei drakaal è di un metro e novanta o poco più.
L'altezza, come è stato successivamente masterato, è data da una maledizione di Feriy.
E, a tal proposito, ti chiedo di aggiungere al bg quanto giocato, spiegando quindi la riscoperta di Urur mezzelfo ed il suo presente.

Ti ricordo, inoltre, che il sangue draconico non è mai stato attivo in Urur. Il Drago è dormiente prima del risveglio, ciò significa che il sangue che scorre nelle vene dei mezzelfi/elfi è esclusivamente quello della razza aperta di appartenenza, poi al risveglio del Drago si mischia dando vita al drakaal. Quindi modifica qui e lì anche qualche termine poco corretto a riguardo.

Per ciò che riguarda le descrizioni del Drago e della forma elfica vanno benissimo.
Mi piace molto il segno particolare del "marchio" che quindi puoi considerare già approvato.

Aspetto che posti tutto con le modifiche e partiamo con l'esame!
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21/03/2023 19:47
 
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Buonasera!

Dovrei aver modificato correttamente tutti i passaggi "incriminati", se qualcuno mi è sfuggito chiedo venia e provvederò a sistemare quanto prima.

La fine del bg è stata leggermente revisionata per dare un focus maggiore al discorso della maledizione di Feriy, riprendendo la traccia della quest e le conseguenze che ha avuto ON, quindi il gioco effettivamente giocato fino ad ora.

Concludo con un grazie, per l'apprezzamento del segno particolare e la pazienza/disponibilità nel leggere tutto.

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ATTO I – La nascita


Ne è passato di tempo dal primo vagito di quel bambino.
Una settantina di anni umani, circa. Venuto alla luce in una notte piovosa, illuminata dai lampi e squassata dal rombo dei tuoni che risuonavano tra i monti.
Nato all’ombra della morte, del dolore, della disperazione di atti crudeli e violenti.
Era una piccola comunità di elfi erranti, stabilitisi nel Nord da non molto tempo, in quei paesaggi montuosi aspri e duri dove solo i forti sopravvivono. Erano perfettamente in grado di badare a sé stessi, ognuno con il proprio compito per il bene del gruppo.
Ma non era la loro terra.
Quella dura roccia, quei boschi cupi, appartenevano agli uomini del Nord.
Uomini duri come la terra che abitavano, feroci e violenti come i temporali che flagellano i monti, impietosi e freddi come la neve che ricopre le vette.
Così è avvenuto l’ “incontro” tra il padre e la madre del ragazzino. Sempre all’insegna della violenza e della ferocia.
Era un omone grande e grosso il padre, il classico guerriero barbuto del Nord. Uno dei migliori guerrieri della comunità in effetti, dal temperamento battagliero, praticamente incapace di starsene con le mani in mano, ad affrontare tranquillamente la vita di tutti i giorni. Uno di quegli uomini nato per combattere, come se quello fosse l’unico scopo della sua vita. Ed era proprio così che vivevano: di scorrerie e razzie, ai danni delle comunità vicine o degli sventurati di passaggio.
Ciò che contava era sopravvivere, secondo la legge del più forte, seguendo i dogmi più estremi del culto di Khorr. Quella piccola comunità di elfi, una volta scoperta, rappresentava, semplicemente, un ottimo bersaglio. Troppo facile per i guerrieri esperti, ma al tempo stesso una perfetta preda per mettere alla prova i più giovani, quelli che ancora dovevano assaggiare il sangue ed attraversare il fuoco della battaglia.
Fu così che il padre ideò ed organizzò quella spedizione, nonostante il clima rigido dell’inverno. Approntò il gruppo di razziatori e si fecero avanti, attraversando la boscaglia fino a raggiungere quel villaggio talmente povero da non avere neanche una palizzata a difesa.
Ma gli Elfi non erano totalmente indifesi.
Alcuni di loro erano perfettamente in grado di maneggiare le armi raffinate create dalla loro razza o acquistate in giro per l’Aengard. Dopotutto erano degli erranti, abituati a sopravvivere nelle terre selvagge. Giunti fin lì in cerca di un posto isolato, difficile da raggiungere, dove recuperare le energie e cercare di crescere in numero.
Quel giorno tutti i loro buoni propositi vennero infranti.
L’incursione fu piuttosto veloce, ma non per questo indolore.
Gli uomini erano di più, meglio equipaggiati e meglio guidati mentre gli elfi, colti di sorpresa, cercavano di fare il possibile. Non ci volle molto prima che i rumori della battaglia di spegnessero, lasciando spazio ai gemiti dei feriti ed ai lamenti disperati di donne e bambini. La violenza dilagò senza alcun freno morale. Fu un massacro e quelle poche che scamparono non ebbero sorte migliore dei morti, anzi.
Proprio lì, dove il sangue dei mariti, dei fratelli e dei padri ancora era caldo, furono violate.
Fra loro, la madre. Sopravvisse a tutto quello strazio. Sopravvisse grazie alla disperazione, all’attaccamento alla vita che le permise di reggere mentalmente tutto quell’orrore. Le violenze non terminarono quella notte, né le successive. Svilite, umiliate, insultate, trattate come animali da compagnia per il piacere dei forti che avevano trionfato. Utilizzate come merce di scambio, perse ai dadi o barattate in cambio di qualcosa.
Questo il futuro che affrontarono, ridotte ad essere il passatempo di uomini e donne altrettanto dure e crudeli, ma troppo fiere ed orgogliose per morire.
Fu concepito così. Come tanti altri bastardi, nati negli anni a venire. Ibridi allevati con il semplice scopo di servire. A volte erano le madri stesse ad ucciderli, per non condannarli a quell’esistenza misera e triste. Per questo furono torturate, alcune uccise, affinché quei bambini-schiavo potessero nascere e così la cosa andò avanti. Fra tutti quelli, c’era Urur.

ATTO II – Consapevolezza


Nel momento in cui una vita viene al mondo, un’altra si spegne. Esaurita nello spirito ed abbandonata sanguinante subito dopo aver messo alla luce quel bambino.
Un ibrido come tanti altri, risultato dell’unione del sangue umano con quello elfico.
E’ stato voluto affinché servisse il padre ed i suoi figli, per badare alla casa, ai campi, alle bestie e quant’altro. Non è piccolo ed esile come tutti gli altri nati fino a quel momento. Appena uscito dal grembo materno, già da quel momento, si nota come abbia ereditato maggiormente dal padre umano la stazza robusta.
Cresce senza madre, cresce male in quel contesto che gli insegna solamente l’odio ed il disprezzo.
E’ alto, forte, resistente, cattivo, duro.
I tratti del ragazzo fin da subito ricordano più quelli duri e spietati degli uomini del Nord, solamente quelle orecchie con la punta accennata tradiscono il miscuglio di sangue a cui appartiene.
Passano gli anni, neanche li conta, mentre lavora duramente.
Ben presto viene distolto dalle sue mansioni di “base” per essere destinato ad altro. La colpa è di quel fisico prestante e robusto che si ritrova.
Dallo sguattero di turno, passa ad essere il fantoccio da addestramento per i giovani.
Giornate interminabili di cazzotti, calci, percosse d’ogni genere. Anche ferite di varie armi.
Di certo non ci vanno leggeri, purché quel ragazzotto robusto resti vivo.
E’ quello l’unico ordine, imperativo, dato dal padre. Non certo per amore o compassione, semplicemente è uno strumento utile per tutti gli altri suoi figli e per i giovani razziatori che ancora devono farsi le ossa.
Lo spremono per bene, poi quando crolla esausto gli concedono il riposo che basta per recuperare dalle ferite e tornare ad essere il fantoccio d’addestramento di turno.
E intanto cova l’odio e la rabbia, cova la vendetta. Sputa sangue ed impara sulla propria pelle quanto costa essere forti, quanto serve esserlo per poter sopravvivere.
Va avanti così, fino al giorno in cui la rabbia prende il sopravvento.
E’ proprio durante uno di quelle sessioni brutali, all’inizio. Il ragazzo che ha davanti è più basso di lui di tutta la testa, a differenza di tutti gli altri non ha l’aria da spaccone o la faccia da duro uomo del Nord. Eppure è costretto ad entrare nel recinto, ad impugnare la mazza tonda con la quale dovrebbe affrontare il grosso ibrido. Sono passati anni, la misura è colma. Quando il sempliciotto gli si avvicina, semplicemente esplode in un folle turbine di furia omicida. Lo colpisce con forza, tramortendolo, prende la mazza e lo finisce. Rapidamente e brutalmente. Come ha visto fare tante volte con gli altri ibridi, gli altri mezzelfi. Quando esausti o feriti, quando inservibili ormai nel villaggio, buttati nel recinto e massacrati dai giovani per abituarli al sangue.
Stavolta è lui che lo fa scorrere. Urla rabbiose, grida d’allarme mentre gli altri corrono al recinto.
Chi mai avrebbe pensato che quel ragazzo silenzioso, taciturno, solitamente schivo potesse mai rivoltarsi contro chi gli ha concesso di vivere e di mangiare?! Corre veloce, l’aria fredda nei polmoni ed i sensi acuiti dall’adrenalina.
Viene ferito, ferisce ed uccide a sua volta.
Ruba un cavallo e schizza via attraverso le porte delle palizzate, un attimo prima che si chiudano. Le frecce fischiano dietro di lui, si conficcano nel terreno tutto attorno, una lo raggiunge alla spalla sinistra.
Ma il sapore della libertà è troppo dolce per permettersi di cedere, non può farlo, non vuole farlo. Ha sentito solo racconti dalle donne più vecchie, storie di quella comunità di elfi e delle sue origini.
Una volta allontanato il pericolo, una volta risanate le ferite grazie all’aiuto di vagabondi erranti, si dedica alla ricerca delle sue origini materne. Una ricerca lunga, faticosa, che lo lascia con l’amaro in bocca.
Perché li trova gli elfi.
Delicati, aggraziati, quasi effeminati in quei loro modi fluidi e ben diversi da ciò a cui è abituato.
Ma non trova quello che cercava, quel senso di appartenenza che sperava di riscoprire. Al contrario, è oggetto di scherno, disprezzato per i tratti rozzi e per quella stazza pesante che ricorda troppo gli umani, per tutto praticamente.
Braccato da una parte, ripudiato dall’altra. Si ritrova solo, con l’odio verso il mondo che cresce, sbandato e senza un obiettivo, una meta.

ATTO III – La maledizione


Rimane una sola cosa alla quale aggrapparsi: la vendetta.
Non ha intenzione di morire, di lasciarsi andare, di cedere, di finire come tanti altri che si sono spenti perché spezzati nello spirito.
Abbandona gli elfi, quella loro spocchia ed aria di superiorità per tornare sui monti dove è cresciuto. Abituato a quel clima rigido ed impietoso.
Di erranti, di sbandati, di scampati alle razzie ce ne sono e vagano senza meta finché non trovano la morte.
E’ proprio loro che cerca, a cominciare da quelli che lo hanno aiutato durante la fuga. Pian piano, ci vuole tempo, inizia a formarsi un vero e proprio gruppetto. Tutti quelli che fino a quel giorno hanno subito le scorrerie della comunità di razziatori, tutti quelli che sono sopravvissuti in un modo o nell’altro ed anche quelli che cercano vendetta. Li raduna, si spostano sui monti sopravvivendo come possono. E’ dura, c’è chi muore e chi si arrende, ma tanti resistono spinti tutti dallo stesso desiderio.
Passano gli anni ed alla fine si arriva alla resa dei conti. Di nuovo una razzia nella notte, di nuovo fiamme, sangue e grida. Ma stavolta le parti sono invertite, gli uomini che si sono rammolliti nel loro vivere comodi soccombono. E’ un massacro, pochi sopravvivono ed ognuno decide la propria strada. Urur è fra quelli che restano, desideroso di costruire qualcosa. E’ cresciuto ascoltando i discorsi sui dogmi di Khorr, sulla spietata legge del più forte che domina ed alla fine l’ha messa in pratica, ritorcendola contro chi la predicava. Eppure non è appagato, manca qualcosa. Manca un IO al quale fare riferimento, un motivo per il quale continuare a vivere. Dunque è nella religione che cerca le risposte assieme agli altri mezzelfi che decidono di rimanere. Sono degli ibridi, un miscuglio più o meno caotico di due razze diverse. Solo una è la divinità alla quale rivolgersi, il doppia faccia nel quale rivedono la propria natura duale.
Si stabiliscono in quel villaggio, sostituendosi ai precedenti occupanti e, senza neanche rendersene conto, divenendo i nuovi razziatori di quei monti dal momento che l’unica attività per sopravvivere è quella di restare forti. Ma nelle notti buie, invece di invocare Khorr e la sua furia sanguinaria, s’intonano inni e canti a Feriy, affinché ascolti le suppliche di quegli ibridi e giunga a dargli uno spazio, uno scopo, un perché, un chiarimento sulla loro natura.
Passano ancora gli anni, i rituali vengono ripetuti più e più volte eppure non un cenno. Il grosso mezzelfo s’è investito da solo dell’autorità di più alto sacerdote, guidando gli altri membri della comunità a modo suo, secondo le proprie convinzioni, cercando spasmodicamente una risposta.
Finché Feriy non si manifesta, realmente. Proprio a lui, all’autoproclamatosi sacerdote del dio, all’ibrido che inventa riti ed invocazioni. Ma il risultato non è quello sperato, non ci sono risposte ma solo la beffa del doppia faccia che schernisce i tentativi vani, che rimprovera quell’improvvisazione suggerendo di abbandonare tutto e cercare un vero sacerdote per scoprire la vera essenza del sé.
Come accaduto in passato, la furia prende il sopravvento sul mezzo. Una furia cieca che lo porta ad insultare il dio, non riuscendo a sopportare il peso di quello scherno. Giura vendetta nei suoi confronti, giura di eradicarne il culto, giura di distruggerlo. In cambio, dopo un lungo silenzio, riceve solamente un’altra risata di scherno che risuona orribile.
La follia ormai galoppa, pazzo di rabbia raduna i nuovi razziatori, tutti quelli che gli danno ascolto. Li guida verso nuove terre per mettere in atto quel blasfemo giuramento. Cercano i seguaci di Feriy, li massacrano senza pietà ogni qual volta incontrano qualcuno che professi tale religione. Si spingono perfino ad assaltare i templi dedicati al dio, massacrandone il clero. Quello che non sa Urur è che ha fatto di peggio: in una delle ultime scorrerie s’è imbattuto in un campione emergente del dio, falcidiato insieme a tutti gli altri dalla furia e dalla ferocia implacabile del mezzo.
Inizialmente la fortuna pare arridere al gruppo, ma il doppia faccia non può perdonare tale affronto. Ancor meno se portato da qualcuno nelle cui vene scorre un sangue antico, ancestrale.
Lentamente gli scontri si fanno più sanguinari, i templi fortificati, i viaggiatori cauti, i credenti raccolti in una vera e propria crociata di fede contro i blasfemi uccisori di sacerdoti, donne, bambini, vecchi.
Si ritrovano nuovamente braccati, sempre meno numerosi, sempre più disperati mentre l’impresa crolla nelle tenebre. Ed il dio, che tutto sa e confonde con la sua arte, s’appresta alla vendetta.
E’ una notte fredda, sono rimasti pochi ibridi in quel piccolo accampamento, i pochi superstiti di quella follia. La luna brilla alta nel cielo, piena e bianca. Nell’aria risuona l’ululato del vento e, come mischiato a quel muggito, una voce arcana profonda che mormora parole oscure.
Si sveglia sudato, agitato, nel cuore della notte. Sente delle urla fuori dalla propria tenda, prende la spada ed esce di corsa. Di fronte a lui i superstiti, infervorati, le facce accese dall’odio. E quell’odio è rivolto verso di lui. Verso l’umano che vedono. Non comprende, è confuso, ma quando solleva la mano a toccare le orecchie non sente più quell’accenno di punta. L’istante successivo il finimondo, lo assalgono gridando, furibondi. Convinti, confusi dal dio della menzogna, di aggredire uno dei tanti odiati umani che gli da la caccia.
E poi il buio.
Si risveglia l’indomani mattina, al centro di quell’accampamento. Attorno a lui i corpi orrendamente straziati dei suoi compagni, le facce contorte in smorfie di pure orrore e dolore. Non si capacita di cosa sia successo, eppure non c’è traccia dei nemici. Ma è nudo, scosso da una rabbia feroce come non mai, dolorante e, soprattutto, sporco di sangue da capo a piedi. Trova uno specchio tra i resti di una tenda e si guarda: un uomo. E’ quello il riflesso che gli torna.
Nella testa risuona nuovamente la risata del dio seguita da poche, enigmatiche parole: “Ti avevo offerto la libertà, hai scelto la follia. Ora sarai condannato all’oblio, a dormire in eterno, intrappolato nella bestia che sei diventato. Nessuno saprà che esisti.
Di nuovo, il buio.

ATTO IV – Il risveglio


Non ricorda il proprio passato. Non sa da dove viene, chi l’ha generato. La maledizione del Duplice l’ha “ridotto” ad un semplice essere umano, grande e grosso oltre ogni misura, facendo svanire ogni singolo ricordo della sua vita passata. Da che ha memoria è sempre vissuto ad Asarn, nel Nord. Là nel Brehorn è cresciuto tra i seguaci di Khorr, o almeno questo è ciò di cui è convinto. Un uomo dedito al combattimento, più forte e grande degli altri che conosce. Non ha uno scopo se non combattere, perennemente spinto da quella rabbia bestiale che lo agita. L’unica certezza che ha è l’Orso, la bestia nella quale si trasforma durante le notti di luna piena, non sempre, o quando la rabbia è troppa. Non sa da cosa derivi la maledizione, non può saperlo perché è la maledizione stessa ad aver ottenebrato i suoi ricordi, ad averlo convinto di essere altro.
Impara l’arte della guerra, da solo, in gruppo, in formazioni. Di tutto e di più. Impara a maneggiare le armi, dalle più piccole alle più pesanti ed ingombranti. Impara a sopportare il dolore, anche se le cicatrici che si porta addosso parlano chiaro. Ma dopo anni, non c’è niente che realmente lo lega a quei posti. Continuano a sembrargli vagamente familiari, ma senza una motivazione vera.
Parte.
Gira l’Aengard guadagnandosi da vivere come viene, servendo come mercenario solitario, come sicario, come guardia del corpo, come scorta, come riscossore di crediti e via dicendo. Tutto ciò che riguarda, insomma, l’aspetto prettamente fisico. Un ambito nel quale far valere la propria forza brutale, quella ferocia selvaggia che continua ad agitarlo.
Senza meta, senza radici, senza legami di alcun tipo. Disprezza tutto e tutti, incapace di trovarsi in sintonia con qualcosa o qualcuno.
Almeno fino a quando il Duplice non si ricorda di lui. Vede quella nuova vita a cui credeva di averlo condannato, vede come il maledetto s’è adattato a quella condizione, come sembri addirittura trovare piacere in quegli sfoghi di violenza e ferocia.
Si sa, il Duplice è volubile, dispettoso se vogliamo. Può dare e togliere a proprio piacimento, per il proprio divertimento e gusto. Di tempo ne è passato, l’aspirante campione perso sostituito ed un ultima beffa non si esime dal rifilarla a quella bestia ambulante.
Gli appare un giorno, lo irride per quella natura bestiale alla quale s’è abituato, che crede appartenergli e, semplicemente, lo priva di tutto ciò. Lo rigetta nella confusione e nell’incertezza del non sapere chi è, cos’è e soprattutto perché.
Forse ha reputato sufficiente il tempo trascorso, la “punizione” inflitta al Drago ed al suo Discendente? O forse s’è semplicemente annoiato di stare ad osservare ciò che sembrava divertente ed invece s’è rivelato monotono e privo di stimoli, vista l’assuefazione alla violenza del nordico. Di certo c’è solo l’impossibilità di comprendere a fondo le motivazioni del dio più volubile fra tutti.
In ogni caso, la beffa del Duplice non ha mai termine, difatti se torna ad essere un mezzelfo, una traccia di quella maledizione passata e subita rimane indelebile e permanente: quell’altezza fuori norma che rimarrà come un “marchio” dell’opera del dio, condannandolo per sempre ad essere un solitario diverso da tutti gli altri.
Ma non finisce lì, inizialmente lo riduce quasi alla follia risvegliando nella mente del nordico tutti i veri ricordi della sua vita. Non si limita, però, a restituirglieli e basta annullando la propria maledizione. No, l'ultimo "scherzo" che gli rifila è il dubbio perenne, condannandolo a ricordare entrambe le sue vite: sia quella reale da mezzelfo, dalla nascita fino a quella notte nell'accampamento; sia quella "immaginaria" costruita dalla maledizione. Un intreccio che, inizialmente, lo porta sull'orlo del baratro più nero, lasciandolo fortemente provato per giorni e giorni.
Lentamente ha iniziato ad uscirne, man mano che i ricordi si sono fatti più vivi e fissi. Due vite distinte e separate, eppure ha la certezza indissolubile di averle vissute entrambe.
L'unica altra certezza che ha è che entrambi i "sentieri" percorsi, realmente o meno, l'hanno condotto fin dove è ora: alla Loggia, alle Tenebre, ad una sorta di qualche legame con gli altri loggiati, in particolare con Amyria.
E' quell'unico pensiero, oltre al rifiuto di arrendersi ad qualcosa o qualcuno, che lo spinge ad andare avanti, a cercare di accantonare i dubbi sul proprio passato per concentrarsi, invece, sul presente. Su ciò che è, su ciò che può tentare di controllare decidendo da sé delle proprie azioni.
Trova un ottimo sfogo durante l'invasione di Balsjord, sebbene non venga impiegato in prima linea ma in una missione d'infiltrazione all'interno della cittadina per cercare, individuare ed eliminare Testa di Sangue.
In ultimo il nuovo incarico del quale viene investito dalla neo Regina del Brehorn: comandare la milizia della cittadina liberata, Balsjord.
Si concentra su quello, nonostante alcune notti continuino a pesargli, insonne a causa degli incubi e di quel dubbio sulla propria identità reale che, nonostante tutto, non lo abbandona mai del tutto.
[Modificato da Urur 21/03/2023 19:53]
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Ok mi sembra che il bg così vada bene.
Un unico appunto è invece sull'attività, scarsa negli ultimi due mesi quindi cerca di giocare un po' di più 😉

Passiamo all'esame vero e proprio.

1. Vorrei mi motivassi la scelta del Drago di terra.

2. A proposito del Drago Nero, quali sono i suoi bonus specifici? Quali i suoi malus?

3. Urur è stato tante cose, per ultimo un mannaro, poi ha scoperto che è stato volere di Feriy, come pensi prenderà l'eventuale scoperta di essere in realtà un Drago?

4. Puoi illustrarmi la fede di Urur? So che prima era in Khorr, adesso è in Shanaas, com'è stato il suo percorso a riguardo?

5. Mi collego alla domanda precedente per chiederti, pensi che il modo di venerare il suo Dio cambierà tra ora e quando sarà Drago? Sì o no che sia, perchè?

Per ora mi fermo e lascio la parola a te.
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23/03/2023 14:21
 
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Buondì.

Si, li è un grosso "mea culpa" causa un periodo un pò incasinato OFF ma ci sono e recupererò :D

Vado in ordine:

1) In realtà è una cosa abbastanza semplice, partendo dal semplice gusto personale OFF per passare poi all'esame, quanto più obiettivo possibile, di un qualcosa che si "attagliasse" ON al pg. Essendo, quest'ultimo, particolarmente fisico ho cercato un qualcosa che lo rispecchiasse, un qualcosa che potenzialmente giocherei con piacere, un qualcosa che non snaturasse la caratterizzazione data fino ad ora al pg. Il Drago di terra, per le sue caratteristiche, mi è sembrato semplicemente la scelta più ovvia e calzante.

2) BONUS: è immune ai malus dati dai terreni instabili. MALUS: oltre a quelli innati (natura manifesta - orgoglio draconico - punto debole) e le peculiarità fisiche (maggior robustezza ma minore agilità) non mi sembra ci sia nulla di particolare.

3) Indubbiamente sarà un nuovo colpo a livello psicologico che andrà ad incidere sul precario equilibrio attualmente raggiunto. Di contro potrebbe anche essere benissimo il tassello mancante che, una volta rivelato, da finalmente un senso al tutto. Giocherò la cosa ON, così come è successo per la quest del cambio razza e vedrò di portare avanti la cosa coerentemente con la situazione contingente vissuta in quel momento dal pg.

4) Confermo, precedentemente aveva come divinità di riferimento Khorr prendendone come "spunto" il lato più feroce e spietato seguendo una propria visione della dottrina del dio che si può facilmente riassumere in "il più forte sopravvive e schiaccia, domina, tutti gli altri". Passando gli anni e giocando è andato ad assumere un aspetto principale non tanto il combattere per il piacere di farlo o per compiacere il dio, quanto il combattere per il piacere di uccidere e far scorrere sangue. La cosa è stata notata da un PG, con il quale all'epoca Urur aveva un rapporto ON, ed attraverso diverse giocate il pg in questione è arrivato a convincere Urur del fatto che la sua fede era non mal riposta, ma erroneamente riposta dal momento che chiaramente (secondo la sua visione) l'agire dell'Urur Mannaro/Umano era palesemente al servizio del dio della morte. Per farla breve, alla fine giocando si è arrivati alla decisione di "consacrarsi" totalmente al sangue ed alla morte e dunque iniziare a venerare Shaanas assieme all'altro pg.

5) Partiamo dal presupposto che Urur non è mai stato un fervente praticante, sebbene inizialmente il suo percorso era quello di un "fanatico" di Khorr. Come detto poco sopra, però, non era un fanatismo inteso come quello di un predicatore intento a divulgare la fede di Khorr, quanto il perseguire ostinatamente la propria visione e concezione "distorta" della dottrina. Allo stato attuale Urur mezzelfo non ha mai avuto contatti diretti con la divinità, limitandosi a seguire la propria convinzione di servirla già con il semplice atto di ammazzare gente e spedire le loro animelle direttamente a Shaanas. Inoltre dopo la rivelazione di Feriy e del suo operato, al momento l'Urur mezzelfo è "cauto" nei confronti delle divinità in senso generale. Per quanto riguarda l'eventuale Urur Drago, invece, è sicuramente consapevole (come tutti gli altri draghi) del ruolo centrale avuto dalle divinità nel preservare la razza garantendo la loro sopravvivenza. Per questo motivo potrebbe accettare l'eventuale devozione dell'Urur mezzelfo, purché questa non sia in contrasto con i suoi obiettivi o con quelli degli altri draghi o con la loro sopravvivenza e proliferazione. Allo stesso modo tenderebbe comunque a mantenere la propria indipendenza concentrato, appunto, sul bene della propria razza prima di tutto e pronto a contrastare QUALSIASI tipo di minaccia a questa, fosse anche di carattere divino.
[Modificato da Urur 23/03/2023 14:22]
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26/03/2023 14:16
 
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3) Indubbiamente sarà un nuovo colpo a livello psicologico che andrà ad incidere sul precario equilibrio attualmente raggiunto. Di contro potrebbe anche essere benissimo il tassello mancante che, una volta rivelato, da finalmente un senso al tutto.


1. Partendo dal presupposto ovviamente che sono tutte ipotesi visto che poi si sviluppa tutto ongame, puoi ampliare questo concetto?

2. Vorrei che tu mi formulassi due post in cui tramite la comunione di sangue (skill che ti copio sotto) avverti delle cose su un tuo fratello drago. Entrambi devono essere sviluppati mentre Urur drakaal fa qualcosa di quotidiano, consueto. Nel primo percepisce una forte ferita emotiva in un fratello o sorella, nel secondo una forte ferita fisica.
Testo nascosto - clicca qui


3. Visto che hai nominato i malus innati, puoi spiegarmeli?

4. Urur è sempre stato un guerriero che con la magia non c'entra nulla. Puoi, quindi, spiegarmi la percezione magica innata?

5. Mi collego alla domanda precedente per chiederti di farmi un post in cui Urur drakaal percepisce magia da qualcosa, che sia un oggetto o un pg a tua scelta.
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28/03/2023 21:58
 
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Buonasera,

allora:

1 - Chiaramente tutto ipotetico, come dici da sviluppare poi ON in base alla situazione contingente. Diciamo che al momento il PG ha “accettato” questa sorta di dualità della propria personalità e del proprio vissuto, non potendo determinare con certezza quale sia la verità a causa del “regalino” di Feriy, per andare avanti cercando di non impazzire. In quest’ottica, chiaramente, scoprire di essere un’altra cosa ancora (prima umano, poi mannaro, poi mezzelfo… insomma ne ha passate) lo porterebbe a “regredire” al trauma precedente spiazzandolo ancora una volta sull’incertezza della propria identità. Questo per quanto riguarda la parte del “colpo a livello psicologico”. Il “tassello mancante che fa quadrare tutto” invece immagino sia proprio Mahtar che nel risvegliarsi, per forza di cose, convivrà con Urur chiarendogli qual’è la propria natura (suppongo anche con il supporto degli altri Drakaal ovviamente) arrivando, finalmente, a mettere un punto chiaro sulla questione “chi sono veramente io?”.

2 - I post:

a) FERITA EMOTIVA: [Balsjord - Campagne] È una bella giornata, il sole splendo alto nel cielo limpido ed una brezza fresca tira dal mare verso l’entro terra. Un giorno perfetto per far sudare le nuove leve che sono state assegnate alla guarnigione di Balsjord. E chi meglio di lui, il Comandante stesso della guarnigione, per portarli fuori dalla cittadina completamente equipaggiati, gli zaini affardellati con tutto l’occorrente per restare in operazione almeno due giorni, per una bella e sana marcia zavorrata atta a testarne la resistenza fisica, oltre che la tempra e lo spirito. Ovviamente è alla testa della colonna che si snoda dietro di lui, una cinquantina di uomini divisi in due squadre di pari numero, entrambe guidate da un soldato scelto. Stanno procedendo verso l’entro terra e non si volta a guardarli, li ha già spronati poco prima e ora è intenzionato a spremerli per bene per saggiarne la determinazione. Non pensa ad altro al momento, concentrato in quel compito di scrematura ed anche nel continuare quella silenziosa discussione mentale con Mahtar, ripetendogli che no, al momento non possono mangiare chi eventualmente verrà scartato sebbene il mezzelfo stesso disprezza la debolezza. Proprio in quel momento, all’improvviso, avverte inaspettatamente quella bruttissima sensazione. Come una martellata al petto, una in fronte ed un calcio alla bocca dello stomaco contemporaneamente. Per un momento gli manca il fiato, mentre inizia ad avvertire rabbia mista a dolore. Sensazioni non sue ma che percepisce e prova chiaramente, come altrettanto chiaramente percepisce da chi arrivano. Digrigna i denti reagendo istintivamente a quello stimolo emotivo, scansandosi di lato rispetto alla colonna [Proseguite] ringhia solo quell’ordine, con la voce che sulla fine si incrina appena. Deglutisce mentre il dolore prende il sopravvento sulla rabbia iniziando a dilaniarlo. Inspira a fondo e molla lo zaino a terra, lo sguardo che si volge a Nord, verso Asarn mentre sfrutta la cavigliera per contattare la sorella, fonte di quel dolore, per assicurarsi del suo stato e, sicuramente, raggiungerla di li a breve.

b) FERITA FISICA: [Balsjord - Ufficio Comandante] Fuori è buio, buio pesto a dire il vero. Le nuvole coprono stelle e luna e lui, tanto per cambiare, è immerso fino al collo nel lavoro. Chiuso nel suo ufficio, nella caserma di Balsjord, con svariate scartoffie sparse sulla scrivania. Nessuna candela accesa, tanto non ne ha bisogno. Un vantaggio comodo quello di poter vedere perfettamente al buio, un vantaggio che ha ritrovato con estremo piacere da quando s’è risvegliato Mahtar. Un pò meno piacevole è cercare di concentrarsi sul lavoro da portare a termine mentre l’altro lamenta fame, insofferenza allo starsene chiuso là dentro ad occuparsi di cose inutili, a ribadire la propria volontà di uscire all’aria aperta calpestando la terra ed i prati invece delle mura artificiali [Ho capito… dannazione devo chiudere la questione ti ho detto!] sbotta all’improvviso, parlando da solo come i matti. Un ringhio infastidito, quella è solo la risposta del drago seguita poi da uno sbuffo sonoro [L’ultima e…] si interrompe all’improvviso. Non è solo li a Balsjord, ci sono anche gli altri fratelli e la sorella. Quello che l’ha interrotto è un dolore acuto, fisico, che sente distintamente ma che non lo riguarda in prima persona. Un secondo ringhio, di rabbia mista a dolore, più forte del primo mentre scatta in piedi all’istante. Quasi scaraventa di lato la scrivania mentre si precipita verso la porta dell’ufficio. La apre, anche quella quasi scardinandola, e si getta all’esterno iniziando a correre come un forsennato per i corridoi, cercando l’uscita della caserma. Uno di loro è stato ferito gravemente, sa chi è, sa dove e come è stato ferito, sa dove trovarlo. Fortunatamente è notte e non dovrebbe trovarsi nessuno fra i piedi, meglio per quel nessuno. Continua a correre a perdifiato cercando di raggiungere quanto prima il palazzo della Governatrice dove, a quanto pare, sta succedendo qualcosa di molto brutto. Qualcuno se ne pentirà amaramente.

3 - Certamente.
a) Natura manifesta: la natura del drakaal si manifesta nel vero senso della parola tramite due segni visibili (oltre ad essere percepibili magicamente); questi possono essere vari, proposti dai player in sede di candidatura e valutati ovviamente dalla moderazione di razza. Occhi del colore del drago, scaglie visibili su porzioni del corpo, ombra deformata con tratti draconici ecc. Vista la natura del malus, questi non devono obbligatoriamente essere in parti del corpo visibili a tutti.
b) Orgoglio draconico: nel caso il pg venga ferito gravemente, o lo stesso capiti ad un pari razza, perde ogni forma di raziocinio a causa della paura di una nuova estinzione. Questo lo porta ad entrare in una sorta di stato di furia incontrollata nel quale il drago tenta di annientare ogni possibile minaccia, diventando, pertanto, pericoloso anche per i propri alleati.
c) Punto debole: per quanto forti ed inarrestabili i draghi hanno un punto del proprio corpo particolarmente vulnerabile, la parte inferiore dell’addome. Le scaglie sono sempre presenti, ma sono più sottili e deboli, più facili da penetrare. Se colpiti in quel punto subiranno danni maggiorati a discrezione del master, le skill di resistenza/robustezza NON possono ridurre tali danni.

4 - Vero. Se intendi cos’è la percezione magica innata: i drakaal sono in grado di percepire qualsiasi fonte magica, che sia un oggetto od un essere vivente. Nel primo caso la riuscita è a discrezione del master, nel secondo è automatica. Il fatto che possano percepire la fonte, però, non significa che possano identificare il tipo di magia o, eventualmente, che tipi di incantesimi sia in grado di castare la controparte. Riconoscono la magia dei pg di razza chiusa, ma non possono determinarne la natura. La percezione copre la location di gioco nella quale il pg sarà in grado di l’entità del potere e la distanza della fonte magica. Può anche distinguere tra la presenza di un singolo pg di razza chiusa ed un eventuale concentrarsi di queste entità.
Se, invece, intendi come reagirebbe Urur: sicuramente sarebbe un qualcosa di nuovo, da scoprire e conoscere. Ma, a quel punto, ci sarebbe anche l’ovvio supporto di Mahtar e, presumo, degli altri Drakaal.

5 - [Conca del Tuono - Podere Urur]{Innate} Ha deviato per qualche giorno dalla routine il nordico, allontanandosi da Balsjord per raggiungere Conca del Tuono. Precisamente la zona agricola della cittadina, là dove si trova quel podere di sua proprietà che da qualche tempo, ormai, non sta vivendo assiduamente. È sceso per recuperare alcuni dei propri averi ancora custoditi laggiù. Visto l’orario fatto, ormai pomeriggio inoltrato prossimo alla sera, ha deciso di fermarsi per la notte e ripartire solo l’indomani mattina col favore del sole. Ha comunque informato i membri della Loggia, tutti, dei suoi spostamenti così che sappiano, in caso di bisogno, dove trovarlo. Sta mangiando da solo, seduto al tavolino ed è concentrato solo ed esclusivamente sul proprio pasto. Abbondante, molto abbondante visto che sono in due ad avere una gran fame, tra lui e Mahtar. Di tanto in tanto si limita ad annuire o mugugnare qualcosa di incomprensibile, come se stesse rispondendo a qualcuno od a qualche proprio pensiero. Mastica lentamente la carne, senza alcuna fretta apparente, almeno fino a quando non avverte quella sensazione. È ancora abbastanza nuova e deve abituarcisi, eppure è inconfondibile. Anche perché Mahtar stesso richiama la sua attenzione su quel dettaglio. Le trame magiche sono smosse, percepisce una debole e lontana alterazione. Ma entrambe le cose restano tali per poco, difatti la fonte sembra farsi man mano più vicina, sempre più netta e ben percettibile [Si, si, lo sento… lo sento ho detto!] borbotta mollando il coltellaccio. Si alza in piedi e serra i pugni, perché l’oggetto di quella distorsione delle trame è sempre più vicino, fino a quando lo sente chiaramente, forte, a pochi passi. Aggrotta la fronte, sente bussare alla porta. Avanza lentamente, poi schiude l’anta di legno di scatto, col pugno destro sollevato e pronto a colpire. Si ferma giusto in tempo [Ah, Lars] riabbassa lentamente la mano riconoscendo l’altro [Che diamine ci fai qui? Vieni] lo invita ad entrare con un cenno del capo, facendosi poi da parte per lasciargli spazio.
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29/03/2023 12:33
 
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Mi sono scordata di scriverlo all'inizio ma, come per tutti, durante il periodo d'esame ti invito a copiare qui ogni role che ritieni significativa, o una role con un già razziato, motivando la scelta di inserirla nella candidatura.


Diciamo che al momento il PG ha “accettato” questa sorta di dualità della propria personalità e del proprio vissuto, non potendo determinare con certezza quale sia la verità a causa del “regalino” di Feriy, per andare avanti cercando di non impazzire. In quest’ottica, chiaramente, scoprire di essere un’altra cosa ancora (prima umano, poi mannaro, poi mezzelfo… insomma ne ha passate) lo porterebbe a “regredire” al trauma precedente spiazzandolo ancora una volta sull’incertezza della propria identità. Questo per quanto riguarda la parte del “colpo a livello psicologico”. Il “tassello mancante che fa quadrare tutto” invece immagino sia proprio Mahtar che nel risvegliarsi, per forza di cose, convivrà con Urur chiarendogli qual’è la propria natura (suppongo anche con il supporto degli altri Drakaal ovviamente) arrivando, finalmente, a mettere un punto chiaro sulla questione “chi sono veramente io?”.


1. Quello che non riesco a capire dalla tua risposta è come vedi l'identità del drakaal. Cioè, Urur e Mahtar sono due identità distinte e divise? Sono un'unica identità fusa? Argomentami questo, per favore.

2. Urur è un assassino che appartiene ad una Setta segreta, come vedi il suo percorso all'interno della gilda una volta drakaal? Pensi che cambierà? Perchè?

3. Collegandomi alla domanda sopra, indipendentemente dagli altri drakaal che già fanno parte di tale gilda, qual è la visione dello scopo di vita -e quindi di gilda- di Urur oggi? E come cambiarebbe da drakaal?

4. Hai scelto la Stirpe di Laegar, puoi spiegarmi i dettami della stirpe in questione e perchè si lega ad un pg come Urur?

5. Vorrei mi facessi dei post sulla trasformazione in drago, forma completa. Ti copio la skill, ma non voglio vedere solo la trasformazione in sè, quanti post vuoi -trasformazione compresa- in quella forma.
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30/03/2023 14:45
 
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Buongiorno.

1) Sono chiaramente due identità distinte e divise che “convivono” nello stesso corpo. Nel caso di Urur sono due entità simili, affini a livello psicologico e nella fisicità del loro essere, sebbene comunque ognuno abbia le proprie sfumature come esposto nella candidatura iniziale. Difatti abbiamo due “identità”: il Discendente (Urur); il Drago (Mahtar). Per farla breve, due entità che si equilibrano nello stesso essere (il PG/Drakaal che è discendente + drago).

4) La Stirpe di Laegar è quella caratterizzata dall’allineamento malvagio. Sono, per così dire, i “puristi” che considerano la razza dei draghi superiore a tutte le altre e disprezzano i mortali. Non li uccidono o sterminano indiscriminatamente per il semplice fatto che ne riconoscono una potenziale utilità, seppur resti come punto fermo l’inferiorità rispetto ai draghi. Li dominano e sfruttano per i propri scopi, li manipolano aizzandoli l’uno contro l’altro affinché si eliminino fra di loro. Uno degli obiettivi principali è il ripopolare la razza. Fra le tre stirpi mi è sembrata quella più affine al pg considerando il giocato fino ad ora (ad esempio riprendendo il discorso precedente dei dettami “distorti” della dottrina di Khorr come il sentirsi superiore a chiunque altro dimostrandolo nel sopraffarlo con la forza bruta, uccidendo).

2-3) Queste, per comodità, le riunisco in una sola risposta.
Allo stato attuale Urur milita nella Loggia perché attratto dalla possibilità di fare ciò che gli viene meglio e piace: uccidere. Oltre a questo è allettato anche dal potere offerto dalle tenebre, nell’ottica di essere ancora più forte e letale. Difatti il cambio di fede non ha modificato la psicologia alla base del personaggio, cioè il prevalere sugli altri schiacciandoli, semplicemente ha “incanalato” diversamente la cosa. Quindi abbiamo: potere per dominare gli altri + volontà di uccidere per piacere. Come cambierebbe tutto questo da Drakaal? Semplice: il potere delle tenebre è una possibilità da sfruttare per il bene della razza. Inoltre c’è anche la possibilità di avere il sostegno di un’organizzazione (aldilà della presenza degli altri Drakaal) da poter eventualmente gestire e manipolare, magari per eliminare elementi chiave nei regni dei mortali così da aizzare faide e/o guerre guidate come indicato al punto precedente. L’Urur mezzelfo approccia le tenebre per se stesso, l’Urur Draakal approccia le tenebre come potenziale strumento utile alla proliferazione e rinforzo della sua razza.

5) Di seguito i post.

[Campo di battaglia] E' silenzioso ed immobile il nordico, i pugni stretti ed i denti scoperti in un basso ringhio mentre osserva quell'esercito schierato nella piana di fronte a lui. E' notte, eppure quelli avanzano ancora intenzionati a portare avanti il loro obiettivo: mettere fine ai draghi, una volta per tutte. Li stanno combattendo da tempo ormai, con il conflitto che s'è esteso al Brehorn, coinvolgendone l'esercito. Ci sono state le prime scaramucce tra le armate, ma quella dei drakaal è in chiara inferiorità numerica. Nonostante ciò continuano a combattere. Il mezzo si trova ai margini della boscaglia, addosso solamente i calzoni e la camicia. A piedi nudi, che affondano nell'erba. Inspira a fondo mentre inizia ad avanzare pronto a fare il suo, come concordato con gli altri. Hanno un piano, o almeno avevano. Perché la sorella è testarda, s'è messa di nuovo alla testa dell'armata per salvare i fratelli e, improvvisamente, ne avverte il dolore per la ferita appena subita. Ringhia la propria rabbia, mista di Urur e Mahtar, poi è il secondo che prende il sopravvento. Cade carponi, ginocchia e mani a terra mentre lo sguardo infuriato resta fisso sull'armata nemica. Inarca la schiena mentre le dimensioni del corpo iniziano ad aumentare, braccia e gambe iniziano a mutare in zampe e le unghie ad allungarsi in tozzi artigli neri. Cresce in altezza, in larghezza ed in lunghezza. Il volto s'allunga in un muso che rimane, comunque, tozzo e fortemente squadrato. Le pupille assumo il caratteristico taglio verticale, l'iride d'un marrone scuro. Arriva a 6 metri al garrese, la coda tozza prende forma, con quelle creste puntute che sono il culmine delle tre che partono parallele dal cranio. Dietro la schiena le ali, che vengono schiuse. Le scaglie, sempre nere, ricoprono l'intero corpo, spine ossee costellano il muso, il collo e la sommità del corpo. Schiude le ali, spalanca le fauci ed emette un lungo ringhio rabbioso. {Trasformazione 1/1}

[Campo di battaglia]{Trasformazione 1/9} Quando l'eco di quel ruggito si spegne, il tozzo drago sta già avanzando. Tonfi pesanti con le zampe che s'abbattono sul terreno, compie qualche passo in avanti mentre batte le ali. E' tanto tozzo e robusto quanto pesante e resistente. Non basta il primo colpo d'ali, ce ne vogliono altri due per far si che quella mole non indifferente si stacchi finalmente dal suolo. Sbuffa l'aria fuori dalle narici mentre inizia a prendere quota, le zampe artigliate raccolte al di sotto del corpo. Macina i metri in aria, con colpi poderosi delle ali robuste, in una corsa sfrenata e quasi disperata verso quella schiera. La sorella si trova al centro dello schieramento, lo sa. Così come sa che quegli uomini sono muniti di strumenti ed armi in grado di abbattere un drago. Ma lei è in pericolo. Prende quota, sollevandosi maggiormente, continuando ad avanzare verso il centro nemico. Hanno scelto di attaccare di notte appositamente, loro ci vedono bene nonostante le tenebre, a differenza degli uomini. Lo sguardo scorre sulla calca in basso, le due armate che ora si stanno separando. Ruggisce nuovamente con forza mentre inizia ad inclinarsi in avanti, puntando il muso verso il basso. Verso il nemico. Prende velocità, abbassandosi di quota perpendicolare rispetto al fronte degli uomini. L'obiettivo è sgombrare la zona di fronte alla sorella, prima di tutto. Quando è abbastanza basso le frecce iniziano a fischiare attorno a lui, anche i giavellotti quando s'abbassa ancora. Qualcuna lo raggiunge pure, ma non ci bada ora. Risponde spalancando le fauci per scatenare il soffio elementare. Sorvola velocemente la schiera nemica mentre terra e sassi vorticano contro gli uomini, scatenati dalla manifestazione fisica del suo elemento. Soffia sull'intera profondità dello schieramento, tornando a sollevarsi subito dopo per riprendere quota ed iniziare ad allontanarsi, per ora, dalle frecce avversarie. {Soffio elementale 1/3}

[Campo di battaglia]{Trasformazione 2/9 – Soffio 2/3} Lascia dietro di sé i feriti mentre si risolleva dal terreno, le zampe ancora raccolte sotto al corpo massiccio. Vira verso la propria destra, compiendo un ampio giro per piazzarsi in alto, parallelo a quella lunga fila di uomini che si snoda di fronte a lui. Alla sua sinistra l'armata della sorella, davanti il nemico. Torna a puntare il muso verso il basso, come poco prima. Un battito poderoso delle ali mentre s'inclina in avanti e prende nuovamente velocità in una seconda picchiata mortale. Brama il sangue di chi ha osato sfidarli, di chi ha la presunzione di ergersi ad uccisore di draghi. Un grosso arpione gli sibila vicino l'ala destra. Reagisce con un terzo ruggito che tuona nella notte e, come prima, le fauci restano schiuse mentre soffia nuovamente su di loro. Ancora terra e sassi che s'abbattono sugli uomini ora che è parallelo al terreno. Tiene il muso leggermente inclinato in avanti per continuare a soffiare tutta la propria rabbia nel tentativo di ammazzarne o ferirne quanti più possibile. Le ali schiuse, un battito ogni tanto per mantenere stabile l'altitudine e continuare, al contempo, ad avanzare lungo tutta l'ampiezza dell'assembramento avversario. Come prima, non appena si lascia l'estremità finale di quello schieramento alle spalle torna a battere con maggior forza e frequenza le ali nel tentativo di rialzarsi e prendere nuovamente quota. Non esegue, però, la stessa manovra di poco prima. Stavolta si allontana maggiormente dallo schieramento prima di virare verso la propria sinistra ed eseguire nuovamente un mezzo giro, così da ritrovarsi di nuovo i cacciatori frontalmente.

[Campo di battaglia]{Trasformazione 3/9 – Soffio 2/3} E' abbastanza lontano, per ora, per concedersi una veloce occhiata verso l'armata della sorella. Continua a sentirne il dolore, così come ne percepisce la rabbia. E' viva e questo è un bene. Ma chi ha osato ferirla deve ancora pagare, il Nero, il Distruttore, ha solo iniziato a presentargli il conto. Come lui percepisce la rabbia degli altri, lo stesso avviene al contrario. E lui è rabbia, ferocia, pura. Determinato a portare la morte, a prendere tutte quelle vite, a distruggerle e schiacciarle. Lo sguardo torna sulla schiera degli uomini, vede agitazione mentre torna a calare dal cielo nero quasi quanto lui. Una sagoma più scura che scivola verso il basso, accompagnata dallo schiocco del battito delle ali. Ha tempo, forza e volontà per combattere e lo farà. Stavolta, infatti, non sorvola lo schieramento nemico ma impatta con forza sul terreno. Un tonfo sordo quando atterra sul fianco dell'armata avversaria. Poco oltre gli uomini che, invece difendono i draghi, sono tornati all'attacco ma, al momento, non ci bada. Solleva appena la coda puntuta, le ali ora raccolte e le zampe anteriori ben piazzate a terra mentre protende in avanti il muso, in direzione di quei cacciatori di draghi che stanno metabolizzando la sua presenza. Torna a schiudere le fauci, ma stavolta non soffia. Ruggisce ed avanza iniziando a procedere sul terreno con le tozze zampe. Solleva il muso squadrando quelli che s'avvicinano, ora presi su due fronti, e poi cala. Le zanne si chiudono attorno al busto del primo che gli capita a tiro, serrandosi con forza. Una scrollata feroce verso la propria destra e riapre le fauci, scagliando via il malcapitato azzannato poco prima.

[Campo di battaglia]{Trasformazione 4/9 – Soffio 2/3} Le frecce iniziano a turbinare attorno a lui, alcune rimbalzano o scivolano sulle scaglie, qualcuna lo ferisce così come i giavellotti ma il dolore serve solo ad alimentare la sua rabbia, ad accrescere la ferocia con la quale continua ad avanzare in mezzo a loro seminando morte e distruzione. Ha scelto appositamente di atterrare sul fianco dello schieramento, così da rendere difficile a quelli allargarsi attorno a lui ed impiegare le armi pesanti ed, al tempo stesso, cercare di poter arrecare quanti più danni possibili. Solleva la zampa destra cercando di sfruttare gli artigli robusti per falciare gli uomini di fronte a lui. Un colpo orizzontale, dalla propria destra verso sinistra. Neanche sente l'impatto, folle di rabbia. Gli basta vedere i corpi cadere e contorcersi a terra. Quando riporta la zampa a contatto con il terreno torna a sollevare un poco il petto ed il muso, mentre il ventre è basso e vicino al suolo. Protegge il proprio punto debole, dopotutto è infuriato ma non stupido. Una veloce occhiata per valutare la situazione, con gli uomini che stanno tornando ad avanzare per colmare quel vuoto momentaneo creato di fronte al lui dall'artigliata di poco prima.

[Campo di battaglia]{Trasformazione 5/9 – Soffio 3/3} Forse vogliono accerchiarlo, come se quello potesse bastare. In ogni caso, è lungo una ventina di metri e con il concomitante attacco della sorella gli ci vorrà del tempo per arrivare, eventualmente, a completare la manovra. Tempo che, ovviamente, non ha alcuna intenzione di dargli. Li martella, cercando di pressarli e non dare spazio ad una reazione vera e propria. Tiene ancora il muso alto, ora le zampe ben piantate a terra e torna, per la terza volta, a schiudere le fauci per soffiare contro di loro. E' un vortice caotico, ancora una volta di terra e sassi che vengono scagliati contro gli uomini di fronte a lui. A differenza di prima, però, non si limita a starsene fermo concentrando quell'emanazione elementale solo di fronte a lui. Muove il muso verso destra e poi verso sinistra, un movimento alterno con l'intento di "diffondere" in un ampio raggio di fronte a sé il vortice mortale così da poter investire quanti più avversari possibili.
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31/03/2023 13:04
 
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Sono chiaramente due identità distinte e divise che “convivono” nello stesso corpo.


No. Dopo ti sei spiegato ed ho capito cosa intendi, è giusto, ma non potevo non correggere questa prima frase che lascia adito a troppi errori d'interpretazione. Non condividono solo il corpo, condividono l'anima e l'essere. E' vero, come dici, che possono avere sfumature caratteriali anche molto diverse, vero che entrambi sono dotati di raziocinio e possono addirittura avere idee diverse su qualcosa ogni tanto ma sono esattamente la stessa cosa, al fine. Fusi perfettamente. Ovvio che la fusione perfetta tra i due esseri può venire giocata a seconda del percorso del pg. Cioè come qualcosa che è sempre "mancato", l'ultimo tassello che dal momento che si risveglia si fonde di già o come un percorso di crescita in gioco che richiede qualche tempo. Ma nonostante le varie sfumature di gioco sono identità distinte ma mai divise.

Solo un piccolo appunto sui post che magari è anche giusto tu non sappia ad ora, ma ti avviso. Il turno di trasformazione è solo uno, il primo, per gli altri invece di scrivere {Trasformazione 1/9}, meglio scrivere {Forma Drago 1/9} o {Forma Ancestrale 1/9}.

Stavo rileggendo i segni particolari che hai scelto e "occhi d'un marrone molto scuro" mi sa un po' poco, non è un colore così raro tipo il dorato che può essere considerato un segno visibile dell'identità draconica. Che ne dici, se ti interessa il colore degli occhi, di una cosa tipo "occhi che contengono ogni sfumatura castana del colore della terra"?

1. Come pensi si porrebbe Urur con gli altri Draghi? Ma soprattutto, pensi che il rapporto con gli appartenenti ad altre razze cambiarebbe radicalmente rispetto ad ora?

2. Cosa conosce Urur dei Draghi attualmente?

Ti chiedo di scrivere qualche post con scenari che ti indico.

- Urur drakaal viene scoperto nella trasformazione in drago da Lars (scusa Lars, ti uso solo perchè conosci il pg in questione da tempo. NO BAN).

- Urur mezzelfo viene coinvolto in un'imboscata notturna con Nayl, Zahira e Amyria. Stanno scoccando frecce dirette ad Urur, Zahira e Nayl.

- Stesso scenario sopra ma con Urur drakaal.
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05/04/2023 17:56
 
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Re:

No. Dopo ti sei spiegato ed ho capito cosa intendi, è giusto, ma non potevo non correggere questa prima frase che lascia adito a troppi errori d'interpretazione. Non condividono solo il corpo, condividono l'anima e l'essere. E' vero, come dici, che possono avere sfumature caratteriali anche molto diverse, vero che entrambi sono dotati di raziocinio e possono addirittura avere idee diverse su qualcosa ogni tanto ma sono esattamente la stessa cosa, al fine. Fusi perfettamente. Ovvio che la fusione perfetta tra i due esseri può venire giocata a seconda del percorso del pg. Cioè come qualcosa che è sempre "mancato", l'ultimo tassello che dal momento che si risveglia si fonde di già o come un percorso di crescita in gioco che richiede qualche tempo. Ma nonostante le varie sfumature di gioco sono identità distinte ma mai divise.



Rileggendo la mia risposta, effettivamente, ho esposto la cosa un pò troppo frettolosamente lasciando spazio ad eventuali fraintendimenti. Intendevo ciò che hai espresso in maniera decisamente più chiara tu, pardon.


Solo un piccolo appunto sui post che magari è anche giusto tu non sappia ad ora, ma ti avviso. Il turno di trasformazione è solo uno, il primo, per gli altri invece di scrivere {Trasformazione 1/9}, meglio scrivere {Forma Drago 1/9} o {Forma Ancestrale 1/9}.



Un vecchio refuso da Mannaro, chiedo venia. Prendo nota e correggerò, eventualmente, per il futuro :D


Stavo rileggendo i segni particolari che hai scelto e "occhi d'un marrone molto scuro" mi sa un po' poco, non è un colore così raro tipo il dorato che può essere considerato un segno visibile dell'identità draconica. Che ne dici, se ti interessa il colore degli occhi, di una cosa tipo "occhi che contengono ogni sfumatura castana del colore della terra"?



Direi: "assolutamente si!".
Avendo, al momento, il PG gli occhi di un azzurro molto chiaro mi ero limitato al semplice cambio di colore... Ma la tua proposta è decisamente più bella e completa! Ti ringrazio per lo spunto :)


1. Come pensi si porrebbe Urur con gli altri Draghi? Ma soprattutto, pensi che il rapporto con gli appartenenti ad altre razze cambiarebbe radicalmente rispetto ad ora?



Bhè, con gli altri draghi ovviamente ci sarà la natura che condividono ad unirlo a loro. Questo non significa che il carattere burbero e scontroso del PG svanisca magicamente nel nulla, ma ovviamente saranno tutti fratelli e sorelle. Considerando pure il fatto che la maggior parte di loro, in pratica, già la conosce. La stessa cosa, ovviamente, vale per chi non conosce già ed eventualmente conoscerà.

Per quanto riguarda le altre razze: allo stato attuale il PG disprezza particolarmente Goblin ed Elfi (per via del suo passato immaginario dovuto alla maledizione/reale ed al giocato negli anni) mentre le altre razze gli risultano per lo più indifferenti. Diventando un drago saranno TUTTI, senza alcuna distinzione, considerati esseri inferiori. Al massimo utili per raggiungere uno scopo personale, da sfruttare ed abbandonare o uccidere o lasciar morire indifferentemente.


2. Cosa conosce Urur dei Draghi attualmente?



Nulla oltre le dicerie ON game riguardanti gli accadimenti del Brehorn.


- Urur drakaal viene scoperto nella trasformazione in drago da Lars (scusa Lars, ti uso solo perchè conosci il pg in questione da tempo. NO BAN).



[Somewhere] E' successo qualcosa, qualcosa di brutto che ha fatto infuriare Mahtar. Al punto da scatenare l'essenza del drago. La rabbia che prova l'uno è condivisa dall'altro, in questo caso dal mezzo che si lascia andare, che lascia il controllo al Distruttore. Cade carponi a terra, gli occhi che si chiudono mentre il corpo inizia ad aumentare di dimensioni. Le unghie di mani e piedi s'allungano iniziando a prendere la forma di tozzi, ma robusti, artigli color nero, mentre gli arti superiori ed inferiori s'ingrossano mutando in robuste zampe. Scaglie nere come la pece iniziano a ricoprire l'intero corpo del Drakaal mentre dalla schiena spuntano le ali e dal coccige la coda che prende forma. Il volto s'allunga in un muso tozzo e fortemente squadrato, ricoperto di escrescenze ossee. In particolare prendono forma le tre creste ossee che corrono, parallele, lungo tutta la schiena del drago fino ad arrivare alla coda che ricoprono in una spirale. L'estremità di quella pare una tozza mazza, con spuntoni ossei collegati fra loro da membrana alare. Sempre più grosso, raggiunge l'altezza di sei metri al garrese ed una lunghezza complessiva di venti metri. Non è sinuoso ma, nel complessivo, è tozzo e robusto. {Trasformazione 1/1}

[Somewhere]{Forma Drago 1/9} Finalmente è libero, in tutta la propria maestosa massiccità. Nero come la notte. Le pupille dal taglio verticale si muovono osservando la zona circostante, assieme alle iridi d'un marrone intenso che pare contenere tutte le sfumature possibili del colore della terra. Scivola brevemente sul prato nel quale si trova, inizia ad avanzare ma, improvvisamente, si blocca. Lo sguardo e l'attenzione che si fissano su una figura familiare, al margine della radura. E' Lars, lo riconosce quasi immediatamente. Non è troppo lontano, due o tre metri, ed è immobile sul posto, con uno sguardo apparentemente attonito sul volto pallido. Schiude le fauci il drago. Conosce da tempo il Drakul, ma questo non cambia le cose. Chiaramente quello ha appena scoperto il suo segreto. Proprio perché lo conosce da tempo, sa che sicuramente un informazione del genere non è al sicuro se in suo possesso. Inoltre non può permettersi che il segreto della loro esistenza venga divulgato mettendo, potenzialmente, a rischio l'intera razza. Non perde tempo, quindi, a cercare di risolvere immediatamente il problema. Direziona il muso verso il Drakul poi, con le fauci aperte, soffia contro di lui per scatenare la furia elementale sotto forma di quel vortice di terra e sassi che dovrebbe andare ad investire il non morto. Lo eliminerà, senza alcuna esitazione, prima di proseguire oltre. {Soffio elementale 1/3}


- Urur mezzelfo viene coinvolto in un'imboscata notturna con Nayl, Zahira e Amyria. Stanno scoccando frecce dirette ad Urur, Zahira e Nayl.



[Somewhere di notte - Mezzelfo] Stanno avanzando in silenzio, in gruppo. Non sono troppo vicini, per evitare di offrire un facile bersaglio, ma neanche troppo lontani fra loro per evitare di perdersi di vista o confondere uno degli appartenenti della Loggia con un eventuale nemico. Vestono di scuro, bardati in quelle divise color nero e con le maschere indossate a celare i tratti del volto. Sono in quattro: lui, Nayl, Zahira ed Amyria. Non parlano, per evitare di fare rumore e tradire la loro presenza. Se devono dirsi qualcosa, lo fanno tramite la cavigliera. Accade tutto velocemente. Un primo sibilo nella notte, seguito da un tonfo sordo poco davanti al mezzelfo. Quando abbassa lo sguardo sul terreno di fronte a sé ci mette qualche momento per rendersi conto di cosa l'ha prodotto. Una freccia ["Ci attaccano!"] Ringhia tramite la cavigliera per mettere in allarme le altre tre. Poi iniziano a sentirsi altri sibili. Difficile dire da dove vengano, ma sembrano concentrarsi attorno a lui, Zahira e Nayl ["Allontanati subito, non ti hanno vista! Non azzardarti a metterti in mezzo!"] Si rivolge, sempre tramite la cavigliera, ad Amyria. Scatterebbe a protezione di lei soltanto, se non fosse che teme di metterla, al contrario, in pericolo essendo lui stesso bersaglio di quelle frecce ["Disperdetevi, non stiamo vicini e cerchiamo di capire dove si trovano!"] Stavolta parla a Nayl e Zahira, prendendo a spostarsi lontano da loro per cercare di individuare e contrastare la minaccia incombente.


- Stesso scenario sopra ma con Urur drakaal.



[Somewhere di notte - Drakaal] Stanno avanzando in silenzio, in gruppo. Non sono troppo vicini, per evitare di offrire un facile bersaglio, ma neanche troppo lontani fra loro per evitare di perdersi di vista o confondere uno degli appartenenti della Loggia con un eventuale nemico. Vestono di scuro, bardati in quelle divise color nero e con le maschere indossate a celare i tratti del volto. Sono in quattro: lui, Nayl, Zahira ed Amyria. Non parlano, per evitare di fare rumore e tradire la loro presenza. Se devono dirsi qualcosa, lo fanno tramite la cavigliera. Accade tutto velocemente. Un primo sibilo nella notte, seguito da un tonfo sordo poco davanti al mezzelfo. Quando abbassa lo sguardo sul terreno di fronte a sé inquadra subito l'oggetto che l'ha prodotto. Una freccia ["Ci attaccano!"] Ringhia tramite la cavigliera per mettere in allarme le altre tre. Poi iniziano a sentirsi altri sibili. Difficile dire da dove vengano, ma sembrano concentrarsi attorno a lui, Zahira e Nayl ["Allontanati subito, non ti hanno vista! Non azzardarti a metterti in mezzo! Ad Athan ci penso io!"] Si rivolge, sempre tramite la cavigliera, ad Amyria. Una veloce occhiata verso di lei per assicurarsi che non si stia, effettivamente, spostando a mettendo in pericolo quindi sposta l'attenzione su Nayl. Ignora Zahira, di certo fra tutti è l'unica sacrificabile. Si sposta, invece, cercando di raggiungere il fratello ["Via! Dietro di me, cerchiamo riparo e ammazziamo questi idioti!"] Sempre tramite la cavigliera, cercando di farle scudo con il proprio corpo e guadagnare, così, un riparo per entrambi prima di muoversi cercando di individuare gli aggressori ed eliminarli. Solo dopo essersi assicurato, ovviamente, che anche Amyria sia al sicuro.
[Modificato da Urur 05/04/2023 17:57]
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06/04/2023 11:54
 
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Puoi evidenziarmi e motivarmi le differenze tra gli ultimi due post che hai formulato?
Quelli dell'attacco, prima mezzelfo e poi drakaal, per intenderci.
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06/04/2023 13:20
 
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Fondamentalmente la differenza è dettata, chiaramente, dal fatto che nel primo post è ruolato un Urur mezzelfo mentre nel secondo un Urur drakaal.

Per quanto riguarda Urur mezzelfo: Nayl e Zahira sono dei compagni di gilda, quindi li accomuna quell’appartenenza, mentre nei confronti di Amyria il pg è legato in maniera più intima. Di conseguenza la sua preoccupazione principale è salvaguardare Amyria, alla quale però non si avvicina per non metterla in pericolo essendo egli stesso bersaglio del tiro nemico.
Nei confronti delle altre due si limita a quelle frasi per andare, poi, a muoversi cercando di eliminare la minaccia avversaria.

Per quanto riguarda Urur drakaal: la situazione assume un aspetto completamente differente. Prima di tutto il legame più forte è quello che ha nei confronti di Amyria e Nayl in quanto pari razza, Zahira assume semplicemente l’aspetto di utile diversivo perfettamente sacrificabile nel tentativo di salvaguardare Hayra ed Athan. Avendo visto che la prima non è bersagliata e sapendo che non esiterebbe a rischiare la propria vita per salvare gli altri due in quanto è la Prima di tutti loro (visti anche i precedenti di giocato ON, dove l’ha vista soffrire per la scomparsa di Sael/Salion ed ora comprenderebbe cosa ha provato e perché l’ha provato), si azzarda a darle quella sorta di ordine (chiaramente perché preoccupato per lei ed ancor più intimamente legato rispetto a quanto accennato sopra per l’Urur mezzelfo) cercando di tenerla lontano dallo scontro. Si fa avanti per recuperare Athan nel tentativo di metterlo al sicuro ed evitare danni a tutti loro.
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08/04/2023 14:50
 
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Direi che per me può bastare.
Ritengo il candidato idoneo al cambiorazza.

Attenderei un attimo per effettuarlo, giusto per darti il tempo di aumentare l'attività. Ho già controllato comunque questo mese ed hai le giocate minime per la razza chiusa, ma è giusto per farmi stare tranquilla 😋

Visto il livello alto del pg, però, ti chiedo di aspettare a prendere la skill trasformazione completa fino ad un mio futuro avviso cosicchè Urur come tutti gli altri possa avere un percorso coerente in grado di portarlo alla capacità di trasformazione in Drago anche al di fuori della Via del Nord.

Benvenuto e buona Pasqua!
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10/04/2023 14:27
 
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Ricevuto, grazie mille!

:D
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18/05/2023 12:31
 
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