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Candidatura Vidar

Ultimo Aggiornamento: 17/01/2022 09:47
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Ed eccomi qui. Come d’accordo con la gestione posto di seguito la candidatura di Vidar alla razza mutaforma, sperando di non aver commesso errori che mi facciano meritare la crocifissione per direttissima.


Demone Genitore
Nome: Vorus
Stirpe della vendetta
Forma demoniaca: sconosciuta

Vorus è un demone che vive esclusivamente per sé stesso e per il proprio personale appagamento. Dotato di un ego smisurato, non si pone alcun tipo di problema ad assumere forme diverse pur di soggiogare e prevalere sugli umani che considera meri strumenti utili solamente ai propri scopi, usandoli senza alcun tipo di remora o ritegno per poi arrivare a abbandonarli a loro stessi o ucciderli una volta esaurita la loro utilità. Estremamente orgoglioso, trae il proprio più intimo piacere dal compimento di una vendetta, addirittura agevola, con una sorta di sadico godimento, con parole o gesti l’essere umano che a lui si dovesse avvicinare condividendo tali intenti nei confronti di un rivale, solamente per osservare come il desiderio di rivalsa porti a una conclusione sempre tragica. Quando questo non accade, invece, si fa lui stesso creatore di un motivo per scatenare faide e liti tra famiglie e villaggi, innescando solamente la scintilla necessaria per poi rimanere in disparte a godersi i risultati di quanto seminato con tanta cura.

Non esiste miglior vendetta della felicità. Far vivere la gioia, nutrirla e vederla nascere, e solo allora calare la lama di un rasoio

Orst era abituato al freddo clima del nord nel quale viveva come la gran parte degli uomini che si trovavano a rifuggire la placida vita di stenti offerta da quei luoghi aridi e spogli, preferendo di gran lunga la vita da soldato che anni prima si era scelto, cercando fortuna come mercenario. Circa trent’anni ben portati, un fisico imponente che lo faceva assomigliare ad un orso dalla lunga capigliatura corvina, non ci mise molto a scalare la gerarchia della compagnia di ventura cui si era unito, mettendoci solamente qualche anno per arrivare al suo vertice, complice la morte del precedente comandante ucciso durante una battaglia. Di faida in faida, di battaglia in battaglia si spostava quella che tutti conoscevano come la Compagnia Nera, scortando carri di mercanti o assaltando villaggi e contee per conto di un signore della guerra o di un capovillaggio rivale, eseguendo ogni ordine senza battere ciglio ma attenendosi a un rigido codice che imponeva a tutti gli appartenenti il divieto di toccare donne e bambini se non strettamente necessario. Un onore che andava mantenuto e che contribuì in un paio d’anni a rendere il nome di Orst conosciuto e rispettato in buona parte di quella regione fredda e inospitale, facendogli infine ottenere l’incarico che segnò l’inizio di quel che fu la sua fine. Venne avvicinato inizialmente da un messo, in una giornata come tante all’interno di quella valle che solitamente la compagnia usava per passare l’inverno in vista di una primavera carica di guadagni, un messo le cui parole diedero da pensare al nordico per qualche giorno. La proposta verteva infatti su un assalto da compiere ai danni di una contea che troppo velocemente, almeno secondo il gruppo di persone che quel messaggero rappresentava, stava espandendo la propria sfera di influenza e che proprio grazie a quella rapida crescita minacciava di danneggiare il precario equilibrio che da qualche mese era stato raggiunto dopo anni di sangue e battaglie. Quel che nei giorni a venire mantenne occupata la mente di Orst e che tanto lo fece oscillare su quella scelta fu la ricognizione che fece eseguire a uno dei suoi più fidati uomini, mandandolo in avanscoperta e facendolo curiosare, travestito da semplice mercante, all’interno delle mura di Hellesylt, la contea indicata come obbiettivo. Quanto gli venne riportato dal suo uomo, di fronte a un boccale di birra, consisteva in difese troppo solide per una compagnia di mercenari priva di qualsiasi macchina da assedio infatti, e un nutrito numero di uomini in arme fedeli al Conte appena succeduto all’interno del governo della città, un uomo a detta delle voci carismatico e che la popolazione amava, tornato dopo un lungo peregrinare al Sud e che dopo la morte del padre gli era succeduto al potere, con buona pace e plauso delle più antiche famiglie del luogo. Tali obiezioni vennero mosse al messo, che tornato dai suoi padroni si ripresentò qualche giorno dopo, come d’accordo, offrendo l’ausilio di un ariete e di uomini in grado di usarlo, oltra a una cinquantina di soldati con i quali affiancare la Compagnia Nera. Una stretta di mano sancì l’accordo raggiunto, con la promessa che gli uomini messi a disposizione non si sarebbero lasciati andare a violenze di sorta nei confronti di donne o infanti, ma che avrebbero piuttosto eseguito senza fiatare gli ordini del nordico capo di quella compagnia di ventura.

I mesi passarono e l’inverno lasciò posto ai primi assaggi di primavera, e secondo i patti si mosse Orst, presentandosi al riparo del limitare del bosco, prossimo all’obbiettivo, con tutte le sue forze, circa cento uomini, dove incontrò l’aiuto promesso: un robusto ariete e un nutrito contingente di soldati inviatogli bene armati e senza vessilli cui ripetè il piano che consisteva nell’attaccare il cancello principale eliminando ogni resistenza prima di assaltare il palazzo principale. L’ordine venne dato e pochi colpi della pesante arma d’assedio, per quanto rudimentale, bastarono a scardinare l’ingresso di Hellesylt, lasciando liberi i mercenari in testa di sopprimere un esercito che ancora stava nascendo, formato da uomini fedeli ma ancora non sufficientemente addestrati che capitolarono presto davanti all’esperienza maturata in anni di battaglie. Tutto stava andando secondo i piani, la Compagnia Nera stava dando sfoggio di quell’onore che ne aveva reso celebre il nome e Orst, che personalmente partecipava ad ogni assalto, si prese un momento in mezzo a tutta quella confusione per meglio osservare la piazza che via via si faceva sgombra al passaggio dei suoi uomini. Fu allora che lo vide. Uno dei soldati inviatogli come rinforzo era carponi e riverso su una donna, i calzoni calati e la mano che pesante si abbatteva sul volto della malcapitata, rigato di lacrime e pesto a causa delle percosse subite che non accennavano a fermarsi. Bastarono pochi passi del nordico e un calare della larga spada ad una mano che era solito usare per tagliare la testa a quel vile, interrompendo la violenza in atto ma non ricucendo lo strappo che si era appena creato tra gli uomini al suo comando, troppo profondo per passare inosservato. I soldati giunti in rinforzo infatti, visto il loro compagno ucciso, si rivoltarono contro chi erano venuti ad aiutare, impegnando in uno scontro sanguinoso i membri della Compagnia Nera che seppur forti nel numero erano stanchi nel loro essere stati la prima linea di attacco. Il parapiglia non fece altro che rinsaldare il morale distrutto delle forze in difesa dalla città, che si gettarono nella mischia oramai diventata una carneficina insensata dove indiscriminatamente venivano passati a fil di spada donne, uomini e bambini, un massacrò che mandò in fiamme buona parte della città e che costrinse Orst a fuggire dopo aver appreso che il signore locale non si trovava lì, bensì in una vicina città, intento a saldare rapporti diplomatici con membri nobili. Sconfitto, con appena una trentina di uomini rimasti, l’onore e il buon nome tanto faticosamente ottenuti distrutti in una manciata di ore, il nordico si ritirò senza più combattere per tutta la primavera e l’estate, rifiutato da chi solo qualche mese prima lo trattava con rispetto e inorridito da quanto visto in quell’ultima, tragica battaglia.

Non vi è cosa più intima che guardare negli occhi un uomo morente, sapendo di avergli portato via ogni cosa, beandosi di quella disperazione prima di togliergli anche l’ultimo respiro

Seppellì la spada Orst, unendosi ad un piccolo e pacifico villaggio di poco meno di cinquanta anime, nel quale la sua forza e il suo carattere gli garantirono presto la carica di capovillaggio e un matrimonio felice con la donna della quale si era innamorato, una vita finalmente tranquilla e lontana da quegli orrori che tanto profondamente lo avevano segnato e che durante la notte lo venivano a trovare, trasformando il riposo in orrendi incubi dai quali si risvegliava urlando. I giorni scorrevano placidi, uno dopo l’altro tutti uguali, fatti di piccole riparazioni e battute di caccia, giorni nei quali il più grande dei problemi era aiutare gli uomini a tagliare un albero, o cacciare un cinghiale particolarmente combattivo. Proprio durante una di quelle battute di caccia venne trovata la vecchia Yrin, un’anziana signora che vagava svampita all’interno del bosco con una sacca piena di erbe medicinali, vestita di stracci e frastornata a tal punto da non ricordare come fosse arrivata in quel luogo. Senza remore né pensieri il nordico la accolse nella sua comunità, lasciando che la vecchina vivesse quella serena esistenza che l’uomo si era scelto, pensando che una così fragile anima non potesse costituire peso né pericolo alcuna per quell’angolo di serenità che aveva trovato, isolato e lontano. Pochi mesi passarono, e la moglie di Orst rimase incinta, periodo nel quale la vecchia Yrin, svampita ma dotata nell’arte dell’erboristeria, assisteva la donna, aiutandola con decotti e infusi a sopportare i disagi di un parto che nello scorrere del tempo si faceva sempre più prossimo, vicinanza resa evidente dal ventre gonfio e sporgente e dal dolore che la donna cominciava a provare in maniera sempre più acuta, fino a che non giunse quella notte.

Nacque con il freddo dell’inverno, al termine di una gravidanza lunga e difficile. Un braciere a terra illuminava e riscaldava la grande stanza dove una donna, stesa su di un pagliericcio, gridava e piangeva, stringendo le mani di un uomo

-Resisti amore mio, gli Dei ci ascolteranno-

Un altro grido, una contrazione che sembrò spezzare il corpo della donna che, il fiato mozzato dal dolore guardava qualcosa di lontano, il dolore nel quale si era calata pur di portare al mondo quella nuova vita.

-Vedo la testa. Cara, voglio che spingi, adesso! –

Una donna più anziana assisteva la partoriente, una vecchia che aveva messo al mondo solamente figli non suoi non potendone avere e che ora, china, cercava di far nascere il frutto dell’amore della coppia che stava aiutando.
Un grido, i muscoli tesi, nervi e vene in rilievo come stessero per esplodere sotto la sofferenza di quell’ultima spinta, e poi il silenzio, interrotto solamente dalla legna ad ardere poco distante.

-Dimmi che sta bene –

Quasi un rantolo, una supplica quella della donna, stremata, gli occhi quasi febbricitanti dopo il travaglio ed il parto.

-Ti prego, dimmi che sta bene-

Un debole vagito, timido inizialmente, seguito da un pianto disperato, acuto, il grido di una nuova vita.

-Vostro figlio è stato toccato dagli Dei, la sua nascita è benedetta, guardate il suo occhio-

Tremante, la vecchia Yrin, si sollevò in piedi, sotto il peso dei suoi anni, con un fagotto tra le braccia, porgendolo alla donna ancora stesa che protendeva le braccia verso di lei.

-Ce l’hai fatta amore mio, è nostro figlio

La gioia più pura risplendeva nel volto dell’uomo mentre guardava quella nuova vita gridare la sua presenza al mondo, tanto ne era colmo il suo cuore che quasi non sentì la voce gutturale, ferma e autoritaria, proveniente dalle labbra decrepite di quella vecchia, due lettere che sole bastarono ad annientare tutta la felicità di quel momento

-No-

Un’ondata di sgomento, il terrore più puro invase e strinse il cuore di quell’uomo che decine di battaglie aveva visto e che ora si trovava a tremare, paralizzato dal terrore insieme alla moglie, inermi a tal punto da non riuscire nemmeno far uscire un filo di voce dalle labbra. Di fronte a loro la pelle di quell’amorevole e svampita anziana, che per mesi aveva vissuto nel loro villaggio, cominciò a stendersi, le ossa a spostarsi, rompersi e risaldarsi rapidamente mentre la cascata di canuti capelli bianchi che prima capeggiava sul suo capo lasciava spazio a lunghi capelli neri, quasi rasati ai lati, il viso assumeva le forme affilate di un volto maschile e quasi imberbe. Le palpebre di quella che una volta era Yrin si chiusero su quelle iridi stanche e smorte che solo un cielo plumbeo ricordavano, risollevandosi dopo poco per mostrare due occhi privi di iride e sclera, colmi di un giallo malevolo che pareva ridere del terrore dei due umani insieme alle labbra ora tese in un ghigno

-Non è tuo figlio Orst, guarda il suo occhio destro. Ricordi?-

In tono quasi dolce quella domanda venne posta, un lento assaporare di qualcosa aspettato e atteso e che finalmente si presentava di fronte a quello sguardo che sembrava provenire da un abisso, piatto freddo e succulento nel quale le zanne della vendetta ancora esitavano ad affondare

-Venisti a casa mia quando io non c’ero, mesi buttati per colpa di voi luridi umani. Ma adesso sono qui, in casa tua, e ora che ti ho portato via anche quel figlio che è mio, non mi resta che una cosa da toglierti-

Nessuno seppe cosa successe quella notte. Gli abitanti del villaggio si svegliarono l’indomani e, preoccupati dal silenzio, trovarono i cadaveri di Orst e della moglie riversi sul pavimento della capanna, immersi nel loro stesso sangue con il volto orrendamente stravolto in un’espressione di dolore indicibile e le gole tagliate. Urla e pianti accompagnarono quella tragedia, mitigata solo dallo scoprire che il piccolo, appena nato, era vivo e dormiva serenamente. Nel sangue nacque Vidar.

Sangue chiama sangue

Crebbe senza il dolore della consapevolezza Vidar, stretto nell’abbraccio della piccola comunità che aveva deciso di non rendere partecipe il piccolo del destino dei suoi genitori, nemmeno quando fosse cresciuto, preferendo che una famiglia del villaggio lo adottasse e lo trattasse come proprio piuttosto di condannarlo a un tale sapere. Fu all’età di dodici anni che quella quiete, senza preavviso, subì uno scossone. I litigi tra i capi villaggio locali, infatti, si erano inaspriti in quell’ultimo periodo, ed erano sbocciate compagnie di ventura, più o meno piccole, che al soldo del miglior offerente distruggevano senza remore vite e insediamenti solamente per denaro. Fu uno di quei gruppi a piombare come un avvoltoio, in una fredda mattinata invernale, sul villaggio dove Vidar abitava, uccidendo uomini e donne, incendiando le case di legno e risparmiando solamente i ragazzi in giovane età cui venne chiesto di scegliere tra la morte o l’unirsi a loro. Nemmeno rispose quel ragazzino dagli occhi bicromi, divincolandosi e gridando si gettò disarmato contro il capo di quei mercenari prima di venire steso con un solo, possente pugno proprio da lui e lasciato a morire al freddo, nella neve. Eppure, qualcosa lo spinse ad alzarsi e a seguire, arrancando, chi era responsabile della distruzione della sua casa, gridando tanto da sentire le corde vocali ferirsi dolorosamente, venendo picchiato ad ogni tentativo, fino a che non rimase pesto e sanguinante a mormorare frasi sconnesse che solo la neve poteva ascoltare. Tale determinazione sembrò colpire quell’uomo spietato che tanto rapidamente aveva portato la morte nella vita del ragazzo, portandolo a prendere Vidar con sé, trattandolo come si tratta una sorta di buffo divertimento e promettendogli di volta in volta un duello onorevole nel quale Vidar si sarebbe potuto vendicare di quanto fatto da lui. Passarono gli anni e crebbe Vidar, e di quel ragazzino sorridente che correva e rideva con i suoi amici non era rimasto nulla dopo quel giorno. Se ne stava da solo, ad affilare e pulire in continuazione le proprie armi, senza sorridere e parlando a malapena con quei mercenari che oramai lo trattavano come uno di loro, ogni volta lanciandosi per primo contro i nemici, ogni volta migliorando, imparando, tornando per reclamare un duello nel quale ogni volta veniva sconfitto, ricominciando quel ciclo che durò per una decina d’anni.


Qual è il tuo rimorso più grande?

Crebbe quel ragazzino, diventando un uomo e imparando a combattere, attraversando decine di campi di battaglia per giungere a quel pomeriggio dove tutto gli fu negato.
I corti capelli di Vidar si muovevano appena dell’alito di vento che spirava mentre le proprie iridi tanto diverse tra loro fissavano con intensità l’uomo a lui di fronte: Orun, il capo della compagnia di mercenari che lo aveva accolto, il responsabile di tutto quanto. Poco più alto del ragazzo, l’uomo impugnava con aria distratta la propria spada, sorridendo all’indirizzo di Vidar con fare provocatorio, stretto nella sua armatura di cuoio e in una posa tutt’altro che pronta ad un duello

-Dei, sarà il tuo centesimo tentativo, demone dall’occhio giallo. Quante volte ci vuoi provare?-

Taglienti come sempre le sue parole, non ricevettero nemmeno una parola in cambio da Vidar, che strinse solamente di più la presa intorno all’elsa del proprio coltello

-E va bene, va bene. Io, Orun, accetto la sfida di Vidar, in nome di mio padre e di mio padre prima di lui giuro che sarà un duello d’onore, sul mio nome-

Tanto segnò l’inizio di quello scontro che vide Vidar schizzare in avanti, divorando in quella corsa il breve spazio che lo separava da Orun, famelico come sempre di affondare i denti in quella vendetta lasciata maturare troppo a lungo. Fu il gran baccano dei mercenari intorno a loro a rendere tutti sordi al pericolo, fu la voglia di presenziare a quel che era orami per tutti diventato un divertimento che li rese ciechi più del solito, facendo sì che nessuno di loro si accorse dell’attacco in arrivo fino a che non fu troppo tardi. Una scarica di frecce si piantò senza alcun preavviso nel petto di una decina di uomini, abbattendoli sul colpo e gettando nel panico i sopravvissuti che si accalcarono per reagire, impugnando le armi per fronteggiare ora la carica di quella compagnia rivale, arrivata per eliminare un concorrente scomodo. Una scaramuccia, screzi e schermaglie che avvenivano non di rado ma che questa volta tolsero a Vidar quella che pensava essere la sua unica ragione di vita. Disteso a terra, gettatosi al riparo sotto un cadavere, smosse lo sguardo percorrendo le vittime, puntando i piedi e rialzandosi per gettarsi nella mischia quando i propri occhi incontrarono un cadavere il cui viso era rivolto verso di lui, strappando al ragazzo solamente un mormorio

-No-

Orun, quell’uomo che da solo rappresentava il motivo della sua esistenza spinta dalla vendetta, era morto. Una freccia era conficcata nel mezzo del suo petto e lo sguardo ormai spento di quel cadavere pareva fissare il ragazzo con ancora l’ombra di quel sorriso sarcastico dipinto sulle labbra che via via andavano perdendo colore

-No-

Un grido questa volta, folle e rabbioso, di chi la ragione pare averla persa in favore di una furia tale da farlo gettare ad infierire su quel corpo ormai privo di vita, ignorando chi, poco distante, cercava di contenere l’avanzata del nemico. Affondò il coltello ma nessun sollievo arrivò a lenire il vuoto di quella vendetta strappata all’ultimo dalle sue mani e, trascinato via dai suoi stessi compagni, non ebbe altra scelta che abbandonare ogni cosa, andarsene, scappare lontano dal rimorso di non essere stato abbastanza veloce, abbastanza forte, abbastanza per soddisfare quel bisogno. Una sola sacca con qualche provvista e come unica direzione il Sud, lasciando dietro di sé quel che per tutta la vita l’aveva accompagnato fin dalla sua nascita: morte, sangue, e fiamme



Una maschera sopra l’altra

Ora Vidar ha circa trent’anni, e si è allontanato dalla vita che conduceva nelle profondità di quel Nord in parte ancora selvaggio dal quale proviene, sopravvivendo nel più mite Sud grazie a lavori saltuari, piccoli furti o prestandosi di volta in volta per lavori ai limiti della legalità. Per necessità si è trovato a doversi adattare ad un mondo nel quale il proprio modo di essere, scontroso e ai limiti della misantropia, lo avrebbero portato ad un isolamento impossibile da sostenere, costringendolo invece a cucirsi di volta in volta maschere da portare, di cortesia e gentilezza, apparentemente bendisposto verso il prossimo tanto da farsi volere persino bene da alcuni dei suoi saltuari datori di lavoro. Una spettacolo messo in atto per il suo solo sopravvivere, cui il ragazzo si è abituato talmente tanto bene da farsi remore nel momento in cui la rabbia prende il sopravvento, rivelando la vera natura che si cela dietro quel sorriso che indossa e scompare solamente quando tutti i costrutti cadono.



- Una descrizione di cosa è (per il candidato) un Mutaforma e quali dovrebbero essere i tratti distintivi del suo comportarsi.

Il mutaforma è, di per sé, un mezzodemone nato dall’incrocio tra un demone genitore puro e un umano. Nascendo quindi come mezzosangue, il mutaforma conserva tutto lo spettro emotivo umano fatto di emozioni e sensazioni; non è infatti estraneo a sentimenti positivi come l’affetto o la pietà e nemmeno a quelli negativi. Tutto questo insieme, però, viene in qualche modo corrotto da quella parte prettamente malvagia, esasperando comportamenti altrimenti sani. Si parlerà, infatti, di possesso più che di affetto, come sarà più semplice che una rabbia proveniente da un semplice alterco si tramuti in odio. Questa sorta di effetto di risonanza è dovuto, a mio parere, proprio da quella parte demoniaca appartenente al demone genitore che di tutt’altra pasta è fatto, non avendo nessun altro a cui pensare se non sé stesso ed il proprio personale appagamento, scevro quindi da ogni tipo di morale o dogma cui invece la concezione umana è legata.
Per quanto invece riguarda i tratti distintivi, il mutaforma non è altro che un individuo nel quale due metà sono in eterna lotta nella loro coesistenza. Da una parte vi sarà quella parte egoista, superba ed egocentrica tipica di un demone, mentre dall’altra ci saranno paure e passioni dell’essere umano vissuto fino ad un momento prima del risveglio del sangue. Il fascino sta esattamente nel mezzo, nello scoprire appieno una parte fino a quel momento sconosciuta e lottare emotivamente con il proprio io per trovare un equilibrio.

- Motivo per cui si ritiene il pg proposto adatto a far parte della razza Mutaforma.

Vidar, fin dalle fasi iniziali della sua creazione, si è sempre dimostrato insofferente al mondo nel quale si trova. Sfiduciato verso la quasi totalità del genere umano ha accumulato nei confronti di esso un sentimento che si avvicina di molto al disprezzo, pur facendone attivamente parte lui stesso. Non solo, si è trovato ultimamente anche a sviluppare una forte volontà di possesso verso ciò che è suo, insieme ad un desiderio di assoggettare al suo volere chi reputa indegno. Nonostante questo, sa benissimo quali sono i suoi limiti, e attualmente può solo crogiolarsi in questo sogno ad occhi aperti che un’eventuale risveglio del sangue non farebbe altro che fargli vivere come più vicini e possibili. Vidar è, in buona sostanza, schiavo dei propri desideri e dei suoi sogni, così come del suo disprezzo che verrebbe solamente accentuato nel caso si scoprisse figlio di un demone.

- Prospettive di sviluppi di gioco in seguito ad un eventuale cambio razza, cosa cambierebbe del suo stato attuale e cosa comporterà per la psiche del Personaggio.

In base a come si dovesse risvegliare il sangue di Vidar credo che la risposta potrebbe variare ma, dato che disconosce completamente il proprio retaggio, prenderebbe il risveglio inizialmente come una sorta di semplice stato fisico alterato, a meno che gli eventi scatenanti il risveglio non lo portino a pensare diversamente. Noterebbe la vista farsi fotosensibile, se ne chiederebbe il motivo, e certamente accomunerebbe almeno quella condizione a qualcosa di già parzialmente visto, ma null’altro. Sarebbe una scoperta continua di ogni sfaccettatura del suo essere mutaforma: dal contatto, al marchio sul proprio corpo, oppure ad abilità che potrebbe scoprire di possedere in maniera del tutto inaspettata, come il velo d’inganno ad esempio. Per quanto riguarda la sua psiche sono invece convinto che, dopo tempo, si troverebbe irrimediabilmente a virare verso la forma più pura di superbia possibile. Si vedrebbe motivato quel sentimento di disprezzo nutrito fino ad ora, sentendosi in maniera irrimediabile ad un livello superiore rispetto a chiunque non sia lui o quanto meno un suo simile, ancora di più vedrebbe il genere umano come lo ha sempre visto fino ad ora: gretto e meschino, schiavo di sé stesso e del proprio essere debole.

Marchio: Ho sempre giocato l’occhio destro di Vidar, quello ambrato, come la sede principale dei “cattivi pensieri” del personaggio. Per questo mi sono trovato a pensare che, piuttosto che un marchio simile a un tatuaggio o una voglia mobile sul corpo, mi sarebbe piaciuto far variare non la forma ma il colore di quell’iride, facendola variare all’inizio di ogni giocata, magari tramite il tiro di un dado. Mi rendo perfettamente conto, però, che sarebbe un’eccezione alla regola e che si tratterebbe di un malus non indifferente da trasportare nel giocato. Mi rimetto quindi al consiglio e al giudizio di chi valuterà la candidatura, lasciando comunque aperta l’alternativa di un marchio grande all’incirca una decina di centimetri all’altezza del cuore, dal colore rossastro e mobile su tutto il pettorale sinistro, avente la forma di un pugnale stilizzato con la lama rivolta verso il basso. Una linea diritta quindi, perpendicolare al terreno, e una V rovesciata rappresentante l’elsa







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14/12/2021 17:24
 
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Presa visione, candidatura in valutazione.

Qualche domanda, per chiarire i punti meno certi e esser sicuri di aver compreso bene quanto hai scritto:

- quando scrivi che il demone dice Venisti a casa mia quando io non c’ero, mesi buttati per colpa di voi luridi umani. a cosa ti riferisci in particolare? Qual era la "casa" del demone/vecchina in cui si era recato Orst?

- il messo che convince Orst inizialmente ad assaltare la contea che si sta arricchendo a dir suo troppo velocemente è un comune PNG o ha una identità particolare all'interno della storia?

- il soldato dei "rinforzi" che assaltano Hellesylt e che violenta la donna, venendo poi ucciso da Orst, è un PNG comune o ha una identità particolare all'interno della storia?

- scrivi che il demone genitore "agevola l’essere umano che a lui si dovesse avvicinare condividendo tali intenti nei confronti di un rivale, solamente per osservare come il desiderio di rivalsa porti a una conclusione sempre tragica"... nella storia che hai raccontato come background, ciò quando accade? dov'è che il desiderio di rivalsa di Orst(?) porterebbe a conclusione tragica?

§§ Chi segue le orme altrui non giungerà mai primo! §§

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Eccomi! Spero di riuscire a spiegarmi al mio meglio ma nel caso non esitate a chiedere ancora. Per maggior chiarezza, inoltre, procederò rispondendo punto per punto.

- quando scrivi che il demone dice “Venisti a casa mia quando io non c’ero, mesi buttati per colpa di voi luridi umani”. A cosa ti riferisci in particolare? Qual era la "casa" del demone/vecchina in cui si era recato Orst?

Vorus si riferisce alla contea attaccata da Orst, contea nella quale Vorus aveva preso il potere. All’interno del Bg ho citato il ritorno di un parente, poi succeduto al potere, dopo un lungo peregrinare al Sud. Il parente tornato era proprio Vorus che, dopo aver assunto le forme di tale “figliol prodigo”, aveva preso il potere all’interno della città. Fa riferimento a quella contea chiamandola “casa” perché, chiaramente, prendere non tanto le forme quanto più le abitudini e il comportamento del suo obbiettivo abbastanza da renderlo credibile, ha richiesto tempo, tempo speso inoltre per far crescere la contea secondo il suo volere, tempo sprecato dato che Orst ha, nei fatti, distrutto la città.

- il messo che convince Orst inizialmente ad assaltare la contea che si sta arricchendo a dir suo troppo velocemente è un comune PNG o ha una identità particolare all'interno della storia?

- il soldato dei "rinforzi" che assaltano Hellesylt e che violenta la donna, venendo poi ucciso da Orst, è un PNG comune o ha una identità particolare all'interno della storia?



Rispondo alle due domande con un'unica risposta che è no. Il messo è semplicemente un messo inviato da un gruppo di capo villaggio locali, mentre il soldato dei rinforzi è solamente un soldato che, in quanto tale, si fa prendere la mano. Ho volutamente lasciato PNG chiave ai fini del racconto come personalità vaghe e fumose seppur legate alla loro funzione in maniera tale che, se un domani un eventuale Master volesse per piacere o necessità giocare tale parte del Bg, non avrebbe alcun problema o vincolo nel poterlo fare dato che, per l’appunto, vi è poca caratterizzazione di queste figure secondarie.

- scrivi che il demone genitore "agevola l’essere umano che a lui si dovesse avvicinare condividendo tali intenti nei confronti di un rivale, solamente per osservare come il desiderio di rivalsa porti a una conclusione sempre tragica"... nella storia che hai raccontato come background, ciò quando accade? dov'è che il desiderio di rivalsa di Orst(?) porterebbe a conclusione tragica?

Nella storia che ho raccontato ciò non accade. Non è Orst ad avvicinarsi a Vorus, o meglio, questo non avviene perché Orst cerca una qualche sorta di vendetta, piuttosto capita perché Orst si trova ad attaccare la contea sbagliata. Spiegandomi meglio: Orst attacca la contea dove Vorus ha preso il comando, distruggendola in sua assenza. Per un demone legato così profondamente al concetto di vendetta come Vorus, non c’è nulla di meglio o di più soddisfacente che raggiungere tale vendetta da solo, preparandola e gustandosela fino al suo culmine. Orst gli ha fatto uno sgarbo, gli ha mancato di rispetto, lui che è un umano si è permesso di rovinare i suoi piani, ed è per questo che tanto si applica nel togliere ogni cosa all’umano che tanto lo ha offeso, arrivando perfino a levargli la gioia della paternità prima di uccidere lui e la madre. Ho evitato di scadere nel cliché del “Cattivo che fa lo spiegone”, facendo effettivamente poco parlare il demone davanti alle sue prede ma l’ho fatto volutamente pensando che, in quanto demone, lui si gode la sua vendetta e non si sente in diritto né in dovere di dare alcun tipo di spiegazione che non lo porti ad accrescere il proprio ego. Con quelle poche parole, infatti, Vorus considera la sua vendetta conclusa, uccidendo infine il colpevole di tale lesa maestà e la moglie.

Spero di aver sbrogliato ogni dubbio ma, nel caso, non esitate a chiedere oltre.
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Si, hai chiarito i dubbi.

Nel tuo primo post non mi aspettavo uno spiegone ON da parte del cattivo, quanto una maggiore spiegazione OFF per mezzo di voce narrante.

Il dubbio sul messo, che non sia un PNG qualunque, viene perché spinge Orst ad attaccare la contea da cui parte poi tutto il resto della storia e quando vi sono dei dubbi sull'assalto, risolve tali dubbi tipo deus ex machina procurandosi ariete e compagnia militare di supporto.

Riguardo invece il segno distintivo, il tatuaggio da te descritto penso possa andar bene.

Passo ora invece a due domande su situazioni ipotetiche:

1) come pensi si comporterebbe il tuo pg se venisse a scoprire identità e posizione di uno o più membri della compagnia rivale che uccise Orun levando a Vidar la soddisfazione?

2) che comportamento e quale emozione prevarrebbe nel tuo pg se si trovasse ad avere a che fare con il suo demone Genitore?

§§ Chi segue le orme altrui non giungerà mai primo! §§

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16/12/2021 00:05
 
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Eccomi qui!

Mi rendo conto sia legittimo il dubbio. Credevo di averlo fugato preventivamente con la frase Tali obiezioni vennero mosse al messo, che tornato dai suoi padroni si ripresentò qualche giorno dopo, come d’accordo, offrendo l’ausilio di un ariete e di uomini in grado di usarlo, oltra a una cinquantina di soldati
In questa frase ho cercato di spiegare come il messo, appunto, torni dai suoi padroni prima di avanzare una contro proposta, facendolo di fatto solamente dopo aver riportato loro i dubbi di Orst e da loro aver ricevuto l’ordine di offrire al nordico tale aiuto. In buona sostanza, in entrambi gli incontri, tale messo non è che un semplice tramite tra Orst e i capi dei villaggi locali

Per la questione marchio mi rendo conto di insistere e nel caso chiedo venia, ma l’idea di caratterizzare Vidar con qualcosa inerente il proprio occhio mi piacerebbe davvero molto. Se non con un tiro di dadi ad ogni role pensi sarebbe possibile farne variare il colore secondo le fasi lunari ad esempio? Qualcosa di meno casuale quindi ma comunque presente. Magari pur mantenendo la voglia sul pettorale sinistro per comodità inerenti al possedere un marchio, nel caso anche da apporre tramite apposita skill. Se non fosse possibile mi piacerebbe quanto meno parlarne ecco, è una cosa a cui terrei particolarmente.

1) come pensi si comporterebbe il tuo pg se venisse a scoprire identità e posizione di uno o più membri della compagnia rivale che uccise Orun levando a Vidar la soddisfazione?

Attualmente il non essere riuscito a portare a termine la sua vendetta è una macchia sull’orgoglio di Vidar, On game ne ha parlato definendolo “il suo più grande rimpianto”. Credo quindi che farebbe della ricerca di questa persona la sua priorità, non tanto per ucciderla immediatamente quanto per ricavare quante più informazioni possibili. Con queste informazioni, probabilmente, cercherebbe la sua vendetta nel capo della compagnia rivale, colui quindi che ha ordinato l’assalto.

2) che comportamento e quale emozione prevarrebbe nel tuo pg se si trovasse ad avere a che fare con il suo demone Genitore?

Credo che la risposta dipenda in larga parte da come il demone genitore si dovesse presentare. A conti fatti Vidar non sa nulla dei suoi “genitori” umani, essendo stato tenuto all’oscuro di tutto dai membri del proprio villaggio, né avrebbe con loro o con il loro ricordo nessun legame di sorta essendo stato allevato da altre persone. Non sa quindi che sono stati assassinati e ad ora, a meno che non dovesse incontrare un membro sopravvissuto del suo villaggio che gli racconti tutto, non avrebbe nemmeno motivo di credere a questa storia, nemmeno se gliela raccontasse Vorus in persona, nemmeno se gliela facesse vivere tramite illusione dato che, On game, Vidar si rende perfettamente conto di quanto le illusioni possano risultare convincenti. In questo caso crederebbe a un tentativo di manipolazione, a meno che ovviamente non gli vengano presentate prove inconfutabili che quanto mostratogli sia vero. In buona sostanza, verso il proprio demone genitore, non avrebbe motivo di provare astio o rabbia di sorta.
Diverso sarebbe invece il discorso se il demone genitore si dovesse presentare in tutta la sua forza, o mostrando comunque le sue capacità o la sua appartenenza alla genia demoniaca in maniera inequivocabile. Dopo un iniziale, comprensibile sgomento, davanti a tale dimostrazione, Vidar ne rimarrebbe con ogni probabilità affascinato a tal punto da desiderare un simile potere, facendo quanto possibile per arrivare a conoscerne ogni aspetto, finanche chiedendo allo stesso Vorus insegnamenti.
Tale comportamento mi rendo perfettamente conto possa risultare atipico, soprattutto se Vidar dovesse aver prova del fatto che sua madre sia stata effettivamente uccisa dal proprio demone genitore, ma insita nel ragazzo vi è una forte apatia che logicamente lo porterebbe a pensare che chi l’ha messo al mondo non è altri che una sconosciuta che nemmeno ha mai visto né incontrato.
Riassumendo: rimarrebbe sbigottito e incredulo dal venire a conoscenza di essere il figlio di un demone ma non ne sarebbe spaventato una volta compresa e accettata a fondo la portata della notizia, ne sarebbe anzi profondamente affascinato.
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13/01/2022 21:04
 
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Comunico che la tua candidatura ha esito positivo.

Come intendi procedere con le quest per ufficializzare il cambio razza?

§§ Chi segue le orme altrui non giungerà mai primo! §§

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13/01/2022 21:27
 
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Eccomi! E grazie mille per l'esito positivo.

Detto questo, Vidar in questo ultimo periodo si è mostrato insofferente alla noia della vita monotona e lontana dalle battaglie, sviluppando un desiderio di autonomia e volontà di assoggettare il prossimo. Non ho bene in mente un master che possa/ voglia seguire la/le quest per il risveglio del sangue ma credo che seguire questa linea possa essere una buona idea.

Ovviamente mi rimetto alla volontà e all'esperienza di chi seguirà la cosa, certo che sarà un risveglio col botto.
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17/01/2022 09:47
 
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Ringraziando Vidar per l'opportunità di masterare il cambio razza, segnalo che il risveglio è avvenuto il 16/01 sera nella quest "Risveglio" avvenuta a Dirhae.
Seguirà un piccolo percorso di consapevolezza ed altre specifiche legate al background ma, di base, il pg ha già sperimentato la scurovisione, l'affinità cellulare ed il richiamo della discrepanza (tutte abilità innate di razza) oltre ad aver fatto un breve ed incisivo incontro direttamente con Vorus, il demone genitore.
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Candidatura Vidar (3 messaggi, agg.: 10/01/2022 19:17)

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