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ELVIS & GINGER

Ultimo Aggiornamento: 12/12/2021 21:09
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Autrice: Ginger Alden
Casa Editrice: Penguin Group (Stati Uniti)
Anno: 2014


Gli eventi in questo libro di memorie sono eventi reali, come vissuti e ricordati dall'autore. La maggior parte delle conversazioni sono parole esatte e alcune sono state ricostruite dalla memoria dell'autore e presentate in modo da trasmetterne lo spirito e l'intento, come ricordato dall'autore.


A Elvis, per aver condiviso una parte della tua straordinaria vita con me e la mia famiglia. Il tuo amore, la tua musica, generosità e molti bei ricordi hanno un posto speciale nei nostri cuori per sempre.
Ai miei genitori, Jo e Walter, e ai miei fratelli, Mike, Rosemary e Terry, per essere sempre lì. A mio marito, Ron, e a mio figlio, Hunter, la cui pazienza, amore, comprensione e sostegno non avrei potuto fare questo senza.
Vi amo tutti...


RICONOSCIMENTI
Grazie al mio agente, Frank Weimann, per la sua lettera iniziale che mi ha fatto capire che la vera storia di Elvis e della mia relazione doveva ancora essere raccontata.
La mia più profonda gratitudine a tutti quelli del "Berkley Publishing Group" per tutta la loro assistenza nel dare vita ai miei ricordi. Un ringraziamento speciale a Leslie Gelbman, editore, e alla mia redattrice, Denise Silvestro, per la sua pazienza, guida e competenza durante questo lungo ed emozionante viaggio.
Apprezzo tutto l'aiuto dell'assistente editoriale Allison Janice, e un grande ringraziamento a Holly Robinson per i nostri colloqui e il suo aiuto nel correggere ciò che bisogno di essere detto in vari momenti. Alla redattrice, Candace B. Levy, e al dipartimento di design del libro, grazie.
Al reparto pubblicità, specialmente Heather Connor e Diana Franco, i miei più sinceri ringraziamenti.
sinceri ringraziamenti.
A Peggy, Teri, Rachael, Jeanine, Cindy e Louise, le vostre amicizie mi sono care e vi ringrazio per il vostro incoraggiamento, sostegno e per aver sempre prestato un orecchio negli ultimi anni. Vi amo tutti...
La mia profonda gratitudine a mio cugino David Spencer, Russ Howe, Shantay Wood, Bob Klein, Keith
Alverson, e Ronnie Bell per l'uso delle loro foto e per avermi assistito con altre.
Il mio profondo apprezzamento ai fans di Elvis per il vostro incoraggiamento e supporto, e grazie per il vostro infinito amore per Elvis.


"Quando l'amore ti chiama, seguilo,
Anche se le sue vie sono dure e ripide".
"Tu dai poco quando dai i tuoi beni.
È quando dai di te stesso che dai veramente".

-KAHLIL GIBRAN, IL PROFETA
31/10/2021 20:53
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NOTA DELL'AUTORE


Un pomeriggio di settembre del 2001, ero in piedi sul portico laterale della mia casa a New York. L'anno scolastico era appena iniziato e stavo aspettando l'autobus giallo che di solito arrivava rombando sulla nostra strada a quell'ora, per riportare a casa mio figlio Hunter. Quando arrivò alla fine del nostro vialetto, le porte si aprirono e Hunter saltò fuori, correndo verso di me con un paio di occhiali da sole oversize che aveva preso con sé quella mattina.
"Alcuni dei bambini sull'autobus mi chiamavano Elvis!" esclamò senza fiato. "Chi è Elvis?"
Ero sorpreso che bambini giovani come i miei sapessero chi fosse Elvis. La domanda di Hunter mi prese alla sprovvista. Non ero preparato a rivelare una relazione estremamente speciale nella mia vita a mio figlio, la cui nascita sette anni prima era stata programmata per il 16 agosto, lo stesso giorno in cui Elvis morì. Hunter è arrivato con quattro giorni di ritardo, risparmiandomi l'ironia di far coincidere un evento così felice con la data di un evento così tragico nella mia vita.
Quel pomeriggio dissi a Hunter la verità più semplice. "Elvis era un intrattenitore molto famoso", dissi. Tirai un sospiro di sollievo quando corse dentro, apparentemente soddisfatto della mia risposta.
Con il passare dell'anno, però, Hunter di tanto in tanto mi faceva altre domande su Elvis: "Che tipo di acconciatura portava? Che tipo di musica cantava?".
Sapevo che queste domande dovevano essere suggerite dalle conversazioni a scuola. Tuttavia, tenevo le mie risposte brevi e semplici, sapendo che un giorno avrei dovuto dire di più.
Alla fine di quell'anno scolastico, avevo deciso di raccontare a Hunter un po' di Elvis e di me. Non sapevo bene come iniziare. Mi sembrava strano parlare con lui di un uomo che avevo amato molto prima di incontrare suo padre.
Non sapendo quale sarebbe stata la reazione di mio figlio, ero un po' nervosa e sentivo un involontario tremore. Non parlavo di Elvis da molto tempo.
"Questa persona di cui mi hai chiesto, Elvis, beh, mamma lo conosceva", dissi e poi feci una pausa. Non mi sentivo abbastanza a mio agio da dirgli che Elvis ed io eravamo stati fidanzati, così ho semplicemente aggiunto: "Elvis era un uomo molto simpatico che ho conosciuto molto tempo fa. Era qualcuno che amava cantare e rendere felici le persone".
Mi aspettavo altre domande ma lui disse solo "Fico!" e mentre se ne andava a suonare, cominciai a sentire che tutta la mia apprensione nell'aprire questa conversazione con lui non era necessaria. Per lui era semplice. Per me, era profondamente complesso.
Avevo scritto i miei ricordi di Elvis non molto tempo dopo la sua morte come un modo per tenermeli stretti. Sentivo di dover concedere alcune interviste in vari momenti, ma ho sempre tenuto per me la vera, completa storia e i dettagli intimi del nostro tempo insieme. Sono andata avanti con la mia vita ma con il tempo, sono stata scioccata e ferita nel vedere che speculazioni, esagerazioni e complete falsità riguardanti Elvis, me e la nostra relazione, venivano ingiustamente dette da poche persone che erano state intorno ad Elvis - persone che avevo a malapena conosciuto e alcune che non conoscevo affatto. Alcune delle loro storie sono state poi raccolte e diffuse da altri scrittori per le loro biografie di Elvis. Molti libri hanno sensazionalizzato e persino romanzato Elvis come depresso e in una spirale negativa durante il suo ultimo anno di vita. Tuttavia, l'Elvis che conoscevo io non era il modo in cui veniva ritratto dai media. Vedeva la sua relazione con me come un nuovo inizio ed era entusiasta sia della relazione che di ciò che il futuro avrebbe portato per noi due.
Sapevo di avere una storia da raccontare, ma capivo che la verità sulla mia relazione con Elvis, avrebbe richiesto una grande quantità di tempo ed energia emotiva per essere scritta.
Quando ho dato alla luce mio figlio, ho dedicato il mio tempo a lui perché è diventato la mia priorità numero uno. Io sentivo che non avrei potuto essere lì per lui come madre se avessi scelto di scrivere un libro così intensamente personale. Quando mio figlio è partito per il college, ho sentito che era finalmente il momento giusto, così ho iniziato a mettere insieme le mie memorie. Questo si è rivelato un viaggio onnicomprensivo ed estremamente emotivo. Elvis ha permesso a molte persone di entrare e uscire dalla sua vita, con le quali ha sviluppato diverse relazioni man mano che i suoi bisogni e desideri si evolvevano nel corso degli anni. Io sono stata l'ultimo amore serio che ha fatto entrare nel suo cuore. Il nostro incontro è stato un meraviglioso incidente che si è trasformato in nove mesi che mi hanno cambiato la vita e mi hanno fatto conoscere un uomo molto complicato e intenso. Le ragioni per cui mi sono innamorata di Elvis non rientrano in una lista ordinata e facilmente classificabile; erano cose che sentivo che il mio cuore mi stava dicendo: Volevo sposare Elvis e trascorrere la mia vita con lui perché lo amavo per il suo buon cuore e il suo spirito generoso e gentile.
Questo libro parla della ripida curva di apprendimento di una donna innamorata e amata da un uomo che la maggior parte del mondo ha potuto sperimentare solo da lontano. Elvis poteva essere difficile a volte, ma per me, la sua bontà e il suo spirito amorevole superavano di gran lunga qualsiasi difetto.
Ho sperimentato molto durante i miei brevi ma densi mesi con Elvis, e la nostra storia d'amore va al di là di qualsiasi descrizione normale. In poche parole, è quasi impossibile capire cosa significhi essere trascinati nell'orbita di un uomo così potentemente carismatico come lui. Elvis aveva una gravità tutta sua, e il suo universo era diverso da qualsiasi cosa che la persona media può sperimentare o anche solo entrare in breve contatto con una parte di poche e selezionate persone nella storia che hanno avuto la fortuna di trovarsi intorno a personalità supernove o realizzatori che toccano il nostro pianeta di tanto in tanto.
Quando ho incontrato Elvis per la prima volta, ero una giovane donna impressionabile che aveva appena compiuto vent'anni. Lui ne aveva quarantuno e voleva insegnarmi molte cose. Una delle lezioni che mi ha dato e che si è rivelata la più preziosa durante i dolorosi mesi successivi alla sua morte, fu questa: Se qualcosa ti dà fastidio o se la gente dice cose non vere su di te, "Uccidila e lasciatela alle spalle", mi consigliava Elvis.
Era sempre pronto a sottolineare che è molto più salutare lasciare andare le cose piuttosto che soffermarsi su di esse se ti fanno arrabbiare o ti rendono infelice. Si riferiva ad alcune cose meno fastidiose come "pura merda di Topolino", di solito aggiungendo: "C'è qualcosa di più grande, là fuori".
Questo era un consiglio potente, proveniente da un uomo la cui natura sensibile non sempre gli permetteva di seguire quella saggezza. Tuttavia, anche se mi sono aggrappato alla sua regola di "Uccidilo e lasciatelo alle spalle" il più strettamente possibile dopo la sua morte, alla fine si sarebbe rivelato impossibile per me rimanere indenne dai pettegolezzi, dalle voci e dalle bugie dopo la sua scomparsa.
Alcune persone hanno persino osato liquidare l'ultimo anno della vita di Elvis come un treno in corsa verso il suicidio. C'è un noto detto: "Se non puoi ritagliarti un posto nella storia in virtù del tuo talento, forse puoi farlo con un assassinio", e questa è stata la strada che purtroppo alcune persone hanno scelto di prendere nei libri e nelle interviste dopo la morte di Elvis.
Questa immagine sbagliata di Elvis mi ha ferito profondamente, perché sapevo in prima persona che il suo mondo, durante il nostro tempo insieme, continuava ad essere principalmente pieno di amore, sensibilità, genialità, umorismo e generosità.
Non pretendo di essere un'esperta di Elvis, ma ho avuto modo di conoscerlo intimamente, in un modo che pochi hanno fatto. Elvis, un uomo poliedrico, con la sua passione per la musica, la sua sete di conoscenza e il suo profondo amore per la famiglia, gli amici e i fans, non era un uomo depresso e abbattuto. Tutt'altro: Elvis era un uomo che era entusiasta della vita ed entusiasta di fare piani per il futuro mentre si sforzava di trasformare i suoi sogni in una realtà - una realtà che includeva il matrimonio con me.

Elvis, tu ed io sappiamo la verità sul nostro tempo insieme. Sfortunatamente, non sei qui per mettere in chiaro le cose come stanno. Con questo libro, cercherò di farlo.
Meglio tardi che mai.

[Modificato da marco31768 31/10/2021 21:05]
31/10/2021 20:54
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PROLOGO

Graceland. 16 agosto 1977




Ci rifiutavamo tutti di perdere la speranza.
Erano passate le 3 del pomeriggio di martedì 16 agosto 1977. Ero seduta nella camera da letto di Dodger Presley a Graceland con i membri della famiglia di Elvis, incluso Vernon, suo padre; Dodger, la madre di Vernon; la figlia di Elvis, Lisa, e mia nipote Amber, che era diventata amica di Lisa.
Mentre i minuti ticchettavano via, sentivo la mia ansia aumentare e mi era difficile respirare.
Eravamo stati seduti a vegliare per quella che sembrava un'eternità, pregando in silenzio per avere buone notizie. La tensione era insopportabile. Improvvisamente sentii di dover lasciare la stanza, come se così facendo la mia mente potesse fuggire a quel prezioso momento di poco tempo fa, prima di fare la scioccante scoperta nel bagno del piano di sopra. Naturalmente, sapevo che era impossibile. L'impronta di ciò che avevo visto sarebbe rimasta per sempre impressa nella mia memoria.
Uscii lentamente dalla porta della camera di Dodger, desiderando più di ogni altra cosa di essere accolto da Elvis che scendeva verso di me proprio in quel momento, ridendo e dicendo a tutti che era tutto uno scherzo, anche se sapevo in cuor mio che quel momento, per quanto brutto, era molto reale. Fermandomi nell'atrio, notai alcune persone che pregavano nella sala da pranzo e nel soggiorno. Anch'io ho detto le mie preghiere, volendo ancora credere che i medici dell'ospedale potessero salvare Elvis con qualche miracolo, e che poi sarebbe stato sempre qui al mio fianco.
La zia di Elvis, Nash, mi vide lì in piedi. Si avvicinò a me e mi abbracciò. "Tutto andrà bene, Ginger", disse. "Ha ancora così tanto da fare".
Non so se fosse il fatto che era una parente o una donna anziana che sembrava saggia, ma sentii una sensazione di conforto su di me. Volevo così tanto crederle. Alcune delle oscure paure che mi perseguitavano cominciarono lentamente a diminuire mentre mi convincevo che sicuramente zia Nash doveva avere ragione. Era vero! Elvis aveva ancora molto da fare, e molti dei suoi sogni sarebbero rimasti irrealizzati se ci lasciasse ora!
Tornai nella camera di Dodger dopo qualche minuto, sentendomi un po' più speranzosa di quando ero partita e continuai a vegliare con gli altri. Lisa stava giocando vicino al letto con Amber; mentre le due bisbigliavano insieme, tutto sembrava quasi normale. I telefoni di tutta la casa ronzavano a intermittenza. Da qualche parte, qualcuno rispondeva. Ogni volta, senza ancora una parola dall'ospedale, ero sempre più spaventata.
Improvvisamente un movimento sulla porta attirò la mia attenzione. Mi venne il fiato in gola quando vidi il medico personale di Elvis, il dottor George Nichopoulos, era lì in piedi. Il mio ultimo barlume di speranza svanì quando vidi il Dr. Nichopoulos entrare lentamente nella stanza, con in mano una grande busta gialla.
Scuotendo la testa verso di noi, si avvicinò a Vernon e gli porse la busta. "Mi dispiace", disse.
Mi sentivo come se avessi smesso di respirare del tutto e mi sentivo la testa leggera, il mio polso che improvvisamente batteva nelle orecchie. Fissai la busta. Non riuscivo a guardare la faccia del dottore, tanto meno quella di Vernon, mentre capii che la busta doveva contenere i gioielli che Elvis aveva addosso quando fu portato via di corsa da Graceland, in ambulanza. Uno di quei pezzi sarebbe stata una collana che Elvis aveva acquistato mentre stavamo insieme, una catena d'oro con la lettera ebraica chai che significa vita o vivere.



Ero completamente intorpidita, sentendomi come se non solo Elvis, ma tutto intorno a Graceland e dentro di me fosse morto. Mi sentivo svuotata. Tutti intorno a me erano devastati. Piangevamo e ci abbracciavamo, cercando conforto negli abbracci e lacrime. Era impossibile per chiunque di noi capire che Elvis, un uomo che sembrava più grande della vita, potesse essere andato via da questo mondo.
La testa mi martellava. Avevo bisogno di camminare un po'. Decisi di lasciare la stanza, perché sentivo un bisogno di sapere se il mondo esterno era consapevole di quello che era successo, di quello che stavamo soffrendo.
Lasciai la stanza di Dodger e andai a una delle finestre del soggiorno anteriore, dove sbirciai fuori attraverso il lato di una tenda chiusa. Fu subito chiaro che la notizia della morte di Elvis si stava diffondendo velocemente. Le auto rallentavano mentre passavano davanti a Graceland. Alcuni veicoli si erano fermati completamente, i loro passeggeri scendevano e stavano in piedi nel mezzo di Elvis Presley Boulevard. La gente aveva cominciato a radunarsi anche davanti ai cancelli e lungo il recinto di pietra di Graceland, un recinto che non era mai stato in grado di separare Elvis dai suoi fedeli fans.
Questa giornata era iniziata con eccitazione e speranza per Elvis e per me, ma si era conclusa con dolore e incredulità. All'età di quarantadue anni, il mio fidanzato, Elvis Aaron Presley, era morto.
Il mondo intorno a me era crollato e il mio cuore era spezzato.

[Modificato da marco31768 31/10/2021 21:08]
31/10/2021 21:04
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CAPITOLO 1


Certe cose nella vita sono destinate a farvi chiedere quanto del vostro destino sia dovuto al fato e quanto sia il prodotto del caso. Per la mia famiglia, l'esercito americano è stato un catalizzatore. Nel 1943, il mondo era in guerra e mio padre, Walter Alden, fu arruolato nell'esercito. Mia madre, Jo Spencer, si arruolò nel Women's Army Corps e furono entrambi assegnati a Fort Stewart, in Georgia. Due anni dopo essersi incontrati alla stazione di servizio della base un fatidico giorno, si sposarono. Undici mesi dopo nacqwue mio fratello Mike e cinque anni dopo nacque mia sorella Rosemary.
Mio padre decise di fare carriera nell'esercito e nel 1951 si stabilirono a Memphis, nel Tennessee. Memphis era la patria di molti grandi talenti musicali, ma a metà degli anni '50, Elvis Presley aveva iniziato a mettere la nostra città sulla mappa per milioni di persone in tutto il mondo.
Nel 1955, l'anno in cui nacque mia sorella Terry, la mia famiglia viveva in un condominio in Getwell Road. Non sapendo che Elvis viveva a circa cinque isolati di distanza, mio fratello stava andando in bicicletta su Stribling Street un giorno e riconobbe Elvis in un camion a pianale mentre gli passava accanto. Elvis sorrise a Mike e lo superò lentamente. Mike lo seguì fino a Dunn Avenue finché Elvis non fece una curva e lo perse di vista. Mio fratello più tardi disse ai miei genitori: "Probabilmente mi ha sorriso perché lo stavo fissando".
Come mio fratello, la maggior parte degli abitanti di Memphis provava un senso di orgoglio per il fatto che Elvis avesse condiviso la loro città. Sono nata il 13 novembre 1956, all'ospedale navale di Millington, Tennessee, e sarei cresciuta sentendo quell'orgoglio già da bambina.
Nel 1957, mio padre, ora sergente di prima classe, si occupava di pubbliche relazioni e reclutamento per l'esercito. Lavorava a stretto contatto con la commissione di leva di Memphis, notificando e consigliando le persone che se si fossero arruolate, come avrebbero potuto ricevere opportunità speciali. All'inizio di quell'anno, il consiglio aveva annunciato che Elvis sarebbe stato probabilmente arruolato. Ogni ramo dell'esercito cominciò a fare offerte, cercando di convincerlo ad arruolarsi. Sperando di poter parlare con Elvis per conto dell'esercito, mio padre fece un viaggio a Graceland, la casa recentemente acquistata da Elvis solo per sentirsi dire che Elvis non c'era. Prima che mio padre potesse tornare a Graceland, fu informato che Elvis aveva deciso di non arruolarsi e che avrebbe rischiato la leva. Alla fine dell'anno, Elvis ricevette l'avviso di arruolamento nell'esercito degli Stati Uniti.
La mattina del 24 marzo 1958, Elvis arrivò con i suoi genitori, Gladys e Vernon, all'ufficio del Draft che si trovava all'interno dell'M&M Building nel centro di Memphis. Elvis e le altre reclute, salirono su un autobus per sottoporsi alla visita medica presso la stazione principale di reclutamento dell'U.S. Army e dell'Air Force al Kennedy Veterans Hospital. Poco dopo l'arrivo, entrarono in una sala di ricevimento e si sedettero su sedie allineate in file dietro lunghi tavoli.
In quella stanza, il futuro soldato Elvis Presley posò gli occhi su mio padre per la prima volta quando entrò e disse alcune parole, dando alle nuove reclute un'idea di ciò che le aspettava. Mio padre aveva finito di parlare e stava raccogliendo le sue cose per andarsene quando Elvis gli si avvicinò.
"C'è un posto all'interno di questo edificio dove posso cambiarmi?" Chiese Elvis, spiegando che voleva usare uno dei telefoni pubblici.
Mio padre mise la mano in tasca e offrì a Elvis una monetina. Elvis la prese e lo ringraziò. Egli aveva fatto la visita medica e quel pomeriggio aveva prestato giuramento nell'esercito degli Stati Uniti.



A causa della fama di Elvis, la stampa si occupò moltissimo dell'evento. Lo fotografarono con mio padre per i giornali e ogni volta che guardo quei ritagli, mi colpisce ancora: qui c'è un giovane Elvis, e qui c'è mio padre. Erano mondi separati, eppure in quel momento erano collegati per la prima volta.
Quella sera mio padre tornò a casa con due foto pubblicitarie di Elvis, una firmata "To Mike" e l'altra "To Rosemary". Prima di andare a letto, scrisse nel piccolo libro degli autografi di mia sorella: "Oggi ho stretto la mano di Elvis Presley, 24 marzo 1958".
La madre di Elvis si era ammalata, e quell'agosto l'esercito concesse ad Elvis un congedo d'emergenza in modo che lui potesse tornare a Memphis per vederla. Sua madre morì il 14 agosto 1958, e gli fu concesso un soggiorno prolungato per il suo funerale. Il 7 marzo 1960, dopo ventiquattro mesi di servizio attivo, Elvis tornò di nuovo a Memphis, questa volta come civile, con ancora quattro anni di riserva.
Qualche sera dopo, mio padre decise di fermarsi a Graceland dopo il lavoro, sperando in qualche newsletter dell'esercito. Parcheggiò la sua berlina militare vicino al vialetto di Graceland e si diresse verso i cancelli chiusi, dove c'erano altre persone che si aggiravano. I cancelli erano diventati un luogo popolare per i fans per chiacchierare e dare un'occhiata a Elvis. Mio padre lo vide assieme ad altri in piedi nel vialetto, che parlavano con un adolescente con una mano fasciata. Quando Elvis notò mio padre, ancora vestito con la sua uniforme militare, gridò: "Fatelo entrare" ad una guardia vicino ai cancelli. Mio padre apprese che Elvis aveva assistito l'adolescente due sere prima, quando aveva avuto un incidente motociclistico vicino a Graceland e il ragazzo era tornato per ringraziarlo. Mio padre fu fortunato: vide Elvis e potè raccontare questa storia.
Mio padre si fermò a Graceland qualche altra volta l'anno seguente insieme ad un amico, un reporter del Memphis Press-Scimitar, anche lui alla ricerca di pezzi legati ad Elvis. Fecero amicizia con una guardia ai cancelli di nome Travis Smith, che per caso era lo zio di Elvis. Una sera, Travis invitò mio padre a portare mia madre e a raggiungere Elvis in un cinema locale chiamato Memphian, dove spesso invitava gli altri a vedere dei film - era l'unico modo in cui poteva guardare una pellicola lontano dal pubblico. Come Travis aveva richiesto, i miei genitori andarono a Graceland e aspettarono in macchina davanti ai cancelli. In breve tempo, alcune altre auto emersero dal retro della villa e, mentre uscivano dal vialetto, mio padre si avvicinò con cautela, si mise dietro di loro e li seguì. Era ben oltre la mezzanotte quando i miei genitori arrivarono al teatro, il cui tendone era scuro, a indicare che era chiuso al pubblico. Videro Elvis e alcuni altri che erano già scesi dalle loro auto e stavano parlando, così si avvicinarono a loro. Riconoscendo mio padre, Elvis gli strinse la mano e mio babbo gli presentò mia madre. Il gruppo entrò presto nell'atrio ed Elvis si diresse verso il bancone del cibo, mentre i miei genitori ed altri ospiti si diressero verso l'interno per prendere posto. In poco tempo, Elvis arrivò camminando lungo il corridoio con i popcorn in mano. Dopo aver notato di nuovo mio padre, esclamò scherzosamente: "Ehi, sergente, sono pronto a tornare nell'esercito".
Mio padre rispose: "Saremo felici di riaverti con noi".
Elvis proiettò due film quella sera, e fu solo alle prime ore del mattino che tutti lasciarono il teatro.
Non molto tempo dopo, Travis invitò i miei genitori per una seconda uscita, dicendo loro che Elvis stava affittando il Memphis Fairgrounds Amusement Park, e gli amici e gli ospiti erano invitati a portare i loro bambini. Travis e sua moglie stavano andando insieme questa volta, e disse a mio padre quando e dove incontrarli dopo che il parco aveva chiuso al pubblico. Avevo cinque anni quando andai con la mia famiglia al luna park quella sera. Anche se ero troppo giovane per ricordare molto, quella divenne un'esperienza memorabile per tutta la mia famiglia. Mio fratello e uno dei suoi amici guidarono separatamente. Una guardia di sicurezza ci fece entrare all'ingresso del parco divertimenti, dove aspettavamo insieme ad altri ospiti invitati. Travis arrivò e presentò sua moglie, Lorraine, ai miei genitori. In breve tempo, un'auto nera accostò lentamente all'ingresso e la guardia di sicurezza le fece cenno di entrare. L'auto si fermò ed Elvis uscì, vestito di un completo scuro, con un cappello bianco da capitano. Il mio ricordo più vivido è quello di aver visto Elvis stringere la mano alla gente e di aver pensato che doveva essere importante, perché la sua faccia assomigliava a quelle che avevo visto su alcune copertine di dischi a casa.
I miei genitori salutarono Elvis, e mentre mio padre presentava ognuno di noi, Elvis strinse la mano a Mike e Rosemary, poi diede una pacca sulla testa a Terry e a me. Quando mia madre menzionò che mio fratello stava prendendo lezioni di chitarra, Elvis scherzò: "Ne ho una a casa che può prendere, perché io non so suonarla".
Tutti risero, quindi il gruppo proseguì all'interno, seguendo Elvis fino alle grandi montagne russe di legno del parco ((un giro che sarebbe rimasto uno dei suoi preferiti). Elvis salì nel vagone anteriore con la sua accompagnatrice, Bonnie Bunkley, e mentre i posti cominciavano a riempirsi, Travis si avvicinò a mia madre. "Vuoi venire con me?" chiese.
Non essendo mai stata sulle montagne russe prima, lei gli disse di sì, a patto che scegliesse un posto sicuro e non troppo spaventoso. Finirono per sedersi nell'ultimo vagone. Mio padre e Lorraine Smith si sedettero nell'abitacolo di fronte a loro, mentre io e i miei fratelli stavamo a guardare. Urla di spavento e risate riecheggiavano dalla giostra che ci passava accanto più volte prima di fermarsi. Quando tutti scesero, mia madre, un po' scossa ma sorridente, disse a Travis: "Penso che potrei avere un attacco di cuore proprio qui".
Elvis continuaò nel parco con il suo accompagnatore e alcuni amici, mentre i miei genitori accompagnarono me e le mie sorelle nella sezione per bambini. Mio fratello e il suo amico decisero di vagare da soli per il parco. Uno stand era aperto per tutti noi e potemmo goderci le giostre tutte le volte che volevamo.
La nostra serata speciale finì troppo presto. Raggiungendo Travis ed Elvis, i miei genitori li ringraziarono per la fantastica serata. Mike e il suo amico pregarono i miei genitori di lasciarli rimanere più a lungo: tornarono a casa solo all'alba. Più tardi, ancora eccitato, Mike disse ai miei genitori che Elvis e i suoi amici si erano divisi in gruppi e lui aveva potuto guidare le macchine dodgem con loro. Poi Elvis mandò qualcuno dall'altra parte della strada a prendere un frullato in un posto con due grandi orsi polari di fronte, chiamato Polar Bear Frozen Custard.

Allora non lo sapevo, ma quella notte era solo un'anteprima della natura generosa di Elvis.
[Modificato da marco31768 01/11/2021 17:30]
01/11/2021 17:30
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CAPITOLO 2


Nei primi anni '60, la mia famiglia viveva in una casa con tre camere da letto e un bagno in uno dei nuovi sobborghi che stavano sorgendo intorno a Memphis. La nostra casa si trovava a mezzo isolato da un campo di cotone che un contadino e il suo mulo aravano di tanto in tanto, un residuo del vecchio Sud. Durante boom del dopoguerra, una parte del campo fu asfaltata e vi fu eretta una stazione di servizio mentre la modernizzazione si diffuse in tutta Memphis, circondando infine la nostra casa con centri commerciali e ristoranti fast-food.
I miei genitori erano persone laboriose e quotidiane. Mio padre si era ritirato dall'esercito e dirigeva un grande magazzino locale. Mia madre lavorava sulla strada di casa nostra, gestendo un negozio di francobolli. Io e i miei fratelli siamo stati battezzati e i nostri genitori hanno fatto del loro meglio per crescerci con una buona morale e buoni valori.
Durante la mia infanzia e la prima adolescenza, mentre imparavo a leggere e a scrivere e scoprivo l'amore per l'arte, la celebrità di Elvis continuava a salire alle stelle. Fece musica e film, si sposò ed ebbe un figlio. A volte, quando i parenti venivano a trovarci a Memphis, volevano vedere Graceland. Noi li accontentavamo e ci recavamo con una guardia di sicurezza in una jeep rosa a strisce con tettuccio, sul vialetto di Graceland. Era un piccolo tour della tenuta, solitamente offerto quando Elvis era fuori città.
Da maschiaccio, pattinavo, andavo a cavallo e mi arrampicavo sugli alberi. Spesso salivo anche sulla moto di mio fratello, fingendo di guidarla. Anche se i nostri genitori erano preoccupati, ogni tanto Mike mi portava per un breve giro e io ne ero entusiasta. L'amore di mio fratello maggiore per le moto divenne presto la mia ossessione. Quando avevo quattordici anni, tormentai mio padre per comprare una minibike per me. I miei genitori erano apprensivi, avendo avuto abbastanza problemi di sicurezza con mio fratello che andava in moto, ma mio padre cedette e io ebbi la mia mini moto. Ho continuato ad amare le moto e, anni dopo, ne avrei avuta una mia.
L'arte, comunque, era la mia più grande passione. Disegnavo e dipingevo costantemente e veneravo mio fratello Mike, un artista meraviglioso che aveva iniziato a prendere lezioni d'arte al college. Ho avuto un'insegnante d'arte al liceo, la signora Murphy, che di solito si vestiva di viola. Indossava occhiali viola e portava un bastone viola. Anche i suoi capelli bianchi argentei sembravano avere una sfumatura viola. L'arte era un modo per me di esprimermi, e nella mia adolescenza stavo pensando a come trasformare la mia passione in una carriera.
Amavo anche cantare. Fingendo che la mia spazzola fosse un microfono, mi vestivo con una delle vecchie gonne di mia madre e cantavo insieme a vari dischi. Questo non sorprendeva nessuno perché la musica era centrale nella nostra vita domestica. Mia madre era una musicista autodidatta che sapeva suonare il piano, la chitarra e il mandolino. Suo padre era stato il ministro di una piccola chiesa in Arkansas, ed essendo stata spiritualmente influenzata da entrambi i genitori, di solito suonava inni gospel sul nostro pianoforte. A mia madre piaceva una varietà di musica, dalla classica al Gospel, e quando era a casa si sentivano le voci di Dean Martin, Bing Crosby, Engelbert Humperdinck, Tom Jones e sì, Elvis, che risuonavano dallo stereo nel nostro soggiorno. Il suo amore per la musica ci ha contagiato.
Terry si interessò al pianoforte e cominciò a prendere lezioni, esercitandosi con fervore. A tredici anni ho iniziato a prendere lezioni di canto. Potevo suonare il piano un po' a orecchio e occasionalmente mi divertivo con una grande chitarra rossa che mi era stata regalata, ma di solito quando volevo cantare, tormentavo Terry perché mi accompagnasse al piano.
Nonostante il fatto che i nostri genitori non fossero ricchi e avessero quattro figli da sfamare e vestire, avevano generosamente trovato i soldi per le lezioni di musica quando avevamo espresso il nostro interesse.
Ogni volta che mia madre suonava il piano, io mi avvicinavo e mi mettevo dietro di lei per cantare. Mio padre e le mie sorelle si univano occasionalmente, rendendo quei momenti alcuni dei miei ricordi più belli. Quando più tardi uscirono le segreterie telefoniche, mia madre, le mie sorelle ed io registrammo un messaggio cantato in armonia. Gli amici sostenevano che suonavamo proprio come le Andrews Sisters.
Per quanto mi piacesse cantare, ero troppo consapevole e preoccupata di ciò che gli altri pensavano per cantare in pubblico. Ho fatto in modo che la mia famiglia guardasse dall'altra parte quando mi esercitavo e ho persino chiesto loro di non venire ai miei recitals. Ho continuato le lezioni di canto per tutto il liceo, poi ho smesso, incapace di superare questa grande timidezza. Decisi che sarebbe stato giusto lasciare che questa mia particolare passione rimanesse una fantasia d'infanzia, tranquillamente nascosta.
Nonostante le mie inclinazioni da maschiaccio, io e mia sorella Terry ritagliavamo le foto delle modelle che ci piacevano, dalla rivista McCall's e dal catalogo Sears, usandole come bambole di carta. Da adolescente, pensavo: "Wow, essere una modella sembra così figo". A sedici anni ho finalmente visto la mia prima modella dal vivo e ho osservato il mondo oltre Memphis quando andai con Rosemary e la sua ragazza al Lowenstein Department Store in centro, per assistere alle audizioni per un concorso chiamato "Modella dell'anno". Il concorso era organizzato da Stewart Cowley, il proprietario di un'agenzia di modelle di New York. Mentre mi trovavo tra la folla riunita per vedere i partecipanti, rimasi affascinata dalla vista di una modella seduta accanto al signor Cowley, che lo aiutava a intervistare le concorrenti. Questa ragazza era magrissima ed aveva tagliato i suoi capelli neri molto corti. Nella mia mente, rappresentava tutto ciò che pensavo che una modella di New York City dovesse essere. Guardando la stanza, il signor Cowley a un certo punto si alzò e si diresse verso di noi.
Si avvicinò e mi chiese: "Perché non partecipa al concorso?" Offrendomi un modulo di iscrizione, tornò al suo tavolo.
Cominciai a compilare il modulo, ma la mia mano tremava. Ero eccitata ma impreparata per questo. Rosemary mi spinse a riconsegnare personalmente il modulo al signor Cowley e disse: "Assicurati di sorridere".
Aveva più fiducia in me di quanta ne avessi io. Restituii il modulo ma, vedendo la mia età, Mr. Cowley mi chiese di tornare tra qualche anno, perché i diciotto anni erano l'età giusta per entrare.
Qualche settimana dopo, tramite amici, feci da modella per alcuni abiti insieme ad altre due ragazze durante un breve segmento dello show Talent Party, che metteva in scena delle band. Il mio interesse nel fare la modella aveva superato ogni timore. Qualcuno mi vide nello show, e non molto tempo dopo, fui contattata e assunta per lavorare in uno spot televisivo della mia città. Avevo anche due lavori part-time dopo la scuola: in un ristorante nei fine settimana e decoratrice per le vetrine di un negozio di vestiti. Vedevo quest'ultimo come un apprendistato e un trampolino di lancio nel campo artistico.
Il mio interesse per l'arte continuò per tutta la scuola superiore, e cominciai a partecipare ai miei dipinti nei concorsi d'arte locali, vincendo anche alcuni premi. Mi sono laureata nella primavera del 1974 con una borsa di studio usata in un college quell'autunno. Scelsi la "Memphis Academy of Art", un piccolo college privato di arte e design. Quando iniziai le lezioni, lasciai il mio lavoro al ristorante ma continuai a lavorare part-time al negozio di abbigliamento.
Ero una delle studentesse più giovani; tra i miei corsi di disegno, scultura e ceramica, mi sentivo fuori dalla mia portata e leggermente sopraffatta. Anche se i miei insegnanti, gli amici e la famiglia mi dicevano che avevo talento e in un certo senso ci credevo, il programma dell'accademia si rivelò troppo intenso per me.
Volendo rallentare e capire il mio futuro un passo alla volta, decidetti di prendermi un anno sabbatico dall'accademia d'arte. Speravo di trovare un percorso diverso che potesse portare ad una futura carriera legata all'arte.
Nella primavera del 1975, Terry vide un annuncio per il concorso di Miss Memphis. I concorsi erano eventi importanti nel Sud, e lei decise di partecipare, vincendo il primo posto. Trovandolo stimolante e divertente, alla fine di quell'anno cominciò ad incoraggiarmi a partecipare al concorso di Miss Tennessee Universe. Io non ero una persona competitiva, ma potevo sicuramente vedere come la competizione potesse aiutarmi a superare la mia timidezza. Così, senza nulla da perdere, all'inizio del 1976 feci il grande passo.
Il titolo andò alla andò alla sorella del direttore esecutivo del concorso e io mi posizionai al primo posto.



Nel febbraio del 1976, la mia famiglia si trasferì in una casa più grande nella parte est di Memphis. Mio padre gestiva ancora un grande magazzino e mia madre lavorava per l'Internal Revenue Service. Mio fratello, ora vigile del fuoco, viveva nelle vicinanze con sua moglie e le sue due figlie, mentre io e le mie sorelle vivevamo ancora a casa. Rosemary lavorava nelle vendite, Terry frequentava la Memphis State University, e io facevo un lavoro extra al negozio di abbigliamento mentre mi occupavo delle vetrine del negozio.
Il rapporto tra i miei genitori non era stato dei migliori negli ultimi anni. Mia madre aveva chiesto il divorzio due volte nel 1974, ma mio padre lo respinse entrambe le volte, sperando di risolvere le cose. Quando i miei genitori acquistarono la nostra nuova casa, io e i miei fratelli volevamo credere che fosse l'inizio di un futuro più luminoso per loro.
In primavera, Terry partecipò di nuovo a Miss Memphis e vinse. Questo la portò al concorso di Miss Tennessee in giugno, e la nostra famiglia guardò con orgoglio mentre veniva incoronata Miss Tennessee del 1976. I concorsi erano stati emozionanti e, con le mie sorelle che mi incoraggiavano, partecipai ad alcuni altri concorsi locali più o meno nello stesso periodo, vincendo Miss Sicurezza Stradale e Duchessa nel nostro annuale Cotton Carnival Ball.
Come Miss Tennessee, Terry fu invitata quell'estate in un country club di Memphis, dove ottenne i biglietti gratuiti per vedere Elvis esibirsi al nostro Mid-South Coliseum il 5 luglio. A causa di altri impegni ufficiali, non poté andare al concerto, così diede i biglietti a mia madre, Rosemary, e a me. La mia famiglia ed io non sapevamo che, in un futuro molto prossimo, il titolo di Terry avrebbe aperto la porta di Graceland, conducendomi direttamente nella vita di Elvis.
Quando arrivò il 5 luglio, ero entusiasta di vedere Elvis esibirsi per la prima volta. Non possedevo nessun album di Elvis, ma mia madre aveva i suoi gospel e quelli natalizi, e mio fratello Mike aveva alcuni 45 giri di Elvis dell'etichetta "Sun". Mi piaceva una varietà di musica, dalla classica al rock'n'roll e alcuni dei miei gruppi preferiti all'epoca erano i Fleetwood Mac e i Led Zeppelin, e il cantante Elton John.
I nostri posti non erano troppo vicini al palco, ma quando Elvis entrò e le telecamere iniziarono a lampeggiare, rimasi completamente incantata. L'uomo la cui voce ero cresciuta ascoltando tutta la mia vita era improvvisamente lì davanti a me, in carne ed ossa ! Era meraviglioso sentirlo cantare le canzoni che avevo sentito prima solo in televisione e alla radio. I suoi capelli erano più lunghi e sembrava un po' più pesante che nei suoi primi anni, ma ero affascinata dal modo in cui Elvis salì sul palco vestito con una tuta bianca con un disegno di un uccello egiziano, maniche a sbuffo di seta blu e una cintura con catene che gli pendevano dalla vita.



Quella sera d'estate del 1976, la folla era un mix di adulti di mezza età, adolescenti e bambini. Elvis mise su un grande spettacolo e ad un certo punto disse al pubblico: "Il primo disco che ho fatto qui a Memphis, sapete, era 'That's All Right (Mama),' e così via e loro... avevano un paio di persone che dicevano: "Beh, non puoi più farlo. Dio, guardami!"
Allora entrò con tutta la forza nella canzone e dimostrò che si sbagliavano. Mia madre, mia sorella ed io eravamo tre su migliaia quella sera, affascinati da uno spettacolo che sfortunatamente si sarebbe rivelato l'ultima apparizione di Elvis nella sua città natale.
02/11/2021 20:50
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CAPITOLO 3


All'inizio di settembre 1976, Terry andò ad Atlantic City, New Jersey, per rappresentare lo stato del Tennessee al concorso di Miss America. Fui in grado di aggirare il mio lavoro al negozio di vestiti e andare con la mia famiglia per sostenerla.
Terry era una pianista estremamente dotata, le cui molte ore di pratica disciplinata l'avevano portata lontano.
In una delle serate preliminari, vinse tutti e tre gli onori nel concorso in costume da bagno, talento e abito da sera. Anche se la corona di Miss America non sarebbe stata sua quell'anno, era sempre una vincitrice ai miei occhi.
Prima di andare nel New Jersey, avevo partecipato e vinto Miss Fiera del Mid-South, un enorme evento di due settimane che aspettavo con ansia ogni anno, quando veniva a Memphis alla fine di settembre.
Poco più di una settimana dopo il ritorno dal New Jersey, la Fiera del Mid-South iniziò e io vi partecipai ogni giorno come hostess ufficiale. Come al solito, fu molto divertente ma prima che me ne accorgessi, la fiera era finita e così anche il mese di ottobre.
Una tipica serata del fine settimana a Memphis di solito trovava me e le mie sorelle fuori a cena, al cinema, o socializzare con gli amici. La serata di venerdì 19 novembre 1976, tuttavia, tutte e tre eravamo a casa, sedute nello studio con Larry, un giovane che stavo frequentando, quando il telefono squillò. Nostra madre rispose in cucina, poi entrò nello studio per dire che George Klein stava chiamando per Terry. Io e le mie sorelle ci scambiammo sguardi curiosi. George era un noto disc jockey locale e personaggio televisivo. Infine, ma certamente non meno importante, era anche un amico di lunga data di Elvis Presley.
Terry prese il ricevitore in cucina. Nel frattempo, nostra madre, con l'aria un po' sbalordita, riferì che George le aveva detto che Elvis si era visto in giro e che avrebbe voluto incontrare la nuova Miss Tennessee. Stava invitando Terry a Graceland! Non era certo la telefonata di tutti i giorni. L'aver visto Graceland solo dall'esterno rendeva ancora più surreale tutto questo.
Rosemary ed io ci precipitammo in cucina per origliare spudoratamente la conversazione di Terry la quale poteva essere Miss Tennessee, ma l'idea di un "appuntamento" con Elvis era inimmaginabile per me e le mie. Questo succedeva solo nei film! Terry aveva anche frequentato qualcuno dal liceo, così quando la sentimmo accettare l'invito, sapemmo che l'aveva fatto per la stessa ragione per cui l'avremmo fatto noi: era ansiosa di incontrare Elvis di persona e di dare una sbirciatina a Graceland.
Noi tre eravamo molto uniti, e sapendo che Terry si sarebbe sentito a disagio ad andare da sola, Rosemary propose che noi due l'accompagnassimo. Per quanto sembrasse eccitante, non mi sentivo a mio agio con questa idea perché non eravamo stati invitati. Prima che potessi protestare, tuttavia, Rosemary si avvicinò rapidamente a Terry mentre era ancora al telefono e sussurrò: "Chiedi a George se io e Ginger possiamo venire!"
Terry fece una pausa per un secondo: sapeva che non era appropriato, ma era nostra sorella e ci siamo sempre prese cura l'una dell'altra, così andò avanti e chiese. Poi, abbassando il ricevitore dall'orecchio, ci disse che George era sembrato un po' esitante e l'aveva messa in attesa mentre lui controllava. Ora eravamo imbarazzati.
Quando George tornò in linea, però, con nostro grande sollievo, Terry fece un cenno di sì e Rosemary ed io andammo a dirlo a nostra madre e a Larry ik quale non era molto entusiasta del fatto che andassi a Graceland, ma vedendo quanto eravamo tutti eccitati, disse: "Non vi biasimo se volete andare" e se ne andò.
Quando Terry finalmente riattaccò il telefono e ci raggiunse nello studio, disse che Elvis voleva mandare una macchina per noi, ma gli aveva detto che avrebbe guidato lei. George aveva chiesto in quale macchina saremmo stati in modo da poter dire alla guardia al cancello d'ingresso di tenerci d'occhio. La nostra ora stabilita per essere a Graceland era le 23. Ci preparammo entusiaste ma nervose: incontrare Elvis e visitare l'interno di Graceland significava che ci aspettava una doppia sorpresa !
Mentre chiacchieravamo e ci ritoccavamo il trucco, Terry disse: "Sono contenta che tu e Rosemary andiate". Pochi istanti dopo, riflettè sull'esitazione di George e sul fatto di dover controllare. "Spero davvero che tu venga con me".
Sentendomi a disagio io stessa e non volendo che Terry si preoccupasse, mi allontanai e smisi di prepararmi. Rosemary se ne accorse subito e mi disse: "George ha detto che va bene". Poi, scherzando ma non troppo, aggiunse: "Il peggio che Elvis può fare è chiederci di andarcene".
Aveva ragione, così finii di vestirmi. Alle 10:30 stavamo salutando i nostri genitori e ci stavamo dirigendo con entusiasmo fuori dalla porta. Graceland era a poco meno di mezz'ora da casa nostra. Eravamo così eccitati che chiacchierammo per tutto il tragitto. Quello che una volta era stato un tratto della Highway 51 South era ora Elvis Presley Boulevard; appena svoltammo, ci facemmo più silenziosi. Il muro di pietra che circonda Graceland si presentò davanti e, mentre ci immettevamo nella corsia di svolta con il lampeggiante acceso, i cancelli in ferro battuto con l'immagine di Elvis che tiene in mano una chitarra, cominciarono lentamente ad aprirsi. Fu una sensazione incredibile sapere che questo stava
succedendo solo per noi!
Terry dette il suo nome alla guardiola. I cancelli si chiusero dietro di noi e cominciammo a risalire il lungo vialetto, fermandoci poco prima del portico illuminato. Rimanemmo sedute in macchina per qualche momento, incerte su cosa fare . Qualcuno sarebbe uscito a prenderci? Dovevamo parcheggiare qui o sul retro? Una guardia di sicurezza emerse presto dall'oscurità e si avvicinò al lato del guidatore dell'auto. Terry abbassò il finestrino e chiese: "Cosa dovremmo fare ?"
Sorridendo, la guardia rispose: "Provate a bussare alla porta principale".
Scendemmo dall'auto, ridendo di noi stesse e del commento della guardia. Passando tra due enormi statue di leoni, cantammo scherzosamente: "Leoni e tigri e orsi, oh mio Dio!" nel tentativo di rilassarci.
Salimmo i gradini di pietra fino al portico anteriore dove Rosemary, sempre la più coraggiosa tra noi, premette il campanello accanto alla porta d'ingresso in ferro battuto verde. Aspettando che Elvis apparisse da un momento all'altro, le mie precedenti preoccupazioni di presentarmi senza invito riemersero. Diventai sempre più ansiosa, chiedendomi: "E se Elvis non volesse davvero Rosemary e me qui?"
Rimasi in disparte, lasciando che Rosemary e Terry aspettassero alla porta. Quando si aprì, George Klein ci salutò, il che mi sorprese. Per quanto possa sembrare ingenuo, dato che questa era la casa di Elvis, mi aspettavo che lui si presentasse alla porta.
George aveva la stessa età di Elvis, quarantuno anni, ed era un tipo amichevole con i capelli neri. Era stato il suo "Talent Party show" in cui una volta feci brevemente da modella. Non dissi nulla di questo, perché non pensavo che se ne sarebbe ricordato. Si presentò e poi ci fece cenno di seguirlo. Sentendomi come Alice che attraversa lo specchio, feci un respiro profondo ed entrai per la prima volta a Graceland. I miei piedi affondarono nella spessa moquette rossa che si estendeva nell'atrio e su per una scala con una balaustra bianca e dorata e la ringhiera in bianco e oro. George ci invitò nella sala da pranzo. Passando sotto un enorme, ornato lampadario di cristallo, detti un'occhiata a destra e vidi una stanza decorata tutta in rosso con mobili francesi. Finestre di vetro color pavone erano su entrambi i lati dell'ingresso in una sala della musica dominata da un pianoforte a mezza coda. nero. Molte persone hanno definito questo arredamento rosso come pacchiano e alla fine sarebbe stato cambiato. Ma, pacchiano o no, mi ha impressionato all'epoca, ed è ancora uno dei miei ricordi più duraturi di Graceland.
Alla mia sinistra sentii delle voci: mi girai e vidi alcune persone accomodate su sedie rosse, argentate e con lo schienale alto intorno a un tavolo da pranzo a specchio. Il fumo del sigaro si arricciava nell'aria mentre ci avvicinavamo. Fissando la sedia alla fine del tavolo, con lo schienale rivolto verso di noi, pensai con entusiasmo: "Questo deve essere Elvis!".
I miei passi, quasi trattenendo il respiro. Mi ero sbagliata. George presentò l'occupante della sedia come GeeGee Gambill. Sua moglie, la cugina di Elvis, Patsy Presley, insieme ad un altro cugino, Billy Smith, e la moglie di Billy, Jo. Stavano giocando a carte, gli uomini fumavano sigari, tutti vestiti in modo casual con jeans e magliette o camicette. Tutti ci salutarono cordialmente e non potrei dire dalla loro reazione se ci stavano aspettando o se sapevano chi eravamo, ma ho avuto l'impressione che ci stessero valutando mentre ci lanciavano rapidi sguardi dall'alto in basso. Noi tre ci eravamo vestiti bene per incontrare Elvis, ma non avevamo pensato eccessivamente di impressionare qualcuno.
George ci condusse poi attraverso la cucina. Il pavimento era coperto da un tappeto da parete con un disegno patchwork multicolore. Non avevo mai visto la moquette in una cucina, ma questa era la casa di Elvis, quindi immaginavo che ci sarebbero state molte cose che non avevo mai visto prima. La stanza sembrava calda, con armadietti marrone scuro e lampade di vetro colorato che pendevano dal soffitto. La cucina aveva un angolo per la colazione e si apriva su un altro ambiente.
"Questa è la stanza della giungla", annunciò George gesticolando, mentre si fermava per rispondere a un telefono verde che ronzava su un tavolo vicino. Mentre guardavo George che ascoltava qualcuno al telefono, sentii risate che riecheggiavano dalla sala da pranzo e mi colpì come tutti fossero a proprio agio nella casa di Elvis.
Cominciai a rilassarmi un po' e mi guardai intorno nella stanza. Notai che l'acqua gocciolava sulla faccia di una parete di fondo ricoperta di pietra, e i mobili presentavano teste di animali scolpite e incisioni.
George riattaccò il telefono. "Puoi aspettare qui, per favore?" chiese. "Elvis non è ancora pronto. Sta praticando il karate". Poi se ne andò, lasciando noi tre soli nella stanza.
Sembrava un po' strano che Elvis ci invitasse qui ad una certa ora e non fosse pronto. Tuttavia non mi lamentavo. Ero entusiasta anche solo di vedere l'interno di Graceland.
Mi sedetti su una sedia di finta pelliccia con i braccioli di legno intagliati per sembrare teste di drago asiatico. Rosemary e Terry scelsero un divano doppio. Davanti c'era un enorme tavolino da caffè in legno laccato. Statue di animali della giungla erano disposte a caso nella stanza; un grande specchio incorniciato di piume era appeso a una parete laterale e il tappeto verde era, sorprendentemente, su parti del soffitto così come sul pavimento.
Dopo qualche minuto, una cameriera entrò e ci offrì da bere. Chiedemmo delle bibite e, quando se ne andò, allentammo la nostra tensione tirando fuori dalla borsa i nostri portacipria a specchio, aprendoli, e scherzando, fingendo di farci belle. Improvvisamente, notai delle telecamere montate sulle pareti vicino al soffitto che sembravano essere puntate verso di noi ! Le indicai alle mie sorelle mentre mi chiedevo se ci stessero spiando.
La cameriera tornò con i nostri drink e ci sedemmo in silenzio, ora cauti su ogni nostra mossa. Considerando l'ora tarda, ero sorpresa che Graceland fosse così attiva. I telefoni ronzavano periodicamente (non suonavano) e varie persone andavano e venivano. A un certo punto, un giovane sui vent'anni, con lunghi capelli biondi, entrò nella Jungle Room e si presentò casualmente come il fratello di Elvis, Ricky Stanley.
Fratello? Ero perplesso. Non sapevo che Elvis avesse dei fratelli. Più tardi appresi che Ricky era il fratellastro di Elvis. Sua madre, Dee, aveva sposato il padre di Elvis, Vernon, dopo la morte di Gladys Presley.
Ci presentammo e scoprimmo che Ricky lavorava come aiutante di Elvis. Non molto tempo dopo, apparve un uomo sulla quarantina, basso e dai capelli scuri, che si presentò come Charlie Hodge. Con un drink in una mano e una sigaretta nell'altra, iniziò a raccontare barzellette di cattivo gusto mentre si appoggiava come se stesse in equilibrio sul ponte di una nave che sbandava. Se Elvis era considerato il re del Rock and Roll, pensai che Charlie si sarebbe certamente qualificato come suo buffone di corte. Mi chiedevo se fosse stato mandato espressamente per intrattenerci. Come ho scoperto dopo aver iniziato a vedere Elvis, Charlie cantava l'armonia con Elvis e lo assisteva sul palco durante i suoi spettacoli.
George finalmente tornò. "Elvis si sta ancora esercitando nel karate", disse. "Volete vedere di sotto?"
Pensando che fossimo al piano di sotto, fui sorpresa di seguirlo giù per una scala sul retro. Entrammo in una stanza colorata con un tessuto dai motivi vivaci in blu, rosso e giallo che rivestiva le pareti e il soffitto. I mobili erano rivestiti di materiale armonizzato. Un organo elettrico si trovava contro una parete a muro e un tavolo da biliardo era presente al centro della stanza sotto due grandi lampade stile Tiffany, sospese al soffitto.
George ci portò poi in un'altra stanza che chiamò Sala TV. Mi sono sentita immediatamente disorientata quando siamo entrate in questa stanza, perché era piena di specchi: Gli specchi coprivano il soffitto, incorniciavano il caminetto e coprivano un tavolino quadrato. Quelli che sembravano piccoli specchi brillavano nel tessuto ricamato dei cuscini gialli e bianchi sparsi su un grande divano componibile blu. Sgabelli di pelle gialla erano accostati al bar, e tre televisori erano stati integrati in una parete laterale. Un enorme fulmine bianco dentro nuvole blu e gialle era stato dipinto sopra il divano. George spiegò che Elvis aveva un motto, TCB, che stava per Taking Care of Business. Il fulmine era un simbolo per prendersi cura degli affari alla velocità della luce.
Un telefono cominciò a ronzare nella stanza. George rispose alla chiamata e, dopo aver riattaccato, disse che saremmo andati di sopra, nella stanza della figlia di Elvis.
Al piano di sopra? Non potevo crederci! Il nostro tour mi aveva aiutato a calmarmi, ma ora i miei nervi cominciavano a ronzare di nuovo. Sapevo che Elvis doveva essere all'ultimo piano perché avevamo praticamente coperto tutto il
piano inferiore. Era arrivato il momento, pensai: Finalmente lo avremmo incontrato!



I parenti di Elvis stavano ancora giocando a carte nella sala da pranzo quando passammo di nuovo davanti a loro, questa volta diretti verso l'ingresso. Quando George iniziò a salire le scale, il mio cuore iniziò a battere ancora più velocemente. Lo seguimmo lungo un corridoio e nella camera da letto di Lisa: questa stanza era decorata principalmente in giallo e bianco. Un divano di pelle nera era contro il muro a destra, e il centro della stanza era dominato da un grande letto rotondo coperto di pelliccia sintetica bianca con baldacchino.
Io e le mie sorelle ci sedemmo sul divano e George accese un televisore; si appoggiò al letto di Lisa e continuò la visita con noi. Ricky e Billy Smith entrarono , appoggiandosi al letto e unendosi alla conversazione. Diedi un'occhiata al mio orologio. Era ormai vicina all'una di notte. Erano passate due ore dal nostro arrivo, anche se non mi era sembrato che fosse passato così tanto tempo. Più Ricky, George e Billy continuavano a parlare, più cominciavo a chiedermi se loro
stessero coprendo Elvis. Aveva cambiato idea sull'incontrarci? Ora che eravamo stati intrattenuti con un tour, ci avrebbero chiesto di andarcene senza incontrarlo?
La figura di un altro uomo apparve sulla porta della stanza di Lisa. Mi girai a guardare, pronto a salutare un altro parente o amico, ma era Elvis che entrava nella stanza. Fui presa alla sprovvista. Mi aspettavo di sentire le trombe suonare al suo ingresso... I capelli neri di Elvis erano acconciati con disinvoltura. Non c'era nessun pompon o abito sfarzoso, solo Elvis, vestito con un top blu scuro da karate, pantaloni neri e stivali neri.
Fui immediatamente attratta da lui. I suoi capelli sembravano morbidi e lucenti; la sua pelle era pulita e liscia. Pensando che fosse bellissimo e la mia timidezza volaò via dalla finestra.
"Ciao, Elvis!" Ho sbottato, come se lo conoscessi da anni.
"Ciao", disse Elvis e ci strinse la mano, riconoscendo correttamente me e le mie sorelle per nome, una per una. Qualcuno lo aveva ovviamente informato su chi era chi.
Poi, attraversando la stanza di fronte a noi, Elvis si sedette su una grande sedia scura alla nostra destra e mise un sigaro alle labbra. Billy si chinò rapidamente e glielo accese. Elvis si sedette più indietro sulla sedia e si scusò per averci fatto aspettare. Billy lasciò la stanza mentre Elvis chiese a Terry di se stessa. Lei parlò della sua musica e dei vari titoli che aveva vinto.
"E tu?" Elvis mi chiese. "Hai vinto qualche titolo?"
Gli raccontai un po' di me. Quando Elvis arrivò a Rosemary, lei disse che non aveva mai partecipato a nessun concorso al di fuori del liceo. Lui sorrise e disse: "Beh, avresti dovuto farlo, ma per ora dovrai essere solo Miss... Miss . . . Miss . . . Capito".
Ridevamo tutti. Più Elvis scherzava con noi, più notavo quanto il suo umorismo fosse simile al nostro. Avevo questa sensazione di una potente presenza ed energia dal momento in cui Elvis entrò nella stanza, e continuò a mantenere la mia attenzione completamente per tutta la notte. Allo stesso tempo, fui presa da quanto fosse con i piedi per terra, dal suo sorriso sexy e dalla sua risata.
Comtinuammo a parlare con Ricky e George che si intrattenevano periodicamente. Elvis ci disse che onore fosse stato cambiare il nome della strada in Elvis Presley Boulevard e disse che a volte scherzava: "Via dalla mia strada!" agli altri automobilisti mentre la percorrevano. Parlò anche di karate, facendoci sapere che era cintura nera di nono grado.
"È una bellissima forma d'arte", gli dissi, aggiungendo che avevo voluto prendere lezioni quando avevo sedici anni, ma i miei genitori pensavano che fossi troppo giovane. Elvis non era d'accordo, dicendo che non era mai troppo giovane per iniziare.
Terry parlò della musica classica per pianoforte che le piaceva. Io parlai del mio amore per l'arte, ma non osai menzionare il mio canto. Rosemary, la più comica di noi tre, lo faceva spesso ridere.
Elvis era educato ed era facile parlare con lui, il che mi metteva a mio agio fino a quando non inclinò la testa da un lato, guardò verso il pavimento e disse: "Ginger, mi stai facendo un buco dentro". I suoi intensi occhi blu risalirono lentamente verso il mio viso.
"Chi, io?" Chiesi.
"Sì, tu", rispose lui.
Non sapevo cosa volesse dire, perché non mi sembrava di averlo fissato. Stavamo solo parlando. Ero imbarazzata e sentii un lampo di calore scaldarmi il viso.
Parlammo ancora un po', poi Elvis chiese: "Volete vedere il resto del piano di sopra?"
Emozionati, rispondemmo: "Certo!".
Insieme a Ricky e George, seguimmo Elvis fuori nel corridoio. Avevo ancora in mano il mio bicchiere di soda. Elvis lo prese, bevve un sorso e me lo restituì. Questo mi distrasse così tanto che feci una svolta sbagliata e mi diressi verso le scale d'ingresso. Sentii le mani di Elvis sulle mie spalle che mi giravano delicatamente e mi guidavano indietro attraverso una serie di doppie porte. Tutti seguirono Elvis e me mentre tagliavamo attraverso un ufficio e poi un'altra serie di doppie porte nella sua camera da letto principale. La prima cosa che mi colpì fu che il divano e le sedie abbinate sembravano identici ai mobili che avevamo noi a casa. Per il resto, l'arredamento della stanza era molto diverso da qualsiasi cosa avessi mai visto prima. Una nera e lucida testata in Naugahyde, incoronava l'enorme letto che Elvis ci disse con orgoglio che era di due metri per due. Lampade da lettura erano attaccate al muro su entrambi i lati. Lo stesso tappeto rosso a pelo lungo copriva il pavimento, con la carta da parati nera e dorata che rivestiva una parete e l'imbottitura sull'altra. Le porte e il soffitto della camera da letto erano anch'esse imbottiti e, con mia grande sorpresa, c'erano due televisori
incastrati nel soffitto. Elvis spiegava l'imbottitura dicendo che non voleva sentire rumore esterno quando dormiva.
Ricky se ne andò mentre io e le mie sorelle seguimmo Elvis, insieme a George, nel suo ufficio, decorato di marrone. Alla mia sinistra c'era una vetrina piena di fucili e pistole; al centro della stanza, due divani si fronteggiavano, con un tavolino tra di loro. Vicino al fondo della stanza c'era una grande scrivania con una sedia, e dietro di essa, due librerie erano appoggiate al muro.
Elvis si avvicinò ad un organo elettrico vicino ad una porta chiusa a fisarmonica e si sedette sulla panca. Io stavo dietro di lui con George e le mie sorelle raccolte intorno. Qualcosa in tutto questo mi sembrava familiare perché ero stata così spesso in piedi e cantavo dietro mia madre mentre lei suonava il piano.
Mettendo le dita sulla tastiera, Elvis cominciò a cantare "You'll Never Walk Alone". Era come se stessi sognando !
In vari momenti durante la canzone, Elvis alzava lo sguardo dall'organo, sorridendo a Rosemary e Terry o lanciando occhiate oltre la sua spalla per sorridermi. Ad un certo punto, guardai nello specchio sopra e notai George che sbadigliava. Questo mi ha fatto chiedere se avesse visto Elvis fare questo genere di cose molte volte prima o se era solo stanco perché era così tardi. Elvis finì e noi applaudimmo. Alzandosi, disse: "Vorrei mostrarvi il mio camerino".
Questo mi sorprese; avevo sempre pensato che gli armadi delle persone fossero personali. D'altra parte, vedere il camerino di Elvis sarebbe stato un bonus aggiunto perché mi piaceva stare con lui ed ero eccitata dall'idea di vedere uno dei suoi sancta sanctorum.
Seguimmo Elvis attraverso la sua camera da letto e nel suo bagno, che era rivestito della stessa moquette rossa reale. Alla mia sinistra c'era una toilette nera con un telefono attaccato al muro. Sulla destra c'era una toletta nera coperta di articoli da toilette. Sopra di esso, la parete a specchio era delineata da luci per il trucco. Al di là di un'enorme doccia ricurva con piastrelle multicolori, entrammo nella zona del camerino di Elvis. Era piena di scaffali di vestiti che circondavano un letto coperto da una pelliccia sintetica simile a quella nella stanza di Lisa. Un busto del dio greco Apollo sedeva su un piedistallo accanto ad una porta aperta che conduceva al corridoio. (Più tardi, Elvis mi avrebbe detto che pensava che il busto gli somigliasse. Lo pensavo anch'io).
Indicando alcune tute da palcoscenico, Elvis disse che era orgoglioso della maestria con cui erano state realizzate. Ci disse che erano fatte di un materiale che non lasciava entrare o uscire aria. Poi iniziò a mostrarci i suoi stivali e i suoi vestiti casual. "Casual" per Elvis sembravano essere cappotti con colletti di pelliccia, camicie di raso dai colori vivaci e dal collo alto; pantaloni svasati e cappelli che sembravano essere stati indossati sul set del film Shaft.
Potevo capire che Elvis volesse mostrarci i suoi costumi, ma ancora una volta ero sorpreso che fosse disposto a mostrarci i suoi vestiti più personali. Era un'estensione del suo personaggio? Era qualcosa che sentiva di dover fare con noi?
Quando ebbe finito di farci fare un giro del suo camerino, si scusò e, mentre si dirigeva verso la parte anteriore del bagno, chiamò George a seguirlo. Io e le mie sorelle ci trovammo ora nella straordinaria posizione di stare da sole nell'armadio di Elvis Presley, cercando di elaborare quella che era iniziata come un'innocente serata a casa. Elvis era stato accattivante, divertente e cortese. Pensavamo che lo spettacolo fosse finito e che ci sarebbe stato chiesto di andarcene quando George fosse riapparso. Con mia sorpresa, George tornò e disse: "Ginger, Elvis vorrebbe vederti per un minuto".
Cosa voleva Elvis da me? Lanciai uno sguardo incerto a Terry e Rosemary.
"Ti sta aspettando", esortò George, facendomi cenno di andare verso la parte anteriore del bagno.
Facendo qualche passo in avanti, mi voltai indietro per vedere George che guidava le mie sorelle fuori attraverso la zona degli spogliatoi. La mia ansia tornò a ruggire. Io e le mie sorelle avevamo fatto da rete di sicurezza l'una per l'altra, ma ora ero da sola. Quando superai la porta del suo bagno, vidi Elvis seduto sulla sponda del letto. Lui sorrise e accarezzò il copriletto rosso, facendomi cenno di sedermi accanto a lui. Non ero sicura di cosa volesse: mi avvicinai nervosamente.
"Hai notato che stavo prestando più attenzione a te che alle tue sorelle?" chiese con un lieve sorriso.
Distolsi brevemente lo sguardo. Il mio cuore cominciò a battere: Elvis ci stava davvero provando con me? Andava ben oltre la mia immaginazione. Sentivo che ci aveva trattato tutti e tre allo stesso modo, ma ripensandoci, ricordavo il suo commento sul fatto che gli stavo "facendo un buco", come aveva bevuto un sorso dal mio bicchiere di soda, e il modo in cui aveva messo le mani sulle mie spalle nel corridoio. Era questo che intendeva?
Non del tutto sicuro, alzai lo sguardo verso di lui e risposi: "Sì".
Lui annuì. "Quando mi piace qualcuno, mi piace davvero tanto", disse. "Non è solo un'avventura. Non mi piacciono le avventure di una notte".
"Neanche a me piacciono le storie di una notte", risposi, volendo che fosse sicuro che non ero quel tipo di donna.
Elvis mi guardò in silenzio per un momento, poi fece un gesto verso la finestra. "Non sono quella strada là fuori", disse. "Se mi tagli, sanguino".
Non potevo credere che Elvis, una superstar carismatica e affascinante, mi stesse parlando in questo modo intimo. L'unica cosa che mi venne in mente di dire fu: "Capisco".
"Bene", rispose lui. Si chinò allora e raccolse un libro che giaceva con altri sul pavimento accanto al suo letto. Era il Libro dei Numeri di Cheiro, il veggente di fama mondiale.
"Quando è il tuo compleanno?" Chiese Elvis, aprendo il libro.
"Il tredici novembre", risposi.
"Sei un numero quattro", disse, e cominciò a spiegare che aveva raggiunto il numero sommando uno e tre insieme. Prese un paio di occhiali dal suo comodino, li indossò e cominciò a leggermi del numero quattro. Mi disse che i quattro sono sensibili e che i loro sentimenti vengono feriti facilmente. I quattro hanno la tendenza a sentirsi soli e isolati, con pochi veri amici, ma con i pochi amici che hanno, sono molto leali.
Elvis aveva tutta la mia attenzione. Non mi sentivo sola, ma ero timida, sensibile e fedele ai miei amici. Elvis ovviamente era appassionato dell'argomento della numerologia e mi ritrovai ad esserne attratta.
Dicendomi che l'8 gennaio era il suo compleanno, il che lo rendeva un numero otto, continuò a leggere riguardo a quel numero. Disse che queste persone erano spesso incomprese e per questo si sentivano sole. Di solito "giocano qualche ruolo importante sul palcoscenico della vita, ma di solito uno che è fatalista, o come strumento del Fato per gli altri". Dise anche l'otto ha molto successo o è un completo fallimenti. Essi si sentono diversi dagli altri e "raramente raccolgono la ricompensa per il bene che possono fare, vivendo". È solo dopo la loro morte che vengono lodati e onorati.
Il mio primo pensiero è stato: "Wow! Alcune delle caratteristiche sembravano davvero adattarsi a lui, ma Elvis da solo? Questo era difficile da credere per me, dato il numero di persone riunite al piano di sotto in questa notte.
Elvis rimase sull'argomento della numerologia per un po', poi sollevò un altro libro più grande dal pavimento e cominciò a sfogliarlo. "Questa dovrebbe essere un'illustrazione di Dio", disse, fermandosi su una pagina e me la mostrò.
Era il disegno di un uomo con una lunga barba bianca seduto su un trono con simboli di fuoco, ghiaccio, pioggia e vento ai suoi lati, Il libro mi ricordava una grande Bibbia illustrata che mia madre aveva e che spesso leggeva a me e ai miei fratelli quando eravamo più piccoli. Tenendo ancora il grande libro tra le mani, Elvis si sistemò più indietro sul letto e mi fece cenno di salire accanto a lui.
Ormai mi sentivo più a mio agio e decisi che era una richiesta abbastanza innocua; Elvis sembrava assorbito dal libro. Mi spostai per sedermi accanto a lui con la schiena contro un cuscino. Mi sorprese di nuovo porgendomi il libro e chiedendomi di leggere ad alta voce. Lo feci, sentendomi timida per questo. Non volevo fare un errore perché sentivo che lui mi guardava attentamente.
L'argomento di questo libro era diverso. Fui nuovamente coinvolta mentre Elvis osservava, sorseggiando periodicamente acqua ghiacciata da un grande barattolo di vetro seduto sul suo comodino. L'aria fresca soffiava da un condizionatore d'aria situato all'interno della finestra frontale della camera da letto. Avevo freddo, ma Elvis sembrava star bene e non mi sembrava giusto chiedergli di alzare la temperatura.
A turno, leggemmo e parlammo fino al mattino presto. Ad un certo punto, Elvis andò in bagno, lasciandomi a pensare che era stata una notte indimenticabile. Avrei avuto una bella storia da raccontare ai miei amici.
Essendo ormai sveglia da quasi ventiquattro ore, però, cominciavo a sentirmi sopraffatta dalla stanchezza: non ero più in grado di concentrarmi bene. Ora che Elvis era fuori dalla stanza, mi rendevo anche conto che era passato molto tempo e i nostri genitori non avevano ancora avuto nostre notizie. Ero anche preoccupato per Terry e Rosemary che dovevano aspettarmi.
Quando Elvis tornò dal bagno, dissi educatamente: "Elvis, dovrei trovare le mie sorelle e probabilmente andarmene. È davvero tardi".
Si sedette di nuovo sul letto. "Se ne sono già andate", disse casualmente. "Le tue sorelle sono andate a casa prima".
Ero sbalordita. Erano già andate via? Ero stata a Graceland tutto questo tempo senza di loro? Perplessa, mi chiedevo come facesse a saperlo. Elvis aveva organizzato tutto questo prima con George?
"Qualcuno ti porterà a casa quando sarai pronta", aggiunse Elvis, guardando le espressioni confuse che fluttuavano sul mio viso.
Decisi che probabilmente anche Elvis era stanco. Pensando che fosse giusto che me ne andassi, lo ringraziai a nome mio e delle mie sorelle per la notte. Si spostò sul bordo del letto e io mi feci strada accanto a lui mentre prendeva una cornetta del telefono dal comodino e chiedeva a qualcuno di darmi un passaggio a casa.
Con mio shock, aggiunse: "Per favore, assicurati di avere il suo numero", prima di riattaccare. Poi si rivolse a me e disse: "Dovresti sempre chiedere educatamente a qualcuno di fare qualcosa per te. Non dire mai a una persona cosa fare".
Mentre annuivo, ancora ammutolita, Elvis prese una penna e una scatola di fiammiferi dal cassetto del comodino, aprì la scatola di fiammiferi e chiese: "Qual è il tuo numero di telefono?"
Non può essere vero! Il mio pensiero andò improvvisamente a Larry, che non aveva voluto che venissi a Graceland stasera. Nonostante mi sentissi in conflitto, diedi a Elvis il mio numero. Lui lo scrisse. Mentre lo guardavo, Elvis si sporse improvvisamente verso di me, prendendomi completamente alla sprovvista. Mise le mani sul letto e mi diede un rapido e leggero bacio sulle labbra. Fu così veloce che ebbi a malapena il tempo di capire quello che era appena successo, ma ero stordita ed eccitata.
Uscii da Graceland in trance. Mentre tornavo a casa con un impiegato di nome Steve Smith, rividi il bacio nella mia mente. Non volevo certo che Elvis avesse un'impressione sbagliata di me. Non ero una professionista esperta quando si trattava di sesso o di relazioni. D'altra parte, speravo che gli fosse piaciuto baciarmi.

Anche se era quasi l'alba, le luci erano accese a casa mia quando l'automobile accostò al marciapiede. Prima di scendere, Steve mi chiese il mio numero di telefono. Dandoglielo una seconda volta, corsi velocemente dentro. Mia madre e le mie sorelle erano sedute sul divano nel nostro studio. Pensai che mio padre dovesse essere a letto perché a volte lavorava nei fine settimana. I nostri genitori erano stati entusiasti quando ci avevano invitato a Graceland, ma mia madre ammetteva ora che avevano iniziato a preoccuparsi quando era passato così tanto tempo senza nessuna notizia da parte nostra.
"Mi sentivo male a lasciarvi lì", disse Terry, spiegando che George li aveva portati fuori in un campo da racquetball dietro la casa, dove Charlie e Ricky si erano uniti a loro per un giro del campo.
George disse poi a Terry e Rosemary che Elvis voleva passare più tempo con me, e che loro erano invitati ad aspettare se volevano o, visto che era così tardi, ad andarsene. Aveva assicurato loro che Elvis avrebbe fatto in modo che io arrivassi a casa sana e salva.
Esausta, ma ancora con i nervi a fior di pelle, li informai su quello che era successo, tralasciando il bacio. Alcune cose erano personali, quando si trattava di quel genere di cose.
Ora che ero a casa, l'intera notte sembrava irreale. Elvis era diverso da chiunque avessi mai incontrato. C'era questa superstar del rock'n'roll che cantava a me e alle mie sorelle, ci mostrava il suo armadio e poi mi invitava a raggiungerlo sul suo letto, dove si era comportato da gentiluomo. Aveva letto libri religiosi con me e condiviso i suoi pensieri e sentimenti. Elvis era stato anche educato e divertente, cosa con cui mi sono relazionata. Aveva dimostrato un sincero desiderio che che io capissi cosa fosse in poco tempo, e nelle ore che avevamo trascorso insieme, avevo sentito un'intensa attrazione tra di noi.
Mi era piaciuta la notte; era stata magica e unica, e da quello che Elvis aveva detto e da come si era comportato, pensavo che gli fosse piaciuto molto passare del tempo con me.
Quando quella mattina ero finalmente sola nel mio letto, niente di tutto ciò sembrava reale o possibile. Ero in subbuglio. Elvis mi avrebbe chiamato? E, se lo avesse fatto, avrei accettato di vederlo di nuovo, sapendo che avrebbe fatto male a Larry, il bravo ragazzo con cui uscivo ? Onestamente non sapevo se avevo più paura che Elvis fosse attratto da me a causa di questo o più paura che mi sarei trovata a sentirmi delusa se non mi avesse chiamato.
Mi rotolai nel letto, alla ricerca del sonno. In poco tempo, dovetti ammettere che se non avesse chiamato, sarei rimasta delusa, e che sarei rimasta delusa, quindi decisi che se Elvis voleva rivedermi, avrei detto di sì.
03/11/2021 20:57
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CAPITOLO 4


Mi svegliai nel tardo pomeriggio di quel sabato e cominciai a pensare di nuovo alla serata. Naturalmente ero stata entusiasta di incontrare Elvis, c'era da aspettarselo: era Elvis, dopo tutto. Tuttavia, lui aveva cercato di connettersi con me, e dopo aver visto quanto fosse aperto e disponibile, ci era riuscito. La nostra differenza d'età non mi venne nemmeno in mente, e speravo di avere la possibilità di provare a conoscerlo meglio.
Riunita con le mie sorelle, parlammo degli eventi della serata. Terminai la nostra conversazione, pensando: "Se non avrò notizie di Elvis, cancellerò la notte scorsa come la notte più incredibile della mia vita".
Verso le 8 di sera, il telefono squillò. Mia madre rispose in cucina e la sentii salutare George. Entrai e lei mi passò il telefono.
"Elvis vorrebbe che tu venissi", disse George. "Passo a prenderti in macchina".
"Va bene", dissi e mi affrettai a prepararmi. Mi chiedevo perché Elvis non mi avesse chiamato di persona, ma mi faceva sentire bene il fatto che avesse davvero pensato a me e che volesse rivedermi così presto.
George ed io facemmo due chiacchiere durante il tragitto fino a Graceland, dove mi condusse direttamente al piano di sopra nella camera da letto principale e se ne andò. Ero nervosa come la sera prima e sentivo il mio cuore battere forte.
Elvis era seduto sul letto e guardava la televisione. Indossava una tuta blu aderente e una cintura nera di strass con catene. Quando mi salutò con un sorriso, mi rilassai un po' e pensai con sollievo: "Allora la scorsa notte era vera".
Elvis si alzò e passò ai piedi del letto per spegnere la televisione, guardandomi da sopra la spalla.
"Sai, la televisione distrugge l'arte della conversazione", disse.
Era un'osservazione interessante che veniva da un uomo che aveva almeno un televisore in quasi in ogni stanza. Tornando al suo letto, mi chiese di sedermi accanto a lui. Lo feci, confidando che fosse gentile come lo era stato la sera prima.
Parlammo un po' di musica. Quando dissi a Elvis che mia madre suonava spesso inni, e che "In the Garden" e "How Great Thou Art" erano sempre stati due dei miei preferiti, mi chiese di seguirlo nel suo ufficio. Mi commossi quando iniziò a suonare l'organo e cantò "In the Garden" solo per me.
Avevo sempre ammirato la voce di Elvis, che era così unicamente sua: poteva essere piena di sentimento, tenera o potente, a sua scelta. Ora, mentre Elvis cantava dolcemente per me, mi sentivo calmata dalla stessa pacifica e confortante sensazione che avevo avuto a casa ascoltando i suoi album Gospel. Elvis sapeva come arrivare dentro di te e toccare la tua anima con la sua voce.
Dopo un po, seguii Elvis nella sua camera da letto, dove cominciò a parlare di una macchina che possedeva, una Ferrari che aveva soprannominato il Black Mamba.
"L'ho chiamata come il serpente più veloce del mondo", disse con entusiasmo e poi entrò più in dettaglio sull'auto. Non mi ero mai seduta su una Ferrari, tanto meno ci ero salita. Quando parlava della sua auto, pensai che volesse farmela vedere. "Possiamo fare un giro sulla tua Ferrari?" gli chiedetti.
"Non ora", disse Elvis. "Deciderò quando ci faremo un giro. Quella macchina è troppo veloce per te".
"Ah !" Pensai. Non sapeva quanto amassi sfrecciare sull'autostrada in moto. Mi sentivo un po' in imbarazzo in quel momento, chiedendomi se questo era il modo di Elvis di farmi sapere che gli piaceva avere il controllo.
Alcuni libri giacevano ancora sul pavimento accanto al letto. Elvis prese il Libro dei Numeri di Cheiro e sembrava ansioso di riprendere da dove avevamo lasciato la lettura la sera precedente. Passare di nuovo in rassegna i libri non era quello che mi aspettavo, ma pensai che fosse interessante che volesse leggere insieme durante un appuntamento. Mi sentivo un po' meno tesa questa volta mentre leggevamo l'uno per l'altro, e trovai il soggetto della numerologia, intrigante. Non era qualcosa che pensavo che qualcuno potesse capire subito, ma ero aperta alla cosa. Elvis sembrava divertirsi a insegnare, e io ascoltavo attentamente, cercando comprendere.
Dopo aver discusso un po' del libro, Elvis cambiò argomento, tirando fuori un'altra delle sue auto, una Stutz Blackhawk. Mi disse che mi avrebbe portato a fare un giro al Memphis Aero per vedere un aereo di sua proprietà. (Memphis Aero era una parte del Memphis International Airport per gli aerei privati).
Ero sempre più eccitata quando Elvis fece alcune telefonate, mettendo in moto i suoi piani. Aveva anche invitato alcuni cugini, il che mi fece chiedere se Elvis, come me, a volte avesse bisogno di una rete di sicurezza, proprio come io contavo sulle mie sorelle.
Quando Elvis andò in bagno, lasciandomi seduta sul letto, diedi un'occhiata alla stanza ed osservai più dettagli di quelli che avevo colto durante la mia prima visita. Flaconi di antistaminici, una scatola di fazzoletti, e due telefoni affollavano il suo comodino. Un monitor televisivo a circuito chiuso, spento, era lì vicino. Mi chiesi di nuovo se Elvis avesse osservato me e le mie sorelle la sera prima. (Non l'avrei mai l'avrei visto acceso, però).
Un televisore con sopra un lettore di cassette Betamax stava contro il muro di fronte ai piedi del letto. A sinistra di questo, una libreria conteneva un giradischi, una radio e alcune cassette Betamax. In cima alla libreria c'erano un paio di foto incorniciate di una donna che avevo visto in alcune riviste di cinema: ricordavo ora che il suo nome, era Linda Thompson.
A quel punto della mia vita, sapevo molto poco delle relazioni personali di Elvis, a parte questi fatti: che era stato sposato e divorziato da una donna di nome Priscilla; aveva una figlia, Lisa, da quel matrimonio; e aveva frequentato varie ragazze, tra cui Linda. Ora mi chiedevo perché le foto di Linda fossero ancora nella stanza di Elvis. Non ebbi il tempo di domandarmelo a lungo in quanto Elvis uscì dal suo bagno, ora vestito con un cappotto, dicendo: "Sai, ieri sera, mentre mi esercitavo nel karate, George è venuto da me e mi ha detto: 'Terry è molto carina e Rosemary è molto carina, ma Ginger..." Fece una pausa, scuotendo la testa. "Poi Ricky arrivò dopo, dicendo: 'Amico, penso che Ginger ti piacerà'".
La voce di Elvis si tingeva di sarcasmo mentre continuava. "Dissi a Ricky che avevo avuto un sacco di ragazze portate a Graceland nelle ultime settimane, e sì, sono sicuro che troverò qualcuna che mi piace davvero".
Poi aggiunse che la moglie di suo cugino Billy, Jo, gli aveva detto, "C'è qualcuno quaggiù che ti piacerà".
Ero lusingata dall'attenzione, ma leggermente a disagio. Mi resi conto che il mio istinto iniziale che io e le mie sorelle fossimo state scrutate la sera prima aveva colto nel segno.
Era passata la mezzanotte quando scendemmo al piano di sotto. Alcune persone stavano aspettando nell'atrio, incluse due guardie del corpo e GeeGee e sua moglie, Patsy. Uscimmo sul portico anteriore e vidi un auto che non avevo mai visto prima: era la Stutz Blackhawk di Elvis, che brillava nel tenue bagliore della luce in alto. Era nera con finiture cromate, tubi di scarico laterali e ruote a raggi. Era così bella che mi chiedevo se era questo il motivo per cui Elvis non aveva voluto che salissi prima sulla sua Ferrari.
Elvis mi aprì la porta del passeggero, facendomi notare che le rifiniture sul cruscotto e in tutta la macchina, erano placcate in oro a diciotto carati. Patsy e GeeGee salirono sul sedile posteriore e io scivolai su quello di pelle rossa del passeggero. Elvis si mise al volante, avviò il motore e procedemmo lungo il vialetto con le sue guardie del corpo che ci seguivano in un'auto vicina. Le strade erano tranquille mentre andavamo verso l'aeroporto che era a circa quindici minuti di distanza, e mentre ci avvicinavamo, Patsy improvvisamente suggerì di fare un giro sopra Memphis con l'aereo di Elvis.
"Sorvoliamo Nashville", replicò rapidamente Elvis.
Non dissi nulla: fare un breve volo sul suo aereo privato sarebbe stata un'esperienza straordinaria per me, non solo perché era con Elvis, ma perché avevo volato solo un'altra volta su un aereo commerciale all'età di tredici anni.
Al "Memphis Aero", il Lockheed JetStar di Elvis stava da solo sulla pista. Le luci interne erano accese, la porta era aperta e i gradini erano abbassati, in attesa del nostro arrivo. Seguii Elvis nell'aereo dove mi presentò ad un pilota dal nome appropriato di Milo High e al suo copilota, George. Mentre Patsy e GeeGee prendevano posto su un divano color lime, seguii Elvis lungo il piccolo corridoio oltre le sedie gialle che si fronteggiavano, con piccoli tavoli tra di loro. Il tessuto a motivi rivestiva le pareti vicino ad ogni finestra. Scelsi una sedia color lime in fondo e le guardie del corpo di Elvis si sedettero vicino. Mi aspettavo che Elvis si sedesse vicino a me, ma invece si girò, camminò verso la parte anteriore dell'aereo e iniziò a parlare con Milo.
Dopo qualche istante, si voltò verso di me e disse: "Ho dimenticato qualcosa". Elvis si diresse fuori dalla porta con le sue guardie del corpo all'inseguimento; sospettai che fosse tornato a Graceland. Patsy e GeeGee rimasero seduti e facemmo delle chiacchiere. Dal modo in cui si comportavano, come se questa fosse una serata qualunque, ebbi la sensazione che questa specie di uscita impulsiva con Elvis non fosse insolita per loro.
Quando Elvis e le sue guardie del corpo tornarono, percorse il corridoio con un sorriso malizioso sul viso e si sedette sulla sedia di fronte alla mia. La porta dell'aereo si chiuse e i motori si accesero. Appena l'aereo inizià a rullare, Elvis annunciò che era andato a prendere un pigiama per tutti e che saremmo andati a Las Vegas.
Las Vegas! Pigiama! Il pensiero di volare sopra Memphis o Nashville era una cosa, ma non ero mai stata a ovest. Né ero mai partita spontaneamente con qualcuno per un viaggio, figuriamoci con un uomo che avevo appena conosciuto!
Quanto tempo ci avremmo messo ad arrivare? Quanto tempo saremmo stati via? Dove avrei dormito? Avevo vent'anni, ma improvvisamente mi sembrava di averne dieci. Volevo chiamare casa per far sapere alla mia famiglia cosa stava succedendo. Quando Elvis mi chiese se questo piano andasse bene, cosa potevo dire? "No"? "Forse"? "È troppo lontano"? "Fermate l'aereo, voglio scendere!".
Vedendo l'entusiasmo di Elvis, feci uno sforzo per nascondere le mie preoccupazioni. Sorrisi e risposi di sì e mi lasciai trasportare a Las Vegas.



Rimasi in silenzio mentre decollavamo, e guardai fuori dal finestrino nella notte, con la mente che correva. Con la coda dell'occhio potevo vedere che Elvis mi stava guardando. Gli detti un'occhiata e lui, rapidamente, girò la testa guardando fuori dal finestrino come se non volesse farmi sapere che mi stava fissando. La cabina rimase abbastanza tranquilla fino a un po' di tempo dopo il volo, quando Elvis guardò sopra la sua spalla verso Patsy e GeeGee e disse: "Sai, mi piacerebbe vedere Ginger con nuovi vestiti e gioielli".
Elvis si alzò e fece qualche passo verso la parte posteriore dell'aereo. Tornò portando una piccola e logora valigina nera. L'appoggiò sul tavolo, si sedette, l'aprì e tirò fuori una lunga collana di perline di plastica nera con una croce al centro.
"Piegati in avanti, Ginger", disse, e mi mise delicatamente la collana sulla testa.
"Grazie", dissi.
"Stendi il polso e chiudi gli occhi", disse poi.
Sentii qualcosa scivolare sulla mia mano. Aprendo gli occhi, rimasi scioccata nel vedere un braccialetto d'oro sul mio braccio con "Elvis" scritto in diamanti scintillanti.
"Così va meglio", disse. "Ora tutti sapranno che appartieni a me".
Mentre ringraziavo Elvis per questi pezzi, mi sentivo stupita che mi facesse dei regali così presto nella nostra relazione e fui sconvolta dal fatto che tutto sembrava muoversi così velocemente con lui. Mi chiedevo se Elvis facesse questo genere di cose con le donne regolarmente, o se era serio nel volere che io gli appartenessi. Da parte mia, mi sentivo improvvisamente speciale nonostante la mia ansia. Ero più eccitata che apprensiva anche se mi stavo innamorando di Elvis.
Più tardi, quando mi tolsi il braccialetto, notai una data incisa sul retro e vidi che gli era stato dato il braccialetto nel 1963. Solo dopo la morte di Elvis ho scoperto che aveva indossato questo braccialetto sul palco e in privato per molti anni prima di graziarmi generosamente con esso come segno del suo affetto.
Ci portarono dei panini ma io ero troppo sopraffatta per mangiare. In breve tempo, le luci all'interno dell'aereo vennero abbassate in modo che tutti potessero riposare, ma io ero emotivamente molto agitata e non riuscivo a dormire. Così rimasi seduta con gli occhi chiusi, chiedendomi cosa mi aspettasse. Le mie preoccupazioni alla fine cedettero il passo all'eccitazione, ogni volta che pensavo di vedere Las Vegas.
Mentre ci avvicinavamo alla fine del volo, Elvis mi chiese di seguirlo nella cabina di pilotaggio. Lo feci, e mentre mi trovavo accanto a lui dietro i piloti, guardando attraverso il parabrezza le luci sottostanti, sentii improvvisamente il suo braccio scivolare intorno alla mia vita.
"Non è bello?" Elvis mi sussurrò all'orecchio.
In lontananza, quella che sembrava un'isola di piccoli diamanti scintillanti circondata da un mare di velluto nero, cominciava lentamente ad apparire mentre ci avvicinavamo a Las Vegas.
"Sì", risposi, perché era davvero mozzafiato.
Atterrammo all'Hughes Air Terminal. Mentre scendevamo le scale dall'aereo, un uomo dai capelli scuri, sulla trentina, ci salutò. Elvis lo presentò come il dottor Elias Ghanem, suo amico e medico personale. Lo raggiungemmo nella sua macchina, mentre i cugini e le guardie del corpo di Elvis ci seguivano in un'altra.
Guidando per le strade del centro di Las Vegas, mi sentivo come se mi stessi muovendo nel mondo dei sogni. Ero ipnotizzata dall'infinito e brillante spettacolo di luci della città. Non potevo credere di essere davvero lì. Guidammo fino al retro dell'Hilton International Hotel ed entrati nell'edificio, salimmo in ascensore fino a una delle stanze. Le guardie del corpo di Elvis portarono una valigia e, dopo essersi assicurati che tutto era al sicuro, se ne andarono.
Mi sedetti accanto ad Elvis sul letto, mentre iniziava a chiacchierare con i suoi cugini e il dottor Ghanem. Più tardi avrei imparato che Elvis e Patsy erano cugini di primo grado. Suo padre, Vester, che lavorava come guardia ai cancelli di Graceland, era il fratello del padre di Elvis e la madre di Patsy, Clette Smith, era la sorella della mamma di Elvis.
Dopo un po', Patsy e GeeGee se ne andarono, ed Elvis continuò a parlare con il Dr. Ghanem. La loro conversazione, alla fine, si rivolse alle vitamine. Elvis disse che prendeva regolarmente iniezioni di vitamina B12. Capendo che dovevano aiutare a dare energia, gli dissi che mia madre, a volte, le aveva ricevute da un'infermiera che era nostra vicina di casa. Il dottor Ghanem si offrì di fare a ciascuno di noi un'iniezione di B12. Non ne avevo mai fatta una ed ero titubante, ma dato che era il medico di Elvis, mi fidavo di lui. Non sapendo cosa mi aspettava e senza sonno, decidetti che una piccola spinta di energia non poteva far male. Elvis e io ricevemmo un'iniezioneciascuno.
Quando il dottor Ghanem se ne andò, mi aspettavo che io ed Elvis ci saremmo avventurati fuori, ma Elvis accese la TV e si sistemò sul letto. "Che dire della televisione che distrugge l'arte della conversazione?" Stavo per dire, ma mi trattenni.
Imparai presto che a Elvis piaceva scherzare e parlare delle cose in televisione. Aveva molto spirito e ci stavamo divertendo così tanto che alla fine non mi dispiaceva rimanere nella stanza. Ad un certo punto, Elvis andò in bagno e tornò indossando un pigiama blu. Non appena mi resi conto del fatto che Elvis era in pigiama, mi accorsi che ne teneva in mano un paio di pigiami uguali. Esitai mentre me lo porgeva. L'emozione di essere a Las Vegas mi aveva tolto dalla mente alcune delle mie riserve iniziali sul fatto di essere nella stanza d'albergo di Elvis, ma ora esse stavano per riemergere. Non dovrei essere in una stanza tutta mia? Non volevo che pensasse che fossi così facile.
Elvis mi passò il pigiama e disse: "Vai avanti. Mettiti questo. Puoi cambiarti nel bagno".
Ero timida ad indossare il pigiama davanti ad un uomo che non conoscevo, e preoccupata di come gestire quella che poteva essere una situazione sessuale troppo precoce. Ora che mi aveva dato il braccialetto, Elvis si aspettava che diventassi intima con lui? Sentivo che Elvis era un brav'uomo, ma non ero pronta a stare con lui in quel modo. Mettermi il pigiama avrebbe sicuramente mandato il segnale sbagliato. Ma cos'altro potevo fare? Ero sola con Elvis in una stanza d'albergo. Dovevo seguire il mio istinto e fidarmi di lui.
Prendendo il pigiama, andai in bagno e cominciai lentamente a spogliarmi mentre le dita tremavano un po'. Avevo perso la cognizione del tempo e, sapendo che i miei genitori pensavano che fossi ancora a Memphis, sentivo che avrei dovuto almeno dire loro dove mi trovavo. Uscii e mi sedetti sul letto. "Va bene se chiamo a casa?" chiesi. "Devo far sapere ai miei genitori dove sono".
Elvis comprese ed io chiamai casa, svegliando mia madre. Quando le dissi dov'ero, rimase scioccata, per non dire altro! Le stavo raccontando come era nato il viaggio quando Elvis improvvisamente mi fece cenno di passargli il telefono.
Confusa - perché Elvis avrebbe voluto parlare con mia madre? -, acconsentii ed Elvis iniziò a parlare con mia madre, chiamandola spesso "signora", cosa che trovai accattivante. Sembrava un po' nervoso, in realtà balbettava un po' mentre le assicurava che si sarebbe preso cura di me e che avrebbe fatto in modo che tornassi a casa presto.
Consegnandomi il telefono, Elvis si sistemò sotto le coperte e continuò a guardare la televisione mentre io finii di salutare. Quando riattaccai, mi prese la mano e di nuovo mi sentii a disagio. Anche se non ero vergine, di certo non stavo per saltare subito nel letto con nessuno, nemmeno con Elvis. La mia mente cominciò a correre per trovare qualcosa da dire, un modo per spiegare la mia esitazione. Ma Elvis non fece una mossa oltre a tenermi la mano. Mi rilassai gradualmente e mi sdraiai accanto a lui, guardando la televisione. Elvis si addormentò tenendomi la mano. A quel punto la luce del giorno era visibile lungo i bordi delle tende chiuse nella stanza. Esausta, mi addormentai finalmente accanto a lui.

Al risveglio, Elvis ordinò il servizio in camera. GeeGee portò il cibo, stendendo un asciugamano davanti a noi sul sul letto e mettendo sopra i vassoi con il nostro cibo. Elvis si sedette a gambe incrociate e io lo seguii mentre mangiavamo, parlavamo e guardavamo la televisione.
Terminata la colazione, tirai da parte le tende per sbirciare il panorama. Le luci di Las Vegas brillavano intensamente. Anticipando la prospettiva di vivere la città, andai in bagno e mi rimisi i vestiti. Quando uscii, Elvis era al telefono e lo sentii organizzare il nostro ritorno a Memphis. Avevo fatto qualcosa di sbagliato? Pensai che sarebbe stato scortese chiedere se avremmo fatto un giro turistico, ma per volare fin qui senza vedere Las Vegas sembrava strano.
Cercai di dare un senso alla cosa. Forse doveva tornare per lavoro? O forse Elvis lo faceva a volte, volando da qualche parte perché si rilassava meglio con un cambio di scenario?
Forse non capivo Elvis in quei momenti, ma mi consolavo con il pensiero che almeno avevo avuto la possibilità di passare più tempo con lui. Avevo volato sul suo aereo e ricevuto bellissimi regali, e per tutto il tempo Elvis era rimasto un gentiluomo. Riflettendo su questo, la mia delusione per non aver visto Las Vegas cominciò ad evaporare.
Quello che era iniziato come un "appuntamento" del sabato sera, durò fino al nostro ritorno a Memphis nelle prime ore di lunedì 22 novembre. Ritornammo in macchina dall'aeroporto a Graceland, dove Elvis mi chiese di restare per un po'. Lo seguii fino alla sua camera da letto dove accese la televisione e cominciò a fare zapping. Si fermò quando un giornalista ci ricordò che era l'anniversario della morte di John F. Kennedy. Elvis parlò brevemente dell'assassinio di Kennedy, pensando che fossero coinvolti in molti piuttosto che ci fosse un solo tiratore, e poi passò a parlare di autodifesa. Ad un certo punto durante questa conversazione, Elvis si sporse dalla parte del letto e si rimise a sedere con una pistola in mano. La cosa mi fece trasalire; non l'avevo notata prima sul pavimento. Mio padre possedeva un revolver a casa, ma non ero abituata a vedere una pistola così da vicino. Elvis disse che era una Colt .45 e mi mostrò con orgoglio l'impugnatura turchese con l'iniziale E da un lato e la P dall'altro.
"È per protezione", ha spiegato, e mi ha raccontato di una lettera minatoria che aveva ricevuto una volta mentre si preparava ad esibirsi a Las Vegas.
"Mio padre venne da me una notte con le lacrime agli occhi, chiedendomi di non andare avanti con il concerto", disse. "Risposi a mio padre che, come artista, lo spettacolo doveva continuare, così rafforzarono la sicurezza e corsi il rischio. Per fortuna la lettera si è rivelò falsa".
Parlando dell'ennesimo incidente durante uno spettacolo a Las Vegas, Elvis mi raccontò di tre teppisti che si avvicinarono sul palco e di come si era difeso usando il karate. Ripose la pistola sul pavimento e potevo solo immaginare quante altre esperienze spaventose avesse dovuto affrontare in passato. Aapprezzai che condividesse queste storie e mi resi conto della paura con cui evidentemente viveva ogni giorno. Capivo come quella paura potesse portarlo al punto in cui si sentiva in bisogno di una protezione costante.
I pulsanti di un telefono sul suo comodino si accesero allora ed Elvis rispose, ascoltando con uno sguardo preoccupato. Quando riattaccò, mi disse che la guardia al cancello principale, suo cugino Harold Lloyd, gli aveva detto che Jerry Lee Lewis era arrivato in macchina e voleva vederlo.
Jerry Lee Lewis? Ero stupita. Con mia grande sorpresa, però, Elvis mi disse che non voleva vedere Jerry Lee. "È un grande pianista e cantante, ma penso solo che sia pazzo", disse Elvis.
Facendo tornare la guardia al telefono, Elvis gli ordinò di dire a Jerry Lee che non era disponibile.
Non riuscii ad incontrare Mr. Lewis in quelle prime ore del mattino, ma era stato un appuntamento straordinario. Quando dissi ad Elvis che pensavo fosse ora di andare, mi sorprese di nuovo chiedendomi: "Ti piacerebbe venire in tour con me qualche volta?"
Avevo a malapena avuto la possibilità di assorbire ciò che avevo già sperimentato durante il fine settimana, ma ero eccitata dall'offerta e curiosa di sapere quali altri nuovi mondi avrei potuto sperimentare con Elvis.
"Sì", dissi subito.
Elvis mi aveva individuato, inseguito e detto cose che mi facevano sentire speciale. Eppure una piccola parte di me non era ancora del tutto sicura di quello che lui provava per me, perché ci stavamo appena conoscendo. Non c'erano stati baci appassionati o petting pesante, e il fatto che fosse stato un tale gentiluomo alimentava ancora di più la mia attrazione per lui. Pensavo che Elvis fosse un uomo affascinante e volevo assolutamente imparare di più su di lui.
Prima di andarmene, Elvis mi baciò leggermente per la seconda volta, un altro bacetto da gentiluomo. Trovai difficile dire "addio" perché la parola suonava definitiva. Invece di dire quello, scelsi di dire: "Ci vediamo più tardi", sperando, in qualche modo che questa frase magica potesse garantire che l'avrei rivisto.
E, per il resto del mio tempo con Elvis, non avrei mai detto addio quando lasciavo Graceland perché volevo sempre tornare da lui.
04/11/2021 21:12
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CAPITOLO 5


Dopo quel primo esaltante, travolgente viaggio a Las Vegas con Elvis, cercai di riprendere la mia vita normale. Dormii brevemente e tornai subito a lavorare al negozio di vestiti per un paio d'ore quel lunedì pomeriggio e non dissi a nessuno del mio fine settimana. Dopo il lavoro, la mia amica Teri passò da casa mia e andammo a fare un giro in macchina. A quel punto ero pronta a scoppiare; non potevo resistere a raccontarle le mie avventure.
"Non indovinerai mai chi ho incontrato durante il fine settimana", dissi, cercando deliberatamente di sembrare disinvolta.
"Chi?"
"Elvis".
Teri schiacciò i freni, si accostò al lato della strada e si rifiutò di guidare finché non avessi raccontato come io e le mie sorelle avevamo incontrato Elvis. Inutile dire che rimase a bocca aperta. Non la biasimavo. Io stessa facevo ancora fatica a credere che fosse tutto vero. Poi continuai e le raccontai del nostro viaggio a Las Vegas.
Non ho avuto notizie di Elvis lunedì sera. Martedì mattina presto, era su tutti i notiziari che Jerry Lee era stato arrestato fuori da Graceland. Era tornato nelle prime ore del mattino e aveva scavalcato i cancelli d'ingresso con la sua Lincoln, chiedendo di vedere Elvis con una pistola Derringer calibro 38 in suo possesso. Mentre ascoltavo la notizia, mi ricordai dei commenti di Elvis su Jerry; forse Elvis aveva fatto bene a non vederlo quella sera. Mi chiesi cosa avesse pensato Elvis quando Jerry era tornato.
Mercoledì sera trascorse senza alcuna parola di Elvis. Erano passati solo pochi giorni, ma mi chiedevo perché non avesse chiamato. Sembrava che volesse vedermi di nuovo dopo il nostro tempo trascorso insieme a Las Vegas, e certamente si era comportato come se fossi speciale per lui, con tutte le cose che aveva detto e fatto. Dal suo comportamento affettuoso nei miei confronti, pensavo che Elvis avrebbe potuto almeno chiamare per salutare. Dopo tutto, ero l'orgogliosa proprietaria di un braccialetto con il suo nome sopra, e lui aveva dichiarato, "Ora tutti sapranno che appartieni a me".
I miei dubbi cominciarono a turbinare, mentre mi chiedevo se avesse davvero pensato le cose che mi aveva detto. Era possibile che forse stavo dando più valore al nostro tempo insieme di quanto non facesse lui? Speravo di no.
Quando Larry, l'uomo che frequentavo da qualche mese, mi telefonò a casa quella sera, fui gettata in un altro vortice emotivo. Che fosse colpa mia o meno, le cose erano cambiate per me. L'ultimo fine settimana era stato completamente sconvolgente, e non avevo passato un giorno senza pensare a Elvis. Avevo bisogno di essere onesta e sincera con Larry, così gli chiesi di venire da me quella sera. Sapevo che raccontandogli di Elvis e del mio improvviso cambiamento di cuore lo avrebbe colto alla sprovvista come aveva fatto con me e mi sentivo male per questo. Non sapevo se Elvis mi avrebbe ancora chiamato, ma ero disposta ad aspettare.
Larry e io parlammo per un po'. Lui non era ancora pronto ad accettare che io volessi porre fine alle cose e se ne andò esprimendo la speranza che avremmo potuto risolvere la situazione.
Ero andata avanti con il mio normale programma, avevo lavorato al negozio di vestiti e avevo passato del tempo con la mia famiglia, ma non ero uscita la sera, chiedendomi se Elvis avrebbe chiamato. La mia famiglia era rimasta stupita dal braccialetto che Elvis mi aveva regalato. Avevo così paura che mi cadesse dal polso che non lo indossavo spesso; lo guardavo solo in camera mia, ancora sorpresa che Elvis me lo avesse regalato. Sembrava essere qualcosa di speciale per lui, eppure non avevo avuto sue notizie.
Quando il giorno del Ringraziamento arrivò e passò, e anche tutto il venerdì, senza una chiamata di Elvis, sentii veramente che qualcosa non andava bene. Dovevo aver interpretato male quello che era successo. Dovevo solo svegliarmi e tornare alla mia vita reale.
Il sabato dopo il Ringraziamento, un uomo chiamò a casa nostra. Disse di essere il road manager di Elvis, Joe Esposito, e chiese di parlare con me. Il mio umore si sollevò immediatamente quando Joe mi disse che Elvis era in tour, sarebbe stato a San Francisco e voleva che ci andassi per vedere il suo spettacolo. La mia reazione iniziale fu di enorme sollievo. Ecco perché non ho sentito nulla, ho pensato. È stato in tour! Ho anche razionalizzato che forse questo viaggio in macchina era la ragione per cui avevamo lasciato Las Vegas così presto.
Nel mezzo dell'organizzazione delle cose con Joe, sentii improvvisamente la voce di Elvis arrivare sulla linea. "Ho bisogno di te, qui fuori con me, Ginger", disse, e aggiunse con una risatina, "Porta il tuo culo qui fuori!".
Ero così contenta di sentire la sua voce che dissi semplicemente "Ok", anche se "Porta il tuo culo qui fuori!" non era esattamente il modo in cui pensavo di essere invitata. Non era il tipo di linguaggio che ero abituata a sentire.
Ero momentaneamente presa alla sprovvista ma la mia eccitazione prendette il sopravvento e decisi di non pensarci. Elvis voleva che mi unissi a lui in tour !
Elvis chiese poi se poteva parlare con mia madre. "Voglio alleviare qualsiasi preoccupazione che potrebbe avere sul fatto che tu venga a trovarmi", disse.
Mia madre ed Elvis parlarono per qualche istante, poi Elvis rimise Joe in linea per finire di discutere l'organizzazione del viaggio. Joe mi disse di trovarmi al "Memphis Aero" alle 10:30 di quella stessa sera.
Stasera? Presa dal panico, riattaccai e cominciai rapidamente a fare i bagagli. Non avevo idea di cosa indossare e sentivo che niente nel mio guardaroba andava bene. Per fortuna, Terry venne in mio soccorso e mi prestò generosamente un paio di bei vestiti che aveva ricevuto dai suoi concorsi.
Era una notte brutalmente fredda e nevosa a Memphis, e i miei genitori erano preoccupati per il mio viaggio in quelle condizioni atmosferiche. Proprio mentre finivo di fare i bagagli, Milo High, il pilota personale di Elvis, chiamò per dire
che la porta del JetStar era bloccata dal ghiaccio. "Non siamo sicuri di poterla aprire", esclamò.
Mi disse anche che dovevano aspettare che le piste venissero liberate e che l'aereo fosse sbrinato. Dopo l'anticipazione di vedere Elvis e tutto il mio correre in giro, mi sedetti in casa chiedendomi se sarei riuscita a fare il viaggio.
Qualche ora dopo, Milo finalmente richiamò. "Siamo pronti per te, Ginger", disse.
Mia madre mi chiese di chiamare quando fossi arrivata a San Francisco, mentre partivo con mio padre per l'aeroporto. La JetStar mi aspettava sul bordo della pista; salutai mio padre e mi affrettai a salire sull'aereo, sentendo già il vento pungente che penetrava nel mio cappotto. Faceva così freddo dentro l'aereo che potevo vedere il mio stesso respiro. Milo e George mi salutarono e mi diedero una coperta. Mentre decollavamo verso ovest, riflettevo su come, ancora una volta
stavo sperimentando con Elvis cose che non avevo mai fatto prima nella mia vita: lasciare Memphis da sola e andare in un'altra città che non avevo mai visto prima, per stare con un uomo che conoscevo appena. Sentii un'ombra di trepidazione che si insinuava in me. Improvvisamente desideravo che le mie sorelle o un amico mi avessero accompagnata, così non mi sarei sentita così sola. Mi sdraiai sul divano, tirai la coperta su di me e cercai di dormire, sapendo che avrei avuto bisogno di energia per qualsiasi avventura mi aspettasse.
Atterrammo a San Francisco poche ore dopo la mezzanotte di quella che era ormai domenica 28 novembre. Fui accompagnata da Milo e George all'Hilton Hotel, dove mi aiutarono con la mia valigia fino all'interno della mia stanza.
La prima cosa che feci fu una chiamata a carico del destinatario ai miei genitori per fargli sapere che stavo bene. Poi iniziai a disfare i bagagli. Non sapevo se Elvis avrebbe avuto uno spettacolo quel pomeriggio o quella sera, ma dato che era stato lui a organizzare il mio viaggio, doveva sicuramente sapere del mio arrivo. Ero certa che avrei ricevuto una bussata alla mia porta o una telefonata a breve. Non vedevo l'ora di vederlo.
I minuti passavano. Cominciai a sentirmi stanca per l'emozione del viaggio, l'anticipazione di vedere Elvis di nuovo, e dall'essere stata sveglia per così tanto tempo, specialmente perché sentivo addosso le due ore di jet lag sull'ora di Memphis.
Cercai di combattere il sonno guardando la televisione ed un paio d'ore passarono lentamente. Si stava avvicinando l'alba ed ero riluttante a lavarmi la faccia, mettermi il pigiama e strisciare a letto solo per avere Elvis che bussa alla mia porta, quindi restai sveglia, lasciando passare ancora qualche ora. Alla fine, sentendomi stupida, decisi che Elvis stava dormendo e che avrei dovuto riposare un po'. Mi sono arresa e sono andata a a letto.
Mi svegliai quel pomeriggio verso le 3, sentendomi meglio ma con ancora un po' di jet-lag. Sicura che avrei avuto notizie di Elvis da un momento all'altro o almeno da qualcuno che mi avrebbe dato informazioni sul suo spettacolo, mi feci una doccia veloce e mi vestii in fretta. Mi affrettai per niente, come si scoprì. Passò altro tempo. Anche se Elvis si era esibito ieri sera e non fosse andato a dormire fino al mattino presto, doveva essere sveglio da un po', perché erano le quattro passate. Perché non avevo avuto sue notizie? Di nuovo, cercai di razionalizzare quello che stava succedendo. Dato che ero arrivata così tardi, forse Elvis mi stava lasciando dormire, pensai. Non avevo mangiato da quando avevo lasciato Memphis e cominciai a sentire la fame. Improvvisamente mi resi conto che, in tutta la mia eccitazione e la mia fretta, non avevo portato con me dei soldi. Non mi ero mai trovata in una situazione del genere.
Non mi sembrava giusto approfittare di Elvis chiamando il servizio in camera. Mi chiesi se avrei dovuto lasciare la stanza e cercare di trovare un membro del suo staff, ma avevo paura di uscire per paura di perdere Elvis o una telefonata di uno dei suoi dipendenti. Sentendomi sempre più in imbarazzo, continuai a guardare la televisione mentre le ore passavano. Era bizzarro essere portata via da Memphis e poi dover aspettare così, senza una parola da nessuno.
Non mi sentivo veramente arrabbiata con Elvis perché chiaramente aveva voluto che vedessi il suo spettacolo abbastanza da portarmi qui. Ero felice che me l'avesse chiesto ed entusiasta di vederlo. Ma, mentre il giorno diventava notte, cominciavo a sentirmi abbandonata e confusa. Dov'era Elvis?
Il telefono squillò finalmente verso le 18. Mi precipitai a rispondere, entusiasta che qualcuno si fosse finalmente si era ricordato che ero qui. Era uno degli impiegati di Elvis che mi chiedeva se avevo bisogno di qualcosa. Quando gli dissi che avevo fame, mi rispose: "Ordina qualsiasi cosa e mettila in conto alla stanza". Poi riattaccò senza parlare di Elvis o di dove era.
La posizione di Elvis era un segreto? Mi sentivo completamente disorientata. Non avevo ancora idea di cosa stesse succedendo. A quel punto, però, ero solo sollevata nel sapere che avrei potuto mangiare presto, e così ordinai il servizio in camera, un'altra nuova esperienza per me. Fu solo a tarda notte, dopo le undici, che finalmente bussarono alla mia porta. Pensai che doveva essere qualcuno associato ad Elvis, o forse addirittura Elvis stesso, quindi sarebbe stato sicuro aprire la porta.
Un uomo sulla trentina si trovava lì. Aveva capelli scuri e arruffati di media lunghezza e si presentò come Jerry Schilling.
"Vi sposterete in un'altra stanza", annunciò Jerry, poi si allontanò rapidamente.
Chiusi la porta, più sconcertats che mai. Un'altra stanza? Perché? Le cose erano successe lentamente fino ad ora, così pensai che avevo tutto il tempo per fare i bagagli. Mi sedetti di nuovo per guardare ancora la televisione. Qualche minuto dopo, però, un altro colpo secco suonò alla mia porta. Di già? Jerry era tornato, questa volta accompagnato da Joe Esposito, il road manager di Elvis. Joe era più basso di Jerry, sulla trentina, con una corporatura compatta e un'attaccatura dei capelli scura e stempiata. Mentre i due uomini aspettavano nel corridoio, gettai velocemente le cose nella mia valigia. Joe e Jerry mi condussero a fare una lunga passeggiata in un'altra sezione dell'hotel. Quando arrivammo a quella che pensavo fosse la mia nuova stanza, Jerry aprì la porta e mi fece cenno di entrare. Fui sorpresa di vedere Elvis all'interno, seduto su un divano al centro di una suite e vestito con una vestaglia di spugna blu con cappuccio. Era circondato da uomini. I nostri occhi si sono incrociarono e il mio cuore fece un piccolo salto. Tutte le ore di attesa e di incertezza erano valse la pena. Ero entusiasta di vederlo. Allo stesso tempo mi sentivo a disagio a camminare in questa stanza piena di uomini. Ero sempre stata timida con gli uomini e, anche se sapevo di essere stata ispezionata durante la mia prima volta a Graceland, lo scrutinio era ancora più intenso quando entrai in questa stanza.
Elvis sembrava a suo agio. Si alzò con un sorriso e si avvicinò per abbracciarmi, poi si rivolse al gruppo di sconosciuti e iniziò le presentazioni. Tra gli uomini nella stanza c'era Larry Geller, il suo parrucchiere, un uomo magro sulla trentina; Billy Stanley, il fratellastro di Elvis, sulla ventina e un aiutante; Ed Parker, un uomo hawaiano di corporatura robusta sulla quarantina con folti capelli argentati che aveva allenato Elvis nel karate; il Dr. George Nichopoulos, sulla quarantina, il medico di Elvis dai capelli argentati; Dean Nichopoulos, il figlio del dottore; Al Strada. Dean e Al erano entrambi ventenni e lavoravano come Elvis insieme a Billy.
Infine, mi fu presentato un uomo in sovrappeso sulla quarantina con i capelli sale e pepe di nome Lamar Fike. Non è stato menzionato nessun lavoro per lui in quel momento, così mi sono chiesto se fosse impiegato anche da Elvis, o semplicemente in visita.
Elvis mi prese per mano e mi condusse nella camera da letto adiacente alla suite. Non mi spiegò perché non avevo sentito o visto fino ad ora, ma non mi importava più. I miei sentimenti di confusione e abbandono erano svaniti nel momento in cui l'avevo visto. I libri erano sparsi ovunque, sopra il suo letto, sul pavimento e fuoriusciti dalle valigie. Alcuni mi sembravano familiari; trattavano gli stessi argomenti che ricordavo di aver visto nella sua camera da letto a Graceland, compresa la filosofia religiosa e la numerologia. Vedendo che la maggior parte dei libri aveva a che fare con la spiritualità, mi resi conto per la prima volta che Elvis era davvero in una seria ricerca personale. Ci sedemmo sul suo letto e parlammo per un po' del mio viaggio, di quello che aveva letto, e di altre cose. Mi disse che aveva uno spettacolo la sera seguente e io mi chiesi se ne avesse avuto uno stasera. Elvis però non era interessato a parlare dei suoi spettacoli. Voleva dare un'occhiata ad alcuni dei suoi libri. Mentre continuavamo a sederci insieme, Elvis cominciò a leggere per me, indicando frasi che aveva sottolineate su pagine ben consumate, alcune delle quali si erano allentate e stavano cadendo dalla rilegatura. Vedendo che aveva anche scritto delle note all'interno di alcuni margini, capii che questa non era solo una lettura casuale per lui. Stava studiando questi libri in dettaglio. Ammiravo il fatto che fosse affamato di conoscenza.
Elvis aveva lasciato la porta della camera da letto leggermente socchiusa. Dopo un po', notai alcuni degli uomini che avevo incontrato prima, ancora seduti in soggiorno. Poteva essere un orario normale per tutti loro, Elvis compreso? Era ormai ben oltre l'una di notte. Le volte passate che ero stata con Elvis, avevo pensato che stesse alzato fino a tardi solo perché era fuori dal lavoro e si divertiva. Cominciai a chiedermi se forse le ore notturne erano l'unico momento in cui Elvis poteva veramente sentirsi rilassato e trovare un po' di pace perché il resto del mondo dormiva. Parlammo fino alle prime ore del mattino. Quando entrambi fummo esausti, Elvis mi disse che avevo una stanza separata adiacente alla suite del soggiorno. Sempre da gentiluomo, mi accompagnò e mi disse che ci saremmo visti più tardi nel pomeriggio. Con un altro bacio leggero, si diresse di nuovo verso la sua camera da letto.
Entrai nella mia nuova e più grande stanza e vidi che la mia valigia era stata messa dentro. Presi pigiama ed entrai in un generoso bagno tappezzato con una stampa paisley, notando un telefono attaccato alla parete sopra il gabinetto. Il telefono non avrebbe significato molto per qualcuno, ma questa era la mia prima volta in una suite d'albergo così sontuosa e fui solleticato da questo piccolo tocco di lusso.
Mi misi presto a letto, meravigliandomi di come la mia vita potesse cambiare così rapidamente. Tra il viaggio e l'ansia che era montata mentre aspettavo notizie da Elvis, ero stanca morta. La mia testa aveva appena toccato il cuscino quando caddi in un sonno profondo. Fui svegliata alle 4 del pomeriggio da un forte bussare alla mia porta e da una voce che annunciava: "Colazione!". Un po' tardi per la colazione, pensai, ma di nuovo, ero nel mondo di Elvis e vivevo nel fuso orario di Elvis.
Saltai su, mi vestii velocemente, mi truccai un po' ed entrai nel soggiorno della suite. La porta della camera da letto di Elvis si aprì e lui mi raggiunse, indossando ancora un pigiama e una vestaglia blu con cappuccio. Per la prima volta, ci sedemmo insieme su un divano invece che su un letto. Uno degli aiutanti di Elvis stese un asciugamano sul tavolino e mise due piatti di omelette, pancetta, caffè e succo di frutta davanti a noi. La televisione era accesa, ed Elvis ed io chiacchieravamo mentre mangiavamo. In breve tempo, alcuni degli uomini che avevo incontrato la sera prima cominciarono ad entrare nella stanza. Dato cheogni uomo indossava la stessa collana d'oro con l'emblema del fulmine del TCB, immaginai che dovevano essere parte di un gruppo speciale associato ad Elvis.
Non avevo passato molto tempo da sola con Elvis, ma ora avevo l'opportunità di essere testimone del suo acuto senso dell'umorismo mentre si accendeva un sigaro e iniziava a scherzare con i ragazzi. Trovava alcune delle cose in televisione che lo divertivano e faceva commenti divertenti mentre navigava tra i vari canali. Gli altri uomini ridevano insieme a lui e la conversazione diventava sempre più animata, costellata di parolacce. Pensai che questo doveva essere il suo modo di parlare con i ragazzi dato che, a parte una parola sporadica qua e là, non l'avevo mai notato parlare in questo modo prima. Più tardi, mentre la nostra relazione cresceva, ho imparato a trascurare le parole scelte che Elvis usava a volte, anche se non sarei mai stata a mio agio al 100% con esse.
Elvis e gli uomini continuarono a scherzare tra di loro mentre io mangiavo in silenzio. Quando terminai, mi alzai per andare in bagno. Elvis mi afferrò la mano, facendomi trasalire. "Dove stai andando?" chiese.
"Solo a lavarmi le mani", risposi.
"Oh. Ok. Torna presto", disse.
Ero contenta e lusingata. Elvis era stato così impegnato nella conversazione con il suo entourage, che avevo pensato che non si sarebbe nemmeno accorto se fossi sgattaiolata fuori dalla stanza per qualche minuto. A quanto pare, però, lui
era ancora concentrato su di me, e la mia presenza era importante per lui.
Quando l'ora dello spettacolo di Elvis si avvicinò, lui andò nella sua camera da letto per prepararsi mentre io mi vestii nella mia. Quando tornai nel soggiorno, c'era un brusio di attività. Vari assistenti, insieme al parrucchiere di Elvis, il medico, il road manager e le guardie del corpo, stavano tutti correndo dentro e fuori dalla sua camera da letto. In poco tempo, Elvis uscì dalla sua stanza indossando una tuta bianca con varie sfumature di blu in un motivo ad arcobaleno che si snodava sul davanti della tuta e lungo i lati di entrambi i pantaloni. I suoi capelli erano acconciati alla perfezione. Indossava una cintura abbinata con catene intorno alla vita, e i suoi piedi erano rivestiti di stivali di pelle bianca. Vedendolo vestito in uno dei suoi abiti di scena così da vicino, sembrava così bello che mi tolse il fiato.
Mentre alcune persone si riunivano per finire di prepararlo a salire sul palco, Elvis mi guardò con un lieve sorriso, mettendo le mani sulla sua cintura e spostandola un po' più in alto. Alzò un sopracciglio verso di me e mi diede un'occhiata leggermente preoccupata. Non potevo credere che Elvis mostrasse un accenno di ansia prima di una performance dopo tanti anni ! Questo me lo rendeva ancora più caro. Dall'altra parte della stanza gli ho detto "molto carino", volendo fargli sapere che secondo me stava benissimo.
Circondati dall'entourage di Elvis, finalmente lasciammo la stanza e ci siamo incamminammo lungo il corridoio dell'hotel. Elvis divenne silenzioso. Potevo dire che era concentrato sul suo imminente spettacolo. Salimmo nell'ascensore fino al piano terra dell'hotel. Fuori, un paio di macchine e una limousine ci aspettavano con una scorta di polizia. Non ero mai stata in una limousine, quindi salire su una di queste auto era un'altra novità per me.
Mi misi al centro del sedile posteriore. Elvis si sedette accanto a me. Alcuni degli altri uomini si affollarono con noi, mentre altri si ammassavano nella seconda macchina. Sentivo che Elvis era ancora in ansia per la sua performance. Fissava pensieroso fuori dal finestrino durante il breve viaggio, di tanto in tanto facendo chiacchiere o scherzava con qualcuno, ma parlava a bassa voce. Mi spiegò questo sussurrando: "Sto proteggendo la mia voce".
Al nostro arrivo al Cow Palace, un'enorme arena al coperto a Daly City, uscimmo immediatamente dall'auto ed Elvis fu portato di corsa in un camerino mentre io venni scortata nel backstage e mi fu detto di aspettare vicino al palco.
L'arena sembrava piena e sul palco si stava già esibendo un comico di nome Jackie Kahane. Avrei appreso più tardi che era stato il numero di apertura di Elvis negli ultimi sei anni o giù di lì. Mi trovavo da sola e mi sentivo estremamente eccitata ma anche un po' spaventata, mentre aspettavo che qualcuno mi dicesse cosa fare o dove andare. Riflettendo sull'unico altro concerto di Elvis che avevo visto, a luglio con mia madre e mia sorella, pensai a quanto fossi fortunata ad essere qui adesso, a guardare il suo spettacolo dalla prospettiva di un ospite, invece di un altro possessore di biglietto.
Alla fine, Dean Nichopoulos si è avvicinò e offrrendomi una bibita, poi mi portò una sedia d'acciaio, spiegandomi che era per me. Elvis voleva che la sedia fosse posizionata proprio sul palco dietro i suoi fonici ! Era fantastico che mi volesse così vicino a lui!
"Assicurati solo di andare verso la limousine all'inizio della sua canzone di chiusura, 'Can't Help Falling in Love", ,i avvertì. "Altrimenti, potrebbe essere difficile portarti via da qui quando i fans si precipiteranno sul palco alla fine dello spettacolo".
Il mio cuore batteva sempre più forte mentre venivo assistita sul palco. Lì incontrai i tecnici del suono Felton Jarvis e Bruce Jackson mentre mi sedevo. Jackie Kahane fece un ottimo lavoro nel riscaldare la folla. Mentre la routine di Jackie si concludeva, un brivido cominciò a serpeggiare tra il pubblico. Anch'io sentivo questa eccitazione, ma ad un livello più intenso. Stasera non stavo solo andando a vedere Elvis come artista, ma un uomo che mi faceva sentire speciale e stava iniziando a suscitare sentimenti in me. Volevo davvero vedere Elvis fare bene.



Finalmente le luci si abbassarono lentamente mentre i musicisti e i cantanti salivano sul palco e prendevano posto. Le urla si levarono dal pubblico quando l'orchestra iniziò a suonare "Also Sprach Zarathustra", meglio conosciuta come il tema musicale del film 2001: Odissea nello spazio.
L'entrata in scena di Elvis fu accolta da migliaia di lampeggianti di macchine fotografiche. I flash mi accecarono momentaneamente e diedero all'interno dell'arena un inquietante effetto di luce stroboscopica. Come una calamita, Elvis attirò tutti gli occhi su di lui mentre si muoveva con decisione avanti e indietro sul palco per garantire a tutti la migliore possibilità di vederlo e fotografarlo. Si avvicinò poi a Charlie Hodge che lo aiutò a mettere la cinghia di una chitarra sulla sua spalla, e si spostò verso il microfono al centro del palco. Lì iniziò a suonare la sua chitarra, cantando "C.C. Rider" con grande passione, volume e timbro. La sua voce iconica rimbombò nell'arena, portando immediatamente molti spettatori in piedi.
Durante tutto il concerto, Elvis sembrava davvero divertirsi. Scherzò con la folla, con i suoi musicisti e con i cantanti di sottofondo. Charlie cantava l'armonia, suonava la chitarra ritmica, occasionalmente porgeva ad Elvis un bicchiere d'acqua ed era veloce a mettere una sciarpa fresca intorno al collo di Elvis dopo che una di esse era passata dalla sua mano al pubblico. Seduto sul palco così vicino a lui, ho trovato allarmante osservare come i fana ruzzolavano e si arrampicavano l'uno sull'altro in un'accesa competizione per afferrare la sciarpa: temevo che uno di loro potesse farsi male. Mentre guardavo Elvis esibirsi, il tempo reale sembrava sospeso. Era sul palco da più di un'ora quando la band iniziò a suonare "Can't Help Falling in Love". Con un inizio, mi ricordai improvvisamente l'avvertimento di Dean di essere nella limousine prima della fine della canzone. Mi alzai e mi preparai ad andarmene ma improvvisamente, la parola "Resta!" risuonò attraverso gli altoparlanti. Gettai uno sguardo sopra la mia spalla e vidi Elvis che mi indicava momentaneamente mentre continuava a cantare. Non potevo credere che si fosse accorto immediatamente che me ne stavo andando ! Mi sedetti di nuovo sulla mia sedia, imbarazzata, chiedendomi se qualcun altro l'avesse notato. Potevo solo sperare che la luce fioca nel mio angolo del palco avesse reso impossibile a chiunque nel pubblico di notarmi. Diventavo sempre più nervosa man mano che i secondi passavano, preoccupats di come avrei fatto ad arrivare alla macchina in tempo. Alla fine, quando vidi Elvis camminare verso il lato opposto del palco, saltai in piedi e corsi via, ancora un po' timorosa che si accorgesse della mia assenza. L'ultima cosa che volevo che pensasse era che non volevo sentire il suo numero di chiusura o apprezzare lo sforzo che aveva fatto per portarmi qui.
La limousine era in attesa alla fine di una rampa sotterranea, con il motore acceso e le porte aperte. Qualcuno mi condusse lì ed improvvisamente Elvis si precipitò verso la limousine circondato dai membri del suo entourage. Salì frettolosamente in macchina, madido di sudore, con un asciugamano drappeggiato intorno al collo. Le sue guardie del corpo, il dottor Nichopoulos, Joe Esposito e pochi altri si unirono rapidamente a noi.
"Bello spettacolo, bello spettacolo", Joe si congratulò con lui mentre Elvis si appoggiava al sedile, pulendosi il viso con l'asciugamano.
Anche altri iniziarono a complimentarsi con Elvis. Alla fine intervenni: "Sei stato meraviglioso", dissi.
Mentre la limousine iniziava lentamente a muoversi in avanti, Elvis si chinò verso di me e mi chiese dolcemente: "Hai visto la fine dello spettacolo?".
"No", ammisi. "Mi è stato detto di essere in macchina prima che finisse l'ultima canzone".
Vidi un lampo di irritazione scurire il suo volto. "Assicuratevi che Ginger rimanga seduto fino alla fine del prossimo spettacolo", annunciò a tutti nella limousine. Sentii un sorriso che mi accarezzava gli angoli della bocca. Stavo andando a vedere un altro dei suoi spettacoli !
I fans assalirono la limousine all'uscita dall'edificio: era una sensazione spaventosa essere circondati anche eprché alcuni di loro cercavano addirittura di salire sopra l'automobile.
Afferrai la mano di Elvis che, comunque, sembrava calmo: era chiaramente abituato a questo tipo di cose. Salutava i suoi fans e scherzava con me sul fatto di comprare un braccio di plastica con una mano attaccata in modo da sembrare che stesse ancora salutando, mentre riposava la sua. Non ho potuto fare a meno di pensare al primo film dei Beatles, "A Hard Day's Night", e alle inquadrature in quel film dei loro fans che li inseguono.
Aspetta un attimo, pensai. Elvis deve aver fatto questa esperienza molto prima di loro ! Non capivo come qualcuno potesse mai abituarsi completamente a questo tipo di attenzione.
Tornati all'hotel, Elvis andò nella sua camera da letto con i suoi aiutanti e il Dr. Nichopoulos mentre io andai nella mia. Dopo che gli uomini se ne andarono, Elvis chiese di me e ordinò il servizio in camera. Fui sorpresa di vederlo già vestito con un pigiama e una vestaglia. Non potevo biasimarlo per aver voluto togliersi l'abito di scena e indossare abiti più comodi, ma rimasi comunque sorpreso dal pigiama. Non era poi così tardi.
Vari altri membri del suo staff entrarono nella stanza e il nostro cibo ci fu presto portato. Mentre mangiavamo, Elvis cominciò a scrutare la sua performance. Vidi quanto fosse importante per lui uno spettacolo di alta qualità mentre esaminava tutto: la band, le luci, il suono e l'esperienza del pubblico. Non voleva deludere i suoi fans in alcun modo.
Mentre eravamo seduti e parlavamo dello spettacolo, mi venne in mente che ero entrata nella suite di Elvis circa alla stessa ora della sera precedente. Anche allora Elvis era vestito con la sua vestaglia ed era circondato da questi uomini. Aveva finito uno spettacolo ieri sera? E, se sì, perché non ero stato invitata ? (Solo dopo la morte di Elvis avrei scoperto il vero motivo per cui ero stata lasciata seduto nella mia stanza d'albergo per un giorno: Linda Thompson era stata nell'hotel ed Elvis la stava accompagnando fuori. Quello che Elvis voleva, Elvis otteneva. Per molti intorno a lui, questo era "prendersi cura degli affari").



Dopo che i ragazzi se ne andarono, Elvis mi disse che il suo tour sarebbe finito la sera seguente ad Anaheim, California. "Rimarrai, vero ?", mi chiese.
"Certo", risposi, entusiasta dell'invito a vedere un'altra delle sue esibizioni.
Una volta deciso, Elvis scelse un libro da leggere. Dopo aver intrattenuto migliaia di fans, sembrava aver bisogno di un modo per concentrare i suoi pensieri e spegnere tutto, un'impresa che immaginavo non potesse essere facile, specialmente per un uomo che amava esibirsi così tanto. Leggemmo per molto tempo: Elvis metteva sempre un intenso pensiero filosofico nell'interpretare quello che, secondo lui, i vari autori stavano cercando di dire nei libri. Questo esercizio mi era utile perché i libri stessi non erano facili da capire subito. Mi sentivo come se fossi in presenza di un insegnante. Dopo un po' cominciai ad avere sonno, ma feci del mio meglio per rimanere concentrata, sentendo che era importante per Elvis.
Verso l'alba, un assistente portò un piccolo pacchetto giallo e lo lasciò sul comodino. Elvis ingoiò il suo contenuto con l'acqua di una vicina brocca piena di ghiaccio.
"A cosa serve?" chiedetti.
"Qualcosa che mi aiuti a dormire", disse Elvis.
Era stato profondamente assorbito, perfino eccitato dai diversi libri che avevamo esaminato, così non ci pensai due volte che avesse bisogno di qualcosa per dormire. Anche se ormai era mattina, gli augurai la buona notte. Ancora una volta, mi accompagnò nella mia stanza come un gentiluomo.
Per qualche ragione, non dormii a lungo, probabilmente a causa della combinazione del jet lag e dello strano programma inverso che Elvis teneva, girando le sue stanze in un'altra stanza, trasformando il giorno in notte e la notte in giorno. Quando mi alzai verso l'una del pomeriggio, immaginai che Elvis stesse ancora dormendo perché eravamo rimasti alzati fino a tardi. Non avevo mangiato molto a cena e ora avevo fame. Mi sentivo più a mio agio a ordinare il servizio in camera, così lo feci, mangiando da sola nella mia stanza mentre contemplavo questo nuovo intrigante mondo in cui stavo vivendo. C'era lo stile di vita di Elvis e la sua personalità dinamica a cui pensare, insieme alla sua musica, i suoi studi religiosi e le molte persone che sembravano circondarlo 24 ore su 24, 7 giorni su 7. È stato intenso, esaltante ed estenuante mentre cercavo di elaborare tutto e capire tutto questo. Non mi consideravo ancora "quella giusta", anche se Elvis sembrava fare del suo meglio per farmi sentire come se fossi speciale per lui. Se voleva che la nostra relazione andasse oltre, decisi che ero pronta.
Finalmente, verso le 4 del pomeriggio, qualcuno bussò alla porta della mia camera da letto. Aprii e trovai Elvis in piedi in pigiama e vestaglia - una vista che stavo cominciando a considerare normale. "Vado a ordinare da mangiare", disse. Quando gli confessai che avevo già mangiato, la cosa sembrò infastidirlo. "D'ora in poi, vorrei che mangiassimo insieme", disse.
"Mi dispiace", mi scusai. Non avevo idea che Elvis sarebbe stato sensibile su questo punto. Allo stesso tempo, ero contenta che avesse detto "d'ora in poi", il che indicava che stava certamente vedendo un futuro per la nostra relazione. Volevo inserirmi come potevo.
In tour con lui più tardi, ogni volta che mi capitava di essere nella mia stanza quando veniva portata la colazione, Elvis bussava alla mia porta, mi prendeva per mano e mi portava al tavolino o al suo letto così potevamo mangiare insieme.
Da lì a poco, ci sedemmo insieme in salotto mentre Elvis mangiava. Mi disse che si sarebbe esibito a Las Vegas subito dopo questo tour e mi chiese se mi sarebbe piaciuto andare con lui.
"Sarò lì per dieci giorni", disse.
Amavo guardare i suoi spettacoli ed ero eccitato dalla prospettiva di passare più tempo con lui. Però ero anche preoccupata perché avevo portato solo abbastanza vestiti per quella che pensavo sarebbe stata una breve visita. Potevo davvero andare dalla California a Las Vegas con lui? E il mio lavoro? Come potevo semplicemente non presentarmi per dieci giorni?
Mentre pensavo alla logistica, gli uomini dell'entourage di Elvis cominciarono ad arrivare uno ad uno. Ne seguì quello che stava rapidamente diventando uno scenario familiare: Elvis scherzava e fumava mentre tutti ridevano con lui. Dopo la morte di Elvis, avrei imparato di più sulla storia personale che Elvis aveva con alcuni di questi uomini, che all'epoca, a mia insaputa, erano stati soprannominati la "Memphis Mafia", dai media.
Lasciai il soggiorno per telefonare a Memphis, facendo sapere ai miei genitori che non sarei tornata a casa per un po'. Era insolito per me stare lontano da casa per così tanto tempo, ed era bello sentire le loro voci familiari. Alla fine della nostra conversazione, mia madre disse che aveva parlato con suo padre, mio nonno, a cui ero molto legata, del fatto che avrei viaggiato con Elvis. Essendo ottantacinquenne e all'antica, mio nonno aveva espresso preoccupazione sul fatto che questo fosse appropriato. "Di' a Elvis che è la mia ragazza", aveva dettomio nonno. Capivo come qualcuno della sua generazione potesse avere delle preoccupazioni su quello che stavo facendo. Immaginavo che lo facessero anche i miei genitori, perché sembrava che mi stessi buttando a capofitto in un futuro incerto. Avevo le mie paure; non volevo innamorarmi solo per avere il cuore spezzato. D'altra parte, il magnetismo di Elvis mi attirava ogni giorno di più.
Chiesi a mia madre di chiamare il negozio dove lavoravo. "Per favore, spiegale cosa sta succedendo", le dissi, chiedendomi se avrei avuto ancora un lavoro quando sarei tornato da Las Vegas.
Non potevo preoccuparmi di questo in quel momento, però. Il mio obiettivo ora era stare con Elvis. Volevo farlo più di ogni altra cosa al mondo. Il resto della mia vita poteva aspettare.

Mentre ci preparavamo a partire per Anaheim, cominciai a fare i bagagli. Sapevo di essere totalmente impreparata per Las Vegas, ma cosa potevo fare? Chiusi la valigia e andai in salotto, pensando che avrei dovuto arrangiarmi con i vestiti che avevo. Elvis mi raggiunse presto, dopo aver indossato la sua tuta casual blu navy. Durante il tragitto verso l'aeroporto, Elvis cadde in quella che cominciavo a vedere essere una delle sue frequenti abitudini: puntellò il piede destro sopra il ginocchio sinistro e cominciò a scuoterlo nervosamente. Fui solleticata notare che non si era cambiato affatto, perché il bordo del suo fondo del pigiama spuntava da sotto i pantaloni della tuta.
Un enorme jet passeggeri ci aspettava all'aeroporto. Fino ad allora, non avevo idea che Elvis possedesse un altro aereo. Il nome di sua figlia, Lisa Marie, era scritto in blu sulla parte anteriore dell'aereo. In alto sulla coda c'era un'immagine della bandiera americana, e sotto c'erano le lettere TCB in oro, sopra un fulmine dorato.
Mentre salivamo le scale, Elvis mi disse che aveva scelto lui stesso la combinazione di colori. "La prima volta che lo mostrai a mia figlia Lisa, lei sbadigliò", disse con un sorriso.
Un assistente di volo ci salutò. Incontrai anche il resto dell'equipaggio e il pilota, il capitano Elwood David. Il nome del capitano era una bella coincidenza, dato che il secondo nome di mio padre era Elwood e questa era l'unica altra volta che l'avevo sentito.
La JetStar mi aveva certamente impressionato, ma la Lisa Marie era magnifica. Lo scompartimento principale dell'aereo era arredato come un salotto, con due divani in pelle scamosciata, uno verde e uno marrone, sedie in pelle marrone, tavoli con il piano in pelle e persino un televisore. Mentre seguivo Elvis all'interno dell'aereo, passammo un grande tavolo da conferenza ed entrammo in un salotto arredato con sedie di pelle scamosciata blu.
Poi raggiungemmo una camera da letto: decorata in blu, aveva tutto quello che si poteva desiderare: un letto matrimoniale, una sedia da lettura e persino una zona spogliatoio con un mezzo bagno e un lavandino blu. Rimasi nella camera da letto con Elvis mentre gli altri prendevano posto davanti. Durante il breve volo, Elvis orgogliosamente continuava a parlarmi delle varie caratteristiche speciali dell'aereo.
Dopo l'atterraggio, alcuni impiegati cominciarono ad entrare im camera per aiutare Elvis a preparare il suo spettacolo, così mi spostai davanti. Quando Elvis finalmente uscì, era vestito con una bellissima tuta con un ornato disegno di piume dei nativi americani. Presto andammo all'Anaheim Convention Center, dove, ancora una volta mi trovai seduta sul palco dietro i fonici per assistere allo spettacolo. Questa volta restai attenta a rimanere sulla mia sedia un po' più a lungo. Era fantastico essere così vicino ad Elvis quando si esibiva: erp davvero fortunata ad essere in quel momento con lui, seguendo ogni suo gesto, commento, battuta e sguardo.
Quando la canzone "Can't Help Falling in Love" volgeva al termine, il batterista della band diede il via e Elvis iniziò a fare impressionanti mosse di karate, che finivano con lui accovacciato in una lunga posizione bassa, una gamba piegata e l'altra estesa. Mi guardò velocemente e sorrise. Ricambiai il sorriso, capendo che era quello che voleva farmi vedere. Essendo stato un fan del karate da bambino, amavo vederlo in televisione e nei film. Potevo dire che Elvis doveva averlo studiato per anni per essere così abile. Non avrei scambiato la mia posizione in quel momento per essere in qualsiasi altro posto - o con chiunque altro.
Quando lo spettacolo finì, mi affrettai a prendere la limousine e quasi urtai Elvis mentre uscivamo dal teatro. Al sicuro in macchina, disse che era felice che avessi visto il suo finale.
"Bello spettacolo, bello spettacolo", dichiarò ancora una volta Joe mentre la nostra macchina sfrecciava via dall'edificio.
Di nuovo a bordo del Lisa Marie, il Dr. Nichopoulos e alcuni aiutanti andarono verso il retro dell'aereo con Elvis e chiusero la porta della camera da letto. Mentre li seguivo, notai che molte delle stesse persone erano sull'aereo con noi, insieme ad alcune facce nuove. Al Strada uscì dalla camera da letto, portando gli stivali e il vestito di scena di Elvis. Aveva lasciato la porta parzialmente aperta. Attraverso la fessura, potevo vedere Elvis, mezzo vestito nella sua tuta casual della marina, in piedi con le braccia in aria e in fuori sui fianchi. Ero divertito nel vedere Dean che gli girava intorno, chiudendo la cerniera della sua tuta e mettersi i calzini ai piedi. Elvis mi vide guardare e mi fece cenno di entrare mentre Dean e il dottor Nichopoulos se ne andarono. Camminando verso di lui, notai che l'etichetta della cerniera della sua tuta era girata verso l'alto. Decidendo di dare il tocco finale al suo cambio d'abito, feci rapidamente scorrere la cerniera verso il basso con un dito. Rimasi sbalordito quando Elvis allungò la mano e mi afferrò il polso. "Non farlo più", disse. "Sono stato addestrato a guardarmi dalle mosse improvvise".
Gli ho creduto per un secondo. Poi Elvis scoppiò in un sorriso e vidi che stava scherzando. Tuttavia, dopo aver visto le sue mosse di karate sul palco, credevo che Elvis sarebbe stato perfettamente in grado di abbattere qualcuno se ce ne fosse stato bisogno. Si sedette sul bordo del suo letto e io presi una sedia. Mentre Lisa Marie decollava, Elvis aprì una valigia e tolse di nuovo il Libro dei Numeri di Cheiro. A quel punto avevo capito abbastanza dalle nostre letture per sapere che lo scopo di questo libro di numerologia era di aiutare le persone ad usare il potere dei numeri per predire il futuro usando cose come le date di nascita. Elvis girò una pagina che non avevo ancora visto, dove Cheiro descriveva come le persone dovessero indossare certi colori e portare pietre fortunate in base ai loro numeri. Mentre parlavamo dei colori e dei loro significati, Elvis si ricordò di una storia che suo padre gli aveva raccontato sul giorno in cui lui e suo gemello erano nati a Tupelo, nel Mississippi.
"Mentre mia madre era in travaglio", disse Elvis, "mio padre andò fuori dalla nostra casa per prendere l'acqua dal pozzo. Quando papà si voltò, notò una luce blu sopra la nostra casa. Papà si precipitò di nuovo dentro e scoprì che mio fratello Jesse era nato morto. Poi sono nato io".
Elvis parlava con riverenza, come se la luce blu rappresentasse la relazione di Dio con lui e la sua comprensione del percorso che la sua vita aveva preso. La storia di Vernon inizialmente mi sembrò inverosimile, ma tuttavia, mi dava i brividi. Mi chiesi se Elvis credesse davvero alla storia e decisi dal suo tono che molto probabilmente era così. Riflettendo su da dove Elvis era venuto e su chi era diventato, mi chiesi se fosse stato davvero scelto da Dio. Poiché ero stato cresciuto in una famiglia cristiana, credevo che i miracoli descritti nella Bibbia fossero veri. Sentivo che Elvis era un forte cristiano a causa del suo amore per il gospel, e se lui non vedeva un conflitto con questo modo di pensare, sentivo che non ci sarebbe stato un conflitto anche nelle mie convinzioni. Ero determinata a mantenere una mente aperta, sentendo che forse Dio tocca ognuno di noi in modi diversi.
"Io credo che certe cose come questa possano accadere", dissi ora ad Elvis, parlando con la stessa solennità con cui lui aveva parlato con me.
In quel momento, Elvis si tolse uno dei suoi calzini per mostrarmi il suo piede destro. Il suo secondo e terzo dita del piede erano unite, un attributo fisico che lui chiamava "dita gemelle".
"Penso che essere un gemello ne sia la causa", scherzava.
Quando risi, Elvis mi diede una lunga occhiata e disse dolcemente: "Sai, Ginger, mi sembra di conoscerti da molto tempo. Quando ti ho visto per la prima volta è stato come se fosse partita una sirena dentro di me che diceva 'Indietro... whoa. Indietro, ragazzo! Scopri com'è lei".
Mentre Elvis mi raccontava questo, si mise una mano sul cuore e alzò l'altra in aria come se cercasse di fermare qualcosa. "Vederti è stato come vedere qualcuno che ho sempre conosciuto eppure non ho mai conosciuto. Mi sembra di vedere mia madre quando ti guardo".
Troppo sorpreso per parlare, mi chiesi se stesse parlando del mio aspetto o di come mi comportavo. In ogni caso, ero profondamente toccata e lo presi come un complimento. Elvis rivolse la sua attenzione al libro di Cheiro senza aspettare una risposta. Aveva fatto queste forti affermazioni in modo così casuale, eppure così sincero. Non potevo fare a meno di chiedermi se mi sentivo allo stesso modo: come se lo conoscessi da molto più tempo dei pochi giorni che avevamo passato insieme. La risposta doveva essere sì. Quando incontrai Elvis quella prima notte a Graceland, nella camera da letto di Lisa, ero quella che lo aveva salutato per primo. Qualcosa nel profondo mi aveva fatto sentire istintivamente a mio agio da farlo.
Dopo un po' di tempo, Elvis disse che aveva bisogno di parlare di affari e chiamò alcune persone nel retro. Lasciai la stanza per dar loro un po' di privacy e aspettai appena fuori dalla porta della camera da letto.
Gli altri passeggeri della Lisa Marie stavano conversando tra loro. Molti stavano giocando a carte e ad altri giochi. Mi sentivo decisamente come la nuova ragazza in città. Feci un respiro profondo e mi avvicinai per presentarmi, poi cercai di unirmi alle conversazioni. Charlie Hodge entrava e usciva dalla stanza principale con un cocktail, raccontando barzellette. Dean gridava: "Sono il re!" dopo aver fatto una buona mossa a backgammon, un gioco che non avevo mai sentito prima. C'erano anche altre donne sull'aereo. Alcune di loro indossavano collane d'oro con le lettere TLC, simili alle collane TCB che molti uomini avevano. Presto avrei imparato che TLC stava per Tender Loving Care. Queste collane erano regali di Elvis, date alla sua famiglia, agli amici e a pochi selezionati.
Mi ero presentata ad un paio di persone, cercando di fare progressi, quando qualcuno si avvicinò per dire che Elvis mi chiedeva di tornare nella sua stanza. Lo feci, sperando che almeno avessi fatto il primo passo nel cercare di conoscere il gruppo che circonda Elvis.
06/11/2021 21:26
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CAPITOLO 6


Dopo l'atterraggio a Las Vegas, salimmo su una limousine e fummo scortati dalla polizia all'Hilton International Hotel. Mentre passavamo davanti ad un grande e sfarzoso tendone che mostrava il nome di Elvis, pensai che non ero mai stata a Las Vegas in vita mia, e ora ero stato qui due volte in poco tempo.
Ancora una volta entrammo nell'hotel dalla porta posteriore, ma questa volta l'ascensore arrivò fino al trentesimo piano. Seguii Elvis lungo un corridoio verso una guardia di sicurezza seduta su una sedia accanto a delle doppie porte. Le attraversammo e scendemmo alcuni gradini nel soggiorno di un attico: era una sontuosa suite decorata con tappeti e drappi dorati. Cuscini neri accentuavano il color oro del divano e delle sedie che arredavano il soggiorno. C'era anche una sala da pranzo e una cucina. Guardavo a bocca aperta il nostro nuovo ambiente ed Elvis osservava la mia reazione sorridendo. Dalla parte principale dell'enorme suite arrivammo in una camera da letto principale dove c'erano due bagni, un salotto e un letto king-size su una piattaforma rialzata. Il soffitto a specchio sopra il letto rifletteva i nostri movimenti.
Un assistente entrò nella camera, aprì una valigia contenente dei libri e ne posò alcuni sul pavimento accanto al letto. Un altro aiutante mise un contenitore d'acqua sul comodino, insieme ad una scatola di sigari Roi Tan, la marca che Elvis aveva occasionalmente fumato davanti a me. L'aiutante lasciò anche un programma sul comodino che elencava quali impiegati erano in servizio e a che ora, insieme ai loro numeri di stanza. Ormai avevo appreso che gli aiutanti sembravano avere vari incarichi. Alcuni aiutavano con il guardaroba, mentre altri servivano come extra durante i concerti o portavano cibo e pacchetti di medicine a Elvis.
Una volta assicurati che tutto fosse di gradimento di Elvis, gli aiutanti se ne andarono ed Elvis premette un pulsante vicino al letto: le tende contro una parete cominciarono lentamente ad aprirsi, rivelando le finestre e una vista spettacolare di Las Vegas che si estendeva sotto il nostro attico. Elvis mi fece fare un giro delle altre stanze collegate alla suite e menzionò che suo padre avrebbe alloggiato in una di esse. Vernon, aveva avuto un attacco di cuore l'anno prima ed Elvis disse che era contento che fosse in grado di venire di nuovo ai suoi spettacoli.
Tornammo nel soggiorno ed Elvis si avvicinò ad un un giradischi. La canzone che scelse di suonare era Charles Boyer che cantava "Once Upon A Time". Mentre il brano riecheggiava in tutta la suite, Elvis chiuse gli occhi e cominciò a recitare il testo, in stile Boyers. Continuò a fare lo stesso con la canzone "Softly As I Leave You". Le parole erano bellissime e mi sedetti, incantata, mentre Elvis le pronunciava con grande passione. Quando l'album finì, Elvis mi disse che "Softly As I Leave You" fu scritta da un uomo in un ospedale che cominciò a sentirsi come se stesse morendo dopo che sua moglie, sdraiata accanto a lui, si addormentò. Non volendo svegliarla, l'uomo scrisse le parole della canzone in una lettera alla moglie. Sapevo che questa canzone aveva toccato Elvis profondamente, dato che lo ricordavo cantare e parlarne sul palco, la prima volta che l'ho visto esibirsi in luglio. Elvis avrebbe suonato questo album molte altre volte per me mentre eravamo a Las Vegas.

Senza spettacoli fino alla sera successiva, Elvis aveva tempo per rilassarsi. Lo seguii in camera da letto pensando che avremmo potuto riposare, ma lui rimase sveglio mentre vari impiegati entravano e uscivano, alcuni per affari e altri per vedere se aveva bisogno di qualcosa. Quando Elvis voleva parlare con uno dei suoi collaboratori in privato, a volte faceva un gesto verso la porta del bagno e diceva scherzando: "Vieni nel mio ufficio". Decisi che aveva senso: il bagno era privato e più conveniente per lui che andare in una stanza esterna o chiedere agli altri di uscire.
Quando le cose si calmarono e ci rilassammo finalmente nel letto, Elvis prese un libro. Questa volta era "Il Profeta di Kahlil Gibran", il filosofo e artista libanese. Non lo sapevo ancora, ma durante i mesi di intimità che avremmo passato insieme, Elvis avrebbe fatto riferimento a questo libro molte volte. Era un'importante pietra di paragone filosofica per lui.
Elvis girò il libro e mi mostrò la foto dell'autore sul retro della copertina. "Non ha uno sguardo complice?" chiese.
Io presi quello che mi sembrava un Gibran pensieroso e risposi di sì. Il Profeta parlava di una persona di nome Almustafa che aspettava di tornare a casa dopo aver vissuto dodici anni nella città di Orphalese. Con tristezza, risponde alle domande della gente dell'isola prima della sua partenza. Elvis lesse alcune citazioni: una di esse proviene da una sezione in cui Almustafa era invitato a parlare d'amore.
"Quando l'amore ti chiama, seguilo, anche se le sue vie sono dure e ripide. E quando le sue ali ti avvolgono, cedi a lui, anche se la spada nascosta tra i suoi pinnacoli può ferirti. E quando ti parla credi in lui, anche se la sua voce può infrangere i tuoi sogni come il vento del nord distrugge il giardino. Perché come l'amore ti incorona, così egli ti crocifigge.
Come è per la tua crescita per la tua crescita, così è per la tua potatura".
Elvis lesse le parole con grande passione e potenza. Potevo sentire che voleva veramente afferrare quello che l'autore sapeva o come Gibran si era sentito per scrivere in questo modo. Da parte mia, ascoltavo le parole e sentivo la mia inesperienza nelle relazioni. A vent'anni, non avevo ancora conosciuto un vero grande amore. Elvis sarebbe stato il mio primo?
Dopo aver condiviso con me questi passaggi, Elvis spiegò: "Non credo che una persona possa controllare l'amore. Quando succede, devi solo assecondarlo e fare del tuo meglio per essere preparato al bene e al male".
E, quando ad Almustafa viene chiesto cosa del matrimonio, Gibran scrisse queste parole:
"Siete nati insieme, e insieme sarete per sempre. Sarete insieme quando le ali bianche della morte disperderanno i vostri giorni. Sì, sarete insieme anche nella silenziosa memoria di Dio. Ma che ci siano spazi nella vostra unione, e lasciate che i venti del cielo danzino tra di voi".
Ad un certo punto durante questa lettura, Elvis fece una pausa per sorridere e dire: "Penso che potrei essere fidanzato con te", quindi rivolse la sua attenzione sul libro.
Non mi stavo più concentrando sul libro. Ero troppo sbalordita. Fidanzati ? Avevo sentito bene ?
Decisi che stava scherzando, che lo diceva solo perché ci era capitato di leggere insieme e di divertirci. Eravamo stati insieme, in tutto, solo una settimana, eppure, la sua affermazione incombeva su di me mentre Elvis continuava a leggere, enfatizzando certe parole e scuotendo la testa per lo stupore di fronte alla loro potenza. Anch'io pensavo che la scrittura fosse meravigliosa, e mi ritrovai a rivedere le citazioni e a fare domande mentre Elvis analizzava diversi passaggi del libro. Anche in così poco tempo, potevo sentire che leggere con lui mi stava aiutando ad imparare e a crescere.
Un po' di tempo dopo, Elvis si fermò di nuovo e chiuse gli occhi. "Sai, quando chiudo gli occhi, posso immaginarti in un lungo abito bianco", disse. Poi aprì lentamente gli occhi, inclinò la testa da un lato e sollevò un sopracciglio verso di me, valutando la mia reazione.
"Oh", ho detto, lottando per pensare a qualche risposta. "Che bello", aggiunsi e sorrisi. Un lungo abito bianco? Fidanzati? È possibile che intenda quello che penso che intenda? Non può essere giusto, pensai. Non dopo così poco tempo.
D'altra parte, avevo già visto quanto Elvis potesse essere spontaneo e deciso su certe cose. Avevo certamente sentito una forte attrazione tra noi dal primo giorno in cui ci eravamo incontrati, ma l'idea che noi fossimo già a discutere di matrimonio era quasi impossibile per me da capire. Avevo appena finito il liceo da due anni e non avremmo potuto essere in posti più diversi nelle nostre vite. Eppure, questi potenziali ostacoli sembravano svanire rapidamente. Inoltre, non era una cosa da poco il fatto che questo fosse Elvis, un uomo che sembrava vivere in un mondo tutto suo.
Senza far caso alla mia espressione scioccata, che sono sicura avesse rispecchiato i miei pensieri, Elvis si limitò a sorridere e tornò a leggere. Nel frattempo, la mia mente continuava a girare fuori controllo. Come poteva Elvis provare già un sentimento così forte nei nostri confronti?
Al sorgere dell'alba, Elvis andò in bagno e si cambiò in pigiama senza menzionare una stanza separata per me. Rendendomi conto che ora ci sarebbe stata poca o nessuna privacy, decisi di seguire il flusso e andai nel bagno delle donne per cambiarmi per andare a letto. Non solo dovevo ancora lavorare sul sentirmi a mio agio nell'indossare il pigiama con Elvis, ora dovevo anche essere a mio agio nell'indossarlo. C'era la possibilità che lo facessi davanti a tutto il suo clan di amici maschi e al personale di supporto.
Uscii dal bagno e mi sedetti accanto ad Elvis sul letto. Per tutta la sera mi ero sforzata di capire e accettare le idee e le informazioni che aveva condiviso con me. Ora lui sprizzava qualcosa di nuovo ancora una volta.
"Dai, meditiamo insieme", disse. "È rilassante e un modo di essere in contatto con il proprio io".
Non avevo mai meditato e non avevo idea di cosa intendesse per "io". Eppure, ero disposta a provarlo. Mi sedetti accanto a lui e incrociai le gambe, imitando la sua posizione.
"Le piramidi possiedono un'energia speciale che aiuta a dare forza ad un individuo", spiegò Elvis mentre mi mostrava come formare una piramide con gli indici e i pollici. Poi mise le mani sulla fronte e mi disse: "Prega il terzo occhio e dì: 'Cristo luce, Cristo amore, Cristo pace".
Dopo aver ripetuto queste parole, Elvis mi spiegò che il terzo occhio era un centro energetico che riguardava l'essere in grado di valutare le nostre esperienze passate e i nostri modelli di vita, in modo da poterli mettere in prospettiva attraverso la saggezza del terzo chakra, che si trovava tra gli occhi. Se questo chakra malfunzionante, i sintomi potrebbero essere mal di testa e tensione oculare. Ci sedemmo in questa posizione e cercai di concentrarmi per bloccare tutto il resto mentre ripetevo queste parole con Elvis. Con mia sorpresa, dopo un po' sentii una sensazione di pace su di me. Potevo sicuramente capire come qualcuno come Elvis, con così tante richieste di tempo ed energia, potesse beneficiare della meditazione. Elvis sembrava rilassato quando finimmo di meditare. Mi disse che quando la sua ex moglie, Priscilla, stava parlando con lui al telefono una volta e gli disse che non sapeva come gestire Lisa, lui disse: "Prendi una penna e un pezzo di carta e scrivi questa parola... medita".

Non mi aveva ancora fatto delle avances fisiche, a parte i leggeri baci che avevo ricevuto. Non ero sorpresa da questo, visti i suoi impegni. Ma ora eravamo qui, in un'altra stanza d'albergo, e non era esausto per lo spettacolo di stasera. Avrebbe fatto una mossa? E cosa avrei fatto se l'avesse fatto?
Non c'era bisogno di preoccuparsi. Elvis prese due batuffoli di cotone e se li mise in bocca per bagnarli, poi mise un batuffolo di cotone in ogni orecchio. "Questo aiuta a bloccare il rumore esterno", spiegò. Si stava chiaramente preparandosi per andare a letto. Sembrava che Elvis fosse ansioso di rispettarmi quanto io di essere rispettato. Teneva volutamente la sua distanza da me e avevo la sensazione che stesse conservando il nostro incontro fisico per un momento in cui sarebbe stato giusto per entrambi.
Iniziammo a guardare la televisione e, dopo quella che era stata una lunga ed esaltante notte, ci addormentammo presto Quando ci svegliammo, un assistente portò un pacchetto per Elvis e se ne andò. Elvis mi disse che era una miscela di vitamine, medicine, pillole e aspirina. Pensai che fosse una combinazione progettata per dargli l'energia e la lucidità di cui aveva bisogno per esibirsi.
Andammo poi in salotto e mangiammo, facendo visita ad alcuni membri del suo entourage.
"Le mie precedenti guardie del corpo continuavano a mettersi nei guai e a causarmi problemi", disse Elvis, "così sono stati licenziati".
Questa era la prima volta che sentivo Elvis parlare di karate con Ed Parker, l'addetto alla sua sicurezza, e la conoscenza di Ed era estremamente impressionante. Appresi che era stato Ed a promuovere Elvis al nono grado di cintura nera ed Elvis mi disse che non voleva il decimo grado, perché "non c'era nessun posto dove andare dopo quello". Voleva qualcosa a cui aspirare nel karate.
All'inizio della serata, Elvis mi chiese di andare a fare shopping. "Voglio che tu abbia un aspetto speciale per i miei spettacoli", mi spiegò. Chiese ad una guardia del corpo di accompagnarmi. Capivo che Elvis si sentiva responsabile della mia sicurezza, ma mi sentivo un po' a disagio a fare shopping con un uomo sconosciuto e a farmi comprare dei vestiti da Elvis. D'altra parte, ero sicura che le apparenze dovevano essere importanti per Elvis, e non volevo deluderlo.
L'Hilton aveva dei bellissimi negozi al piano inferiore. Saremmo stati a Las Vegas per un bel po' e non sapevo cosa comprare. Consapevole di non spendere troppo, ma volendo prendere qualcosa che piacesse ad Elvis, alla fine decisi per un paio di scarpe da sera d'argento e strass, un abito da cocktail grigio fumo, un abito color pesca e un altro abito da sera bianco con lunghe fusciacche. La guardia del corpo pagò tutto e tornammo al piano di sopra.
Elvis era nella camera principale quando tornai, seduto sul letto e ancora in pigiama. "Vediamo cos'hai", disse. "Provali per me".
Sentendomi di nuovo timida, andai in bagno e indossai il vestito bianco. Mi fermai per un minuto davanti allo specchio, sperando che Elvis fosse contento. Quando uscii, un grande sorriso balenò sul suo volto e provai un misto di orgoglio e sollievo. "Mi piace!" Disse Elvis. "Sembri una dea greca".
Sentendomi più sicura ora, provai velocemente gli altri vestiti ed Elvis si complimentò anche con quelli. Sentivo che quello bianco era stato il suo preferito, però, e decisi di scegliere quello da indossare per il suo spettacolo di apertura.
Elvis mi porse uno dei suoi abiti e prese il Libro dei Numeri di Cheiro. Lo seguii nel soggiorno, prendendo posto accanto a lui sul divano. Mi aveva detto prima che il suo numero era l'otto. Ora mi indicava dei passaggi su certi colori di pietre che, secondo Cheiro, portavano fortuna a chi era un numero otto. Uno di queste pietre era un diamante nero, così aveva fatto mettere quella pietra in alcuni dei suoi anelli. "Ho perso uno degli anelli e un altro si è rotto quando ho sbattuto il pugno sul pavimento durante uno spettacolo", disse.
Ascoltandolo parlare di numeri fortunati e pietre, percepii che Elvis aveva un forte desiderio di sentirsi protetto sia sul palco che fuori, non solo fisicamente, ma anche psicologicamente e spiritualmente. Si alzò e tornò in camera da letto, poi tornò con un magnifico anello che gli avevo visto indossare durante le sue esibizioni. Ruotando orgogliosamente l'anello nella sua mano per catturare la luce, mi disse che era fatto su misura in oro con onice nera. La pietra centrale era un diamante di undici carati. Sotto di essa, sia le lettere TCB circondate da fulmini, erano di diamanti.
"Indosso dei cerotti sulle dita mentre mi esibisco per proteggermi dai tagli", disse, "e così nessuno può togliermi gli anelli". Poi chiese: "Avete notato come, sul palco, mantengo una posizione laterale quando mi piego per accettare un regalo o dare un bacio?".
"Sì", risposi. "Perché?"
"Così nessuno del pubblico può tirarmi giù dal palco".
Mentre Elvis iniziava a parlare dei suoi prossimi spettacoli, sembrava un po' più nervoso per questi di quanto non lo fosse per i precedenti che avevo visto.
"Qui non vengo giudicato solo dal pubblico in generale", sottolineò, "ma anche dai miei colleghi".
Ad un certo punto, Larry Geller entrò nella suite. Esitò, segnalando silenziosamente ad Elvis: "Devo rimanere o andare?" Larry voleva colorare i capelli di Elvis, un fatto che mi sconvolse. Non avevo idea che il colore dei capelli di Elvis non fossero naturali. Guardando leggermente infastidito, Elvis congedò Larry e gli chiese di tornare il giorno successivo. L'interruzione fece cambiare argomento a Elvis. Ora tirava fuori la teoria delle anime gemelle. Credeva che due persone potessero essere destinate ad essere anime gemelle e a svolgere determinati ruoli nella vita dell'altro.
"Sono destinate a incontrarsi e a far parte di un quadro più grande e inevitabile", mi disse.
Era la prima volta che sentivo parlare di questo concetto. Ero incuriosita, ma mi chiedevo perché Elvis me lo stesse menzionando. Ripensai ai suoi precedenti commenti sull'essere fidanzati, immaginandomi con un abito bianco e io ero come qualcuno che aveva conosciuto e mai conosciuto. Elvis stava pensando che potevamo essere anime anime gemelle? Di nuovo, provai emozioni contrastanti, volendo credere che Elvis pensasse che io fossi speciale nella sua vita, mentre allo stesso tempo cercavo di proteggermi dall'essere ferita.
La nostra conversazione continuò, alternando la numerologia e approfondendo i pensieri di Elvis sull'anima gemella. Mentre parlavamo imparai che Larry era quello che gli aveva dato la maggior parte dei libri che avevamo letto. Decidere che voleva saperne di più sulle anime gemelle spinse Elvis a chiedere ad un assistente di contattare Larry, sperando che avesse qualche libro al riguardo. Larry riapparve quasi immediatamente, desideroso di parlare con Elvis. Tuttavia, vedendo che non aveva un libro con sé, Elvis gli parlò brevemente e Larry se ne andò. Continuammo a parlare per tutta la notte, con la nozione di anime gemelle e un possibile futuro con Elvis che turbinava nella mia mente. Verso l'alba, Elvis prese il contenuto di un pacchetto giallo che, ancora una volta era stato lasciato sul suo comodino. Notai la parola "sonno" scritta all'esterno. Questa era solo la seconda volta che mi accorsi che Elvis aveva bisogno di aiuto per addormentarsi; non avevo notato nessun pacchetto la mattina precedente, e supposi che fosse andato a letto senza medicine.
Dopo aver preso il farmaco per il sonno, il suo discorso cominciò a rallentare man mano che faceva effetto. Non avevo notato questo prima. In breve tempo, Elvis si sdraiò di nuovo a letto e io lo aiutai a tirargli su le coperte. Appoggiai la testa
sul cuscino accanto a lui e riflettei sulle cose che avevamo letto e di cui avevamo parlato nelle ultime ore. La sua forte convinzione in certe cose come la numerologia e le anime gemelle predestinate mi stava convincendo ad allargare i miei orizzonti oltre le tradizionali credenze cristiane della mia infanzia. Il nostro dialogo aveva anche fatto più luce su come Elvis vedeva noi due attraverso il filtro di ciò che stava studiando.

Il pomeriggio successivo, incontrai il padre di Elvis, Vernon Presley, per la prima volta. Vernon aveva sessantuno anni e si avvicinava all'altezza di Elvis (cinque piedi e undici pollici secondo i registri dell'esercito), ma Vernon era magro e dall'aspetto fragile. I suoi capelli e i suoi baffi erano entrambi d'argento, ma potevo vedere la sua forte somiglianza con Elvis.
Vernon entrò nella suite con un'attraente bionda sulla trentina. Appresi che Vernon e la matrigna di Elvis non stavano più insieme quando Vernon presentò la donna come la sua fidanzata, Sandy Miller. (Vernon e Dee Presley erano separati dal 1974; Sandy era un tecnico di laboratorio divorziato e infermiera del Colorado).
Elvis parlò con Vernon di come stavano andando le cose, e notai che Elvis prendeva a cuore le opinioni e i pensieri di suo padre.
Vernon fu gentile con me, ma non disse molto, comprensibilmente concentrando la sua attenzione su suo figlio.
Dopo che Vernon e Sandy se ne andarono, Elvis chiese a Larry di entrare e di colorargli i capelli. Si avvicinava l'ora dello spettacolo ed Elvis invitò Joe nella nostra stanza per parlare con lui in privato. Io andai in soggiorno per lasciarli soli.
Dopo qualche minuto, Joe riapparve e lasciò la suite. Pensavo che Elvis avrebbe chiesto di me, ma invece Joe tornò, tornò nella camera da letto di Elvis e uscì di nuovo frettolosamente dalla suite. Joe fece questo un paio altre volte.
Elvis entrò nel soggiorno. Ero completamente disorientata. Poi Elvis tornò di nuovo in camera da letto, si sedette di fronte a me e mi chiese di chiudere gli occhi e tendere la mano destra. Feci così, tremando un po' e sentii che mi metteva un anello al dito. Aprendo gli occhi, vidi che mi aveva dato uno splendido anello a grappolo d'oro e diamanti. Stavo cercando di capire questo generoso regalo quando Elvis mi chiese di porgergli l'altra mano. Questa volta mise un anello di zaffiri e diamanti sul mio anulare sinistro.
"Ecco", disse allegramente. "Devi avere delle riserve". Prendendo una mano dalla sua schiena, procedette a darmi altri due anelli! Uno di loro era incastonato in rubini e diamanti, e l'altro era un secondo anello a grappolo di diamanti.
"Questo mi ricorda il mio compleanno", disse Elvis, indicando i diamanti a forma libera sull'anello "Sono incastonati a forma di numero otto".
Ognuno di questi anelli era più di quanto mi fosse mai stato regalato. Ero senza parole e sopraffatta. Sentivo che tutti gli andirivieni di Joe dovevano avere qualcosa a che fare con il fatto che Elvis lo avesse incaricato di mettere al sicuro gli anelli. Era tutto troppo, e mi sentivo leggermente in imbarazzo. Non volevo che Elvis si sentisse obbligato a farlo.
Esitante, cercai di spiegarglielo. "Elvis, questi anelli sono bellissimi, ma non sono mai stata una persona da gioielli".
Imperterrito, disse: "Questo è solo l'inizio! Imparerai a farteli piacere".
"Ok", concordai. "Credo che lo farò".
07/11/2021 22:00
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CAPITOLO 7


Mentre Elvis si preparava a salire sul palco quella sera, io andai in bagno e feci la mia trasformazione. Mi misi il mio nuovo abito bianco e allacciai i cinturini delle mie scarpe di strass. Indossai i miei nuovi anelli su quattro dita, ancora stupita che Elvis avesse pensato di comprarli e su come fosse riuscito a fare una sorpresa così grande. Infine, sentendomi come Cenerentola dopo che la sua fata madrina agitava la sua bacchetta magica, entrai nel soggiorno e scoprii alcune altre donne che aspettavano. Erano vestite più casual di me e mi preoccupai di aver esagerato. Temevo che questo le avrebbe alienate e io volevo davvero inserirmi. Stai indossando quello che piace a Elvis, mi sono ricordata. Dovevo ammettere che piaceva anche a me.
Una giovane donna magra con i capelli corti e biondi si presentò come Shirley Dieu, la ragazza di Joe Esposito. Non ebbi la possibilità di parlare con le altre donne presenti perché uno degli assistenti apparve e mi condusse rapidamente al piano di sotto nello showroom dell'Hilton. Ancora una volta fui impressionata dallo splendore di ciò che mi circondava. Lo showroom era bello, con lampadari, un grande palco, e uomini e donne vestiti con stile tra il pubblico. Venni accompagnata a una cabina centrale, dove presi posto accanto a Vernon e Sandy.
Quando l'apertura si concluse e le luci si abbassarono, rimasi scioccata quando qualcuno si avvicinò al nostro stand, tirò fuori un pezzo di carta e una penna verso di me per un autografo e disse: "Priscilla?"
Che strano. Sembravo forse l'ex moglie di Elvis al buio, mi sono chiesta? Vernon scacciò immediatamente il fan con la mano. La Joe Guercio Orchestra iniziò a suonare ed Elvis salì sul palco indossando una tuta da Re di Picche. Subito dopo, aveva il pubblico prigioniero nel palmo della sua mano. Questo era un luogo molto più piccolo di quello in cui l'avevo visto esibirsi in precedenza e lo spettacolo sembrava più intimo e personale. Elvis scherzava con il pubblico, e si sentivano a loro agio, facendo commenti e richiedendo canzoni. Elvis si stava chiaramente godendo l'interazione con il pubblico e sembrava essere di ottimo umore. Ad un certo punto presentò l'attrice Vikki Carr, il cantante Glen Campbell e Vernon. Quando cantò "Softly As I Leave You", mi ricordai della storia che mi aveva raccontato sull'uomo morente sdraiato accanto a sua moglie ed ebbi dei brividi.
Nonostante l'ambiente piccolo e lussureggiante, i vestiti firmati e le acconciature costose, questi fans erano solo leggermente meno esuberanti dei fan del Cow Palace. Sembravano avere lo stesso bisogno incontrollabile di avere un contatto fisico con Elvis. In vari momenti, donne in abiti eleganti si sollevavano i loro vestiti e iniziavano a scavalcare i tavoli, sperando di avvicinarsi abbastanza per un bacio o per una delle sciarpe di Elvis, ma venivano fermate dalla sicurezza. Anche i bambini erano spinti sul palco e Elvis non mancava mai di notarlo, entrando subito in sintonia con loro. Aveva un grande debole per i bambini.
Quando lo spettacolo finì, Vernon, Sandy ed io fummo condotti in un camerino dietro le quinte mentre Elvis si cambiava in una stanza adiacente. Mi sedetti tranquillamente su un divano mentre Vernon e Sandy salutavano la gente. Non pensavo che avrei visto Elvis prima che avesse finito di visitare tutti, ma dopo pochi minuti un assistente si fece strada nella stanza affollata, si chinò e mi disse che Elvis mi voleva con sé. Ancora una volta, sentii un brivido per essere stata individuata. Mentre seguivo l'assistente nella stanza adiacente, vidi Elvis seduto e in profonda conversazione con il cantante Glen Campbell e sua moglie Sarah. Dopo essere stata presentata a Glen e Sarah, continuarono la conversazione che avevano avuto sulla scienza dei numeri e su vari altri argomenti. Ascoltati attentamente e potei riflettere su quello che Elvis aveva discusso con me nelle ultime notti. Ero davvero sorpresa che ciò che era nuovo di zecca per me sembrava essere già qualcosa di reale interesse per un'altra persona nel campo dell'intrattenimento. Pensare e parlare di queste credenze alternative non mi sembrava minaccioso. Elvis era solo profondamente curioso sulla vita in generale e si chiedeva perché la sua vita fosse andata come era andata. Trascorrere del tempo con Elvis spesso era come seguire un corso di filosofia, facendomi aprire e considerare nuove idee
Nonostante il mio interesse per la conversazione, ad un certo punto i miei pensieri andarono momentaneamente alla gente che aspettava di vedere Elvis nella stanza accanto. Stava parlando con Glen da un bel po'. Mi chiedevo se qualcuna delle altre persone si sarebbe stancata di aspettare e se ne sarebbe andata. Quando Elvis e Glen finirono la visita e entrammo di nuovo nella stanza esterna, tuttavia, era ancora affollata. Elvis si prese del tempo per salutare tutti quelli che lo aspettavano - era generoso in quel senso - e finalmente tornammo nella suite dove ebbi la possibilità di dire ad Elvis quanto mi fosse piaciuto il suo spettacolo.
Elvis ordinò il servizio in camera mentre suo padre e Sandy entravano a fargli visita. Vernon diede una schietta e sincera valutazione dello spettacolo. Più tardi avrei sentito che, quando si trattava delle sue esibizioni, Elvis sembrava apprezzare il giudizio di suo padre al di sopra di quello di tutti gli altri uomini intorno a lui. Ad un certo punto, Elvis disse a Vernon: "Sai, papà, Lisa sta entrando". Mentre Vernon sorrideva, Elvis aggiunse con orgoglio: "E, Ginger, voglio che tu la conosca".
"Mi piacerebbe molto", dissi, non vedendo l'ora.
Una volta che Vernon e Sandy se ne furono andati, apparve un assistente, posò un asciugamano sul letto e mise una padella di carta stagnola piena di lasagne davanti ad Elvis. Era una grande quantità, non porzionata. Mi chiesi se avesse intenzione di mangiarla tutta mentre Elvis la cospargeva di sale.
Ed Parker e alcuni altri membri dell'entourage di Elvis andavano e venivano. Mentre gli uomini parlavano, io sedevo in silenzio e notavo Elvis che salava di nuovo la lasagna. Preso dalla visita, non ha dato un morso, ma finì per salare il cibo diverse volte. Quando finalmente prese un pezzo di lasagna, naturalmente era fredda. Elvis la rimandò indietro per farla riscaldare. Quando il cibo venne riportato, sapevo che doveva essere estremamente salato e mi preoccupavo di come questo potesse influenzare la salute di Elvis. Per fortuna, non ne ha mangiato molto.
A notte fonda, eravamo finalmente soli. Mentre Elvis sceglieva un libro da leggere e ci sistemavamo contro la testiera del suo letto, chiese: "Sai com'è fatta una Ferrari?".
"No", ammisi, pensando che non doveva ricordarsi di avermi parlato della sua Black Mamba.
"Se tu fossi me e dovessi comprare un'auto nuova, che tipo prenderesti?", chiese.
Ero lusingata che volesse la mia opinione, ma non avevo idea del tipo di macchina che gli sarebbe piaciuto guidare e non osavo indovinare.
"Beh, dipende da quello che vuoi", ho risposto.
Elvis riflettè su questo pensiero per qualche secondo, poi disse: "Non lo so. Ho bisogno del tuo aiuto".
Feci un respiro profondo, considerando. "Una Cadillac o Continental sarebbe bello", azzardai.
"Di che colore?" chiese subito lui.
"Blu o bianca".
Un accenno di sorriso passò sul suo volto. "Grazie, Ginger. Ho solo pensato di prendere un'auto nuova, ultimamente". Poi tornammo a leggere.
Continuavo ad essere impressionata dallo zelante appetito spirituale di Elvis. Nonostante la lunga giornata e l'energia che aveva speso sul palco, seguita da ore di conversazione con la gente, Elvis era ancora su un livello spirituale alto. Si eccitava mentre leggeva. Ogni volta che si imbatteva in una nuova idea o aveva un nuovo pensiero su qualcosa che avevamo trovato in un libro, discuteva i suoi pensieri e le sue idee con me anche a costo di andare a dormire tardissimo.
"Non sei stanco?" Chiesi a un certo punto.
Lui scosse la testa. "È molto meglio pensare di notte, quando l'aria è ferma e gli altri dormono" disse. "La maggior parte degli scrittori e dei geni lavora meglio di notte".
Non conoscevo nessuno scrittore o genio, ma questo sembrava certamente essere vero per l'uomo per cui stavo iniziando a provare forti sentimenti per lui, così continuai a leggere.
All'avvicinarsi dell'alba, un assistente portò un pacchetto giallo e lo mise sul comodino. Questi pacchetti erano di routine, mi resi conto, consegnati con la stessa disinvoltura della brocca d'acqua al capezzale di Elvis. Mise di nuovo un batuffolo di cotone in ogni orecchio, prese il pacchetto di medicine e andò a dormire.
Mi addormentai accanto a lui e qualche ora dopo, sentii del movimento. Elvis era sveglio. "Chi è di turno?" chiese. "Puoi chiamarlo ?".
Potevo dire dalla sua voce e dal modo in cui si muoveva che Elvis era ancora intontito daifarmaci presi per dormire. Guardai velocemente il suo foglio con la lista dei contatti degli impiegati e chiamai il numero della stanza della persona di turno. Un assistente entrò, aiutò Elvis ad andare in bagno e a tornare indietro perché era un po' instabile in piedi, poi se ne andò. Questo è stato sconvolgente per me, ma l'assistente l'ha trattato come una cosa del tutto normale.
Elvis tornò a dormire quasi immediatamente, ma io rimasi sveglia, chiedendomi da quanto tempo prendeva questo farmaco e perché ne avesse bisogno. Dato che veniva consegnato in piccole confezioni gialle, non avevo idea di cosa stesse prendendo, ma sembrava piuttosto forte. Pensai anche alle porte imbottite della camera da letto di Elvis e alle finestre coperte di Graceland. Sentii una fitta di compassione per lui. Elvis sembrava avere tutto, tranne la capacità di fare quello che la maggior parte di noi dà per scontato: chiudere gli occhi e addormentarsi tranquillamente.

Elvis mi voleva al suo fianco quasi ogni minuto. Io ero il suo obiettivo principale, e lui era il mio. Eppure, spesso mi sentivo come se fossi stata trasportata in un paese straniero dove non avevo ancora capito la lingua o i costumi.
Conoscere la persona media è una cosa, ma cercare di capire Elvis, il suo lavoro e le molte persone diverse che lo circondavano e lo sostenevano è stata una curva di apprendimento ripida. La migliore analogia che mi viene in mente è che Elvis al lavoro era come un atleta campione che gareggia in un evento ogni giorno, con allenatori, medici e personale che lo tenevano in forma per le prestazioni. Spesso mi sentivo stanca per non aver dormito una "notte" intera, ma gradualmente stavo iniziando ad adattarmi ai suoi orari e ad essere circondato da altre persone. La maggior parte della gente che lavorava per Elvis, era amichevole con me, ma un po' "distante".
Era ormai venerdì 3 dicembre e scoprii che Elvis avrebbe avuto due spettacoli nel fine settimana: uno alle 9 di sera e l'altro all'1 di notte.
Ci svegliammo verso le quattro del pomeriggio, come al solito, e mangiammo in salotto mentre i membri del suo entourage lo visitavano di tanto in tanto. Un po' di tempo dopo, Elvis era nel suo bagno e io ero seduta sul letto quando il telefono sul comodino suonò. Ho aspettato per vedere se qualcuno potesse rispondere da una stanza, ma lo squillo continuava.
Alla fine alzai il ricevitore. "Pronto?"
"C'è Elvis?" chiese una donna.
"Sì, ma è occupato in questo momento", ho detto.
La donna allora chiese: "Sei Ginger?".
"Sì", risposi, suscitando la mia curiosità. "Chi è?"
"Sono Linda Thompson. Le dispiace se aspetto?"
Ero scioccato. Linda Thompson? Perché lo stava chiamando ora? E come sapeva il mio nome?
"No, va bene", dissi, e misi giù il ricevitore.
Il dottor Ghanem entrò nella stanza proprio in quel momento, e gli dissi che Linda era al telefono. Andò alla porta del bagno, bussò ed entrò. Elvis emerse dal suo bagno con un'aria non troppo contenta. Sentendomi a disagio, lasciai la camera da letto per dargli un po' di privacy e camminai nel soggiorno ormai vuoto, con i miei pensieri che turbinavano. Cominciai a chiedermi se Elvis avesse visto Linda di recente. Speravo di no; non volevo trovarmi in mezzo a qualcosa.
Il dottor Ghanem uscì ed Elvis mi chiamò: mi guardò infastidito e disse: "Scusa per quella chiamata", poi mi chiese di sedermi accanto a lui sul letto. "Linda e Io... quella relazione è finita, capisci? Siamo amici", disse.
Negli ultimi anni, avevo visto alcune riviste con foto di Elvis con varie donne e storie che asserivano il fatto che Elvis uscisse con loro, così pensai che fosse onesto e che non uscisse con Linda da un po'. Se lo aveva fatto, forse era solo come amicizia. Tuttavia, non potevo fare a meno di ricordare le foto di Linda nella sua camera da letto a Graceland.
"Ok", dissi, ma avevo la guardia alta.
Elvis doveva aver letto l'espressione chiusa sul mio viso. "Sai, la mia guardia del corpo, Sam, è il fratello di Linda", disse. "Non voglio che tu ti senta a disagio per questo, ok?"
Non lo sapevo. Ma questo spiegava come Linda conoscesse il mio nome. Esteriormente ero d'accordo, ma sapevo che questo sarebbe stato imbarazzante, non solo per me ma anche per Sam. Accettare la situazione sarebbe stato più facile da dire che da fare.

L'ora dello spettacolo era quasi arrivata. La camera da letto era piena di membri dello staff di Elvis che lo aiutavano a prepararsi. Una volta vestito, mi vide mentre lo guardavo usare il collirio. "Aiutano a tenere basso il riverbero dalle luci del palco", mi spiegò.
Mi sedetti con Vernon e Sandy per assistere al suo primo spettacolo, incapace di divertirmi completamente perché mi sentivo ancora emotivamente turbata dalla chiamata di Linda. Quando Elvis cantò una canzone chiamata "Trying to Get to
You", mi concentrai sul testo, un verso in particolare: "C'erano molte miglia tra noi, ma non significava nulla". In un certo senso, pensai, quella canzone si riferiva a noi due, con le miglia che rappresentavano la nostra differenza di età di quasi ventidue anni. Stavamo cercando di conoscerci, Elvis ed io, e la nostra differenza d'età "non significava nulla". Mi sono rilassata e l'ho ascoltato cantare questa canzone, che rapidamente divenne una delle mie preferite.
Tra le luci calde del palco e la sua tuta, Elvis sudava molto quando si esibiva. Durante questo spettacolo, il sudore che gli colava costantemente dalla fronte irritava gli occhi. Al termine del concerto, s'intrattenne velocemente con alcune persone nel backstage e poi si precipitò nella nostra suite, dove si sdraiò sul letto.
"Mi aiuti, Ginger?" chiese. Voleva che inumidissi una salvietta per poterla mettere sugli occhi.
Lo feci, sedendomi accanto a lui e stendendo delicatamente l'asciugamano sulla sua fronte. Ero felice di sentirmi utile anche in questo piccolo modo. Da allora in poi, dopo alcuni spettacoli, avremmo avuto un rituale in cui mi sedevo sul letto e gli mettevo un asciugamano caldo e bagnato sugli occhi per dargli conforto.
Elvis si riposò per un po', poi mangiò qualcosa prima di tornare giù per il secondo spettacolo. Quando l'esibizione di Elvis finì, fui accompagnata nel backstage, ma invece di andare nel suo camerino, Elvis mi chiese di seguirlo. Lo feci - la mia curiosità era accesa - insieme ad alcune persone del suo entourage. Seguimmo Elvis fuori da una delle porte sul retro dell'hotel. Lì, scintillante sotto le luci vicine, c'era una Lincoln Continental Mark V bianca nuova di zecca con sedili in pelle bianca e un cruscotto bordeaux. Elvis camminò verso l'auto e tutti si radunarono intorno ad essa.
Ero ancora confusa sul perché questa macchina fosse qui o su cosa stessimo facendo. Poi Elvis mi guardò e con nonchalance disse: "È tua, Ginger".
Dire che ero sopraffatta non inizia nemmeno a descrivere l'enormità della mia reazione emotiva. Non avevo mai posseduto una macchina prima, e ora avevo una Lincoln Mark V ?
Abbracciai Elvis con forza, il mio cuore traboccava di gratitudine mentre mi rendevo improvvisamente conto che la nostra conversazione la sera prima non aveva assolutamente nulla a che fare con il fatto che lui volesse comprare un'auto per sé.
"Non c'erano Lincoln Continental bianche a Las Vegas", mi disse Elvis con orgoglio, "così ne abbiamo trovata una in California e ce la siamo fatta portare".
Sbalordita, senza parole, impressionata: non c'erano abbastanza parole al mondo per dire a Elvis come mi sentivo. Tutto quello che riuscii a dire solo: "Grazie".
Ero entusiasta di provare la mia nuova macchina, ma Elvis si voltò per tornare dentro. Non conoscevo Las Vegas, capii che doveva essere stanco e mi andò bene seguirlo fino all'attico. Ero ancora in preda all'eccitazione.
Una volta tornati nella suite e seduti a letto, Elvis mi chiese: "Sei mai stata sposata prima d'ora?"
"No", dissi, un po' sorpresa dalla sua domanda.
"Ti stavi vedendo con qualcuno prima che ci incontrassimo?", ha incalzato.
Risposi: "Sì", pensando momentaneamente alla telefonata di Linda. Mi chiesi se era quello che aveva spinto a questa conversazione.
Elvis ci pensò per qualche istante, poi disse: "Beh, mi piacerebbe che tu non vedessi qualcun altro".
Stava seriamente chiedendo un impegno!
"Non lo farò", dissi, certa che Elvis intendeva dire che anche lui non avrebbe visto nessun altro.
Era una bella sensazione sapere che ora stavamo portando la cosa ad un livello diverso.
Elvis mi sorprese di nuovo prendendo la cornetta del telefono e porgendomela. "Voglio che tu chiami chiunque tu stia vedendo e metta fine alla tua relazione con lui".
Io sapevo che l'oggetto del mio affetto ora era Elvis, ma questo mi metteva in una posizione imbarazzante. Anche se avessi parlato a Larry di Elvis, lui aveva ancora la speranza che saremmo tornati insieme, e sapevo che finalizzare la nostra rottura al telefono lo avrebbe ferito. Questo sarebbe stato insensibile e non volevo ferire qualcuno che era stato sempre gentile con me. Lo dovevo a Larry: dovevo farlo di persona.
"Elvis, non posso farlo adesso", dissi.
Cominciai a spiegarlo quando improvvisamente l'umore di Elvis cambiò. Per la prima volta, ho visto che aveva un carattere irascibile quando prese una bottiglia piena di Gatorade dal suo comodino e si precipitò fuori dalla sua camera da letto al centro della suite. Lo seguito, completamente stordita nella stanza del suo road manager. Davanti a Joe e alla sua ragazza, Elvis prese il contenitore del Gatorade e lo lanciò contro il muro. Il suo contenuto schizzò dappertutto.
Scioccata e imbarazzata, cercai di nuovo di spiegare i miei sentimenti. Niente di tutto ciò aveva senso! Non avevo mai voluto farlo arrabbiare.
Joe e la sua ragazza non avevano idea di cosa stesse succedendo. Mi resi conto per la prima volta che se io ed Elvis avessimo continuato la nostra relazione, molto probabilmente sarebbe stata giocata davanti al suo entourage e, a volte, sotto gli occhi di tutti. Dovevo anche venire a patti con accettare il fatto che altri avrebbero potuto speculare su di me e sulla mia relazione con Elvis, senza comprendere appieno quello che succedeva tra di noi in privato. Potevo vivere con questo?
Dovevo farlo, se volevo stare con Elvis.
Joe disse qualche parola ad Elvis e, tra noi due, riuscimmo a calmare Elvis dopo pochi minuti. Lo seguii nella camera da letto principale, dove chiudette la porta e rimase silenzioso mentre si metteva a letto. Mi sedetti a tentoni accanto a lui, chiedendomi perché si fosse arrabbiato così tanto. Era stato un grosso malinteso? Aveva interpretato male le mie parole, "Non posso farlo adesso", perché non avevo intenzione di impegnarmi con lui? Era semplicemente perché non avevo fatto quello che voleva quando era statochiesto?
Mi preoccupava il fatto che Elvis avesse perso le staffe in quel modo e io mi sentivo ancora un po' in imbarazzo. Per quanto strano possa sembrare, mi faceva anche sentire bene pensare che Elvis fosse davvero così serio riguardo a noi. Ma come potevo esserne sicura?
Quello che Elvis fece dopo mi fece credere che provava per me lo stesso sentimento profondo che io provavo per lui. Senza dire una parola, Elvis si chinò improvvisamente e mi baciò sulla bocca, ma non un bacio leggero come prima. Lentamente iniziò a togliermi l'accappatoio. Sentii dei brividi mentre mi toccava. Era questo? Stavamo finalmente per fare l'amore? Ero eccitata ma ansiosa, a malapena in grado di respirare.
Avevo paura di lasciarmi andare ai miei sentimenti, ero terrorizzata di essere ferita andando a letto con Elvis e poi che lui passasse a qualcun'altra, ma in questo momento, volevo fare l'amore con lui. Rimasi completamente immobile, lasciando che Elvis mi aprisse la vestaglia e iniziasse a toccarmi.
"Non credo che le persone dovrebbero essere completamente svestite fino al matrimonio", disse Elvis dolcemente, baciandomi di nuovo.
Poi, ancora parzialmente vestiti nei nostri pigiami, facemmo l'amore per la prima volta. Questa folle tensione e le nostre emozioni accentuate resero la nostra intimità ancora più intensa. Le labbra di Elvis erano morbide e i suoi baci erano pieni di passione. Era gentile, eppure sentivo la sua determinazione a dimostrare che lui fosse l'unico uomo della mia vita. Ci riuscì. Stavo provando emozioni e sensazioni fisiche che erano completamente fuori controllo e, in linea con il motto di Elvis del TCB, stava accadendo tutto alla velocità della luce.
Non c'erano dubbi. Mi stavo innamorando di Elvis.
08/11/2021 21:59
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CAPITOLO 8


Fare l'amore con Elvis contribuì a creare un legame emotivo ancora più profondo. Mi sentivo come se fossi completamente sua, in ogni modo possibile. Non avevo più alcun controllo sui miei sentimenti per lui. Nel nostro breve tempo insieme, Elvis aveva già messo sottosopra i miei schemi di sonno e di alimentazione e quasi anche tutto il resto della mia vita. Ora le cose si stavano muovendo rapidamente oltre ogni normale quadro di riferimento per me, e tutti i miei punti di riferimento intuitivi stavano cadendo nel dimenticatoio. La nuova normalità per me era che non c'era nessuna normalità.
Il pomeriggio successivo, Elvis ed io aspettavamo con ansia l'arrivo di sua figlia. Ora aveva otto anni e Lisa viveva a Los Angeles con sua madre da quando i suoi genitori avevano divorziato nel 1973. Sentivo che era un modo in più per Elvis di portarmi nella sua vita.
Ero seduta accanto ad Elvis sul divano del soggiorno quando la porta della suite si aprì e una piccola ragazza dai capelli biondi entrò, seguita da una tata. La somiglianza di Lisa con Elvis era straordinaria.
Elvis ed io ci alzammo quando Lisa corse verso di lui e si abbracciarono. Lui mi presentò e ci sedemmo di nuovo. Lisa rimaneva completamente concentrata su suo padre. Era chiaro che lo adorava. Ad un certo punto, poggiò accidentalmente la sua mano sul mio ginocchio e lanciò uno sguardo verso di me ma fu veloce a riportare la sua attenzione su suo padre.
Mi piaceva guardare Elvis: il suo viso si illuminava e sentivo che era un padre premuroso e orgoglioso. Ad un certo punto, Elvis mi guardò sopra la testa di Lisa e disse: "Quando Lisa è nata, ho sentito la voce di mia madre che diceva: 'È bellissima, figliolo'".
Anch'io amavo i bambini ed ero stata zia da quando avevo dieci anni, quindi ero felice di avere Lisa con noi. Quando fu il momento per Elvis di prepararsi per il suo primo spettacolo, Lisa e la sua tata andarono nella sua stanza e io andai nel mio bagno per prepararmi. Nel mezzo dell'applicazione del mio trucco, guardai nello specchio e rimasi sorpresa nel vedere il riflesso di Lisa. Era rimasta in piedi dietro di me e mi guardava in silenzio.
"Ciao", ho detto, e mi sono girata per sorriderle.
"Ciao", disse Lisa, poi si sedette e cominciò a provare alcune delle mie scarpe.
Non ci feci caso. Ero contenta che lei sembrasse essere così a suo agio con me. Poi mi sorprese di nuovo.
"Pensavo fossi Linda", disse Lisa, alzando lo sguardo verso di me.
Era un'osservazione innocente da parte sua, eppure ero improvvisamente consapevole che Lisa poteva essersi avvicinata ad alcune delle ex fidanzate di Elvis. Ero un volto nuovo nella vita di Lisa, ed entrambi avevamo bisogno di tempo per abituarsi l'una all'altra.
"Beh, io non sono Linda", dissi gentilmente, e tornai a truccarmi, chiacchierando un po' con lei mentre continuava a giocare.

Non avevo ancora fatto un giro per la scintillante Las Vegas, ma questo non impedì ad Elvis di rendere me stessa ancora più meravigliata: ignorando quello che gli avevo detto sul fatto di non essere una persona da gioielli, mi sorprese con una bellissima collana di diamanti e smeraldi prima del suo spettacolo. Subito dopo mi regalò un'altra collana di diamanti e un orologio di diamanti. Quando gli dissi "Questo è davvero troppo", lui scosse la testa.
"La gente ama vedere cose belle quando si sveglia", disse.
Sentii che questo era un'intuizione del pensiero di Elvis. Vedeva se stesso come qualcuno che era nella posizione di migliorare la vita degli altri portandovi la bellezza, perché pensava che questo li avrebbe resi felici. Non era solo un uomo generoso, ma aveva uno spirito fondamentalmente gentile; voleva rendere la vita migliore a coloro che toccava in tutti i modi che poteva sia attraverso la musica che nella sua vita quotidiana. Era un donatore nel modo più dignitoso, non un prenditore, e questa era una delle cose che mi attirava verso di lui.
Elvis voleva che indossassi tutti i miei gioielli allo stesso tempo per i suoi spettacoli. Anche se mi sentivo regale, mi sentivo anche troppo vestita. Non ero abituata a questo. Ricordai a me stessa che ero con Elvis, e dovevo vestirmi in modo da completare il suo stile.
Nello showroom, Lisa sedeva con Vernon, Sandy e me. Elvis entrò in scena vestito con una bellissima tuta Inca Gold Leaf mentre mi chiedevo cosa stesse passando nella giovane mente di Lisa quando ascoltava suo padre cantare. Deve essere così orgogliosa, pensai.
I fans urlavano varie richieste durante quello spettacolo, come spesso facevano, ed Elvis faceva del suo meglio per dare loro quello che volevano. Il pubblico di Elvis aveva iniziato ad invecchiare, ma voleva che lui rimanesse senza tempo e che eseguisse le mosse che li avevano fatti innamorare di lui. Come showman, era un perfezionista con un acuto orecchio. Ogni volta che sentiva la più piccola cosa che non suonava bene - un feedback da un microfono, un rumore strano, una nota stonata - Elvis si fermava, si scusava con il suo pubblico e di solito ricominciava da capo. Quella sera, Elvis presentò Lisa e suo padre al pubblico, spingendo una grande luce di scena ad attraversare la stanza e posarsi su di loro. Sorridendo, Lisa si alzò e Vernon salutò. I cantanti Roy Orbison e Engelbert Humperdinck erano lì, ed Elvis riconobbe anche la loro presenza. Era di umore gioviale, scherzava con la sua band e provava vari cappelli consegnatigli dal pubblico. Mi sono seduta meravigliata, colpita da quanto fosse carismatico. In un momento, Elvis offriva una performance musicale elettrica. L'attimo dopo, era giocoso e frivolo, usando l'umorismo per passare da una canzone all'altra.
Charlie, sempre pronto con i fogli dei testi, ne diede uno ad Elvis prima che cantasse "Bridge over Troubled Water" quella sera. Era una canzone lunga, ma Elvis lesse solo una o due righe e poi scartò i fogli, dandomi la sensazione che conoscesse davvero la canzone, ma che volesse essere sicuro di non rischiare perdere una sola parola.
Tornata nel camerino dopo lo spettacolo, mi sedetti sul divano vicino a Lisa, Vernon e Sandy, guardando la gente che si mescolava. Roy Orbison e sua moglie, Barbara, entrarono nella stanza. Ero entusiasta di vedere Roy, dato che ero stato una sua fan. Era facile da individuare, vestito completamente di nero, con la pelle pallida e i suoi occhiali da sole.
A quel punto, Elvis aveva finito di cambiarsi dalla tuta. Entrò nella stanza, salutò sua figlia, il padre e pochi altri. Poi si è seduto accanto a me, e gli Orbisons si sedettero di fronte a noi per parlare. La stanza era così rumorosa che Elvis dovette sporgersi in avanti per sentirli. Improvvisamente, Elvis guardò sopra la sua spalla verso di me. "Vuoi mettere la tua mano sulla mia schiena e massaggiarmi ?", chiese.
Esitai un momento. La mia famiglia era unita, ma raramente mostravamo affetto in pubblico. Anche se io ed Elvis eravamo stati intimi, mi sentivo timida nel massaggiargli casualmente la schiena in pubblico, figuriamoci davanti a una celebrità come Roy Orbison.
Appoggiai leggermente la mia mano sulla sua schiena e cominciai a massaggiarla delicatamente. Elvis mi guardò di nuovo da sopra la spalla, sorrodendo. Ero felice che il tocco della mia mano lo calmasse.
Dopo che gli Orbisons se ne andarono, capii quanto Elvis apprezzasse veramente i suoi fans. Salutò tre signore che lo aspettavano per regalargli delle figure fatte a mano dei tre saggi. Ogni figura era realizzata in modo splendido, ed Elvis parlò con le signore per un po', ammirando i dettagli e la lavorazione che era stata fatta per realizzarle. Questi regali sarebbero stati portati nella suite e alla fine a Graceland.
Quando il suo secondo spettacolo finì e fummo finalmente soli nella suite, ad Elvis fu servito un pasto. Quando afferrò la saliera e cominciò a spargerla sul suo cibo, ancora una volta pensai che questo non poteva essere salutare. Fu confermato quando, poco dopo aver finito il suo pasto, alzò la mano sinistra. "Non posso credere a quanto mi gonfio", ha detto con uno sguardo scoraggiato. Poi provò a piegare le dita per mostrarmi quanto fossero gonfie a causa della ritenzione di liquidi.
"I medici mi fanno prendere delle pillole d'acqua prima di salire sul palco", continuò, con un'espressione greve, spiegando che le pillole avevano lo scopo di aiutare a rimuovere i liquidi dal suo sistema. "Odio fare questo, perché quelle pillole mi fanno sentire debole e mi tolgono un po' di forza".
La nostra relazione era ancora così nuova che era difficile per me sentirmi a mio agio nel dirgli cosa dovrebbe o non dovrebbe mangiare.
"Ho sentito che troppo sale può causare ritenzione di liquidi", gli dissi e lasciai perdere, sperando che con il tempo avrei potuto guidarlo ad avere un approccio più sano al cibo.

Andammo a letto verso l'alba, come facevamo di solito. Il pomeriggio successivo mi sono svegliata presto e sono uscita nella terrazza sul tetto per ammirare il panorama. Rimasi fuori per qualche minuto, sentendomi come una turista, stupita dal semplice fatto che ero qui in questo momento, sperimentando così tante cose nuove con Elvis. Proprio mentre mi stavo finalmente girando per tornare dentro, fui sorpresa nel vedere Lisa che iniziava ad arrampicarsi su una sporgenza dietro di me. Doveva essere entrata nella suite per seguirmi poi fuori.
"Lisa, non farlo", dissi con la massima calma possibile. Mentre la riaccompagnavo dentro, le spiegai quanto potesse essere pericoloso per lei salire su quel cornicione. Non potevo nemmeno immaginare cosa avrebbe fatto Elvis se fosse successo qualcosa alla sua unica figlia. Lisa si precipitò nella sua stanza. Tornai in camera da letto e, vedendo Elvis ancora addormentato, decisi di tenergli nascosto l'incidente. Aveva già abbastanza preoccupazioni in quel momento. Lisa stava bene e, dopo la nostra chiacchierata, ero sicura che non l'avrebbe più fatto.
Più tardi, un uomo corpulento e calvo con un grosso sigaro stretto tra i denti entrò nella nostra suite. Elvis me lo presentò come il suo manager, il colonnello Tom Parker. Elvis mi disse che avevano bisogno di parlare di affari e mi chiese se mi sarebbe dispiaciuto lasciare la stanza. A parte un saluto casuale, non avrei visto o parlato molto con il colonnello Parker a Las Vegas. Non è mai rimasto a lungo quando veniva nella suite, e lui ed Elvis si incontravano sempre in privato per discutere di affari.
Quella sera, Elvis si infortunò alla caviglia. Io ero nel mio bagno quando successe, ma lui più tardi mi disse che era sceso dalla pedana in camera da letto ed aveva preso una storta. Per alleviare il dolore e proteggerla, si fece fasciare la caviglia. Lo raccontò al suo pubblico quella sera durante lo spettacolo. Parlò anche di alcune altre cose sul palco, tra cui il suo compleanno, la numerologia e il significato dei diamanti neri. "Non brillano", ha detto dei diamanti. "Non fanno niente. Sono solo lì, sono come Charlie", scherzò.
A disagio, e non volendo ferire ulteriormente la sua caviglia, a volte si sedeva su uno sgabello mentre cantava, ma si impegnava comunque al massimo per mettere su un bello spettacolo.
Dopo lo spettacolo, Elvis cominciò ad avvertire dolore anche nella parte superiore della gamba. Mi disse che pensava di avere un nervo schiacciato e sentiva che poteva essersi stirato un muscolo del tendine del ginocchio durante un concerto precedente. Il mio cuore era con lui. Elvis chiamò il dottor Ghanem e Larry Geller. Potevo capire perché Elvis volesse vedere il suo dottore, ma ero disorientata sul perché avesse richiesto il suo parrucchiere.
Quando i due uomini apparvero, Elvis mise Larry al lavoro facendogli massaggiare la gamba. Il dottor Ghanem somministrò un'iniezione di cortisone nel muscolo ferito in modo che Elvis fosse in grado di esibirsi.
Quando fummo di nuovo soli, Elvis iniziò a parlare dell'aria secca del deserto. Aveva già menzionato durante alcuni spettacoli ed era preoccupato di avere il mal di gola. "Non capisco come alcuni cantanti possano vivere ed esibirsi a tempo pieno a Las Vegas", disse. "È essenziale proteggere sempre la voce. Ecco perché di solito non parlo ad alta voce. Non si dovrebbe mai gridare o parlare a voce alta davanti alla televisione, in modo da preservare anche le tue corde vocali".
Elvis apprezzava profondamente il talento vocale degli altri artisti, specialmente le belle voci dei suoi coristp, Sherrill Nielsen e Kathy Westmoreland. Quella sera, improvvisamente in vena di visitare uno di loro, chiamò Sherrill e gli chiese di venire nella nostra stanza.
Elvis prendeva in giro Sherrill sul palco ma lo ammirava veramente, dicendomi: "La sua voce non sembra mai vacillare o incrinarsi".
Potevo apprezzare ciò che Elvis intendeva. Sherrill brillava davvero quando suonava la chitarra e cantava per noi mentre eravamo seduti a letto.
Elvis amava anche conversare con il suo cantante di basso, J. D. Sumner. Invitava J. D. nella nostra stanza occasionalmente e gli chiedeva di suonare alcune delle sue famose note basse per me.
Questi momenti speciali sarebbero continuati nei tour futuri con Elvis, e io ne ho fatto tesoro. Erano come dei mini concerti nella privacy della nostra camera da letto.
Prima di andare a dormire quella mattina, appresi che a Elvis, a volte, piaceva essere coccolato. Mi chiese di bagnare un paio di batuffoli di cotone nella mia bocca e di metterne uno in ciascuna delle sue orecchie. Vedendo questo come un
lato infantile di Elvis, non mi dispiacque farlo. Questa divenne una delle piccole cose che ero felice di fare per lui, come strofinargli la schiena o calmargli gli occhi con un asciugamano.
Questo impegno a Las Vegas mi stava permettendo di conoscere due uomini diversi. Il primo era l'Elvis intrattenitore, che mi ha dato un raro sguardo dall'interno sulla natura intensa della sua preparazione per gli spettacoli, la sua gioia e la tensione durante le esibizioni, e cosa gli serviva per rilassarsi e dormire dopo essere stato sul palco davanti a così tanti fans adoranti.
L'altro uomo era l'Elvis privato, con il suo amore, le sue passioni, le sue preoccupazioni, le sue ferite, i suoi gusti e le sue antipatie. Era molto perspicace e aveva delle manie di grandezza che non avrei mai immaginato. Si infastidiva, per esempio, se una persona non lo guardava direttamente mentre parlava. A Elvis dava fastidio anche ogni volta che notava qualcuno sbadigliare mentre parlava. "È il segno di una breve soglia di attenzione", mi disse.
Da allora, ogni volta che ero stanca per aver cercato di stare al passo con i suoi impegni, mi assicuravo di soffocare i miei sbadigli quando ero vicino a lui.

Elvis mi aveva dato un po' di soldi da spendere. Mentre Lisa era in visita, le chiesi se potevo portarla a fare shopping, dato che non avevo avuto la possibilità di stare da sola con lei, e lui disse di sì.
Svegliandomi presto, presi Lisa e la portai di sotto. Aveva dimostrato una vera passione per le scarpe e più tardi, se le mie fossero scomparse, l'avrei trovata che le indossava. Decisi che un negozio di scarpe sarebbe stato un piacere per lei.
Entrammo in un negozio nell'hotel e, mentre io provavo un paio di calzature, vidi Lisa seduta sul pavimento. Era circondata da scarpe che aveva rimosso da vari espositori. Mentre Lisa iniziava a provarne alcune, mi avvicinai a lei.
"Lisa, queste sono scarpe da donna e troppo grandi per te", dissi.
Lei mi guardò e disse: "Va bene così. Ci crescerò dentro".
Risi perché aveva ragione.
Continuammo a visitare altri negozi dell'hotel. A un certo punto una coppia di passaggio ci fermò. "Quella è la figlia di Elvis?", chiesero.
"Sì", dissi io, sbigottita. Anche se Lisa assomigliava a suo padre, non mi era nemmeno passato per la mente che qualcuno potesse riconoscerla, specialmente se era con me. Avevo sottovalutato il vivo interesse dei fans di Elvis.
Poco dopo incontrammo il pilota Milo, che si offrì gentilmente di accompagnare me e Lisa nella mia Continental per fare un po' di shopping fuori dall'hotel. Sapevo che il nostro tempo era limitato prima che Elvis si svegliasse, ma pensai che sarebbe stato divertente andare in giro per Las Vegas per la prima volta, specialmente nella mia nuova macchina.
Lisa ed io ci dirigemmo verso l'entrata dell'Hilton e in pochi minuti Milo arrivò con la Continental. Lisa salì al centro del sedile anteriore ed io mi sedetti accanto a lei, ancora incredula che questa splendida macchina fosse davvero mia!
Milo ci portò all'MGM Grand Hotel e aspettò mentre io e Lisa guardavamo dentro. Con attenzione, tenendo conto del tempo, terminammo il nostro shopping in un negozio che aveva grandi barili di caramelle e lasciai che Lisa riempisse piccole borse con alcune chicche.
Fu bello passare del tempo con Lisa. Era una ragazzina dolce, vicina all'età di mia nipote, e speravo che saremmo diventate amiche.
Al nostro ritorno all'Hilton, Elvis era sveglio e, con mia grande sorpresa, dispiaciuto che fossimo usciti. Non ricordava di avermi detto che potevo portare Lisa. "Non avresti mai dovuto uscire senza una guardia del corpo", mi rimproverò.
Ero un po' ferita. Spiegai che non l'avrei mai portata senza il suo permesso. Questo nuovo mondo in cui ero entrata, era qualcosa in cui non ero assolutamente abituata a navigare.
Percependo i miei sentimenti, Elvis ripeté delicatamente: "La prossima volta, assicurati di prendere una guardia del corpo".
Mi venne in mente allora che una delle paure quotidiane con cui Elvis viveva era che qualcuno potesse rapire sua figlia.
"Lo farò", dissi.
Lisa andava e veniva nella suite tutte le volte che poteva, tra gli impegni di Elvis. Rimase solo pochi giorni, ma quando volò indietro a Los Angeles, ero sicura che un grande pezzo del cuore di Elvis se ne andò con lei.
09/11/2021 21:49
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CAPITOLO 9


Ad Elvis piaceva avermi con lui ogni volta che non si esibiva o non discuteva di affari. Questo fatto, insieme alla mia natura timida, significava che, a parte un saluto casuale, non parlavo molto con le altre persone che gli giravano sempre intorno. Occasionalmente, vedevo alcune donne che chiacchieravano insieme nel soggiorno della suite di Elvis vicino all'ora dello spettacolo, ma si tenevano a distanza. In parte, penso che questo fosse dovuto al fatto che ero identificata come "la ragazza di Elvis", ma ero anche più giovane della maggior parte di loro e tendevo a stare per conto mio. Sono sicura che le altre donne stessero cercando di capire cosa fare con me.
Una di loro, una simpatica hawaiana che accompagnava Charlie, fece uno sforzo per conversare. Pensavo che assomigliasse all'ex moglie di Elvis, Priscilla; altri devono aver pensato la stessa cosa, perché una sera qualcuno scambiò questa donna per Priscilla mentre la stavo accompagnando dallo showroom al alla toilette. Pensai che fosse ironico perché anche un fan mi aveva scambiato per Priscilla, e questa donna e io non ci assomigliavamo affatto.
Nel complesso, però, venni lasciata più o meno da sola. Ero assolutamente consapevole di avere questa incredibile esperienza, ma senza nessuno intorno che conoscessi davvero o con cui mi sentissi abbastanza a mio agio da condividerla.
A volte desideravo che uno dei miei più cari amici fosse con me. Una volta contattai la mia famiglia ma era impossibile descrivere per telefono quello che stavo vivendo.

Elvis riuscì ad esibirsi nello spettacolo successivo nonostante provasse ancora tanto dolore alla gamba, tanto che ne parlò anche al pubblico mentre era sul palco. Il dolore stava decisamente iniziando a interferire con il suo canto; ad un certo punto, chiese ad un paio dei suoi cantanti di supporto di esibirsi senza di lui in modo da riposare.
Tornato nell'attico quella sera, convocò Larry e Charlie nella nostra camera da letto. Quando arrivarono, Elvis mi disse che voleva che Larry eseguisse una "guarigione" sulla sua gamba. Non avevo idea di cosa significasse, ma da quel momento in poi, fui presto immersa nella letteratura e nella pratica sia della guarigione psichica che dell'autoguarigione. Larry ed Elvis erano fermi sostenitori di questo. Io ero aperta, ma la mia unica esperienza era stata con la medicina tradizionale. Tuttavia, stando con Elvis, presto fui testimone di alcune cose che accadevano intorno a lui, e cominciai a chiedermi se forse aveva ragione, e che forse Dio aveva instillato in noi la capacità di guarire noi stessi, se ci fossimo concentrati abbastanza.
Quella sera, mentre Elvis e Larry spiegavano come funzionava la guarigione psichica e cosa stavano per fare, capii perché Elvis aveva chiesto la presenza di Larry la sera precedente. Come Larry spiegò, se una persona soffriva e si concentrava su un colore curativo nell'area in cui si trovava il dolore, loro o altri potevano aiutare a guarire l'area ferita o, per lo meno, a far diminuire il dolore. Elvis e Larry continuarono a spiegare la correlazione tra i colori e la guarigione spirituale. Il verde era il colore della guarigione; il giallo il colore di Cristo; il viola il colore di Dio e così via. Per quanto bizzarro tutto questo suonava a me quella sera, ero curiosa di vedere cosa sarebbe successo dopo. Finora, con Elvis quasi tutto sembrava possibile. Perché non anche questo?
Charlie chiuse la porta della camera da letto e Larry iniziò ad accendere le candele, mettendole in varie zone intorno a noi. Poi spense le luci. Nella stanza fiocamente illuminata, Elvis si sdraiò a pancia in giù sul letto, mentre Charlie ed io stavamo da un lato e guardavamo. Era eccezionalmente tranquillo. Poi Larry chiese ad ognuno di noi di immaginare una luce dorata sulla gamba di Elvis, e di incanalare tutti i nostri pensieri ed energie in quella visualizzazione. Capii che il colore dorato era un colore di Cristo ma pensai che doveva essere anche per la guarigione. Indovinai anche che Larry voleva che io e Charlie fossimo lì perché più energia era focalizzata sulla guarigione, meglio poteva funzionare.
Mentre Larry cominciava a massaggiare o a tenere la mano alternativamente sul muscolo nella parte posteriore della gamba di Elvis, io mi concentrai intensamente su quell'area. Non ero consapevole di quanto tempo fosse passato, ma se era solo l'effetto delle candele o di un fenomeno reale, pensai di aver visto un tenue bagliore dorato irradiarsi da sotto mano di Larry. Quando Larry ebbe finito, riaccese le luci e spense le candele. Elvis si alzò, fece un passo incerto e disse che si sentiva meglio.
Avevo appena assistito a una vera guarigione psichica? Chiaramente, Elvis e Larry lo credevano. E io? Il buon senso mi fece dubitare di questo. Eppure, un'altra parte di me aveva sempre creduto nel potere della fede. Avevo appena visto Elvis soffrire e ora l'avevo sentito dire: "Mi sento meglio".
Per quanto sembrasse incredibile, se questo tipo di guarigione mistica aveva davvero dato a Elvis un po' di sollievo, questa era la cosa più importante per me.
Dopo che Larry e Charlie se ne andarono, Elvis cominciò a parlarmi di una tecnica di respirazione che aveva imparato mentre studiava arti marziali. Elvis credeva che, se eseguita correttamente, questa tecnica avrebbe permesso ad un individuo di spostare gli oggetti senza toccarli, usando solo l'energia mentale.
"Fammi vedere", dissi.
Elvis si avvicinò a una sezione delle tende della camera da letto e mise il palmo della mano a pochi centimetri da esse. Fece qualche respiro profondo, si concentrò sulla sua mano e disse: "Guarda".
Fissai le tende e cercai di tenere la mente aperta. Improvvisamente, mi sembrò di notare un accenno di movimento. Sbattei le palpebre. Vedevo davvero le tende muoversi a causa di Elvis, o era il risultato della circolazione dell'aria?
Elvis mi fece un piccolo sorriso. La sua espressione consapevole aiutava a sostenere la mia crescente convinzione che, con Elvis, le cose che una volta pensavo fossero impossibili potevano non essere così inverosimili dopo tutto.
Un po' di tempo dopo, mentre io ed Elvis stavamo parlando, iniziò a citare uno dei suoi libri: li avevamo ripassati così spesso che avevo memorizzato alcune delle battute. Quando dimenticava parte di una frase, ero in grado di saltare dentro e finirla per lui. Gli piaceva, dicendomi che imparavo in fretta, il che mi faceva sentire bene. Ad un certo punto, improvvisamente cominciai a sentire un po' di nausea. Elvis notò il mio disagio e mi chiese di sdraiarmi di nuovo sul letto. Quando lo feci, mise la sua mano leggermente sul mio addome e la tenne lì, chiedendomi di concentrarmi sul colore verde in modo che lui potesse guarirmi. Mi sdraiai in silenzio e mi concentrai sul colore verde. Dopo qualche minuto, Elvis improvvisamente agitò la sua mano in alto nell'aria, come se tirasse una malattia fuori dal mio corpo. Miracolosamente, mi sentii meno nauseata. Elvis poteva davvero guarirmi? E poteva insegnarmi a guarire me stessa?
Ero un po' scosso dall'esperienza. Sentivo che, perché questo genere di cose funzionasse, bisognava crederci. Forse stavo diventando una credente. Elvis mi aveva, ancora una volta, sfidato a sperimentare qualcosa di nuovo.
Mentre la notte continuava, l'insegnante in Elvis continuava ad emergere. Ad un certo punto, stavo leggendo con la testa inclinata in avanti rispetto al cuscino, ed Elvis mi guardò. "Alza il mento e siediti dritta", suggerì. "Non stai ricevendo abbastanza ossigeno".
Seguii il suo consiglio e mi misi a sedere nel letto. Più tardi Elvis disse: "Dovresti evitare di corrugare la fronte e dovresti bere molta acqua perché ti aiuterà a prevenire le occhiaie".
Immaginando che Elvis non volesse che sembrassi un procione di ottant'anni, e sempre aperto ai suggerimenti di bellezza, fui felice di seguire il suo consiglio.
Nonostante i massaggi e le cure di Larry, la gamba di Elvis continuava a dargli fastidio. Durante il suo show del 7 dicembre, parlò del suo nervo dolorante e si scusò con il pubblico, dicendo che avrebbe fatto del suo meglio per fare una buona performance. Più avanti nello show, Elvis annunciò che voleva fare qualcosa che non aveva mai fatto prima e cantare un paio di canzoni spirituali che normalmente non erano incluse nella sua scaletta. Con tutte le letture che Elvis aveva fatto sulle religioni orientali, non gli avevo ancora chiesto cosa pensava di Gesù, o cosa credeva su Dio. Ma quando un membro del pubblico gridò ad Elvis: "Tu sei il re!", rispose: "Grazie, signore", disse Elvis. "Sto per cantare su di Lui". Stava mettendo in chiaro che, per lui, c'era un solo Re.

Non avevo parlato con la mia famiglia dalla mia precedente telefonata. Una volta tornati alla suite dopo quel particolare show, mi sentii di controllare con loro. Chiamai a casa e rispose mia madre. Sembrava assonnata e mi sentii male, realizzando che avevo dimenticato il fuso orario. Ancora peggio, mia madre mi disse che mio nonno, Alonzo Spencer, si era ammalato qualche giorno prima nella sua casa di cura in Arkansas. Amavo Alonzo e mi ero sempre sentito vicino a lui. Era il mio unico nonno in vita. Mia madre non è mai stata una che si preoccupa degli altri, ma la conoscevo abbastanza bene da percepire un'inquietudine nella sua voce.
Dopo aver riattaccato, mi sedetti lì, fissando il telefono e preoccupandomi. Dovevo andare a trovare mio nonno? Mi sentivo combattuta. Non volevo lasciare Elvis, ma se non fossi andata e fosse successo qualcosa ad Alonzo?
Tornai in camera da letto e raccontai a Elvis della telefonata e di come mi sentivo.
"Tua madre ha detto qualcosa che ti ha allarmato?" mi chiese.
"No, non proprio", risposi. "Ho solo sentito qualcosa nella sua voce".
Elvis mi rassicurò che mio nonno sarebbe stato bene, il che fu confortante, e disse che avrebbe voluto che rimanessi. Sapevo che probabilmente aveva ragione - dopo tutto, mia madre non aveva detto nulla sul fatto che ci fosse bisogno di vedere mio nonno, così accettai. Nel frattempo, Elvis disse che sentiva ancora dolore alla gamba e voleva vedere il dottor Ghanem.
Invece di far venire il dottore all'Hilton, Elvis fece in modo di andare da lui questa volta. Pensai che probabilmente voleva uscire per cambiare e lo accompagnai. Tuttavia, la mia preoccupazione per la salute di mio nonno tornò a tormentarmi. Dovevo essere essere stata molto silenziosa, perché Elvis mi chiese cosa mi preoccupava.
"Sto pensando a mio nonno", dissi. Elvis cercò di nuovo di calmare le mie preoccupazioni.
Quando arrivammo nell'ufficio del medico, il dottor Ghanem mi offrì un posto sulla sedia dietro la sua scrivania mentre lui ed Elvis andavano in un'altra stanza. Attesi, sperando che il dottor Ghanem potesse aiutarlo con il suo dolore.
Dopo qualche minuto, il dottore tornò e si avvicinò a me. "Ginger, non vedi che Elvis ha bisogno di te?" chiese. Questo mi sorprese. Ero preoccupata per mio nonno, ma non avevo detto che me ne sarei andata.
Mi resi conto con un inizio che Elvis doveva aver discusso questa possibilità con il dottor Ghanem. Prima che potessi rispondere, Elvis ci raggiunse.
"Voglio trovare un ottimo medico per aiutare tuo nonno", mi disse. "Farò in modo che venga fatto tutto possibile, se necessario, per aiutarlo".
Elvis chiese allora il numero di telefono della casa di cura. Fui preso alla sprovvista, anche se apprezzai profondamente la sua offerta. Era difficile capire che Elvis aveva un bisogno di me così grande che, anche con i problemi di salute di mio nonno, non voleva che me ne andassi.
Il dottor Ghanem lasciò la stanza per darci un po' di privacy mentre io chiamavo mia madre. Lei non aveva idea di quanto mi fossi allarmata e mi diede il numero della casa di riposo. Mentre Elvis iniziava a comporre il numero, mi chiedevo se chiunque avesse risposto alla casa di riposo avrebbe davvero creduto che fosse lui. All'epoca non sapevo che la stampa conoscesse la mia esistenza e che circolavano storie su me ed Elvis. La voce si stava già diffondendo rapidamente su un possibile matrimonio tra me ed Elvis. Le mie zie, ad esempio, avevano sentito il personaggio radiofonico Paul Harvey annunciare il mio fidanzamento con Elvis.
Sembrava che lo sapessero anche gli impiegati della casa di cura. Misero Elvis in contatto diretto con la capo infermiera ed Elvis le parlò per qualche minuto a proposito della cura di mio nonno. Quando riattaccò, mi disse che mio nonno aveva l'inizio di quella che poteva essere una polmonite, ma lo stavano controllando attentamente e che era in ottime mani.
"Grazie", dissi, e mi sentii immediatamente meglio.
Proprio quando pensai che Elvis non poteva essere più gentile o di buon cuore, mi chiese di richiamare mia mia madre al telefono. "Vorrei far volare la tua famiglia per dar loro una pausa, per incontrarmi e vedere i miei spettacoli", disse
Stordita, rifeci il numero di casa e passai il ricevitore a Elvis. Mentre parlava con mia madre, Elvis le disse di chiamare la casa di cura, poi disse: "Vorrei fare in modo che tuo padre abbia le migliori cure possibili, con il miglior medico, se dovesse improvvisamente peggiorare".
Abbassando lo sguardo, ascoltò in silenzio per qualche minuto. Sapevo che mia madre lo stava ringraziando. Poi Elvis la interruppe. "Signora Alden, sono innamorato di sua figlia e voglio sposarla", disse.
Uno shock mi attraversò il corpo. Mi raddrizzai accanto a lui mentre Elvis mi guardava direttamente negli occhi e dovetti sforzarmi di respirare. Poteva davvero succedere?
Immaginai che qualcuno a casa in quel momento stesse raccogliendo mia madre dal pavimento, mentre Elvis procedette casualmente a invitare la mia famiglia a Las Vegas per il fine settimana. Poi riattaccò il telefono con uno sguardo di totale soddisfazione. Da parte mia, avevo difficoltà a trovare le parole: questa dichiarazione mi lasciò completamente a bocca aperta! Ora ripensavo a tutto quello che Elvis mi aveva detto sulle anime gemelle e mi chiedevo se avessi trovato la mia.
Molte delle parole di Elvis e il suo comportamento avevano certamente suggerito che aveva pensato molto a come avrei potuto inserirmi nella sua vita. Ora aveva menzionato il matrimonio a mia madre come se fosse giunto ad una conclusione, avesse formulato un piano e volesse solo farmelo sapere per poterlo realizzare.
Elvis era qualcuno che certamente pensavo di poter sposare, ma tutto stava accadendo troppo in fretta perché potessi elaborarlo. Il nostro tempo insieme era stato così intenso che sentivo il bisogno di rallentare e riprendere fiato. Ma tutto quello che potevo pensare di fare in quel momento era ringraziarlo di nuovo per la sua gentilezza e generosità verso me e la mia famiglia.

Dopo essere tornati nella nostra suite dallo studio del dottore, Elvis iniziò a sfogliare le pagine del Libro dei Numeri di Cheiro. Fermandosi su alcuni passaggi che riguardavano i nostri rispettivi numeri quattro e otto, cominciò ad esaminare le loro qualità e ad analizzare come si influenzassero a vicenda. Mi chiedevo se sapesse quanto mi sentissi stordita e stesse cercando di dimostrarmi che eravamo compatibili. O stava cercando una convalida numerologica dei suoi sentimenti? La mia mente era in fibrillazione mentre parlava. Come poteva Elvis sapere con tanta certezza, dopo così poco tempo, che ero quella giusta per lui?
La volta successiva che chiamai a casa, mia madre menzionò la dichiarazione di Elvis di volermi sposare. Potei solo dire che ero stata sorpresa quanto lei e che Elvis sembrava davvero serio. "Tu sai quanto quanto be so io", dissi.
Nel frattempo, mia madre aveva parlato con i medici della casa di cura e le era stato detto che mio nonno stava bene e che non era peggiorato. "Dicono che possiamo venire a a vederti", ha detto.
Contenta, riferii la notizia ad Elvis, che iniziò immediatamente ad organizzare la prima visita della mia famiglia a Las Vegas.
11/11/2021 21:18
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CAPITOLO 10


Non avevo ancora parlato molto con Vernon Presley, ma dato che era il padre di Elvis, speravo di piacergli. Era difficile per me trovare il tempo di parlare da sola con Vernon perché ogni volta che era nella nostra suite, per lo più parlava con Elvis. Solo occasionalmente mi faceva una domanda o indirizzava un commento verso di me. Non potevamo conversare durante gli spettacoli di Elvis e nel backstage, con Sandy al suo fianco, Vernon era solitamente occupato a parlare con gli ospiti.
L'8 dicembre si rivelò una notte orribile quando, dopo lo spettacolo di Elvis, Vernon crollò nel camerino del backstage. Elvis, io, il Dr. Ghanem, Sandy e Joe andammo con lui al Sunrise Hospital dove Vernon fu portato di corsa al pronto soccorso, seguito da vicino dal Dr. Ghanem e da Sandy. Mentre aspettavamo, Elvis trovò una sedia a rotelle vuota in un corridoio quasi vuoto e ci si sedette. Qualcuno mise una sedia accanto a lui per me e mi sedetti anch'io. Ho notato che gli occhi di Elvis si annebbiavano e lui si asciugava leggermente con il dorso della mano. Gli misi un braccio intorno, volendo confortarlo in ogni modo possibile. Una notte prima, avevo avuto paura di perdere mio nonno. Ora c'era Elvis in una situazione simile con suo padre. Sapevo quanto doveva sentirsi impotente. C'era un uomo che pensava di poter fare qualsiasi cosa, eppure questo era al di là della sua portata. Desideravo che ci fosse qualcosa che potessi fare per Elvis, come lui si era offerto di aiutare me. In quel momento, tutto quello che avevo da dargli era il mio amore, e fu quello che ho fatto.
Pregammop in corridoio mentre aspettavamo notizie. Sandy finalmente uscì e spiegò che Vernon aveva un accumulo di liquido nei polmoni, ma per il resto stava bene. Disse anche che avrebbe sicuramente dovuto smettere di fumare.
Il Dr. Ghanem ci raggiunse allora, riferendo informazioni simili. Cercò di rassicurare Elvis e di metterlo a suo agio. Io attesi mentre Elvis andava a vedere suo padre. In seguito, i medici chiesero che Vernon rimanesse in ospedale per la notte.
Avevo già visto Elvis essere pensieroso, ma durante il nostro viaggio di ritorno all'Hilton, era silenzioso. Ero determinata a confortarlo e a rispettare i suoi sentimenti in ogni modo possibile. Se Elvis voleva pensare in silenzio, ero lì per tenergli compagnia, o se voleva parlare, ero lì per ascoltare.
Quando tornammo nella nostra suite, Ricky Stanley ci stava aspettando. Si avvicinò immediatamente ad Elvis e lo abbracciò. Ricky poi mi sorprese con un abbraccio e disse: "Grazie per essere qui, Ginger".
Significò molto per me, sentirlo. Ero grata se, in qualche piccolo modo, avevo effettivamente aiutato Elvis in un momento di bisogno. Poco dopo, Elvis decise che voleva meditare - non mi sorprende, pensai, in una notte così emotiva. Chiese a Larry e Charlie di raggiungerci nella nostra stanza, dove noi quattro ci sedemmo sul letto e visualizzammo i colori, i nostri cuori e le nostre menti concentrate sulla guarigione di Vernon Presley.
La sera seguente, il mio stomaco divenne instabile. Se questo era dovuto alla tensione che avevo sentito durante la notte precedente o da qualcos'altro, non ne avevo idea. Non volendo far preoccupare Elvis e decisi di provare un'autoguarigione. Stavamo leggendo insieme nel letto e lasciai Elvis, andando in bagno, dove chiusi la porta e mi distesi sul pavimento in moquette. Feci alcuni respiri profondi, mi concentrai su un colore per sentirmi meglio. Quando il mio stomaco si sentì meno nauseato, tornai nella nostra stanza. Elvis era ancora a letto a leggere, e mentre mi sistemai accanto a lui; alzò lo sguardo dal suo libro. "Perché eri sdraiata sul pavimento?" chiese. Completamente disorientata, chiesi: "Come sapevi che ero sul pavimento?".
Senza dire una parola, Elvis fece l'occhiolino e sorrise quel sorriso soddisfatto e consapevole che mi stava diventando familiare, un sorriso che indicava un qualche tipo di sesto senso. Sentii i miei occhi spalancarsi. Elvis aveva in qualche modo eseguito una guarigione su di me a distanza, attraverso una porta chiusa? Stavo cominciando a credere in certi poteri, nonostante la logica mi dicesse il contrario. Ora mi ricordavo come Elvis avesse detto una volta che sapeva cosa stava per accadere, e come se avesse il dono della seconda vista. Mi aveva appena dimostrato quel dono, o era un innocente trucco da salotto?
Più a lungo stavo con Elvis, più tutto sembrava possibile.

Mi era piaciuto vedere Elvis prendere in giro i membri della sua band sul palco, e mi ero abituato a sentire cambiare i testi di certe canzoni per scherzo. Tuttavia, durante il successivo spettacolo, Elvis sembrava davvero dimenticare alcune parole. Pensai che forse era semplicemente annoiato dal ripetere alcune canzoni. Scartai l'idea che si sarebbe esibito in una performance sotto la media, però, perché l'Elvis che stavo imparando a conoscere voleva sempre e solo dare il meglio al suo pubblico.
Le pillole d'acqua o gli antidolorifici potevano influenzare la sua memoria? Sembrava anche probabile che, con Vernon in ospedale e così tanto da fare intorno a lui, Elvis potesse dimenticare qualche parola. Stavo lentamente diventando consapevole di come fattori imprevisti potessero influenzare una performance.
Aspettai Elvis nel camerino dopo lo spettacolo. In poco tempo mi mandò a chiamare dalla stanza adiacente. Quando entrai, vidi due bellissime donne vestite con cappotti di pelliccia sedute ai lati di un uomo che Elvis introdusse come il suo amico, il principe Adnan Khashoggi. Le donne sembravano completamente affascinate da Elvis, pendendo dalle sue labbra mentre gli uomini conversavano. Mi sedetti accanto a Elvis e ascoltai in silenzio. Il principe Khashoggi e le signore se ne erano appena andati quando Elvis si girò verso di me dicendo: "Ho dovuto usare il bagno per tutto il tempo". Mentre si affrettava verso il bagno degli uomini, mi guardò da sopra la spalla e sorrise. "Scommetto che è la prima volta che hai visto un principe e un re insieme nella stessa stanza", disse.
Quando la porta si chiuse alle sue spalle, non potei fare a meno di ridere.
Le nostre preghiere furono esaudite venerdì 10 dicembre, quando Vernon fu dimesso dall'ospedale. Una volta che Vernon tornò all'Hilton, Elvis fece visita da solo a suo padre nella sua stanza. In seguito, mi disse che voleva che suo padre tornasse a Memphis per potersi riposare dal trambusto di Las Vegas. Allo stesso tempo, Elvis era preoccupato che Vernon fosse sull'aereo e che avesse un'improvvisa ricaduta durante il volo. Vernon sostenne che si sentiva abbastanza bene da rimanere a Las Vegas ed alla fine, Elvis accettò di far rimanere suo padre fino al suo ultimo spettacolo. Nel frattempo decise che voleva che io avessi più vestiti e mi organizzò per andare a fare shopping con la ragazza di Joe, Shirley. Lei era stata una cameriera a Las Vegas, disse Elvis, e sapeva davvero come muoversi.
Ero entusiasta della gita. Shirley era energica e loquace. Tuttavia, mentre giravamo per Las Las Vegas in macchina, Shirley tirò subito fuori Elvis e cominciò a fare domande su noi due. Non ero una che si apriva con qualcuno che non conosceva. Certamente non volevo discutere la mia relazione con Elvis con qualcuno al di fuori della mia famiglia. Mantenni la conversazione leggera e semplice, schivando le sue domande il più graziosamente possibile. Fortunatamente, in poco tempo ci fermammo in un negozio chiamato Suzy Creamcheese. Era una boutique di alto livello piena di vestiti come non avevo mai visto a Memphis. Mentre osservavo l'abbigliamento, Shirley di tanto in tanto mi passava alcuni pezzi che pensava fossero carini e ne sceglieva alcuni per sé. Finii per prendere alcuni vestiti che speravo potessero piacere anche a Elvis. Shirley pagò i nostri nuovi vestiti con i soldi che supponevo le avesse dato Joe da Elvis.
Tornammo all'Hilton e, più tardi quella sera, Elvis mandò il suo Lockheed JetStar a Memphis a prendere i miei genitori e i miei fratelli; mia cognata, Carolyn; e il ragazzo di Terry, Tony.
Billy Stanley, che era partito dopo lo spettacolo di Elvis ad Anaheim, era anche lui sul volo, insieme alla moglie e al figlio di una delle guardie del corpo. Tutti arrivarono a Las Vegas in tempo per il secondo spettacolo di Elvis.
Durante alcune parti del suo primo spettacolo, Elvis aveva eseguito alcune delle sue canzoni seduto su uno sgabello. La sua gamba non era ancora libera dal dolore al 100% e speravo che non si facesse più male.
Al termine ritornammo nella suite in modo che potesse rilassarsi e, in poco tempo, mi fu detto che la mia famiglia era arrivata. Eccitata, chiamai la loro stanza, dicendo loro che li avrei visti presto.
Quasi all'ora dello spettacolo, una guardia del corpo fu mandata alla suite della mia famiglia per scortarla al piano di sotto. Indossai un abito di velluto color pesca, mi misi le scarpe da sera e seguii Joe nello showroom. Questa volta Joe mi lasciò fare la mia strada verso il solito stand. Mentre andavo a sedermi, feci una doppia ripresa quando notai mio fratello che mi sorrideva. Ero passata davanti alla mia famiglia senza riconoscerli nello stand accanto al mio! Ero stata davvero lontano da casa così a lungo? Le mie nuove esperienze con Elvis nelle ultime settimane avevano completamente alterato la mia percezione? Rendendomi conto di ciò che avevo fatto, feci rapidamente marcia indietro e li raggiunsi.
Era surreale ma meraviglioso riunire la mia famiglia intorno a me qui a Las Vegas. Finalmente, le persone che amavo erano nello stesso posto. Vernon e Sandy entrarono presto, prendendo posto nel tavolo accanto al nostro.
Avevo appena iniziato la visita con la mia famiglia quando le luci si abbassarono e Joe tornò, dicendomi che Elvis voleva che mi sedessi al tavolo con suo padre. Fui momentaneamente presa alla sprovvista. Perché Elvis non voleva che mi sedessi con la mia famiglia? Sapendo quanto Vernon fosse stato malato, però, dissi ai miei famigliari: "Penso che Elvis voglia che io tenga compagnia a Vernon e Sandy", e mi spostai.
Quando iniziò a suonare il tema introduttivo di Elvis, ero eccitata per la mia famiglia. Ora avrebbero provato la stessa la stessa incredibile sensazione che avevo provato la prima volta che avevo visto lo spettacolo di Elvis come suo ospite invece che come membro del pubblico.
Elvis sembrava mettere uno sforzo in più nella sua performance complessiva e, a parte qualche problema di suono, fu un bello spettacolo. Ero estremamente felice e orgogliosa. Un momento memorabile del concerto fu quando qualcuno del pubblico ha gridato "Elvis, ti ti amo!" e lui ha risposto prontamente: "Ginger, sei tu?". Elvis aveva fatto il mio nome davanti alla la folla, e la mia famiglia era proprio qui!
In seguito, la mia famiglia fu accompagnata nella suite dell'attico e io rimasi con Elvis nel suo camerino per permettergli di cambiarsi. Uscì, con un aspetto incredibilmente bello in una camicia di seta blu, pantaloni neri e stivali neri. Come al solito, salutò gli altri che stavano aspettando e chiacchierò gentilmente con loro. Una volta che eravamo in ascensore e ci dirigevamo verso l'attico, tuttavia, potevo notare dai suoi modi nervosi manierismo e dalle piccole cose che Elvis diceva che era ansioso di incontrare la mia famiglia. Questo era qualcosa che trovai ancora una volta accattivante, anche se difficile da credere. Questo era Elvis! Che cosa aveva da sentirsi nervoso?
Quando entrammo nella suite, la moglie di una guardia del corpo, che aveva bevuto un drink di troppo, si voltò a guardare Elvis e scivolò dallo sgabello del bar, cadendo a terra. Elvis sembrava leggermente imbarazzato mentre si avvicinò alla mia famiglia. Mentre presentavo ogni persona a turno ed Elvis chiedeva come erano state le mie sorelle, mi resi conto che non avevo ancora mai detto ad Elvis che mio padre lo aveva incontrato anni fa, quando Elvis aveva prestato giuramento nell'esercito. Raccontai la storia ora. Raccontai anche ad Elvis che io e i miei fratelli lo avevamo incontrato alla fiera quando eravamo piccoli. Elvis era sinceramente sorpreso. Non mi aspettavo che avesse alcun ricordo di questo; tuttavia guardò a lungo e intensamente mio padre e disse: "Signor Alden, ora mi ricordo di lei". Poi proseguì, menzionando l'esercito prima di passare a parlare di altre cose.
Ad un certo punto della serata, Elvis chiese a qualcuno di portargli i regali dei tre saggi che aveva ricevuto qualche sera prima e la conversazione divenne spirituale. Mia madre disse a Elvis che suo padre era stato un predicatore, anni addietro, cosa che lo interessò e chiacchierarono ancora un po'. Poi chiese educatamente alla mia famiglia se gli sarebbe dispiaciuto continuare la sua visita con loro la sera successiva, perché era stanco ma voleva passare più tempo con loro.
Disse che gli sarebbe piaciuto invitarli a uno spettacolo di showgirl francesi chiamato Lido de Paris allo Stardust Hotel e poi farli tornare all'Hilton per vedere il suo secondo concerto.
La sera seguente, la mia famiglia andò a vedere il Lido, e gli ex suoceri di Elvis, i Beaulieus, insieme con la loro figlia Michelle e il figlio Don, vennero a vedere Elvis durante il suo primo spettacolo. Fummo introdotti nel backstage e, invece di essere seduti con Vernon nello showroom, questa volta Elvis mi mise in posto con i Beaulieu. Il signor Beaulieu fu educato e disse brevemente qualche parola con me, ma non potei fare a meno di sentirmi a disagio per tutto lo spettacolo.
Alla fine io ed Elvis tornammo nella suite e, quando tornai nella showroom, vidi che i Beaulieus erano rimasti a guardare un altro spettacolo. La mia famiglia era seduta, senza saperlo, in un posto accanto a loro.
Questa volta mi fu ordinato di sedermi con Vernon e Sandy. Questa decisione mi lasciò un po' perplessa perché Elvis doveva ancora farmi sedere con la mia famiglia. Durante questa seconda esibizione, Elvis si sedeva occasionalmente su uno sgabello ma si divertiva e scherzava pesantemente con Charlie, il che faceva ridere tutti. Ad un certo punto, mentre si chinava per baciare una persona del pubblico, Elvis disse frettolosamente: "Ginger, fa solo parte dello spettacolo".
Aveva fatto di nuovo il mio nome! Ero al settimo cielo!
La mia famiglia mi raggiunse nel camerino e finalmente chiacchierai liberamente con loro. Elvis visitò alcune persone nella stanza adiacente e fece aspettare altre persone, come al solito, compresi i miei genitori e i Beaulieus. Vernon e Sandy parlarono con i miei genitori e Vernon diede a mio padre un sigaro, dicendogli che i suoi medici gli avevano consigliato di smettere di fumare.
Alla fine Elvis fece visita ai Beaulieus. Quando se ne furono andati, Elvis uscì e salutò la mia famiglia, questa volta invitandoli a tornare nell'attico, dove fece loro fare un giro della suite mentre io aspettavo nel soggiorno.
Quando tornarono, mi prese da parte. "Metti il tuo abito bianco e tutti i tuoi gioielli", mi sussurrò all'orecchio.
Andai in bagno e feci come mi aveva chiesto. Dando un'ultima occhiata allo specchio, stavo brillando dalla testa ai piedi. Sentendomi regale come una principessa, uscii e fui gratificata nel vedere Elvis che mi guardava dall'altra parte della stanza. "Ecco", disse alla mia famiglia. "Voglio che vediate vostra figlia nel suo vero abbigliamento. È il momento della piccola Ginger di brillare".
La mia famiglia mi aveva visto indossare abiti ai concorsi, ma questo era quello vero ed erano pieni di complimenti. Elvis lasciò la stanza allora, solo per tornare portando la riproduzione incorniciata di un dipinto dell'artista Loxi Sibley.
Dopo averlo ammirato per qualche istante, Elvis porse il quadro a mio padre. "Voglio che lo abbia tu", disse, dimostrando ancora una volta quanto volesse dare a tutti quelli che lo circondavano. Pensavo che Elvis sarebbe stato stanco dopo lo spettacolo ma continuò a restare con la mia famiglia per molto tempo e fui felice di vederlo divertirsi.
Ad un certo punto, la conversazione si spostò sul karate. Riunendo la mia famiglia in un cerchio, Elvis disse che voleva mostrare loro alcune tecniche. Chiese a Ed Parker e Ricky Stanley di entrare nella stanza, poi mise attentamente Ricky in varie posizioni come sua "vittima" mentre Ed raccontava quello che Elvis stava facendo. Ed era affascinante da ascoltare e io ero ipnotizzata. Era tutto estremamente divertente, ma era piuttosto tardi. Il ragazzo di mia sorella, Tony, alla fine non riuscì a trattenersi e cominciò a sbadigliare. Elvis gli lanciò una rapida occhiata e disse: "Ti sto annoiando, figliolo?"
Estremamente imbarazzato, Tony chiuse bruscamente la bocca e rispose: "No".
Elvis concluse la serata raccontandoci la storia di Barbra Streisand che lo avvicinò per lavorare su un remake del film, "A Star Is Born". C'erano due ragioni per cui non voleva fare quel film. Il primo era che non capiva perché il personaggio principale si sarebbe ucciso. Il secondo motivo era che, quando Barbra Streisand e il produttore, Jon Peters, avevano discusso il film con lui, Jon aveva sbadigliato.
"Amico, non riuscivo proprio a vederlo alla regia", disse Elvis.

Domenica 12 dicembre, Elvis si esibì in quello che sarebbe stato il suo ultimo spettacolo a Las Vegas. Wayne Newton, Lola Falana, Kay Stevens e Michelle Lee erano tutti tra il pubblico. La presenza di così tante star era un ulteriore regalo per mio fratello che, all'insaputa di Elvis, quel giorno festeggiava il suo trentunesimo compleanno.
Anche se il compleanno di Charlie sarebbe stato da lì a pochi giorni di distanza, Elvis gli cantò "Happy Birthday". Avrei solo voluto dirgli che era il vero compleanno di mio fratello, perché se Elvis l'avesse riconosciuto dal palco, che regalo sarebbe stato!
Wayne Newton fece visita ad Elvis nel suo camerino mentre la moglie Elaine, chiacchierava brevemente con me e la mia famiglia. In seguito, i miei genitori ringraziarono Elvis e ritornarono nelle loro stanze per fare i bagagli.
Fu un po' difficile per me dire addio, ma rimasi con Elvis un giorno in più in modo che potesse riposare, mentre i miei genitori volarono a casa con la JetStar.
Ripensando al nostro intenso periodo insieme a Las Vegas, mi chiedevo come sarebbe stato quando Elvis ed io saremmo stati separati a Memphis dopo aver passato così tanto tempo insieme. Avevamo condiviso i nostri pensieri e sentimenti mentre scoprivamo nuove cose l'uno dell'altro. Lui aveva persino parlato di matrimonio. Ero stata magicamente trasportata nel mondo di Elvis e l'avevo abitato nel modo più completo possibile, imparando molto sul suo legame con i fan, la sua vita come artista, il suo entourage di stretti collaboratori e amici, e la sua ricerca spirituale. Nelle nostre emozionanti settimane insieme, Elvis era diventato il mio mentore, amante e protettore. Mi aveva scosso non solo musicalmente, ma anche fisicamente ed emotivamente. Il mio mondo, come l'avevo sempre conosciuto, era per sempre cambiato, qualunque cosa fosse successa dopo.
12/11/2021 21:39
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CAPITOLO 11


Ritornai a Memphis con Elvis sul "Lisa Marie". Quando l'aereo toccò il suolo, sentii la bella sensazione di essere ancora a casa anche se mi sentivo un po' stranita dopo aver vissuto nel mondo di Elvis per quasi tre settimane senza sosta.
David Stanley, un altro fratellastro e dipendente di Elvis, stava aspettando di venirci a prendere all'aeroporto. Aveva quasi la mia età, capelli lunghi, arruffati, castano scuro e una corporatura più robusta dei suoi due fratelli. Non feci fatica a crederci quando Elvis mi disse che il soprannome di David era Magilla Gorilla.
Guidando verso Graceland lungo Elvis Presley Boulevard, mentre ci avvicinavamo ai cancelli d'ingresso, vidi un grande presepio che si trovava nel cortile anteriore, cosa che avevo già veduto molte altre volte in passato.
Durante la mia infanzia, la mia famiglia guidava intorno alla zona ogni Natale, meravigliandosi delle luci delle feste, mentre i quartieri vicini cercavano di superarsi l'un l'altro con bellissime decorazioni. Quello che mi sembrava magico allora era indescrivibilmente meraviglioso ora che lo vedevo seduto accanto a Elvis. Mentre passavamo davanti alle statue a grandezza naturale di Maria, Giuseppe e Gesù nella mangiatoia, Elvis guardava verso di me, quindi scrollò le spalle e scherzò: "Chi sono quelle persone?".
All'interno di Graceland notai un albero di Natale nella sala da pranzo. Dall'ingresso non potevo dire se fosse vero o no, ma era bellissimo. Mi chiesi chi l'avesse decorato. Proprio allora, una donna anziana con un adorabile Pomerania color miele cullato tra le braccia, entrò la stanza e diede il benvenuto a Elvis a casa. Elvis la presentò come zia Delta. Più tardi avrei imparato che lei era la sorella di Vernon e viveva a Graceland dagli anni '60.
Senza parole, Elvis salì al piano di sopra e io lo seguii con l'intesa tacita che lui si aspettava che lo accompagnassi nella sua camera da letto. Mi sentivo ancora come un visitatore esterno che guardava dentro ma sembrava che, per Elvis, il mio essere a Graceland fosse già la cosa più normale del mondo.
Anche se ci eravamo presi un giorno in più a Las Vegas per rilassarci all'Hilton, mi era sembrato comunque un viaggio vorticoso. Ora che eravamo a casa, potevo sentire la mia energia adrenalinica cedere il passo alla stanchezza. Pensai che Elvis doveva sentirsi allo stesso modo e che avrebbe voluto riposare o semplicemente stare lontano dalle molte persone che lo avevano circondato nelle ultime settimane.
Al piano superiore, Elvis scomparve immediatamente nel suo bagno. Rimasi ad aspettare, incerto su cosa fare. Sentivo che avevo bisogno di andare a casa, riorganizzarmi e riflettere su tutte le nuove esperienze che avevo avuto con Elvis, ma non volevo andarmene se questo lo avrebbe deluso. Sapevo anche che, poiché Elvis ed io eravamo stati
insieme senza sosta, mi sarebbe mancato.
Elvis tornò dal bagno, dove si era cambiato nel suo solito pigiama, e si sedette sul suo letto. Raccogliendo uno dei suoi libri dal pavimento, mi fece cenno di sedermi accanto a lui. Se questo era ciò di cui Elvis aveva bisogno per rilassarsi, ero felice di restare finché non fosse stato pronto per andare a dormire. Tuttavia, mentre prendevo posto accanto a lui mentre Elvis leggeva, i miei occhi vagavano verso le foto di Linda Thompson sullo scaffale. Mi chiesi se avesse semplicemente dimenticato che erano lì. Scuotendo i pensieri di Linda dalla mia mente, tornai a concentrarmi su Elvis. Ad un certo punto chiese di mio nonno che era stato un ministro e disse che voleva parlare di nuovo con mia madre. Chiamai a casa, salutai velocemente e gli passai il telefono.
Elvis si tuffò subito in una conversazione con lei sulla Bibbia. "Hai mai notato come la parola storia significa la Sua storia?" chiese, alludendo al fatto che la storia è la storia di Dio.
Mia madre aveva una forte fede spirituale. Ci aveva spesso letto parti della Bibbia, quindi sapevo che le sarebbe piaciuta questa conversazione. Mentre parlavano, era interessante sentire alcune delle osservazioni personali di Elvis riguardo alla Bibbia. Con tutte le letture che avevamo fatto in precedenza, non avevamo ancora toccato questo argomento.
La loro conversazione durò qualche minuto, poi Elvis cambiò bruscamente argomento. "Che tipo di macchina guidi?" chiese.
Mentre era seduto in silenzio ad ascoltare, sapevo che lei gli stava parlando della Dodge Charger che avevano recentemente acquistato. "È la vostra auto di famiglia?" chiese lui.
Quando la conversazione terminò ed Elvis riattaccò, sembrava rimuginare su qualcosa. Guardando verso di me, annunciò: "Vorrei che i tuoi genitori avessero una nuova macchina, una più grande".
Non sapevo cosa dire. Riusciva a lasciarmi senza parole come nessun altro. Dopo averci pensato ancora per qualche minuto, Elvis chiese: "Ti dispiacerebbe dare loro la Continental? Ho un'altra macchina che voglio darti". Questo mi prese totalmente di sorpresa. Nell'eccitazione di stare con Elvis a Las Vegas e di tornare a casa a Memphis, non avevo dato alla Continental un pensiero. In effetti, non l'avevo ancora nemmeno guidata.
"Va bene", dissi, stupita che Elvis volesse che i miei genitori avessero una macchina nuova. "Ma dov'è la Continental?"
"Dovrebbe essere qui", disse lui. "Qualcuno doveva portarla a Memphis".
"Oh. Ok", risposi, sorridendo mentre pensavo a come, nel mondo di Elvis, cose magiche come questa potessero semplicemente accadere.

La Continental fu effettivamente consegnata a Graceland. Ora Elvis voleva che la riportassi a casa. Chiamò un aiutante che mi accompagnasse. Desideroso di fare una sorpresa ai miei genitori, presi posto al volante dell'auto per la prima volta e cominciai a seguire Al Strada verso i cancelli di Graceland. Fu un'esperienza sorprendentemente straziante. Non avevo realizzato quanto fosse grande l'auto finché non l'avessi guidata. Mentre sbirciavo oltre il volante, l'ampio cofano della Continental sembrava estendersi all'infinito. Era praticamente uno yacht terrestre! Mentre l'auto si infilava attraverso i pilastri di mattoni e sull'Elvis Presley Boulevard, ero preoccupato di colpire qualsiasi cosa. Anche stare al passo con Al non era facile. Guidava veloce, così veloce che avevo l'impressione che stesse solo cercando di sbrigare questo lavoro. Mi chiedevo se anche lui fosse stanco dopo il viaggio. Per fortuna, arrivai a casa senza alcun tamponamento.
I miei genitori erano al lavoro ma le mie sorelle erano in casa. Era confortante vederle. Allo stesso tempo, mi sembrava leggermente surreale essere lì. Portai le mie sorelle fuori e quando rimasero senza fiato alla vista della scintillante Continental bianca, dissi loro che Elvis voleva che dessi ai nostri genitori. Erano sbalordite.
Volevano sapere di Las Vegas quando tornammo dentro. Per quanto volessi raccontare, improvvisamente mi resi conto di quanto fossi esausta. Spiegai che avevo bisogno di riposare, perché Elvis stava dormendo e avrebbe potuto chiamare quando si fosse svegliato. Questa sarebbe stata la mia unica possibilità di recuperare il sonno.
"Posso raccontarti tutto quando mamma e papà tornano a casa?" Chiesi, poi mi ritirai nella mia camera da letto. Ero praticamente addormentata prima che la mia testa toccasse il cuscino. Non so quante ore dormii prima che bussassero alla porta. Era mia madre. Camminai con i miei genitori fuori e, mentre fissavano increduli la Continental, ripetei le parole che Elvis mi aveva originariamente detto: "È vostra".
Fu un momento impagabile. Raccontai alla mia famiglia il più possibile di quello che avevo vissuto con Elvis, ma non potevo rivelare tutto, specialmente i momenti inspiegabili in cui avevo assistito all'auto-guarigione o ai tentativi di Elvis di spostare gli oggetti con la mente. Dubito che mi avrebbero creduto comunque. A loro volta, condivisero le loro esperienze a Las Vegas, e come il viaggio avesse distolto la mente di mia madre dalla salute di suo padre per un po'. Era la prima volta che saliva su un aereo e, sebbene avesse paura di volare, "Una volta dentro il JetStar", ha detto, "non ci ho pensato due volte".
I miei genitori non erano rimasti a lungo nella loro stanza all'Hilton di Las Vegas quando bussarono alla loro porta. Quando aprirono, un uomo era in piedi nel corridoio, con in mano un vaso di fiori che diceva essere da parte di Elvis. Mia madre lo ringraziò e portò il vaso in camera. Quando si voltò dopo aver messo i fiori su un tavolo, vide l'uomo che si faceva strada nella stanza.
"Ginger è tua figlia?", aveva chiesto lui.
"Sì", aveva risposto lei, spaventata.
"Lei ed Elvis si sposeranno?" aveva chiesto lui.
Solo allora mia madre aveva capito che probabilmente era un giornalista, e che i fiori non erano affatto da parte di Elvis. "Mi dispiace", gli aveva detto, "ma non posso rispondere a nessuna domanda".
L'uomo aveva cercato di entrare ancora di più nella stanza. "Ho dovuto praticamente chiudergli la porta addosso!" riferì ora mia madre.
Ridemmo dell'incidente, ma ero a disagio. Né io né la mia famiglia eravamo preparati a trattare con la stampa. Speravo che questo genere di cose non si ripetesse ma questa era una speranza che non sarebbe stata soddisfatta.
"Pensi che io abbia ancora un lavoro?" Le chiesi ora.
"Quando ho parlato con loro, mi hanno detto che ce l'hai", disse lei.
Tirai un sospiro di sollievo. Almeno una piccola cosa sarebbe stata ancora normale ora che ero tornato a Memphis.
Più tardi, quella sera, Elvis chiamò personalmente a casa mia per la prima volta. Mio padre chiese di parlare con lui. Ringraziò Elvis per la macchina, ma gli disse che onestamente si sentivano in imbarazzo perché era un regalo così grande.
Fu divertente vedere l'espressione sulla faccia di mio padre, perché potevo dire dal suo sguardo di shock e confusione che Elvis lo stava pressando finché non si sentiva a posto nell'accettare l'auto.
Quando tornai in linea, Elvis mi invitò ad andare da lui. "Guido io", dissi, ma Elvis, sempre il gentiluomo, insistette per mandare qualcuno a prendermi.
Tornata a Graceland, non ero dentro da molto quando Elvis mi prese la mano e mi chiese di uscire con lui. Lo seguii fuori sulla veranda, chiedendomi cosa stesse facendo adesso. Stavo rapidamente imparando ad aspettarmi l'inaspettato.
I fari apparvero improvvisamente da dietro il lato della casa quando una splendida Cadillac Seville si fermò davanti a noi: scese un assistente ed Elvis si voltò verso di me.
"Grazie per aver dato la Continental ai tuoi genitori, Ginger", disse. "Questa è tua".
Abbracciai Elvis, capendo ora perché non aveva voluto che guidassi io a Graceland, poi corsi per dare un'occhiata eccitata alla mia nuova macchina. Era una versione personalizzata della nuova Cadillac Seville con ruote a raggi, una griglia cromata e una radio a banda cittadina incorporata. Elvis spiegò che originariamente aveva comprato l'auto per suo padre. "Mio padre mi disse che non gli serviva a niente".
Non potevo fare a meno di chiedermi se Elvis si fosse sentito un po' ferito per questo.
La mattina dopo, di buon'ora, portai a casa la mia Cadillac e dormii per un po'. La mia vita aveva preso una direzione completamente nuova. Che questa direzione fosse reale e permanente o solo una momentanea illusione, sapevo che ero disposta a rischiare la relazione che stavo sviluppando con Elvis.
Quando mi svegliai, feci la telefonata a Larry che avevo promesso a Elvis quando lui mi aveva chiesto di non vedere più nessun altro. Invitai Larry a casa mia e chiarii che non potevamo vederci più. Per quanto fosse difficile da fare, ora volevo stare con Elvis e dovevo essere sincera su questo.
Quella sera, Elvis mi invitò a tornare a Graceland. Lo trovai seduto sul suo letto. Quando entrai nella stanza, fece un annuncio sorprendente.
"Linda Thompson ha chiamato e mi ha chiesto se avrei passato il Natale con lei", disse.
"Vuoi passare il Natale con me?".
"Sì!" Risposi senza esitare.
Lui mi sorrise. "Bene."
Mi sentii improvvisamente incerta. Perché Linda lo chiamava ancora? Pensavo che la sua relazione con lei fosse finita. Ero felice che Elvis mi invitasse a passare il Natale con lui, naturalmente, ma cosa avrebbe fatto se, per qualche motivo, non avessi potuto? L'avrebbe passato con Linda? Avevo appena chiuso con Larry e mi ero impegnata a vedere come procedevano le cose con Elvis. Perché mi aveva detto della chiamata di Linda? Voleva che fossi gelosa?
Elvis sembrava seguire i miei pensieri, cosa che suppongo si sia vista sulla mia faccia, perché indicò le foto di Linda. "Perché non le togli?" mi ordinò.
Fare questo mi avrebbe sicuramente fatto sentire meglio. Mentre cominciavo a raccogliere le foto, Elvis continuò. "Linda le ha messe lì un po' di tempo fa, quando ero via", disse e mi chiese di mettere le fotografie nel bagno dell'ufficio.
Non avevo idea che ci fosse un bagno fuori dal suo ufficio in quel momento; era una stanza che non avevo mai visto. Sapevo solo del bagno adiacente alla sua camera da letto. Foto alla mano, entrai nel suo ufficio, verso una porta chiusa a fisarmonica. Avevo sempre pensato che fosse un armadio. Ora, facendo scorrere la porta aperta, camminai un pavimento coperto da una profonda moquette rosa. Nell'armadio aperto di fronte a me erano appesi alcuni capi di abbigliamento femminile. Di chi erano? Il mio stomaco era in un nodo. Ingenua com'ero allora, non avevo idea che una donna fosse rimasta qui con Elvis. Erano le cose di Linda o di qualche altra donna? Alla mia destra, trucchi e articoli da bagno erano sparsi sul bancone. Il trucco liquido era schizzato lungo la parte inferiore della parete a specchio che lo sovrastava, facendomi domandare se ci fosse stata una piccola lotta. Una sedia per la vanità era nascosta sotto il bancone, e sulla sinistra c'era una sedia professionale da salone con un asciugacapelli incorporato. Accanto c'era un altro bancone con un lavandino. Anche quella parete era a specchio. In fondo al bagno c'era un bagno/doccia di vetro e di fronte un gabinetto verde.
Un telefono era attaccato al muro. Il tocco finale era un vaso alto pieno di piume gialle e verdi.
Misi le foto sulla sedia del bagno, non sapendo che altro farne ed uscii, chiudendo la porta. Tornata in camera da letto, mi sedetti accanto a Elvis, sentendomi disorientata e sconvolta. Di nuovo, lui leggeva le mie emozioni facilmente.
Elvis prese le mie mani nelle sue. "Sai, non sono mai riuscito a immaginarmi sposato con Linda", disse. "Lei continuava a chiedermelo, ma io ho sempre pensato che fosse compito dell'uomo chiederlo".
Aggiunse che Linda aveva intrapreso una carriera in California, dicendo: "Povera Linda. È andata a Hollywood".
Cominciai a rilassarmi un po'. Non ero mai stato lì, però, e dissi: "Penso che sarebbe divertente vedere Los Angeles un giorno".
Elvis replicò: "Tu che vai a Hollywood sarebbe come lanciare la pizza ai leoni affamati!".
Di certo non avevo intenzione di andare a Hollywood e apprezzavo il fatto che fosse protettivo nei miei confronti. Il pronunciamento di Elvis era però un po' confuso. Hollywood era stata una parte importante della sua vita quando faceva film. Elvis disapprovava? Era successo qualcosa a Hollywood per farlo sentire così?
Elvis accese la televisione e mi prese di nuovo la mano. "Non devi preoccuparti", disse. "Te l'ho detto prima. Io e Linda abbiamo chiuso. Farò in modo che le cose nel bagno siano fuori di lì. Quel bagno dovrebbe essere a tua disposizione".
Mi rilassai. Chiaramente Elvis voleva che passassi molto più tempo a Graceland. Ero felice di sentirlo.
14/11/2021 17:04
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CAPITOLO 12


Avevo la forte sensazione che sarei stata più legata al programma di Elvis ora e sapevo che non sarei stata in grado di continuare a lavorare e passare del tempo con lui. Andai al negozio di vestiti e parlai con il proprietario di lasciare il mio lavoro. Era stato solo un lavoro part-time e decisi che valeva la pena mettere la mia carriera in secondo piano per passare più tempo possibile con Elvis e vedere come si sviluppava la nostra relazione. Per fortuna, il proprietario fu comprensivo e mi augurò ogni bene.
Una cosa che volevo fare era vedere mio nonno. Lo feci sapere ad Elvis e mi diressi in Arkansas con mia madre per un rapido viaggio notturno. Era bello guidare da sola con lei. Raramente l'avevo tutta per me, anche quando ero a casa, e ho sempre fatto tesoro del nostro tempo da soli insieme. Non è mai stata una ficcanaso, era sempre lì per ascoltare. Questo viaggio non era diverso: mentre le miglia volavano, parlammo di ciò che stava accadendo nella mia vita. Sapevo fin da piccola che mia madre e mio padre avevano sempre apprezzato la musica di Elvis e avevano un'opinione positiva di lui come persona. Non avevo la sensazione che mia madre avesse delle riserve sulla nostra frequentazione o mettesse in dubbio il carattere di Elvis. Tuttavia, anche se non sentivo la differenza di età Elvis e me, decisi di parlarne con lei perché mi chiedevo se avesse qualche preoccupazioni a riguardo.
"So che c'è una grande differenza d'età tra Elvis e me", dissi, affermando l'ovvio, poi rimasi in silenzio per vedere se lei aveva qualcosa da dire.
"Me lo sono chiesto, ma non ti ho detto nulla perché non sembrava che ti importasse".
Era diplomatica, mi resi conto, e stava facendo la stessa cosa che stavo facendo io: cercare di valutare i miei sentimenti prima di darmi un'opinione.
"Non credo che sia un problema a questo punto, mamma".
Per fortuna, lei sembrava essere d'accordo. "Elvis sembra comportarsi come un uomo molto più giovane. Mi ricorda qualcuno dell'età di tuo fratello", disse, aggiungendo che si fidava di Elvis e che non sentiva alcun motivo per non credere che fosse sincero nei suoi sentimenti per me e che mi avrebbe trattato bene.
"Finché tu sei felice, sia io che tuo padre siamo felici per te", disse.
Fu meraviglioso vedere mio nonno. La sua malattia non era progredita e speravo che la nostra visita alla casa di riposo gli sollevasse il morale. A causa della sua età e del fatto che era stato malato, fu difficile dire addio quando arrivò il momento. Speravo che stesse bene perché vivevamo lontani e non ero sicura di quanto presto avrei potuto rivederlo.
"Di' a Elvis che è meglio che si prenda cura di te", disse mio nonno nel congedarsi.
Quando tornammo a Memphis, Elvis mi chiamò e mi invitò a tornare a Graceland. Entrando nel suo ufficio, notai che la porta del bagno era aperta e, sbirciando all'interno, vidi che gli articoli da bagno erano spariti e tutti i vestiti da donna erano stati rimossi dall'armadio. Elvis li aveva tolti o aveva chiesto a qualcun altro di farlo? In ogni caso, ero felice, sentendo che questo era un grande passo. Elvis stava facendomi capire che faceva sul serio e si impegnava nella nostra relazione quanto me.
Poco dopo, Elvis mi diede i suoi numeri di telefono privati e cominciò a chiamare a casa mia ogni giorno. A volte ero io a telefonare a lui ma si trattava sempre di Elvis Presley, un uomo impegnato e importante, quindi generalmente aspettavo che fosse lui a chiamarmi. Per quanto vicini stavamo diventando, non mi sentivo ancora abbastanza a mio agio da prendere il telefono per un capriccio e chiamarlo. E se stava lavorando o aveva altri obblighi? Volevo rispettare il suo tempo e la sua privacy.
Ora che eravamo tornati a Memphis, mi chiedevo se Elvis potesse tornare a un ritmo di sonno più normale. Di conseguenza, alternavo il suo programma con i miei orari più ordinari. Dormivo a casa alcune notti, ma principalmente mi trovavo a Graceland fino alle prime ore del mattino quando Elvis andava a dormire, poi andavo a casa a riposare durante il giorno perché gli orari strani a volte mi davano fastidio.
Ogni volta che arrivavo a Graceland, zia Delta o una delle cameriere mi accoglieva all'ingresso. Le domestiche erano Lottie Tyson, Mary Jenkins, Nancy Rooks e Pauline Nicholson. Si riferivano ad Elvis come Mister Elvis o Mister P, e con il passare del tempo, iniziarono anche a chiamarmi Miss Ginger.

Ogni tanto mi accogliervano anche Charlie o Billy Smith. Charlie occupava una stanza al primo piano di Graceland. Billy viveva con la moglie e i figli in una roulotte sul retro. Anche se erano regolarmente in giro per Graceland insieme agli aiutanti e a qualche altro membro della famiglia, la mia concentrazione era su Elvis, e poiché gli piaceva tenermi vicino a lui, non passavo del tempo da solo con nessuno di loro a Graceland, come a Las Vegas.
Quando arrivavo, di solito mi veniva detto di andare di sopra, dove Elvis sarebbe stato nella sua camera da letto o in quella di Lisa, in visita con altre persone o a guardare la televisione da solo. Ben presto incontrai altri membri della famiglia e dipendenti. Minnie Mae Presley, la madre di Vernon Presley, viveva nella casa e dormiva in una camera da letto dietro le scale. Era una donna alta, magra, dolce, che Elvis chiamava Dodger. Aveva ricevuto il suo soprannome quando Elvis era giovane e le lanciò una palla, mancandola di pochi centimetri. Ero molto commossa quando una delle prime cose che Dodger mi disse che amava molto Elvis.
Tish Henley, un'infermiera, lavorava per il Dr. Nichopoulos, e suo marito, Tommy, era un custode a Graceland, così li vedevo di tanto in tanto. Tish e Tommy vivevano entrambi in una roulotte nella proprietà, così come la sorella minore di Vernon, Nash. Anche Harold Lloyd, un cugino di primo grado di Elvis, lavorava al cancello principale, come il fratello di Vernon, Vester.
Man mano che memorizzavo i volti e i nomi, mi rendevo conto che Elvis sembrava essersi assunto la responsabilità di sostenere un gran numero di persone. Gli zii lavoravano come guardie, parenti e amici vivevano sul terreno, e i fratellastri erano sul libro paga. La generosità di Elvis era leggendaria e da nessuna parte era più evidente che a Graceland con la sua famiglia allargata e i suoi amici.
Quando lo andavo a trovare, non mi chiese mai direttamente di non gironzolare per la casa o di non frequentare le altre persone, ma ero fermamente convinta che fosse meglio che non lo facessi.
Non biasimavo Elvis perché voleva rimanere in pigiama e stare comodo. I completi ornati che indossava sul palco erano pesanti, stretti e costrittivi. Una volta mi mostrò delle macchie sulla sulla schiena causati da uno dei suoi costumi di scena. Gli piaceva anche tenere la temperatura della sua camera da letto più fresca e, quando mi sedevo con lui a letto, di solito tenevo una coperta sulle gambe. Anche in pigiama, però, a Elvis piaceva ancora un po' di cose sgargianti: spesso indossava una vestaglia ingioiellata di blu, anche sopra i vestiti normali. Usava una colonia chiamata Zizanie e un sapone per il viso Neutrogena; ancora oggi, questi profumi mi fanno pensare a lui.
Spesso ci sedevamo sul suo letto e leggevamo per ore. A volte facevamo a turno per leggere o ci sedevamo uno accanto all'altro per leggere da soli. Se ci capitava di sospirare nello stesso momento, Elvis lo notava sempre. Una volta disse: "È quasi come se fossimo una cosa sola".
Se iniziavo a leggere da sola, Elvis di solito metteva giù il suo libro per vedere in cosa ero immersa e finiva per chiedermi spiegazioni. Ero impressionata dalla sua insaziabile curiosità e apprezzavo i suoi continui sforzi sia per istruirmi che per scoprire cosa stessi pensando.
Passavamo anche molte ore a guardare la televisione e i film nella sua camera da letto. Aveva il primo Betamax che avessi mai visto e mi piaceva la novità di poter guardare qualsiasi film su richiesta. Elvis adorava l'attore britannico Peter Sellers e si divertì moltissimo con l'interpretazione dell'ispettore Clouseau nei film della "Pantera Rosa" del regista Blake Edwards. Guardavamo questi film molte volte ed Elvis cercava di strizzare gli occhi come faceva Sellers, imitando il suo falso accento francese, pronunciando la parola minkey per "scimmia".
Elvis amava anche ripetere la famosa battuta di Casablanca: "Ti sto guardando, ragazzo". Non mi annoiavo mai mentre guardavamo la televisione perché Elvis non riusciva a guardare la TV senza parlare con essa ed io trovavo questo abbastanza divertente. Ripeteva spesso il dialogo, e se un uomo veniva rifiutato da una donna in un film o in un programma televisivo, Elvis spesso gridava: "Bruciato!".
Amava le commedie come "What's Happening" e in particolare si divertiva con un personaggio chiamato Fish interpretato da Abe Vigoda nella serie "Barney Miller". Elvis trovava Abe divertente, diceva, perché "lui sembra sempre così disgustato dal mondo".
Amava anche la comicità di Redd Foxx, e diceva che avrei dovuto vederlo esibirsi dal vivo a Las Vegas, un giorno. Purtroppo non ne avremmo mai avuto la possibilità.

Ogni volta che non stavamo guardando qualcosa o leggendo insieme, Elvis ed io ascoltavamo musica ma poteva anche sedersi al pianoforte e camtare. In questo modo ho imparato qualcosa sui suoi personali gusti musicali. Elvis ammirava soprattutto il tenore americano Mario Lanza e il cantante baritono Brook Benton, e spesso suonava i loro album per me. Prima di allora, avevo sentito Benton cantare solo "The Boll
Weevil Song" e "Rainy Night in Georgia", e non avevo mai conosciuto Mario Lanza. Ho imparato presto ad apprezzare la sua grande voce.
Quando si trattava di cantare, Elvis credeva di aver ricevuto un dono divino. Dal suo punto di vista, era un messaggero destinato a portare gioia agli altri. Anche prima di incontrare Elvis, la sua voce e la sua musica avevano portato felicità alla mia famiglia per anni. Uno dei miei album preferiti mentre crescevo era "His Hand in Mine" di Elvis. Con la musica gospel radicata così profondamente nella sua anima, non mi sorprendeva che Elvis volesse passare la domenica mattina presto a guardare spettacoli di gospel.
Ogni volta che la televisione era spenta, Elvis lasciava la radio accesa e sintonizzata su una stazione musicale. La musica di quasi ogni genere sembrava confortarlo. Come mi diceva spesso: "La musica è il linguaggio universale".
Se Elvis stava cercando di farmi capire qualcosa e capitava una canzone con un testo correlato, si fermava e faceva un cenno con la testa verso la radio. "Ascolta", diceva, "ti sta parlando", come se la canzone lo sostenesse.
Non tutta la musica era per lui, però. Una volta, una canzone heavy-metal con una chitarra urlante iniziò a suonare alla radio. Elvis si alzò per andare in bagno e, passando vicino alla radio, si fermò per un secondo, la guardò e disse: "Ragazzo, ti spezzo quelle maledette dita!"
Ho amato quelle mattine in cui eravamo solo io ed Elvis al piano di sopra a Graceland. Se lui aveva un'idea per una canzone, andava all'organo nel suo ufficio e mi chiedeva di sedermi accanto a lui. A volte mi sedevo sul pavimento per dargli più spazio sul banco. Elvis amava giocare con i suoni dei vari strumenti incorporati nell'organo. Una volta, accese la batteria e scherzò: "Qualcuno farà meglio a far uscire quel ragazzo da lì". Mentre il ritmo della batteria martellava, si mise a ridere e iniziò a cantare: "Tu povero inutile, sciocco... sciocco... sciocco".
Altre volte, era serio, mettendo una grande quantità di emozioni in diverse canzoni mentre sperimentava con esse. Elvis a volte provava anche a raggiungere varie note che pensava di non poter mai raggiungere. Mi emozionò una volta quando colpì una nota bassa inaspettata, disse: "Mio Dio, non ho mai cantato così in basso".
L'illuminazione indiretta lungo il bordo dei soffitti nella sua camera da letto e nel suo ufficio era sempre accesa. Molte volte mentre lo guardavo all'organo, dove era immerso in una luce soffusa e perso nel canto, vestito con la sua tunica ingioiellata, mi sentivo come se una parte di me fosse lì e un'altra parte di me stesse guardando questa scena da lontano. Non riuscivo ancora a credere di essere con Elvis, e sentirlo cantare non ha mai smesso di essere speciale.
Mentre eravamo al piano di sopra, i suoi assistenti stavano per lo più al piano di sotto a fare la guardia. Questo sembrava essere un lavoro relativamente poco impegnativo quando Elvis non era in tour. Dean Nichopoulos, Al Strada, Steve Smith e David o Ricky Stanley si alternavano nei turni di lavoro. Non vedevo più il fratellastro di Elvis Billy in giro.
David Stanley, il fratellastro più giovane di Elvis, chiamava Elvis "Boss". David era sposato con una giovane ragazza di nome Angie, che non avevo ancora conosciuto, e a volte, quando era in servizio, saliva al piano di sopra per parlare con Elvis dei suoi problemi coniugali. Elvis mi disse che gli dava fastidio che David avesse fede nella santità del matrimonio. Io davo loro un po' di privacy mentre Elvis cercava di offrire a David il miglior consiglio che poteva. Quando David cominciò a farlo più spesso, però, Elvis mi disse che si sentiva frustrato perché nessuno dei consigli che dava a David sembrava cambiare le cose o aiutarlo a risolvere i problemi del suo matrimonio.
Charlie occasionalmente entrava e usciva dalla camera da letto di Elvis, di solito raccontava barzellette sporche, e spesso si capiva che aveva bevuto.
Billy Smith, il cugino di Elvis, era un frequente visitatore del piano di sopra; lui ed Elvis condividevano un simile senso dell'umorismo, ed Elvis spesso lo chiamava Marble Eyes.
Il Dr. Nichopoulos si era fermato un paio di volte, facendo tintinnare nervosamente le chiavi della sua macchina contro la gamba dei pantaloni mentre chiacchierava con Elvis. Elvis si riferiva a lui come Dr. Nick, e io pensavo a quanto fosse bello avere il tuo medico che ti controlla.

Prima di lasciare Graceland per andare a casa dopo aver passato una serata con Elvis, a volte notavo pacchetti di medicine per il sonno lasciati per lui. Questo mi sorprendeva perché Elvis non era in tour. Perché dovrebbe avere difficoltà a dormire se era a casa? Non ci ho pensato molto all'inizio, però; mi fidavo del fatto che il dott. Nichopoulos per tenere d'occhio la salute di Elvis e mi sentivo rassicurata sapendo che c'era sempre un'infermiera nella proprietà.
Elvis aveva due telefoni sul suo comodino. Uno dorato serviva come linea privata, quello che chiamavo quando telefonavo ad Elvis e che presumevo lui usasse quando mi chiamava. L'altro telefono aveva dei pulsanti contrassegnati per le varie stanze della casa. Premendo un pulsante con scritto "cucina", Elvis poteva riferire alle cameriere quello che volevamo mangiare. A volte mi chiedeva di essere io a chiamare il piano di sotto. Non ero abituata a dare ordini alle persone e sapevo che mi ci sarebbe voluto un po' di tempo per abituarmi. Quando riferivo ciò che Elvis chiedeva, mi assicuravo sempre di dire "per favore" e "grazie". Elvis aveva gusti semplici in fatto di cibo e amava particolarmente la cucina di Lottie. Lei preparava meravigliose bistecche con condimenti speciali e hamburger con i loro panini cotti al vapore nel burro, che Elvis chiamava Lottieburger. Una sera a cena, ho avuto il mio primo assaggio di pancetta canadese con piselli, un altro dei suoi piatti preferiti. Ero così abituata al fatto che i nostri pasti venissero portati in camera da letto che mi era difficile immaginare Elvis seduto a un tavolo per mangiare. Infatti, durante i molti mesi che abbiamo passato insieme, era qualcosa a cui non avrei mai mai assistere.
Una sera, ben oltre la mezzanotte, ero a casa con la mia famiglia e dormivo profondamente quando un rombo mi svegliò. I nostri cani cominciarono ad abbaiare, e il rombo divenne lentamente più un ruggito, diventando sempre più forte finché non si fermò nelle vicinanze. Dalla mia camera da letto, sentii le porte di casa nostra aprirsi. Terry, che divideva la stanza con me, si sedette in piedi nel letto. "Cos'è questo?" chiese.
Ci mettemmo entrambi l'accappatoio e andammo nello studio. In breve, nostra madre, Rosemary, e nostro padre apparvero. Mio padre andò alla porta d'ingresso e la aprì. Nel frattempo, io sbirciai fuori dalla finestra della nostra stanza della musica per vedere cosa stava succedendo. Non c'erano lampioni nel nostro quartiere e fuori era buio pesto. Mio padre accese la luce del nostro portico anteriore e uscì mentre noi lo guardavamo ansiosamente da dentro la porta. Il suono di un fruscio nell'erba attirò la nostra attenzione. Una figura ombrosa emerse dall'oscurità e si mise alla luce. Era un motociclista vestito di pelle nera. Fu solo quando salì sul portico e si tolse il casco nero lucido che vidi che si trattava di Elvis!
Al Strada stava dietro di lui. Non avevo mai visto Elvis viaggiare da qualche parte senza un entourage, quindi immaginai che ci dovessero essere delle guardie del corpo in attesa dietro l'angolo, non viste. Ma solo Elvis e Al entrarono dentro, ed Elvis prese posto sul divano nel nostro studio. Proprio quando stavo pensando che quest'uomo incredibile non poteva sorprendermi più di quanto non avesse già fatto, ci riuscì. Ecco Elvis a casa mia! Non a Graceland, non in un'arena, non nell'attico di un hotel, ma seduto nel nostro studio come se fosse un vicino di in fondo alla strada!
Era la prima volta che Elvis vedeva qualcuno della mia famiglia dopo Las Vegas. Eravamo tutti così storditi dall'averlo a casa nostra in questo modo, ad un'ora così tarda, che non abbiamo nemmeno pensato di alzarci dal pigiama. Elvis non disse una parola su quanto fosse tardi. Per fortuna era un fine settimana e nessuno dei miei genitori doveva alzarsi per lavorare il giorno dopo, ma dubito che Elvis abbia pensato a questo. Era il mio ragazzo e i miei genitori non potevano farci niente se faceva orari strani. Il fatto che questo fosse Elvis, gli dava anche un po' più di libertà.
Dopo aver chiacchierato per qualche minuto, Elvis alla fine iniziò a parlare con mia madre della Bibbia. Lei tirò fuori la grande e logora Bibbia di famiglia che spesso ci leggeva. Elvis esaminò alcuni passaggi, indirizzando la maggior parte dei suoi commenti a mia madre, e chiese se poteva scrivere all'interno della Bibbia.
"No, non mi dispiace", disse mia madre. Potevo dire che lui aveva suscitato il suo interesse. Elvis scrisse la parola "ask" sopra il titolo "Genesi, il primo libro di Mosè", e poi iniziò a leggere di come Dio creò il cielo e la terra. Sottolineò alcune righe e scrisse alcune parole, sezionandole come aveva già fatto una volta con lei al telefono, poco dopo il nostro ritorno da Las Vegas. Poi andò avanti e cominciò a sottolineare i versetti del Libro dell'Apocalisse.
La visita durò un bel po' e mi piacque vedere Elvis che si divertiva con la mia famiglia. Era un ambiente molto più rilassato e intimo per stare tutti insieme di quanto non fosse stato a Las Vegas. Ero felice che i miei genitori avessero finalmente la possibilità di essere testimoni di un po' della ricerca spirituale di Elvis e di vederlo come l'avevo visto io nelle ultime settimane, come un uomo brillante, interessante e affascinante.
Verso l'alba, Elvis decise che era ora di andare e andò a usare il nostro bagno. Al era stato seduto tranquillamente nella stanza con noi. Ora i miei genitori gli chiesero un po' di se stesso. Al disse che non era contento del suo lavoro, ma disse che lavorava per aiutare a mantenere sua madre a Los Angeles. Capivo come il lavoro di Al potesse essere a volte difficile. Elvis voleva che gli altri intorno a lui prendessero e andassero quando e dove volevano. Voleva avere i suoi dipendenti ai suoi ordini. Sentire Al parlare mi ricordava che, anche adesso, Al era al lavoro per Elvis. Essere a casa mia era un lavoro pagato! Potevo capire quando serate come questa non sarebbero state necessariamente divertenti o eccitanti per un assistente.
Quando Elvis tornò, lo seguii fuori. "Grazie per essere venuto", dissi mentre camminavamo insieme verso la sua moto. "La tua moto è bellissima".
"Ti porterò a fare un giro qualche volta", disse.
Rimasi sul prato a guardarli partire, sorridendo mentre guardavo Elvis allontanarsi nella notte.

Qualche giorno prima di Natale, Elvis mi chiese se l'avrei aiutato a fare acquisti per i suoi parenti. Si era accordato che il Goldsmith's Department Store di Memphis riaprisse dopo l'orario di apertura al pubblico. Goldsmith's si trovava nel Southland Mall, non lontano da Graceland. La cugina di Elvis, Patsy Gambill, e una guardia del corpo ci accompagnarono.
Mentre giravamo nel parcheggio del centro commerciale, fummo accolti da un ufficiale di polizia che ci aspettava nella sua auto. Una delle guardie di sicurezza aprì la porta di Goldsmith's mentre il poliziotto aspettava fuori. Era inquietante camminare attraverso il grande magazzino, ormai vuoto tranne che per noi e alcuni commessi che aspettavano pazientemente quest'unico acquirente. Ero stata da Goldsmith molte volte, ma questo era uno shopping in stile Elvis e completamente diverso. Eravamo nel negozio solo da pochi minuti quando Elvis disse che gli sarebbe piaciuto comprarmi alcune camicie da notte e accappatoi. Ero sorpresa che volesse acquistare qualcosa per me e dalla natura intima dei regali. Lo seguii nel reparto di lingerie, dove sfogliai l'abbigliamento per il sonno mentre gli uomini parlavano a bassa voce. Durante la loro chiacchierata, Elvis si riferì accidentalmente a me una volta come "Sheila". Si riprese subito e disse: "Ginger". Quando mi girai, chiedendomi chi fosse Sheila, Elvis mi guardò con uno sguardo di "scusa".
Questo mi confuse per un momento, ma tornai a fare shopping. Fu solo molto più tardi che appresi che Elvis aveva frequentato una donna di nome Sheila Ryan per alcuni anni, non molto prima di incontrare me. Scelsi alcune camicie da notte e vestaglie, poi seguii Elvis nella sezione dei cappotti di pelliccia, dove iniziò a cercare. Sembrava sapere cosa gli piaceva e cominciai a sentire che non aveva davvero bisogno di me mentre sceglieva un cappotto e lo faceva provare a Patsy.
Elvis individuò un visone bianco e nero e un altro fatto di pelliccia di coniglio bianco. Mi chiese di provarli per vedere se andavano bene a qualcuno dei suoi parenti. Mi infilai in ogni cappotto e mi girai, indossandoli brevemente mentre Elvis li guardava e ci rimuginava sopra. Poi acquistò tutti i cappotti mentre io li guardavo da vicino.
Tornati a Graceland, Elvis diede a Patsy il cappotto che aveva provato e sapevo che gli altri parenti di Elvis sarebbero stati piacevolmente sorpresi dai regali che aveva preparato per loro. Mi chiedevo se fosse così generoso con la sua famiglia ogni Natale, e decisi che probabilmente lo era. Elvis era il vero Babbo Natale della sua famiglia. Avevo cominciato a capire che ogni giorno con Elvis poteva sembrare Natale.
Lasciai Graceland poco dopo l'alba. Mentre tornavo a casa, mi chiedevo cosa avrei potuto regalare ad Elvis per le vacanze che non avesse già. Non potevo ripagarlo per i generosi regali che aveva fatto a me e alla mia famiglia.
All'inizio, a causa di tutto quello che avevamo letto, pensai di farmi fare un turbante speciale con una grande pietra al centro, ma non pensavo che avrei avuto abbastanza tempo. Andai a dormire per un po'e più tardi andai a fare shopping con Rosemary. In un centro commerciale acquistai una collana d'oro con una grande croce fatta di una gemma chiamata occhio di tigre. Era un regalo semplice rispetto alla maggior parte dei gioielli di Elvis, ma mi piaceva e speravo che piacesse anche a lui.
Quella sera, Elvis chiamò per invitarmi ancora una volta ad aiutarlo a scegliere i cappotti per alcuni parenti. Andai a Graceland, e da lì, per la prima volta, feci un giro sulla sua Ferrari. La guardia del corpo, Sam, si infilò nel sedile posteriore con il cugino di Elvis, Billy, e la moglie di Billy, Jo. Io ero seduto sul sedile del passeggero con Elvis al volante. Presto stavamo sfrecciando sull'autostrada verso il centro di Memphis. Elvis guidava ad una velocità che non avevo mai osato guidare. Era spaventoso, ma anche esaltante. Non ho mai dubitato della sua capacità di gestire la macchina.
Volammo oltre una macchina della polizia parcheggiata. Fortunatamente, per qualche motivo, l'ufficiale non ci inseguì. Mi chiedevo se avesse riconosciuto la Ferrari di Elvis. Per la velocità a cui stavamo andando, dubito che la polizia avrebbe potuto prenderci.
Arrivando in centro, Elvis entrò nel parcheggio di un negozio chiamato King Furs e si fermò rapidamente. Sollevata, aprii la portiera e scesi, liberando gli altri dal loro isolamento sul sedile posteriore. Quando Sam iniziò a scendere, fece un comico rumore di risucchio, fingendo di togliere le dita dalla stretta presa che aveva avuto sul retro del mio sedile. Io ridevo, ma ero sicura che aveva già sperimentato quel tipo di corsa con Elvis.
All'interno del negozio, l'attenzione di Elvis andò subito ad una pelliccia di visone bianca a figura intera appesa ad una rastrelliera nel retro. Chiese al commesso di tirarla fuori e volle che la provassi. Mentre i suoi cugini e la sua guardia del corpo stavano in piedi, io mi misi davanti ad uno specchio a tre vie e mi infilai in questo incredibile cappotto. Nel riflesso potevo vedere Elvis, ora seduto su una sedia dietro di me, che guardava e sembrava abbastanza soddisfatto, con un grande sorriso. Il commesso mi diede un cappello di visone bianco e, quando mi sollevai i capelli per rimboccarmeli sotto, Elvis saltò in piedi e si diresse verso di me. Mettendo la sua mano dietro il mio collo, con una voce da bambino disse: "Ora fammi vedere quel collo... ora è un collo da pollo!"
Era chiaro che si divertiva a prendermi in giro e io dovevo ridere. Più tardi mi avrebbe detto: "Sono consapevole del mio collo. È troppo sottile. Ecco perché le mie tute e le mie camicie sono progettate con colletti alti".
Elvis acquistò la pelliccia di visone bianca e il cappello senza preoccuparsi di guardare altro. Mentre usciva, mi disse che erano miei. Stupita, lo ringraziai. Stasera non era uscito per fare acquisti per nessun altro che per me.
"Avrei voluto che ne avessero uno nero a figura intera per me" disse. Sono sicura che il commesso si sarebbe fatto in quattro per trovarne uno.
Tornammo tutti e cinque alla macchina, dove Elvis uscì dal parcheggio con me che mi tenevo stretta per la vita, sorridendo al mio nuovo soprannome, Chicken Neck. Non era affascinante, ma era mio.
Tornato a Graceland, Elvis andò nella zona spogliatoio del suo bagno e tornò con i due cappotti che aveva acquistato la sera prima. Mi chiese di togliermi il cappotto che indossavo e, quando lo feci, me ne mise un altro intorno alle spalle, dandomi un morbido bacio sul collo.
"Anche questi sono tuoi", disse.
Ero frastornata da quella stravaganza. E i suoi parenti? Era questo il suo piano da sempre? Non avevo mai pensato di possedere una pelliccia, e ora ne avevo diverse. Non c'è dubbio: ad Elvis piaceva fare fare le cose in grande. Non poteva darmi solo una pelliccia, doveva darmene tre!
"Grazie, Elvis, sono davvero belli", dissi semplicemente, perché cos'altro potevo dire? Questo era stato un altro dei suoi piani e lui era raggiante.
Preso dal momento e ovviamente orgoglioso di ciò che aveva fatto, Elvis improvvisamente volle che io chiamassi la mia famiglia per invitarli a vedere quello che mi aveva dato. Era passata la mezzanotte quando chiamai a casa, ma sapevo che la mia famiglia sarebbe stata d'accordo con le chiamate notturne da Graceland. Faceva tutto parte di questa nuova avventura che stavamo vivendo con Elvis come guida. Parlai con mia madre e le dissi che Elvis aveva qualcosa che avrebbe voluto mostrare alla famiglia. Sapevo che sarebbero stati curiosi, ma solo mia madre e Rosemary potevano venire. Elvis mi chiese di stendere tutti e tre i cappotti sul suo letto e così li sistemai attentamente sul suo copriletto. Quando Rosemary e mia madre arrivarono, lui le invitò a salire. Naturalmente esclamarono quanto fossero belle le pellicce. Mia madre rimase sbalordita perché era la sua prima volta che dava un'occhiata a Graceland. Elvis la portò a fare un breve giro mentre io e Rosemary aspettavamo nella sua camera da letto.
Quando tornarono, seguimmo Elvis nel suo ufficio, dove cantò e suonò l'organo per tutti noi. Non molto tempo dopo, un uomo entrò nella stanza. Non l'avevo mai visto prima. Elvis lo salutò e i due scomparvero nella zona spogliatoio del suo bagno. Mi chiedevo se stesse parlando di affari. Per Elvis, il mondo era sveglio quando tutti gli altri dormivano, quindi sapevo che era possibile.
Data l'ora tarda, mia madre e Rosemary mi dissero che non volevano trattenersi troppo. Si prepararono ad andarsene. Elvis ricomparve poco dopo, però, e mia madre lo ringraziò per averle invitate e disse che dovevano andare.
Avevamo iniziato a scendere le scale, quando Elvis si fermò a metà della scalinata e disse: "Oh, ho quasi dimenticato qualcosa". Aprì la mano.
Nel suo palmo brillavano due anelli di diamanti. "Non li troverete in una scatola di Cracker Jack", scherzò, porgendo a mia madre e a Rosemary un anello ciascuna.
Loro fissarono Elvis, senza parole per un momento. Poi mia madre scosse la testa. "Elvis, mi dispiace, ma non possiamo..." iniziò, ma Elvis la interruppe.
"Signora Alden, voglio davvero che lei e Rosemary abbiate questi", insistette.
Avevo già imparato che non c'era forza che potesse eguagliare Elvis quando era intento ad essere generoso. Mia madre e mia sorella finalmente lo capirono e lo ringraziarono gentilmente.
Ero commossa dal suo gesto e mi chiesi se lo straniero che era arrivato avesse portato gli anelli. Accompagnai mia madre e mia sorella alla porta d'ingresso, poi presi la mano di Elvis mentre ci dirigevamo al piano di sopra, pensando che non avevo mai incontrato un altro uomo così gioioso ed entusiasta di condividere la ricchezza della sua vita con tutti intorno a lui.
Alla fine andai a casa a dormire, ma quando mi svegliai quel pomeriggio, Elvis mi chiamò e mi disse che voleva comprare a suo padre una macchina nuova. A quanto pare il suo umore generoso era durato tutta la notte.
"Verresti con me a cercarne una?".
"Certo", risposi.
Tornai a Graceland e insieme andammo in una concessionaria locale. Non ci volle molto perché Elvis decidesse per un camion a quattro porte per suo padre.
La sua gentilezza non si fermò lì. Elvis comprò anche un'auto nuova per uno dei dipendenti della concessionaria prima di partire. Come sempre, la combinazione di poter sorprendere le persone e dare loro dei magnifici regali, non mancava mai di mettere un sorriso sul volto di Elvis. Voleva rendere le persone felici e stupirle.

Lisa volò a Memphis per trascorrere le vacanze a Graceland, dove divise il suo tempo con Elvis e a giocare con i figli di Sandy Miller, Tish Henley e Billy Smith. Ero ancora una persona nuova nella vita di suo padre e all'inizio era un po' silenziosa con me, ma ero sicura che ci saremmo conosciuti meglio con il tempo.
A causa dei modelli di sonno quasi invertiti di Elvis, permetteva a Lisa di stare alzata abbastanza tardi, ma era un ottimo padre. Amava soprattutto rimboccarle le coperte e spesso mi diceva: "Andiamo a dare la buonanotte a Lisa".
La vigilia di Natale, stavo guardando la televisione con Elvis nella sua camera da letto ed uscii per andare in bagno. La TV era spenta quando tornai ed Elvis sembrava assorto nella lettura di un libro. Mentre camminavo ai piedi del suo letto, notai delle luci scintillanti che danzavano lungo tutte le pareti e il soffitto. Guardai verso la testiera del letto e vidi una bellissima collana di diamanti con orologio e braccialetto abbinati e un braccialetto appoggiati sul cuscino. La luce del comodino era stata girata a modo suo ed era puntata verso il basso a brillare sui gioielli.
Ripresi fiato. Avevo già ricevuto così tanti regali incredibili e non mi aspettavo nulla per Natale. Elvis fece finta di leggere per qualche altro secondo. Poi alzò lo sguardo dal suo libro e scherzò: "Vorrei che fosse stato disegnato per un uomo, perché me lo sarei comprato da solo".
Prendendo i gioielli dal mio cuscino, mi chinai per abbracciarlo. Ancora una volta, volevo dirgli che questo era troppo. Tuttavia, ora che eravamo più vicini, capivo che Elvis sarebbe stato ferito, o addirittura un po' arrabbiato se qualcuno avesse rifiutato un suo regalo - specialmente se il regalo era qualcosa per cui lui aveva messo un sacco di pensieri e sforzo nella scelta e nel modo in cui lo avrebbe presentato.
Tuttavia, ci provai. "Questo non è davvero necessario, Elvis", protestai. "Mi hai già dato i cappotti, e mi sento male perché non ho il tuo regalo con me". Ero pronta a darglielo a Natale.
Prima che potesse rispondere, Lisa entrò. Si sedette sul letto di fronte a noi ed Elvis riaccese la TV. Lisa iniziò a guardarla con noi. Elvis la osservò amorevolmente per un momento e poi mi toccò sulla spalla, facendomi segno di guardare Lisa mentre periodicamente dava un'occhiata alla stanza e tornava alla alla televisione, ignara di noi due.
"Abbiamo lo stesso sguardo negli occhi", disse Elvis dolcemente.
Mi sistemai contro i cuscini, pensando che fosse commovente che lui vedesse se stesso in sua figlia.
La casa era tranquilla la mattina presto di Natale. Lisa stava ancora dormendo, e siccome Elvis stava per andare a letto, gli dissi che sarei andata a trovare la mia famiglia, avrei scambiato i regali con loro e avrei portato il suo regalo più tardi nel corso della giornata. Avevo anche un piccolo braccialetto d'argento da dare a Lisa.
Rientrata più tardi a Graceland, mi aspettavo di vedere Elvis come al solito rilassato e vestito in pigiama, con i capelli un po' arruffati, invece era seduto nella sua camera da letto vestito bene e con i capelli acconciati.
Mi sedetti accanto a lui sul letto. "Buon Natale", dissi, e gli consegnai il suo regalo. Mentre scartava la collana, trattenni il respiro. Elvis prese la croce dalla scatola, mi guardò e sorrise. "Mi piace", disse e tutte le mie paure scomparvero. Poi mi chiese di mettergliela al collo.
Vernon e Sandy vennero più tardi quella sera, e ci incontrammo con loro nel camerino del bagno di Elvis. Mi sedetti sul letto, circondata dai vestiti di Elvis, mentre lui prendeva un paio di sedie, mettendole di fronte a me per suo padre e Sandy. Mentre noi quattro eravamo in visita, Lisa si unì a noi e le potei dare il mio piccolo regalo.
Se c'era una sorta di rituale tradizionale per la consegna dei regali intorno all'albero a Graceland, doveva essere avvenuto prima del mio arrivo perché Elvis sembrava totalmente soddisfatto di stare nella sua camera da letto e di passare
questa parte del giorno di Natale con me. Guardammo la televisione, parlammo e facemmo visita a Lisa.
Dopo aver messo Lisa a letto quella sera, Elvis ed io tornammo in camera e lo ringraziai di nuovo per i miei bellissimi regali.
"Mi piacciono le donne in pelliccia", disse Elvis, e mi disse che una volta aveva comprato una pelliccia di visone a misura di bambino per Lisa ma la sua ex moglie, Priscilla, non voleva che lo indossasse e lo restituì, pensando che fosse troppo stravagante per la loro figlia.
La famiglia di Elvis non aveva molti soldi quando Elvis era un bambino e questo era parte del motivo per cui voleva viziare Lisa e molte delle altre persone che amava. Tuttavia, potevo sicuramente capire il punto di vista della sua ex moglie. Quale bambino aveva bisogno di una pelliccia di visone? D'altra parte, quanti bambini hanno avuto Elvis come padre?
Dato che Elvis sembrava sensibile al regalo restituito, scelsi di non dire nulla. Il suo impulso era stato generoso, e non volevo aggiungere altri sentimenti feriti.
16/11/2021 21:04
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CAPITOLO 13


Il prossimo tour di Elvis era programmato per iniziare il 27 dicembre a Wichita, Kansas, e sarebbe finito il giorno di Capodanno a Pittsburgh, in Pennsylvania. Non vedevo l'ora. Anche se avevo volato da San Francisco ad Anaheim e a Las Vegas con Elvis, questa sarebbe stata la mia prima volta in cui avrei avuto davvero la sensazione di essere in viaggio con lui.
Mentre ero a casa a fare i bagagli, Larry Geller era arrivato in aereo e aveva dato ad Elvis altri libri religiosi. Elvis ne diede alcune copie a me quando tornai a Graceland. Avevo iniziato a godere del nostro rituale di leggere insieme e parlare delle varie idee che trovavamo intriganti in questi libri. Ero anche felice di trovare Elvis riposato e pronto a partire.
Vernon, Sandy e Lisa erano venuti anche loro, così pensai che Elvis sarebbe stato ancora più ispirato ad esibirsi. Mentre gli altri si affrettavano a preparare la nostra partenza, io rimasi al piano di sopra con Elvis e Larry, guardando alcuni dei nuovi libri. Era ovvio, ascoltando i loro discorsi, che Elvis e Larry avevano studiato materiale spirituale per un bel po'. A causa della loro vasta conoscenza della religione e della filosofia, non ero in grado di contribuire molto alla conversazione,
tuttavia trovai il dialogo stimolante, anche se sapevo che mi ci sarebbe voluto del tempo (forse anni) per dare un senso alle diverse filosofie che affascinavano Elvis. Più tardi, avrei visto che Elvis non era semplicemente alla ricerca spirituale, ma si sforzava di ampliare la sua conoscenza generale. Molte volte in tour, chiedeva a qualcuno di tenere un dizionario e lo sfidava con parole da sillabare o definire.
Durante il concerto di Elvis a Wichita, si sedette dietro il pianoforte e suonò una bellissima canzone intitolata "Unchained Melody". Non l'avevo mai sentita prima e l'ho amata fin da subito, sentendo che il testo della canzone sull'amore e il desiderio parlava della profonda connessione tra me ed Elvis. Larry Geller mi disse più tardi che era passato un bel po' di tempo da quando aveva visto Elvis sedersi al piano ed esibirsi come fece quella sera.
Nonostante il ritmo e le esigenze di dover viaggiare da una città all'altra, in questo tour Elvis sembrava libero dai problemi di salute che lo avevano afflitto a Las Vegas ed era di buonissimo umore. La sua voce era in ottima forma e il suo stato generale di salute migliorato si rifletteva nella qualità delle sue esibizioni. Anche altre persone lo notarono. Mi capitò di trovarmi accanto a Larry prima di uno spettacolo e lui, chinandosi, mi disse: "Non so cosa stai facendo, ma qualunque cosa sia, continua a farla". Sentire questo era certamente una spinta per l'ego, ma che Elvis si sentisse meglio grazie al nostro rapporto o meno, era meraviglioso vedere che stava bene. Ero anche estremamente felice di vedere che, durante i suoi spettacoli, Elvis continuava ad indossare la collana che gli avevo regalato.
Elvis sembrava in sintonia con la mia presenza anche quando era impegnato ad esibirsi. Mentre era sul palco a Birmingham, in Alabama, fui profondamente toccata quando Elvis la testa verso il microfono e disse: "Farò questa canzone per te, tesoro", poi cantò "The First Time Ever I Saw Your Face". Rivolgendosi direttamente a me nel mezzo della canzone, interruppe: "Ascoltami", e poi: "Tu devi ascoltarmi". Elvis cantava la canzone meravigliosamente, e io mi stavo innamorando sempre più profondamente di lui.
Non tutto andò liscio in quel tour, però. Elvis era ancora preoccupato per la salute di suo padre, specialmente in viaggio, e periodicamente mi faceva dei commenti a riguardo. Sfortunatamente, la mia attenzione era rotta da preoccupazioni personali, dopo aver controllato con la mia famiglia e aver appreso che mio nonno stava avendo complicazioni a causa di una polmonite.
Eravamo ad Atlanta, Georgia, il 30 dicembre. Cercai di riposare prima dello spettacolo, ma avevo problemi a dormire e mi svegliai poco dopo le 2 del pomeriggio: mi giravo e rigiravo mentre Elvis dormiva. Alla fine decisi di chiamare i miei genitori, che si trovavano nella casa di cura, per vedere come stava mio nonno. Quando mia madre iniziò a parlare, capii che aveva pianto. "Il nonno è morto circa dieci minuti fa", disse.
"Mi dispiace, mamma" rispsi con un groppo in gola mentre sentivo il dolore nella sua voce. Il mio impulso di chiamarla era stato una premonizione o solo una coincidenza? Mia madre mi disse che aveva appena discusso di quando fare il funerale con i nostri parenti. "Stavamo pensando di farlo il 3 gennaio", disse.
Un'ondata di dolore mi investì quando riattaccai. Era davvero impossibile per me dormire ora, ma non volevo disturbare Elvis, così mi stesi tranquillamente accanto a lui. Quando si svegliò, gli comunicai la triste notizia.
Molto preoccupato, Elvis voleva aiutare in qualche modo. Chiamò mia madre, le fece le sue condoglianze e disse: "Voglio che tuo padre abbia la bara più bella possibile". Si offrì persino di pagare le spese del funerale. Mia madre lo ringraziò, ma disse che mio nonno aveva messo da parte dei soldi per pagare il suo funerale. Tutto era stato predisposto. La loro conversazione terminò con Elvis che le assicurò che sarei stata al funerale.
Durante lo spettacolo di Elvis quella sera, non riuscivo a scuotere la mia tristezza persistente. Mi sentivo così dispiaciuta per mia madre... Stavo anche malissimo per non aver potuto vedere mio nonno ancora una volta per dirgli addio.
Elvis era in sintonia con le mie emozioni. Mentre stavamo volando a Pittsburgh per il suo prossimo concerto, mi incoraggiò a parlare di mio nonno facendomi delle domande. Condividetti con lui alcuni ricordi di famiglia e, con mia sorpresa, mi ritrovai a ridere con Elvis. Ero contenta. Sapevo che Elvis aveva uno spettacolo in arrivo e non volevo che il mio dolore influenzasse il suo umore. Presi un po' di coraggio ed ero determinata a mantenere un sorriso sul mio viso.
Alloggiammo all'Hilton di Pittsburgh. La sera dopo, mi stavo preparando per lo spettacolo quando Elvis mi chiamò nella sua stanza. Due dei suoi costumi di scena erano sul suo letto, uno con strisce blu multicolori e l'altro con l'immagine di un'aquila nera sul davanti e sul retro.
"Quale pensi che dovrei indossare?" mi chiese.
Ero lusingata. Non aveva mai voluto la mia opinione sui suoi abiti di scena. Siccome era l'ultimo dell'anno e non una notte normale, indicai la tuta con l'aquila, il simbolo dell'America.
Prima di partire, Elvis mi chiese di indossare il mio visone bianco integrale e il cappello abbinato. Li indossai, confortata non dal cappotto, ma dal fatto che Elvis mi aveva già risollevato il morale e stava facendo tutto quello che poteva per dimostrare quanto ci tenesse a me.
L'atmosfera nella Pittsburgh Civic Arena era supercarica quando arrivmmo. La gente era pronta a festeggiare l'ultimo dell'anno con Elvis e la loro eccitazione mi fece salire il morale. Le sedie erano state messe su un lato del palco per Lisa, Vernon, Sandy e me, ma Lisa scelse di sedersi in braccio a me durante il concerto. Avvolsi le mie braccia intorno a lei, felice di averla vicino.
La performance di Elvis quella sera era energica e niente sembrava fargli male. Poco dopo l'inizio del concerto, presentò suo padre e poi Lisa. Aiutai Lisa ad alzarsi in modo che gli altri potessero vederla. Quando alla fine prese posto al piano, Elvis disse: "Voglio dedicare questa canzone a mio padre, Lisa e Ginger".
Procedette a suonare "Unchained Melody". Come sempre, la voce di Elvis e quel testo, mi toccarono l'anima.
Fu stato uno spettacolo fantastico. La serata venne resa ancora migliore al ritorno all'Hilton poiché Elvis ricevette una telefonata dal presidente Jimmy Carter, che voleva che Elvis servisse come consigliere per i giovani d'America. Dallo sguardo orgoglioso sul suo viso e dall'eccitazione nella sua voce, potei vedere quanto Elvis si sentisse onorato e commosso dalla richiesta del presidente Carter, ed ero entusiasta per lui.

Essere in viaggio con Elvis fu fantastico: l'esperienza venne resa ancora più surreale perché stavamo viaggiando di città in città e di hotel in hotel. Ogni mattina dovevo ricordarmi dove mi trovavo quando mi svegliavo.
Sulla via del ritorno a Memphis, Elvis mi disse che avrebbe avuto una pausa di sei settimane dalle esibizioni. Il suo umore era più basso perché Lisa stava tornando da sua madre a Los Angeles. Comunque, una volta tornati a Graceland, non potevo rimanere a lungo, perché dovevo partecipare al funerale di mio nonno.
"Vuoi che venga con te?" Elvis si offrì mentre me ne stavo andando.
Ero stupita. Elvis aveva appena finito un tour e sapevo che doveva essere esausto. "Non sei stanco?" Ho chiesto.
Lui scosse la testa. "Mi piacerebbe esserci".
Mi sentivo molto commossa dal fatto che Elvis avrebbe trovato il tempo per sostenermi. I miei piani erano di guidare da Memphis all'Arkansas con i miei fratelli, ma ora ero in difficoltà. Se Elvis fosse venuto, non ci sarebbe stato abbastanza spazio in macchina. Forse mio fratello avrebbe dovuto prendere anche la sua macchina. Ma poi c'erano le sue guardie del corpo: non avevo ancora visto Elvis andare da qualche parte senza.
Una volta tornata a casa, telefonai ai miei genitori, comunicando la notizia che Elvis sarebbe venuto al funerale con me. I miei genitori ci informarono che il tempo in Arkansas non era buono, e il 2 gennaio, la città di Memphis fu colpita da una terribile tempesta di neve e ghiaccio.
Chiamai Elvis. "Non credo che riusciremo a venire al funerale", dissi preoccupata. "Il tempo è così brutto". Elvis non lasciava che questo lo turbasse.
"Se devo chiamare il presidente", disse, "farò in modo che tu vada al funerale di tuo nonno".
"Elvis, come funzionerà?" Chiesi.
Rimase in silenzio per un minuto, poi disse: "Voleremo tutti sulla JetStar. Sto mandando qualcuno che vi accompagni a Graceland".
Era quasi mezzanotte. Telefonai a mio fratello, dicendogli di portare la sua famiglia a casa mia.
In poco tempo, bussarono alla nostra porta. Aprii, aspettandomi di vedere uno dei dipendenti di Elvis, ma invece riconobbi l'uomo in piedi sul nostro portico anteriore come il nostro sceriffo, Gene Barksdale. Le luci lampeggianti di cinque auto della polizia illuminavano il cielo notturno dietro di lui.
Lo sceriffo si presentò. "Sono qui per portare lei e la sua famiglia a Graceland", disse.
Questa era la nostra scorta? Lo sceriffo Barksdale entrò, insieme a diversi vice, ogni uomo si tolse il cappello mentre attraversava la nostra soglia. Non potevo fare a meno di sorridere, pensando che Elvis probabilmente stava ridacchiando tra sé e sé in questo momento, mentre immaginava l'espressione scioccata sui volti miei e dei miei fratelli.
Io e la mia famiglia raccogliemmo alcune cose, entrammo nelle auto della polizia e ci dirigemmo lentamente verso Graceland in una roulotte. Elvis stava aspettando nell'atrio con Charlie, Lamar, i suoi fratellastri, gli aiutanti, le guardie del corpo e Joe. Erano tutti pronti a venire con noi sulla JetStar. Essendo appena tornato da un tour, sapevo che questi uomini non potevano essere troppo contenti di questo nuovo piano di viaggio, specialmente visto il tempo.
Elvis mi disse che le piste del Memphis Aero erano in fase di sbrinamento, quindi dovevamo aspettare un po'. Invitò lo sceriffo e i suoi vice dentro per un caffè. Proprio prima che la polizia se ne andasse, Elvis regalò allo sceriffo Barksdale una pistola della sua collezione personale.
Presentai Elvis alle figlie di mio fratello, Amber e Allison. Mentre guardava l'enorme gruppo di persone che aveva riunito, Elvis si rese conto che non ci sarebbe stato abbastanza spazio per tutti sul JetStar.
Finì per noleggiare un Learjet da Nashville per volare a Memphis per mio fratello, la sua famiglia e pochi altri.
In poco tempo ero in volo con Elvis sul suo aereo, insieme alle mie sorelle e ad altri membri dell'entourage. Il nostro volo era abbastanza turbolento tanto che alcuni dei ragazzi esprimevano periodicamente le loro preoccupazioni. Mentre stavamo volando verso Harrison, Arkansas, il JetStar si avvicinò alla pista, ma non atterrammo perché le condizioni erano proibitive. Milo fece un secondo tentativo. La maggior parte di noi era tesa, tranne Elvis, che con calma disse a tutti di non preoccuparsi. In fondo, nemmeno io pensavo davvero che non sarebbe successo nulla di male, perché eravamo con lui. Durante il mio periodo con Elvis, avevo cominciato a credere che fosse davvero speciale e che Dio non avrebbe permesso che gli accadesse nulla.
A causa del ghiaccio e della neve, il JetStar sbandò un po' quando finalmente atterrò, ma arrivammo sani e salvi. Milo tornò dalla cabina di pilotaggio e informò Elvis che aveva detto al pilota dell'aereo di mio fratello di andare novanta miglia a nord verso Springfield, Missouri, a causa del tempo. Milo sentiva che il loro aereo non avrebbe avuto la potenza di frenata del JetStar per atterrare su questa pista più corta.
I miei genitori ci stavano aspettando quando siamo scesi dall'aereo. "Signora Alden, mi dispiace molto per suo padre", disse Elvis con calore quando salutò mia madre. Lei lo ringraziò e lui mandò la JetStar a Springfield a prendere mio fratello, la sua famiglia e gli altri.
Le auto a noleggio stavano aspettando e seguimmo i miei genitori fino a un Ramada Inn, dove alloggiavano con altri parenti. Elvis aveva riservato alcune stanze per noi altri. Io e i miei fratelli ci riunimmo con i miei genitori nella loro stanza. Parlai un po' con loro e raggiunsi Elvis nella sua camera; aveva portato con sé dei libri e la sua vestaglia ingioiellata che indossava, seduto sul letto, dove leggemmo, parlammo e riposammo per qualche ora.
La funzione, prevista per le 10 del mattino, avrebbe avuto luogo in una piccola comunità chiamata Mount Sherman a venticinque miglia di distanza. Sapevo che questo orario d'inizio relativamente mattutino avrebbe sviato Elvis dal suo solito programma e speravo che non sarebbe stato troppo difficile per lui.
Quando Elvis ordinò la colazione, mi preoccupai sempre di più del nostro tempismo. Era quasi l'ora di prepararci a partire per la funzione, ed Elvis non sembrava avere fretta. Al Strada alla fine portò il nostro cibo. Elvis accese la TV e noi due cominciammo a mangiare. Improvvisamente bussarono alla porta. Al la aprì e mia madre era in piedi fuori.
"La polizia di stato ha fatto uno sforzo extra per rendere la strada per il funerale più percorribile", disse. Poi, notando Elvis in vestaglia e la nostra colazione davanti a noi, disse che c'era un bel po' di strada da fare per arrivare alla funzione religiosa. Questo fu sufficiente a spingere Elvis ad avere una marcia veloce. Finimmo di mangiare e, mentre vari membri del suo entourage cominciarono a fare il check-in con lui, io me ne andai in modo che potesse prepararsi.
Fuori faceva freddo. Indossai la mia lunga pelliccia di visone bianco, poi mi unii alla mia famiglia, aspettando Elvis. In poco tempo uscì dalla sua stanza con alcuni libri in mano, indossando un cappotto scuro a collo alto e una sciarpa blu intorno al collo.
I miei genitori avevano guidato la loro Lincoln Continental fino a Harrison. Ora l'avevano offerta a Elvis, dicendogli che avrebbero preso una delle auto a noleggio. "Va bene", disse Elvis.
Charlie, David e Ricky presero il sedile posteriore della Lincoln mentre Elvis ed io ci sedemmo davanti. Con Joe al volante, uscimmo dal parcheggio e ci dirigemmo verso la Sherman Assembly of God Church.
Le condizioni meteorologiche erano ancora infide. Il viaggio era lento lungo la strada a due corsie, coperta di ghiaccio e neve, e peggiorava man mano che entravamo nella contea di Newton, dove la zona diventava collinare e la strada più tortuosa. Alla fine raggiungemmo la piccola città di Jasper, svoltammo su un'altra strada stretta e iniziammo la nostra salita per la montagna coperta di neve verso la chiesa. La strada sembrava così scivolosa che non potevo fare a meno di esprimere le mie preoccupazioni sul fatto di riuscire a raggiungere l'edificio.

"Se posso far atterrare il mio jet su quella pista ghiacciata, posso anche atterrare in cima a quella montagna", mi assicurò Elvis.
Finalmente ci fermammo nel piccolo parcheggio di ghiaia della chiesa di campagna. Mio nonno aveva donato il terreno per questa chiesa, aveva aiutato a costruirla e vi aveva anche predicato. L'organo suonava dolcemente quando entrammo. Anche se eravamo in ritardo di quindici minuti, il ministro ci aveva aspettato prima di iniziare la funzione. Era una piccola chiesa con solo sei banchi per lato. Ci sedemmo tranquillamente in fondo. Il reverendo Maddox fece un passo avanti e iniziò a cantare "How Great Thou Art". C'era un accenno di nervosismo nella sua voce, finché improvvisamente Elvis iniziò a cantare insieme a lui, e poi Charlie si unì a lui. Ero inizialmente sorpresa che Elvis cantasse, ma lo fece dolcemente, senza cercare di prendere il controllo della funzione; la voce del reverendo cresceva in potenza mentre Elvis faceva sottilmente un cenno con la testa verso di lui.
Il reverendo Martin Villines e il reverendo Guy Jones, entrambi amici di mio nonno, gestirono il resto della funzione, con il reverendo Villines che fece l'elogio funebre. Verso la fine, Elvis si chinò verso di me e, con gli occhi fissi sulla bara di mio nonno, disse sottovoce: "Figliolo, sei da solo".
Era una frase che ricordavo dal film Blazing Saddles. Mi chiesi se stesse cercando di farmi ridere. A volte, Elvis affrontava la tensione iniettando umorismo e questo ha alleggerito il mio umore per un momento.
Quando la funzione finì, uscimmo dalla chiesa. Tutti erano molto cortesi ed educati. Uno dei miei cugini cominciò a parlare con Elvis mentre le macchine cominciavano a mettersi in fila dietro il carro funebre. Elvis continuò a parlare con lui, il che spinse mia madre a dire che era ora di andare.
Prima di tornare alla nostra macchina, Elvis disse rapidamente a mia madre: "Signora Alden, lei sa che questa chiesa mi ricorda la chiesa che frequentavo quando ero piccolo".
Guidammo per due miglia fino al cimitero per una breve funzione funebre. Elvis fu ancora una volta gentile e cortese con tutti, prendendosi del tempo per parlare con alcuni parenti e disse ad uno dei miei cugini che il tempo gli ricordava i suoi giorni di servizio in Germania.
Ritornammo al Ramada Inn, dove radunammo le nostre cose. I miei genitori stavano per riportare la Continental a Memphis, ma Elvis chiese a mia madre se voleva tornare in aereo con me e le mie sorelle. Mia madre accettò l'invito quando mio padre disse che non gli dispiaceva guidare perché era solo un viaggio di sei ore verso casa e qualcuno doveva riportare l'auto. Mio fratello decise di accompagnarlo. Una volta tornati a Memphis, la JetStar sarebbe tornata per mia cognata, le nipoti e gli altri.
Elvis fece accompagnare mia madre all'aeroporto e prese posto di fronte a lei quando salimmo sull'aereo. Durante il volo, i due iniziarono a conversare su varie cose; sentii che lui le disse che la sua cugina preferita, Bobbie Jane, era morta nello stesso periodo di mio nonno. Rimasi sorpresa da questa rivelazione. Elvis aveva scelto di andare al funerale di mio nonno invece che a quello di sua cugina? Non me ne aveva mai parlato! Mia madre, i miei fratelli e io gli dicemmo quanto eravamo dispiaciuti. Elvis disse anche che gli sarebbe piaciuto fare una vacanza nella sua casa di Palm Springs e invitò mia madre, le mie sorelle e me. Ero entusiasta. Sarebbe stato meraviglioso vederlo in un'atmosfera rilassata dopo i suoi frenetici impegni.
Purtroppo mia madre doveva lavorare e Terry non poteva venire. Ma Rosemary era tra un lavoro e l'altro.
"Mi piacerebbe andare", disse, ed ero contenta che lei ed Elvis avrebbero avuto la possibilità di conoscersi meglio.
Ringraziai Elvis una volta che eravamo di nuovo soli a Graceland. Il suo tremendo atto di gentilezza nell'assistere al funerale di mio nonno, specialmente considerando tutto lo sforzo che aveva comportato, avrebbe tenuto per sempre un posto speciale nel mio cuore.
17/11/2021 17:26
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CAPITOLO 14


Fedele alla sua parola, Elvis pianificò immediatamente la nostra fuga a Palm Springs per il 4 gennaio. Questo lasciò poco tempo per me e Rosemary per fare i bagagli. In qualche modo riuscimmo a mettere insieme i nostri vestiti e a tornare a Graceland per il viaggio. Io avevo immaginato che saremmo andati a Palm Springs con la JetStar, forse con uno o due assistenti e una guardia del corpo, tuttavia, quando arrivammo all'aeroporto con Elvis, vidi l'aereo "Lisa Marie" pronto a partire.
Charlie, Lamar, Joe, David e sua moglie Angie, Ricky, Al e pochi altri ci aspettavano all'interno. Non potevo credere che Elvis viaggiasse con così tante persone in vacanza! Poi di nuovo, ricordai a me stessa che Elvis faceva sempre le cose a modo suo, e i grandi gesti sembravano essere la norma per lui. Sembrava anche determinato a circondarsi di persone, portando un po' di casa con sé.
Era la prima volta di Rosemary sul "Lisa Marie" ed Elvis le fece fare il grande tour. Questo sarebbe stato anche il suo primo viaggio in California. Rosemary era più audace e schietta di Terry o di me. Non sembrava minimamente intimidita da nessuna delle due nuove esperienze. Imparai anche velocemente che, se qualcuno poteva essere all'altezza di Elvis e Charlie, quella era Rosemary. Quando Charlie appariva con un drink e una sigaretta in mano, sparando battute, Rosemary teneva il passo con con lui, battuta per battuta. Mi piaceva averla con noi: Rosemary sapeva davvero come far ridere Elvis e mi rendeva felice vederlo così rilassato e a suo agio con la mia sorella maggiore.
Atterrammo all'aeroporto di Palm Springs verso l'alba. Lo sfarzo di Las Vegas non era in vista, solo il deserto sereno con montagne spettacolari in lontananza. Scendemmo dall'aereo e il gruppo si divise poiché la maggior parte andò in un hotel mentre Elvis, uno dei suoi aiutanti, Charlie, Rosemary ed io andammo nella casa di Elvis in Chino Canyon Drive. Era una casa bassa, tentacolare, in stile spagnolo, di stucco bianco, con un tetto con tegole di un caldo color terracotta. La proprietà era circondata da una recinzione di ferro nero.
"Non c'è molto giardino", disse Rosemary notando la mancanza di erba. Elvis rise. "Ecco perché ho fatto dipingere di verde alcune delle rocce".
Entusiasta di mostrarci la casa, Elvis ci condusse lungo un corridoio a destra. Passammo davanti ad una camera da letto e ci fermammo fuori da una stanza più piccola con un divano e un bar all'interno. Elvis si rivolse a Rosemary. "Quale stanza volete?"
Rosemary guardò Charlie. Poi, guardando attentamente la stanza con il bar e il divano, disse "Charlie, questa è tua".
Entrammo nella camera da letto principale in fondo al corridoio. Come quella del "Lisa Marie", anche questa era decorata in blu, apparentemente uno dei colori preferiti di Elvis. Ci condusse poi indietro verso l'ingresso e in un soggiorno con un camino e grandi finestre. Continuando attraverso la stanza, Elvis ci portò fuori verso una piscina a forma libera circondata da un patio.
Guardando il tranquillo paesaggio con lo sfondo delle montagne, Elvis mi mise un braccio intorno. Mentre stavamo lì insieme per qualche istante, assorbendo in silenzio la serenità che ci circondava, ero profondamente soddisfatta.
Tornando dentro, Elvis ci condusse in una stanza con divani, flipper e un televisore. Quando Rosemary e io ci complimentammo per la luminosa moquette multicolore, Elvis scoppiò a ridere esclamando: "La moquette è un regalo della mafia".
Stava scherzando? Come tutti, avevo sentito storie che la mafia controllava molto di quello che succedeva a Las Vegas, ma non ne sapevo nulla. Tuttavia, aveva senso per me che Elvis potesse aver incontrato almeno alcuni membri della mafia, perché tutti, dai fans ai colleghi intrattenitori, cercavano la compagnia di Elvis, anche solo per essere visti con lui. Certamente non era fuori dalle possibilità che qualcuno della Mafia avesse dato ad Elvis il tappeto come regalo per impressionarlo. D'altra parte, non avevo mai ascoltato nessuna conversazione o visto Elvis coinvolto in qualche attività che mi portasse a credere che fosse attivamente coinvolto nella mafia in qualche modo, e non l'avrei mai fatto.

Elvis aveva portato i suoi libri a Palm Springs. Anche io avevo portato i miei, e avevo preso la sua abitudine di fare note ai margini e sottolineare il testo che trovavo interessante o che volevo capire meglio. Non ho mai sentito che le mie convinzioni di cristiana fossero messe alla prova, ma solo che Elvis stava cercando di introdurmi a diversi modi di pensare ed esplorare diversi modi di guardare l'universo.
Desideroso che Rosemary condividesse ciò che stavamo leggendo e scoprendo, Elvis la invitò ad unirsi a noi in camera da letto e diede anche a lei alcuni libri. Noi tre leggemmo per un po', ma Rosemary non era abituata alle abitudini di sonno di Elvis e tornò nella sua stanza prima del tempo per riposare.
Anche in vacanza, Elvis aveva bisogno di aiuto per andare a dormire. Un po' di tempo dopo che Rosemary ci aveva lasciato, un assistente portò quello che supponevo fosse un pacchetto per dormire. Pensai che doveva essere stato pre-riempito a Memphis, dato che nessun dottore o infermiera stava con noi nella casa di Palm Springs.
Quel pomeriggio, Elvis ed io eravamo svegli ma ancora seduti a letto quando bussarono alla nostra porta. Era Rosemary. Entrò dicendo: "Elvis, ti hanno appena preso la serratura!".
Rosemary ci disse che era stata svegliata da voci femminili fuori, che gridavano: "Elvis!" Guardò fuori dalla finestra e vide delle donne riunite vicino al cancello del vialetto, che rimuovevano quello che sembrava un grosso lucchetto non chiuso a chiave. Non potevo credere che i fans di Elvis sapessero già che era qui - o che fossero così audaci. Non era chiaro se qualche guardia del corpo fosse già arrivata in casa, ma Elvis non sembrava preoccupato.
Ringraziò Rosemary e non pensò più a questo come se si fosse imbattuto in atti simili molte volte. In realtà pensai che fosse divertente in quel momento e non sentii che la sicurezza di Elvis fosse davvero a rischio.
Guardando Elvis esibirsi sul palco, avevo visto in prima persona quanto i suoi fans volessero un pezzo di una sciarpa, un anello e così via. Con la singolare celebrità di Elvis, che aveva sperimentato per più di vent'anni, sapevo che era abituato a questo tipo di comportamento da parte della gente. Capiva che era solo un modo per i suoi fans di cercare di avvicinarsi a lui perché lo amavano così tanto. Il più delle volte sembrava accettare le loro attenzioni come un complimento piuttosto che come una reale minaccia alla sua sicurezza.
Proprio come a Graceland, i membri dell'entourage di Elvis si riunirono a Palm Springs. I fratellastri di Elvis e Al si alternavano tra il soggiorno nella casa di Palm Springs con noi e in un hotel, per soddisfare le esigenze di Elvis. Vedevo raramente le guardie del corpo e non ero sicura di dove stessero, ma quando erano in casa sospettavo che si riunissero nello studio.
Sapevo cosa facevano Charlie e Joe per Elvis, ma non riuscivo a capire il ruolo di Lamar. Le poche volte che gli ero stato vicino, era schietto e diretto, ed Elvis di solito gli faceva rimbalzare le battute. Alla fine chiesi a Elvis: "Cosa fa Lamar per te?"
"Non lo so", disse. "Ricordami di chiederglielo più tardi".
Di sicuro, quando Lamar venne a salutare la volta successiva, Elvis mi guardò con un sorriso, poi di nuovo a Lamar: "Lamar, ricordami di chiederti una cosa".
Con aria perplessa, Lamar disse: "Ok".
Sorrisi a Elvis, sentendo di avere la risposta alla mia domanda. Sembrava che a Elvis piacesse Lamar per scopi di intrattenimento ed era solo generoso nell'includerlo ogni volta che andava in un posto.
Non avrei conosciuto molto meglio questi uomini durante il nostro tempo qui, dato che continuavano principalmente a parlare con Elvis quando si fermava nella nostra stanza per salutarlo. Tuttavia, durante quel periodo ho imparato a conoscere alcuni dei comici soprannomi che Elvis dava ad alcuni dei suoi dipendenti e amici. A volte chiamava Charlie Hodge "Piede Morto". Lamar Fike era "Lard Ass" a causa del suo peso. In privato, Elvis mi disse che chiamava il suo aiutante Al, "The Atheist" e che la sua guardia del corpo Dick "aveva la personalità di un rinoceronte".
Nonostante la sua generosità e l'abitudine di scherzare con questi uomini, l'umorismo nero di questi soprannomi mi ha fatto chiedere se fosse completamente felice con alcuni di essi. Per esempio, una sera, Rosemary si precipitò in camera da letto per annunciare che era seduta in soggiorno quando la moglie di David, Angie, entrò di corsa, con l'aria terrorizzata, con David all'inseguimento. David aveva con sé quello che Rosemary riconobbe come un bastone da addestramento per cani. "Anche Lamar era nella stanza", disse Rosemary, "e Angie stava cercando di nascondersi dietro di lui".
A quanto pare David e Lamar si erano scambiati parole forti. Rosemary era preoccupata anche perché c'erano alcune pistole all'aperto, su un tavolo. Aveva paura che qualcuno potesse farsi davvero male.
"Voglio David qui adesso", disse Elvis, e urlò che David entrasse nella stanza. Chiaramente arrabbiato, Elvis ci chiese di uscire mentre parlava con David. Andai con lei nella stanza di Rosemary. Poco dopo, Elvis ci richiamò dentro, sembrando imbarazzato e scuotendo la testa. Disse che non riusciva a capire Ricky, Billy o David a volte perché "sono su lunghezze d'onda diverse".
Di tanto in tanto vedevo che anche i ragazzi non erano molto contenti di Elvis. Anche se Elvis, Rosemary ed io ci stavamo rilassando, per loro era ancora lavoro come al solito e un po' di risentimento si mostrava di tanto in tanto. Quando Elvis aveva fame, per esempio, di solito mi chiedeva di dire a uno degli assistenti cosa voleva. Una volta, quando Al era di turno, lo vidi seduto in un'altra stanza e gli diedi l'ordine di Elvis. Al sgranò gli occhi, si alzò e andò in cucina senza dirmi una parola. La reazione di Al mi sorprese. Era perché ero io a chiedergli di fare qualcosa o perché era arrabbiato con Elvis per qualche motivo? O era semplicemente stanco del suo lavoro? Ricordai la volta in cui Al era venuto a casa mia e aveva detto alla mia famiglia che non era molto contento del suo lavoro a Graceland e che lavorava soprattutto per mantenere sua madre.
Rosemary ebbe un'esperienza simile una volta, quando entrò in cucina e sentì Al e Ricky bisticciare leggermente su chi doveva riscaldare il cibo di Elvis. Nessuno dei due voleva farlo. Elvis spesso voleva che i suoi pasti venissero riscaldati, di solito dopo essere stato coinvolto in conversazioni e aver lasciato che il suo cibo si freddasse. Non sembrava essere un lavoro difficile, ma immagino che per alcuni di loro stesse mettendo a dura prova la pazienza.

Proprio come faceva a Graceland, Elvis sceglieva di rilassarsi restando in casa a leggere o a guardare la televisione piuttosto che andare da qualche parte, stare in piscina o socializzare. Sarebbe stato bello uscire da casa, anche solo per fare un giro e visitare la zona, ma capivo che Elvis doveva essere stanco dopo il suo tour per poi essere andato direttamente al funerale di mio nonno. Inoltre, per Elvis, uscire in pubblico non era mai un compito facile; come l'incidente del lucchetto mi aveva dimostrato ancora una volta, tutti volevano avvicinarsi ad Elvis.
L'unica eccezione era il nostro viaggio per vedere il Colonnello Tom Parker, il manager di Elvis, che aveva una casa nelle vicinanze, a Palm Springs. Un pomeriggio, Elvis mi disse che la moglie del colonnello, Marie, era molto malata e voleva andare a trovarla. Arrivammo a casa del colonnello e mentre seguivo Elvis fino alla porta d'ingresso, notai una serie di statue di elefanti di tutte le dimensioni.
"Perché avete così tanti elefanti?" chiesi al colonnello.
"Un elefante non dimentica mai", rispose. Poi, sorridendo, aggiunse: "Voglio che Elvis mi compri un anello con un elefante".
Non riuscivo a capire se stesse scherzando o meno, ma decisi che doveva esserlo. Il colonnello ed Elvis cominciarono a chiacchierare. Mentre camminavamo intorno al lato della sua casa, mi mostrò il suo cortile. Cavalli da carosello seduti in cima ai pali si alzavano dai cespugli che circondavano una piscina. Seguimmo il colonnello all'interno, dove Elvis mi disse che sarebbe tornato subito. Lui e il colonnello mi lasciarono mentre facevano visita a Marie in un'altra
stanza. Mi chiesi da quanto tempo Marie fosse malata, e pensai a quanto fosse stato carino da parte di Elvis vederla. Tornarono poco dopo ed Elvis mi salutò senza soffermarsi a socializzare. Non conoscevo i dettagli della loro lunga storia in quel momento; dalla nostra visita, non potevo dire se lui e il colonnello Parker fossero vicini. Finora, la loro relazione sembrava essere per lo più incentrata sugli affari. Accettai la sua scelta di non socializzare molto con il colonnello Parker e alcuni degli altri con noi, e non spinsi Elvis a fare diversamente, immaginando che quando si sarebbe sentito pronto, lo avrebbe fatto. Era semplicemente bello stare con lui in un ambiente diverso e fu bello avere anche Rosemary con noi.
Mentre mi avvicinavo ad Elvis, imparando a conoscerlo ben oltre l'immagine della superstar, c'erano continui piccoli ricordi di chi era. Il 6 gennaio, Rosemary ed io eravamo nella stanza di Elvis quando ricevette una telefonata dal Colonnello Parker. Dopo aver ascoltato per qualche minuto, Elvis riattaccò con l'aria affranta.
"La madre di Frank Sinatra è appena caduta dalla cima di una montagna", disse.
Dolly Sinatra, ottantadue anni, era una delle quattro persone rimaste uccise quando il loro Learjet decollò da Palm Springs e si è schiantò sulle montagne di San Gorgonio. Era diretta a Las Vegas per vedere lo spettacolo di apertura del figlio al Caesar's Palace.
Elvis usava l'umorismo nero di fronte alla tragedia, ma potevo dire che l'incidente lo aveva sconvolto. Quando accennò di voler offrire uno dei suoi aerei a Frank Sinatra, mi colpì il fatto che tra gli intrattenitori di questo livello ci doveva essere un certo cameratismo. Elvis si sentiva a suo agio nell'offrire aiuto a Frank Sinatra nello stesso modo in cui io mi offrirei di aiutare se succedesse qualcosa a uno dei miei amici o vicini.
Elvis passava molto tempo a volare con i suoi aerei, sia grandi che piccoli, e suo padre aveva volato su uno di essi per vedere i suoi spettacoli a Las Vegas. Gli aerei privati che trasportavano celebrità erano caduti diverse volte negli ultimi vent'anni; anche se non ho mai pensato che sarebbe successo qualcosa ad Elvis, mi chiedevo se questa fosse una cosa che l'avesse mai preoccupato. Ripensai al funerale di mio nonno e mi sentii ancora una volta grata che fossimo arrivati sani e salvi.

Quando si trattava di mangiare, Elvis ed io amavamo mangiare cose simili, come hamburger, bistecche e omelette, ma continuavo a notare che certi cibi venivano portati ad Elvis in porzioni più grandi del normale. A volte Elvis era sedotto dalle tentazioni di queste porzioni più grandi e a volte non lo era. Speravo di muoverci verso una dieta più sana, ma non sapevo come perché era abituato a ottenere ciò che voleva.
A Elvis però piaceva lo yogurt e a volte ne chiedeva un po', cosa che io incoraggiavo. Non ero un esperta di nutrizione, ma pensavo che lo yogurt gli avrebbe fatto bene. Speravo di trovare altri cibi come questo che pensavo sarebbero stati più benefici da mangiare per lui.
Un pomeriggio, entrai nella camera da letto di Elvis e lo trovai che parlava al telefono. Mentre attraversavo la stanza, mi guardò e disse nel ricevitore: "Dille come prendersi cura di me", poi tese il telefono verso di me. "È Priscilla".
Presi il ricevitore, confusa, mentre Elvis stava seduto a guardare.
"Pronto", dissi.
Una voce femminile mi disse: "Assicurati che mangi bene e che si riposi molto".
"Ok", dissi, riconsegnando velocemente il telefono a Elvis e chiedendomi se questo fosse imbarazzante per Priscilla come lo era stato per me. Ma pensai che sarebbe stato bello avere degli alleati quando si trattava di aiutare Elvis con la sua dieta, anche se potrebbe essere la sua ex moglie.
Elvis continuò la sua conversazione e io andai in bagno per dargli un po' di privacy. Mi chiedevo quanto spesso parlasse con Priscilla. Non ero consapevole di come fosse il loro rapporto, ma ora mi ricordavo che Elvis e Priscilla stavano crescendo Lisa insieme; era naturale che si parlassero ogni tanto.
Avendo lasciato la porta leggermente socchiusa, sentii Elvis dire: "Davvero, Priscilla. Ginger è una delle più belle ragazze che ho visto da molto tempo".
Mi sentii improvvisamente alta tre metri ma poi mi chiedetti perché lo stesse dicendo a Priscilla. Voleva che le donne della sua vita, passate e presenti, fossero gelose l'una dell'altra?
In breve, sentii Elvis riagganciare il telefono. Tornai a sedermi sul letto con lui. Con mia sorpresa, si aprì un po' sulla sua relazione con Priscilla senza che io glielo chiedessi.
"Amerò sempre Priscilla perché è la madre di mia figlia", disse, "ma l'ho lasciata andare. Quello che mi ha ferito è che Mike Stone ha detto che non potevo vedere Lisa".
Vidi lo sguardo ferito sul suo volto e potei solo immaginare come si fosse sentito, sapendo quanto amava sua figlia. Gli presi la mano. Significava molto che Elvis condividesse questo dettaglio intimo della sua vita con me ed ero felice che parlasse delle sue emozioni così apertamente. Speravo che si sarebbe sempre sentito così a suo agio nel condividere se stesso con me.

Durante tutto il nostro soggiorno a Palm Springs, il flusso di persone dentro e fuori la casa continuava senza sosta. Di solito i visitatori includevano Lamar, Joe, i fratellastri di Elvis, varie fidanzate e mogli, guardie del corpo e qualche donna sconosciuta. Ma, indipendentemente da chi fosse in casa, Elvis sembrava più interessato ai nuovi libri che a socializzare con qualcuno dei suoi dipendenti o ospiti. Voleva passare il suo tempo a leggere con me in camera da letto e chiese solo a Rosemary di unirsi a noi.
Elvis aveva il carisma e l'abilità persuasiva di attirarti nelle sue attività e Rosemary presto si entusiasmò per i libri, dicendo che le piaceva il mistero delle filosofie spirituali che stavamo studiando. Mi chiedevo quanto spesso, o anche se, qualcuno degli altri della famiglia e degli amici di Elvis avesse mai letto con lui. Non avevo ancora sentito nessuno oltre a Larry menzionare i libri o essere coinvolto in discussioni sulle idee filosofiche e religiose che interessavano Elvis.
Uno dei suoi libri preferiti era "Autobiografia di uno Yogi" di Paramahansa Yogananda, la storia della Yogananda che ha esplorato per tutta la vita i misteri dei santi e degli yogi. Elvis sembrava affascinato da Yogananda; stava anche leggendo "Only Love" di Sri Daya Mata, e "The Road Ahead", di Swami Kriyananda, un libro che illuminava le profezie del mondo di Yogananda.
Elvis ammirava anche il libro di David Anrias, "Through the Eyes of the Masters", che esponeva la convinzione che una persona potesse incarnarsi nel corpo di un'altro. Con il tempo, Elvis mi diceva che Koot Hoomi, uno dei maestri del libro, si era incarnato in se stesso, e mi indicava una foto con il maestro vestito con una giacca a collo alto simile al suo stile preferito in quel momento.
Elvis sentiva che c'era una forza dentro di lui che lo guidava ad insegnare e a portare gioia agli altri in vari modi, specialmente attraverso la musica. Leggeva questi libri non solo per capire la sua vita ma anche per aiutare gli altri. Avendo già assistito ad alcune cose mistiche con Elvis - e ci sarebbero stati altri di quegli eventi, stavo cominciando a chiedermi se i tipi di miracoli di cui stavamo leggendo fossero possibili. Non escludevo nulla.
L'infinito fascino di Elvis per i filosofi orientali lo portava a credere che noi occidentali avremmo potuto solo beneficiare dallo studio dei loro insegnamenti. "L'India ha lo spirituale e noi abbiamo le risorse risorse naturali", spiegava. "A un certo punto devono incontrarsi".
Quando esaminavo i libri di Elvis con lui, spesso mi chiedeva se capivo cosa stavamo leggendo. Percependo il suo profondo bisogno che io fossi in sintonia con lui, di solito gli dicevo di sì. Volevo e ho sempre cercato di fare del mio meglio, sperando col tempo di raggiungere una comprensione profonda di questi argomenti come fece Elvis che si preoccupava in modo particolare di spiegarmi i suoi interessi intellettuali e spirituali. Aveva studiato i chakra e ad un certo punto ci mostrò un libro su di essi. Imparai che la parola chakra veniva dal sanscrito e significava "centro della ruota". Un chakra incanalava la forza vitale, i sentimenti, i ricordi e pensieri.
La kundalini, o "forza vitale", era come un'energia spirituale che risiedeva in un corpo a riposo, diceva Elvis, un serpente addormentato nel chakra della radice situato alla base della spina dorsale. Per dimostrarlo, Elvis mise la sua mano alla base della mia spina dorsale, applicando con forza una pressione mentre spiegava che, se questa energia spirituale veniva risvegliata e rilasciata, il suo potere era enorme e poteva portare ad uno stato illuminato.
Scuotendo la testa da un lato all'altro come se dicesse: "Amico, oh amico, se solo potessi fare questo", mi disse che ci voleva un sacco di tempo e di allenamento per imparare a rilasciare quell'energia.
Elvis mi insegnò anche con entusiasmo la digitopressione, che mi spiegò che poteva aiutare ad alleviare la tensione.
Prendendo in mano il mio piede, premette le sue dita su diversi punti, mostrandomi come ognuno avesse un effetto sul resto del corpo. Elvis aveva mani forti e mi fece male qualche volta, ma nel complesso lo trovai davvero rilassante. Sempre di più, trovavo le sue convinzioni persuasive. Elvis stava risvegliando la mia curiosità mentre mi introduceva a questi diversi concetti.
Durante una delle nostre sessioni di lettura, Rosemary cominciò a sentire la nausea, il che portò Elvis a provare una guarigione su di lei. Chiese a Charlie di unirsi a noi e noi quattro andammo nella sua stanza. Rosemary si sdraiò sul letto. Charlie le teneva la mano ed Elvis faceva ruotare il suo palmo sopra il suo addome. Fissando intensamente la sua mano, Elvis disse a Rosemary: "Pensa al colore verde per la guarigione".
Aspettò un paio di istanti, poi sollevò rapidamente la mano in alto nell'aria, scuotendola, apparentemente cercando di scacciare il suo malessere.
Stavo quasi trattenendo il respiro, desiderando che la guarigione di Elvis funzionasse su mia sorella. Volevo che si sentisse meglio e volevo veramente credere in questa tecnica di guarigione alternativa. Volevo anche che le cose andassero bene perché era così importante per Elvis. In ogni caso, funzionò! Dopo qualche istante, Rosemary disse: "Ora mi sento meglio" e si alzò.
Elvis iniziò allora a parlare del potere della concentrazione e chiese a Rosemary e a me di seguirlo in giardino. Il sole stava sorgendo mentre camminavamo oltre la piscina e verso un vicino arbusto.
Mettendo una delle sue mani vicino alle foglie, Elvis le osservò e aspettò qualche sottile movimento. Non vidi accadere nulla. Dopo poco tempo, Elvis rivolse la sua attenzione verso il cielo. Alzando le braccia e girando i palmi delle mani
verso l'alto, cominciò a concentrarsi su alcune nuvole in alto. Passarono alcuni momenti, poi le nuvole si separarono un po'. Elvis guardò di nuovo me e Rosemary con un sorriso sottile.
"È pazzesco!" Disse Rosemary.
Benvenuto nel mondo di Elvis, pensai. Cominciavo a sentire che forse Elvis aveva ragione. Forse tutti noi avevamo davvero delle capacità di cui non eravamo consapevoli; forse se ci allenassimo e imparassimo a concentrarci, potremmo
attingere più pienamente al potere delle nostre menti. Chi ero io per dire di no a questo?
Il modo in cui Elvis vedeva la vita e il suo posto in essa mi ha portato a credere che pensasse di aver sviluppato una consapevolezza più acuta della propria spiritualità e degli strati invisibili della vita rispetto alla maggior parte delle persone. Non credo che Elvis pensasse di essere simile a Dio. Tuttavia, dalla sua insaziabile curiosità e dai suoi intensi studi di diverse pratiche religiose e filosofie, era chiaro che sentiva di aver raggiunto intuizioni uniche e una visione illuminata dei poteri che tutti noi potremmo possedere se fossimo disposti a seguire il suo cammino. Ancora oggi, molti anni dopo, penso che l'opportunità sia aperta a tutti noi, ma richiederebbe molto tempo e studio, che di solito non è disponibile
all'individuo medio che deve affrontare una normale giornata di lavoro e crescere una famiglia.

La mente di Elvis era sempre in fermento. Stava orchestrando gli eventi o cercando di capirli. Ricordo che un pomeriggio, Elvis era vestito, come era solito fare, con il suo pigiama, e cominciò a camminare avanti e indietro davanti a me, girando intorno alla sua camera da letto. "Cosa noti della mia camminata?" chiese.
Lo guardai attentamente per qualche secondo, cercando di trovare qualcosa fuori dall'ordinario.
"Una gamba è più corta dell'altra?" scherzai.
Di nuovo, Elvis era sorprendentemente serio. Mi fece notare che la sua camminata era molto simile a quella di un gatto e mi disse che il suo titolo animale nel karate era Mr. Tiger.
"Combatto come fa una tigre, leggero sui piedi", spiegò.
Avevo visto con i miei occhi come Elvis aveva intrecciato il karate nei suoi spettacoli. Mi venne in mente che Elvis si aggirava letteralmente da un lato all'altro del palco in modo che il suo pubblico potesse vederlo. Mi chiesi se il suo iconico passo potesse essere stato sviluppato in qualche modo mentre imparava il karate. Il modo deliberato in cui Elvis stava dimostrando il suo passo in quel momento mi fece pensare che anche questo semplice atto di camminare fosse qualcosa di cui era estremamente consapevole. Con Elvis, ogni dettaglio era importante.
Amava anche parlare delle persone che conosceva o degli eventi di cronaca, specialmente quando era successo qualcosa di misterioso.
Mentre eravamo a Palm Springs, ad un certo punto Elvis si animò parlando con Rosemary di Claudine Longet, l'ex moglie del cantante Andy Williams. Claudine era andata in prigione per un breve periodo all'inizio di quello stesso anno per la morte del suo fidanzato, uno sciatore conosciuto come Spider Sabich. Claudine sosteneva che fosse stato un incidente, ma Elvis pensava che ci fosse dell'altro. Non si fermò alla pura speculazione: Elvis telefonò ad un amico, un investigatore privato di nome John O'Grady, e fece ascoltare Rosemary su una linea telefonica separata mentre discutevano diverse teorie sul caso.
Elvis amava anche postulare sul possibile gioco sporco nella morte di Bruce Lee, l'esperto di arti marziali. Data la passione di Elvis per il karate, non mi sorprendeva che fosse affascinato dalla morte di Lee e da alcune presunte tecniche speciali che si potrebbero impiegare durante il combattimento. Per esempio, Elvis mi parlò della possibilità di generare un muro invisibile di resistenza dall'energia proiettata, uno scudo protettivo con una caratteristica speciale: poteva assorbire l'energia di un nemico attaccante e respingerla su se stesso. Solo poche persone sapevano come eseguirlo, disse Elvis con entusiasmo, e chiamò Charlie in camera da letto per una dimostrazione.
Elvis si alzò e mise le mani davanti a sé, concentrandosi intensamente come se controllasse una sorta di energia. Poi, dopo aver fatto qualche respiro profondo, chiese a Charlie di correre verso di lui. Charlie indietreggiò e si avvicinò a Elvis a tutta forza, solo per cadere di nuovo a terra, come se si fosse scontrato con un muro invisibile. Iniziai a ridere, pensando che l'avessero fatto per divertirmi, ma entrambi gli uomini sembravano mortalmente seri. Soffocai rapidamente la mia risata e restai sconcertata. Elvis aveva davvero imparato qualche trucco mentale speciale nel karate che gli permetteva di creare un campo di forza invisibile?
Quel giorno avevo i miei dubbi su questa particolare dimostrazione, ma vedendo quanto era serio Elvis cominciai a pensare che certe cose inspiegabili potessero essere davvero possibili.
Benvenuta nel mondo di Elvis, pensai di nuovo. Bisognava semplicemente essere lì per capire.
19/11/2021 17:58
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CAPITOLO 15


Elvis teneva le tende chiuse nella sua camera da letto a Palm Springs, contribuendo ad offuscare qualsiasi differenza tra notte e giorno. Le mie giornate non erano più dettate dal sorgere e dal calare del sole, ma da quando Elvis andava a dormire e si svegliava.
Elvis, Rosemary ed io eravamo stati così completamente immersi nei vari libri e nelle nostre discussioni che ogni giorno si fondeva con quello successivo. Il calendario era stato completamente dimenticato.
Solo quando ci svegliammo un pomeriggio e un assistente augurò a Elvis un buon compleanno, mi resi conto che era l'8 gennaio. Elvis aveva quarantadue anni quel giorno, e mi sentii malissimo per il fatto che io e Rosemary non eravamo stati in grado di comprargli qualcosa. Alla fine ci vestimmo ed andammo in salotto, dove i membri del suo entourage e un paio di donne sconosciute lo aspettavano per salutarlo con gli auguri di compleanno.
Elvis scelse di passare la serata visitando tutti, leggendo di tanto in tanto brani di alcuni dei suoi libri spirituali.
Quella sera, Elvis annunciò che avrebbe fatto riaprire il Robinson Department Store per tutte le signore. Voleva mandarci a fare un po' di shopping. Mi sembrava strano lasciare Elvis il giorno del suo compleanno, ma pensai che forse Elvis voleva solo stare da solo con gli uomini. Elvis fornì del denaro da spendere per ognuna di noi, dando a me e a Rosemary un piccolo extra. Uscimmo accompagnati da una guardia del corpo. Una volta dentro Robinson's, trovai una borsa che mi piaceva, poi mi misi a cercare un regalo per Elvisma niente attirava la mia attenzione, così decisi che avrei usato il resto dei soldi per comprare un regalo ad Elvis a Memphis. Non sapevo ancora cosa sarebbe stato, ma speravo di trovare qualcosa di diverso.
Tornati a casa, il resto del suo compleanno fu tranquillo e venne trascorso facendo una delle cose che Elvis amava di più: leggere a me, a Rosemary e a pochi altri.
Il pomeriggio successivo, Elvis, Rosemary ed io cominciammo a guardare The Gong Show in televisione. Era un concorso di talenti amatoriali e ci divertivamo, ridendo di alcuni concorrenti e del loro talento spesso assurdo, quando Joe Esposito entrò nella camera da letto si avvicinò ad Elvis, mormorandogli qualcosa all'orecchio.
"Va bene così. Puoi dirlo davanti a Ginger e Rosemary", disse Elvis.
Leggermente a disagio, Joe ripeté: "Linda ha chiamato e si chiedeva se hai intenzione di pagare l'affitto del suo appartamento a Los Angeles".
Ero completamente presa alla sprovvista. Elvis aveva pagato l'affitto di Linda? Perché? E per quanto tempo? Elvis mi guardava da vicino, come faceva a volte, studiando il mio viso per una reazione, ma cercai di non lasciare trasparire la mia sorpresa e la mia preoccupazione.
Elvis guardò Joe e scosse la testa in cenno negativo.
Guardando di nuovo me disse: "Non è giusto nei tuoi confronti". Joe si allontanò.
"Beh, Elvis, non sarebbe giusto", dissi, ricordando che Elvis mi aveva chiesto di impegnarmi al 100% con lui, e sentendo che lui avrebbe dovuto fare lo stesso con me.
Elvis tenne gli occhi sul mio viso. "Ho comprato una casa a Linda poco tempo fa per mettere un po' di distanza tra noi", disse.
Linda aveva vissuto a Graceland a tempo pieno fino ad allora? Me lo chiesi, ma non lo chiesi. Ero troppo occupata a cercare di assorbire questa nuova svolta.
Elvis allora guardò Rosemary. "Come posso farla smettere di chiamare?" chiese.
Rosemary scrollò le spalle. "Cambia il tuo numero, forse?"
Lui sorrise, ma io non riuscii a sorridere. Continuai a riflettere su tutto questo e su ciò che significava per Elvis e me.
Quando Elvis mi aveva detto a Las Vegas che lui e Linda erano solo amici, gli avevo creduto. Dopo tutto, aveva frequentato pubblicamente altre donne, e questo sembrava dire che la sua relazione con Linda doveva essere finita. Tuttavia, ero sicura che gli articoli di abbigliamento e gli articoli da bagno all'interno di Graceland fossero stati di Linda. Inoltre, lei aveva chiamato prima, chiedendo di passare il Natale con lui. Sembrava che Linda stesse cercando di tenere duro, non importa cosa facesse Elvis. Ora mi confortava il fatto che, anche se Elvis aveva aiutato Linda pagandole l'affitto, aveva appena detto davanti a Rosemary e Joe che non l'avrebbe più fatto, e certamente non stava cercando di nascondere il fatto che Linda aveva chiamato. Scelsi di credere che Elvis fosse onesto con me sul fatto che la relazione era completamente finita per lui.
Sfortunatamente, mi sentivo ancora a disagio ogni volta che vedevo Sam, la guardia del corpo di Elvis e fratello di Linda. Sam ed io eravamo in rapporti amichevoli ma non potevo fare a meno di chiedermi cosa provasse veramente per Elvis e per me.

Elvis trascorse molto tempo a cercare di capire i numeri, le usanze, i segni, le teorie e come i modelli dell'universo fossero interconnessi. Gli piaceva anche sezionare i nomi. A volte si metteva gli occhiali al contrario e diceva i nostri nomi al contrario, chiamandosi "Sivle" e io "Regnig". E quando io dissi a Elvis che il mio secondo nome era "Lita", lui sembrò contento di notare che Ginger Lita Alden e Gladys Love Smith - il nome di sua madre - contenevano lo stesso numero di lettere.
Era illuminante parlare di filosofia e numerologia con Elvis, ma poteva essere stancante. Una mattina, dopo essere stati svegli tutta la notte con Elvis, Rosemary ed io semplicemente non riuscivamo più a concentrarci. Cominciammo a sbagliare parole, saltare frasi, sbadigliare e scherzare. Pensai che anche Elvis doveva essere stanco, ma invece di sembrare che avesse bisogno di dormire quanto noi, ci disse che avevamo rinunciato e che non volevamo continuare a leggere con lui.
"Elvis, non riesco a tenere gli occhi aperti", dissi, sentendomi male ma volendo essere completamente onesta. "Siamo solo stanche".
Non era facile ragionare con Elvis quando aveva la mente fissa su qualcosa. Determinato a continuare i suoi studi, Elvis disse: "Troverò qualcun altro che legga con me, allora".
Chiamò Charlie per andare nella sua camera da letto, mentre Rosemary andò nella sua stanza. Charlie entrò, sembrando esausto come mi sentivo io, e si sedette ai piedi del nostro letto. Elvis iniziò a leggere per lui.
Incapace di tenere gli occhi aperti anche solo un secondo di più, mi distesi contro i cuscini e mi appisolai.
Mi svegliai quando Charlie si alzò per uscire. Quando Elvis finalmente andò a dormire, speravo che capisse che stavo cercando di fare del mio meglio per essere lì per lui.
Elvis poteva essere tanto compulsivo nel mangiare certi cibi quanto lo era nello studiare i suoi libri. La mattina dopo notai che, tra una visita e l'altra di alcuni ragazzi, Elvis deve aver mangiato almeno otto contenitori di yogurt in un breve periodo di tempo. Alla fine andammo a dormire, ma Elvis si svegliò poco dopo e decise che voleva altro yogurt. Mi chiese di prenderlo o di farglielo portare da qualcuno. La sua richiesta mi preoccupava. Non avevo ancora visto Elvis fare alcun esercizio durante le settimane che avevamo trascorso insieme, tranne quando era sul palco. Ora, dopo aver passato così tante ore con lui senza sosta a Palm Springs, ero preoccupata che mangiasse troppo. Stavo solo cercando di badare alla sua salute.
"Non credo che tu abbia bisogno di altro yogurt", dissi.
Elvis tornò a dormire senza insistere sulla questione. Lo stesso feci io, pensando che tutto andasse bene. Poco tempo dopo, un botto assordante riecheggiò in tutta la stanza. Mi alzai di scatto e vidi Elvis in piedi ai piedi del letto, con in mano una pistola 57 Magnum. Guardai dietro di me e vidi un foro di proiettile nel muro sopra la testata del letto. Il mio cuore andava a un chilometro al minuto. Guardai indietro verso Elvis, cercando di avvolgere la mia mente nell'idea che avesse davvero fatto un buco nel muro. A titolo di spiegazione, Elvis disse che aveva chiesto di nuovo lo yogurt e io non avevo risposto.
"Era un modo per attirare l'attenzione", disse.
Sconcertata, gli dissi che stavo dormendo e non l'avevo sentito. Nel frattempo, intorno a noi la casa era silenziosa. Nessun altro sembrava aver sentito lo sparo. Oppure, se lo avevano fatto, non venivano a vedere chi aveva sparato.
Estremamente ferita, cominciai a piangere e corsi nella stanza di Rosemary, quasi urtandola mentre chiudevo la porta. Era uscita per vedere se stavo bene, con gli occhi spalancati dalla paura. Sembrava spaventata per come mi sentivo.
"Che cosa è successo?" Chiese Rosemary. "Stavo giusto venendo nella tua stanza".
Avevo difficoltà a riprendere fiato. Il mio polso stava ancora ronzando nelle orecchie mentre le raccontavo della pistola e dell'inspiegabile motivo che Elvis mi aveva dato per sparare.
La reazione di Rosemary fu immediata. "Mio Dio! Ce ne andiamo subito", disse.
Non riuscivo a muovermi e avevo ancora problemi a respirare. La mia mente era inondata di domande. Perché Elvis aveva sparato nella nostra camera da letto? Le sue medicine per il sonno gli avevano fatto perdere momentaneamente il contatto con la realtà? Non riuscivo a trovare una spiegazione razionale per il comportamento di Elvis. Rosemary decise di andare a vedere dove fosse e fece un passo nel corridoio. Dopo qualche secondo, tornò e chiuse la porta.
"Ho guardato fuori dalla finestra e ho visto Elvis in piedi da solo vicino alla piscina", riferì.
Non sapevo bene cosa fare o come sentirmi mentre Rosemary ed io sedevamo nella sua stanza, incerti su cosa sarebbe potuto succedere dopo. Ora che mi sentivo un po' più calma, in fondo, non pensavo davvero che fossimo in pericolo.
poco dopo qualcuno bussò alla porta. Quando Rosemary aprì, Elvis era con la sua vestaglia e i suoi occhiali, con un profondo sguardo di rimorso sul viso. Io ero seduta accanto al cassettone. Elvis entrò e si sedette sulla sedia al lato opposto del comò. Noi tre rimanemmo in silenzio per qualche istante, poi Elvis si alzò, prese una delle mie mani e una di Rosemary, e ci sedemmo sul letto.
Continuando a tenerci per mano, Elvis chinò la testa e chiuse gli occhi. "Dio, non farci perdere la testa", pregò ad alta voce. "Dio benedica la mia famiglia e quella di Ginger, e per favore non lasciare che ci lasciamo".
Ovviamente, era preoccupato per l'effetto duraturo che questo incidente avrebbe potuto avere su di noi. Potevo offrirgli poco conforto, però. Ero ancora sotto shock ed estremamente ferita da quello che aveva fatto. Mi ero completamente chiusa emotivamente.
Fortunatamente, Rosemary sembrò capire quello che stavo provando e prese il sopravvento. "Elvis, non puoi fare questo genere di cose", disse.
Cercando un terreno comune, cercando di fare da paciere tra di noi, cominciò a parlare con Elvis di alcuni dei miei gusti, come le moto e i cavalli. "Dovreste fare alcune di queste cose insieme", azzardò.
Elvis ascoltava in silenzio, tenendoci ancora per mano. Stava assorbendo tutto questo?
Alla fine, osai parlare. "Stavo solo cercando di aiutarti" dissi a bassa voce, quasi sottovoce.
Elvis guardò il pavimento, si tolse gli occhiali e li tenne tra le dita. Prendendomi di nuovo la mano, disse: "Mi dispiace, Ginger".
Sentivo, ad un livello profondo, che Elvis era sinceramente dispiaciuto. Sembrava che la nostra relazione fosse stata messa in una sorta di bizzarra prova, e tutto per il bene di più yogurt ! Ero profondamente consapevole che i miei sentimenti per Elvis erano come nessuno che avessi mai provato prima. Ero stata consumata da lui, e ora avevo raggiunto un punto della mia vita in cui non potevo immaginare il mio futuro senza di lui. Amavo Elvis.
Pensavo che mi avrebbe fatto del male intenzionalmente? No. Pensavo che Elvis fosse abituato ad ottenere ciò che voleva? Sì.
Una vocina ironica nella mia testa osservò che un buon risultato di tutto questo scenario era che Elvis non poteva più avere altri yogurt. Perdonai Elvis quel giorno, ma sospettavo che altre sfide mi avrebbero atteso.
Andai a dormire, cercando ancora di capire quest'uomo molto complesso e sperando che ora potesse capire un po' meglio anche me.

Nella tarda notte seguente, Elvis decise con la sua solita combinazione di azione impulsiva e determinazione, che entrambi avevamo bisogno di farci controllare i denti. Fece venire Max Shapiro, un dentista di Los Angeles, per fare una visita a domicilio. Il Dr. Shapiro era sulla sessantina e portò la sua fidanzata, Susan, una donna sui vent'anni, a Palm Springs con lui. Quando sono arrivati, ho pensato: "Wow, questa donna è molto più giovane del dentista".
Probabilmente molte persone che mi vedevano con Elvis pensavano la stessa cosa di noi, mi resi conto, ma sembrava semplicemente diverso con noi. Forse questo aveva a che fare con l'aspetto e il comportamento di Elvis. Poteva essere come un grande bambino a volte. Le uniche volte in cui ero davvero consapevole della nostra differenza d'età era quando stavamo leggendo insieme e lui mi stava insegnando qualcosa.
Elvis si sedette nella sua camera da letto e il Dr. Shapiro gli esaminò i denti. Quando il dottore terminò, io mi sedetti. Il dentista disse che poteva limare leggermente alcuni dei miei denti inferiori, se volevo, solo per livellarli un po'. Mi andò bene e inclinai la testa all'indietro sulla sedia. Mentre il dottor Shapiro lavorava sui miei denti, mi disse che aveva pensato di sposarsi, ma lui e Susan non sapevano quale sarebbe stato il posto giusto.
"Avete un certificato di matrimonio?" Chiese Elvis.
"Sì, lo portiamo sempre con noi", disse il dottor Shapiro.
"Perché non vi sposate qui?" Suggerì Elvis.
Il dottor Shapiro smise di lavorare sui miei denti e mi misi a sedere. Il dentista fu ovviamente preso alla sprovvista, ma gli piaceva l'idea e anche Susan.
Elvis era euforico. Cominciò subito a fare progetti, dicendoci che Larry Geller poteva legalmente celebrare cerimonie di matrimonio. Chiamò Larry e gli chiese di venire a Palm Springs, poi rapidamente un aiutante convocò un gioielliere a casa, in modo che il dottor Shapiro e Susan potessero scegliere le loro fedi nuziali.
Quando il gioielliere arrivò, espose vari pezzi di gioielleria davanti ad Elvis sul letto. Il dott. Shapiro e Susan scelsero alcuni anelli. Come un bambino in un negozio di caramelle, Elvis cominciò a tirare le etichette del prezzo da alcuni anelli, scegliendome per me, Rosemary, lui stesso e un paio di altre persone, con apparentemente senza alcun riguardo per il costo.
Per tutto questo tempo, Elvis ed io eravamo ancora in pigiama. Quando Larry arrivò, Elvis non si preoccupò di cambiarsi, così non lo feci nemmeno io. Vestiti con i nostri pigiami e accappatoi, Elvis ed io andammo nella stanza di Charlie per la cerimonia.
Rosemary, Charlie e David ci raggiunsero lì. Con Elvis come testimone e io come damigella d'onore, il matrimonio ebbe inizio con Larry che officiava. Elvis era raggiante mentre il Dr. Shapiro e Susan iniziarono a recitare i voti che avevano precedentemente scritto l'uno per l'altra.
Durante la cerimonia, notai un certo movimento da parte di David. Mentre era in piedi accanto a Rosemary, si voltò e la guardò improvvisamente con un grande sorriso sul viso, cercando di trattenere le risate. Potevo vedere che la cerimonia di matrimonio stava influenzando David in modo leggermente diverso dal resto di noi. Non riuscendo più a contenersi, David si mise a quattro zampe e cominciò lentamente a strisciare fuori dalla stanza. Fortunatamente per David, Elvis era così felice ed eccitato di poter realizzare questo matrimonio che non se ne accorse. Non avrei voluto che qualcosa rovinasse il momento per Elvis.
Il Dr. Shapiro e Susan, al termine della cerimonia, ringraziarono tutti. Questa fu una cosa così gentile da parte di Elvis e fu meraviglioso esserne testimone. Ero anche impressionata e stupita che fosse stato capace di mettere insieme tutto così rapidamente e facilmente.
Sorprendentemente, lo sposo volle finire di lavorare sui miei denti in seguito, così ritornai con il dottor Shapiro e ripresi la mia posizione sulla sedia.
Dopo che lui e Susan se ne andarono, Elvis chiese a Larry e Rosemary di venire in camera da letto. Chiaramente ancora eccitato dal matrimonio, Elvis discusse della cerimonia. Prese in mano "Il Profeta" e lesse di nuovo dai suoi passaggi sul matrimonio. A un certo punto, smise di leggere per guardarmi.
"Ginger, se io e te dovessimo sposarci, prenderesti in considerazione l'idea di farci sposare da Larry?" chiese.
Rimasi a bocca aperta. Wow, pensai, sta parlando di nuovo di matrimonio! Questa era la prima volta che lo menzionava dopo Las Vegas. Sapevo che lui e Larry erano amici e Larry sembrava felice dell'idea.
"Certo", dissi. Ero eccitata.
Entusiasta, Elvis continuò ad esaminare i suoi libri spirituali. Parlammo fino alle prime ore del mattino. Quella notte, tutta l'eccitazione per il matrimonio e i nostri sentimenti su di esso, continuavano a turbinare intorno a noi. Elvis aveva ancora una volta riconfermato di volermi sposare. Sentirlo parlare in questo modo mi faceva sentire noi due sempre più vicini a creare un futuro insieme.
21/11/2021 21:52
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CAPITOLO 16


Dopo aver trascorso poco più di una settimana a Palm Springs, Elvis decise che era ora di tornare a Memphis. Facemmo tutti i bagagli e ci dirigemmo all'aeroporto. Mentre entravamo nel Lisa Marie, il pilota ebbe un problema con il motore e con le luci interne che non funzionavano. Rosemary ed io seguimmo Elvis verso la parte posteriore buia dell'aereo dove noi ci sedemmo al tavolo delle conferenze.
Le luci si accesero improvvisamente ed Elvis guardò Rosemary, scioccato. Aveva erroneamente preso la sua mano nell'oscurità. Lasciandola rapidamente, disse: "Buon Dio, Ginger, dove sei?". Lui afferrò la mia mano e ci mettemmo a ridere.
Elvis, Rosemary ed io ci spostammo nella camera da letto e dopo un po' l'aereo decollò senza problemi.
Una volta in volo, Elvis mi disse: "Hai bisogno della tua stanza e di una linea telefonica privata".
Sorpresa, mi resi conto che dovevo avergli accennato a un certo punto che condividevo la stanza con Terry. Ero stupita che se ne ricordasse.
Elvis non aveva finito di riflettere sulla mia situazione abitativa, a quanto pare, perché poi disse: "Non mi piace che tu debba guidare così lontano per vedermi. Vorrei che tu avessi una casa più vicina a Graceland".
Lo fissai incredula, commossa dal fatto che volesse che vivessi più vicino a lui, ma stordita da ciò che pensavo che mi stesse proponendo. Elvis stava davvero pensando quello che io credevo stesse pensando? Elvis sapeva che vivevo con la mia famiglia, quindi non pensavo che mi stesse suggerendo di lasciarli per comprare una casa più vicina a Graceland per viverci da sola. Questo significava che stava parlando di una nuova casa per la mia intera famiglia!
Quest'idea era così esagerata che la trovai difficile da digerire. I miei genitori avevano appena acquistato la casa. Era modesta, certamente paragonata a Graceland, ma non avevamo davvero bisogno di una nuova abitazione e non pensavo che quella che avevamo fosse troppo lontana da Graceland. Tuttavia ero estremamente lusingata dal fatto che stesse pensando a come rendere la mia vita più confortevole.
Per fortuna, Elvis passò rapidamente ad un altro argomento, così non ebbi il tempo di protestare o di dargli subito una qualsiasi tipo di risposta nell'immediato. Lo faceva a volte, passando con entusiasmo da un'idea all'altra mentre mi metteva a nudo i suoi pensieri: sembrava quasi che volesse solo che io condividessi ciò che gli passava per la testa, minuto per minuto, come un modo per farmelo conoscere.
Vedevo segni che Elvis aveva una crescente preoccupazione per la mia sicurezza. Questo faceva parte della sua natura protettiva nei miei confronti. Sapeva che di solito andavo in giro da sola, così al nostro ritorno a Memphis mi diede una Smith & Wesson. Mi disse di tenerla in macchina quando andavo e venivo da Graceland. Questo "regalo" non mi sorprese perché avevo imparato che Elvis amava collezionare pistole, e ne possedeva molte. Gli piaceva mostrarmele ogni tanto. Tra le pistole che tirò fuori c'era una Derringer con un'impugnatura di madreperla, varie Magnum, un revolver con il manico d'avorio e persino una mitragliatrice. Pensai che le pistole fossero davvero stupefacenti, e in particolare mi piacque la piccola Derringer con il manico in madreperla.
Accettai prontamente di tenere la pistola nella mia macchina. Mio padre teneva un revolver e un fucile a casa nostra per protezione, ma non mi avevano mai insegnato ad usare una pistola. Non avevo paura di averne una, però, e mi faceva sentire più sicura. Quello che Elvis stava apprezzando, e di cui io non ero ancora consapevole, era che il mio mondo era cambiato. Ora ero nel suo mondo, dove c'era bisogno di guardie del corpo, perché la gente poteva arrivare in modi inaspettati. Un perfetto esempio dell'istinto protettivo di Elvis sarebbe accaduto mesi dopo, quando notai una strana macchina parcheggiata davanti a casa nostra con un uomo dentro. Rimase seduto lì per molto tempo e mi chiesi se fosse un giornalista o un fotografo. Elvis chiamò per caso in quel momento e io accennai innocentemente al fatto che un reporter poteva essere fuori da casa mia.
"Vengo lì e gli spacco quella maledetta lente".
Prima che potessi dire un'altra parola, il telefono tacque e mi preoccupai di un possibile scontro. Per fortuna la macchina se ne andò, ma non molto prima che la Ferrari di Elvis arrivasse volando dietro all'angolo della nostra strada. Tutto andò bene quel giorno, ed Elvis finì semplicemente per visitare e portare mia sorella Terry per un esilarante giro sulla sua Ferrari.

Ora che ero a casa, potevo andare a fare shopping per il regalo di compleanno di Elvis: una volta mi aveva detto che aveva una scimmia di nome Scatter, così comperai qualcosa di divertente per ricordargli il suo animale preferito: una statua di una scimmia che tiene una candela. Acquistai anche un grande specchio con il profilo del viso di Elvis inciso sul davanti. In onore del suo amore per il modo in cui Peter Sellers, nei panni dell'ispettore Clouseau nei film della "Pantera Rosa", diceva la famosa battuta di Casablanca, ho scritto "Here's looking at you, kid" su un biglietto e lo attaccai nella parte anteriore dello specchio.
Elvis fu solleticato dai regali. Mise la scimmia su una mensola nella sua camera da letto e appoggiò lo specchio contro il muro. Sarebbero rimasti in quel posto per il resto della sua vita.
Elvis continuava a mantenere la sua abitudine di vivere principalmente al piano superiore di Graceland, ma ero felice di vedere che sembrava per lo più libero dallo stress. Continuavamo a goderci le nostre serate leggendo e guardando la televisione insieme. Ci capitò di vedere un episodio del "Saturday Night Live" in cui il comico Andy Kaufman appariva come ospite e faceva la sua imitazione di Elvis.
Sbirciando da sopra i suoi occhiali da lettura, Elvis si rivolse ad Andy sullo schermo televisivo. "Sarà meglio che tu lo faccia bene, figliolo", disse.
Abbiamo riso e ci siamo divertiti a fare il tifo per lui. Alla fine, Elvis pensò che Andy avesse fatto un "buon lavoro" e mi disse: "Sai che l'impressione è la più alta forma di adulazione".
Quando non ero a Graceland, Elvis ed io di solito parlavamo al telefono due volte al giorno, di solito poco prima di addormentarsi e di nuovo al risveglio. Ero più a mio agio nel chiamarlo, ma la maggior parte delle tempo aspettavo ancora la sua chiamata, non volendo svegliarlo. Timidamente, cominciai anche a dire "ti amo" a Elvis al telefono. Io e la mia famiglia ci volevamo bene, naturalmente, ma raramente lo esprimevamo verbalmente, quindi questo era un grande passo per me. Tuttavia, se non avessi detto ad Elvis che lo amavo, me lo avrebbe chiesto lui stesso.
Durante le mie visite a Graceland, stavo finalmente conoscendo un po' meglio la famiglia e gli amici di Elvis. Alcuni dei loro ruoli però mi confondevano ancora. Non percepivo che suo cugino Billy Smith fosse sul libro paga o avesse una particolare linea di lavoro. Sembrava solo essere a disposizione per fare cose per e con Elvis quando Elvis lo voleva. Billy era il figlio di Travis, la guardia di Graceland con cui mio padre era stato amico molti anni prima. Durante una delle visite di Billy al piano di sopra, mi disse che prima che Elvis mi incontrasse, lui ed Elvis erano usciti in moto, e dopo essere tornati a casa, Elvis si sdraiò sul letto e disse: "Ci deve esserci qualcuno là fuori per me".
Questo mi fece sentire bene, pensando che forse ero io la persona che Elvis stava aspettando. Avevo certamente sentito che eravamo destinati a stare insieme.
Occasionalmente, la moglie di Billy, Jo, veniva a Graceland con lui. Aveva gli occhi scuri, la pelle chiara e i capelli neri come la pece. Di solito era vestita di nero ed Elvis la prendeva in giro chiamando Jo la sua "assassina".
A volte i due si prendevano in giro e si lanciavano sguardi taglienti l'un l'altro, come se ognuno sapesse cosa stesse pensando l'altro. Come moglie di Billy, Jo faceva parte della vita di Elvis da molto tempo. Eravamo sempre amichevoli l'una con l'altra, ma non avevamo tempo per diventare buoni amici.
George Klein veniva a trovarci ogni tanto, ed era sempre gentile. Occasionalmente, Vernon faceva apparizioni. Aveva un ufficio in un edificio dietro Graceland, insieme a Patsy Gambill. Se lui ed Elvis avevano bisogno di parlare di affari o di qualche questione privata, a volte mi chiedevano di lasciare la stanza, per poi richiamarmi in seguito. Rispettavo la loro privacy e non ho mai fatto caso a questo.
Durante una di queste visite, Elvis chiese a suo padre: "Ginger non assomiglia un po' alla mamma quando era era giovane?"
Il signor Presley pensò un momento. "Sì", rispose. Gli sorrisi timidamente, considerandolo di nuovo come un complimento. Elvis mi sorrise a sua volta, come se fosse soddisfatto che ciò che mi aveva detto sull'aereo fosse stato confermato da suo padre.

Continuammo a meditare insieme da soli in camera da letto, e a volte, mentre Elvis leggeva, appoggiavo la testa contro il suo petto, sentendomi al sicuro, e gli accarezzavo delicatamente il lato del viso con la mano. Amavo quei momenti di pace. Ogni tanto, prima di entrare nel suo bagno, Elvis annunciava: "Vado a meditare e a liberare la mente". Lo aveva detto anche a Las Vegas un paio di volte prima di scomparire nel bagno e chiudere la porta.
Sembrava che Elvis ogni tanto avesse bisogno di un ritiro, di stare solo con se stesso. Per lui, questo santuario sembrava essere la sua stanza da bagno.
Un giorno, eravamo seduti nella stanza di Elvis e stavamo chiacchierando quando, di punto in bianco, Elvis chiese: "Ti piacerebbe trasferirti qui?".
Questo era completamente inaspettato e io ero più che lusingata. Sapevo che era un'offerta che molte donne in tutto il mondo avrebbe accettato subito, ma per quanto fossi arrivata ad amare Elvis e a pensare a lui come parte della mia vita - e del mio futuro - trasferirmi a Graceland senza essermi prima sposata era qualcosa in cui non credevo o che ritenevo opportuno fare in quel momento. Anche se era il 1977 e la convivenza stava diventando più accettabile, io venivo da un ambiente piuttosto conservatore. Le mie sorelle ed io eravamo state educate a credere che si viveva con qualcuno solo dopo il matrimonio. Forse ero indietro con i tempi in quel senso, ma anche essere in viaggio con Elvis era una cosa audace da fare per me, e non prendevo queste azioni alla leggera.
Sperando che capisse, lo guardai negli occhi e dissi nervosamente: "Elvis, non è il mio modo di fare"
Fortunatamente, Elvis sembrava d'accordo. Sorrise e disse: "Bene, ti rispetto per questo".
Nel tardo pomeriggio del 18 gennaio, circa una settimana dopo il ritorno da Palm Springs, Rosemary ed io decidemmo di vedere un film vicino a Graceland. Volevo chiedere a Elvis di unirsi a noi, poi scartai l'idea come impraticabile. Dalla descrizione dei miei genitori della loro esperienza di visione di film con Elvis negli anni '60, sapevo che di solito affittava un'intera sala se voleva vedere un film indisturbato, senza attirare l'attenzione dei fans. Inoltre, quel giorno non l'avevo ancora sentito, quindi immaginai che stesse ancora dormendo. Mentre io e Rosemary stavamo andando al cinema, chiesi a mia madre di dire a Elvis dove mi trovavo se avesse chiamato. Stavamo uscendo dalla macchina quando Steve Smith, uno degli aiutanti di Elvis, ci intercettò e disse che Elvis voleva che saltassimo il film e andassimo a fare shopping per la mia famiglia. Questo era qualcosa che non capivo bene. Per un momento mi sono chiesta se Elvis avesse fatto questo perché non voleva che vedessi un film da sola. Ma perché Elvis avrebbe dovuto sentirsi così?
Guardai Rosemary. Non volevo abbandonare il mio piano con lei. Questo mi metteva davvero in difficoltà e non sapevo cosa fare. Elvis aveva fatto un altro dei suoi grandi gesti e apprezzavo che stesse pensando alla mia famiglia. Tuttavia, non aveva davvero bisogno di comprare loro qualcos'altro. Ora Steve era in piedi davanti a me, aspettandosi che andassi con lui. Gli dissi: "No, grazie, andiamo al cinema".
Avevo la forte sensazione che Elvis si sarebbe offeso per questo.
Mi rivolsi a mia sorella. "Ti dispiace se vediamo il film un'altra volta?". Chiesi.
Rosemary scrollò le spalle. "Va bene", rispose. Noi due seguimmo poi Steve ai Grandi Magazzini Goldsmith.
Una volta dentro, Steve ci disse che Elvis voleva che comprassimo delle pellicce di visone per la nostra famiglia e per noi stesse. Anche per me? Elvis mi aveva già regalato dei bellissimi cappotti! Tuttavia, conoscendo Elvis come lo conoscevo
ero certa che se non avessi scelto qualcosa come aveva richiesto, mi avrebbe riportato al negozio.
Scelsi i cappotti per mia madre, Terry e mia cognata, poi scelsi un semplice visone nero per me. Rosemary trovò una pelliccia di volpe meno costosa che le piaceva, ma dato che non era un visone, chiese a Steve se andava bene.
Steve chiamò Elvis da un telefono all'interno del negozio, poi riferì a Rosemary che Elvis aveva detto "solo visoni". Lei rimise a posto il cappotto di volpe e scelse un visone.
Seguimmo Steve a Graceland e portammo i cappotti al piano di sopra, dove Elvis era in pigiama, seduto sul suo letto. Appoggiammo i cappotti davanti a lui e guardò i nostri acquisti con approvazione. Come se Elvis non fosse già stato abbastanza generoso, disse: "Non ce n'è uno per tuo padre o tuo fratello".
Pensavo che ci avrebbe riportato in un negozio, ma Elvis si avvicinò ad un armadio vicino al suo bagno e cominciò a sfogliarlo. Tirando fuori un cappotto di pelle di pecora e un lungo visone marrone, li mise tra gli altri. Poi si infilò la sua tuta blu, tirandola su sopra il pigiama e si assicurò la cintura nera con le borchie intorno alla vita. Infine indossò un paio di stivali neri lucidi e infilò la sua Magnum 57 dentro la cintura.
"Andiamo a casa tua", disse Elvis.
Telefonai velocemente a casa per dire ai miei genitori che stavamo andando a trovarli. Un assistente raccolse i cappotti e li ammucchiò nello Stutz. Elvis si mise al volante e Rosemary ed io salimmo in macchina. Lasciammo Graceland con le guardie del corpo che ci seguivano in un'altra macchina.
Guidando lungo una strada di campagna a due corsie vicino a casa nostra, Elvis ci disse di aver notato un'altra macchina che seguiva la nostra. Senza lampioni, era buio pesto fuori; suppongo che avesse visto i fari dietro l'auto delle guardie del corpo. Elvis accostò improvvisamente al lato della strada. Mi guardai indietro nervosamente e vidi i fari dell'auto delle guardie del corpo. Di sicuro, un'altra macchina era dietro quella. Entrambe le auto accostarono dietro la nostra.
Prima che le guardie del corpo potessero uscire dalla loro auto, Elvis saltò fuori dalla nostra e cominciò a camminare velocemente verso l'auto in questione. Preoccupati per la sua sicurezza, Rosemary ed io ci voltammo e cercammo di vedere cosa stava succedendo attraverso il finestrino posteriore della Stutz. Nei fari, vidi la figura di un uomo che camminava verso Elvis. Le guardie del corpo si misero in mezzo. Quando lo straniero mostrò loro innocentemente carta e penna, Elvis diede gentilmente all'uomo il suo autografo e tornò alla nostra auto.
Mentre si accomodava sul sedile del guidatore, Rosemary gli chiese: "Non hai paura di farlo?"
Elvis indicò la pistola nella sua cintura. "Perché pensi che la porti con me?".

A casa mia, Elvis sorprese la mia famiglia con i loro nuovi cappotti. Erano sbalorditi e quasi all'unisono dissero: "Elvis, non avresti dovuto farlo!"
Uno sguardo di completa soddisfazione gli abbellì il viso. "Volevo farlo", disse.
Compiaciuto dalle loro reazioni, Elvis era di buon umore e più tardi chiese a Terry di suonare qualcosa al pianoforte a mezza coda nella nostra stanza della musica. Scelse un pezzo classico, "Toccata", di Aram Khachaturian, che aveva eseguito al concorso di Miss America. Ci radunammo intorno al pianoforte ed Elvis stava accanto a Terry, osservando attentamente le sue mani sulla tastiera. Ero contenta che Elvis ora potesse vedere il lato musicale della mia famiglia.
La "Toccata" non era l'assolo di piano più facile da suonare ed Elvis applaudì quando Terry finì, dicendole che pensava che fosse estremamente talentuosa. Poi si sedette accanto a lei sul banco del pianoforte e iniziò a suonare e cantare "Unchained Melody". Vedere Elvis che si divertiva a casa nostra mi scaldò il cuore. Il suo amore per la musica e il suo piacere per la famiglia erano ancora più evidenti in momenti come questi. Desideravo condividere molti altri giorni come questo con lui.
La sera successiva, Elvis chiamò per sapere se Terry, Rosemary ed io volevamo passare la notte a Graceland. Terry era fuori con il suo ragazzo, ma Rosemary disse che le sarebbe piaciuto venire. Questa volta Elvis disse che era preoccupato che io guidassi con il buio, così mandò qualcuno a prenderci.
Da quando eravamo stati insieme a Palm Springs, Elvis e Rosemary si erano divertiti a scherzare tra loro. Io tendevo ad essere più riservata, ma entrambi avevano un malvagio senso dell'umorismo. Quella sera, eravamo seduti nella camera da letto di Elvis a guardare la televisione quando Elvis scherzosamente fece un'osservazione di cattivo gusto.
Rosemary si illuminò. "Ti immagini se ti comportassi così in alcuni dei tuoi film?" scherzò.
Elvis si mise a ridere. Rosemary allora suggerì la sequenza di apertura di un nuovo film, uno che non avrebbe niente a che vedere con la maggior parte dei suoi musical "All-American, apple-pie".
"Si apre sui cancelli di Graceland", cominciò, "con una musica tranquilla in sottofondo e il cinguettio degli uccelli. Debolmente, in lontananza, si sente il rombo di un motore d'auto che si avvicina sempre di più, e improvvisamente la Ferrari arriva sfondando il cancello d'ingresso chiuso. Scendi con un sigaro in bocca ed entri. Le cameriere sono tutte rannicchiate. Salendo al piano di sopra, trovi Ginger incatenata ad un muro che dice: 'Elvis, non picchiarmi più !'".
Elvis pensava che l'idea di interpretare un cattivo nel film fosse isterica. Scherzammo tutti e tre, dando diversi colpi di scena alla storia, cambiando ogni volta il finale del film per rendere il personaggio di Elvis più stravagante.
Ce ne stavamo seduti a parlare e a ridere, e quando Elvis sentì che Rosemary non usciva con nessuno in maniera costante, chiese: "Se potessi uscire con qualcuno, con chi vorresti uscire?".
"Beh, mi piace Burt Reynolds", disse Rosemary.
Elvis le fece l'occhiolino e disse: "Si può organizzare, sai".
Mia sorella, una donna di molte parole, rimase improvvisamente senza.
Continuammo a fare i clown per un po'. Poi Elvis mise su una cassetta di Monty Python e il Santo Graal, e dopo aver finito di guardarlo, Elvis disse a Rosemary che poteva dormire sul letto nel suo camerino.
Quando ci svegliammo quel pomeriggio, Elvis decise di accompagnare me e Rosemary a casa. Lasciammo Graceland con il suo aiutante Steve. Mentre entravamo nel nostro vialetto, Elvis notò della polvere sulla mia Cadillac.
"Non dovresti lasciare che si sporchi", disse. Era solo un po' di polvere, ma non volevo che Elvis pensasse che che non apprezzassi il mio regalo o che non me ne prendessi cura, così dopo questo, la lavai nel nostro vialetto prima di andare a Graceland. A casa, facemmo visita ai miei genitori nello studio, dove su richiesta di Elvis mia madre tirò fuori di nuovo la sua grande Bibbia di famiglia. Elvis indicò alcune cose nuove che aveva scoperto. Dissezionò la parola Genesi, dicendo "Genes-is", e annotò alcune note. Sottolineò dei versi e condivise con noi i suoi pensieri sul significato che c'era dietro.
Quando iniziammo ad avere fame, Elvis mandò Steve a prendere del cibo per tutti da McDonald's mentre continuava a parlare con la mia famiglia. Dopo un po' ha suonò il piano, così ci trasferimmo tutti nella nostra stanza della musica.
Il tavolo della nostra cucina non era abbastanza grande per ospitare tutti, così quando Steve tornò, mia madre portò alcuni piatti nello studio. Elvis ed io ci sedemmo accanto ai miei genitori sul divano.
Mentre mangiavamo, Elvis disse che gli sarebbe piaciuto che vivessimo tutti più vicino a Graceland. Questa era la prima volta che lo sentivo menzionare l'idea dal nostro volo da Palm Springs.
"Sono preoccupato che Ginger faccia avanti e indietro per vedermi", disse Elvis, "e vorrei che avesse una stanza e un telefono propri".
Sempre rivolgendosi ai miei genitori, Elvis aggiunse: "Man mano che invecchiate, non avete bisogno del peso di una casa sulle vostre spalle. Dovreste essere in grado di andare in pensione, giocare a golf o fare qualsiasi cosa vogliate. Vorrei che cercaste una casa vicino a Graceland".
I miei genitori chiaramente non sapevano cosa dire a questa offerta, ma lo ringraziarono educatamente. Nonostante l'entusiasmo di Elvis nel comprare loro una casa, penso che l'idea non gli sembrasse reale. Avevano lavorato tutta la vita per possedere una casa modesta. Non avevano vissuto nel mondo di Elvis, dove si potevano comprare cappotti di visone, auto nuove o tre anelli per capriccio. Inoltre, l'attrito nel matrimonio dei miei genitori non era migliorato. Questo si ripercuoteva su me e i miei fratelli, naturalmente, dato che stavano attraversando un periodo difficile da un bel po' di tempo. Tuttavia, lo tenevo per me, non volendo violare la privacy dei miei genitori e sperando che le cose tra loro potessero migliorare in qualche modo.
Si stava facendo tardi ed Elvis disse che gli sarebbe piaciuto fermarsi a casa nostra. Il fatto che si sentisse abbastanza a suo agio da volerlo fare significava molto per me, ma sapevo che la mia famiglia doveva essere in preda al panico, pensando come me: "Dove avrebbe dormito?"
C'era un letto matrimoniale nella stanza che io e Terry condividevamo, ma mia madre era stata occupata a decorare il resto della casa e doveva ancora comprare le tende per la finestra della camera da letto. Aveva appuntato un grande lenzuolo al muro per coprire la finestra. Per fortuna, Rosemary si è buttata, offrendo a Elvis la sua stanza. Gli chiese se voleva vederla. Lui si alzò e Rosemary ed io lo accompagnammo lungo il nostro corridoio.
La stanza di Rosemary era decorata in sintonia con gli anni '70. Aveva apposto dei quadrati di specchio crepato su una parete e la testiera del suo letto e un comò, entrambi di legno scuro, avevano sezioni dettagliate coperte di velluto rosso.
Aveva scelto il rosso anche per le tende e il copriletto, e una lampada a sospensione nell'angolo brillava di un rosso tenue.
Guardando Rosemary, Elvis disse: "La tua stanza sembra un bordello", poi disse che stava scherzando. Non gli dispiaceva, ma il letto di Rosemary sembrava troppo corto, i suoi piedi probabilmente pendevano, disse. Poi, notando la sua televisione nell'angolo, Elvis chiese che tipo fosse.
Rosemary entrò nella stanza e lo accese. "E' un bel televisore".
Era un televisore in bianco e nero. Quando Elvis lo vide, disse: "Te ne serve uno a colori".
Nonostante il nostro imbarazzo per il lenzuolo che copriva la finestra della nostra camera da letto, Terry disse che sarebbe rimasto con Rosemary ed Elvis avrebbe potuto dormire nella nostra stanza. Era l'unica scelta. Mio padre se ne andò presto a letto, ma Rosemary, Terry, mia madre ed io restammo svegli a parlare e leggere con Elvis nello studio.
Più tardi suonò il campanello. Guardai fuori dalla finestra e vidi Al in piedi sul nostro portico. Con mia sorpresa, aveva in mano un televisore a colori nuovo di zecca. Steve aveva prima aveva fatto una chiamata da casa nostra, ed Elvis doveva aver organizzato tutto. Al, portò il televisore nella stanza di Rosemary, prese quello vecchio e se ne andò. Rosemary ringraziò Elvis, esprimendo la sua totale incredulità. Io sorrisi, sapendo esattamente cosa stava provando mia sorella.
Quando tutti si stancarono, mia madre tirò fuori una coperta per Steve, che disse che avrebbe dormito sulla poltrona reclinabile. Mia madre ci diede la buona notte, e quando lasciò la stanza, sapevo che si sentiva come me, che poteva fidarsi di Elvis come gentiluomo, e che non mi sarei mai impegnato in qualcosa di inappropriato sotto il tetto dei miei genitori.
Rosemary e Terry si diressero verso la stanza di Rosemary, mentre io ed Elvis andammo nella mia. Ero stato da sola con Elvis molte volte prima; ancora, mi sentivo a disagio a dormire con Elvis nella mia camera da letto a casa.
Quando ci alzammo quel pomeriggio, Elvis disse che aveva una sessione di registrazione a Nashville e voleva che io andassi. Mi vestii e, prima di uscire di casa, Elvis disse alla mia famiglia che era la prima volta che passava la notte a casa di qualcun altro da un po' di tempo.
"Mi sento come se avessi una famiglia, perché voi siete pazzi come me, e non sento alcuna gelosia qui", disse.
Mi sono chiesta se Elvis sentisse che a Graceland c'era un po' di gelosia, sia diretta a lui che tra membri della sua famiglia e dello staff. Non avrei mai capito bene cosa intendesse, né avrei mai chiesto. Ero solo felice che la mia casa fosse un posto dove si sentiva a suo agio.

Arrivammo a Nashville e ci sistemammo nel nostro hotel. Io rimasi nella mia camera da letto mentre Elvis andò nel soggiorno della nostra suite e iniziò a provare con altre persone. Sentii qualcuno strimpellare una chitarra. Elvis cominciò a cantare, e poi tutto cadde improvvisamente nel silenzio.
Poco dopo, Elvis entrò nella mia camera da letto, strofinandosi la gola. Mi disse che stava cominciando a sentirsi male. Mi dispiaceva per lui, sapendo quanto fosse sempre preoccupato di perdere la voce. Non ero al corrente di quello che succedeva dietro le quinte. Non sapevo cosa avrebbe dovuto registrare, quanto fosse importante, o chi lo stesse aspettando, ed Elvis non me l'aveva detto. Ma andava bene così: sapevo che che la qualità del suo canto era importante per Elvis in ogni canzone. Lui era fatto così.
Parlò con il suo staff. Un dottore venne a trovarlo, e passammo il paio di giorni successivi a leggere e a guardare la televisione insieme nella sua stanza, sperando che la sua gola migliorasse.
In varie occasioni, Elvis mi disse che non voleva registrare se la sua voce non era perfetta. Alla fine, disse che aveva paura di continuare e finì per cancellare la sessione. Tornammo a Memphis in aereo. Con tre settimane di pausa prima di andare di nuovo in tour, speravo che avesse il tempo di recuperare completamente prima delle sue prossime esibizioni.
[Modificato da marco31768 22/11/2021 20:50]
22/11/2021 20:49
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CAPITOLO 17


Tornato a Graceland, Elvis rimase al piano superiore, come al solito, e cercò di essere molto protettivo nei confronti della sua voce. Invece di leggere per me, come faceva spesso, lasciò che fossi io a leggere per lui nei giorni successivi, in modo che potesse riposare. Altri andavano e venivano, visitando Elvis di sopra come facevano di solito, ma ora lui si sforzava di parlare a bassa voce, prendendo misure extra per prendersi cura della sua gola. In poco tempo, fortunatamente, Elvis si sentiva e suonava come al solito.
Gli anelli che mi aveva dato a Las Vegas erano un po' grandi sulle mie dita, ed Elvis aveva notato che avevo messo del nastro adesivo intorno alle fasce per tenerli su. Una sera mi disse che voleva sapere la misura corretta del mio anello e disse che aveva chiesto ad un gioielliere locale di venire a prendere le misure. In poco tempo, il gioielliere entrò nella camera da letto di Elvis e si presentò come Lowell Hayes. Lowell mi misurò il dito, lui ed Elvis si scambiarono una visita amichevole e poco dopo Lowell se ne andò.
Poco tempo dopo, andai in bagno. Quando tornai nella camera da letto di Elvis, scoprii che aveva appoggiato una magnifica collana con le lettere TLC, tutte in diamanti, sul mio cuscino. Ancora una volta, aveva puntato la luce di lettura sopra di essa per assicurarsi che scintillasse. Restai senza fiato. Avevo notato queste collane "tender loving care" indossate dalle donne della sua famiglia, dalle donne della band e da una o due fidanzate o due di alcuni membri dell'entourage. Questa era unica però; sembrava più grande delle altre e l'unica che avevo visto fatta con tutti diamanti.
Ero profondamente commossa da questa bella e singolare espressione dell'affetto di Elvis. Mi allacciò la collana intorno al collo, dicendomi: "L'ho fatta fare apposta per te, Ginger".
Avere questa collana significava che ero stata veramente accettata come parte della cerchia ristretta di Elvis. Anche se io sentivo questo sentimento da parte sua da molto tempo, ero felice ora di avere qualcosa che segnalasse questo messaggio alle persone intorno a noi. Voltandomi verso di lui, gli dissi quanto mi piaceva e lo ringraziai.
Elvis sorrise e fece l'occhiolino. "Non li do a chiunque", disse.
Passai molto tempo a Graceland ma un pomeriggio, mia nipote Amber mi chiese di portarla in un ristorante locale di hamburger e improvvisamente mi resi conto che ero stata così concentrata su Elvis da aver trascurato i miei amici o di non essere uscita con la mia famiglia.
Volendo passare un po' di tempo con Amber, andai a prenderla con piacere per recarci al ristorante. Mentre stavamo finendo di mangiare sul retro, notai una donna ad un tavolo vicino alzarsi e piegare un giornale che stava leggendo. Notai sulla prima pagina del suo giornale la foto di qualcuno che mi assomigliava molto! Pagai in fretta il conto e corsi fuori dal ristorante con Amber. Ci dirigemmo subito verso un negozio dove, allineato sugli scaffali delle riviste accanto ad ogni bancarella, c'era il "National Enquirer" con una grande foto in bianco e nero di Elvis e me, catturati durante il tour, che adornava la copertina. Ero scioccata. Io, sulla copertina di un giornale nazionale? Tabloid o no, ero impressionata e pensavo che fosse una bella foto di noi due. Comprai una copia e mi precipitai a casa per mostrarla alla mia famiglia, pensando che si sarebbero divertiti a vedermi in copertina con Elvis.
Poiché avevo dedicato la maggior parte del mio tempo libero a vedere Elvis, non ero quasi mai uscita molto per conto mio. Ingenuamente, avevo pensato che tutte le foto scattate a me ed Elvis in tour o in macchina, mentre andavo e venivo da Graceland, fossero state scattate solo dai fans di Elvis. Essere sotto i riflettori dei media era qualcosa nuova per me, perché onestamente non eravamo ancora usciti così tanto in pubblico. Mi resi presto conto che ora ero di interesse per la stampa.
Un giorno, ero a casa e stavo progettando di fare un giro in macchina con la mia famiglia quando notai una strana macchina parcheggiata sulla strada di fronte a casa nostra con il motore acceso. Un uomo era seduto al suo interno. Chi era? Era un fotografo o un reporter? Per sicurezza, io e le mie sorelle ci infilammo gli occhiali da sole prima di camminare verso l'auto per rendere più difficile per qualcuno di distinguere chi era chi. Di sicuro, la macchina ci seguì. Mio padre guidò a caso per un po', ma alla fine dovette fermarsi a fare benzina. L'auto che ci aveva seguito si fermò anche alla stazione di servizio e il conducente scese. Si avvicinò alla nostra macchina e sbirciò nel sedile posteriore.
"Qual è Ginger?" chiese.
Decise a proteggere la mia privacy, io e le mie sorelle ci indicammo a vicenda. L'uomo se ne andò, senza sembrare troppo felice. Ero felice che non potesse sentire il mio cuore battere contro la gabbia toracica. Sapevo che non avremmo potuto continuare a lungo, perché la voce si era sparsa: Stavo con Elvis.

La notte del 26 gennaio, stavo guardando la televisione con Elvis nella camera di Lisa. Ad un certo punto uscì dalla stanza e rimase via abbastanza a lungo tanto che guardai dove fosse. Trovai Elvis che parlava al telefono nella sua camera da letto. Tornai nella stanza di Lisa e guardai ancora un po' di televisione, poi sentii un trambusto mentre altri andavano e venivano al piano di sopra, parlando in privato con Elvis. Non era da lui evitarmi. Man mano che passava il tempo, iniziai a sentirmi strana e cominciai a preoccuparmi che qualcosa potesse essere sbagliato. Quando Elvis finalmente tornò nella stanza di Lisa, mi prese la mano senza dire una parola e mi condusse nel suo camerino.
Ero ancora più perplessa quando mi guidò verso una sedia nera di fronte alla finestra del suo bagno, dove mi chiese di sedermi. Non appena fui seduta, si inginocchiò davanti a me con una mano dietro la schiena.
"Ginger, ho cercato l'amore così a lungo", disse Elvis, "e mai nei miei sogni no pensavo che l'avrei trovato nel mio giardino. Sono stato felice al sessanta per cento e al quaranta per cento, ma mai al cento per cento. Ho amato prima, ma non sono mai stato innamorato. Ginger, te lo sto chiedendo: vuoi sposarmi?"
Elvis tirò fuori la mano dalla sua schiena. In essa c'era una piccola scatola di velluto verde. Quasi sopraffatta dall'emozione, la mia voce tremolò. Ero contenta di essere seduta, perché non ero sicura che le mie gambe tremanti avrebbero potuto sostenermi.
"Sì", sono riuscita, aggrappandomi alle belle parole che aveva appena pronunciato.
Elvis mi mise la scatola nelle mie mani tremanti. Dentro c'era il più bell'anello che avessi mai visto, con un enorme diamante centrale circondato da sei diamanti più piccoli. Baciai Elvis, sentendo i miei occhi riempirsi di lacrime. Lui prese delicatamente l'anello dalla scatola e lo fece scivolare sull'anulare della mia mano sinistra. Si adattava perfettamente.
Ora mi ricordai del gioielliere, Lowell, che Elvis aveva chiamato a casa per misurarmi il dito e capii che doveva aver pianificato tutto questo allora.
Con un accenno di nervosismo nella sua voce, Elvis mi chiese di alzare la mano in modo che potesse vedere l'aspetto dell'anello. Commentando quanto fosse bello, disse: "Dio verrà attraverso di me e mi dirà quando sarà il momento giusto per il nostro matrimonio. Sei pronta? Puoi sopportare il mio stile di vita?".
"Sì", risposi, ancora ingenua ma pronta a fare qualsiasi cosa ciò comportasse.
"Ci saranno molte persone gelose di te", continuò Elvis, "ma tu dovresti essere sempre una signora, e se mai verranno dette cose negative, basta che ti ritiri con grazia".
"Lo farò", dissi, ignara, in quel momento luminoso delle nostre vite, di quanto profonde e pungenti sarebbero diventate quelle gelosie. Ero anche all'oscuro di quanto alcune delle persone che circondavano Elvis fossero vicine alle altre donne del suo passato, e quanto sarebbero rimaste fedeli a quelle donne. Sapevo solo che io amavo Elvis e speravo che i suoi sentimenti per me fossero profondi come quelli che io provavo per lui. Ero disposta ad aspettare a sposarmi finché non fosse arrivato il momento giusto per Elvis, e avevo intenzione di lasciare tutto a lui. Ma, per ora, avere un anello al dito mi faceva capire che lui era profondamente impegnato nella nostra relazione quanto lo ero io. Noi stavamo per costruire un futuro insieme e non sono mai stata più felice.
Quando uscimmo dal suo bagno, fui sorpresa di vedere Charlie e Billy Smith in piedi nella camera da letto di Elvis. Arrossii, sapendo che dovevano essere al corrente del segreto e stavano aspettando che uscissimo per dire loro la nostra notizia. Raggiante, Elvis mi disse: "Mostragli l'anello".
Ero orgogliosa di farlo, e in un tale stato di stordimento che la mia mano si alzò quasi da sola.
Elvis la prese in mano e scosse la testa. "Ragazzo, oh ragazzo", disse.
Charlie e Billy si abbracciarono e si congratularono con noi. Poi Charlie ci regalò un piccolo set da backgammon e disse: "Questo è un piccolo regalo di fidanzamento". Era così dolce da parte sua, e lo abbracciai di nuovo.
Poco dopo, i fratellastri di Elvis, Ricky e David, entrarono nella stanza per congratularsi con noi. Lo sapevano tutti! La risposta travolgente e allegra fu confortante, ma mi chiedevo se questi uomini mi avrebbero mai accettato veramente come Mrs. Presley, o se sentivano che lo sposarsi per Elvis, avrebbe potuto portare qualche cambiamento nella dinamica dei loro rapporti.
Spesso, Elvis mi diceva di alzare la mano in modo che tutti potessero vedere l'anello. Penso che fossi ancora in uno stato di shock perché ogni volta che lo faceva, avevo difficoltà a non far tremare la mano.
Dopo che tutti ci lasciarono finalmente soli, io ed Elvis ci sedemmo sul letto. Mi chiese di alzare la mano diverse volte, in modo da poter guardare di nuovo l'anello.
"Sembra il faro di un'auto", disse Elvis con orgoglio.
"Io penso che sia bellissimo" e mi chinai a baciarlo. Ero così sopraffatta che non riuscivo a staccare gli occhi dall'anello.
Morivo dalla voglia di chiamare la mia famiglia e farglielo sapere, ma poi decisi che sarebbe stato divertente farlo di persona.
Elvis voleva che gli altri in casa vedessero l'anello e sapessero che eravamo fidanzati. Chiamò la zia Delta e le cameriere. Ad ogni nuovo arrivo, mi chiedeva di nuovo con orgoglio di tendere la mano, puntando anche la luce di lettura in modo che l'anello brillasse e scintillasse. Ognuno si congratulava con noi con entusiasmo.
Solo dopo la morte di Elvis ho saputo che il diamante centrale del mio anello di fidanzamento era il diamante del suo anello personalizzato TCB, che Elvis indossava sempre sul palco. Il gioielliere, Lowell Hayes, l'aveva fatto per lui e anni dopo descrisse sul suo sito web come è nato questo anello di fidanzamento.
Elvis lo aveva chiamato all'una di notte dicendogli che voleva che Lowell facesse un anello di fidanzamento per me con un diamante che assomigliasse a quello al centro dell'anello TCB di Elvis. Lowell protestò, dicendo che non aveva un diamante come quello, ma Elvis lo richiamò mezz'ora dopo dicendo che doveva avere l'anello quella sera stessa e lo pregò di farlo. Lowell riferì che allora aveva chiamato dei commercianti di diamanti a New York, ma tutti riferirono che nessuno poteva procurarsi un diamante di quelle dimensioni con così poco preavviso, dato che i diamanti venivano tenuti in cassaforte durante la notte. Una volta che Lowell aveva dato la brutta notizia ad Elvis, però, aveva riflettuto sul problema e si rese conto che avrebbero potuto usare il diamante dell'anello TCB di Elvis e trovarne un altro per sostituirlo più tardi. Elvis era entusiasta di questa idea.
Lowell si era recato a Graceland per ritirare l'anello ed era tornato alla gioielleria per rimuovere il diamante e fare una montatura per esso. Centrò il diamante TCB e aggiunse altri tre diamanti su entrambi i lati, poi tornò a Graceland per presentare l'anello ad Elvis, il tutto nella stessa notte.
Quando sentii questa storia, mi è stato ricordato ancora una volta che le regole nel mondo di Elvis erano molto diverse dalle regole che governano tutti gli altri.

Era stata una notte straordinariamente indimenticabile. Alla fine di essa, ero arrivata a credere che tutte le cose che Elvis mi aveva detto sul fatto che eravamo anime gemelle e che avevamo un futuro insieme erano assolutamente vere. Ero impegnata con Elvis anima e corpo.
Il pomeriggio seguente, mi svegliai ansiosa di condividere la mia notizia con la mia famiglia, ma c'erano ancora alcune persone a cui annunciarlo prima a Graceland. Elvis ed io scendemmo al piano di sotto per mostrare l'anello a sua nonna. Dodger era seduta a letto quando entrammo nella sua stanza. Quando Elvis le disse che eravamo fidanzati, lei prese la mia mano nella sua, sorrise dolcemente ad Elvis e disse che era felice per noi.
Elvis era ancora eccitato come lo era stato la sera prima; ora voleva mostrare l'anello a suo padre. Lo seguii fuori dalla porta sul retro. Non avevo visto molto Vernon a Graceland. Di solito parlava con Elvis per telefono e mi sentivo nervosa per la sua reazione alla nostra notizia. Vernon era un uomo gentile, ma da quel poco che avevo visto, sapevo che poteva essere schietto. Ero leggermente intimidita da lui. E se lui non gli fosse piaciuta l'idea che io fossi la seconda moglie di Elvis?
Per qualsiasi motivo - principalmente a causa del tempo freddo, del fatto che eravamo stati in tour e Elvis preferiva la sua camera da letto, non ero mai stata nel cortile di Graceland, anche se non ci avevo mai pensato fino ad ora. Attraversammo un pascolo dietro un campo da racquetball e vidi alcuni cavalli in lontananza prima di entrare nella proprietà di Vernon attraverso un cancello nel recinto che circondava il suo cortile. Elvis aveva costruito una casa bianca a due piani con finiture nere per suo padre sulla Dolan Drive, che correva lungo un lato del terreno che circonda Graceland.
Dopo che Elvis mostrò l'anello a Vernon, suo padre ci abbracciò entrambi e si congratulò con noi. Mi sentii immediatamente sollevata. Come aveva fatto prima con me, Elvis disse a suo padre che Dio gli avrebbe detto quando sarebbe stato il momento giusto per fissare la data. Dopo poco, però, Elvis mi disse: "Andiamo a trovare i tuoi genitori".
Ero felice e non vedevo l'ora di dare loro la notizia! Non lo avvisai in anticipo del nostro arrivo tanto che erano chiaramente sorpresi quando aprirono la porta e videro me ed Elvis in piedi insieme sul portico.
Nascosi la mano dietro la schiena fino a quando non entrammo nello studio, dove Elvis si voltò verso di me dicendomi: "Mostragli la mano".
Avevo ancora difficoltà a tenerla ferma mentre la portavo da dietro la schiena. I miei genitori guardarono l'anello, poi di nuovo verso di noi, senza parole.
"Siamo fidanzati", disse Elvis, rendendo effettivamente quello che aveva detto a mia madre al telefono a Las Vegas una realtà eccitante.
Ero commossa nel vedere che sembrava un po' ansioso mentre aspettava la loro reazione e l'approvazione.
Vorrei aver portato una macchina fotografica per immortalare lo sguardo completamente sbalordito sui volti dei miei genitori. Mia madre ruppe finalmente il silenzio, sorridendo e dicendo: "Sono così felice! E che bell'anello! Non ho mai visto un diamante così grande!".
I miei genitori ci abbracciarono. Serio, Elvis disse loro: "Mi prenderò cura di Ginger, non preoccupatevi".
Guardando direttamente negli occhi Elvis, mio padre sorrise e disse: "Sono sicuro che lo farai". Gli strinse la mano.
Poi entrarono Rosemary e Terry, e quando annunciammo loro la nostra notizia, l'euforia e le congratulazioni ricominciarono!
Elvis ed io restammo un'altra ora circa, rilassandoci e crogiolandoci nell'eccitazione della mia famiglia.
Quando più tardi tornammo a Graceland, non potei fare a meno di chiedermi cosa pensasse veramente Vernon, così chiesi ad Elvis: "Qual è stata la reazione di tuo padre al nostro fidanzamento?"
Lui rispose: "Mio padre mi chiese solo: 'Figliolo, lei fa delle piccole cose per te?'. E io gli ho risposto di sì".
È stato bello sentire la sua risposta, dato che avevo cercato di coccolare Elvis in piccoli modi, come ordinare cibo per lui, strofinandogli la schiena, leggendo con lui, e persino mettendogli dei batuffoli di cotone nelle orecchie per farlo dormire meglio.
Secondo Elvis, suo padre aveva poi risposto: "Bene. Cosa potrebbe fare una donna di quarant'anni per te, come cosa può fare una sessantenne per me? Niente".
Non ero d'accordo con le parole di Vernon, ma non feci commenti. Naturalmente ero felice che Vernon fosse a suo agio con la differenza di età tra me ed Elvis, ma sentire le sue parole mi fece pensare che forse Vernon ha cresciuto Elvis credendo che fosse quello di cui un uomo aveva bisogno, una donna più giovane che si prendesse cura di lui visto che Elvis stava con me e Vernon con Sandy. Ero felice di prendermi cura di Elvis, ma altrettanto felice che Elvis sembrava desideroso di prendersi cura anche di me.

Qualche sera dopo il nostro fidanzamento, Elvis tornò a casa della mia famiglia per una visita ed invitò il suo gioielliere ad andare da lui. Quando Lowell arrivò, portò con sé le collane TCB e TLC. Come aveva fatto con me, Elvis fece scivolare le collane simboliche sulla testa di ogni membro della mia famiglia. Voleva che sapessero che ora facevano parte della sua cerchia ristretta. Questo era il suo modo di assicurarsi che anche gli altri lo sapessero.
I gesti impulsivi e stravaganti rimasero la norma per Elvis. Così, su due piedi, invitò di nuovo tutta la mia famiglia a Las Vegas. Chiamò lo sceriffo, e lo sceriffo chiamò il sindaco di Memphis per vedere se il capo del distretto avrebbe dato a mio fratello il permesso da prendere il giorno seguente dai vigili del fuoco. Il potere di Elvis funzionò e il capo disse di sì.
Volammo a Las Vegas dove alloggiammo tutti all'Hilton ed Elvis diede ad ogni membro della mia famiglia cento dollari per giocare al casinò. Elvis preferì rimanere di nuovo nella sua stanza con me.
Sentivo che Elvis a volte si annoiava e solo un cambio di posto lo rilassava. Sarebbe stato bello vedere uno degli spettacoli di Las Vegas, ma capivo che, se Elvis fosse uscito, sarebbe stato un grande caos. Ero sicura che un giorno, se glielo avessi chiesto, avremmo visto qualche spettacolo insieme. Non mi dispiaceva stare dentro con lui quella sera, e mi sentivo particolarmente felice sapendo che la mia famiglia si stava divertendo.
Abbiamo passato il tempo a guardare la televisione e a leggere insieme nella nostra stanza d'albergo. Questa volta Elvis aveva portato The Impersonal Life, un libro di Joseph Benner. Era un piccolo libro sulla scoperta di se stessi e sul cercare dentro di sé la vera guida spirituale. Elvis era seriamente interessato ai concetti e desideroso di condividerli con me. Non si sapeva mai cosa Elvis potesse dire o fare, e ad un certo punto durante la notte, mi chiese di sedermi con lui, di chiudere gli occhi e di esercitarmi a dire: "Stai fermo e sappi che io sono Dio".
Mentre eravamo seduti, cantando questa frase nel tentativo di portare la pace interiore, a Elvis venne improvvisamente un crampo al dito del piede che non si placava. Alla faccia della pace interiore! Alla fine saltò su dal letto e, tenendosi il piede, cominciò a saltellare. Rideva e imprecava attraverso il dolore, il che mi faceva solletico. Ci volle un po' di tempo perché il crampo se ne andasse, ed era piuttosto divertente vedere come Elvis mantenesse il suo senso dell'umorismo mentre era in agonia. Mentre altri venivano intrattenuti negli showroom di Las Vegas, stavo ricevendo una performance unica e privata mentre Elvis ballava per me!
Più tardi, ci riunimmo la mia famiglia. Eravamo a Las Vegas per solo una notte e prima che me ne accorgessi, eravamo sulla via del ritorno a Memphis.
Non molto tempo dopo il nostro ritorno a Graceland, Elvis espresse ancora una volta il suo desiderio di comprare alla mia famiglia una nuova casa. Disse anche che avrei dovuto avere una stanza e una linea telefonica tutta mia, in modo che lui potesse "mettersi facilmente in contatto con me". Ero ancora a disagio all'idea che Elvis comprasse una casa per la mia famiglia.
Un giorno decise di prendere in mano la situazione e contattò suo cugino GeeGee, chiedendogli di fissare un appuntamento con un agente immobiliare per vedere una casa. Elvis invitò anche i miei genitori a venire a Graceland per poter uscire poi con noi. Andammo con GeeGee e Patsy in una casa a due piani nella zona di Whitehaven, un un quartiere più vicino a Graceland.
Due agenti immobiliari ci fecero fare un giro della casa. Era una casa più vecchia e ancora occupata. Mentre camminavamo al primo piano, Elvis disse: "Beh, non guardatela così com'è, perché ci saranno molte riparazioni che dovranno essere fatte. Immaginatelo sotto un'altra luce, con una nuova moquette e nuovi sanitari".
Salimmo al piano di sopra. Quando vidi che la casa aveva cinque camere da letto, mi resi conto che doveva essere molto più costosa di quella in cui vivevamo ora. Elvis sbirciò il giardino sul retro attraverso una delle finestre del piano di sopra. "Hai bisogno di una piscina", disse. "Il cortile sembra piccolo e non c'è spazio per una piscina".
Elvis mi aveva tenuto la mano per tutto il tempo. Quando la lasciò, Amber prese rapidamente la mia mano.
Elvis le lanciò un'occhiata. "Amber, stai attenta", disse con un sorriso. "Ti stai avvicinando troppo".
Prima che ce ne andassimo, Elvis disse a mia madre: "Continua a cercare per vedere se riesci a trovarne una nel quartiere con quattro o cinque camere da letto. Mi piacerebbe che tu ne avessi una più vicina a Graceland, ma devi vivere nella casa. Dovrebbe essere qualcosa che vi piaccia e che abbia una stanza per ciascuno di voi".
Con le difficoltà che i miei genitori stavano avendo nel loro matrimonio, sapevo che l'ultima cosa su cui si sarebbero concentrati era la ricerca di una nuova casa, ma potevamo tutti dire che Elvis era estremamente serio nel fare questo. Il suo spirito benevolo continuava a stupirmi.
23/11/2021 21:37
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CAPITOLO 18


Imparare a far parte della vita di Elvis era come correre accanto a un treno in corsa, afferrare la maniglia di una porta e saltare a bordo. Quel treno espresso non mostrava segni di rallentamento.
Il suo nuovo tour iniziò in Florida il 12 febbraio. Elvis voleva che vedessi come si preparava per i suoi spettacoli, così ad un certo punto mi chiese di raggiungerlo nel suo bagno sul Lisa Marie. Lì, mescolò una soluzione salina, inclinò la testa all'indietro e versò l'acqua salata in ogni narice. Questo lo fece tossire e lo aiutava a schiarirsi la gola.
Un'altra volta a bordo del Lisa Marie, Elvis mi chiese di andare nel suo bagno prima dello spettacolo. Si appoggiò al lavandino e mi passò una matita nera per gli occhi. Voleva che ritoccassi alcuni baffi grigi sulle sue basette e un paio di peli grigi nelle sue sopracciglia. Non pensai mai che i suoi capelli grigi sminuissero in qualche modo il suo sex appeal, ma a Elvis ovviamente non piacevano. Iniziai a disegnare a matita una piccola area. Le nostre facce erano vicine; Elvis cominciò a fissarmi, facendo sottili e comiche espressioni facciali. Non si fermava nemmeno quando lo pregavo di farlo, e io iniziai a ridere così tanto che la mia mano ha tremato mentre gli stavo facendo il ritocchino.
Quando ebbi finito, Elvis si girò per guardarsi allo specchio. "Mio Dio", disse con finto orrore. "Sembro Groucho Marx!".
Scoppiammo a ridere mentre lui si asciugava un po' di colore ed Elvis mi mostrò come applicare il mascara in un certo modo per far sembrare le ciglia più lunghe, cosa che aveva imparato dai suoi film. Non avrei mai immaginato che avrei potuto apprendere consigli sul trucco da un uomo, ma eccomi qui, a imparare ancora qualcosa di nuovo da Elvis ogni giorno.
Poiché eravamo in tour da una città all'altra, Elvis ed io di solito non sapevamo che giorno fosse. Tuttavia, per San Valentino, ebbi una piacevole sorpresa: Elvis mi diede non uno, ma quattro diversi biglietti di San Valentino!
Sapevo che qualcun altro doveva aver scelto i biglietti, ma mi commosse il fatto che avesse pensato di fare questo. All'interno dei biglietti, Elvis aveva sottolineato alcuni versi e scritto alcune belle parole personali.
Qualche sera dopo, guardai di nuovo i biglietti che Elvis mi aveva dato. Forse a causa delle cose romantiche che Elvis aveva detto e fatto, ho iniziato a pensare al matrimonio dei miei genitori che si stava sgretolando, riflettendo su come il loro amore fosse andato male e chiedendomi perché non fosse durato. Qui ero con Elvis, in attesa del matrimonio, mentre il loro stava forse per finire. Il pensiero mi rendeva triste.
Elvis capì che qualcosa mi preoccupava. "Cosa c'è che non va?" chiese.
Non avevo voluto caricarlo di qualsiasi discussione sui problemi coniugali dei miei genitori prima, ma sentivo che parte dell'essere in una relazione d'amore significava essere onesti con qualcuno. Speravo che si sarebbe aperto con me se qualcosa lo preoccupava, così decisi di non nasconderlo più. Crollai, dicendo a Elvis che i miei genitori non erano compatibili tra loro.
Elvis rimase sorpreso. Dopo aver descritto quello che stava succedendo a casa nostra, disse: "Queste sono condizioni sgradevoli in cui vivere, e non voglio che tu ci viva".
Apprezzai la sua preoccupazione, ma non stavo chiedendo a Elvis di fare qualcosa al riguardo. Mi aveva chiesto cosa avevo in mente, e io mi ero aperta onestamente con lui, spiegai, aggiungendo: "Elvis, questa è una situazione che credo che solo i miei genitori possano risolvere".
Imparai che era impossibile per lui essere un ascoltatore passivo, perché sembrava determinato a voler aiutare.
"Vorrei parlare con tua madre di quello che sta succedendo", disse. "Voglio invitare lei e le tue sorelle a vedere i miei ultimi spettacoli".
Il 19 febbraio, Elvis li fece volare in prima classe sull'American Airlines fino a Johnson City, nel Tennessee. Durante il suo spettacolo, Elvis mi presentò al suo pubblico, insieme a mia madre, Rosemary e Terry.
Il concerto successivo fu a Charlotte. Durante il volo tra il Tennessee e il North Carolina, Elvis prese tempo per parlare con mia madre del suo matrimonio. Ascoltò pazientemente tutto ciò che lei era disposta a condividere.
Sapevo che Elvis non poteva cambiare ciò che i miei genitori provavano l'uno per l'altra, ma apprezzavo profondamente quanto sforzo stava facendo per cercare di confortarla. Disse a mia madre che sperava che le cose funzionassero e le chiese di continuare a cercare una casa.
"Sarà una cosa in meno di cui preoccuparsi", le promise Elvis.
Durante lo show di Charlotte, mi presentò di nuovo. Questa volta, andando avanti con la mia famiglia, disse: "e tutte le piccole Aldens", riconoscendo Terry come Miss Tennessee. Con uno sguardo malizioso, iniziò a camminare verso Terry.
Terry cominciò a scuotere la testa e, sottovoce, la sentii dire: "No... No." Elvis lo ignorò. Guardando dritto verso di lei, chiese a Terry di raggiungerlo sul palco. Aveva interrotto il suo intero spettacolo per scegliere lei.
Terry finalmente salì sul palco accanto a lui, arrossendo.
"Suona quel pezzo strano che suoni", la prese in giro Elvis.
"No", disse Terry.
Ma Elvis le fece cenno di farlo, e alla fine lei prese posto dietro il piano, dove rapidamente suonò una parte della "Toccata".
Mentre Terry si alzava per andarsene, lei si girò verso Elvis e scherzando disse: "Te la farò pagare", dimenticando che il suo microfono era nella sua mano. Più tardi xi mettemmo a ridere, chiedendoci se altri l'avessero sentita.
L'esibizione a Charlotte fu l'ultimo spettacolo di Elvis del tour. Tornammo in aereo a Memphis, dove poté godersi quasi un mese di riposo.
Elvis continuò a visitare la casa dei miei genitori, a volte in motocicletta e non sempre di sera. Non sapevo mai quando Elvis potesse apparire. Se ero a casa a dormire e sentivo il rombo di una moto, mi svegliavo sempre chiedendomi se poteva essere lui.
Potevo dire che Elvis era molto più a suo agio con la mia famiglia, il che mi faceva sentire benissimo. Di tanto in tanto, Elvis entrava in casa nostra e, subito dopo, chiedeva: "Dov'è Rosemary?".
Cercandola, marciava lungo il corridoio e accendeva la luce della sua camera da letto.
Una volta mio fratello si trovava in casa quando Elvis venne a trovarci, ed Elvis parlò della la possibilità di addestrare Mike come guardia a lavorare per lui. Mio fratello lo ringraziò e disse che avrebbe certamente preso in considerazione questo fatto.
In un'altra occasione, Elvis decise di avvicinare mio padre riguardo al matrimonio dei miei genitori. Si sedette nella stanza di Rosemary e parlò con lui per un po'. Più tardi, Elvis mi disse che non sapeva se la loro conversazione fosse servita a risolvere qualcosa, ma era un inizio. Ero stupita da quanto fosse premuroso e di buon cuore con entrambi i miei genitori. Elvis sembrava davvero prenderli come la sua famiglia ora che eravamo fidanzati. Pensavo che fosse di buon auspicio per il nostro futuro come coppia, perché la famiglia era così importante per entrambi.

Non avevo mai perso il mio amore per le moto. Ero entusiasta, quindi, quando una sera eravamo a Graceland ed Elvis mi chiese finalmente di andare in moto con lui. Chiamò Billy Smith e, quando Billy entrò nella stanza, Elvis lo guardò e disse: "Sella le Harley".
Billy se ne andò, e immaginando che Elvis dovesse possedere qualche moto Harley-Davidson, gli chiesi perché le chiamava così. "Perché monopolizzano la strada", disse.
Si infilò la sua tuta blu, si allacciò la sua cintura nera da palcoscenico intorno alla vita e vi infilò una delle sue pistole. Andando nel suo camerino, tornò con la sua giacca di pelle nera e me ne diede un'altra, dicendo: "Ecco, voglio che tu abbia questa".
Era una bellissima giacca di pelle argentata, con fiamme multicolori e un'aquila nera dipinta sulla schiena. Elvis mi porse il casco e scendemmo al piano di sotto.
Fermandoci nella camera da letto di sua nonna, la salutammo velocemente: pensai che fosse dolce che Elvis controllasse Dodger ogni volta che usciva.
Appena indossato il casco, Elvis mi guardò e cominciò a ridere. "Sembri un lecca-lecca", disse. Ero divertita anch'io, sapendo che la mia testa era piccola e il casco era enorme su di me.
Billy e un paio di ragazzi salirono sulle moto e, a cavallo della sua, Elvis disse: "Andiamo, Collo Di Pollo. Sali".
Partimmo lentamente lungo il vialetto ma il mio collo non riusciva a sostenere il peso del casco e continuavo a sbattere la testa contro quella di Elvis. Lui iniziò a ridere e ben presto fummo quasi isterici perché ogni volta che rallentava, il mio casco andava a sbattere contro il suo.
Andammo su e giù per Elvis Presley Boulevard, dove Elvis urlò giocosamente ad un paio di auto di passaggio: "Via dalla mia strada!". Ci stavamo divertendo moltissimo.
Ad un certo punto, Elvis dovette andare in bagno, così ci fermammo ad una stazione di servizio. Alcuni fan ci avevano seguito: scendendo dalla moto, Elvis firmò alcuni autografi. Si prendeva sempre del tempo con i suoi fans.
Girammo ancora un po' nei dintorni e ritornammo a Graceland. Fu una notte divertente, e speravo che ce ne sarebbero state altre come quella.

Ora stavo attivamente immaginando un futuro con Elvis, e mi dilettavo ad immaginare la vita che speravo sarebbe stata arricchita da animali domestici e bambini. Presto feci un passo avanti verso quel futuro. Avevo sempre amato gli alani e avevo preso in considerazione l'idea di prenderne uno. Fui sorpresa quando un giorno ne parlai con Elvis e lui mi disse che aveva avuto degli alani in passato. Pensai che fosse bello che a entrambi piacesse la stessa razza.
Eccitata dalla prospettiva di condividere e prendersi cura di un animale insieme, dissi a Elvis che, quando il cane sarebbe stato cucciolo, avrei potuto tenerlo a casa dei miei genitori, e dopo che ci fossimo sposati, avrebbe avuto spazio per correre a Graceland. Questo ci fece parlare di cani, e potevo dire che Elvis aveva un debole per gli animali dal modo in cui ricordava alcuni degli animali domestici che aveva avuto nel corso degli anni.
I miei genitori ci avevano permesso di avere una varietà di animali domestici e, mentre ci scambiavamo storie, lui suggeriva di prenderne uno. In seguito trovai un annuncio sul nostro giornale locale per alcuni cuccioli. Un giorno, all'insaputa di Elvis, andai a Sayreville, Tennessee, e acquistai un alano maschio nero con una piccola stella bianca sul petto. In onore del tema di apertura dei concerti di Elvis, decisi di chiamarlo Odyssey. Non vedevo l'ora di mostrarlo a Elvis! Lo portai a Graceland: goffo, con grandi e lunghe zampe, Odyssey era grande già all'età di un paio di mesi. Il cucciolo non aveva alcuna esperienza con le scale, così, sperando che nessuno mi vedesse, mi misi sopra di lui, presi una zampa alla volta e lentamente aiutai Odyssey a salire le scale di fronte. Elvis e Billy stavano chiacchierando nella stanza di Lisa quando arrivai. Entrai nella porta, trascinando il mio nuovo cucciolo e dissi: "Questo è Odyssey".
Sorpresi, iniziarono a ridere. Billy cominciò a scherzare, chiamando il cane Oddball. Ero un po' suscettibile al riguardo, cosa che Elvis notò. Diede a Billy un'occhiata infastidita e disse che pensava che Odyssey fosse carino. Billy lasciò la stanza e Elvis si scusò. Disse che anche lui aveva guardato sul giornale, dove aveva visto lo stesso annuncio e che avrebbe chiamato.
Nei giorni successivi, divisi il mio tempo tra cercare di addestrare Odyssey a casa e andare a vedere Elvis. Stava chiaramente pensando a come sarebbe stato il nostro futuro insieme, perché un giorno, Elvis disse: "Devi imparare che sei tu la donna di casa".
"Ok", accettai. Mi riscaldò sentire questo. Anche se non vivevo ancora a Graceland, era meraviglioso sapere che Elvis stava già pensando a me in questo modo.
Allo stesso tempo, ero un po' preoccupata e mi chiedevo come avrei potuto facilmente passare in questo ruolo senza disturbare o offendere coloro che gestivano Graceland dietro le quinte. Non volevo pestare i piedi a nessuno. Non avevo avuto l'opportunità di stare al piano di sotto e visitare le altre persone che frequentavano regolarmente la casa, quindi non avevo instaurato un rapporto stretto con nessuno di loro. Inoltre, venivo anche da un'educazione borghese, una di quelle in cui ci si puliva la casa e cucinavi i tuoi pasti. Avere cameriere e aiutanti ai tuoi ordini a qualsiasi ora del giorno e della notte era ancora una novità per me, a cui cercavo di abituarmi mentre stavo con Elvis. Ero fiduciosa, però, che più tempo passavo a Graceland, più mi sarei sentita a mio agio e che avrei saputo le cose giuste da dire e da fare come sua moglie.
Nel frattempo, Elvis continuava a dimostrare la sua crescente fiducia e il suo impegno nei miei confronti dandomi il telecomando di un cancello elettrico che si apriva sul retro della sua proprietà. Una strada laterale portava alla portineria a questo ingresso posteriore, dove una guardia era sempre in servizio. Elvis usava spesso questa strada quando voleva andare e venire da Graceland in privato. Ora voleva che io potessi arrivare o andarmene senza preavviso quando volevo. Era un piccolo passo, ma un grande gesto; un modo in più per dire, "Voglio che tu abbia pieno accesso alla mia vita".
Una sera, Elvis guardò la sua camera da letto con uno sguardo pensieroso e improvvisamente annunciò che voleva ridecorare la sua casa. Si eccitò quando iniziammo a parlare di questa cosa: "Graceland dovrebbe tornare a vivere", disse Elvis allegramente. "Dopo che ci saremo sposati, voglio rifare la mia camera da letto". Fece una pausa con un sospiro. "Poi viene il compito mostruoso del piano di sotto", disse, si voltò verso di me e mi prese la mano. "Voglio che ci sia anche molto di quello che ti piace", disse.
"Sarà divertente", concordai, eccitata dalla prospettiva di ridecorare Graceland. Anche se l'idea di questa impresa fosse un po' intimidatoria, ero sicura che Elvis mi avrebbe guidato con successo.
Era qualcosa che potevamo fare insieme e che mi avrebbe fatto sentire più parte della sua casa. Il design degli interni faceva appello anche al mio lato artistico.
"Quali colori per il piano di sotto?" mi chiese.
Ci pensai per un minuto: "Il verde sarebbe carino, con alcune piante e forse un grande acquario".
Elvis annuì. "Ok." Disse che un'altra delle cose che gli sarebbe piaciuto fare era ridecorare il bagno delle donne nel suo ufficio. Mi chiese di scegliere i colori anche per quello.
"Turchese e bianco sarebbe bello", dissi subito. Avevo sempre amato quella combinazione per un bagno.
Parlò anche di ridecorare la sua casa di Palm Springs e di mettere una sala di proiezione, rendendola come un piccolo cinema con sedie king e queen per noi due.
Parlare di come voleva cambiare alcune cose mi fece visualizzare veramente i dettagli di come poteva essere la nostra vita insieme per la prima volta. Ero entusiasta e mi lasciai trascinare dalla sua visione, aggiungendo le mie idee qua e là.
Un pomeriggio, mi svegliai a Graceland prima di Elvis e decisi di scendere per dare un'occhiata in giro.. Se dovevamo ridecorare la casa, volevo essere in grado di considerare le nostre scelte, e non mi sentivo di conoscere bene le stanze del piano di sotto perché la maggior parte del mio tempo l'avevo passato al piano di sopra.
Entrai nella sala da pranzo e cominciai a guardare alcuni oggetti disposti su uno scaffale in un mobile ad angolo. A un certo punto mi girai e rimasi sorpresa nel vedere la cameriera, Lottie, seduta al tavolo della sala da pranzo, che mi guardava. Non l'avevo sentita entrare.
"Ciao", dissi.
Lottie sorrise e mi salutò a sua volta, ma io provai una certa trepidazione, come se mi fossi intrufolata in una stanza in cui non avrei dovuto essere. Per me, cercare di sentirmi a casa a Graceland era come cercare di sentirsi alla Casa Bianca. Mi voltai indietro e continuai a esaminare gli oggetti sugli scaffali, un po' consapevole di me.
"Puoi cambiare tutto quello che vuoi", disse Lottie, sorprendendomi.
Elvis doveva averle detto qualcosa sul fatto che sono la padrona di casa, pensai felicemente mentre mi mi girai per sorridere di nuovo a Lottie.
"Va tutto bene", risposi. Non ero scesa di sotto per iniziare a cambiare le cose. Volevo solo dare un'occhiata un po' in giro. Volevo anche che Lottie si sentisse a suo agio con me. Anche se apprezzavo il suo comportamento deferente, mi conoscevo troppo bene. Non mi sarei mai sentita a mio agio nel dare ordini a lei o a qualsiasi altro del personale, donna di casa o no.
25/11/2021 21:21
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CAPITOLO 19


Verso la fine di febbraio, Elvis mi chiese: "Sei mai stata alle Hawaii?".
Sapevo che aveva girato alcuni film alle Hawaii e vi aveva fatto un concerto tre anni fa, ma non sapevo se ci fosse tornato di recente. Elvis non sapeva ancora quanto poco avessi viaggiato prima di incontrarlo, mi resi conto.
"No", risposi.
Un sorriso si insinuò sul suo volto. "Mi piacerebbe molto portarti lì", disse.
Wow, pensai. Sarebbe un sogno che si avvera! Avevo sempre voluto andare alle Hawaii. "Mi piacerebbe vederle", dissi.
E così fu deciso: Elvis voleva partire il 3 marzo e invitò gentilmente tutta la mia famiglia. Solo le mie sorelle sarebbero state in grado di fare questo viaggio, e i miei genitori si offrirono di prendersi cura di Odissea.
La sera della nostra partenza, ero seduta con Terry e Rosemary nel soggiorno di Graceland, facendo i bagagli e aspettando che Elvis finisse di prepararsi al piano di sopra, quando suonò il campanello. Una delle cameriere aprì.
Un uomo, vestito in un completo e con una valigetta, entrò nell'atrio, accompagnato da una donna. Passando davanti a me e alle mie sorelle, salirono al piano di sopra, lasciandoci a chiederci chi fossero.
Non molto tempo dopo, qualcuno mi chiese di salire. Entrai nell'ufficio di Elvis e lo vidi seduto alla sua scrivania, che parlava con Charlie e i due sconosciuti. Elvis mi presentò l'uomo come il suo avvocato, Beecher Smith, e la donna come la moglie di Beecher. Il testamento di Elvis era sulla scrivania davanti a loro.
"Ho bisogno di testimoni, e tu e Charlie siete vicini", disse Elvis.
Questo era il primo documento d'affari che avevo visto messo davanti a lui. Era ovvio che Elvis non voleva essere disturbato, dato che iniziò a fare commenti sulle Hawaii e sembrava ansioso di andarsene.
Notai che, nell'ultima pagina del suo testamento, l'anno 1976 era stato cancellato e al suo posto c'era scritto 1977.
Elvis non lesse nulla in mia presenza: firmò velocemente il testamento e poi Charlie, la signora Smith ed io firmammo a nostra volta come testimoni. Non feci mai domande sul testamento: lo vidi semplicemente come un piccolo affare che Elvis doveva fare prima di partire.
Un po' di tempo dopo, eravamo sulla strada per l'aeroporto, tutti eccitati per il viaggio. Dissi che era una sorpresa extra-speciale per Terry perché era il suo compleanno. Che bel regalo di compleanno!
Elvis sorrise e le augurò un buon compleanno. A Graceland avevo saputo che anche Charlie, Billy e Jo Smith sarebbero andati alle Hawaii ma solo quando arrivammo all'aeroporto e salimmo a bordo del Lisa Marie mi resi conto di quante persone erano effettivamente riunite per il viaggio: aiutanti, fratellastri, mogli, fidanzate, guardie del corpo, Lamar, Larry e persino il dottor Nichopoulos e tutta la sua famiglia erano tutti a bordo dell'aereo. Scoprire questo mi ricordò che gli impulsi generosi di Elvis non erano riservati solo a me e alla mia famiglia, ma si riversavano su tutti quelli che lo circondavano.
Elvis salutò tutti e poi mi chiese di raggiungerlo in fondo all'aereo. Sospettavo che si sentisse più a suo agio in camera da letto durante il decollo. Dopo che il Lisa Marie era in volo, ci spostammo davanti per visitare i vari membri del gruppo. Elvis non aveva mai incontrato alcune delle ragazze che erano venute con noi. Una di loro era l'accompagnatrice di Lamar. Aveva un divertente senso dell'umorismo e andava d'accordo con Rosemary e Terry.
Atterrammo a Oakland, California, dove Ed Parker e sua moglie, Leilani, salirono sull'aereo. Con la loro aggiunta, pensai che ora dovevano esserci almeno trenta persone a bordo! In poco tempo eravamo di nuovo in volo e sorvolavamo l'Oceano Pacifico. Durante questa parte del viaggio, Elvis rimase principalmente nella parte posteriore dell'aereo con me e le mie sorelle con la porta chiusa. Ad un certo punto iniziò a parlare di ratti e disse che che il suo aiutante Dean sembrava uno di loro. Elvis scherzava sui ratti, sul formaggio e su altre persone a bordo che pensava assomigliavano a dei ratti. Io e le mie sorelle gli facemmo credere di essere in un film con le telecamere accese. Immaginando i ratti intorno a lui, Elvis inarcò le spalle e, con uno sguardo di panico, improvvisamente gridò: "Ratti! Sono milioni! Sono tutti intorno a me, strisciano su tutto il mio corpo!".
Era bello vederlo divertirsi così tanto.
Dopo un po', Rosemary, Terry ed io andammo davanti a prendere uno spuntino e un drink. Elvis si sedette nella stanza appena fuori dalla camera da letto, e il dottor Nichopoulos tornò indietro e cominciò a chiacchierare con lui.
Io e le mie sorelle prendemmo il nostro rinfresco e ci dirigemmo di nuovo verso la camera da letto. Elvis era ancora in conversazione con il Dr. Nichopoulos e, mentre li superavamo, Rosemary guardò Elvis.
"Vuoi del formaggio?" chiese.
Lui rise, la zittì e disse: "Esci di qui, Rosemary".
Elvis ci raggiunse presto in camera da letto e chiese a Rosemary: "Allora, cosa sta succedendo davanti?".
"Oh, non molto", disse lei, poi casualmente gli disse cosa stavano facendo alcune persone, incluso Charlie, il quale stava parlando con Ed di alcuni dei libri che Elvis aveva letto.
Quando lei menzionò questo, Elvis chiese: "Charlie sta facendo cosa?".
Elvis allora ci disse che Ed era un mormone devoto, e disse che era preoccupato che Charlie bevesse e che dicesse cose sbagliate sui suoi libri. Sentii che Elvis non voleva far arrabbiare Ed.
Elvis chiamò Charlie per farlo venire sul retro. Quando Charlie entrò, Elvis disse: "Charlie, amico... Stai attento a come parli dei miei libri con Ed".
Charlie sembrava perplesso. "Non stavo facendo niente di male", disse, ma Elvis non voleva sentirlo. Con l'aria un po' ferita, Charlie sgattaiolò fuori dalla porta.
Mentre ci avvicinavamo alle Hawaii, Elvis cominciò a fare delle rapsodie sulle isole. Più tardi, Elvis mi sussurrò: "Ti immagini se ci sposassimo qui? Sarebbe un colpo di fulmine per tutti".
Mi bloccai per un momento. Stava davvero prendendo in considerazione la cosa? Poi, come se si ricordasse, Elvis disse: "Dio mi dirà quando sarà il momento giusto, però".



Quando la Lisa Marie atterrò sull'isola di Oahu, Elvis rese il momento ancora più magico quando iniziò a cantare dolcemente "Blue Hawaii" a me e alle mie sorelle. Non potevo credere che fossimo davvero qui!
Mentre seguivo Elvis all'esterno su una scala mobile, la prima cosa che mi colpì fu il profumo travolgente di fiori. Gli hawaiani ci salutarono mettendoci dei bellissimi leis intorno al collo dopo aver sceso le scale.
Viaggiammo con Elvis in una limousine dall'aeroporto, mentre il resto del gruppo seguiva in un piccolo autobus. Circa venti minuti dopo, ci fermammo sul terreno della Rainbow Tower all'Hilton Hawaiian Village. Sembrava un paradiso tropicale con i suoi giardini, gli stagni e le cascate. Elvis aveva prenotato una suite al trentunesimo piano e aveva fatto in modo che Terry e Rosemary alloggiassero in una camera da letto dall'altra parte del soggiorno rispetto alla nostra. Alcuni dei ragazzi entrarono per aiutarci a sistemarci nella nostra stanza. Portarono le valigie, disposero i libri di Elvis e lasciarono un foglio di contatto in modo che sapessimo chi era in servizio e quando.
Elvis mi prese per mano e mi condusse sul balcone della suite, dove ammirai una vista incredibilmente bella, da cartolina, della sottostante spiaggia di Waikiki e, in lontananza, di un cratere vulcanico che Elvis diceva essere Diamond Head. Non vedevo l'ora di vedere tutto da vicino.
Rosemary e Terry stavano scendendo per dare un'occhiata in giro, ma prima che lo facessero, Elvis si ricordò del compleanno di Terry e chiamò premurosamente un gioielliere che venne nella nostra suite con una selezione di pezzi.
Generoso come sempre, Elvis scelse un bellissimo anello e lo regalò a Terry. Le mie sorelle alla fine se ne andarono e alcune altre persone si fermarono nella nostra suite per salutarci. In poco tempo, comunque, Elvis andò in camera da letto dove scelse alcuni libri, pronto a leggere e a rilassarsi. Poteva davvero voler leggere ora, mi chiedevo, quando c'era così tanto da vedere? Poi mi venne in mente: eravamo in piedi da quasi ventiquattro ore. Ero troppo eccitata per sentire gli effetti del jet lag o della nostra notte insonne. Ora mi rendevo conto che Elvis si stava probabilmente stancando, così lo raggiunsi sul letto. Leggemmo un po' e poi dormimmo.
Appena sveglia, pensai che Elvis avesse in programma qualcosa da fare per noi o qualcosa che volesse mostrarmi, visto che era già stato qui. Mi sorprese, però, dicendomi che sarei dovuta andare con Terry e Rosemary alla spiaggia di fronte all'hotel. Volevo tanto che Elvis venisse con noi, ma quanto avrebbe potuto camminare fuori senza essere riconosciuto e molto probabilmente assalito? Non molto, mi resi conto. Eppure, odiavo il pensiero di lasciarlo seduto qui dentro da solo mentre il resto di noi usciva e si divertiva. Ci doveva essere un modo per farlo uscire dall'hotel.
Le mie sorelle erano già tornate nella suite. Noi tre provammo a convincere Elvis a sgattaiolare al piano di sotto in incognito. Rosemary suggerì una parrucca e degli occhiali diversi, ma lui scosse la testa.
"Nah", disse. "Non voglio indossare quello".
Era un bellissimo hotel, ma ora mi chiedevo chi avesse organizzato il nostro soggiorno in quel particolare posto -un hotel dove Elvis chiaramente non poteva uscire e rilassarsi perché c'era troppa gente intorno.
Quando alcuni membri del suo entourage si presentarono nella suite per fare visita ad Elvis, sapendo che non sarebbe stato solo, decisi di accompagnare le mie sorelle alla spiaggia. Era veramente un paradiso, con le palme e il limpido oceano turchese. Rosemary rimase all'ombra, ma Terry ed io scegliemmo un punto sulla sabbia dove potevamo sdraiarci sui nostri asciugamani e prendere il sole.
Terry e io eravamo entrambi ignari della forza dei raggi del sole alle Hawaii. Non restammo sulla spiaggia a lungo, ma quando tornammo nella suite, Terry - che era più chiara di me, scoprì che il suo corpo e il suo viso erano seriamente bruciati dal sole. Le sue labbra erano esplose come piccole salsicce! Questo accadeva anni prima che il collagene diventasse di moda, e Terry era mortificata.
Anche il mio viso era gravemente ustionato e le mie palpebre erano gonfie.
Appena Elvis ci vide, chiese a Larry di venire nella suite per provare alcune tecniche di guarigione su Terry. Larry arrivò e Terry si sdraiò sul letto. Mentre Rosemary ed io stavamo a guardare, Larry ed Elvis misero le loro mani pochi centimetri sopra la schiena e le gambe di Terry, dicendole di pensare a dei colori. Elvis menzionò qualcosa sul gel di aloe vera e chiese a un assistente di trovarne un po'; disse a Terry che avrebbe dovuto spalmarlo sulla sua scottatura. Né io né le mie sorelle conoscevamo il gel, ma Terry soffriva e speravo che una delle cose che Elvis e Larry stavano gentilmente cercando di fare le avrebbe dato conforto. In poco tempo, qualcuno portò del gel e Terry ed io lo applicammo e ci aiutò a sentirci un po' meglio.



La musica hawaiana suonava continuamente fuori sulla spiaggia. Quella sera, io e le mie sorelle sfidammo Elvis ad andare sul balcone a cantare con lui. Lui uscì, io mi misi accanto a lui e lui iniziò a cantare. Fu un altro momento perfetto, mentre le fiamme delle torce tiki illuminavano dolcemente la spiaggia sotto di noi e io guardavo l'oceano mentre ascoltavo la serenata di Elvis.
Chiamai i nostri genitori per fargli sapere che eravamo arrivati sani e salvi. Andai con Rosemary e Terry nella loro stanza e composi un operatore per fare una chiamata a carico del destinatario. Elvis entrò e chiese cosa stessi facendo.
"Sto cercando di raggiungere i nostri genitori".
Mi prese il telefono dalle mani e disse nel ricevitore: "Sono Elvis Presley e sto cercando di essere collegato".
Naturalmente l'operatore non gli credette. Io e le mie sorelle iniziammo a ridere mentre lui iniziava a cantare nel tentativo di convincere la donna. Funzionò. In pochi secondi, stavo parlando con i miei genitori e facendo loro sapere che stavamo tutti bene.
Elvis si rilassò per il resto della serata, visitando alcune persone nella nostra suite, e poi andammo a letto. Quando ci svegliammo il giorno dopo, decise di mandarmi a fare shopping con Rosemary e Terry.
Ancora chiedendomi quando, o anche se, Elvis sarebbe mai uscito, mi misi una canottiera all'uncinetto e dei jeans. Mentre iniziavo ad uscire, Elvis mi fermò.
"Ginger, non voglio che tu esca così", disse.
Confusa, lo guardai per un minuto, chiedendomi cosa ci fosse di sbagliato nel mio abbigliamento.
"Vorrei che ti mettessi una camicia sopra", aggiunse.
Perché lo stava dicendo? Era protettivo? Non voleva che altri uomini mi guardassero? Era la prima volta che vedevo Elvis reagire così a qualcosa che avevo scelto di indossare. Ero lusingata dalla sua preoccupazione, non importa cosa l'avesse provocata.
"Ok", dissi. Mi misi una maglietta sopra il top e me ne andai con le mie sorelle, che erano scese prima e si erano imbattute nella ragazza di Lamar, che era "rossa come un'aragosta". L'altra donna aveva detto loro di essersi scottata di proposito il primo giorno per non farsi toccare da Lamar. Aveva anche un pacchetto di gomme da masticare con lei, e diceva costantemente a Lamar che sarebbe andata a prendere le gomme per non dover stare nella stessa stanza con lui. Mentre gli altri cenavano fuori, io e le mie sorelle mangiavamo nella suite con Elvis. Dopo cena, alcuni membri del gruppo vennero a trovarci e più tardi Elvis menzionò qualcosa sui Mai Tai. Questo mi sorprese. Tranne Charlie che si godeva un cocktail e una bottiglia di vodka che avevo notato una volta spuntare parzialmente da uno zaino che Ricky portava in tour, non avevo ancora visto Elvis o altri intorno a lui bere.
Quando io e le mie sorelle dicemmo a Elvis che non avevamo mai bevuto un Mai Tai, lui chiese a uno dei ragazzi di ordinarne alcuni da mandare su nella suite. Io e le mie sorelle ne prendemmo uno ciascuno, ma Elvis ne bevve tre. Non molto tempo dopo iniziò a marciare sul posto. Cominciammo tutti a ridere, specialmente quando Elvis si alzò sul divano e cominciò a camminare avanti e indietro sui cuscini. La sua faccia si arrossò presto, però, ed Elvis si sedette rapidamente, dicendoci che non doveva bere davvero perché aveva la pressione alta e prendeva delle pillole. Ero felice che ce l'avesse detto. Non ne avevo idea.
Più tardi, Elvis chiamò di nuovo un gioielliere. Questa volta scelse delle collane di conchiglie puka per tutti, compreso se stesso. Pensando gentilmente a mia madre, Elvis ne comprò una anche per lei.
Quella sera prese anche la decisione di affittare una casa sulla spiaggia per avere un po' di privacy. Io ero felice, sentendo che ora sarebbe stato in grado di uscire e divertirsi con il resto di noi.
Fino alle prime ore del mattino, io e le mie sorelle eravamo sole con Elvis. Era ancora di umore gioviale e tirava fuori di nuovo i ratti. Si stava divertendo, parlava ad alta voce e ogni tanto gridava qualcosa che aveva a che fare con i ratti. Mi piaceva vederlo comportarsi come un grande bambino e divertirsi così con le mie sorelle. Ero felice che Elvis sembrasse aver lasciato le sue preoccupazioni sulla terraferma.
Prima di andare a dormire quella mattina, Elvis mi disse che, se volevo dare un'occhiata ai negozi dell'hotel al piano di sotto, avrei dovuto farlo, perché quel pomeriggio saremmo partiti per vedere alcune case.
Quando io ed Elvis ci svegliammo, chiesi alle mie sorelle se volevano accompagnarmi. Terry soffriva ancora per la scottatura, così optò per rimanere nella sua stanza, ma Rosemary disse che sarebbe andata.
Curiosammo per un po' nei negozi al piano di sotto. Quando tornammo, Terry ci incontrò nel soggiorno e ci disse che Elvis aveva bussato alla sua porta ed era entrato nella sua stanza. Voleva dello yogurt e le aveva dato la sua lista con i numeri delle stanze dell'entourage, chiedendole di chiamare qualcuno per fargliene avere un po'. Lei era andata in salotto e aveva cominciato a chiamare. Nessuno rispondeva in nessuna stanza, ed Elvis cominciò ad irritarsi mentre lei scorreva la lista completa.
"Nessuno di loro ha controllato se avevo bisogno di qualcosa", le aveva detto Elvis con rabbia. "Questi non sono amici".
Volendo aiutarlo, Terry era uscita nel corridoio e aveva parlato con una guardia di stanza presso gli ascensori, chiedendo uno yogurt per Elvis. Fu presto portato nella stanza.
Fortunatamente, Elvis era di umore migliore quando lo vidi, ma ero sicuro che avrebbe avuto delle parole dure da dire a pochi eletti, se non l'avesse già fatto.



Per guardare le case sulla spiaggia, Elvis indossò una tuta da jogging azzurra, una giacca di nylon blu, un paio di scarpe da ginnastica e un cappello di spugna. Era diverso vederlo vestito così. I jeans erano popolari, ma non avevo ancora visto Elvis indossarli. Ora gli chiesi perché.
"Perché ho dovuto farlo quando ero piccolo", rispose.
Sospettavo che indossare i jeans ricordasse ad Elvis un periodo della sua giovinezza, quando la sua famiglia aveva pochi soldi e quello era tutto ciò che potevano permettersi.
Raccolsi alcune delle mie cose e lasciai l'hotel con Elvis, le mie sorelle e alcuni degli altri. Era un viaggio di mezz'ora verso l'altro lato dell'isola. Dai finestrini della limousine, ammiravo il verde lussureggiante della campagna. La bellezza dell'isola era più che sorprendente. Arrivammo a una casa privata e la visitammo con un responsabile locale. In una stanza c'era una grande finestra con una caratteristica bizzarra: quando si premeva un pulsante, sembrava che fuori stesse piovendo. Elvis si sedette su un divano, rilassandosi un attimo e contemplando la casa. Joe Esposito era venuto insieme a noi. Aveva con sé una macchina fotografica e cominciò a scattare foto di Elvis.
Rosemary aveva preso posto sul pavimento lì vicino e stava prestando attenzione ad alcuni che stavano chiacchierando. Improvvisamente, vidi che Elvis girò il suo sguardo verso di lei. Rosemary lo guardò di nuovo, sorrise, poi rivolse la sua attenzione altrove. Un grande sorriso si diffuse sul suo viso mentre continuava a guardarla. In breve, si alzò e, mentre passava davanti a lei, si girò improvvisamente e le saltò addosso. Rosemary cadde all'indietro con Elvis sopra di lei.
Qualcuno scattò una foto della loro spontanea zuffa mentre tutti noi ridevamo. Poi Elvis si alzò e aiutò Rosemary ad alzarsi in piedi.
Elvis decise che non gli piaceva questa prima casa, così andammo a vederne un'altra. La seconda era vicina alla spiaggia e aveva accesso alla piscina di un vicino. Ad Elvis piacque e decise immediatamente che avremmo soggiornato lì. Mise le mie sorelle in una camera da letto vicina alla nostra e Billy e Jo Smith in una stanza in fondo al corridoio. Il Dr. Nichopoulos sarebbe stato in una stanza dall'altra parte della casa e, come al solito, Elvis voleva che anche uno o due aiutanti rimanessero in casa. Il resto del gruppo sarebbe rimasto in albergo.
In poco tempo, tutti raggiunsero Elvis in casa ed Elvis decise che voleva andare in spiaggia. Faceva così caldo che trovammo delle forbici e tagliammo le maniche lunghe della giacca della sua tuta da jogging. Pensai che qualcuno sarebbe tornato all'hotel per portarci le valigie. Io ed Elvis ci sedemmo su alcune piccole tavole di schiuma sulla sabbia. Alcune persone si tuffarono nell'oceano, ma Elvis ed io restammo sulla spiaggia, godendoci la vista serena e guardando gli altri nuotare. Era meraviglioso rilassarsi con lui alla luce del sole.
In poco tempo, Joe tirò fuori di nuovo la sua macchina fotografica e cominciò a scattare altre foto. Io avevo con me una macchina fotografica Polaroid; per rispetto della privacy di Elvis, non avevo ancora scattato alcuna sua foto. Tuttavia, ora che lo fece Joe, decidetti di fare anch'io un paio di foto, cosa che anche altri iniziarono a fare.
Poco tempo dopo, Rosemary mi disse che quando era seduta accanto ad Elvis, lui aveva confessato di desiderare che venissero scattate solo polaroid. Il problema dello sviluppo della pellicola, spiegò, era che la persona che lo faceva poteva poi decidere di vendere le fotografie. Questo era un altro ricordo che la sua celebrità gli aveva a volte tolto un po' di piacere dalle attività ordinarie che il resto di noi dà per scontato.
Alla fine io ed Elvis ci addormentammo verso l'alba. Quando mi svegliai quel pomeriggio, Terry mi disse che quando lei e Rosemary avevano aperto la porta della loro camera da letto, avevano visto un enorme pezzo di formaggio sul
pavimento della porta di casa. Mi misi a ridere, felice che tutti i nostri scherzi sui ratti sembravano aver lasciato una certa impressione su Elvis!
Qualcuno era uscito prima e aveva comprato dei top da far indossare a Elvis, ma erano felpe di cotone a maniche corte. Faceva così caldo fuori che presi delle forbici e tagliai il collo di una, rendendola più larga in modo che potesse metterla in testa più facilmente, e sperando che la scollatura più aperta lasciasse entrare più aria per lui e lo tenesse più fresco. Non sapevo se Elvis avesse con sé dei pantaloncini o un costume da bagno, dato che aveva scelto di indossare un paio di pantaloni leggeri, ma decisi di cercare delle camicie che fossero fatte di un materiale più leggero per lui. Fece in modo che qualcuno portasse me e le mie sorelle a fare shopping e andammo a curiosare in alcuni negozi vicini. Comperai alcune camicie che speravo gli piacessero.
Quando tornammo, scoprii che Elvis e alcuni ragazzi del gruppo avevano giocato a touch football mentre eravamo via. Odiavo perdere l'occasione di vederli giocare, ma potevo dire che era stata dura, perché il cugino di Elvis, Billy, aveva un ginocchio gonfio.
Poco dopo ero in cucina quando entrò la ragazza di Joe, Shirley. Non avevo parlato molto con lei dalla nostra avventura di shopping a Las Vegas, ma eravamo sempre cordiali ogni volta che ci vedevamo. Mentre parlavamo, Shirley disse che aveva pranzato con Priscilla Presley non molto tempo fa, e che Priscilla le aveva chiesto se io ed Elvis eravamo fidanzati. Questo mi sorprese; non sapevo che fosse amica di Priscilla.
"Cosa le hai detto?", chiesi.
"Le ho detto: 'Beh, ha un anello di fidanzamento'", disse Shirley.
Sapevo che la notizia del nostro fidanzamento doveva ormai essere circolata in tutto il gruppo, ma improvvisamente mi resi conto che non avevo memoria di essermi mai congratulata con Shirley, Joe, il dottor Nichopoulos, Lamar, o da pochi altri che circondavano regolarmente Elvis. Questo era certamente strano e inspiegabile.
"Avete fissato la data del matrimonio?" Chiese Shirley.
"No."
"Dovresti menzionare il matrimonio a Elvis, per spingerlo un po'", disse lei. "Dovresti parlarne di più".
Questa idea non mi piaceva. Ricordavo che Elvis una volta mi aveva detto che pensava che quando si trattava di matrimonio, spettava all'uomo chiedere, ed Elvis mi aveva già detto un paio di volte che Dio sarebbe venuto a dirgli quando era il momento giusto. Volevo che ne fosse sicuro. Shirley stava cercando di aiutarmi o di ferirmi?
"Shirley, non voglio farlo", dissi, sentendomi in imbarazzo. Abbiamo lasciato cadere l'argomento e ho lasciato la cucina pochi minuti dopo. Sfortunatamente, ora, quando si trattava di Shirley, sentivo che la mia guardia doveva essere alzata.



Elvis aveva iniziato ad alzarsi un po' prima durante il giorno e passava più tempo all'aria aperta. Tuttavia, spesso voleva ancora che leggessi con lui all'interno, e quando usciva, non rimaneva molto a lungo vicino alla piscina e non sembrava che volesse mai andare a nuotare.
Con così tante altre persone intorno e la forte possibilità che qualcuno facesse delle foto, notai che Elvis restò completamente vestito perché non si sentiva a suo agio a togliersi la maglietta. Pensai che forse si sentiva a disagio per le cicatrici sulla schiena lasciate da alcuni dei suoi abiti di scena. Ma l'avevo visto senza camicia e stava bene.
Di tanto in tanto cercavo di convincerlo ad entrare in acqua, ma perché non riuscivo a farlo entrare nell'oceano, cercavo di divertirmi lo stesso e di solito nuotavo con Terry.
Elvis ed io non avevamo ancora provato nessuna delle prelibatezze hawaiane locali. Lui si limitava principalmente a certi cibi che gli piacevano - cibi familiari come la pizza e i cheeseburger - anche se beveva una discreta quantità di succo di papaya, che era così facilmente disponibile.
La prima volta che Elvis si avventurò tra il pubblico alle Hawaii fu per un giro di shopping in un centro commerciale locale. Sorprendentemente, riuscimmo ad entrare in uno dei negozi senza che nessuno si accorgesse di lui.
Curiosammo nelle corsie e ci imbattemmo in alcune grandi candele a forma di piramide. Incuriosito, Elvis ne comperò alcune. Trovò anche un crocifisso di madreperla su un supporto che gli piaceva.
Stavo dando un'occhiata al negozio con le mie sorelle quando Joe si avvicinò e ci disse di non mostrare ad Elvis qualcosa di costoso perché probabilmente l'avrebbe comprato. Secondo Joe, Linda Thompson una volta aveva indicato a Elvis un costoso distributore di gomme da masticare anche dopo che Joe le aveva chiesto di non mostrarglielo.
"Sicuramente Elvis lo comprò, e lui non aveva bisogno di cose del genere", disse Joe.
Mi chiedevo se Joe avesse sempre gestito le spese di Elvis. Da un lato, era bello che Joe lo sorvegliasse ma dall'altro lato, Joe doveva dire cosa Elvis doveva o non doveva avere? Joe non ci conosceva bene, ma io e le mie sorelle non eravamo il tipo di persone che avrebbero approfittato della generosità di Elvis. Questo mise un po' a tacere il divertimento che avevo provato mentre guardavo le cose con Elvis, perché i prezzi della maggior parte degli articoli nel negozio non erano visibili e ora avevo paura di commentare o indicare qualcosa.
In un secondo negozio, Elvis ammirò alcuni incredibili abiti ingioiellati. Cominciò a sceglierne alcuni per le mie sorelle, Jo Smith, lui stesso e me. Improvvisamente notai che la gente si radunava fuori dal negozio e sapevo che si stava spargendo la voce che Elvis era qui. Elvis li notò nello stesso momento e decise che era tempo di andarsene. Capivo certamente che gli altri volevano vederlo, ma avrei voluto che fosse rimasto fuori un po' più a lungo.
Non ho mai saputo che Elvis portasse personalmente un portafoglio; dopo aver scelto gli abiti, un membro del suo staff si mise in fila per pagare i suoi articoli. Mentre stavamo vicino al bancone, un uomo stava comprando qualcosa. Elvis chiese per chi fosse e l'uomo, comprensibilmente stupito nel vedere Elvis in piedi accanto a lui, disse che era un regalo per sua moglie. Elvis allora pagò anche l'oggetto dell'uomo.
Sulla strada di casa, Elvis voleva mostrarci un'attrazione turistica, così chiese al nostro autista di fermarsi in una zona chiamata Halona Blowhole. Si trattava di un evento naturale creato dai tubi di lava delle eruzioni vulcaniche. Mentre guardavamo da un belvedere, le onde si infrangevano contro le formazioni sotto di noi e ogni tanto l'acqua dell'oceano spruzzava in alto nell'aria. In breve tempo, alcuni turisti riuniti riconobbero Elvis e si avvicinarono a noi. Gentilmente, posò per delle foto e firmò alcuni autografi prima di andarsene.



Le Hawaii erano un posto incredibilmente bello, ma oltre al paesaggio mozzafiato, era anche una meravigliosa opportunità per Elvis di rilassarsi e divertirsi. C'era un tavolo da ping-pong in casa, e una volta sfidai Elvis ad una partita. Pensai che sarebbe stato divertente e che avrebbe fatto bene ad Elvis fare un po' di esercizio. Gli chiesi digiocare.
"No, non voglio", ha detto.
Prendendolo in giro, gli dissi: "Non puoi. Ecco perché".
Elvis sogghignava mentre io continuavo a tenergli testa. Alla fine, camminò con me nella stanza con il tavolo da ping-pong e iniziammo a giocare.
Colpimmo la palla un po' di volte, ma poi Elvis cominciò a sbattere la palla così forte contro di me che divenne impossibile rispondere ai suoi colpi. Alcuni assistenti erano nella stanza con noi; più tardi, uno di loro mi disse che non poteva crederci, perché non aveva mai visto Elvis giocare a ping-pong prima. Non ero sicura che si potesse chiamare Ping-Pong, ma fu divertente finché durò.
Un'altra volta, Elvis iniziò a mostrare a me e alle mie sorelle alcune mosse di karate nella sua camera da letto. Rosemary decise di sfidarlo e chiese: "E se tu fossi sulla spiaggia e avessi solo un braccio, e qualcuno ti prendesse a calci la sabbia in faccia?".
Elvis si sedette sul pavimento e Rosemary si avvicinò a lui, fingendo di calciargli la sabbia. Usando un braccio, Elvis le afferrò la gamba e, cercando di essere gentile, la fece cadere dai piedi. Terry e io eravamo sdraiati dall'altra parte del letto, ridendo di loro due. Rosemary si rialzò, guardò Elvis e chiese: "Ok, e se tu non avessi braccia e solo gambe?" Si avvicinò di nuovo a lui.
Usando solo le gambe, Elvis la riportò a terra in un batter d'occhio. Elvis iniziò a a ridere. Ancora, Rosemary continuava a mettere alla prova la sua esperienza di karate proponendo vari scenari impegnativi.
Elvis dimostrò diverse mosse su Rosemary mentre Terry ed io facevamo il tifo per loro due. Ad un certo punto erano entrambi a terra quando Rosemary riuscì a prendere Elvis in una presa alla testa. "L'ho preso!" gridò. Nel frattempo, Elvis stava cominciando a torcere il suo corpo in un pretzel.
Terry ed io avevamo fatto il tifo soprattutto per Rosemary. Prendendo finalmente una pausa per riposare, Elvis prese un grande bicchiere pieno di acqua ghiacciata dal suo comodino e cominciò a guardarmi male.
"Ti sfido a lanciarlo", lo presi in giro.
Continuando a fissarmi, disse con un sorrisetto, "Non sfidarmi", e prima che avessi il tempo di sbattere le palpebre, ero coperta di acqua gelata.
Andai in bagno, mi asciugai e mi riempii la mano di crema da barba. Tenendola dietro la schiena mentre uscivo, mi avvicinai ad Elvis che era di fronte alle mie sorelle. "Elvis?" gli dissi. Quando si girò, gli spalmai un po' di crema da barba sulla faccia e uscìì di corsa dalla stanza, passando davanti al tavolo da ping-pong con Elvis all'inseguimento. Alcuni dei ragazzi alzarono lo sguardo sorpreso mentre Elvis mi inseguiva intorno al tavolo. Ridendo, Elvis alla fine si arrese e tornò nella sua camera ed attesi un po' prima di rientrare, non sapendo se Elvis avrebbe avuto altri assi nella manica.



Sfortunatamente, il viaggio non fu tutto divertimento e risate. Il pomeriggio del 9 marzo, Elvis vide un servizio televisivo su dodici musulmani Hanafi che prendevano tre edifici a Washington, D.C., e tenevano la gente in ostaggio. VIdi il profondo amore di Elvis per il nostro paese mentre si infuriava e parlava di offrire il suo aereo per aiutare in qualche modo. Addirittura accennò di lasciare le Hawaii per andare a Washington in modo da poter parlare con il presidente Carter. Io ragionai con lui, insieme a Larry e Charlie, convincendolo che non c'era niente che potesse fare e che dovevamo confidare che il presidente Carter risolvesse le cose. Alla fine si calmò, e fortunatamente gli ostaggi furono rilasciati pochi giorni dopo.
Quel giorno Elvis aveva bevuto eccessivamente succo di papaya. Si svegliò poco dopo essere andato a letto, chiedendo di più. Aveva consumato un bel po' di succo proprio prima di andare a dormire, e mi venne in mente il suo problema di ritenzione di liquidi e di gonfiore. Contro il mio istinto, andai in cucina per prendergli altro succo di papaya, ma non ce n'era più. Tornai e gli dissi che l'avevamo finito. Elvis voleva allora che svegliassi un aiutante e lo mandassi fuori a prenderne dell'altro.
"Può aspettare, Elvis?" Chiesi.
In una situazione più normale, sarei stata felice di vedere che prendeva un po' di succo, ma sentivo che sarebbe stato meglio per la sua salute se Elvis avesse ridotto l'assunzione. Speravo che si sarebbe semplicemente addormentato di nuovo, ma divenne sempre più irremovibile sul fatto di prendere dell'altro succo. Mi ricordai che Vernon una volta aveva chiesto a Elvis se facevo piccole cose per lui. Di solito lo facevo, ma decisi di resistere a questa richiesta per il suo bene. "Elvis, tutto questo succo non è salutare", dissi.
Potevo dire che era arrabbiato dal modo in cui Elvis lasciò la stanza senza parlare e andò nella camera di suo cugino, chiudendo la porta. Non mi aspettavo questa reazione, e mi chiedevo cosa avrebbe detto Elvis a Billy e Jo.
Un po' di tempo dopo, Billy entrò nella mia stanza. "Ginger, Elvis vuole vederti", disse.
Pensai che fosse strano che Billy non si fosse preoccupato di chiedere cosa stesse succedendo. Lo seguii nella sua stanza e vidi Elvis seduto sul letto. Sperando che si fosse calmato, ero pronto a dirgli di nuovo che stavo solo cercando di aiutarlo. Ma, prima che potessi dire qualcosa, Elvis mi guardò e annunciò: "Stiamo lasciamo le Hawaii per colpa tua".
Non potevo credere a quello che stavo sentendo. Stavamo davvero per lasciare le Hawaii per un succo di papaya?
Gettai un'occhiata a Billy, ma lui e sua moglie stavano seduti in silenzio, guardando il dramma svolgersi. Mi chiesi cosa Elvis avesse detto loro e cosa avrebbero pensato tutti. Ma ero determinata a non tirarmi indietro.
Nel frattempo, Elvis era chiaramente deciso a rimanere arrabbiato con me. Cominciò a dire delle cose poco carine, insinuando che non lo amavo per questo motivo. Questo mi scioccò; mi stavo opponendo a lui perché lo amavo! La sua reazione mi ferì profondamente. Avevo cercato di fare una cosa buona, e questo non era l'Elvis che amavo. Ero abbastanza sicura che le medicine che aveva preso dovevano essere responsabili dell'inspiegabile cambiamento della sua personalità. La mia confusione e il mio imbarazzo erano messi in ombra dalla mia rabbia e dal mio dolore per il fatto che Elvis stava dicendo che avremmo lasciato le Hawaii per questo motivo.
Uscii dalla stanza mentre Elvis stava ancora parlando e corsi lungo il corridoio fino alla nostra camera, chiudendomi dentro. Speravo che Elvis potesse tornare alla normalità se gli avessi dato il tempo di calmarsi. Mi sedetti sul letto. Pochi istanti dopo, sentii la porta di Billy aprirsi e dei passi pesanti marciare lungo il corridoio. La porta della nostra camera da letto si aprì, Elvis entrò come una furia nella stanza con uno sguardo selvaggio negli occhi e mi diede uno schiaffo sul lato della gabbia toracica. "Nessuno mi abbandona mai mentre sto parlando!" disse.
Iniziai a piangere, più sorpresa dalla sua azione furiosa che ferita dallo schiaffo. Avevo paura di muovermi sul letto. Chi era questa persona? Dov'era l'Elvis che amavo?
Quando vide quanto ero sconvolta, Elvis si rese subito conto di quello che aveva fatto e si chinò per mettermi le braccia intorno, dicendo che gli dispiaceva. Mi disse che in realtà non ce ne stavamo andando, ma che l'aveva appena detto.
Perché? Mi chiesi. Elvis l'aveva detto solo per spaventarmi, e qual era il suo scopo? Io continuavo a piangere tra le sue braccia. Anche se Elvis non mi aveva colpito forte, aveva fatto l'inconcepibile: mi aveva colpito. Questo fu più traumatico emotivamente che fisicamente.
Potevo percepire dalla sua voce che Elvis era profondamente pentito di avermi colpito. Tuttavia, non disse quello che avevo bisogno di sentire: "Capisco che stavi solo cercando di aiutarmi". Era stato abituato a fare a modo suo che ritengo che pensasse di sapere cosa fosse meglio per la sua salute.
L'umore cupo che aveva trasformato Elvis in qualcuno che non riconoscevo mi ricordava l'incidente a Palm Springs sullo yogurt. Anche lì avevo solo cercato di aiutarlo. Se questa era la sua reazione per lo yogurt e il succo di papaia, come avrei potuto dirgli qualcosa sulle sue medicine per dormire?
Non avevo mai parlato con Elvis della preoccupazione che avevo per questo. Quando ero venuta a conoscenza dei pacchetti di pillole per il sonno che venivano lasciati ad Elvis ogni sera, mi ero chiesta se l'insonnia di Elvis fosse solo nella sua mente. Nella mia esperienza, non avevo mai conosciuto nessuno che non riuscisse a dormire. La mia opinione fu confermata quando, una notte, avevo visto Elvis andare a dormire senza prendere il suo pacchetto notturno a Graceland. Se Elvis poteva farlo una volta, credevo che potesse farlo ancora. Con la pratica, pensavo che Elvis potesse imparare ad addormentarsi senza l'aiuto dei sonniferi con il tempo, specialmente se fosse uscito e avesse fatto più esercizio. Volevo che Elvis provasse a fare a meno delle pillole, o almeno a ridurre il dosaggio. Questo decisamente non era il momento di sollevare quell'argomento, però. Sapevo che non sarebbe stato facile, ma io lo amavo profondamente, e non avevo intenzione di lasciare che reazioni esagerate come queste mi dissuadessero dal cercare di aiutarlo.
Non dissi nulla alle mie sorelle dell'incidente del succo. Era finita ed Elvis era di umore migliore. Mi disturbava però il fatto che i suoi cugini avessero visto Elvis arrabbiato, ma non avevano mai cercato di intervenire o a chiedermi cosa fosse successo. Queste persone sarebbero diventate la mia famiglia quando io ed Elvis ci saremmo sposati. Volevo sentirmi vicina a loro, ma io ero la nuova arrivata. Mi chiedevo perché non si scomodassero per avvicinarsi a me. Io avevo solo a cuore gli interessi di Elvis e volevo che lo sapessero. In quel momento, però, ero troppo imbarazzata per confidarmi con loro, così lasciai correre.



L'11 marzo, Ed Parker organizzò una serata per noi al Polynesian Cultural Center della Brigham Young University in modo che potessimo goderci una serata di danze hawaiane. Elvis si fece acconciare i capelli e indossò un magnifico abito a due pezzi in bianco e nero con perline dei nativi americani sui polsini e in vita. Era così bello che avrei voluto scattare una foto, ma avevo finito la pellicola.
Quando arrivammo al centro, scoprimmo che la notizia dell'apparizione di Elvis si era diffusa velocemente. I fans si stavano accalcando fuori dall'anfiteatro coperto, ansiosi di vederlo. Lo spettacolo era già in corso quando entrammo; grazie alla luce fioca, fummo condotti in sicurezza ai nostri posti. Tuttavia, non appena mi sedetti accanto a Elvis, alcuni membri del pubblico guardarono verso di noi. Lentamente, altre teste cominciarono a girarsi per fissarci. Molte persone sembravano più interessate a vedere Elvis che a guardare lo spettacolo. Un uomo seduto di fronte a noi si voltò improvvisamente ed appoggiò la sua giovane figlia in grembo ad Elvis, chiedendo una foto. Elvis, gentilmente, acconsentì.
Mentre Elvis teneva la bambina, si sporse verso di me, scrollò le spalle e sxherzò: "Non la la riavrà indietro".
Il resto del pubblico fu cortese ed Elvis si godette, così, lo spettacolo. Era anche un bello spettacolo! Non avevo mai visto niente di simile! C'era un ampio palco, paesaggi tropicali, cascate e uno spettacolare sfondo di montagne con vulcani. Artisti provenienti da tutte le isole, in costume completo con il corpo e la faccia dipinti, ballavano al ritmo dei tamburi e usavano fuoco, lance e ventagli nelle loro routine.
Verso l'intervallo, fummo scortati in una stanza privata in modo che Elvis non fosse disturbato. Dopo aver visitato alcune persone, tornammo per la seconda metà dello spettacolo, ma ce ne andammo poco prima del finale per evitare la folla. Tuttavia, mentre camminavamo verso la macchina, venimmo improvvisamente avvolti dai fans. L'autista aprì la portiera dell'auto ed Elvis riuscì a farsi strada all'interno insieme alle mie sorelle, ma io rimasi intrappolata nel gruppo. Ero in preda al panico mentre l'auto iniziava lentamente ad avanzare. Per fortuna, la porta posteriore era ancora aperta, e una guardia fu in grado di aiutarmi a spingermi attraverso la folla. Mi arrampicai nell'auto. Era stata una notte incredibile e mi ero divertita molto. Potevo dire che anche Elvis si era divertito, dato che aveva parlato dello spettacolo per quasi tutto il viaggio di ritorno alla casa sulla spiaggia.
Ma il giorno dopo, Elvis sembrava di nuovo avere un altro inspiegabile cambiamento d'umore. Io ero in piedi in cucina a parlare con Rosemary quando il suo fratellastro David Stanley passò e mi diede un pugno scherzoso sulla parte superiore del braccio.
"Tieni le tue cazzo di mani lontane da lei!" esclamò una voce.
Girandomi con stupore, vidi Elvis in piedi al centro del corridoio. Fissando David, disse con rabbia: "Non si prende a pugni una signora. Questa è roba da bifolchi!".
Ero scioccata dalla sua furia. Da dove era venuto quello?
Anche David era stordito. "Stavo solo scherzando!" urlò di rimando a Elvis, poi si ritirò.
Elvis tornò nella sua stanza e io lo seguii. Il suo precedente buon umore era completamente evaporato. Cominciò a parlare di "bifolchi che picchiano le donne" e io cercai di rassicurarlo.
"Elvis, David stava solo giocando", dissi.
Ma l'umore di Elvis non si risollevava. "Se David ti tocca di nuovo, voglio saperlo", disse.
Lasciai le cose lì, chiedendomi se Elvis si stesse comportando così perché si sentiva in colpa per l'incidente di prima, quando era stato lui a colpirmi.



Elvis scelse di rimanere principalmente nella sua stanza quel giorno e io lessi con lui per un po'. Più tardi, sono andata fuori con Rosemary e Terry. Ad un certo punto copminciammo a parlare con David e Ricky. In breve, qualcuno uscì e disse che Elvis voleva vedermi. Tornai nella nostra stanza, dove Elvis era seduto sul letto.
"Di cosa stavate parlando tu, Ricky e David?" chiese.
La finestra della nostra camera da letto si affacciava sul prato dove eravamo tutti riuniti fuori; ora mi rendevo conto che Elvis doveva averci osservato. "Niente in particolare", dissi.
Pensava che stessimo parlando di lui? O poteva esserci qualcos'altro tra Elvis e i suoi fratellastri di cui non ero a conoscenza? Non osavo chiedere cosa stesse succedendo; mi sentivo ancora un po' titubante con Elvis dopo l'incidente del succo e non volevo rischiare di turbarlo in qualche modo. Scelsi di cambiare argomento.
Elvis non spiegò mai di cosa era preoccupato, ma continuò a guardare David in uno strano modo quel giorno, come se stesse cercando di tenerlo d'occhio.
Elvis ed io scendemmo in spiaggia il pomeriggio seguente. Il vento si alzava, soffiandogli la sabbia negli occhi, che si irritarono. Scoraggiato e a disagio, Elvis non era davvero in grado di divertirsi così decise che era ora di tornare a casa.
Il 13 marzo, salimmo sull'aereo per il nostro ritorno. Elvis portava il crocifisso di madreperla che aveva acquistato, ma gli cadde e la base si ruppe. Il suo umore frustrato si alleggerì rapidamente quando entrammo nell'aereo e vedemmo una foto di Elvis quando si era avventato su Rosemary attaccata alla porta della camera da letto.
Durante il nostro volo di ritorno, Elvis rimase principalmente nella parte posteriore dell'aereo con me e le mie sorelle. Ad un certo punto, rifletteva sul viaggio e parlava di come i suoi inviti erano aumentati di numero oltre quello che si aspettava.
"La prossima volta porterò solo otto persone", disse Elvis, aggiungendo che il Dr. Nichopoulos gli aveva detto che non sarebbe venuto a meno che i suoi amici non fossero stati invitati. Nichopoulos gli aveva detto che non sarebbe venuto se non fossero venute anche sua moglie e le sue figlie. "Non ne avrò mai più così tante", giurò.
Elvis non era contento anche perché uno dei suoi assistenti era spuntato fuori e gli aveva detto che avrebbe smesso al nostro ritorno. Disse che aveva pagato il suo viaggio e l'assistente aveva deciso di dirglielo mentre lui stava cercando di rilassarsi.
Eppure, ero felice che fossimo andati alle Hawaii, non solo perché un mio sogno si era realizzato, ma perché il viaggio era stato un bene per Elvis nel complesso. Era uscito di più e si era rilassato in un modo che non gli avevo mai visto fare fino ad ora. Aveva anche conosciuto meglio le mie sorelle e gli era piaciuta molto la loro compagnia.
Elvis era una persona meravigliosa e premurosa per il 98% del tempo. I suoi sbalzi d'umore erano fuori dal carattere e li attribuivo completamente alle medicine prescritte che stava prendendo. Volevo prendermi cura di lui. Sapevo che ci sarebbero state delle sfide da affrontare. L'amore poteva essere duro e ripido, scuotendoci alle nostre radici, ma ero sicura che ce l'avremmo fatta.
26/11/2021 22:19
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CAPITOLO 20


Atterrati a Memphis, le mie sorelle tornarono a casa mentre io abdai a Graceland con Elvis. Rimasi stupita nello scoprire che il bagno del suo ufficio era stato ridecorato in turchese e bianco. Anche la poltrona del salone, che Elvis mi aveva detto essere appartenuta a sua madre, era stata rifoderata. Non potevo credere che Elvis avesse fatto fare tutto questo mentre eravamo via! Era bellissima ed entrambi eravamo contenti del risultato. Era bello avere una stanza a Graceland decorata secondo i miei gusti. Elvis non perdeva tempo nel prendere provvedimenti per farmi sentire più a mio agio qui.
Il Dr. Nichopoulos aveva cercato di aiutare Elvis con il suo problema agli occhi prima di lasciare le Hawaii, ma gli occhi di Elvis erano ancora irritati dalla sabbia, così Elvis chiese al suo oculista di venire a Graceland. Mentre Elvis era a letto, il dottore esaminò i suoi occhi e mi disse che in passato Elvis era stato un buon paziente. Una volta, quando Elvis era in tour, il dottore disse, la pressione stava aumentando così velocemente in uno dei suoi occhi che fu chiamato e dovette infilare una siringa nella cornea per aiutarlo ad alleviarla.
"Elvis non si scompose nemmeno", disse il dottore.
Potevo dire che Elvis era orgoglioso di questo mentre descriveva come si era messo in uno stato meditativo per non battere le palpebre.
Il dottore mi diede istruzioni per aiutare Elvis a prendersi cura dei suoi occhi. Rimasi a Graceland, alzandomi durante la notte per somministrare la crema per gli occhi e sostituire le bende.
Il dottore tornò il giorno dopo per controllare gli occhi di Elvis e sembrava soddisfatto dei risultati. "Sembrano molto migliorati", mi disse. "Hai fatto un ottimo lavoro".
Provai un misto di sollievo per Elvis e di orgoglio per essere stata in grado di aiutare.
Joe aveva dato a Elvis alcune delle foto che aveva scattato alle Hawaii. Gli occhi di Elvis gli davano troppo fastidio per guardare le foto allora, ma ora le guardavamo insieme, rivivendo i bei momenti che avevamo passato. Elvis scelse una fotografia di me che mi guardavo alle spalle e la mise in una cornice sul comodino vicino al suo letto. Ero commossa dal fatto che volesse la foto lì.
Quando mi disse che si sentiva meglio, comunicai ad Elvis che avevo bisogno di andare a casa per un po', a disfare i bagagli, a salutare la mia famiglia e vedere Odyssey. Prima di andarmene, lo baciai e gli dissi: "Elvis, questo viaggio ha significato così tanto. Grazie per avermi accompagnato".
"Non c'è di che" e come souvenir del nostro tempo insieme, Elvis mi consegnò alcune delle foto che Joe aveva scattato e la croce di madreperla che aveva portato con sé.
Uscendo dalla porta incontrai Charlie, che mi disse: "Sai, l'unico motivo per cui siamo andati alle Hawaii è stato grazie a te".
"Grazie per avermelo fatto sapere, Charlie", ho detto. Averglielo fatto notare è stato un dolce finale per la nostra vacanza.
Mi ero sentita più vicina che mai ad Elvis dal nostro viaggio. Il bagno riarredato sembrava davvero la mia stanza, un regalo di Elvis, che mi dava il benvenuto nella sua casa. Elvis aveva il suo santuario e ora io avevo il mio. Questo bagno era un posto dove potevo tenere le mie cose, come gli articoli da bagno e alcuni vestiti. Inoltre, ora che ero proprietaria di alcuni fantastici gioielli, un giorno Elvis disse: "Dovresti avere qualcosa di carino in cui tenerli". Andò in bagno e tornò con un grande e bellissimo portagioie. Era fatto di ricco legno intarsiato con rame e ottone. Mettendo la scatola accanto a me sul letto, Elvis aprì un paio di cassetti foderati di velluto rosso, tolse alcuni pezzi dei suoi gioielli e mi diede la scatola. La conservai nel mio nuovo bagno a Graceland, sentendo che era un posto dove il mio anello di fidanzamento ed altri pezzi di valore sarebbero stati sempre al sicuro.
Di solito mi vestivo in bagno e mi truccavo lì. Avevo sempre portato il mio trucco per gli occhi scuro, e facevo attenzione a portarlo così dopo che una volta Elvis aveva commentato: "I tuoi occhi sembrano diversi oggi", quando li avevo cambiati un po'.
Molte volte dormivo con il trucco agli occhi. La prima volta che lavai la faccia ed Elvis mi vide senza il solito mascara e l'ombretto, mi chiamò scherzosamente Little Two perché, secondo lui, senza trucco, sembravo una bambina di due anni. Ogni volta che Elvis mi vedeva senza trucco da allora, io ero la Piccola Due. Altrimenti, il suo vecchio vezzeggiativo, Chicken Neck, fu presto scambiato con uno nuovo, Pan di zenzero.
Non molto tempo dopo, Elvis mi chiese di portargli una foto di me da bambina. Gli portai una foto scolastica formato portafoglio della prima elementare. Elvis la inserì nell'angolo della foto incorniciata alle Hawaii, poi la rimise sul suo comodino dove sarebbe rimasta per il resto del nostro tempo insieme.
Credo anche che Elvis si sia sentito più vicino a me. Cominciò a condividere più di se stesso, portandomi più a fondo nel suo mondo. Per esempio, una sera Elvis era di umore riflessivo e disse che voleva mostrarmi il suo liceo. Ero ansiosa di vederlo e felice che volesse condividere questo pezzo del suo passato con me. Ci mettemmo i nostri giubbotti e caschi di pelle, salimmo su una delle sue Harley e ci dirigemmo verso il cancello posteriore. Era la prima volta che uscivamo da soli in questo modo, senza amici, aiutanti o guardie del corpo, ed era meraviglioso avere Elvis tutto per me.
Andando verso il centro di Memphis, svoltammo in una strada dove si intravedeva un grande edificio di mattoni rossi. Elvis girò la testa e gridò attraverso la visiera del casco: "Humes High School".
Passammo lentamente vicino alla scuola, poi facemmo il giro e percorremmo qualche altra strada. In Lauderdale Courts, Elvis rallentò di nuovo e poi si fermò.
"Questo è uno dei posti dove sono cresciuto", disse, guardandomi di nuovo.
Mentre guardavo il vecchio edificio di mattoni a tre piani, pensavo che sicuramente gli appartamenti non potevano essere spaziosi quando lui era lì, mi era difficile immaginare che Elvis vivesse qui. Sembrava troppo piccolo per la sua persona.
Ci sedemmo lì per qualche minuto, contemplando in silenzio. Nessuno di noi aveva ancora parlato della nostra infanzia. Eravamo stati troppo occupati del presente e a parlare del nostro possibile futuro insieme per scavare nel passato.
Rimanere così pienamente consapevole delle sue umili radici era la vera ragione, sentivo, che Elvis era ispirato ad essere così generoso con gli altri: sapeva cosa significava fare a meno.
Mentre ci allontanavamo lentamente dal marciapiede, Elvis mi guardò da sopra la spalla. "Non crederesti mai quanto era piccola la mia casa a Tupelo", disse con una risata.
Mi strinsi un po' di più a lui, sperando che un giorno mi ci avrebbe portato.
Un'altra sera Elvis chiese: "Vuoi vedere la sala dei trofei?".
"Sì", dissi con entusiasmo. Non sapevo nemmeno che ne avesse una a casa sua.
Lo seguii al piano di sotto, dove passammo attraverso il soggiorno e la stanza della musica prima di entrare in una lunga stanza dove i dischi d'oro incorniciati erano allineati alle pareti e le vetrine erano piene di trofei e premi.
Elvis mi prese per mano mentre iniziavamo a camminare lentamente lungo una navata. Di tanto in tanto, si fermava per indicare i vari riconoscimenti. La stanza era anche piena di regali dei fans. Quando passammo vicino ad un quadro incorniciato dipinto di Lisa Marie, un regalo di un fan, Elvis si fermò, lo prese e disse: "Puoi avere questo".
Era un'offerta gentile, perché sapevo che era orgoglioso dell'aereo. Guardando la stanza ad un certo punto, curiosamente distaccato, disse: "Sai, a volte sembra che sia tutto di qualcun altro".
Mentre ero in piedi accanto a lui, osservando l'ampia portata di tutto ciò che aveva fatto, evidenziata qui dai record, trofei e fotografie, l'enormità delle sue realizzazioni mi colpì in pieno. E questi indicatori erano solo la punta dell'iceberg! Non c'è da stupirsi che fosse difficile per lui comprendere appieno che aveva vissuto tutto questo.
In fondo alla sala, ci fermammo davanti a un dipinto a grandezza naturale di un Elvis più giovane. Era ritratto contro un cielo dorato, vestito tutto di bianco e in piedi tra alcune nuvole. L'aveva dipinto un artista di Las Vegas, disse Elvis, meravigliandosi: "Praticamente mi ha dato un'occhiata e l'ha disegnato nei dettagli. Amico, ha davvero catturato la mia somiglianza, fino alle vene delle mie mani".
Era un bellissimo dipinto, e dopo averlo ammirato per qualche altro momento, Elvis disse con nonchalance: "Voglio che tu abbia questo".
Ero completamente sbalordito. Questo quadro? Vuole che lo prenda subito?
"Grazie", dissi con una risata sorpresa, "ma, Elvis, non credo che stia bene in casa mia".
"Nella nuova casa dei tuoi genitori", mi corresse Elvis.
"Va bene lasciarlo qui per ora", chiesi, sperando che non si offendesse.
"Va bene", disse lui, con un sorriso dolce.
Tornando al piano di sopra, l'umore generoso di Elvis si espanse ancora di più. Guidandomi nella zona spogliatoio del bagno, mi diede il pezzo di gioielleria più singolare che avessi mai visto: la sua grande collana a testa d'ariete, intarsiata di diamanti e smeraldi.
"Indossala sempre con qualcosa di nero", mi disse.
Fu in questo periodo che Elvis decise che avrei dovuto avere un conto in banca. Incaricò Vernon di aprirne uno per me. Elvis mise 5.000 dollari sul conto e io ricevetti una carta di credito. Avevo fatto un po' di soldi lavorando al negozio di vestiti, ma ero impressionata. Questa somma di denaro poteva sembrare piccola per alcuni, ma per me era, letteralmente, una fortuna. Non avevo mai nemmeno posseduto assegni o una carta di credito!
Elvis mi dava altri oggetti personali ogni volta che ne aveva voglia. La sua generosità non era solo riservata a me, però. Più tardi avrei saputo che Elvis regalava oggetti personali a molti che conosceva e spesso regalava a tutti quelli che lo circondavano - dottori, infermiere, cameriere, parenti, assistenti, amici - cose che andavano da soldi, gioielli e pellicce a macchine e case. A volte sembrava voler prendersi cura del mondo intero.

Dagli ultimi tour di Elvis, avevo cominciato a vedere uno schema in cui aveva bisogno di più aiuto per andare a dormire man mano che un tour di concerti si avvicinava. Prendeva il suo solito pacchetto per il sonno, poi si svegliava poco dopo e chiedeva a Tish Henley, l'infermiera che viveva sul retro con suo marito, di portargli ulteriori farmaci, sia pillole che un'iniezione di qualcosa che lo aiutasse a dormire.
Ero preoccupato da questa aumentata richiesta di farmaci. Sentivo che darne di più era un passo nella direzione sbagliata. Tuttavia, Tish era un'infermiera e per questo mi fidavo delle sue azioni. La mia comprensione era che lavorava sotto la direzione del Dr. Nichopoulos, quindi dovevo supporre che stava dispensando medicine ad Elvis solo sotto la supervisione del dottore. Potevo capire dove l'esecuzione sarebbe stato nella mente di Elvis, rendendolo forse sempre più ansioso, ma desideravo che ci fosse un modo per incoraggiarlo a provare un modo alternativo per dormire senza affidarsi a prescrizione di farmaci.
Una mattina, mentre Elvis chiamava Tish per portargli le medicine, mi feci coraggio e gli dissi: "Elvis, non ne hai davvero bisogno".
Mi guardò e scosse la testa. "Tu non capisci", rispose. "Ne ho bisogno".
Mi chiesi -non per la prima volta - se Elvis avesse sviluppato un'immunità a qualsiasi farmaco che prendeva regolarmente, ed era per questo che non riusciva a dormire regolarmente, e quindi ceh avesse bisogno di un aumento del dosaggio. Qualunque fosse il caso, potevo solo sperare che i professionisti medici che supervisionavano le sue cure sapessero cosa stavano facendo.
Il giorno prima dell'inizio del tour di Elvis, mi portò a casa per poter impacchettare velocemente alcune cose da portare con me. Non avevo comprato molti vestiti al di fuori delle due volte che Elvis mi aveva mandato a fare shopping durante il suo impegno a Las Vegas. Elvis non aveva idea che Terry mi prestasse ancora alcuni dei suoi vestiti. Mia madre disse che mi avrebbe aiutato a stirare un paio di cose; mentre sistemava un'asse da stiro nel nostro ingresso, le passai uno dei capi di Terry. Mentre Elvis guardava mia madre stirare, disse: "Devi preparare Ginger. Mi sposerà".
Arrossii.
"Sto stirando più in fretta che posso", prese in giro mia madre, e finse di stirare più velocemente.
In poco tempo, con le guardie del corpo al seguito come al solito, io ed Elvis partimmo per Graceland. Pochi minuti dopo, passammo accanto ad alcuni giovani uomini e donne che avevano accostato sul lato della strada; evidentemente avevano problemi con l'auto. Elvis rallentò, abbassò il finestrino e chiese se avevano bisogno di aiuto.
"No", rispose una delle donne, poi urlò quando ci allontanammo e lei riconobbe Elvis.
Mi voltai e mi divertii quando la vidi dirlo alle sue amiche. Ognuno di loro si è girato a guardarci.
Il 23 marzo volammo in Arizona per l'inizio del tour di Elvis. Un paio di giorni dopo, Elvis fece arrivare mio fratello a Norman, Oklahoma, per imparare i trucchi della sicurezza extra. Elvis aveva chiesto a Mike di lasciare il suo lavoro con i vigili del fuoco e di venire a lavorare per lui. Questa era una grande decisione per mio fratello. Ma Elvis, come al solito, era insistente e difficile da rifiutare. Mike rimase solo un paio di giorni e io non ebbi davvero la possibilità di passare del tempo da sola con lui, ma mi ritrovai a sperare che le cose funzionassero. Sarebbe stato confortante avere un membro della mia famiglia nello staff.
Una delle nostre tappe del tour era la Louisiana, ma dopo alcune esibizioni, Elvis mi disse che non di sentirsi bene. Gli misi il palmo della mano sulla fronte. Era la prima volta che vedevo Elvis veramente malato.
Stava sudando e la sua testa mi sembrava calda.
"Non voglio sforzarmi", disse Elvis, e mi chiese di contattare il Dr. Nichopoulos.
Il dottore arrivò nella stanza. Non mi disse cosa c'era che non andava, ed Elvis fu finalmente in grado di andare a dormire. Quando si svegliò, però, non si sentiva ancora bene. Elvis mi disse che aveva bisogno di parlare con alcune persone dei suoi prossimi spettacoli, così andai nella mia stanza. Alla fine, dopo molte discussioni con vari uomini dell'entourage di Elvis, fu deciso che il tour sarebbe stato cancellato ed Elvis sarebbe andato in ospedale. Ero molto preoccupata per Elvis ma mi sentivo confortata dal pensiero che in un ospedale sarebbero stati davvero in grado di diagnosticare ciò che non andava e monitorare la sua salute.
Ritornammo a Memphis e andammo a Graceland. Elvis sarebbe stato ricoverato al Baptist Memorial Hospital. Io volevo andare con lui, ma Elvis disse che si sentiva così male che avrebbe preferito che qualcuno mi portasse a casa mentre lui andava in ospedale. Questo mi preoccupava ancora di più, ma lui insisteva. "Ti chiamerò da lì", promise.
A casa, non sentii nulla per ore. Decisi di chiamare Graceland e parlai con zia Delta, ma non aveva notizie. Elvis finalmente mi chiamò quella sera per dirmi che l'ospedale stava facendo degli esami. Mi chiamò di nuovo il giorno dopo per salutarmi. Non si sentiva peggio, per fortuna, ma quando mi dissi che gli sarebbe piaciuto cje io fossi andata a trovarlo, purtroppo in quel momento doveva parlare di affari con alcune persone. Pensai che fosse un po' strano che Elvis non mi chiedesse di andare a trovarlo. (Solo dopo la morte di Elvis, sentii che quando Elvis si era ammalato a Baton Rouge, fu informato che tre delle sue ex guardie del corpo stavano per pubblicare un libro potenzialmente dannoso pieno di storie offensive su di lui. Guardando indietro, sento fortemente che Elvis aveva discusso di questo libro con altri mentre era in ospedale e non domandò di me, perché non voleva che lo sapessi allora. Sarebbe stato solo in seguito, che Elvis mi avrebbe parlato del libro).
Elvis chiamò anche il giorno seguente. Questa volta mi fece sapere che aveva un'influenza intestinale ma si stava sentendo meglio.
"Voglio che domani tu venga all'ospedale e mostri alla mia infermiera il tuo anello di fidanzamento" disse.
Prima di lasciare Graceland per tornare a casa, avevo rimesso l'anello nel mio portagioie per tenerlo al sicuro. La sera dopo, mia cognata mi accompagnò a prenderlo. Quando entrai nell'atrio di Graceland, notai del movimento sulla porta della cucina e fui sorpresa di vedere Lisa che sbirciava la sua testa verso di me.
"Ciao", dissi.
Charlie sorrise e disse: "Anche Priscilla è qui. Sono in città in visita. Ti piacerebbe conoscerla?"
"Certo", dissi, presa completamente alla sprovvista. Seguii Charlie verso la camera da letto di Dodger. Improvvisamente mi ricordai come, quando ero bambina, a volte passavo davanti a Graceland, immaginavo Elvis, Priscilla e Lisa all'interno. Com'era bizzarro che io fossi qui e anche Priscilla! Mi ricirdai che Elvis mi aveva detto che ora ero la "signora della casa", ma era ancora surreale entrare nella camera di Dodger e trovarla a letto, con Priscilla seduta su una sedia accanto a lei.
"Ciao", salutai Dodger.
Charlie mi presentò a Priscilla, una donna minuta con i capelli lunghi fino al mento.
Mi sedetti su una sedia ai piedi del letto, e io e Priscilla cominciammo a parlare. Era amichevole e a suo agio.
Mi rilassai un po', pensando che Priscilla doveva aver visto Elvis con altre donne prima di me dopo il loro divorzio. Forse questa situazione sembrava più naturale a lei che a me. In ogni caso, sembrava una bella persona, e ne ero felice perché diventare la moglie di Elvis avrebbe significato essenzialmente che Priscilla sarebbe stata anche nella mia vita.
A un certo punto iniziammo a parlare di cani. Le parlai di Odyssey, il mio nuovo alano, e Priscilla disse che aveva avuto un paio di alani in passato. Erano grandi cani, disse, molto gentili.
"Ma non affezionarti troppo a loro", avvertì. "Non vivono molto a lungo".
Lisa ci aveva raggiunto nella stanza. Era stata seduta sul pavimento, ma ora si era alzata, si era avvicinata verso di me iniziando a giocare con i miei capelli. Fu un momento imbarazzante, a dir poco.
Alla fine Priscilla disse: "Lisa, Ginger potrebbe non volere che tu lo faccia".
Guardai Lisa e sorrisi. "Va tutto bene", dissi.
Ma Lisa obbedientemente si allontanò e si sedette di nuovo sul pavimento.
Improvvisamente mi ricordai che Elvis mi stava aspettando; i miei pensieri tornarono a prendere il mio anello. Ma come potevo fare un'uscita elegante? Non mi sembrava una buona educazione saltare su e dire: "Scusatemi, ma devo andare a prendere l'anello".
Alla fine decidetti di essere semplice. "Sono passato solo per prendere una cosa", dissi a Priscilla. "È stato bello conoscerti".
Salutai Lisa e Dodger, mi precipitai al piano di sopra, recuperai il mio anello e lasciai velocemente la casa.
All'ospedale, fui sollevata nel trovare Elvis in condizioni migliori e di buon umore. Chiamò la sua infermiera nella stanza e le mostrò con orgoglio il mio anello. Dopo che l'infermiera se ne andò, disse: "Priscilla è in città".
"Lo so. L'ho appena incontrata", dissi, e spiegai di essermi fermata a Graceland per prendere il mio anello.
Elvis si mise a ridere. "Avrei voluto vederla", disse. Poi, dopo avergli detto che io e Priscilla avevamo parlato un po', sembrò approvare. "È importante che tu e Priscilla siate amici per il bene di Lisa", disse.
Avrebbe presto lasciato l'ospedale, aggiunse Elvis, e Priscilla e Lisa sarebbero venute a trovarlo.
Non pronto per quello che potrebbe essere un altro incontro imbarazzante, rimasi solo un po' più a lungo e poi andai via.

Dopo che Elvis lasciò l'ospedale, aveva poco più di due settimane prima dell'inizio del suo prossimo tour. Lisa rimase a Graceland per alcuni giorni e, tempo permettendo, era spesso fuori, in un golf cart blu pallido con il suo nome scritto sul lato, un regalo di compleanno di Elvis. Lisa veniva nella camera da letto di Elvis a volte, sempre curiosa di vedere cosa stavamo facendo io e lui. Si poteva vedere la gioia di Elvis quando lei era nei paraggi.
Durante questa visita con sua figlia, Elvis portò me e Lisa a fare un giro su una delle sue tre ruote. Era una bicicletta con una ruota davanti, due dietro e un sedile per il passeggero. Con Lisa in mezzo a noi, andammo all'aeroporto e guardammo gli aerei.
Lisa amava stare a Graceland, ed ero felice che io e lei fossimo riusciti a stare un po' insieme.
Quando arrivò il momento di tornare a Los Angeles, Lisa non volle andarsene; si nascose e le guardie del corpo dovettero cercarla e alla fine la trovarono vicino al giardino della meditazione.
Elvis voleva solo passare il resto del tempo prima del tour a rilassarsi. Una sera decise di portare un piccolo gruppo di noi a vedere il nuovo film di Peter Sellers, "La pantera rosa colpisce ancora". Affittò una sala e fu sensazione pazzesca entrare, sapendo che avevamo tutto il teatro per noi. Elvis ed io prendemmo posto al centro della sala, con il resto delle persone del nostro gruppo che era seduto nella stessa fila o dietro di noi.
Quando tutti si furono sistemati, Elvis guardò sopra la sua spalla verso il proiezionista e gridò,
"Roll 'em!"
Prima che me ne accorgessi, eravamo tutti isterici. Quel film si è rivelato essere una delle mie commedie preferite di tutti i tempi.
Ma l'umore gioviale sarebbe stato interrotto qualche giorno dopo, quando Elvis ed io eravamo seduti nella sua camera da letto a parlare quando la cassetta del bagno cominciò a fare rumore. Era molto presto al mattino. Mentre parlavamo, il rumore continuava. Elvis guardava verso il bagno ogni pochi minuti, chiaramente diventando sempre più infastidito.
In breve tempo, si alzò silenziosamente e lasciò la stanza. Tornò qualche istante dopo con una mitragliatrice in in mano. Pensai che mi stavo immaginando le cose, perché Elvis mi passò accanto con l'arma e andò nel bagno.
"Elvis, cosa stai facendo?" urlai.
Lui rispose con un'assordante raffica di spari, facendo esplodere il bagno in mille pezzi.
Questo era sconvolgente e completamente inaccettabile. Ero scioccata da questa azione. Poi mi sono arrabbiao molto: come poteva pensare che questo andasse bene? A volte sembrava che Elvis stesse giocando al gioco del "vediamo cosa posso fare" per osservare le reazioni della gente. Suo cugino Billy avrebbe poi detto in un libro che pensava che questo fosse divertente. Non lo era.
Decisi di andarmene prima che Elvis potesse uscire dal bagno. Mentre scendevo frettolosamente le scale d'ingresso nel foyer, alzai lo sguardo e vidi l'acqua che scorreva dal soffitto sul lampadario. Uscii dalla porta d'ingresso e salii in macchina. Le mie mani tremavano sul volante mentre guidavo verso casa. Potevo solo sperare che, lasciando Graceland, avrei potuto mandare un messaggio ad Elvis che questo tipo di comportamento non era giusto.
Speravo di entrare a casa dei miei genitori in silenzio, senza disturbare nessuno, ma mentre entravo nel vialetto, i nostri cani iniziarono ad abbaiare e svegliarono mia madre. Non ho mai voluto darle un peso, perché lei e mio padre avevano già abbastanza da fare con il lavoro e i loro problemi coniugali, ma non potevo nascondere i miei sentimenti. Ero troppo scossa.
Mia madre cercò di confortarmi mentre le raccontavo l'accaduto. Spiegai anche gli incidenti a Palm Springs e alle Hawaii che mi avevano turbato. Prima le avevo tenuto nascosti questi eventi, ma ora tutto veniva a galla. Non poteva crederci ed era chiaramente avvilita.
"Non voglio che tu ti trovi in una situazione in cui potresti essere ferita da qualcun altro", disse, aggiungendo che non importava chi fosse la persona, io venivo prima di tutto.
Sapevo che voleva proteggermi, ma le spiegai quanto fortemente sentissi che Elvis non mi avrebbe mai fatto del male a me. Allo stesso tempo, ero tornata a casa perché avevo bisogno di schiarirmi le idee e di toccare la base con tutta la bontà di Elvis e tutto ciò che mi aveva attirato a lui.
Mia madre poteva vedere che stavo cercando di risolvere le cose. "Qualsiasi cosa tu decida di fare, io ti sosterrò", disse alla fine.
Entrambi andammo nelle nostre stanze. Rimasi a letto per un po', preoccupandomi che Elvis potesse arrivare. Non ero pronta a parlare. Non gli sarebbe piaciuto che lo abbandonassi - potevo prevederlo basandomi sulla sua reazione alle Hawaii quando me ne andai mentre stava parlando con me, ma non potevo stare a guardare e lasciargli fare qualcosa che vedevo come terribilmente sbagliato.
Alla fine mi addormentai. Quando mi svegliai quel pomeriggio, ripassai l'evento con Rosemary. Non avevo avuto notizie di Elvis. Non pensavo che il mio messaggio sul suo comportamento sarebbe stato recepito se lo avessi chiamato
Sentivo decisamente che Elvis mi doveva delle scuse, così Rosemary ed io andammo a trovare degli amici. Quando tornammo a casa più tardi quella sera, mia madre disse che Elvis aveva chiamato. Quando gli disse che Rosemary e io eravamo fuori, lui aveva chiesto di parlare con Terry. Lei gli aveva detto che Terry era in un campus di un college in un'altra città, adempiendo a un dovere come Miss Tennessee, e avevano riattaccato. Aspettai che Elvis chiamasse di nuovo, preoccupata di come sarebbe potuta andare la nostra conversazione, ma non sentii più nulla da lui quella notte.
Il giorno seguente, Terry tornò a casa. Appena mi vide, mi chiese: "Cosa sta succedendo tra te ed Elvis?"
Spaventata, le chiesi come faceva a sapere che c'era qualcosa.
"Ero seduta in un auditorium ieri sera quando un poliziotto è entrato e mi ha detto che avevo una chiamata. Ho pensato che doveva essere successo qualcosa di terribile a qualcuno, così l'ho seguito".
Il poliziotto ha condotto mia sorella attraverso un campo e in un edificio amministrativo con un paio di guardie di sicurezza. "Uno di loro mi ha passato un telefono, ed Elvis era in linea. Sembrava arrabbiato, dicendo che vorrebbe che venissi a Graceland per parlare di te".
Non potevo credere a quello che stavo sentendo! Sembrava che Elvis stesse facendo sembrare questa situazione come se fosse colpa mia. Non aveva alcun diritto di essere arrabbiato con me. Non ero io ad aver fatto qualcosa di sbagliato!
"Voleva mandare il suo aereo a prendermi", continuò Terry, "ma io gli dissi che non potevo andarmene per via dell'evento, e in più avevo accompagnato Tony in macchina e in più avevo portato la madre di Tony lassù con me. Elvis mi disse di lasciare che la madre di Tony guidasse la macchina a casa, ma io gli dissi che aveva problemi di vista e che era un viaggio di otto ore".

A quanto pare, Elvis non aveva accettato facilmente un no come risposta. Terry disse che fu imbarazzante, perché ha dovuto continuare a dire "Elvis, non posso" di fronte alle guardie di sicurezza, che erano rimaste nella stanza.
"Quando riagganciai il telefono", aggiunse Terry, "le guardie mi hanno chiesto se quello era davvero Elvis". Terry disse era completamente sconvolta dalla chiamata e non vedeva l'ora di tornare a casa.
Davvero Elvis non capiva perché me ne fossi andata? La sua posizione secondo cui "nessuno abbandona Elvis" oscurava la sua capacità di vedere chiaramente il problema in questione?
Certamente non volevo rompere con lui, ma volevo sinceramente che Elvis capisse perché avevo reagito in quel modo. Sentire che Elvis aveva chiamato Terry e sembrava arrabbiato mi sconvolse. Decisi di non chiamarlo ancora.
Il giorno seguente, uno degli aiutanti di Elvis chiamò per chiedermi di venire a Graceland. Volevo che il nostro rapporto funzionasse. Sentivo ancora che Elvis mi doveva delle scuse. Poi mi ricordai che aveva cercato di contattarmi quella prima notte. Forse dopotutto stava cercando di scusarsi, pensai, così andai a Graceland.
Quando arrivai, Elvis era seduto nel suo letto con "Il Profeta" aperto in grembo. Notai che un nuovo gabinetto era stato installato nel bagno. Sembrava che non fosse successo niente di strano.
Mi sedetti tranquillamente accanto a lui e aspettai, sapendo che "il Profeta" era uno dei libri su cui faceva affidamento per parole di conforto e saggezza, specialmente sull'amore.
Elvis si girò verso di me e cominciò a citare un passaggio del libro, dicendo: "Sai, Ginger, 'Quando l'amore ti chiama, seguilo, anche se le sue strade sono dure e ripide. E quando le sue ali ti avvolgono cedi a lui, anche se la spada nascosta tra i suoi pignoni può ferirti".
Con l'amore era arrivato il dolore, sicuramente, ma Elvis aveva sfogliato i suoi libri per trovare una risposta. Capii che aveva scelto questo passaggio per trasmettermi le sue emozioni. Elvis ed io stavamo imparando sull'amore insieme. Sia attraverso il testo di una canzone che attraverso le parole di un libro, sapevo che questo era il modo in cui Elvis cercava di farmelo capire, a volte.
Nessuno in casa - né le cameriere, né zia Delta, né Charlie, né gli assistenti - mi chiese mai perché Elvis sparò al suo bagno, il che mi porta a credere che Elvis deve aver detto loro qualcosa. O questo, o loro avevano semplicemente assistito a incidenti simili a questo in precedenza e ci erano ormai abituati.


28/11/2021 20:20
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CAPITOLO 21


Il tour di Elvis doveva iniziare il 21 aprile. Saremmo stati in viaggio per quasi due settimane. Questo era più lungo di quello che avevo sperimentato prima, ma, come sempre, ero entusiasta di visitare città che non avevo mai visto. Le nostre fermate avrebbero incluso Greensboro, North Carolina; Detroit e Ann Arbor, Michigan; Toledo, Ohio, e Milwaukee, Wisconsin.
Ogni tanto in questo tour, Elvis si lamentava di sentirsi gonfio, ma per il resto sembrava essere di buon umore. I suoi occhi continuavano a dargli fastidio dopo alcuni spettacoli; come al solito, gli mettevo sopra un asciugamano caldo per calmare l'irritazione.
Preoccupato per il suo pubblico, molte volte mentre eravamo nel backstage, Elvis chiedeva a qualcuno di descrivere com'erano gli spettatori prima di andare in scena. Dopo un'esibizione mi disse: "C'erano alcune persone nelle prime tre file che sembravano dormire. Cosa sono, morti?"
Sapevo che era molto sensibile nel rendere felici i suoi fans e ho cercato di rassicurarlo. "Elvis, erano solo un paio di persone", dissi. "Sono sicuro che hanno apprezzato lo spettacolo".
Elvis variava le canzoni in ogni spettacolo, e non sapevi mai cosa aspettarti; si nutriva della reazione del pubblico e scherzava con la gente. Aveva più energia per alcuni spettacoli che per altri, ma Elvis metteva sempre il suo cuore e la sua anima per offrire il miglior intrattenimento possibile.
Alla fine di uno spettacolo a Milwaukee, però, ci fu un piccolo contrattempo. Elvis uscì dal palco e, accecato da diversi flash delle telecamere, cadde sulle scale e si slogò la caviglia. Era irritato quando salì in macchina e rimase arrabbiato una volta tornato nella sua stanza. Il Dr. Nichopoulos fasciò la caviglia di Elvis (che sfortunatamente gli avrebbe causato problemi nei futuri spettacoli); rimmasti soli, Elvis disse: "La gente ha bisogno di una mano. Non sta facendo il proprio lavoro". Frustrato, mi disse che una guardia del corpo di nome Dick "non era dove doveva essere", e poi dichiarò: "Mi sbarazzerò di Dick, Joe, e di molti altri!"
Sapevo che Elvis era di cattivo umore a causa della caviglia che gli faceva male, ma sapevo che c'era un altro incidente recente che gli aveva fatto esprimere il suo disappunto nei confronti di alcuni membri del suo staff: una ragazza aveva sfondato la folla e aveva raggiunto Elvis, graffiandogli di proposito la mano e facendolo sanguinare. Elvis si era arrabbiato e in seguito si era lamentato con me anche di alcuni membri del suo entourage.
Finalmente si sistemò per la notte e riposò il più comodamente possibile con la sua caviglia ferita e decise di invitare mia madre e le mie sorelle a venire a Duluth, Minnesota. Sapevo il motivo per cui Elvis voleva che mia madre si unisse a noi: poche settimane prima di questo tour, un giorno, di umore cupo, avevo confidato ad Elvis che mio padre aveva lasciato la nostra casa. Dall'espressione del suo viso, questa notizia lo aveva infastidito. Elvis mi chiedeva continuamente se i miei genitori stessero cercando una nuova casa. Non la stavano cercando, ma ogni volta che aveva sollevato l'argomento, gli avevo semplicemente detto "No, non hanno trovato niente che gli piaccia". Non volevo ferire i suoi sentimenti. Una casa era ovviamente un regalo enorme, un regalo troppo grande e i miei genitori mi avevano espresso che si sentivano in imbarazzo per l'offerta di Elvis in più di un'occasione.
Anche se era consapevole che mio padre si era trasferito, Elvis aveva ancora in mente di comprare una nuova casa per la mia famiglia e all'inizio di questo tour, aveva tirato fuori di nuovo l'argomento, dicendomi: "Voglio parlarne con tua madre. Inviterò lei e le tue sorelle a vedere qualche spettacolo". Non potevo credere che nel bel mezzo di un tour, Elvis stesse pensando alla mia famiglia.
Mia madre e Rosemary accettarono di venire, ma Terry non era in grado di farlo. Chiese loro di fermarsi a Graceland per prendere un tutore per la sua caviglia, che un'infermiera avrebbe lasciato per loro. Elvis noleggiò un Learjet da Nashville per portare mia madre, Rosemary, e una ragazza di Ricky fuori da Memphis. La mia famiglia arrivò sana e salva, e prima dello show di Duluth, Elvis invitò mia madre e Rosemary nella sua stanza, dove gli diedero il tutore alla caviglia che aveva richiesto. Elvis chiese come fosse andato il loro volo.
"Bene", rispose mia madre. "Ad un certo punto il pilota ci disse che stavamo volando a quarantasettemila piedi".
Elvis non era contento di sentire questo. Disse a mia madre che non avrebbero mai dovuto volare così in alto perché l'aereo avrebbe potuto far saltare i rivetti. "Non userò più quella compagnia", disse.

Mia madre e mia sorella vennero in tour con noi per qualche giorno. Elvis le invitò a salire sulla limousine con noi, il che spostò alcuni dello staff che di solito viaggiava con lui. Speravo che questo non desse fastidio a nessuno.
A volte, i membri del suo entourage dovevano prendere una navetta dall'aereo all'hotel e quando la mia famiglia fu indirizzata sull'autobus, Elvis abbandonò rapidamente la limousine e noi salimmo sull'autobus, con Elvis accovacciato nel corridoio per poter parlare con mia madre.
Quando tornammo al nostro hotel dopo lo spettacolo di Elvis a Chicago, lui era pronto a parlare con mia madre della ricerca di case e della situazione con mio padre. Lasciai la stanza per prendere lei e Rosemary, passando davanti al colonnello Parker mentre entrava nella suite. Il colonnello di solito volava prima di noi, atterrando nella città successiva per assicurarsi che tutto fosse in ordine prima che Elvis si esibisse. Non ero ancora stato abbastanza vicino a lui per capire chi fosse veramente. Ad un certo punto, però, ero arrivata in una città ed ero entrata nella nostra suite d'albergo, dove fui sorpresa di vedere il colonnello in piedi vicino ad un carrello mobile, con un cappello da cuoco e che mescolava una pentola di zuppa.
C'erano momenti in cui Elvis esprimeva il suo disappunto nei confronti del suo manager, sentendo che il colonnello sceglieva hotel troppo lontani dai luoghi delle esibizioni, e tutto perché avevano cibo migliore. Una volta, mentre stavamo andando a uno spettacolo, Elvis chiese: "Il colonnello non può trovare qualcosa di più vicino?".
In un'altra occasione, avevo lasciato la stanza in modo che Elvis potesse parlare in privato con il colonnello Parker. Quando ritornai, Elvis stava scuotendo la testa per lo stupore. "Ero seduto qui a dirgli che avevo mal di gola, e lui parlava solo del prossimo tour", disse.
Portai Rosemary e mia madre nella suite e pochi minuti dopo, Elvis e il colonnello uscirono dalla sua camera da letto. Elvis presentò la mia famiglia al colonnello Parker, e quando il colonnello si voltò Elvis fece un gesto sprezzante con la mano, facendogli cenno di uscire dalla suite. Noi tre seguimmo Elvis nella sua camera da letto e lui chiuse la porta. "Come stai?" gli chiese mia madre.
Dato che i suoi occhi gli davano un po' fastidio, Elvis ne parlò, poi la invitò a sedersi accanto a lui sul letto. Le chiese quale fosse la soluzione migliore ai suoi problemi coniugali. Sapevo che questo sarebbe stato scomodo per lei da discutere, ma probabilmente le avrebbe fatto bene parlare con qualcuno.
Dicendo a Elvis che era completamente svuotata emotivamente, mia madre disse che sembrava che un divorzio fosse l'unica soluzione.
"È la soluzione migliore o l'ultima alternativa?" le chiese Elvis.
"Temo che sia la soluzione migliore", disse lei.
Charlie bussò alla porta, entrò e disse che Milo High stava aspettando all'aeroporto per portare a casa Rosemary e mia madre, in modo da poter tornare di nuovo a prendere il colonnello e portarlo dove doveva essere.
Chiaramente insoddisfatto di questa interruzione, tuttavia, Elvis lanciò un'occhiata a Charlie e lui se ne andò. Elvis allora continuò la conversazione.
"Se non c'è alcuna possibilità di risolvere le cose", disse Elvis a mia madre, "vorrei che tu vedessi il mio avvocato, Beecher Smith, quando torni a casa, e vorrei pagare il divorzio".
Ricordavo Beecher dalla firma del testamento di Elvis. Eravamo tutti stupiti che Elvis volesse essere coinvolto in questo modo, ma mia madre lo ringraziò gentilmente.
In poco tempo, ci fu un altro bussare alla porta. Charlie entrò e ricordò ad Elvis che Milo stava aspettando. Era ovvio che Elvis stava diventando ancora più irritato. Come se cercasse di evitare qualsiasi ulteriore interruzione, disse: "Finiamo la conversazione nella stanza di Ginger".
Lasciammo la sua stanza ed entrammo nella mia, dove Elvis si sedette sul letto con mia madre. Lui chiese se lei volesse ancora cercare una nuova casa. Lei lo ringraziò, ma disse che era felice dov'era. Elvis rifletté per un minuto, poi le disse: "Signora Alden, so che non sarà finanziariamente in grado di pagare il mutuo della casa e le altre spese da sola. Se lei è felice in quella casa, voglio pagarla io. Non ha bisogno di un'ipoteca e la sua casa rimarrà a suo nome".
Notai che gli occhi di mia madre si annebbiarono. Elvis poi ci sorprese ancora di più aggiungendo: "Mi piacerebbe anche che lei avesse una piscina e che facessi un po' di giardinaggio. Non avete alberi. Avete bisogno di alberi".
Elvis era su di giri e noi fummo travolti dal suo entusiasmo. Di nuovo, mia madre lo ringraziò. Elvis chiese cosa pensava che mio padre avrebbe voluto dal divorzio, e mia madre disse che nostro padre avrebbe probabilmente voluto la sua giusta quota del patrimonio netto della casa.
Bussarono alla mia porta. Quando aprii, Charlie era lì in piedi. Prima che potesse parlare, Elvis gridò: "Charlie, è il mio dannato aereo, e lo manderò quando sarò dannatamente bello e pronto!"
Mettendo il braccio intorno alla spalla di mia madre, Elvis disse allora: "Non preoccuparti. Farò in modo che mio padre si occupi di tutto".
Il gioielliere di Elvis, Lowell, era con noi durante il viaggio. A quel punto Elvis lo chiamò nella nostra suite e diede a mia madre e a Rosemary un bellissimo anello di diamanti ciascuna. Le due vennero riportate a casa con il suo JetStar poco dopo. La profonda compassione e la preoccupazione personale che Elvis mostrava per il benessere di mia madre mi toccò profondamente.

Elvis finì il suo ultimo concerto quell'aprile a Saginaw, Michigan. RItornammo a Memphis, dove Elvis avrebbe avuto poco più di due settimane di pausa fino all'inizio del suo prossimo tour il 20 maggio.
La conversazione con mia madre era ancora nella sua mente. Un giorno Elvis mi disse che aveva parlato con suo padre per mettere in moto le cose riguardanti il divorzio di mia madre e il pagamento della nostra casa. Elvis mi chiese di dire a mia madre di chiamare Beecher Smith.
"Grazie", dissi, e promisi che l'avrei fatto. Apprezzai la sua offerta di pagare l'ipoteca di mia madre sapendo quanto avrebbe significato per lei avere quell'onere finanziario sollevato, specialmente ora che stava affrontando la dura realtà di sbarcare il lunario da sola.
Arrivando a Graceland qualche giorno dopo, trovai Elvis che finiva una conversazione al telefono del suo letto. Quando riattaccò, Elvis mi disse che aveva parlato con Vernon, che aveva chiesto il divorzio da sua moglie Dee. Elvis mi disse che avevano cercato di trovare un accordo. Ero sorpresa di sentire questo; dato che Vernon era fidanzato con Sandy, avevo naturalmente supposto che fosse già divorziato. Questa era la prima volta che sentivo Elvis parlare della sua matrigna.
"Mio padre tornava a casa dal lavoro ed era stanco, e Dee aveva qualche intrattenitore o altre persone in casa", disse Elvis, con aria irritata.
Sapevo che Elvis era preoccupato per la salute di suo padre e per il divorzio. Misi la mia mano sulla sua schiena, cercando di calmarlo un po'. "Spero che tutto si risolva bene".
"È meglio che lasci stare il mio papà", disse Elvis.
Lo spettro del divorzio stava turbinando intorno a noi: I miei genitori, Vernon e anche uno dei fratellastri di Elvis avevano tutti problemi coniugali. Questo influenzava entrambi. Eppure, quando si trattava del nostro rapporto, il nostro amore continuava a bruciare e il nostro entusiasmo non era affievolito. Elvis credeva ancora fortemente nel matrimonio e chiaramente voleva sposarsi di nuovo. Io mi sentivo allo stesso modo: Volevo essere una moglie e una madre, e credevo che se si era destinati a stare insieme e a rimanere insieme, lo si sarebbe fatto.
Poco tempo dopo, Elvis si alzò dal letto e cominciò a rovistare in un armadio della sua camera da letto. Trovò vari cappelli e me li mostrò, poi tirò fuori una sua foto formato poster scattata quando era piccolo. Nella foto, era in piedi tra i suoi genitori, con una tuta da lavoro e un cappello. Mentre teneva la foto per mostrarmela, Elvis sporse il labbro inferiore in un broncio da ragazzino. "Avevo due anni e avevo una nocciolina in bocca", disse.
"Questo è un 'Little Two'", scherzai, alludendo a uno dei soprannomi che mi aveva dato.
Elvis puntellò la foto su una sedia, di fronte al letto, e chiese: "Ti dà fastidio?".
"No", risposi. Mi chiesi se la conversazione su suo padre lo avesse spinto a cercare questa particolare foto. Sarebbe rimasta sulla sedia fino al giorno dopo.

Ora che il tempo era più caldo, Elvis a volte mi diceva che saremmo usciti sulla sua moto, ma poi finivamo per leggere o guardare la televisione. Non mi dispiaceva aspettare; tuttavia, mi dava delle speranze. Glielo ricordavo e lui diceva che era stanco o che non ne aveva voglia, e io finivo per rimanere delusa. Dato che questo schema si ripeteva un po' di volte, cominciai a pensare che Elvis potrebbe non lasciare mai la sua casa. Raramente lasciava il piano di sopra. Ricordo che una sera Elvis mi chiese: "Chi c'è di sotto?".
"Ho visto Ricky al piano di sotto con una ragazza", risposi.
"Allora non voglio scendere", disse lui.
Al piano di sopra, Elvis di solito indossava qualcosa di casual o il suo pigiama. Non si sentiva a suo agio a scendere di sotto davanti a degli estranei a meno che i suoi capelli non fossero acconciati e fosse vestito in un certo modo, ed era troppo educato per chiedere a qualcuno di andarsene, così Elvis aveva effettivamente creato un mondo in cui non scendeva al piano di sotto a casa sua.
Aveva tutto ciò di cui aveva bisogno al piano superiore di Graceland: il suo ufficio, l'organo, le televisioni, i letti, la stanza di Lisa e i bagni. Il cibo, o qualsiasi altra cosa potesse desiderare, appariva al tocco di un pulsante.
Inoltre, essere in viaggio per così tanti anni aveva portato Elvis ad abituarsi a mangiare a letto o su un tavolino da caffè.
Avrei voluto che Elvis scendesse di più le scale, che si sedesse nella Jungle Room, che mangiasse al tavolo da pranzo o che uscisse fuori di più. Ero giovane e ovunque fosse Elvis, era lì che volevo essere.
Altre volte, Elvis mi sorprendeva decidendo che voleva uscire e andavamo da qualche parte. Una sera, Elvis disse che voleva mostrarmi la casa di Tupelo dove era nato. Ero super entusiasta di vedere la casa. Questo sarebbe stato un altro piccolo pezzo del puzzle della vita di Elvis, ed io ero felice che volesse condividerlo con me.
Mentre passavamo il tempo leggendo e guardando la televisione, cominciai a preoccuparmi che Elvis cambiasse idea di nuovo. Fortunatamente non lo fece. Elvis alla fine chiese a Billy Smith di preparare le moto e lo invitò a venire con sua moglie. Lasciammo Graceland e ci dirigemmo verso Tupelo con le guardie del corpo al seguito. Stavamo guidando sull'autostrada da un bel po' quando Elvis prese un'uscita prima di Hernando, Mississippi, e procedette attraverso una piccola città. Mi voltai e notai che Billy e Jo non erano più dietro di noi. Lo dissi a Elvis e andammo a cercarli: erano in piedi accanto alla loro moto al lato dell'autostrada. Quando ci avvicinammo, ci accorgemmo che la loro moto aveva una perdita d'olio. Elvis decise improvvisamente di non continuare. "Ci andremo un'altra volta", disse mentre tornavamo a Graceland. Avrei tanto voluto che Elvis avesse voluto continuare quella notte, e purtroppo non avremmo mai avuto la possibilità di arrivare a Tupelo prima che Elvis morisse.

Imparai sempre di più che ad Elvis piacevano le coccole, come a tutti noi. Di tanto in tanto mi chiedeva di fargli la barba a letto o mi chiedeva di aiutarlo con i suoi calzini. I suoi calzini non erano sempre facili da infilare. Una volta, mentre cercavo di aiutarlo a vestirsi, mi misi a terra, arrotolai un calzino nella mano e cominciai a tirarglielo sul piede. Feci così fatica che cominciai a ridere e anche Elvis lo fece. "Ecco, lascia fare a me", disse, riuscendo finalmente a tirarlo su.
Vedevo le coccole come un tentativo di fare piccole cose per Elvis che non solo sarebbero state piacevoli, ma avrebbero potuto essere un bene per lui allo stesso tempo. Gli portavo anche della frutta secca, pensando che sarebbe stato uno spuntino salutare. A volte Elvis la raccoglieva, il che era un passo nella giusta direzione.
A volte avevo accennato al fatto di voler giocare a racquetball o andare a cavallo con lui, ma aveva addotto le stesse scuse che dava se gli chiedevo di andare in moto: semplicemente "non voleva farlo in questo momento" o si sentiva troppo stanco. Imperterrita, continuavo a provare. Sapevo che Graceland aveva una piscina su un lato della casa, ma in tutti i nostri mesi insieme, dovevo ancora vederla da vicino. Pensando che questo potesse essere un modo per far uscire Elvis ed una sera dissi che mi sarebbe piaciuto vedere la sua piscina.
"Te la mostrerò", mi disse.
Siamo usciti dalla porta sul retro di Graceland. Per fortuna era una bella serata di primavera. Elvis mi prese per mano e mi condusse lungo una passerella. Arrivammo presto ad una piscina a forma di bambino, ma Elvis continuò oltre e mi portò in una zona che chiamava il suo "giardino di meditazione".
"L'ho fatto costruire qualche anno fa", disse.
"È così bello, Elvis", osservai, guardandomi intorno.
Era un posto incantevole e tranquillo, circondato da un muro di mattoni curvo con pannelli di vetro colorato inseriti nelle sue aperture ad arco. Al centro del giardino, l'acqua sgorgava in una fontana circolare racchiusa da una recinzione in ferro battuto ornata. Elvis mi accompagnò verso alcune sedie a bordo piscina, dove ci sedemmo in mezzo alla tranquillità. Dopo qualche minuto, Elvis ruppe il silenzio. "Mi piacerebbe molto esibirmi in Europa. Puoi immaginare se andassi in Inghilterra? Dovrei cantare da una gabbia. Avrei bisogno di più sicurezza del presidente!".
Non mi era mai venuto in mente prima che Elvis non si fosse mai esibito in un altro paese. Pensavo che avesse viaggiato così tanto e che fosse così amato in tutto il mondo che mi sembrava impossibile che non avesse mai cantato in Europa. Stavo guardando la piscina ed alzai lo sguardo e sorpresi Elvis che mi guardava.
"Sai", disse dolcemente, "mio padre mi ha detto che, da quando ci siamo conosciuti, è stata la prima volta che ha visto il ragazzino a cui aveva messo la tuta da lavoro a East Tupelo".
Vidi il calore nei suoi occhi e mi sentii sopraffatta, sapendo che questo era il modo di Elvis di dire che suo padre ci approvava.
"Mia madre mi ha sempre detto di sposare una ragazza dagli occhi marroni", continuò. "Diceva che sarebbero stati più fedeli".
Questa fu la prima volta che Elvis parlò veramente di Gladys Presley con me. Ero felice di sentire questo; ero ansiosa di saperne di più sul passato di Elvis, in particolare sulla sua infanzia.
"Avrei davvero voluto conoscerla", dissi, sperando di incoraggiarlo a parlare di più di sua madre.
"Le saresti piaciuta", disse Elvis, poi rimase di nuovo in silenzio per un momento prima di aggiungere: "Voglio avere altri figli. Vorrei che avessimo un bambino".
"Un maschio sarebbe fantastico", concordai. Mio fratello era un po' più grande di me, quindi ero abituato alle ragazze, avevo sorelle e nipoti; mi ero sempre chiesta come sarebbe stato avere un bambino. Ero soprattutto felice di sapere che Elvis voleva dei figli con me tanto quanto io volevo avere un figlio con lui.
Elvis tirò fuori un nome che gli piaceva allora, menzionando Jesse per un maschio. Mi ricordai che questo era il nome che era stato dato a suo fratello gemello.
"Che ne dici di Grace Lynn come nome da ragazza?" azzardai.
Anche quel nome gli piaceva. "Quando sarà il momento giusto, Dio me lo farà sapere", disse con un sorriso dolce, come se volesse rassicurarmi ancora una volta.
Tornammo in casa poco dopo, dove Elvis disse: "Vorrei cambiare alcune cose. Tuo fratello ti ha detto qualcosa sul fatto di lavorare per me?".
Dissi a Elvis che lasciare i vigili del fuoco era una decisione difficile da prendere per mio fratello in questo momento. Spiegai che Mike aveva due figlie di cui prendersi cura e una pensione. Sapevo che non poteva semplicemente cambiare tutto perché la decisione avrebbe influenzato tutta la sua famiglia.
"Digli che l'offerta è valida e che si prenderà cura di lui", disse Elvis.

I nostri giorni e le nostre notti tranquille erano occasionalmente interrotti dagli sbalzi d'umore di Elvis. Una sera stavamo guardando la televisione nella camera da letto di Lisa quando arrivò un programma che a Elvis non piaceva.
Cominciò a fare dei commenti al riguardo, poi improvvisamente lasciò la stanza. Tornò con una pistola e sparò alla televisione. Perché non ha semplicemente cambiato canale? Pensai con esasperazione.
Guardandomi velocemente, come per dire ops, Elvis iniziò a ridere e a imprecare sul programma. Almeno aveva riconosciuto che questo era qualcosa con cui non ero a mio agio. Tuttavia, mi chiedevo cosa fare ora.
Abbandonare Elvis l'ultima volta non aveva prodotto il risultato desiderato, così decisi di restare. Se questo era un test, stavo tenendo duro.
In un'altra occasione lungo la strada, sparò al telefono nella stanza di Lisa quando vibrò e lo disturbò. Di nuovo, non me ne andai. Ma cominciai a pensare che ci doveva essere un capannone da qualche parte sul retro, pieno di televisori e telefoni.
Non mi piaceva questo comportamento, ma amavo Elvis. La grande domanda era come potevo trovare un modo per fargli capire che non doveva fare questo genere di cose.
Fortunatamente, l'incidente dello sparo al telefono sarebbe stato l'ultimo accaduto mentre eravamo insieme.
Con il passare del tempo, cominciai a pensare che forse, dopo tutto, ero riuscita a comunicare con lui.

Fin dall'inizio della nostra relazione, avevo rinunciato volentieri al mio lavoro, ai miei hobby e a passare del tempo con la famiglia e gli amici per soddisfare gli orari e i desideri di Elvis. Mi era piaciuto essere coinvolta nel magico e vorticoso mondo di Elvis ed ero appassionata di costruire la nostra nuova vita insieme, a Graceland. Mentre la nostra relazione continuava a crescere e rafforzarsi, iniziavo a sentirmi più a mio agio e in grado di esprimermi e volevo incorporare le mie passioni nella nostra vita. Elvis aveva mostrato a modo suo quello che provava per me e ora speravo di usare il mio talento per aiutarlo a vedere ancora di più come era nel mio cuore e nella mia mente.
Avevamo letto così tanto sulla numerologia che ora ero incuriosita dalla possibilità di numeri correlati a certi eventi della nostra vita. Mi piaceva anche l'idea che certi colori o gemme potessero essere fortunati per noi.
Volevo disegnare una collana che Elvis potesse indossare sul palco, una che incorporasse i nostri numeri, quattro e otto. Elvis amava l'idea, così cominciai a disegnare alcuni schizzi, tenendoli a Graceland per lavorarci periodicamente. Era bello fare qualcosa di artistico; non avevo avuto il tempo di disegnare molto, e mi piaceva ancora.
Essendo sempre stato interessato al karate, chiesi a Elvis di insegnarmi alcuni passi e posizioni. Fu felice di accontentarmi una sera. Lo tormentai un po' mentre mi insegnava. Volevo imparare mosse più sofisticate e avanzate, ma Elvis continuava a dirmi di iniziare dal principio. Ad un certo punto ci fermammo per riposare. Lui si sedette sul letto e io misi i miei piedi contro i suoi. Subito dopo mi ritrovai sul pavimento. Penso che la sua forza lo abbia davvero scioccato, perché Elvis scoppiò a ridere. "Stai bene?" chiese.
Dovetti ridere anch'io, mentre mi alzavo e mi massaggiavo l'anca. "Sì."
Con uno sguardo consapevole, Elvis disse: "Ginger, comincia sempre dall'inizio. Sii paziente e impara".
Impressionata da questa semplice dimostrazione di abilità, decisi di seguire il suo consiglio. Sentivo anche che era il momento di conoscere meglio la sua famiglia, che un giorno sarebbe stata anche la mia, così cominciai ad estendermi
a loro, iniziando con Dodger.
Elvis amava sua nonna. Lo seguivo sempre per salutare velocemente Dodger ogni volta che i due entravano o uscivano insieme da Graceland. Una volta, dopo che ci eravamo fermati a vederla per qualche minuto, mi disse: "Dovremmo andare a trovarla più spesso".
Un pomeriggio, Elvis stava dormendo e decisi di visitare Dodger per conto mio. Andai nella sua stanza e bussai alla sua porta. Quando Dodger mi invitò ad entrare, la trovai seduta a letto.
"Volevo solo salutarla", dissi.
Subito la conversazione di Dodger si spostò su suo nipote. "Sono così orgogliosa di Elvis", disse. "Sai, Gladys era una madre forte. Si preoccupava per Elvis. Quando era piccolo, vide lui e un altro bambino che litigavano e Gladys corse fuori con una scopa per scacciare l'altro bambino. Una volta ha messo Red West contro il muro con un coltello da cucina, per aver detto qualcosa su Elvis".
All'epoca non conoscevo questo nome, così annuii educatamente e la incoraggiai a continuare. Dodger mi disse che Gladys a volte cucinava il pesce in casa; Elvis ne odiava l'odore ed è per questo ora odiava il pesce. L'avevo imparato anche prima, durante il tour, quando un assistente mi chiese cosa volessi per cena e io gli dissi: "Gamberi fritti". Mentre la guardia del corpo, Sam, portava a me ed Elvis il nostro cibo quella sera, mi aveva detto: "Buona fortuna a mangiarli davanti ad Elvis".
Elvis non disse una parola quando iniziai a mangiare, ma poi mi chiese di alzare il coperchio del contenitore in modo che non potesse vedere il mio cibo. Quando più tardi lo dissi a Sam, mi disse: "Non posso credere che tu l'abbia mangiato davanti a lui".
Fu stato bello parlare con Dodger. Era dolce e divertente. La cosa migliore è che sembrava desiderosa quanto me di sposare Elvis. Dodger mi disse che mi amava e che sperava che io ed Elvis avere un bambino.
"Ero stanca di vedere quella roba bionda scendere le scale", disse.
Non ero sicuro di chi stesse parlando, ma Dodger fu la prima persona a farmi sentire davvero parte della famiglia.
Quello stesso giorno trovai il coraggio di andare sul retro a trovare Vernon. Quando entrai nel suo ufficio, era alla sua scrivania.
"Salve", dissi, e ci scambiammo alcuni convenevoli. Rimasi lì solo per pochi minuti, perché Vernon sembrava occupato e non volevo interromperlo. Non fu una visita lunga, ma almeno era un inizio.
29/11/2021 22:10
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CAPITOLO 22


Ormai era la metà di maggio e ci si avvicinava al prossimo tour. Come prima, Elvis sembrava ansioso per le sue imminenti esibizioni. Cominciò di nuovo a chiedere altri farmaci per aiutarlo a tornare a dormire ogni volta che si svegliava.
Per la prima volta venni a sapere dalla sua infermiera, Tish, che a volte gli dava dei placebo. Questo significava che Elvis aveva inconsapevolmente preso sonno a volte senza tanto aiuto, cosa che trovai confortante da sentire. Ancora una volta, mi chiedevo se la dipendenza di Elvis dai farmaci per addormentarsi fosse più nella sua testa. D'altra parte, notai che Elvis era a volte sveglio dopo aver preso una bustina. Era difficile per me sapere se la sua insonnia fosse così cronica che il farmaco non funzionava quando gli avessero dato un dosaggio regolare, o se allora gli era stato dato solo un placebo. Questo era qualcosa che io sicuramente non ero qualificata per giudicare.
Avevo anche un'altra preoccupazione. Mi chiedevo se questo farmaco potesse essere dannoso per Elvis a lungo termine. Alcune volte mi sembrava chiaro che avesse influenzato il suo umore e il suo comportamento in modo negativo.
A volte anche un'infermiera di nome Marian Cocke faceva visita e dispensava i farmaci ad Elvis. Non mi era chiaro il perché, visto che Tish viveva là. Avrei appreso dopo la morte di Elvis, che era un'infermiera privata e amica del Dr. Nichopoulos, che continuava a fermarsi a Graceland per controllare Elvis e a volte somministrava medicine ad Elvis stesso.
Se occasionalmente, ci sarebbe stato un dare e avere tra i due uomini, il risultato di Elvis era che esprimeva ciò che voleva per dormire e quello che il Dr. Nichopoulos pensava dovesse avere. C'erano volte in cui il dottore diceva ad Elvis che non ne aveva più bisogno, e io ero d'accordo.
Continuavo a chiedermi come, con le infermiere e il Dr. Nichopoulos che si occupavano di lui sia a casa che in tour, Elvis fosse arrivato ad un punto della sua vita in cui era così dipendente da questo farmaco per dormire. Poiché una volta avevo visto Elvis dimenticare di prendere una bustina e addormentarsi, pensai che sarebbe stato grande per il suo dottore fare un esperimento e semplicemente non dare ad Elvis nessuna medicina per una notte o due. Io l'avrei aiutato in questo. Ma ciò non è mai successo in mia presenza. Il Dr. Nichopoulos sembrava cercare di gestire la situazione, piuttosto che creare un confronto finale o un intervento.
Una volta, poco dopo che il Dr. Nichopoulos aveva lasciato Graceland, Elvis mi disse che il medico gli doveva un sacco di soldi. Non entrò nei dettagli in quel momento, come se fosse solo un'altra cosa che voleva che io sapessi. Tuttavia, un pensiero mi attraversò la mente in quel momento: era questo il motivo per cui il dottor Nichopoulos non aveva deciso di ridurre le medicine per il sonno di Elvis? Aveva paura di perdere il suo lavoro con Elvis?

Il tour iniziò il 20 maggio a Knoxville, Tennessee, e sarebbe finito il 2 giugno a Mobile, Alabama.
Ad un certo punto, Elvis ed io eravamo seduti in una macchina sulla strada per un aeroporto verso la città successiva. Alla radio passò una canzone che mi piaceva e cominciai a cantare dolcemente. Uno dei testi era: "Make love to me tonight". Mentre cantavo, Elvis mi diede un colpetto sulla gamba e fece cenno al nostro autista. Apparentemente aveva paura che l'autista potesse sentirmi. Imbarazzata, smisi di cantare. Elvis pensava che cantare quella canzone mi facesse sembrare meno che corretta? Ero consapevole dell'ironia della situazione.
Per qualcuno la cui immagine era basata sul sex appeal, Elvis era sorprendentemente conservatore e protettivo su come gli altri mi vedevano. Forse questa era anche l'immagine di me che preferiva tenere per sé: come giovane, innocente e inesperta in molti modi, cosa che io certamente ero. Era all'antica in quel senso, nonostante il rock'n'roll e la vita di Hollywood che aveva sperimentato personalmente.
Elvis era diventato maggiorenne negli anni '50 ed era ormai la primavera del 1977. Avevo appena finito l'adolescenza. Nonostante fossi un po' un maschiaccio, non ero una femminista. Mi identificavo più come una southern belle a cui piaceva che mi aprissero le porte dell'auto e altri gesti cavallereschi e gentili. La sola cosa femminista che ha toccato direttamente la mia vita, fu il poter indossare i pantaloni al liceo. Semplicemente non avevo prestato molta attenzione alla politica a quel tempo, e anche se Elvis guardava il telegiornale; neanche lui parlava di politica.
Nonostante fosse più vecchio di me, Elvis era ancora straordinariamente bello nei suoi primi quarant'anni. Ma lui era umano, come tutti noi, e sospettavo che a volte fosse sensibile. Pensavo davvero che fosse ingiusto come i tabloid a volte stampassero foto poco lusinghiere di Elvis prese da certe angolazioni mentre era sul palco. I miei sospetti che potesse sentirsi sensibile al suo aspetto furono confermati quando Billy Smith, una volta, mi disse di non mostrare mai ad Elvis nessuna foto poco lusinghiera di se stesso. Non l'avrei mai fatto, ma mi chiedevo se stesse parlando per esperienza.
Una notte in particolare mi sono chiesta come doveva essere per Elvis trovarsi costantemente di fronte al suo giovane sé stesso nei film e nelle riviste.

Era arrivato a casa mia, dove voleva andare direttamente nella stanza di Rosemary, nonostante l'ora tarda. "Facciamo alzare Rosemary!" disse con il suo solito entusiasmo da ragazzo, camminando lungo il corridoio e accendendo la luce nella sua stanza. Lei si svegliò e sbatté le palpebre con forza mentre Elvis prendeva posto sul suo letto. Elvis iniziò a parlarle e poi si sdraiò a pancia in giù, chiedendomi di massaggiargli la schiena. Mentre lo facevo, notò alcuni album seduti sul pavimento accanto al letto di Rosemary e iniziò a sfogliarli.
Quando si imbatté in uno dei suoi album, "Elvis: The Sun Sessions", si fermò e lo prese dalla pila. La copertina era illustrata con un'immagine di un giovane Elvis sulle punte dei piedi, in pieno movimento, il microfono in una mano e una chitarra appesa a una cinghia intorno al collo. Mi chiesi cosa gli passasse per la testa mentre Elvis studiava attentamente l'album per qualche momento. In breve, ebbi la mia risposta: "Mi piace", disse, poi lo rimise tra gli altri.
Elvis non mi sembrava drasticamente diverso a quarantadue anni rispetto a quando aveva la mia età. Lui era semplicemente più vecchio. Ma era ancora difficile credere di essere con la stessa persona del cantante che suonava il rock sulla copertina dell'album. Era quasi come se ci fossero tre uomini diversi: il giovane Elvis sulla copertina dell'album, l'Elvis star del cinema che aveva fatto tutti quei film, e ora l'Elvis adulto serio e spiritualmente curioso Elvis adulto che era qui, sul letto di mia sorella, a condividere la sua vita con me.
Elvis era pienamente consapevole di non avere più vent'anni. Un paio di volte fece commenti con me in riferimento a questo. Dopo uno spettacolo, per esempio, sentiva che il pubblico non era stato molto reattivo.
"Tutti vogliono vedere il 'vecchio' Elvis", disse.
D'altra parte, ha anche continuato a dirmi che pensava che la sua voce fosse più forte ora di quanto non lo fosse mai stata. Ero d'accordo. Avevo sentito molte delle sue prime registrazioni, e certamente pensavo che la voce di Elvis fosse diventata più ricca. La sua voce era al suo massimo.
Raramente sapevo se Elvis mi avrebbe presentato durante i suoi spettacoli. Sapeva che ero timida ad avere I riflettori su di me, ma si divertiva a farlo lo stesso. Di solito mi sedevo sul palco dietro i suoi tecnici del suono, ma una volta dovetti sedermi più lontano. Elvis mi presentò e volle che salissi sul palco. Era una lunga camminata, ma non appena raggiunsi la cima dei gradini sul palco, quando Elvis mi chiese immediatamente di andare a sedermi di nuovo. La folla si fece una risata per questo. Nella nostra stanza d'albergo, dopo, dissi: "Te la farò pagare", e cominciai a fargli il solletico. Questa era la prima volta che lo facevo, e fui felice di scoprire che Elvis soffriva il solletico. Mi piaceva sentirlo ridere.

Dopo circa una settimana di tour, eravamo nella stanza di Elvis dopo il suo spettacolo a Binghamton, New York, quando iniziai a pensare a come, nel mezzo della mia nuova vita con Elvis, la forza combinata della sua personalità e i miei stessi sentimenti per lui mi avessero trascinato in questa marea emotiva. Elvis era diventato il mio obiettivo principale. Ero così presa dall'essere con lui e dal prendermi cura di lui, che i miei bisogni e la mia identità erano stati in parte schiacciati dal tentativo di stare al passo con la sua vita frenetica, al fine di essere il miglior partner. Lo amavo e volevo stare con lui, ma stavo anche cominciando a sentirmi un po' persa. Capivo la pressione a cui era sottoposto Elvis, ed ero pronta a mettere da parte ogni pensiero sulla mia carriera per sostenerlo. Tuttavia, Elvis aveva i suoi interessi e le sue passioni, e cominciai a riflettere su come integrare alcune delle mie, come l'arte, nella nostra vita insieme. Mi mancava soprattutto la pittura.
Anche la rottura del matrimonio dei miei genitori pesava sulla mia mente. Sapevo che mia madre e mio padre probabilmente avrebbero fatto meglio a vivere separati, eppure sentivo una profonda tristezza di fondo, sicura che questo sarebbe stato definitivo. Desideravo solo che le cose potessero essere diverse per loro.
Quella particolare notte a Binghamton, sperimentai una complessa convergenza di emozioni portate dai miei sentimenti di perdita, insieme alla mia continua ansia per la dipendenza di Elvis dai farmaci per il sonno e gli effetti che i farmaci sembravano avere a volte sulla sua personalità. Volevo davvero aiutarlo. Tutto mi colpì improvvisamente e cominciai a piangere. Ne avevo bisogno, anche solo per alleviare la pressione emotiva. Quando vide le mie lacrime, Elvis pensò che dovevo essere arrabbiata con lui. "Non sei felice con me", azzardò.
Scossi la testa. Come potevo iniziare a spiegare? Poi le parole uscirono di corsa. "Elvis, ti amo. Non è questo. Sono i miei genitori, sono tutte queste cose".
Infine, forse perché ero in uno stata così cruda e vulnerabile, aggiunsi: "Mi preoccupo anche per te e le tue medicine a volte".
Elvis era tranquillo. Sapevo che non gli piaceva essere confrontato con nessuna delle sue abitudini. Questa volta non era diversa. Eppure, la sua risposta mi scioccò nel profondo.
"Penso che dovresti andare a casa per qualche giorno", disse
Questo mi fece davvero male. Sembrava anche ingiusto. Avevo appena cercato di contattarlo, di comunicare onestamente con lui i miei sentimenti. All'inizio non volevo andarmene, ma poi ripensai. Forse Elvis aveva ragione, e mi avrebbe fatto bene andare a casa a riordinare i miei pensieri e riposare un po'.
Elvis prese un programma del tour dal suo comodino, ci scrisse qualcosa e me lo porse. Quando guardai, aveva scritto "Torna qui" e disegnato una freccia accanto a "Baltimora, Maryland".
Lasciai Binghamton e volai a casa a Memphis, ancora incerta sulla mia decisione di partire, sentendomi emotivamente scossa. Ero anche imbarazzata: cosa avrebbero pensato quelli intorno a Elvis di me che me ne andavo così bruscamente?
Cercai di fare buon viso a cattivo gioco quando mi presentai a casa. "Mi sto solo prendendo una piccola pausa", dissi alla mia famiglia. "Avevo bisogno di riposare, ed Elvis vuole che torni al tour tra qualche giorno".
Non cercai di spiegare più di questo. Il mio tumulto emotivo era troppo difficile, troppo complesso e troppo privato. Fortunatamente, la mia famiglia mi sostenne come sempre. Non fecero pressioni e io non entrai nei dettagli.
Una volta a casa con le cose più tranquille, fu più facile riordinare le mie emozioni. Elvis non era concentrato sui miei interessi personali, mi resi conto, ma quando gli avevo parlato della salute di mio nonno e dei problemi che stavano avendo i miei genitori, era stato sensibile a ciò che stava succedendo nella mia vita. Infatti, era passato all'azione e aveva fatto tutto quello che poteva per rendere le cose migliori. Cominciai a pensare alle sue molte responsabilità, specialmente quando andava in tour. Ora mi sentivo colpevole e sconvolta per non aver tenuto le cose insieme meglio. Potevo solo sperare che Elvis sapesse, almeno a qualche livello profondo, che avevo tirato fuori i farmaci perché mi importava molto di lui e del suo benessere. Pensavo che Elvis mi avrebbe chiamato, ma il giorno dopo passò senza una parola da parte sua. Il giorno seguente ancora nessuna chiamata.
Mi stavo chiedendo se ci stavamo lasciando. Rimasi a casa a riposare. Mi sentivo assolutamente infelice. Alla fine mi chiamò il terzo giorno. "Mi manchi", disse Elvis, aggiungendo che mi voleva di nuovo nel tour. Ero felice di sentire la sua voce e gli dissi che anche lui mi mancava. Elvis iniziò immediatamente a ad organizzare il mio ritorno.

La mattina dopo, una macchina si fermò davanti a casa mia: pensai che fosse uno degli aiutanti di Elvis per portarmi all'aeroporto. Ma, mentre uscivo dalla porta d'ingresso, ho visto che Elvis era seduto di dietro. Ero sbalordita! Non potevo credere che avesse lasciato il suo tour per venirmi a prendere.
Non era esattamente un momento intimo, però. Una guardia del corpo, Billy Smith, e Larry Geller erano anche loro in macchina. Mi sentivo in imbarazzo mentre mi univo a loro. L'ultima cosa che volevo era mettere fuori gioco qualcuno, o creare un inconveniente a Elvis.
Elvis mi sorrise, ma era silenzioso. Nemmeno io potevo dire nulla, con tutti gli altri in macchina, così appoggiai la testa contro la sua spalla, volendo fargli sapere con questo piccolo gesto quanto fossi felice di essere di nuovo con lui. In risposta, Elvis mi prese la mano e la tenne mentre ci dirigevamo verso l'aeroporto. Una volta a bordo del Lisa Marie, Elvis ed io andammo nella sua camera da letto e parlammo un po'.
"So che sei sconvolta per i tuoi genitori", disse Elvis, "e voglio che tu mi ascolti, Gingerbread. Ti aiuterò a farlo".
Mi ricordai di come mi aveva detto, la sera in cui me ne ero andata, che pensava che fossi infelice con lui. Pensai attentamente a come esprimere le mie vere preoccupazioni.
Alla fine dissi: "Elvis, hai detto che pensavi che fossi infelice con te. Ti amo, ma è come le medicine ti fanno agire a volte che non mi piace".
Portandosi la mano alla testa, Elvis cominciò a battere la tempia con l'indice. "Ginger, tu non mi capisci", disse.
"Elvis, ci sto provando", risposi.
Potevo dire che Elvis aveva finito di parlare di questo, perché cambiò argomento. "Se ti piace l'arte", disse, "faremo qualcosa al riguardo. Ti troveremo un posto dove potrai fare la tua arte".
Sospettai che Elvis intendesse una stanza a Graceland. Questo mi commosse profondamente, perché significava che mi aveva ascoltato, dopo tutto. Pensai che forse un po' di quello che stavo dicendo stava affondando. Questa era la cosa importante. Stavamo facendo progressi. Qualsiasi conversazione sui farmaci avrebbe dovuto essere affrontata con attenzione e per tempo. Sapevo che non avrei potuto cambiare le cose in un giorno, ma ero determinato a continuare a provare.

Elvis si esibì in qualche altro spettacolo in quel tour. Una volta, mentre era seduto al piano e cantava "Unchained Melody", alcuni membri del pubblico lanciarono alcune monete sul palco. Questo fece infuriare Elvis. Pensava che le persone stessero cercando di fargli del male.
Feci del mio meglio per calmarlo. "Elvis, la gente paga per vederti", dissi, "e quando ti siedi, non possono vederti bene. Il tuo pubblico ti ama. Probabilmente potresti salire sul palco e stare lì per un'ora, senza cantare, e la gente non si lamenterebbe. Vogliono vederti così".
Vernon, comunque, era più schietto. Una volta disse ad Elvis: "Figliolo, non pagano per vederti seduto".
Tornammo a Memphis, dove saremmo rimasti per un paio di settimane fino al successivo. Elvis chiese a Larry e alla sua corista, Kathy Westmoreland, di rimanere in città. A loro insaputa, aveva deciso di regalare a ciascuno di loro una Lincoln Continental nuova di zecca.
Ero a Graceland il 4 giugno quando Elvis li invitò a venire da lui quella sera. Con Billy Smith e Ricky in questa sorpresa, Elvis presentò a Kathy e Larry le loro nuove auto. Elvis era di ottimo umore. Si era concesso il tipo di grande gesto che amava tanto fare e sembrava soddisfatto. In poco tempo, anche Charlie uscì per vedere cosa stava succedendo. Mentre Kathy ed io guardavamo la sua macchina, Elvis mi chiese di fare un giro di prova con lei. Non conoscevo Kathy ma sembrava una donna simpatica. Girammo intorno al quartiere e facemmo due chiacchiere. Quando tornammo a Graceland, tutti se n'erano già andati, tranne Billy. Era in piedi sul portico con uno sguardo solenne, con in mano la brocca d'acqua che Elvis aveva con sé quando iniziammo il nostro breve giro in auto via. Uscii dalla macchina, sentendo che c'era qualcosa che non andava. Billy mi passò l'acqua, mi chiese di portarla a Elvis e se ne andò. Perché Billy si comportava così misteriosamente? Improvvisamente mi sentii ansiosa e quasi corsi al piano di sopra. Elvis non era nel suo ufficio, così entrai in camera da letto e poi guardai verso il bagno. Vidi Elvis dentro che sembrava pensieroso, seduto sulla sedia nera con una gamba incrociata sull'altra, scuotendo il piede. Quando entrai nella porta del bagno, vidi Charlie. Era appollaiato sulla tavoletta del water con le spalle verso di me. Nessuno dei due parlava.
Girai intorno a Charlie per vedere la sua faccia sussultai per l'orrore. Il suo naso era tutto insanguinato e gonfio! "Cos'è successo?" chiesi. Chiesi.
Con una risata nervosa, Elvis disse: "Beh, Charlie stava bevendo e parlava di me che davo auto a Kathy e Larry, e diceva qualcosa sul fatto che lui avrebbe avuto una Rolls-Royce e mi metteva in imbarazzo. Gli ho detto di stare zitto. Stava rovinando il momento".
Scrollando le spalle, Elvis aggiunse: "Mi ha chiesto di colpirlo, così l'ho colpito".
Guardai Charlie, cercando di elaborare la cosa. Era ovvio che aveva bevuto. Ora rideva nervosamente, come se tutto fosse a posto e potesse far passare l'incidente come irrilevante. I due scherzarono per qualche istante, ma l'umore nella stanza era pesante. Charlie se ne andò poco dopo.
Potevo dire che Elvis si sentiva malissimo per quello che era successo. Scuotendo la testa, disse: "Charlie non avrebbe dovuto farlo". Continuava a ripeterlo più e più volte, comportandosi in modo molto deluso da Charlie. Erano entrambi nel torto, pensai. Charlie doveva sapere che per Elvis erano importanti i grandi momenti in cui si facevano i regali. Naturalmente, Elvis non avrebbe mai dovuto dargli un pugno. Come avrebbe potuto colpire il suo buon amico?
Per una cosa del genere, cominciai a chiedermi se le cose si fossero accumulate tra Elvis e Charlie. Continuai ad ascoltare Elvis e cercai di calmarlo.
"Charlie tornerà", dissi, ma Charlie non riapparve ed Elvis non aveva intenzione di andare giù a cercarlo.
Alla fine andammo a dormire che era già mattina e ci svegliammo nel pomeriggio. Charlie non venne a vedere Elvis neanche il giorno dopo. Elvis era davvero giù, e cominciò a parlarmi di fare un viaggio a Las Vegas.
Eravamo appena tornati da un tour e sentivo che Elvis stava semplicemente cercando di scappare da quello che era successo. Lo dissi a Billy in privato poco dopo e lui mi rispose che non avrei dovuto andare a Las Vegas con Elvis, perché Elvis "probabilmente avrebbe ottenuto qualcosa di cui non aveva bisogno".
Cosa voleva dire con questo? Ero confusa.
Non feci domande a Billy in quel momento, ma in retrospettiva, vorrei averlo fatto.
Non volevo che Elvis andasse a Las Vegas, così gli dissi coraggiosamente che non doveva scappare dal problema. "Charlie lo supererà, Elvis", dissi. "Dovremmo rimanere a Memphis".
Aveva un'aria depressa, divenne silenzioso, e non disse più nulla sull'andare a Las Vegas. Provavo ancora a tirarlo su di morale e, fortunatamente, in poco tempo, Elvis si comportò come se fosse di umore migliore.
La mattina, tornai a casa. Più tardi, però, quando chiamai Graceland, mi dissero che Elvis non era lì. Ero perplessa. Era davvero andato a Las Vegas dopo tutto? Non riuscendo a contattarlo, mi preoccupai. Nel cuore della notte, Elvis mi chiamò a casa e sospettai che mi stesse chiamando da Las Vegas. Dalla sua voce pesante, sembrava che avesse preso delle medicine per il sonno. "Mi manchi", disse.
"Anche tu mi manchi. Dove sei?" Ci fu silenzio al telefono. Lui non lo disse. Sapevo che, nelle sue condizioni, non potevamo avere alcun tipo di conversazione. Parlammo brevemente dicendoci che ci amavamo, poi ci salutammo. Il mio cuore sprofondò mentre riattaccavamo. Pregai che Elvis stesse bene e che tornasse presto a casa.
Il pomeriggio seguente, qualcuno chiamò da Graceland per dire che Elvis voleva vedermi. Pensai che fosse strano che non lo avessero messo al telefono. Questo mi preoccupava ed ero in ansia. Che cosa era successo?
Mi precipitai e, quando entrai nella stanza di Elvis, lo vidi sdraiato a letto su un lato, di fronte a me con gli occhi chiusi e collegato ad una flebo. Spaventata, il mio cuore affondò di nuovo. Non avevo mai visto Elvis così prima.
Charlie, Billy e pochi altri erano in piedi intorno. Il dottor Nichopoulos era seduto su una sedia.
"Cos'è successo?".
Charlie mi disse che Elvis era andato a Las Vegas e aveva preso troppe medicine.
Avevo una domanda scottante. Perché? Mi distruggeva vederlo così. Tutti stavano in piedi nella stanza, in silenzio. A poco a poco, il dott. Nichopoulos e i ragazzi cominciarono ad uscire lentamente dalla stanza. Mi sdraiai accanto a Elvis. Come aveva potuto lasciare che l'incidente con Charlie gli facesse questo? Volevo così tanto capire cosa gli fosse passato nella mente. Fissai il soffitto, con il cuore spezzato, e i miei occhi si gonfiarono. Improvvisamente, sentii Elvis muoversi sul letto accanto a me. Guardai mentre cominciava a rotolarsi sulla schiena.
Girando la testa verso di me, Elvis aprì lentamente gli occhi. Non disse una parola, ma con una mano instabile, prese il dito e mi asciugò una lacrima dall'occhio. Cercai di sorridergli, ma era difficile. Tutto quello a cui riuscivo a pensare, ancora e ancora, era come Elvis era sempre circondato da persone, quindi come poteva essere successo?
Le domande turbinavano nella mia mente mentre la confusione e la rabbia mi offuscavano la vista. Billy sembrava sapere che Elvis avrebbe potuto fare qualcosa del genere. Chi è andato a Las Vegas con Elvis? Elvis non ci sarebbe mai andato da solo. Gli altri avevano già avuto esperienza di questo tipo di comportamento da parte di Elvis? Se è così, perché non l'avevano fermato se pensavano che sarebbe stata una brutta cosa? Cosa aveva pensato il dottor Nichopoulos quando ha visto Elvis in questo modo?
Mi ci volle molto tempo per addormentarmi. Quando ci svegliammo il giorno dopo, fui sollevata nel vedere Elvis comportarsi normalmente. Qualunque cosa lo avesse turbato, sembrava determinato a lasciarsela alle sue spalle, comportandosi come se tutto andasse bene. Charlie era di nuovo in giro e così lasciai che le cose tornassero alla normalità, ma c'erano molto di non detto tra noi.
In retrospettiva, non posso fare a meno di sentire che il tuffo di Elvis in quella specie di depressione estrema per quei pochi giorni fu esacerbata dal fatto che Elvis sapeva che stava per uscire un libro fortemente negativo, scritto dalle sue ex guardie del corpo Dave Hebler e Red e Sonny West.

Elvis tornò presto al suo solito umore dopo questo incidente. Un giorno, mi stavo preparando ad andare a casa per controllare Odyssey quando disse: "Puoi guidare il mio Stutz se vuoi".
Sarebbe stato bello, pensai, ma quando misi le mani sul volante, ebbi improvvisamente dubbi. Se mai c'è stato un momento in cui non avrei voluto mettere delle ammaccature in una macchina, era questo!
Guidai la Stutz fino a casa nel modo più cauto possibile e giocai con Odyssey per un po' e poi decisi di portare Terry con me nella Stutz a trovare la nostra amica Cindy.
Appena entrati nel suo vialetto, Cindy uscì e quando Terry ed io uscimmo per incontrarla, un giornalista si avvicinò improvvisamente a noi, volendo farmi una foto accanto alla macchina. Non avevo visto che qualcuno ci seguiva, ma poi mi venne in mente che ovviamente qualcuno avrebbe notato la Stutz. Certamente non era il tipo di automobile che si vedeva tutti i giorni. La maggior parte delle persone avrebbe sospettato che appartenesse a Elvis.
Non volevo ostentare pubblicamente l'auto di Elvis e rifiutai di posare per il fotografo. Lui decise di mettere Cindy nella foto. La foto apparve sul nostro giornale locale il giorno dopo insieme ad un piccolo articolo che si riferiva a me come "amica" di Elvis che portava l'auto a fare un giro.
Non molto tempo dopo, Elvis mi disse che la CBS aveva intenzione di fare uno speciale su di lui. Avrebbero filmato alcune delle sue esibizioni durante il suo prossimo tour. Elvis voleva che avessi dei nuovi vestiti da indossare e mi mandò
a Los Angeles a fare shopping con Rosemary. Ero entusiasta di vedere finalmente Los Angeles. Elvis ordinò a Joe di organizzare tutto. Alloggiavamo al Westwood Marquis Hotel con la nostra limousine e un autista ai nostri ordini.
Rosemary ed io ci fermammo all'appartamento di Joe mentre visitavamo Los Angeles, dove ci mostrò alcuni album di foto con immagini di Elvis scattate nel corso degli anni. Mi resi conto che Joe conosceva Elvis da molto tempo. Aveva anche alcune vecchie foto di Elvis e Priscilla alle pareti. Sapevo che la ragazza di Joe, Shirley, era amica di Priscilla e ora immaginavo che anche Joe dovesse esserlo. Elvis aveva dimenticato di darmi dei soldi prima di partire, così Joe lo chiamò. Elvis trasferì i soldi ad un ufficio locale della Western Union. Quando Joe vide che Elvis aveva trasferito 2.000 dollari, si mise a ridere.
"Questo pagherebbe solo uno dei vestiti di Linda", disse. Linda doveva avere gusti costosi, pensai. Duemila dollari erano più che sufficienti per comprare vestiti per me.
Eravamo a Los Angeles solo per due giorni, ma Rosemary ed io ne approfittammo al massimo, non solo per fare shopping ma per visitare gli Universal Studios e per fare un giro della città. La nostra avventura diventò ancora più interessante quando partimmo con un volo dell'American Airlines e scoprimmo che i cantanti Kenny Rogers e Brenda Lee erano entrambi a bordo, così come l'attore David Huddleston. Ricordavo David dal film Blazing Saddles. Si divertì a camminare e a raccontare barzellette a Rosemary e a me. Rosemary lo incitava e gli chiedeva di ripetere alcune delle sue battute più divertenti del film.
Kenny Rogers era un uomo amichevole, con i piedi per terra, vestito in jeans e giacca sportiva. Si sedette di fronte a noi e gli dissi che io ed Elvis ci eravamo divertiti a guardarlo in televisione mentre cantava "Sweet Music Man", una canzone che Elvis amava. Kenny mi diede generosamente una cassetta del suo album ancora da pubblicare, che conteneva la canzone.
Anche Brenda Lee era amichevole. Mentre stavamo parlando, Brenda notò una macchia sul mio top e disse che aveva un nuovo prodotto dal Giappone per pulire i tessuti. Poco dopo iniziò ad applicare il prodotto sul mio top e a cercare di strofinare la macchia. Mentre guardavo Brenda fare seriamente del suo meglio per aiutare a pulire il mio vestito, mi chiedevo se lei, Kenny o David mi avrebbero anche solo parlato un anno fa. Sapevo che era improbabile. Stare con Elvis aveva reso questo possibile. Ancora una volta, mi aveva introdotto ad una nuova ed eccitante sfaccettatura del suo mondo di celebrità anche quando non era con me.

Quando tornai a Graceland, Lisa era in città. Era bello vederla e anche lei sembrava felice di avere la mia compagnia, chiamandomi addirittura "Gingerbread" dopo aver sentito Elvis usare il mio soprannome. Elvis doveva ancora dire a Lisa del nostro fidanzamento. Prima ne aveva parlato con me dicendo che voleva aspettare il momento giusto, un momento in cui si sarebbe sentito a suo agio a dirglielo. Questo avrebbe rappresentato un cambiamento significativo nella vita di sua figlia, e voleva che l'annuncio fosse gestito correttamente. Mi aveva chiesto di non condividere ancora la notizia con lei. Questa era una cosa che avevo capito completamente.
Lisa era di solito in giro per Graceland, a giocare con gli amici o i membri della famiglia, o andando in giro con il suo golf cart. Un giorno mi invitò a fare un giro con lei. Salii e lei partì veloce, rimbalzando per il terreno e inseguendo i cavalli, sollevando polvere. Era molto divertente e non vedevo l'ora di passare più tempo con lei in futuro.
Un pomeriggio, ero seduta ai piedi del letto di Elvis e parlavo con lui mentre stava al lavandino del bagno, in pigiama e una vestaglia, fumando un sigaro. La finestra era un po' alzata e improvvisamente l'ho visto girarsi, muoversi velocemente verso la finestra e guardare fuori. Uscì di corsa dal bagno e mi superò, afferrando una mitragliatrice mentre io gridavo: "Elvis, cosa c'è?"
Lo seguii rapidamente al piano di sotto, mentre Elvis correva fuori dalla porta d'ingresso. Si fermò sul portico e si guardò intorno.
"Ho sentito gridare e ho visto qualcuno con una pistola che inseguiva Lisa e le altre ragazze", disse senza fiato.
Mi bloccai accanto a lui, spaventata, scrutando il terreno. Poi notai i figli di suo cugino e i loro amici che giocavano su un lato della casa. Uno degli adolescenti aveva una pistola di plastica e stava inseguendo gli altri. Lo dissi a Elvis e, mentre il sollievo lo travolgeva, scoppiò a ridere. Lo feci anch'io. Sapevo che la paura degli intrusi era sempre con lui, ed ero felice che questa volta non ci fosse nulla di strano.
Elvis rimase nel portico con me per qualche minuto, la sua vestaglia che soffiava dolcemente nel vento, un sigaro tra le labbra e una mitragliatrice in mano, mentre riprendevamo fiato. Notai una delle jeep rosa del tour, piena di fans, che si faceva lentamente strada nel vialetto.
"Elvis, la jeep sta arrivando", dissi.
Lui si voltò e si diresse velocemente verso l'interno. Seguendolo, chiusi la porta.
30/11/2021 19:37
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CAPITOLO 23


Il prossimo tour di Elvis sarebbe iniziato il 17 giugno. Mia sorella Terry stava rinunciando alla corona di Miss Tennessee e il direttore del concorso statale le aveva chiesto di invitare Elvis. Quando glielo disse, lui la ringraziò ma declinò, dicendo che non voleva sminuire il concorso. Non sapeva che il suo tour sarebbe comunque iniziato in quella data, dato che altri si occupavano del suo programma e dell'organizzazione del viaggio.
Sapevo che non avrei avuto un'altra possibilità di vedere Terry con la sua corona, così chiesi a Elvis se andava bene se avessi perso il primo giorno del suo tour per assistere alla cerimonia di mia sorella. Lui capì che volevo sostenerla e mi organizzò per raggiungerlo dopo il concorso.
Mentre Elvis volò a Springfield, Missouri, per l'inizio del suo tour di dieci giorni, io viaggiai verso Jackson, Tennessee, con la mia famiglia. Vedemmo Terry rinunciare alla sua corona, e fu un momento agrodolce.
Poco dpo, volai a Kansas City, Missouri, su un Learjet, che Elvis aveva noleggiato per me, per unirmi al tour.
Lo speciale della CBS sarebbe stato il primo di Elvis dopo il suo show satellitare Aloha from Hawaii, e le riprese iniziarono il 19 giugno a Omaha, Nebraska.
Al Schultz, il marito della comica Vicki Lawrence, era stato assunto per fare il trucco di Elvis per lo Speciale della CBS. Vidi Al applicarglielo nella zona del camerino del bagno prima di lasciare il Lisa Marie. Naturalmente, non avevo mai visto Elvis con il trucco di base necessario per la televisione, e quando uscì, pensai che sembrava un po' appiccicoso, pastoso e denso. Elvis stava molto meglio senza. Non sapevo molto sul trucco televisivo e di scena. Forse tutto questo trucco era necessario per la telecamera.
Elvis era di buon umore, ma era abbastanza nervoso. Quando lo spettacolo iniziò, comunque, i suoi movimenti erano lenti e a volte sembrava confuso. Immaginai che il dottore doveva aver prescritto ad Elvis qualcosa per aiutarlo a calmarsi, il che spiegherebbe perché Elvis si comportava così pigramente. Tifai per lui, come sempre, ma non fu una delle sue migliori performances.
Lo spettacolo seguente a Lincoln, Nebraska, fu migliore. Elvis era in pieno controllo. Le riprese televisive continuarono la sera successiva all'interno del Rushmore Plaza Civic Center di Rapid City, South Dakota. Vernon e Sandy erano con noi in questo tour. In South Dakota, fummo introdotti nel backstage. Eravamo seduti su un divano e guardavamo filmato mentre accettava una targa dal sindaco: lgli fu consegnata in onore del fatto che questo era il primo concerto tenuto nel nuovo auditorium della città.
Di solito a Elvis non piaceva aspettare a lungo nel backstage. Potevo dire che aveva caldo nella sua tuta da come aveva iniziato a sudare. Una giovane ragazza nativa americana gli consegnò un medaglione della vita della Nazione Sioux, mentre tutti aspettavamo l'inizio dello spettacolo. In lontananza, potevo sentire la folla cantare mentre aspettava con ansia Elvis, ma la sua attenzione era sulla giovane ragazza. Il suo viso si illuminava. Aveva un debole per i bambini. Elvis continuava a farle i complimenti, cercando di metterla a suo agio, e le diede un bacio. Quando Joe disse ad Elvis che era ora di prepararsi per lo spettacolo, ad Elvis sembrò che Joe gli stava mettendo fretta, cosa che non gli piaceva. "Quando avrò qualcosa da fare", disse, "ci sarò".
Elvis avrebbe potuto semplicemente andarsene dopo aver ricevuto il suo premio, ma rimase lì, continuando a concentrarsi sulla ragazza nativa americana. Voleva vedere che lei ricevesse qualcosa in cambio e alla fine chiese ad un assistente di assicurarsi che avesse una delle sue sciarpe.
Lo spettacolo di Elvis andò bene quella sera. Ad un certo punto, si avvicinò al lato del palco e presentò suo padre. Accennò al fatto che Vernon gli era mancato non potendo essere in tour perché era stato malato per un po'.
Iniziò, poi, a camminare verso di me. Notai un luccichio nei suoi occhi e mi innervosii. Alzando il braccio, puntò il dito verso di me.
"Vorrei che tu... Vorrei che tu salutassi la mia ragazza, Ginger", annunciò. "Ginger, alzati, tesoro".
Timidamente, mi alzai in piedi, arrossendo furiosamente tra gli applausi e i fischi. Elvis disse rapidamente: "Siediti, Ginger. Per lei basta così".
Una sensazione meravigliosa mi travolse. Mi aveva presentato al mondo! Subito dopo, Elvis cantò "Hurt", e io silenziosamente iniziai a tifare per lui, perché c'erano certe note che gli piaceva raggiungere in varie canzoni.
Dopo la morte di Elvis, ci sarebbero stati alcuni fans che si sarebbero chiesti perché non avesse colto questa occasione per presentarmi come sua fidanzata in quel periodo, nonostante il mio anello di fidanzamento, ma io capii. Prima di tutto, Lisa non sapeva ancora del nostro fidanzamento, e lui voleva che fosse preparata. Elvis aveva messo al corrente alcune persone vicine a lui già a gennaio, ma quello era l'Elvis privato. Inoltre, Elvis era un intrattenitore professionista. Sapeva che il nostro annuncio avrebbe avuto enormi conseguenze pubblicitarie, ed essendo molto protettivo con me e verso la nostra relazione, sapevo che non era pronto a far sì che la stampa si concentrasse ancora di più su di me. Quella sera ero semplicemente entusiasta del fatto che mi avesse presentato alle telecamere.
Di tanto in tanto, la folla era particolarmente chiassosa e mi preoccupavo sempre che un fan potesse farsi male. Sono sicura che alcuni si siano fatti male, specialmente quelli che si spingevano davanti all'auditorium per afferrare una delle sciarpe ma non ho mai avuto paura per la mia sicurezza. Ero, tuttavia, preoccupats che un fan particolarmente entusiasta potesse accidentalmente ferire Elvis, dato che l'avevo già visto graffiarsi in passato. Una volta, verso fine di una performance, qualcuno lanciò qualcosa sul palco e l'oggetto colpì Elvis in testa. Stordito, Elvis si mise immediatamente in posizione difensiva di karate. "Che cos'è? Che cos'è?", gridò verso noi che eravamo seduti sul palco e verso la sua sicurezza. Accadde tutto così in fretta che non ero sicura che il pubblico si fosse accorto che era sconvolto. Poi sentii alcune voci gridare: "Frisbee!".
Dopo lo spettacolo, sono corsa verso la limousine e ci sono salita. Pochi minuti dopo vidi Elvis, avvolto dal suo entourage, muoversi rapidamente verso la macchina. Aveva appena raggiunto la limousine quando udii un forte tonfo che mi fece sobbalzare. Elvis aveva colpito il finestrino dell'auto con un pugno. Le porte della limousine si aprirono e tutti si ammassarono rapidamente dentro mentre Elvis fumava: "Quel dannato frisbee era così vicino al mio occhio, e quando ha colpito, ha colpito forte, amico. Sono quasi sceso dal palco".
Elvis e i ragazzi iniziarono a discutere di quello che era successo, e seppi che le guardie di sicurezza avevano trovato un ragazzo adolescente che aveva lanciato il frisbee. Il ragazzo aveva attaccato un biglietto al suo interno. Felton, uno dei fonici, aveva detto ad Elvis che il ragazzo si era scusato, ma ci sarebbe voluto un po' di tempo ad Elvis per calmarsi all'interno della macchina. Anche se era un atto innocente da parte del ragazzo, sapevo quanto Elvis fosse preoccupato per la sicurezza e capivo come una cosa del genere lo spaventasse davvero.

Dopo uno spettacolo a Des Moines, Iowa, volammo a Madison, Wisconsin, atterrando nelle prime ore del mattino. Elvis, Vernon, Sandy ed io prendemmo una limousine con alcuni membri dello staff dall'aeroporto a un hotel.
Quando ci fermammo ad un semaforo rosso, ci accorgemmo improvvisamente di quello che sembrava una rissa in una stazione di servizio "Skylane Standard". Due giovani uomini se la stavano prendendo con un altro. Elvis abbassò il finestrino e guardò per un momento. Prima che qualcuno di noi potesse fermarlo, saltò fuori dalla macchina. Le guardie del corpo lo seguivano a ruota. Elvis non si era ancora cambiato; indossando ancora il suo abito di scena, entrò nel bel mezzo della rissa, assunse una posizione da karateka e disse qualcosa ai giovani. Io guardavo ansiosamente insieme a Vernon e Sandy. Non sorprendentemente, gli uomini sembravano completamente sconcertati nel vedere nientemeno che Elvis Presley in piedi di fronte a loro! In un minuto, tutti erano sorridendo e si stringevano le mani.
Quando Elvis ci raggiunse in macchina, era ancora su di giri e parlava della rissa che aveva evitato. Presto, però, passò a parlare di altre cose, come se avesse appena fatto la sua buona azione del giorno.
Sapeva di poter influenzare le persone, e credo che si sentisse veramente al meglio quando aiutava gli altri.
Elvis decise che avrebbe voluto che la mia famiglia vedesse i suoi ultimi due spettacoli, così li fece volare per unirsi a noi a Cincinnati, Ohio. Terry era impegnato con la nostra amica Cindy e non poteva prendere il volo. Quando mia madre e Rosemary arrivarono ed Elvis vide solo loro due, chiese dove fosse Terry.
"Non poteva venire", gli dissi, e spiegai il perché.
Elvis non ne fu contento. A causa degli impegni di Terry come Miss Tennessee, non aveva potuto conoscerla bene come aveva fatto con Rosemary. Chiamò Terry a casa e disse: "Prendi la tua ragazza e ti farò portare un aereo".
Noleggiò un Learjet da Nashville per andare a prendere mia sorella e Cindy in tempo per vedere il suo spettacolo. Ero commossa dal fatto che vedere la mia famiglia significasse così tanto per lui. Ma non ero sorpresa: sapevo che la famiglia significava molto per Elvis.
Alloggiavamo al Netherland Hilton. Quella sera, poche ore prima dello spettacolo di Elvis, il suo umore era crollato perché l'aria condizionata nella sua stanza non funzionava. Non era contento del cibo che aveva ordinato.
Poco dopo, andai nella mia stanza per prepararmi, e mia madre e Rosemary entrarono. Mi stavo sistemando i capelli e parlavo con loro dal bagno quando la porta della camera si aprì improvvisamente.
"Dov'è Ginger?" chiese Elvis.
Uscendo velocemente dal bagno, chiesi: "Cosa sta succedendo?".
Elvis era sparito. Mia madre e Rosemary sembravano sbalordite. "Non lo so, ma Elvis sembrava abbastanza sconvolto", disse mia madre.
Sentii le voci di persone che correvano lungo il corridoio. Qualcuno gridò: "Da che parte è andato?".
Vidi le guardie del corpo correre perché Elvis era sfuggito in qualche modo a loro. Ma perché? Cosa stava cercando di fare, e perché mi stava cercando? Rimasi seduta nella mia stanza per un po', preoccupata. In poco tempo, il telefono squillò. Era una delle guardie del corpo. "Elvis vuole vederti", disse. A quanto pare, Elvis aveva lasciato l'Hilton e si era registrato in un hotel vicino.
Scesa al piano di sotto, incontrati un fan di Elvis che mi chiese di posare per una foto. Fui subito accompagnata al nuovo hotel.
Quando rividi Elvis, mi disse contento: "Ora abbiamo l'aria condizionata".
Odiavo pensare che si fosse agitato così tanto prima di una performance, ed ero sollevato nel vedere che sembrava essersi calmato. Tuttavia, poiché il nuovo hotel non aveva abbastanza spazio per tutti noi, Elvis annunciò che voleva tornare a Memphis dopo il suo spettacolo di Cincinnati.
Durante l'esibizione di quella sera, lasciai la mia sedia dietro ai fonici per correre velocemente in bagno con Rosemary. Quando tornammo, provammo a rientrare dalla porta da cui eravamo usciti, ma si era chiusa dietro di noi.
Potevo sentire Elvis iniziare a presentare la sua band e cominciai ad innervosirmi. E se Elvis avesse voluto presentarmi al pubblico, ma questa volta non ero lì? Ero in preda al panico, pensando che questo avrebbe potuto preoccuparlo di quello che mi era successo. Per fortuna, Rosemary ed io trovammo una porta aperta e tornai alla mia sedia senza che Elvis se ne accorgesse. Ero anche contenta di averlo fatto, perché Elvis continuò quella sera a presentare suo padre, me e la mia famiglia, così come un fan inglese.

Sul nostro volo di ritorno a Memphis, Rosemary disse ad Elvis che eravamo rimasti chiusi fuori. Lui era rilassato dopo lo spettacolo e pensava solo che fosse divertente.
"Avrei fermato il maledetto spettacolo e vi avrei cercato", dichiarò.
Dopo un breve soggiorno a Memphis, Elvis decise di portare altri membri della sua famiglia in tour con noi, e Patsy e Jo Smith salirono sull'aereo. Non ero stato molto vicino a Patsy perché di solito lavorava sul retro quando ero a Graceland, e raramente l'avevo vista in casa. Tuttavia, più tardi mia, madre disse che Patsy le aveva detto che era felice di incontrarla perché aveva sentito molto parlare di lei.
Durante lo spettacolo di Elvis a Indianapolis, presentò suo padre e poi me, dicendo: "Vorrei salutare la mia ragazza, Ginger. Lei è qualcosa da vedere. Questo è quanto. Basta così, Ginger!"
Presentando Terry come Miss Tennessee, proseguì presentando anche il resto della mia famiglia, dicendo "e sua madre e sua sorella Rosemary. E, Rosemary, sai, stai ferma", scherzò, riferendosi al fatto che eravamo rimasti chiusi fuori durante la sua precedente esibizione. "Sono una famiglia davvero adorabile e li amo", aggiunse Elvis.
Quella sera presentò anche alcuni membri della sua famiglia, chiamando Jo la sua "assassina" e dicendo: "Patsy lavora per mio padre ed è svitata come una torta di frutta".
Una volta tornati sul "Lisa Marie", mia madre disse che Patsy aveva chiacchierato con lei sul bus navetta. Quando stava per per salire sull'aereo, lei si affiancò a mia madre, mettendole un braccio intorno. Ancora una volta restai toccata da questi piccoli gesti di calore e accettazione. Era bello pensare che una parte della famiglia di Elvis stava cominciando a riconoscerci come parte della sua vita.
Tornati a Memphis, pensando ancora una volta a mia madre, Elvis parlò della sua casa. Lui voleva parlare con mia madre, così la chiamai al lavoro e gli passai il telefono.
"Signora Alden, voglio che chiami mio padre e che gli porti i suoi appunti sulla casa, i registri dei pagamenti o qualsiasi cosa che ha sulla casa. Se ne occuperà lui per lei", disse.
Dopo aver parlato con Elvis, mia madre chiamò più tardi Vernon. Lui ribadì ciò che Elvis aveva detto e le chiese di portare il libro dei pagamenti e tutti i documenti sulla nostra casa a casa sua il giorno seguente.
La sera successiva, Vernon era in visita con Elvis nella stanza di Lisa quando arrivai a Graceland. Vernon disse: "Tua madre mi ha appena portato i suoi libri contabili. Non deve più preoccuparsi del suo mutuo".
Ringraziai sia Elvis che Mr. Presley. Sapevo che un grande peso era stato tolto dalle spalle di mia madre e la sensazione era meravigliosa.
Non avrei mai potuto ripagare Elvis finanziariamente per questo tipo di favori, ma io e la mia famiglia gliene saremmo stati grati per sempre.
01/12/2021 20:39
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CAPITOLO 24


Il mio momento preferito della giornata era sempre stato quando il sole iniziava a calare. Adesso che era più caldo, io e Elvis, a volte, ci sedevamo sul portico anteriore di Graceland, dove di solito portava un sigaro e una brocca d'acqua fuori con lui. La vista sull'ondulato prato anteriore di Graceland era bellissima. Sia io che Elvis amavamo la pace che c'era. A volte non parlavamo affatto, ascoltavamo solo i suoni della natura.
Una sera, mentre eravamo seduti in silenzio sul portico, Elvis notò dei grilli. "Ascolta", disse. "Stanno cantando all'unisono".
Mi venne in mente che, quando Elvis parlava della musica come linguaggio universale, non si riferiva solo agli esseri umani. Sentiva la musica ovunque, in tutti i livelli della vita. Perché la musica era stata una grande parte della mia vita, all'inizio, guardare Elvis cantare e sentirlo parlare di musica mi faceva desiderare di non essere troppo impacciata per cantare. Una volta Elvis mi chiese se conoscevo la canzone "Since I Met You Baby". Mentre eravamo seduti a letto insieme, cominciammo a cantarla e ad armonizzare insieme. Non conoscevo tutte le parole, ma mi piaceva quando Elvis diceva che suonavamo bene insieme. Se cantare con Elvis non poteva aiutarmi a superare la mia paura di farlo davanti alla gente, probabilmente niente poteva farlo!
Un'altra sera, Elvis chiese a Billy e Jo di venire nella sua camera da letto. Aveva parlato con me di una sua nuova canzone, "Way Down". L'aveva registrata nell'ottobre del 1976 e sarebbe stata l'ultima canzone che avrebbe mai registrato. [In realtà, la sua ultima canzone ad essere incisa in studio fu "He'll have to go", n.d.t]. Quando Billy e Jo entrarono, mise il disco nello stereo. Ancora seduto nel letto, Elvis cominciò a cantare insieme ad esso. Quando fu il momento di cantare le parole "way", Elvis volle che ognuno di noi facesse un turno, indicando Jo, Billy e me. Quando era il momento, faceva finta di colpire le note basse che J. D. Sumner raggiungeva nella canzone. Noi tutti ci intonammo, e io mi divertii molto. Quella sera mi sentivo un po' più parte della famiglia di Elvis, cantando e scherzando con i suoi cugini.
Quando arrivai a Graceland un giorno, poco dopo, Elvis disse: "Stavo parlando con mio padre e mi ha chiesto: "Ginger non userà quella carta di credito?"
Pensai che Vernon sarebbe stato felice che non l'avessi fatto. Avevo cominciato a notare che Vernon veniva più spesso quando ero lì; una volta, quando l'attenzione di Vernon era su qualcos'altro nella stanza, Elvis mi toccò il braccio e mi fece cenno di guardarlo, come aveva fatto una volta con Lisa.
Dopo che suo padre se ne andò, Elvis chiese: "Hai notato che è quasi come se mio padre odiasse lasciare la stanza quando siamo insieme? Farà bene al cuore di mio padre vederci sposati", disse.
Ero entusiasta che Elvis la pensasse così e speravo che avesse ragione.

Elvis non era uscito da nessuna parte da quando aveva finito il tour. Parlava di andare in moto o sulle tre ruote, ma aveva cancellato qualsiasi piano che aveva fatto all'ultimo minuto.
Un pomeriggio ero a casa quando mia madre decise di fare un barbecue in giardino. Mi eccitai pensando che sarebbe stata una grande cosa da fare per Elvis. Speravo che lo avrebbe incoraggiato ad uscire e a variare la sua routine.
Quando lo chiamai e lo invitai, però, Elvis rifiutò. Questo era scoraggiante. Poco dopo, mio padre chiamò e i miei genitori ebbero un'accesa discussione. Mia madre era arrabbiata, temendo che mio padre potesse presentarsi a casa. Non era pronta a vederlo. Lei decise che sarebbe andata in un hotel per la notte e, dato che non ero felice che Elvis non volesse venire da noi, andai con lei. Alla faccia del barbeque.
Quella notte, io e mia madre parlammo di mio padre per ore e non riuscii a dormire. Il telefono del nostro hotel squillò verso le 5 del mattino. Era l'assistente di Elvis, Dean, che diceva di aver avuto il numero da Rosemary. Mi passò Elvis al telefono. Gli dov'ero e perché mia madre aveva bisogno di me lì. Poi la nostra conversazione tornò al barbecue. Cercai di spiegare a Elvis che volevo davvero farlo uscire di più.
"Ginger, devi capire che non posso fare quello che fanno le persone normali", disse.
Ero confusa da questa affermazione. Elvis era già stato a casa mia in precedenza. Perché questo era così diverso? Aveva pensato che il nostro barbeque avrebbe comportato l'incontro con un sacco di gente? Questo barbecue sarebbe stato solo per i miei parenti più stretti. Forse non ero stato chiaro su questo; glielo spiegai di nuovo al telefono.
"Oh, beh, a me piacciono gli hamburger", disse Elvis. "Forse la prossima volta". Mi chiese di venire a Graceland e di portare mia madre.
L'alba stava spuntando quando arrivammo. Rimasi sorpresa quando andai al piano di sopra e trovai Elvis profondamente addormentato. Era come se si sentisse confortato, sapendo che stavamo arrivando.
Era una bella mattina, così decisi di fare una passeggiata con mia madre intorno al terreno dietro Graceland e finii per portarla al campo da racquetball. Non l'avevo ancora visto. Dopo aver dato una rapida occhiata all'interno del campo, rientrammo a casa.
Poiché Elvis stava ancora dormendo e io e mia madre non avevamo riposato, le dissi di andare in camera di Lisa. Nel frattempo, mi sdraiai accanto a Elvis. Prima che me ne accorgessi, mi ero spenta come una luce. Quando mi svegliai quel pomeriggio, Elvis chiese dove fosse mia madre. "La stanza di Lisa", dissi assonnatamente.
Elvis si alzò, andò in fondo al corridoio e riportò mia madre nella sua stanza. Sempre rispettoso di lei, si scusò per il barbecue. Mia madre gli disse che capiva ed io mi sentivo felice, soddisfatta che almeno stavano passando un po' di tempo insieme, anche se non era il tempo che avevo sperato.

Una sera, di buopnissimo umore, Elvis tirò fuori il libro che le sue tre ex guardie del corpo avevano scritto su di lui. Non avevo idea di chi fossero.
"Solo perché sono un personaggio pubblico", disse irremovibile, spiegando perché le guardie avevano scritto il libro. "Tutti hanno fatto cose buone e cattive, ma la maggior parte è comunque falsa".
Elvis mi guardò allora molto seriamente. "Voglio che sia chiaro. Non è il contenuto, ma il principio della cosa che mi ferisce".
"Ho contribuito a fare di Dave Hebler una cintura nera di settimo grado", disse, scuotendo la testa. "Red è salito su un ascensore una volta e ha preso a pugni un tizio. Credo che sia successo spesso. Il tizio stava per farmi causa", aggiunse.
"Ho avuto un sacco di cause. Ho fatto molto per queste persone e le loro famiglie. Ho comprato loro delle case, ho aiutato i loro figli a scuola. Il fatto che si sarebbero rivoltati e mi avrebbero fatto questo...".
Elvis fece una pausa, visibilmente sconvolto. Poi il suo umore si alzò. "So che il pubblico mi sosterrà", disse. "Lascerò passare e non dirò nulla". Rimase in silenzio per un altro momento, poi divenne più contemplativo.
"Devi ucciderlo e lasciartelo alle spalle. Se qualcosa ti dà fastidio, Ginger, devi ucciderlo e lasciartelo alle spalle".
"Non preoccuparti", dissi, cercando di tranquillizzarlo. "La maggior parte della gente capirà cosa c'è nel libro, e i tuoi fans ti sosterranno".
Avrei saputo solo poco dopo la morte di Elvis, che Vernon aveva licenziato questi uomini prima che io ed Elvis ci incontrassimo. A quel tempo, speravo solo di rassicurare Elvis, e pensai che fosse servito perché le cose tornarono alla normalità. Elvis sembrava essere arrivato ad un punto nella sua mente in cui aveva capito come gestire questo grave tradimento da parte delle persone che avevano lavorato per lui. Da quel giorno in poi, non avrei più sentito parola da lui sul libro.

Tutte le volte che Elvis si rifiutava di uscire, improvvisamente decideva che aveva voglia di uscire di nuovo. A volte facevamo un giro sulle sue tre ruote ed Elvis me ne lasciava persino guidare una, cosa che amavo fare.
Elvis di solito correva con la sua tre ruote fino al parcheggio del Southland Mall, ronzava intorno ad alcune siepi, tornava a Graceland, andava veloce vicino alla piscina e saltava la passerella per il campo da racquetball.
Una sera, dopo avermi fatto guidare una delle sue tre ruote, Elvis si offrì generosamente di darmela da tenere a casa nostra. Scossi la testa, perplessa. Come l'enorme autoritratto che Elvis mi aveva dato una volta, io non avevo uno spazio abbastanza grande per tenerlo. Gli dissi che l'avrei lasciata a Graceland.
Elvis amava guidare veloce a volte, che fosse su un triciclo, una moto o in macchina. Una volta, stavo tornando a casa da Graceland, nella mia Cadillac su Mt. Moriah Road con Elvis al volante. Mentre ci avvicinavamo ad un semaforo, questo divenne giallo. Elvis premette l'acceleratore per attraversare l'incrocio. Guardando indietro, vidi le guardie del corpo bloccate al semaforo rosso. Elvis continuò a guidare, ignaro, e per i prossimi minuti, pensai a quanto fosse bello essere sola con lui. Capivo che aveva bisogno di protezione extra a causa della sua celebrità, ma avrei voluto che ci fossero più momenti come questo, come se fossimo solo noi due sulla strada.
Ogni volta che Lisa era a Graceland, la sua compagnia tirava fuori il lato giocoso di Elvis. Elvis ed io eravamo seduti sulla veranda un pomeriggio, quando Lisa passò nel suo golf cart, chiedendo a noi due di fare un giro con lei. Elvis si mise al volante e, con me al suo fianco e Lisa dietro, partì. Ancora in pigiama e in vestaglia, con un sigaro stretto tra i denti, Elvis si avvicinò ai cancelli, saltò qualche marciapiede e si diresse verso il parco, poi ronzò su per il vialetto e attraversò l'ingresso posteriore. Passammo una chiesa, poi sfrecciammo attraverso il cancello posteriore, dove Elvis si fermò nel suo ufficio per parlare con suo padre, poi risalì sul mezzo e sfreccià via con noi. Amavo i momenti come questo, perché Elvis era così chiaramente rilassato e si divertiva.
Mentre Lisa era con noi, ricordai a Elvis che mia nipote Amber aveva quasi l'età di Lisa. Ero felice quando Elvis suggerì di portare Amber a Graceland in modo che le due ragazze potessero incontrarsi. Lisa iniziò ad invitare Amber a giocare e a fare un pigiama party. Questo mi aiutò a sentire che le nostre due famiglie stavano finalmente iniziando a fondersi e mi portò a conoscere Lisa un po' meglio.
Oltre a giocare con Amber o ad andare in giro con il suo golf cart o con le tre ruote di Elvis, Lisa amava cantare. A volte la trovavo seduta sulle scale di Graceland con Amber, a cantare pezzi dei Fleetwood Mac come "Dreams". Amava anche suonare il piano; una delle poche volte che Elvis si sedeva al piano di sotto a Graceland, era per guardare Lisa alla tastiera.
Anch'io suonavo un po' il piano a orecchio. Di tanto in tanto, Elvis voleva che io e Lisa suonassimo insieme l'organo nel suo ufficio mentre lui ascoltava. Una volta, Lisa stava parlando al telefono con sua madre e mi chiese di suonare qualcosa. Mi tenne il telefono in mano, dicendo a Priscilla di ascoltare. Imbarazzata dalla mia scarsa abilità, ma volendo compiacere Lisa, scelsi qualcosa di breve.
Un pomeriggio arrivai a Graceland e trovai Elvis nella sua stanza, seduto sul letto. Scosse la testa e disse: "Lisa è venuta nella mia stanza prima, si è avvicinata a me e mi ha chiesto: 'Papà, tu ami Ginger più di quanto ami Linda, vero? Le ho detto: 'Sì, ma ora non dimenticare che Linda è stata gentile con te, ti ha portato in giro e ha fatto un sacco di cose per te". Lei disse: 'Lo so, sono solo felice".
Elvis fece un movimento di camminata con le dita, e aggiunse: "Saltò fuori dalla stanza".
Era carino da parte di Elvis non volere che Lisa pensasse meno di Linda solo perché era con me, pensai, e potevo vedere quanto fosse sollevato dal fatto che Lisa mi approvasse. Anch'io ero contenta. Avevo sperato che molte delle persone intorno ad Elvis, specialmente la sua famiglia, arrivassero ad accettarmi, ma nessuno era più importante in questo senso di Lisa.
Non avevo ancora detto a nessuno, al di fuori della mia famiglia e degli amici più stretti, del nostro fidanzamento ed Elvis non lo doveva ancora detto a Lisa.
Indossavo il mio anello di fidanzamento per la maggior parte del tempo a Graceland, raramente lo toglievo se non per lavarmi la faccia. Tuttavia, poiché l'anello era così prezioso, a volte mi sentivo più sicura, quando andavo a casa, di lasciarlo nel portagioie che Elvis mi aveva dato.
Diversi giorni dopo, comunque, mi capitò di essere nella stanza di Lisa quando lei venne da me e chiese se suo padre ed io ci saremmo sposati. La mia risposta mi restò quasi in gola, pensando che qualcuno doveva averle detto del nostro fidanzamento. "Lo spero", le dissi, completamente presa alla sprovvista. Sapevo quanto Elvis volesse dirglielo al "momento giusto" e non volevo fare le cose in fretta.
Subito mi chiamò la sua "seconda mamma". L'innocente e pura accettazione di Lisa nei miei confronti mi fece sentire davvero bene. Più tardi venni a sapere che la ragione per cui Lisa mi aveva chiesto del nostro matrimonio era perché aveva giocato nel mio bagno con una delle sue amiche mentre ero via e aveva visto il mio anello di fidanzamento nel mio portagioie. La sua amica era stata quella che le aveva spiegato cosa significava l'anello.
Come padre, sapevo che Elvis era ansioso di dirglielo, ma sapevo anche che Lisa sapeva del nostro fidanzamento, e che lo avrebbe accettato, avrebbe sicuramente reso le cose più facili per Elvis come lo era stato per me.
Andai in camera da letto e gli raccontai quello che era appena successo con Lisa. Il suo sguardo, un misto di sorpresa e sollievo, sembrava dire: "Ok... il gatto è fuori dal sacco ora, parlerò con Lisa... ecco andiamo".
Poco dopo, Lisa ci raggiunse. Chiamandomi mamma, ha ridacchiato, e poi ha detto che mi avrebbe chiamato mamma anche davanti a sua madre.
Elvis ed io scambiammo sguardi che dicevano esattamente la stessa cosa: "Questo andrà bene".
Non mi piaceva pensare a come Priscilla avrebbe potuto reagire a questo, e sono sicura che neanche Elvis lo fece. Ma almeno la nostra preoccupazione per l'effetto che questo avrebbe avuto su Lisa, eracompletamente inutile. Lisa chiaramente sembrava essere d'accordo con l'idea di sposarci.

C'era un parco divertimenti abbastanza nuovo a Memphis chiamato Libertyland, e un giorno decisi che sarebbe stato divertente portarci Lisa e Amber.
"Lisa può andare?" Chiesi a Elvis.
Lui disse che andava bene e non disse nulla sull'avere una guardia del corpo con noi. Pensai che si sentiva più rilassato riguardo alla sicurezza nella nostra città natale.
Terry non c'era, ma invitai mia madre e Rosemary a venire, perché dovevano ancora incontrare Lisa. Guidammo fino a Graceland da casa nostra per prenderla. Lisa era pronta e ci stava aspettando, seduta sulla veranda anteriore e indossava un costume da bagno, infradito e una maglietta avvolta intorno alla vita.
Dopo aver parcheggiato a Libertyland, stavamo camminando verso l'ingresso quando una coppia ci fermò. "Quella è Lisa Presley?" chiesero.
Ero sorpresa. Mi stupisce ancora che Lisa fosse riconosciuta così facilmente dal pubblico.
Ci divertimmo molto sulle giostre e, tornando a casa, ci fermammo in un negozio, il "7-Eleven". Lisa e Amber saltarono fuori dalla macchina prima di me, ma poi Lisa si fermò. Doveva avere una persona più grande con lei, disse, e fui sollevata nel vedere che aveva già sviluppato un senso di cautela che la maggior parte dei bambini della sua età non aveva. Avrebbe sempre avuto bisogno di proteggersi in modi a cui la maggior parte di noi non pensava.
Qualche giorno dopo, stavo lasciando Graceland per tornare a casa quando Lisa mi chiese se poteva venire con me a vedere Amber. La portai con me e le due giocarono un po'. Quando vide Odyssey, il mio alano, Lisa decise subito che voleva un cucciolo. Esitai. Sapevo che sarebbe stata una grande impresa, soprattutto perché Lisa era a Graceland solo part-time.
"Dovrai prima chiedere a tuo padre", dissi.
"Va bene", disse lei. "Non devo chiederlo a lui".
Ero un po' preso alla sprovvista, ma divertito dal suo tentativo di influenzarmi. "Beh, i negozi sono chiusi in ogni caso".
"Dobbiamo ancora chiedere a tuo padre", ho ripetuto.
Lei sorrise, ma potevo dire che le mie parole non le stavano bene. Poi prese una penna e un pezzo di carta con scritto "Andiamo" e alcune parole di protesta. Cominciai a farle il solletico e lei cominciò a ridere. Tutto era di nuovo positivo. Più tardi, quando portai Lisa a Graceland, sembrava aver dimenticato tutto sul fatto di volere un cucciolo e non ne parlò mai ad Elvis.
Più tempo passavo con Lisa, più mi rendevo conto che lei sapeva bene quale posto speciale occupasse nel mondo come figlia di Elvis. Aveva le qualità di un leader e generalmente prendeva le responsabilità ogni volta che giocava con altri bambini, inclusa Amber. Una volta, uno dei bimbi con cui Lisa stava giocando, si avvicinò e disse ad Elvis che Lisa aveva chiamato la sua infermiera, Tish, un nome inappropriato. Elvis chiese immediatamente a Lisa di vederlo nella sua camera da letto. Mentre cominciava a rimproverarla gentilmente, Lisa cominciò a piangere, ed Elvis sembrava ferito. Non sapevo chi era più sconvolta dal rimprovero: Lisa o Elvis.
02/12/2021 18:52
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CAPITOLO 25


Con l'avanzare dell'estate, Elvis continuò a passare il suo tempo rilassandosi a Graceland e ogni tanto, a casa dei miei genitori. Durante una delle sue visite non annunciate a casa nostra, Elvis entrò in casae il nostro barboncino, che aveva soprannominato Faccia di Fango, iniziò a saltargli addosso. Con Faccia di Fango aggrappato a lui, Elvis si mise a ridere e continuò a camminare. "Lasciami... Lasciami, Faccia di Fango", scattò, ancora sorridendo, "o ti spacco il cazzo".
Mia madre e una sua amica erano sedute nello studio. Ormai ero abituata al linguaggio scurrile di Elvis che di solito riduceva un po' davanti a mia madre, ma ora entrambi lo fissavano.
"Elvis, questa è la moglie del ministro", disse mia madre.
Con un sorriso, lui si scusò immediatamente. Mia madre si mise a ridere. "Stavo scherzando", disse.
Elvis venne a trovarci per un po' e fu così gentile da andare nella stanza della musica per suonare il piano e cantare per noi. Qualche sera dopo, volle portarmi di nuovo nella sua sala dei trofei. C'era così tanto da vedere ed ero sicura che ora ci sarebbero state ancora più cose nuove. Mi diede un orsacchiotto da uno degli scaffali e una sua foto in bianco e nero incorniciata, scattata quando era più giovane. Mentre guardavamo una foto a colori sul set del film "Charro", accennai casualmente che mi piacevano i western, che avevo spesso guardato con mio padre, ed Elvis mi diede anche quella foto.
"Sai", disse Elvis mentre proseguivamo attraverso la stanza, "se mi dovesse succedere qualcosa, voglio che tu e Lisa portiate la gente a fare un giro nella sala dei trofei".
Non pensai molto all'affermazione in quel momento. Era solo un'osservazione casuale. Elvis era giovane. In tutto il tempo in cui l'ho conosciuto, non ha mai parlato della morte o sembrava comportarsi come se fosse preoccupato di non avere una lunga vita. Quella sera, sapevo che si stava riferendo ad un tempo in un lontano futuro, e che questo era il modo di Elvis di dire che ci vedeva avere una vita insieme. Mi commosse il fatto che volesse coinvolgermi come uno dei custodi della sua eredità.
Prima di lasciare la sala dei trofei, Elvis mi donò anche il suo certificato di cintura nera di karate di nono grado. Gli era stato regalato il giorno del suo compleanno ed era firmato da Ed Parker.
Un'altra notte di quell'estate, noi due eravamo seduti nel letto quando si alzò per andare in bagno, si girò improvvisamente e annunciò: "Vorrei che ci facessimo una foto professionale".
Sorrisi, pensando che sarebbe stato fantastico. Io e la mia famiglia avevamo sempre rispettato la privacy di Elvis ed evitavamo di fotografarlo, a parte le poche istantanee che avevo scattato alle Hawaii. Avevo pochissime foto di noi due insieme.
"Anche a me piacerebbe molto", risposi.
Elvis sorrise di rimando e disse: "Devo perdere un po' di peso".
Ero sorpresa. Era la prima volta che sentivo Elvis parlare direttamente con me del suo peso. Quando sei con qualcuno quasi ogni giorno, non noti veramente le fluttuazioni di peso di quella persona, anche se, a volte, notavo che Elvis sembrava un po' più magro dopo uno spettacolo perché perdeva liquidi, sudando. Elvis lottava con la ritenzione di liquidi e occasionalmente si faceva fare delle iniezioni di cortisone per il dolore; non avevo mai pensato che fosse così in sovrappeso. C'erano solo alcuni giorni in cui sembrava un po' gonfio. Se voleva perdere peso, volevo aiutarlo. Sapevo che alla lunga sarebbe stato meglio per la sua salute se avesse perso qualche chilo.
Più tardi, quella sera, Elvis si fece mandare del gelato in camera. Mentre guardavo le piccole montagne di gelato nella coppa, mi chiedevo: "E per quanto riguarda la perdita di peso? Sapevo che le cameriere non sapevano che voleva perdere qualche chilo e mi sentii obbligata a dire qualcosa.
"Elvis, hai appena detto che vuoi perdere peso", fwci notare. "Non hai bisogno di mangiare quel gelato".
Senza dire una parola, lanciò la coppa contro il muro e poi mi guardò con rabbia. Questo mi ferì, e anche se sentivo la mia rabbia crescere, mantenni la calma, mi misi a terra e cominciai a pulire.
Per quanto fosse difficile quel momento, ero comunque contenta di aver scelto di parlare piuttosto che rimanere in silenzio. Guardai il gelato sul pavimento come un'altra piccola vittoria, se non altro perché ora Elvis non poteva mangiarlo.
Elvis tenne il broncio per un po', e continuò a rimanere in silenzio mentre chiamavo una delle cameriere per venire di sopra e aiutarmi a finire di pulire. Potevo solo immaginare cosa pensasse. Anch'io rimasi in silenzio per un po' ed Elvis finalmente disse che gli dispiaceva. Accettai le sue scuse. Sapevo che era difficile per lui ammettere qualsiasi debolezza. Dato che aveva detto che gli dispiaceva, pensai che, nel profondo almeno, avesse riconosciuto che avevo parlato perché stavo cercando di fare qualcosa di buono per lui per amore.

A metà luglio, il tempo era diventato molto caldo. Elvis cominciò a parlare di come la casa di mia madre fosse ormai curata e che il prossimo passo sarebbe stato quello di mettere una piscina e un po' di giardinaggio. Mi chiese di invitare mia madre e Rosemary in modo da poterne discutere, ma non voleva dire loro il suo piano.
Elvis era di umore spensierato e divertente quel giorno, il che lo portò a voler fare un piccolo scherzo a loro due. Chiese ad Al Strada di correre da McDonald's per avere dei buoni regalo. Quando mia madre e Rosemary arrivarono, Elvis le invitò a salire nel suo ufficio e le abbracciò. Presero posto su uno dei divani nella stanza. Seguii Elvis alla sua scrivania. Si sedette e cominciammo ad aspettare Al. Nel frattempo, cercando di creare suspense, Elvis di tanto in tanto mi sussurrava alcune cose. Riuscivo a malapena a reprimere una risatina perché potevo dire dalle loro facce che mia madre e mia sorella si stavano chiedendo cosa stesse succedendo.
Al ci mise molto tempo. Elvis stava diventando impaziente quando Al finalmente tornò.
"Dove sei stato?" chiese Elvis.
"Ho preso una multa per eccesso di velocità", confessò Al. Consegnò a Elvis i certificati.
Naturalmente mia madre e Rosemary non potevano vedere cosa fossero. Elvis fece un grande sforzo per scrivere "cinquanta centesimi" su ogni buono regalo, poi chiese a Rosemary e a mia madre di alzarsi. Camminava verso di loro, nascondendo i certificati dietro la schiena.
"Stendete le mani", disse solennemente.
Elvis mise un certificato, a faccia in giù, in ognuno dei loro palmi; i fogli sembravano assegni. Quando mia madre e Rosemary girarono i certificati, scoppiarono a ridere.
Dopo qualche minuto, però, disse: "Quelle sono solo le patatine fritte. Ecco i vostri Big Mac". Poi consegnò un generoso assegno a mia madre e un altro a Rosemary.
Sopraffatte, si abbracciarono e lo ringraziarono. Elvis non mi aveva reso partecipe di questa parte dello scherzo. Doveva aver scritto gli assegni in anticipo, perché non avevo mai visto farlo. Rassicurando mia madre che ora non avrebbe più avuto preoccupazioni finanziarie, Elvis le disse che la sua casa era stata sistemata e che tutto quello che gli restava da fare era mettere la piscina e il giardino.
"Voglio aprire un conto corrente anche per te, così non dovrai lavorare a tempo pieno", disse.
Poi, guardando Rosemary, Elvis aggiunse: "Ti farò mettere da Joe sul libro paga, per accompagnare Ginger nei tour, per assisterla".
Eravamo stordite in silenzio. Cosa potevamo?
Poco dopo, Elvis accennò al fatto che pensava che la sua gola potesse essere un po' irritata.
Mia madre disse: "Fammi sentire la fronte", e lui si chinò verso di lei. Mettendogli il palmo della mano sopra, disse: "Sento un po' di caldo".
Dal suo sorriso, potevo dire che apprezzava la sincera attenzione e preoccupazione di mia madre. Di sicuro speravo che non si stesse ammalando.
Il telefono vibrò. Elvis rispose, poi disse: "Andiamo di sotto".
Lo seguimmo, chiedendoci quale fosse il suo asso nella manica. Sicuramente Elvis non aveva finito di stupirci con la sua generosità. Parcheggiata accanto al portico c'era una TR-6 decappottabile verde nuova di zecca.
"Questa è per te, Ginger", disse. "Ho comprato l'ultima a Memphis".
Ho una macchina nuova? Ero sbalordita ed estasiata. Guardando dentro, però, vidi che la macchina aveva un cambio manuale e questo mi preoccupava. Mio padre una volta aveva cercato di insegnarmi a guidare con un cambio manuale, ma non ero esperta. Decisa a padroneggiare la mia nuova macchina nonostante questo ostacolo, abbracciai Elvis e saltai sul sedile del conducente, chiedendo a Rosemary di unirsi a me per un giro. Cominciai a farmi strada lungo il vialetto,
sbandando, frenando e pregando.
Guardando indietro qualche minuto dopo, vidi Elvis in piedi accanto a mia madre sul portico, ridere. Uscii dall'ingresso posteriore e poi mi fermai, momentaneamente sconcertata. Non capivo come far andare la macchina in avanti o in retromarcia.
Tmprovvisamente un fan saltò fuori dal nulla e ci ha scattò una foto. Mi andava bene che mi facessero una foto ma mi imbarazzava il fatto che qualcuno mi vedesse sobbalzare su e giù per la strada con questa nuova macchina.
Quando tornammo a casa, cominciava a fare buio. Lisa era a Graceland e aveva fatto un giro con il suo golf cart. Si avvicinò chiedendo a mia madre e a Rosemary di unirsi a lei. Salirono sul cart e io risi mentre lei se ne andò con mia madre e mia sorella, le cui facce tradivano più di un accenno di paura.
Mentre erano via, dissi a Elvis quanto apprezzavo i soldi che aveva dato a mia madre e a mia sorella e anche la nuova macchina, ma gli ricordai che non aveva bisogno di continuare a comprarmi cose per dimostrare che ci teneva. Aveva già il mio cuore. Preoccupata per la sua gola, gli chiesi come si sentiva e lui disse che si sentiva meglio. Ne fui felice.
In poco tempo, mia madre e Rosemary ci raggiunsero di nuovo. Stavano ridendo e dissero che avevano avuto una bella esperienza, inseguendo i cavalli sul retro del golf cart di Lisa. Elvis allora decise chedi mostrarci un nastro sull'assassinio del presidente Kennedy, che disse che il comico Mort Sahl gli aveva dato.
"Mort non la voleva perché mi disse che stava ricevendo minacce di morte", disse Elvis.
Ero incuriosita e mi ricordai che Elvis una volta mi aveva parlato dell'assassinio di Kennedy, dopo essere tornato dal nostro "primo appuntamento" a Las Vegas.
Elvis ci mostrò un nastro che conteneva fotogrammi di quello che sembrava un uomo armato in un cespuglio vicino alla Grassy Knoll a Dallas, Texas. Cominciò a parlarci di qualcosa chiamato "Gemstone File", una teoria di cospirazione che circonda la morte di Kennedy. Ero affascinata mentre Elvis parlava di questa teoria. Lui era convinto che Lee Harvey Oswald non avesse agito da solo in quel tragico giorno. Mi ritrovai a chiedermi se quello che Elvis diceva fosse vero.

Quel luglio Elvis continuò a presentarmi una sorpresa dopo l'altra. Una sera, improvvisamente, annunciò che voleva andare a vedere degli abiti da sposa. Ero eccitata quando Elvis telefonò a Billy Smith, gli disse cosa volevamo fare e gli chiese di salire. Elvis ed io eravamo seduti sul letto nella sua stanza. Quando Billy entrò, Elvis puntò il dito verso e cominciò a parlargli del nostro matrimonio.
"Questo è quello grande, Billy. Dopo questo, non ce ne sarà un altro. Questa volta sarà giusto, amico. Farà impazzire un po' di gente".
Chiese a Billy di prendere anche Jo. Non ho mai visto Elvis cambiarsi d'abito così velocemente. Poi salimmo sulla Stutz e percorremmo le strade quasi tutte vuote. Stavo quasi tremando dall'eccitazione dopo aver sentito Elvis parlare così apertamente del nostro matrimonio. Aveva finalmente avuto un segno che il momento giusto fosse arrrivato, per fissare una data?
In breve tempo arrivammo a Union Avenue, dove Jo pensava ci fosse un negozio di abiti da sposa. Passammo davanti ad una boutique e, quando notò alcuni abiti da sposa in vetrina, Elvis accostò.
"Quali ti piacciono?" Chiese Elvis mentre eravamo in piedi davanti alla vetrina e ammiravamo gli abiti.
Parlammo degli abiti, cercando di avere qualche idea per un disegno e subito dopo salòtammo in macchina sperando di vedere altri abiti nelle vetrine dei negozi. Non riuscendo a trovarne altri, ritornammo a Graceland dove il buon umore di Elvis era sempre presente poiché continuava a parlare del nostro matrimonio.
"Vorrei che la cerimonia si svolgesse in una chiesa non confessionale", disse, "una chiesa a forma di piramide. Charlie mi ha detto qualcosa su una chiesa a forma di piramide giù al fiume. Cosa ne pensi?" chiese.
Ricordando che Elvis pensava che le piramidi contenessero un'energia speciale, pensai che la chiesa potesse essere magica.
"Sembra davvero bello, Elvis", risposi. Il mio cuore batteva forte.
Elvis aveva scelto una chiesa! Ne aveva persino parlato con qualcun altro!
Elvis menzionò un'altra chiesa su Summer Avenue, poi disse: "Potremmo fare il nostro ricevimento a Vail, Colorado, o a Graceland".
Non ero mai stata a Vail. "Sarebbe fantastico", dissi. "Mi piacerebbe andare a Vail".
Mi chiese di iniziare a fare una lista di invitati per il matrimonio. Cominciai a scrivere i nomi di alcuni amici e membri della famiglia. Non era facile pensare a tutti in quello stato d'animo, così misi il foglio nel cassetto del mio comodino per tornarci sopra più tardi.
Per tutto il tempo, Elvis aveva detto che Dio sarebbe passato e gli avrebbe detto quando era il momento giusto per noi di sposarci. La sua profonda spiritualità gli faceva sentire che Dio stava lavorando attraverso di lui, e io apprezzai la sua convinzione. Questa notte era stata una rivelazione, un momento pieno di promesse ed eccitazione per pianificare il nostro futuro insieme. Andai a letto presto quella mattina, pensando che finalmente Elvis sentiva che il momento giusto per sposarci si stava avvicinando.

Avevo passato così tanto tempo a Graceland o in tour con Elvis negli ultimi otto mesi che non avevo visto molto i miei amici. Un giorno, però, decisi di portare la mia amica Debbie a Graceland.
Quando Debbie disse che le sarebbe piaciuto incontrare Elvis di persona, scossi la testa. "Sta dormendo", dissi.
Voleva così tanto vederlo, però, che alla fine cedetti e la portai di sopra. Debbie entrò in punta di piedi nella sua stanza e si avvicinò al letto. Elvis era rivolto dalla parte opposta. Mentre la mia amica si chinava per scrutarlo, mi ricordai improvvisamente la sua pistola, che giaceva sul pavimento accanto al letto.
"Fai attenzione", sussurrai. "Se si sveglia, si spaventerà, e non si sa cosa potrebbe succedere".
Ci ritirammo al piano di sotto, dove incontrammo Lisa. Voleva portarci a fare un giro sul suo golf cart. Ci tenemmo strette per la vita mentre Lisa sfrecciava allegramente intorno al terreno e attraverso i pascoli di Graceland.
Un altro pomeriggio, una delle mie più care amiche, Peggy, mi chiese se sarei andata con lei una sera ad ascoltare un po' di musica in un locale vicino. Non la vedevo da un bel po', così fui felice di andarci.
Quando dissi a Elvis del mio piano, lui disse: "Non mi dispiace se vai, ma non stare fuori troppo a lungo".
Peggy ed io prendemmo entrambi un cocktail al club, quindi la portai a Graceland per incontrare Elvis. Non era tardi, ma quando salimmo, Elvis era seduto a letto, vestito come al solito con un pigiama e una vestaglia. Improvvisamente mi preoccupai di come si sarebbe sentito, avendo una mia amica che lo vedeva così vestito ma dopo averli presentati, Elvis disse educatamente: "Ogni amico di Ginger è un mio amico".
Peggy si sedette sulla sedia di fronte al suo letto e io mi sedetti accanto a lui. "Puzzi come una fabbrica di birra" disse Elvis, guardandomi.
La mia faccia arrossì per l'imbarazzo. Avevo bevuto solo un drink e sentivo di non aver fatto niente di male.
Per una frazione di secondo, Peggy ebbe un'espressione che telegrafava: "Ops, spero non sia arrabbiato con me". Ma cercò frettolosamente di appianare le cose.
"Congratulazioni per il vostro fidanzamento", disse.
"Grazie", disse Elvis.
Peggy aveva preso lezioni di karate alla Memphis State University, così iniziò a parlare con Elvis del suo interesse per il karate. Avevano una buona conversazione e io mi rilassai.
Elvis suonò l'organo per lei un po' ma poi si fece tardi, così cercando di comportarmi più come "la signora della casa", decisi di invitare Peggy a dormire da noi. La sistemammo in una delle stanze al piano di sotto. Mi sentivo contenta, sapendo che lei era lì. Peggy era la prima amica che avevo fatto pernottare a Graceland.

Non ero del tutto in linea con gli orari di sonno di Elvis e a volte mi svegliavo prima di lui. Un giorno, mentre Elvis stava ancora dormendo, decisi di avventurarmi nella piscina dietro Graceland e fare una nuotata da sola. Non ero in acqua da molto quando passò la guardia Harold. Guardandomi, mi chiese: "Mi scusi, lei chi è?".
"Sono Ginger", risposi.
Harold rise e si scusò. "Sembri molto più bassa nell'acqua".
Risi anch'io, ma ero un po' perplessa. Sembravo più alta, seduta in macchina?
Avevo passato così tanto tempo con Elvis che avevo visto solo le guardie Vester e Harold mentre guidavo dentro e fuori dai cancelli. Avevo sperato di conoscere meglio tutti quelli che vivevano e lavoravano a Graceland ma non era sempre facile, dato che passavo la maggior parte del mio tempo al piano di sopra con Elvis. Certamente quando sarei diventata la moglie di Elvis e avessi vissuto a Graceland, però, le cose sarebbero cambiate. Non vedevo l'ora di conoscerli meglio.
A Graceland, di solito lasciavo la mia Seville parcheggiata davanti. Un pomeriggio, Elvis ed io stavamo tornando da un giro sulla sua Stutz quando vidi Dean che lavava la mia macchina. Sapevo che Elvis doveva avergli chiesto di farlo e fui sorpresa, perché ancora una volta era solo impolverata. Mi prendevo cura delle mie auto. Tuttavia, stavo cominciando a capire come Elvis mantenesse le sue auto così immacolate: era facile quando erano gli altri a lavarle per te. Ora Elvis stava facendo lo stesso per me con la mia macchina. Dean non disse nulla mentre io ed Elvis passavamo di lì. Sapevo che Elvis lo stava pagando, ma dallo sguardo di Dean, sapevo che non si stava godendo questo particolare lavoro. Speravo che non se la prendesse con me perché Elvis gli avesse fatto fare questo. Dean era un'altra persona che avrei dovuto conoscere meglio col tempo, decisi.
Un giorno, Elvis ed io stavamo leggendo alcuni libri spirituali quando lui tirò fuori una sceneggiatura che sperava di fare un film. "Si chiama The Mission", disse.
Elvis non parlò in dettaglio della trama, ma la mia curiosità fu risvegliata. Mentre continuava a parlare della sceneggiatura, capii che Elvis la vedeva come un'estensione di ciò che aveva cercato di fare con la sua musica. Il film avrebbe avuto un tema spirituale e sarebbe stato parallelo ai libri che aveva studiato. Elvis menzionò anche che c'erano piccole parti per Terry, Rosemary e me. Pensava di avere una copia del copione in soffitta e lo seguii lì per cercare di trovarla. La soffitta era piena di scaffali di vestiti, così come alcuni bauli e scatole. Elvis iniziò a cercare in una scatola, ma non era sicuro di dove fosse la sceneggiatura, così tornammo nella sua camera da letto in poco tempo.
"Ti piacerebbe fare altri film?", chiesi.
Elvis si accigliò un po'. "Mi piacerebbe molto farne uno serio", disse, "un altro senza cantare".
Non avevo visto tutti i film di Elvis. "In quale non hai cantato?" chiesi.
"Charro!", rispose lui.
Speravo che un giorno avrebbe cercato di nuovo questa sceneggiatura, e che il suo sogno di fare questo si sarebbe realizzato.
Un'altra notte, ero nel mio bagno a Graceland quando il telefono sul muro sopra la toilette suonò. Era Elvis, che mi chiedeva di entrare nella sua camera da letto. Feci scorrere la porta a soffietto, entrai nella camera da letto e vidi Charlie, con le mani coperte di sangue che aleggiava su Elvis mentre si rilassava nel letto.
"Cos'è successo?".
"Charlie ha bevuto e si è rotto le mani attraverso una finestra di vetro, da qualche parte, per qualche ragione", disse Elvis, scuotendo la testa. "Si è tagliato le nocche".
Mi resi conto che Elvis voleva che vedessi questo, ma non avevo idea del perché. Ero arrivato a vedere Charlie come un tuttofare che avrebbe fatto qualsiasi cosa per Elvis, dal colorargli i capelli all'aiutarlo sul palco.
Cosa lo avrebbe posseduto per prendere a pugni una finestra? Mi chiesi, e rabbrividii un po', ricordando l'incidente in cui Charlie aveva bevuto e aveva chiesto a Elvis di colpirlo.
Senza dire una parola, Charlie si voltò, uscì dalla porta e cominciò a scendere le scale. Improvvisamente, sentimmo un tonfo. Elvis si alzò velocemente e io lo seguii fino al pianerottolo delle scale. Charlie era disteso nell'atrio, ridendo. Guardando Charlie, Elvis disse: "Charlie, alzati. Sembri un verme".
Due aiutanti sentirono il trambusto e vennero rapidamente ad assistere Charlie in piedi. "Sono stufo di questa merda", mi disse Elvis, e girò sui tacchi per tornare in camera da letto.
Mentre lo seguivo, pensai che l'infermiera, Tish, avrebbe probabilmente ricevuto una visita notturna di Charlie.
Elvis si sedette sul letto e prese un libro. "Ci saranno dei cambiamenti da queste parti, Gingerbread", disse.
Sentivo che questa volta non stava parlando solo di ridecorare Graceland.

Ormai ero a Graceland da qualche giorno di fila. La mattina seguente dissi a Elvis che dovevo andare a casa per prendere altri vestiti e controllare Odyssey. Per fortuna, mia madre e le mie sorelle mi aiutavano prendendosi cura del mio cane ogni volta che ne avevo bisogno, ma io volevo prendermi la mia parte di responsabilità per lui.
"Non voglio che tu vada", disse Elvis. "Sarò solo".
Non me l'aveva mai detto prima. Sapendo che così tante altre persone vivevano e lavoravano a Graceland, mi chiedevo come Elvis potesse sentirsi solo.
"Elvis, hai più gente intorno a te qui di quanta ne abbia io a casa", dissi.
"Non sono miei amici", disse Elvis, sorprendendomi con il suo candore. "Pensi che se non fosse per i loro stipendi, sarebbero ancora in giro?".
Mi chiesi a chi si riferisse. Stava dubitando della lealtà di alcune delle persone che lo circondavano come veri amici? Sapevo che c'erano state volte in cui era stato scontento di varie cose e aveva anche pensato che alcune persone non stessero facendo il loro lavoro in tour e anche a casa. Elvis aveva anche parlato di licenziare alcuni. Una volta si lamentò con me che alcuni aiutanti non erano dove avrebbero dovuto essere e poi chiamò Billy Smith, chiedendogli di parlare con loro. Più tardi, scendendo le scale, vidi Billy rimproverare alcuni dei ragazzi al tavolo della sala da pranzo.
Volevo placare il suo umore, così decisi di rimanere un'altra notte. Il giorno dopo, Elvis non protestò quando iniziai ad andarmene. Tuttavia, quando scesi le scale e andai alla mia macchina, rimasi scioccata nel vedere che l'aria in tutte e quattro le mie gomme era stata rilasciata. Tornai al piano di sopra e trovai Elvis nascosto sul pavimento al mio lato del letto, che rideva. "Stavo cercando di farti restare", disse.
Scuotendo la testa, gli diedi un leggero bacio sulla guancia. Questo si stava trasformando in una divertente battaglia di volontà. Ero pronta a giocare. Bene, guarda questo, pensai.
Salii in macchina, guidai lentamente attraverso i cancelli e arrivai alla stazione di servizio più vicina. Pensai a Elvis che si nascondeva e rideva. Mentre un addetto metteva aria nelle mie gomme, non potevo fare a meno di sorridere.

Era agosto, e con il divorzio dei miei genitori che andava avanti, come parte dell'accordo, l'avvocato di Elvis aveva chiesto a mio padre di firmare un atto di rinuncia che trasferiva la nostra casa a mia madre. Fedele alla sua promessa, Elvis pagò a mio padre la sua quota della casa in modo che la proprietà potesse appartenere solo a mia madre. Nessuno di noi sapeva come avremmo potuto ringraziare abbastanza Elvis per un gesto così magnanimo.
Il 3 agosto ero a Graceland quando mia madre chiamò per farci sapere che un enorme camion che trasportava due grandi alberi di quercia si era fermato a casa nostra. Gli alberi erano stati piantati su ogni lato. Un paio di giorni dopo, arrivarono dei paesaggisti per piantare altri tre alberi e cinque arbusti di mirto crespo.
Elvis voleva vedere il nostro nuovo paesaggio. Il 6 agosto, io e lui lasciammo Graceland e andammo a casa mia con Charlie. Quando arrivammo, Elvis rimase in piedi sul nostro viale d'ingresso per qualche minuto, orgoglioso, osservando con la nuova vegetazione. "Ora, signora Alden, il suo mutuo è sistemato e gli alberi sono dentro", disse Elvis a un certo punto. "Tutto quello che le serve è la piscina installata, e dovrebbero iniziarla presto".
Elvis era di ottimo umore. Dopo poco tempo disse a Charlie: "Facciamo un po' di canto", e noi li seguimmo nella nostra sala della musica.
Charlie si sedette al piano ed Elvis iniziò a cantare "How Great Thou Art" con una tale potenza che sembrava che il tetto sarebbe saltato via. "Ascoltate questo", disse alcune volte, volendo che la mia famiglia fosse testimone di come riusciva a colpire certe difficili note alte e basse. In seguito, cantò "Unchained Melody", e questo mi colpì in pieno.
L'incantesimo fu rotto quando la figlia di due anni e mezzo di mio fratello, Allison, che stava sonnecchiava in un'altra stanza, cominciò a piangere. Elvis la sentì e camminò lungo il corridoio verso la stanza di mia madre. Lo seguii e vidi Allison sdraiata sul letto, che singhiozzava. Elvis si avvicinò a lei, si chinò e la baciò sulla fronte. Mia madre prese Allison e la portò nello studio, dove si sedette sul divano con lei in grembo. Elvis prese posto accanto a loro. Cominciò a fare il solletico ad Allison, cercando di ridere. Poi, facendo dei movimenti divertenti con le mani, disse giocosamente: "Whoop woo, whoop woo, papà!"
Allison finalmente iniziò a ridere. Elvis continuò questo gioco per alcuni minuti, chiaramente si divertiva a far sorridere mia nipote. Una sensazione di calore mi venne addosso mentre guardavo questo e immaginavo di avere un bambino con lui, pensando a quanto sarebbe stato meraviglioso.
Più tardi, andammo nella stanza di Rosemary, dove ci sedemmo con Rosemary sul suo letto e parlammo di numerologia e della vita. Elvis era così occupato a pensare e parlare che chiese rapidamente a Rosemary una penna e della carta.
Elvis scrisse alcuni numeri e lettere, cercando di spiegarci le cose man mano che andava avanti. Come sempre, Elvis si divertiva a cercare parole dentro le parole e a trovare un significato speciale in certe cose. Condivideva con noi alcune delle sue scoperte sui numeri, e cosa pensava che significasse che i numeri fossero in un certo ordine. Per esempio, usando il marchio della bestia, tre sei, Elvis sommò i numeri, che arrivarono a nove, e spiegò che questo numero simboleggiava guerra e distruzione. Nel frattempo, il numero sette era un numero "simile a Dio", disse Elvis, perché al suo interno era contenuta la parola "Eva".
Più tardi, portai un album che includeva alcune mie foto dei concorsi. Mentre stavamo guardando le fotografie, Elvis ne prese una, la girò e scrisse: "Dio mi ha dato a te, Dio ti ha dato a me" sul retro della fotografia. Sarebbe stata una delle tante cose speciali per sempre care nel mio cuore.
04/12/2021 23:06
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CAPITOLO 26


Per quanto Elvis amasse stare a casa, qualche giorno dopo annunciò: "Sono stato via troppo tempo". Sapevo che era nel suo sangue esibirsi e una delle cose che lo rendeva più felice.
I suoi fans ovviamente volevano vederlo tanto quanto lui. Di solito c'erano fans ai cancelli di Graceland, e la gente cercava di seguirlo ovunque andasse. Non ho mai sentito Elvis lamentarsi di questo o rifiutare un autografo.
Comunque, una sera, uscimmo per sederci sulla veranda anteriore. Le guardie avevano lasciato il cancello d'ingresso aperto, senza sapere che io ed Elvis eravamo usciti, e una piccola folla si era radunata ai piedi del vialetto. Improvvisamente, alcuni fans cominciarono ad avvicinarsi verso di noi. Elvis guardò le persone che avanzavano senza dire una parola, poi si alzò e spostò la sua sedia dietro una delle colonne. Qualche minuto dopo, prese la sua brocca d'acqua e il sigaro e si alzò bruscamente. "Torniamo dentro", disse.
Elvis era indeciso tra il suo istinto di abbracciare i suoi fans e il suo bisogno di privacy. Se i cancelli fossero stati chiusi, ero sicura che Elvis sarebbe rimasto fuori più a lungo in quella calda sera d'estate, ma lui lo accettò come parte della sua vita e io lo accettai come parte della mia, con lui.
Un'altra sera, Elvis disse che voleva portare me e Lisa a Libertyland. Ero entusiasta, specialmente perché anche Amber era a Graceland quella sera e sapevo quanto le due ragazze amassero il parco divertimenti. Erano molto eccitate quando dissi loro il nostro piano. Passò un'ora, poi un'altra. Si stava facendo tardi. Portai le ragazze nel mio bagno per aiutarle a prepararsi e acconciai i capelli di Lisa in uno chignon e ci vestimmo. Eravamo tutte ansiose di divertirci.
Quando uscii dal bagno per cercare Elvis, tuttavia, lo trovai ancora in pigiama, a letto. "Ho deciso di non andare", disse.
Mi sentivo davvero frustrata. Elvis aveva cancellato i nostri piani di uscita all'ultimo minuto molte volte, semplicemente perché aveva cambiato idea. Ero già stata delusa da questo comportamento imprevedibile, ma questa volta ero più arrabbiata. Andare al parco dei divertimenti sarebbe stata una bella cosa da fare per lui, e sapevo quanto le ragazze non vedevano l'ora di andarci.
Ricordando qualcosa che Elvis mi aveva detto, decisi di sfidarlo. "Elvis, pensavo una volta mi avessi detto che potevi fare qualsiasi cosa", dissi, poi aspettai in silenzio la sua reazione.
"Chiama George Klein al telefono", disse.
Vittoria! Contattammo George ma quando sentii la parte di Elvis della conversazione, capii che George gli stava dicendo che i lavoratori di Libertyland erano andati a casa o si stavano preparando a chiudere il parco. Parlarono ancora per qualche minuto, poi Elvis riattaccò. George però richiamò poco dopo per dire che gli impiegati sarebbero rimasti fino a tardi e avrebbero tenuto aperto il parco. Di nuovo una vittoria! Improvvisamente, Elvis era di buon umore. Mi chiese di invitare le mie sorelle e fece qualche telefonata per chiedere ad altri amici e familiari di unirsi a noi. Elvis mi disse anche che Rosemary poteva portare il suo accompagnatore per la serata e Terry poteva includere la nostra amica Cindy.
Quando le mie sorelle e i loro amici arrivarono a Graceland, Elvis si vestì con la sua ampia tuta blu e la cintura nera da palcoscenico. Scendemmo al piano di sotto, raggiungemmo alcuni dei ragazzi e decidemmo che avevamo bisogno di altre macchine. Un piccolo gruppo attraversò il cortile per andare a casa di Vernon in modo da poter usare alcune delle macchine parcheggiate lì.
A Libertyland, Elvis ed io passammo ben più di un'ora sulle montagne russe. Eravamo seduti nel vagone anteriore, che faceva paura, ma mi piaceva molto. Periodicamente, la corsa si fermava in modo che chiunque potesse scendere o cambiare partner, ma io ed Elvis restavamo su.
Più tardi facemmo un giro sulle macchine dodgem ed Elvis giocò ad un paio di giochi arcade, vincendo alcuni animali di peluche per Lisa, così come una pantera rosa di peluche e un grande uccello giallo per me. Rosemary e il suo accompagnatore, purtroppo, dovettero andare via prima.
L'alba stava spuntando quando decidemmo di tornare a Graceland. Fu una notte meravigliosa.
Terry e Cindy rimasero in casa, in visita con alcuni dei ragazzi, e i due alla fine si addormentarono al piano di sotto nella stanza della TV. Essendo stata in tour con noi in precedenza, Cindy era diventata amica di David, il quale l'aveva invitata anche al successivo tour.
I miei due mondi stavano finalmente iniziando a fondersi in uno solo.

Un paio di giorni dopo, mia madre rimase sorpresa nel ricevere la notizia che era in ritardo con i pagamenti di luglio e agosto. Chiamò Beecher Smith, l'avvocato di Elvis, per avere assistenza, perché lei gli aveva dato tutti i documenti che riguardavano la sua casa, come Elvis aveva richiesto. Beecher si scusò e disse che era stato così occupato che aveva dimenticato di occuparsi di tutto. Subito dopo, inviò una lettera alla società di mutui di mia madre, affermando che si trattava di una svista, chiedendo l'intero importo del pagamento dovuto per la casa, e se ci sarebbe stata una penalità di pagamento anticipato in un'unica soluzione. Mia madre fu sollevata dal fatto che Beecher fosse riuscito a risolvere le cose così rapidamente.
Il 12 agosto, Elvis decise che voleva vedere un film e affittò il cinema United Artists Southbrook. Portò me, Lisa e un piccolo gruppo di amici a vedere l'ultimo film di James Bond, "La Spia Che Mi Amava".
Qualche giorno dopo, notai una maggiore attività intorno a Graceland mentre i membri dell'entourage di Elvis iniziavano a prepararsi per il suo prossimo tour, che ci avrebbe portato a Portland, nel Maine. Elvis voleva davvero che Rosemary e mio fratello venissero con noi, così glielo chiesi e fui entusiasta quando mio fratello disse che poteva prendersi delle vacanza ed entrambi accettarono di unirsi a noi.
Elvis aveva accennato alla necessità di perdere un po' di peso prima di questo tour, e fui felice di vedere che, per la prima volta, stava mostrando più consapevolezza della sua dieta. Il 15 agosto iniziò a mangiare solo piccole quantità di yogurt e a bere molta acqua.
Lisa era ancora con noi, ma sarebbe partita il giorno dopo per tornare a Los Angeles e prepararsi per il nuovo anno scolastico, quindi Elvis voleva passare del tempo con lei. Era una giornata nuvolosa. Tra un periodo e l'altro di pioggia, noi tre, insieme a mia nipote Amber, facemmo un breve giro sul suo golf cart.
Quella sera, Elvis ed io guardammo la televisione. Il mio stomaco cominciava ad avere dei crampi e mi resi conto che il mio periodo del mese stava iniziando. Le mie mestruazioni erano spesso brutte, specialmente durante i primi giorni. Sperando che Elvis avrebbe capito, azzardai: "Potrei unirmi al tuo tour tra un giorno o due?". Imbarazzata, continuai a spiegare il perché, anche se sapevo che Elvis mi avrebbe voluto con sé.
"Vorrei che tu venissi", disse Elvis, poi aspettò un attimo. "Vedi come ti senti."
Più tardi Elvis fece alcune telefonate, cercando di organizzare una proiezione privata del nuovo film "MacArthur" in un teatro locale. A un certo punto, Elvis mi disse che pensava che un pezzo di dente si fosse rotto. Voleva farlo controllare e riempire. Mi mostrò una piccola scatola di vetro con dentro alcune corone temporanee che portava in tour, nel caso in cui si fosse scheggiato un dente durante il viaggio.
Elvis fissò un appuntamento con un dentista, il Dr. Hoffman. Chiese a Billy Smith di venire e, insieme a Charlie, lasciammo Graceland nello Stutz intorno alle 22:30. Arrivammo allo studio del dentista dove Elvis mi fece un gesto dicendo: "Non è brutta?".
Sorridendo, il dottor Hoffman rispose: "Sì".
Elvis riapparve dalla stanza del dentista, con il problema risolto. Il dottor Hoffman fece poi alcune radiografie dei miei denti. Nel frattempo, Charlie disse che aveva fatto una telefonata a Graceland per sapere se qualcuno era riuscito a organizzare una proiezione di "MacArthur", ma aveva scoperto che il proiezionista non era disponibile. Tornammo a Graceland verso le 12:30, e seguii Elvis al piano di sopra, nella sua camera da letto. Elvis disse che aveva bisogno di parlare con un paio di ragazzi per qualche minuto, così andai nella stanza di Lisa. Volevo vedere se Lisa e Amber erano andate a letto ma non erano da nessuna parte. Anche i ragazzi operavano sul "tempo di Elvis", così pensai che fossero di sotto a giocare.
Poco tempo dopo, Elvis mi chiese di tornare nella stanza. Ora era solo. Guardammo un po' di televisione, poi Elvis chiamò al piano di sotto per far preparare il letto. Mary, una delle cameriere, venne di sopra, così Elvis ed io ci spostammo nella stanza di Lisa. Mi sdraiai sul divano mentre lui accendeva la televisione, accendendosi un sigaro. Quando accennò di voler giocare a racquetball più tardi, mi eccitai. Sarebbe stata la prima volta che l'avrei visto giocare e pensai che avrebbe potuto aiutarlo a rilassarsi prima del suo tour.
Stavamo guardando la TV da un po' quando, senza alcun preavviso, Elvis la spense improvvisamente. I suoi occhi passarono rapidamente dallo schermo televisivo al mio viso.
"Ho pensato molto al matrimonio ultimamente", mi disse, giocherellando con il sigaro in bocca e studiandomi, aspettando di vedere la mia reazione.
"Davvero?", gli risposi, presa alla sprovvista.
"Davvero", disse Elvis, sorridendo.
Di nuovo, parlò di far svolgere la nostra cerimonia di nozze in una chiesa non confessionale, come la chiesa a forma di piramide di cui Charlie gli aveva parlato.
"Vorrei che ci fossero alcune persone", disse "funzionari pubblici e amici. E ci dovrebbero essere tanti agenti di polizia a guardia della chiesa, così nessun mezzo di comunicazione potrebbe arrivare da noi. Non voglio che questo sia un circo a tre piste", dichiarò.
Elvis fece una pausa per un minuto. Poi, usando le mani per mostrarmi una misura di lunghezza, disse: "Le limousine dovrebbero essere molti centimetri più lunghe di una limousine di lunghezza normale e di colore blu".
Mentre annuivo, la mia eccitazione aumentava, continuò, esaminando meticolosamente ogni dettaglio. "Ho pensato al tuo abito. Il vestito dovrebbe avere un colletto alto e vorrei che avesse piccoli boccioli di rosa con fili d'oro in mezzo. Ci farò lavorare qualcuno a Los Angeles".
"Non hai le mie misure", dissi.
Elvis mi diede un'occhiata, come per dire che sapeva esattamente quali sarebbero state quelle misure. Ancora una volta fui trascinata dalla sua capacità di far accadere qualsiasi cosa. La visione di come sarebbe stato il vestito e la realtà del matrimonio si misero più chiaramente a fuoco.
"Dovresti indossare delle scarpette trasparenti che sembrano di vetro e un diadema tra i capelli", disse. Mi piacevano queste idee. Poi tirò fuori i vestiti da damigella d'onore. "Penso che il rosa andrebbe bene. Che colore ti piacerebbe?"
"La lavanda sarebbe carina", dissi.
Elvis sorrise e scosse la testa. "Questo deve essere il matrimonio del secolo".
Rimase seduta in silenzio per un momento, poi aggiunse: "Dovremmo scegliere una data. Ho pensato al mio compleanno, al tuo compleanno, o a Natale. Che ne pensi?"
Non ho esitato. "Natale sarebbe bello", rispose.
Lui annuì, facendomi un altro sorriso. "Sarà il nostro regalo a Dio".
Sentivo, come Elvis, che Dio voleva che stessimo insieme e che sarebbe stato contento di vederci sposati in un giorno così speciale. Ero così felice che mi alzai, andai verso Elvis e lo baciai sulle labbra. Lui mi restituì il bacio, poi disse: "Vorrei annunciare il nostro fidanzamento al pubblico alla fine del tour a Memphis. Lo metteremo anche sul giornale locale, sotto la normale sezione dei fidanzamenti, niente di fantasia".
Sorrisi. Ecco Elvis, ancora una volta con la sua versione personale del fattore wow. Riaccese la televisione e ci sedemmo di nuovo a guardarla.
Poco dopo, Elvis lasciò la stanza, dicendo che doveva parlare di affari con alcuni ragazzi. Pensai che doveva avere qualcosa a che fare con il suo imminente tour. Dopo aver finito i suoi incontri, chiesi ad Elvis se voleva ancora giocare a racquetball, sapendo che un po' di esercizio fisico gli avrebbe fatto bene. Mi disse di sì.

Erano le 4 del mattino passate. Elvis chiamò al piano di sotto e chiese a Billy e Jo Smith di incontrarci. Odiavo l'idea di svegliarli. Ormai, però, avevo imparato che, quando Elvis chiamava, la maggior parte delle persone saltava.
Elvis si cambiò in una tuta di riscaldamento e me ne prestò una da indossare che non fosse eccessivamente larga. Ero ancora su di giri per la nostra conversazione sul matrimonio e non vedevo l'ora di uscire per muovermi.
Ci incontrammo con Billy e Jo e ci dirigemmo verso il campo da racquetball. Elvis voleva farmi fare un giro prima che giocassimo. Il campo era sontuoso come la maggior parte di Graceland, con un bagno personalizzato e una SPA, uno spogliatoio, un bar, un flipper, un jukebox e un'area di allenamento con attrezzatura per i pesi. C'era persino un pianoforte.
Elvis mi portò rapidamente anche sul tetto e mi mostrò una pista da jogging all'aperto. Era ancora buio. C'era aria di pioggia ma questo non sembrava disturbarlo. Il suo sguardo spaziava sulla proprietà, poi Elvis indicò una zona vicina e disse che se avessi voluto dipingere di nuovo, avrebbe costruito uno studio d'arte per me.
Tornati al piano di sotto, ci ricongiungemmo con Billy e Jo. Andai in campo con Jo, ma non avevo mai giocato a racquetball prima. Feci un tentativo, ma purtroppo non avevo voglia di muovermi molto perché mi erano tornati i crampi. Non siamo state fuori a lungo; Elvis e Billy entrarono, quindi, in campo mentre io e Jo eravamo sedute dietro ad un divisorio di vetro. I due cominciarono a colpire la palla: Elvis rideva, faceva lo stupido e si divertiva. Fingeva di colpirsi sulla gamba con la racchetta ogni tanto, continuava a girarsi, facendo facce buffe per vedere se io e Jo stavamo guardando. Elvis si stancò presto, però, e lasciò il campo per venire a sedersi accanto a me. Duardammo Billy e Jo giocare per un po'.
Quando uscirono dal campo, Elvis si avvicinò al piano e iniziò a suonare, cantando "Unchained Melody" e poi "Blue Eyes Crying in the Rain". In seguito si diresse verso una delle cyclette e pedalò per circa dieci minuti.
Verso le 6 del mattino, io ed Elvis tornammo in casa. Anche Billy venne di sopra, perché Elvis voleva che lo aiutasse ad asciugarsi i capelli. Elvis ed io sbirciammo Lisa e Amber, e fui felice di vedere che le ragazze erano a letto e dormivano.
Andai nel mio bagno, indossai il pigiama, poi mi stesi sul letto. Ascoltai per un po' il ronzio dell'asciugacapelli nel bagno. Poco dopo, Billy se ne andò ed Elvis uscì, dopo aver indossato un pigiama blu. Verso le 6:45, Elvis chiamò al piano di sotto, chiedendo chiunque fosse di turno di portare su un pacchetto di medicine per aiutarlo a dormire.
Io soffrivo ancora di forti crampi mestruali. Vedendo che stavo così male, Elvis chiamò Tish per portarmi qualcosa per alleviare il dolore. Mi chiese di nuovo se sarei andata con lui all'inizio del tour. Odiavo deluderlo, ma sapendo come mi sarei sentita per i primi giorni, gli dissi che avrei voluto aspettare solo un giorno, se non due, finché non mi fossi sentita meglio.
Speravo che Elvis avrebbe capito. Lui rimase seduto in silenzio per qualche istante, riflettendo sulla situazione. "Voglio che tu compri qualcosa di speciale per quando annunceremo il nostro fidanzamento durante lo spettacolo a Memphis
allora", disse.
Sorrisi. Aveva capito.
"Va bene", dissi, sollevata.
Tish mandò su un Tylenol con codeina per me. Subito dopo, Ricky apparve con il pacchetto per il sonno mattutino di Elvis e prendemmo entrambi le nostre medicine.
Elvis voleva mostrarmi un paio di nuovi libri che gli erano stati regalati di recente, così ci mettemmo a letto e cominciammo a guardarne uno. Il titolo del libro era "A Scientific Search for the Face of Jesus" e descriveva la Sindone di Torino, che presumibilmente aveva avvolto il corpo di Gesù dopo che era stato portato giù dalla croce. Mentre sfogliavamo il libro incuriositi, Elvis mi mostrò alcune foto di quello che l'autore sosteneva essere il volto di Gesù impresso su un sudario. Poi, mettendo da parte quel libro, Elvis me ne mostrò un altro di Betty Bethards intitolato "Sex and Psychic Energy". Questo libro evidenziava i modi per sintonizzarsi con l'energia del tuo partner, il tuo essere interiore e i tuoi chakra. Elvis indicò alcune illustrazioni. Non guardammo il libro molto a lungo perché entrambi eravamo insonnoliti a causa delle medicine e presto ci addormentammo. Qualche tempo dopo, fui svegliata da un movimento sul letto. Ero ancora intontita dalle mie medicine, ma ero consapevole che Elvis chiamava al piano di sotto e chiedeva un'altra bustina per aiutarlo a dormire.
Guardai l'orologio. Erano le otto del mattino, ma non mi sorprese che Elvis stesse avendo problemi a riposare. Ormai ero abituata a vederlo agitato prima di un tour, ed era stato fuori per molto tempo prima di questo.
Quando riattaccò, chiesi ad Elvis quale fosse il problema. "Non riesco a dormire", disse.
Mi domandai se ci fosse stato un placebo nel pacchetto di medicine che aveva preso prima. Ricky portò presto un'altra confezione e poi se ne andò. Speravo che Elvis potesse finalmente riposare. Ci sistemammo di nuovo entrambi nel letto, e io mi riaddormentai rapidamente.
Dopo un po', sentendo di nuovo del movimento, aprii gli occhi. Erano ormai quasi le 9 del mattino ed Elvis era seduto sul lato del letto con la schiena verso di me. Mi spostai verso di lui e misi la mia mano sulla sua schiena. "Cosa c'è?"
Elvis disse che non riusciva ancora a dormire. Dopo pochi minuti si alzò e mi disse che andava a leggere. Prese il libro sull'energia psichica e si diresse verso il bagno. Ancora una volta, mi domandai se il contenuto delle sue confezioni di medicinali fosse stato alterato, perché Elvis sembrava praticamente refrattario da qualsiasi cosa avesse preso.
"Non addormentarti" dissi, ricordando il letto nel suo camerino.
Elvis si fermò prima di entrare, mi guardò con un broncio da ragazzino, poi sorrise e mi fece un piccolo saluto. "Ok, non lo farò", mi rassicurò, e continuò nel suo bagno.

Tra il Tylenol con codeina e il fatto che non avevo riposato dal giorno prima, ancora una volta caddi di nuovo in un sonno profondo.
Poco dopo le 14, mi svegliai con i crampi. Elvis non era a letto. Ero curiosa di sapere dove fosse, ma non potevo guardare subito perché era iniziato il mio ciclo e stavo iniziando a sanguinare pesantemente. Mi alzai e mi precipitai in bagno per occuparmene. Mentre usavo il bagno, presi il telefono sul muro e chiamai la mia amica Cindy, sapendo che si sarebbe aspettata di vedermi sull'aereo quando tutti sarebbero partiti per il tour. Le dissi che stavo pensando di arrivare con un giorno di ritardo a causa del disagio che stavo provando con le mie mestruazioni.
Subito dopo chiamai rapidamente mia madre al lavoro. "Dove sei?" mi chiese. Quando le dissi che ero a Graceland, mi chiese perché non ero a casa a fare i bagagli. "Ho pensato di arrivare con un giorno di ritardo", dissi.
Lei mi ricordò che mio fratello e mia sorella stavano andando. Esitai. Mi ero completamente dimenticata di questo. Sapevo che Elvis mi aveva davvero voluto in tour fin dall'inizio. Anche se sapevo che non mi sarei sentita bene, cambiai idea. "Ok, credo che andrò", dissi. Ora volevo trovare Elvis per dirglielo.
"Dov'è?" chiese mia madre.
"Non lo so", risposi. "Vado a controllare".
Andai in bagno, qindi entrai nella camera da letto di Elvis per cercarlo. Guardando l'orologio, vidi che erano quasi le 2:20. La porta del bagno era un po' aperta. Bussai e dissi: "Elvis?"
Non ci fu risposta. Aprendo lentamente la porta, sbirciai e vidi Elvis sul pavimento, a sinistra.
Rimasi paralizzata mentre osservavo la scena.
Sembrava che tutto il suo corpo si fosse completamente bloccato in posizione seduta mentre usava il water e poi fosse caduto in avanti, in quella posizione fissa, proprio di fronte ad esso. Le sue gambe erano piegate, la parte superiore del suo petto e le spalle toccavano il suolo e la sua testa era leggermente girata a sinistra con la guancia sul pavimento. Le sue braccia giacevano a terra, vicino ai suoi fianchi, la schiena verso le gambe, con i palmi rivolti verso l'alto.
Era chiaro che, fin da quando qualsiasi cosa lo aveva colpito al momento in cui era atterrato sul pavimento, Elvis non si era mosso. Un asciugacapelli giaceva a terra, quasi a toccare la cima della sua testa: Billy doveva averlo lasciato lì quando aveva finito di asciugare i capelli di Elvis. Il libro sull'energia psichica era stato messo sul bracciolo della sedia che si trovava contro il muro, sotto la sua finestra, di fronte al bancone. Il libro giaceva aperto.
Mi precipitai, chinandomi accanto a lui e dissi: "Elvis?".
Un'orribile paura mi attraversò. Il top del pigiama era scivolato un po' in avanti a causa della sua posizione inclinata. Gli toccai la parte bassa della schiena. La sua pelle era fredda. Dicendo di nuovo "Elvis!", girai delicatamente il suo viso verso di me. Un accenno d'aria uscì dal suo naso. La punta della sua lingua era stretta tra i denti e la faccia era a chiazze, con uno colorito viola. Sollevai delicatamente una palpebra. Il suo occhio era fisso ed era rosso sangue.
Raggiunsi rapidamente il telefono vicino alla toilette e chiamai il piano di sotto dove rispose la cameriera Nancy.
Negando quello che stavo vedendo, il mio unico pensiero fu: "Non allarmare nessuno, Ginger. Lui starà bene. Ma sentii il tremore nella mia voce mentre chiedevo a Nancy quale assistente fosse di turno.
Esitò un momento, poi disse: "Al Strada".
"Mandalo su subito", dissi.
Al si precipitò in cima alle scale. Lo incontrai nel corridoio e gridai: "Penso che ci sia davvero qualcosa di grave !"
Quando Al vide Elvis, accennò qualcosa riguardo ad un kit per la pressione sanguigna e si precipitò verso il comodino di Elvis, con me alle calcagna. Chinandosi, aprì una porta. Quando guardammo dentro l'armadio e vedemmo che era vuoto, tornammo di corsa da Elvis. Al chiamò immediatamente al piano di sotto, e mi resi conto che Joe era in casa quando Al chiese di lui. Pochi istanti dopo, Joe apparve sulla porta del bagno. Non volendo essere d'intralcio, mi inginocchiai
da un lato mentre lui e Al giravano Elvis sulla schiena.
Le gambe di Elvis rimasero in una posizione piegata, i suoi piedi non toccavano il pavimento. Al e Joe lo sollevarono un po' più verso il centro del bagno e lo posarono di fronte al bancone. Mi avvicinai di più mentre Joe iniziava leggermente a schiaffeggiare il viso di Elvis. "Elvis, respira!" ripeteva mentre Al premeva sul petto di Elvis. Al ed io ci unimmo, implorando Elvis di respirare.
Joe accennò di chiamare il dottor Nichopoulos. Si alzò e andò verso il telefonoe guardando Elvis, chiamò prima un'ambulanzae subito dopo provò a chiamare il Dr. Nichopoulos ma non lo trovò.
Al prese il telefono, parlò con qualcuno che supponevo fosse dell'ufficio del Dr. Nichopoulos e riattaccò, dicendo a Joe che la persona dell'ufficio stava cercando di localizzare il dottore chiamando il suo cercapersone.
Joe provò a chiamare di nuovo il dottore. Il Dr. Nichopoulos finalmente rispose al cercapersone, poi Joe chiamò Vernon nel suo ufficio.
Charlie entrò nella stanza e si unì alle nostre suppliche perché Elvis respirasse.
Vernon arrivò pochi minuti dopo, accompagnato da Sandy e Patsy. "Oh Dio, figliolo, non morire!" supplicò. Sembrava che stesse per crollare, e qualcuno spostò il libro dalla sedia vicino alla finestra e la mise vicino alla testa di Elvis per Vernon. Si sedette e gridò, "Respira!" con il resto di noi mentre Sandy cercava di fare la rianimazione bocca a bocca ad Elvis.
Joe e Charlie avevano cercato di aprire la bocca di Elvis, ma era troppo stretta. Sentendomi completamente impotente, potevo solo guardare e pregare. Mi sentivo come se fossi intrappolata in un incubo.
Sembrava trascorso molto tempo, ma sono sicura che erano passati solo pochi minuti quando sentii dei runori sulle scale: vidi un paio di paramedici e mi spostai rapidamente dalla loro strada, andando nella camera da letto di Elvis.
I paramedici iniziarono a rianimare Elvis mentre Lisa apparve improvvisamente sulla porta della camera da letto. "Cosa c'è che non va nel mio papà?" chiese.
Istintivamente, mi mossi per proteggerla. Non volevo che vedesse suo padre così. "Niente, Lisa", dissi.
Mentre cominciavo a chiudere la porta della camera da letto, Lisa disse: "C'è qualcosa che non va e lo scoprirò".
Se ne andò giù per il corridoio verso l'entrata del camerino di Elvis. Correndo verso la porta del bagno, vidi Al in piedi da quella parte e gli gridai: "Lisa sta cercando di entrare!"
Al chiuse rapidamente la porta a chiave. Sapevo che presto avrebbero portato Elvis in ospedale; pensando che avrei viaggiato in ambulanza con lui, mi precipitai nel mio bagno e mi vestii frettolosamente con i vestiti che avevo indossato la sera precedente. Subito dopo, riuscii solo a vedere i paramedici e gli altri uomini sollevare Elvis su una barella. Mi allontanai da loro mentre si avviavano verso le scale, con Vernon e gli altri che seguivano da vicino. Mentre guardavo i paramedici portare Elvis al piano di sotto e fuori dalla porta principale, la realtà di quello che stava succedendo mi colpì improvvisamente. Cominciai a piangere mentre l'ambulanza sfrecciava via. Mi sentii improvvisamente molto sola e avevo bisogno di parlare con qualcuno.
Tornai nel mio bagno e composi il numero di mia madre con le dita tremanti. Nel momento in cui lei sentì il tremolio nella mia voce, esclamò: "Cosa c'è che non va?".
Presa dall'ansia, dissi: "Credo che sia successo qualcosa a Elvis".
"Forse non è così grave", disse lei, cercando di calmarmi.
"Mamma, l'hanno portato in ambulanza e sembra grave". Crollai.
"Sarò lì il prima possibile", disse lei, cercando ancora di rassicurarmi.
Riattaccai il telefono, sollevata dal fatto che mia madre stesse arrivando. Mi ritrovai a desiderare più di ogni altra cosa che fossi davvero rimasta intrappolata in un brutto sogno, ma c'era stata una crepa nell'universo e una fredda realtà si stava insinuando in me.
05/12/2021 18:07
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CAPITOLO 27


Erano poco più delle 4 del pomeriggio quando mi voltai dalla finestra del soggiorno. Più tardi avrei saputo che questa sarebbe stata l'ora dell'annuncio pubblico della morte di Elvis.
Amber si stava avvicinando a me. "Dov'è Lisa?" chiesi, provando un misto di dolore e preoccupazione perché Lisa fosse sola.
Amber mi disse che era in un'altra stanza con alcuni membri della famiglia. Altri parenti di Elvis erano seduti sulle scale, così accompagnai Amber e ci sedemmo anche noi sui gradini. Non mi ero mai sentita così persa. Vidi George Klein avvicinarsi al tavolo vicino alle scale e cercare di fare una telefonata. Quando riattaccò e si mise al centro dell'atrio, scesi le scale e lo abbracciai.
"Ti amava così tanto", disse.
Capii che George aveva perso il suo caro amico, e potevo solo sperare che sapesse quanto il suo commento significasse per me.
Lisa si avvicinò a me allora. Volendo confortarla, la portai al piano di sopra con Amber, dove mi sedetti sul divano nella sua stanza, abbracciandola. Lottai con il mio dolore, alla ricerca delle parole giuste da dire a questa bambina che aveva appena perso il padre.
"Sai che il tuo papà ti voleva bene, Lisa", sono riuscito a dire. "Era un padre meraviglioso ed è andato in cielo, ma veglierà sempre su di te".
Si sedette tranquillamente accanto a me. Mi chiedevo se Lisa potesse capire qualcosa di tutto questo.
In poco tempo, una squadra di uomini arrivò dal dipartimento di polizia e mi condusse nell'ufficio di Elvis, dove mi fecero alcune domande. Dopo che se ne furono andati, rigirai tutto nella mia mente. Cosa era successo ad Elvis?
Era impossibile dominare la situazione. Ero troppo sommerso dalle emozioni. Tornai al piano di sotto e mi sedetti al tavolo della sala da pranzo con Amber, sapendo che ormai la mia famiglia doveva aver sentito la notizia, insieme al resto del mondo. Non ero stata in grado di chiamarli perché le linee telefoniche erano intasate, così come lo era la strada fuori da Graceland.
Tutti in casa erano in lutto. Ero circondato da tutta questa gente, eppure mi sentivo sola. Alla fine qualcuno mi disse che mia sorella Terry era riuscita a passare e che era al telefono. Presi la chiamata nel corridoio vicino alle scale, crollando di nuovo.
"Mi dispiace" singhiozzò Terry che mi fece sapere che nostra madre, Rosemary, e mia cognata erano in viaggio.
Dopo la telefonata mi ritirai di nuovo nella sala da pranzo. Tutti a Graceland stavano piangendo, increduli. Poco dopo le cinque, arrivò la mia famigliae ci abbracciammo
Un po' più tardi, zia Delta si avvicinò. Mi chiese gentilmente se avevo qualcosa di sopra che volevo prendere, dato che dovevano chiudere a chiave. Le chiesi se potevo prendere in prestito una valigia e lei me ne prestò una. Rosemary disse che sarebbe venuta con me, quindi salimmo. Entrando nell'ufficio di Elvis, guardai verso la sua camera da letto. Avevo dormito indossando il mio anello di fidanzamento e la collana TLC che Elvis mi aveva regalato. Ora consideravo le mie foto sul suo comodino, la collana che avevo provato a disegnare per lui ma che dovevo ancora finire, e la lista di nozze nella sua stanza. Presa da un desiderio irrefrenabile di rimanere legata a Graceland, lasciai lì tutte quelle cose.
Nel mio bagno, raccolsi alcuni oggetti, li misi dentro la valigia e presi il mio portagioie. Diedi un'ultima occhiata alla camera da letto di Elvis prima di seguire Delta al piano di sotto.

I preparativi per il funerale di Elvis stavano cominciando ad essere discussi tra alcune delle persone riunite. Qualcuno ci disse che saremmo stati chiamati quando sarebbero stati completati. Le cose si stavano muovendo velocemente e non sembrava che avessero bisogno di me o che si consultassero con me su quali sarebbero stati questi piani. Il dolore che sentivo era qualcosa che non avevo mai provato prima. Avevo bisogno di un rifugio privato per cercare di elaborare ciò che era davvero insondabile: Elvis era morto. Questo fu l'inizio del mio processo di lutto. L'unico posto sicuro in cui potevo pensare di farlo era a casa, dove sarei stata circondato dalla mia famiglia.
Salutai Vernon, Sandy, Dodger, Lisa e altri. Fu più difficile lasciare Lisa perché mi ero avvicinata a lei, ma sentivo che sarebbe stata bene perché era circondata dalla sua famiglia.
Il mio dolore era così grande che ci volle ogni grammo di energia che avevo per attraversare la porta d'ingresso.
La polizia separò la folla radunata ai cancelli di Graceland per lasciarci passare.
Anche a casa con la mia famiglia, non riuscivo a scrollarmi di dosso la sensazione di essere intrappolata in un incubo. Mio padre ritornò nel tentativo di darmi il suo sostegno e mi disse quanto gli dispiaceva.
Mia cognata era preoccupata per Amber, naturalmente, così mia madre era andata a prenderla. Tornando a casa, mia madre aveva sentito alla radio che Elvis era morto. Il traffico era così congestionato sulla strada per Graceland che, quando arrivarono ad un semaforo rosso all'angolo tra Elvis Presley Boulevard e Winchester Road, mia cognata, Carolyn, era saltata fuori dall'auto e aveva fermato il traffico con le mani in modo che mia madre potesse svoltare. Avevano poi guidato per pochi isolati fino a Graceland nella corsia di svolta con i lampeggiatori di emergenza accesi. Ai cancelli di Graceland, Carolyn aveva urlato a un poliziotto vicino: "Questa è la madre di Ginger!" per fargli liberare la strada. Quello era l'unico modo in cui erano riusciti ad attraversare i cancelli di Graceland per andare a prendere Amber e me.
Ogni canale televisivo trasmetteva la notizia della morte di Elvis, ma io non potevo guardare i servizi. Qualcuno mi disse che Joe Esposito era stato intervistato; l'avevano sentito dire che era stato lui che aveva trovato Elvis. Cosa? Non potevo crederci! Non sapevo che le falsità erano appena iniziate.
Quella sera, qualcuno chiamò a casa nostra per dire che ci sarebbe stata una visione privata del corpo di Elvis a Graceland alle undici del mattino seguente, mercoledì 17 agosto. Ne ero terrorizzata. Non ero sicuro se fossi riuscita a vedere Elvis in questo modo. Quella notte, il medico legale della contea di Shelby stabilì che la causa della morte di Elvis era aritmia con una grave malattia cardiovascolare presente. Com'era possibile? Aveva solo quarantadue anni!
Dopo aver sentito la notizia, chiesi a mia madre di sdraiarsi a letto con me. Non potevo sopportare il pensiero di essere sola. Eppure, stranamente, quella notte sentii la presenza di Elvis nella stanza con me. Una sensazione confortante e pacifica mi avvolse. Forse non ero sola dopo tutto, pensai. Forse Elvis stava ancora vegliando su di me.
Fu una notte insonne per tutti noi. I miei genitori dovettero staccare il telefono perché eravamo tempestati da giornalisti che chiamavano da tutto il mondo. Ci furono momenti durante quella notte in cui mi sono trovata a desiderare di non essere stata io a trovare Elvis. Ma, per quanto fosse stato difficile, se non fossi stata lì e avessi saputo solo della sua morte, sentivo che sarebbe stato sarebbe stato più difficile per me accettare la notizia.

Un'enorme folla si era radunata davanti a Graceland quando io e la mia famiglia arrivammo per di mattina per la veglia. Alcune persone sembravano aver dormito tutta la notte davanti ai cancelli.
Quando attraversai la porta d'ingresso, scoprii che era impossibile immaginare che Elvis non ci fosse più. Poco più di ventiquattro ore fa, ero stata al piano di sopra con lui proprio in questa casa, a pianificare il nostro futuro insieme. C'era un elemento surreale in quasi tutto ciò che si svolgeva davanti a me.
Vedevo Lisa camminare, mescolandosi con varie persone mentre andava e veniva dalla cucina. La salutai e feco lo stesso con Vernon e alcuni altri, poi andai nella stanza di Dodger e la abbracciai. Lei era sempre stata gentile con me e questo era così difficile.
Priscilla Presley era arrivata con la sua famiglia. Naturalmente sarebbe stata qui perché era la madre di Lisa. Eppure, mentre guardavo Priscilla salutare alcune persone - alcune delle quali non avevo mai incontrato prima -mi sentivo strana. Elvis aveva cercato di farmi entrare in testa che, come futura Mrs. Presley, io ero la donna di casa, ma ora quel ruolo sembrava più lontano dalla realtà e mi mi ritirai da quelle riunioni.
Quando vidi Joe, non si avvicinò a me spiegandomi perché aveva detto di che era stato lui a trovare Elvis. Non era il momento o il luogo per chiedergli la sua versione dei fatti, ma sapere che Joe l'aveva fatto mi fece sentire come un piccolo ma doloroso tradimento.
I mobili del soggiorno erano stati rimossi e sostituiti da sedie pieghevoli. Alcune erano disposte contro la parete destra, di fronte al camino, mentre altre erano in file allineate al centro e rivolte verso la sala della musica. Io e la mia famiglia
prendemmo posto in alcune sedie centrali; i fiori arrivavano e venivano portati nella stanza continuamente. Io e la mia famiglia ne avevamo mandati alcuni. Mi stavo chiedendo quale composizione fosse la mia. I miei fiori erano smarriti come me.
Priscilla e la sua famiglia si sedettero contro il muro, di fronte a noi. Poco dopo, una bara di rame fu portata in casa e posta all'ingresso della sala della musica. Era ormai circa mezzogiorno. Quando la aprirono, fu difficile per me guardare. Charlie stava a capo della bara, salutando gli spettatori che rendevano omaggio a Elvis. Attesi un po', rafforzando la mia determinazione, poi finalmente andai verso la parte anteriore. Elvis era vestito in un abito bianco con una camicia blu chiaro e una cravatta bianca. Sembrava strano. Non l'avevo mai visto in un completo. Per quanto folle potesse sembrare ad alcuni, pensai che sarebbe stato più appropriato se fosse stato vestito con una delle sue tute, o addirittura in pigiama e vestaglia. Per assurdo, pensai che si sarebbe sentito più a suo agio in quel modo. Inoltre, dov'era la sua pistola? Dov'erano la sua brocca d'acqua e il suo sigaro?
Mentre ero lì, Lisa si avvicinò alla bara e si mise accanto a me. Le sorrisi e lei toccò delicatamente i capelli di Elvis. Io gli accarezzai leggermente il lato del viso.
Dalla sua postazione vicino alla testa della bara, Charlie disse: "Ha un bell'aspetto, vero?".
Riuscii a guardare Charlie e ad annuire.
In un modo mistico e consapevole, Charlie parlò di nuovo. "Ginger, non è andato da nessuna parte", disse dolcemente. "È solo su un altro piano in questo momento".
Mi sentii confortata dalle parole di Charlie. Dove sei, Elvis? Non potevo fare a meno di sentire la voce di Elvis in risposta, dicendo le stesse parole che aveva sussurrato al mio orecchio in fondo alla chiesa al funerale di mio nonno: "Figliolo, sei da solo". Solo che questa volta le parole mi fecero venire un brivido e mi tagliarono come un coltello.
Tornai al mio posto, ma ogni tanto mi alzavo di nuovo per guardare Elvis. Stranamente, quello che era stato così difficile per me all'inizio, ora mi portava pace. Elvis sembrava che stesse solo dormendo.
Tra una visita e l'altra alla bara, una donna sconosciuta mi toccò sulla spalla. "Priscilla vorrebbe vederti", disse.
Sorpresa, la seguii dietro l'angolo. Entrammo nell'atrio e vidi Priscilla in piedi accanto alle scale d'ingresso.
"Salve", disse, e mi presentò alla donna che era venuta per me, Joan Esposito, che in seguito avrei scoperto essere l'ex moglie di Joe.
Rimasi ancora più sbalordita quando Priscilla mi prese per un abbraccio. "Ginger, so quanto Elvis ti amava", disse.
"Grazie", le risposi abbracciandola a mia volta. Improvvisamente provai la più incredibile sensazione di accettazione, mentre Priscilla riconosceva ciò che io ed Elvis avevamo insieme.
"Ti piacerebbe conoscere la mia famiglia?"
"Non ora", disse lei, "ma mi piacerebbe farlo più tardi".
Tornai in salotto e mi sedetti, raccontando alla mia famiglia quello che era appena successo. Quando più tardi Priscilla entrò di nuovo nella stanza, mi alzai e presentai mia madre a lei e ai suoi genitori.
Dopo un po' di tempo, tutti furono informati che ci sarebbe stata un'esposizione pubblica alle tre di quel pomeriggio. Pensavo davvero che fosse un'idea meravigliosa che ai suoi fans sarebbe stata data l'opportunità di rendere omaggio. Ero sicura che quello fosse il segnale per la maggior parte di noi di andarsene, così decisi di tornare a casa prima che iniziasse. Mentre uscivo, mi fu detto che il funerale sarebbe stato il pomeriggio successivo, il 18 agosto, alle due.

Naturalmente, la morte di Elvis fece notizia in tutto il mondo. Tutto ciò che Elvis aveva fatto divenne la sostanza di storie pubblicate su tutti i media.
Sapevo che Elvis era una grande star, naturalmente, ma dopo che ci eravamo innamorati, avevo per lo più smesso di prestare attenzione alla sua celebrità e avevo iniziato a vedere Elvis l'uomo, piuttosto che Elvis il famoso intrattenitore. Ora mi rendevo conto che la portata della sua fama era al di là di ciò che io o chiunque altro potesse immaginare. Lo shock, la perdita e l'interesse che circondavano la notizia della sua morte erano qualcosa che non avevo visto dalla morte dei Kennedy e di Martin Luther King.
Anche sapendo questo, perdere Elvis non fu niente del genere per me. Stavo vivendo il dolore al livello più intimamente personale. Avevo perso l'uomo che aveva sconvolto la mia vita ed era diventato mio amico, insegnante, protettore e amante - l'uomo che avevo amato profondamente e che avevo pianificato di sposare. Non ero più la stessa giovane donna che ero stata la prima sera che avevo accompagnato le mie sorelle a Graceland. Tutto il mio essere - fisicamente, emotivamente e spiritualmente - si era intrecciato con Elvis. Per me, la sua morte non era una notizia. Era la mia vita che veniva fatta a pezzi.
Eppure, la mia casa continuava ad essere inondata da telefonate di giornalisti voraci che insistevano sul fatto che avevano bisogno di una storia. Non importa cosa stessi passando personalmente, tutti mi vedevano al centro della storia. Mi rifugiai nella mia camera da letto in un futile tentativo di nascondermi. Ad un certo punto, mia madre entrò con un'aria esasperata. Disse che due uomini, di due diversi tabloid, erano sul nostro portico anteriore e stavano quasi facendo a pugni per chi meritasse un'intervista con me. I leoni affamati di cui Elvis mi aveva avvertito erano proprio fuori dalla mia porta, e questa volta Elvis non poteva volare in macchina per proteggermi.
Di certo non avevo intenzione di rilasciare alcuna intervista ed ero ferita dal fatto che fossero là fuori. Mia madre mi disse che uno degli uomini aveva detto che Linda Thompson gli avrebbe concesso un'intervista e che Linda stava dicendo che avrebbe potuto salvare Elvis. Questo mi fece male ed ero inorridita. Come si poteva dire una cosa del genere?
Il giornalista disse a mia madre che, se non avessi rilasciato un'intervista, avrebbero stampato la storia di Linda. Ero furiosa. Elvis aveva smesso di vedere Linda e lei certamente non era lì il giorno in cui morì.
Chiesi a mia madre di allontanare i giornalisti. Uno degli uomini disse a mia madre che sarebbe tornato tra poco per vedere se avevo cambiato idea. Mi sono sentita malissimo. Nel mezzo di questa orribile tragedia, io all'improvviso avevo questo da fare? Pensai e ripensai alle cose, diventando lentamente più conflittuale e angosciata sul fatto di rilasciare o meno un'intervista. Io e la mia famiglia non avevamo esperienza con questo genere di cose.
Sentendomi come se avessi una tigre per la coda, le mie lacrime si trasformarono lentamente in rabbia. Qualche tipo di storia stava per essere messa in giro, e non potevo lasciare che Linda dicesse una cosa del genere senza una risposta. Quando il reporter tornò, accettai di rilasciare al tabloid un'intervista in una data successiva.

Dormii profondamente. La mattina dopo, tutto mi colpì duramente. Estremamente depressa, mi alzai e andai in cucina. Mia madre stava preparando la colazione e io mi sedetti al nostro tavolo, misi la testa sulle braccia e cominciai a piangere inconsolabilmente.
Più tardi, accendendo la televisione, appresi che due ragazze adolescenti erano state uccise e un'altra ferita quando un guidatore ubriaco aveva investito con la sua auto una folla radunata su Elvis Presley Boulevard. Questa tragedia aggiunse orrore in tutto questo. Sembrava che il mondo intero stesse andando fuori controllo.
Quel pomeriggio mi infilai un vestito nero e mi diressi a Graceland con la mia famiglia e la nostra amica Cindy. Arrivammo un po' prima dell'inizio del servizio funebre. Alcune persone erano già dentro e ci scambiammo abbracci.
Tutte le sedie pieghevoli che erano state nel soggiorno ora erano rivolte verso la bara di Elvis, che era di nuovo posizionata all'ingresso della sala della musica. Io e la mia famiglia eravamo seduti nella sala da pranzo, a guardare la gente arrivare.
Dopo poco tempo, riconobbi l'attrice Ann-Margret, che era stata legata sentimentalmente ad Elvis, anni prima a Hollywood. Era lì con suo marito, Roger Smith. Notai anche l'attore George Hamilton, che era stato amico di Elvis, e il Colonnello Parker, che indossava un berretto da baseball e fumava un sigaro. Il Dr. Ghanem, il medico di Elvis a Las Vegas, era presente anche lui.
Verso le 14.00 entrammo nel soggiorno. Non sono mai stata uno che richiamava l'attenzione, quindi decisi di sedermi circa sei file indietro rispetto alla bara di Elvis. Zia Delta, Dodger, Vernon e Sandy si sedettero in prima fila. Priscilla e la sua famiglia presero posto dietro di loro. Dopo un po', Lisa apparve vicino alla nostra fila, venne verso di me e si sedette sulle mie ginocchia.
I servizi iniziarono presto con un elogio funebre del comico Jackie Kahane. Intervenne Rex Humbard, un evangelista e poi il reverendo Bradley che condusse il sermone. Kathy Westmoreland, gli Stamps Quartet cantarono canzoni sacre.
Fu una bella cerimonia. In seguito, ad ogni fila di persone fu ordinato di passare davanti alla bara di Elvis. Mentre camminavo verso la parte anteriore, lottai per trattenere le lacrime. Avevo fatto in modo di non salutare mai Elvis quando lasciava Graceland nel tempo che avevamo passato insieme. Ora, guardandolo per l'ultima volta, mi costrinsi a sussurrare l'addio sottovoce. Mi voltai verso Vernon, Sandy, Dodger e zia Delta, abbracciandoli, poi tornai al mio posto.
Quando terminò la funzione, Joe si avvicinò a me e alla mia famiglia, dicendoci che saremmo saliti sulla quinta limousine dietro il carro funebre. Volevo pensare che Joe stesse solo cercando di fare del suo meglio per portare tutti al mausoleo, mettendoli in qualsiasi macchina potesse, ma, quando Elvis era qui, lui aveva sempre spostato gli altri per tenermi al suo fianco. Ora questo sembrava dimenticato. Sembrava che fossi diventata insignificante, l'esatto contrario di come Elvis mi faceva sentire.
Quando uscii da Graceland, vidi diverse limousine bianche lungo il vialetto e più tardi avrei saputo che ce n'erano sedici in totale. Salii davanti con mia madre, mentre il resto della mia famiglia e Cindy si accomodarono dietro.
Poi Vernon, Sandy, Lisa e Priscilla salirono sulla prima limousine. In poco tempo, i portatori della bara, George Klein, Gene Smith, Jerry Schilling, Charlie Hodge, Lamar Fike, Joe Esposito, Billy Smith e il Dr. Nichopoulos, uscirono dalla casa con il feretro di Elvis.
Mentre gli uomini facevano qualche passo verso il carro funebre, improvvisamente un enorme ramo si staccò da un albero e atterrò nel cortile non lontano da loro. Rabbrividii, pensando a quanto fosse inquietante che accadesse in quel momento. La processione si fece lentamente strada lungo il vialetto con un corteo di polizia che fiancheggiava il carro funebre. Quando passò attraverso i cancelli, i poliziotti vicini salutarono. Girando su Elvis Presley Boulevard, iniziammo il viaggio di tre miglia verso il Forest Hill Cemetery. Elvis sarebbe stato deposto in una cripta, nel mausoleo. La scena davanti a me si presentava come un bizzarro filmato televisivo, con decine di migliaia di fans su entrambi i lati del viale, molti dei quali piangevano. Questo mi colpì, e spostai la mia attenzione sul pavimento della limousine. Quando alzai di nuovo lo sguardo, per qualche ragione, la mia attenzione si concentrò su una donna tra la folla che scattò una foto. Poi mi colpì mentre la superavamo. Era Caroline Kennedy. Non potevo credere che, con la moltitudine di persone lungo la strada, avessi alzato lo sguardo proprio in quel momento e lei faceva parte della folla. Eppure, in quel momento, eravamo effettivamente collegati attraverso l'esperienza di una morte storica: Caroline e suo padre, io e il mio fidanzato.
Centinaia di composizioni floreali, di tutte le forme e dimensioni, coprivano il prato del mausoleo. Il carro funebre si fermò. Quando entrai nel mausoleo, ogni posto sembrava occupato: Vernon, Lisa, Priscilla e alcuni membri della famiglia di Elvis si erano assicurati dei posti. Mi guardai intorno mentre altri entravano. Come me, anche loro dovevano stare in piedi, dove potevano. Di nuovo, mi sentivo invisibile. Un uomo si alzò e mi offrì gentilmente il suo posto. La cerimonia fu breve, con il Reverendo Bradley che disse qualche parola. Poi seguii gli altri fuori. Non mi resi conto che Vernon e pochi altri erano rimasti. Nessuno mi aveva detto cosa fare. Tutti aspettarono fuori finché Vernon non uscì. Avevo una sensazione di vuoto mentre ci allontanavamo e tornavamo a Graceland, dove cibo e bevande erano state preparate in cucina.

Chi potrebbe mangiare ora? Mi chiesi. Poi vidi Priscilla attraversare la cucina, così come Linda Thompson. Un frammento di una storia che Elvis mi aveva raccontato una volta mi balenò improvvisamente nella mente. La storia era su un uomo che muore e poi guarda dal cielo mentre le numerose donne che ha lasciato si riuniscono al suo funerale. Non potevo fare a meno di pensare che Elvis si sarebbe divertito a vedere tutto questo.
Entrai nella sala da pranzo e vidi Vernon seduto al tavolo. Mi fece cenno di avvicinarmi e io andai a sedermi accanto a lui. Vernon mi mostrò una foto che qualcuno gli aveva dato di recente e che presumibilmente era stata scattata al momento della morte di Elvis. La foto mostrava quella che sembrava una figura, che indossava una veste bianca, in piedi tra le nuvole. Il volto nella foto era indistinguibile e Vernon sembrava riflettere sul significato della foto, come se contenesse qualche senso spirituale nascosto. Sapevo come si sentiva. Anch'io volevo credere in qualcosa per dare un significato a questa tragedia.
Quando io e la mia famiglia arrivammo a casa da Graceland dopo il funerale, un giornalista locale, del "Commercial Appeal", era accampato sulla nostra veranda. Voleva sapere se io avrei concesso un'intervista. Dopo aver sentito che Joe aveva detto che era stato lui a trovare Elvis e dopo essere stato trattata come se fossi un'altra persona, ero allarmata dal fatto che la verità sarebbe stata distorta. Per quanto mi sentissi a pezzi, decisi di parlare con il giornalista per qualche minuto in modo che la storia non venisse riscritta da altri. In seguito, il giornalista mi chiese se avevo una foto di me ed Elvis insieme. Pensando alla bella foto che Elvis mi aveva dato, quella scattata alle Hawaii con noi due sorridenti, gliela diedi.
Qualche giorno dopo, la mia intervista fu stampata nel Commercial Appeal. Anche Joe, Vernon ed altre persone, avrebbero rilasciato interviste.
Vernon riconobbe il mio fidanzamento con Elvis, e Joe disse che io ero stata io a trovare Elvis nel bagno. Le loro dichiarazioni alleviarono momentaneamente il mio disagio. La loro onestà era un piccolo conforto, ma era importante per me.
Il 21 agosto, il testamento di Elvis fu depositato presso la Shelby County Probate Court di Memphis. Egli aveva nominato Lisa, Vernon e Dodger come suoi beneficiari, con Vernon nominato esecutore testamentario, insieme alla National Bank of Commerce e Joseph Hanks, il loro contabile.
La gente più tardi mi avrebbe chiesto se mi aspettavo di essere inclusa nel testamento di Elvis, ma questo non mi era mai venuto in mente. Sì, avevo assistito alla sua firma, ma sembrava un testamento del 1976 che Elvis stava dimettendo nel 1977 con la nuova data appena prima che si affrettasse a partire per una vacanza con me. Perché avrebbe dovuto alterare il suo testamento per includermi prima ancora che fossimo sposati? Elvis ed io eravamo entrambi giovani e ci stavamo divertendo. Pensavamo alla vita, non alla morte.
Lo stesso giorno in cui fu letto il testamento, Vernon chiamò a casa mia e disse che voleva che io e mia madre venissimo a Graceland per poter parlare con noi. Ero nervosa mentre andavo in macchina. Ero ancora un po' intimidita da Vernon. Oltre a questo, mi sarebbe sembrato strano tornare a Graceland, sapendo che Elvis non c'era più.
Una delle cameriere ci accolse alla porta d'ingresso. Dentro, Vernon era seduto al tavolo della sala da pranzo.
"Queste dannate sedie", brontolò mentre io e mia madre lo raggiungevamo. "Linda Thompson le ha scelte e sono così alte che non si riesce a vedere oltre lo schienale".
Una volta seduti, Vernon fece un respiro profondo e mi guardò direttamente. "Ginger, so quanto Elvis ti amasse", disse. "So che voleva altri figli e che tu saresti stata la loro madre".
Mi bruciavano gli occhi e avevo difficoltà a deglutire, tanto meno a parlare. Annuii, apprezzando il suo riconoscimento del mio legame con Elvis.
Vernon abbassò lo sguardo per una lunga pausa prima di continuare. "Mi dispiace, ma devo chiederti la tua carta di credito", disse poi.
Di certo non mi dispiaceva consegnare la carta. Tuttavia, volevo assicurarmi che Vernon si ricordasse che la carta di credito l'avevo usata a malapena. Ero sempre stata prudente nello spendere liberamente i soldi di Elvis. Non era così che ero cresciuta.
"Mr. Presley", dissi quando trovai la mia voce, "lei sa che ho usato questa carta principalmente per l'identificazione quando scrivevo un assegno".
"Lo so, Ginger", disse lui, "ma Linda si è fatta pagare molto quando Elvis ha rotto con lei".
Consegnai tranquillamente la mia carta di credito.
"So che la Cadillac Seville che hai è ancora a nome di Elvis", disse Vernon una volta che ebbe messo via la carta, "ma andrò avanti e farò trasferire il titolo di proprietà a te".
"Grazie", dissi sorpresa. Avendo guidato l'auto per tutti questi mesi, non avevo pensato al fatto che che fosse ancora a nome di Elvis.
"Il contratto è già stato firmato per far mettere la piscina a casa tua", continuò Vernon "e lo faremo partire il prima possibile".
Dopo un'altra pausa, rivolse la sua attenzione a mia madre. "Signora Alden, so che sto andando contro i piani e i desideri di Elvis", disse. "Non abbiamo pagato l'ipoteca, quindi chiederò al mio avvocato Beecher Smith ti rimandi i documenti e il libro dei pagamenti della tua casa. Mi dispiace, ma la mia procura è stata tolta".
Ero scioccata e mia madre lo era altrettanto. Sembrava come se una bomba fosse stata sganciata.
"Sei in ritardo con due pagamenti e dovrai recuperarli", aggiunse Vernon in modo chiaro.
Mia madre sembrava vicina alle lacrime. "Ma, Mr. Presley, non c'è modo che io possa mantenere le note della casa da da sola e pagare la società di mutui per mettersi in pari".
"Beh, quando avremo la piscina, forse, signora Alden, potrà venderla e ricavarne più soldi" disse Vernon.
Vernon aveva appena ammesso che Elvis voleva la casa pagata. Mentre guardavo mia madre seduta lì, il mio cuore si spezzò ancora, questa volta per lei. Stavo ancora cercando di elaborare quello che stava succedendo quando Joe apparve dalla cucina, salutò e poi disse a Vernon che dovevano sbrigarsi, perché c'era altro lavoro da fare. Mi colpì il fatto che ero qui da pochi minuti, eppure nessuno di noi aveva mai parlato di quanto ci mancasse Elvis e quanto fosse terribile essere a Graceland senza di lui.
Mi sentivo come se fossi stata legato su una specie di nastro trasportatore e Joe stesse portando avanti le cose. Se questo era "occuparsi degli affari", questa volta non lo stava facendo nel modo giusto.
In uno stato di emozioni contorte - perdita, confusione, rabbia - mi alzai in piedi e con mia mamma, salutammo Vernon e Joe, andandocene da Graceland. Le speranze, i sogni e i piani che Elvis aveva condiviso con me fino a cinque notti prima erano svaniti. Era stato reso chiaro da molti intorno a lui che ero da sola.

Io e mia madre restammo in silenzio durante il viaggio di ritorno e, di tanto in tanto, la guardavo con gli occhi che si annebbiavano. Elvis aveva parlato di comprare una nuova casa per la mia famiglia da gennaio e aveva promesso a mia madre che l'avrebbe aiutata. Non potevo credere che qualcosa che voleva fare così tanto, qualcosa che tutti pensavamo fosse stato fatto - incluso Elvis - non era stato fatto.
Guardando la situazione in cui si trovava ora mia madre, volevo chiedere a Dio perché, oltre al fatto di aver perso Elvis, le stava succedendo questo.
Da quando a mio padre era stata pagata la sua quota della casa, lei teneva l'ipoteca e lui pagava il suo affitto di un appartamento. Questo significava che fare i pagamenti per la nota della casa, così come pagare le sue altre bollette, sarebbe stato un terribile onere finanziario per mia madre. Allo stesso tempo, lei non voleva vendere la casa. Dovevamo vivere da qualche parte.
Il giorno dopo, mia madre chiamò il dipartimento di riscossione per spiegare la sua situazione. Scrisse una lettera e inviò un pagamento, preoccupata per il pignoramento. Un uomo gentile che lavorava lì le disse che se c'era qualcosa che poteva fare, sarebbe stato felice di provarci. Fu abbastanza gentile da rinunciare alle spese di mora. La compagnia ipotecaria l'avrebbe lasciata pagare con pagamenti parziali per qualche mese, finché non avesse recuperato

La mia depressione aumentava man mano che i giorni passavano. Piangevo spesso e non volevo uscire di casa. Mia madre dormiva con me alcune notti mentre la nostra famiglia continuava a cercare di elaborare la tragedia.
Ricevemmo strane chiamate, durante questo periodo. Una signora disse a mia madre di essere Gladys Presley e che avrebbe vegliato su Lisa e me. Passando da un estremo all'altro, ricevetti anche una minaccia di morte. Mia madre fece del suo meglio per proteggermi, rispondendo alle chiamate o rifiutandosi di rispondere al telefono.
Cominciai a dare ascolto alle lezioni di Elvis e cominciai a meditare mentre cercavo risposte alle molte domande che avevo sulla mia vita. Perché io ed Elvis ci eravamo incontrati? Qual era il significato di ciò che avevo sperimentato con lui? E perché avrei dovuto sperimentare questa fantastica relazione, solo per farla scomparire quasi con la stessa rapidità con cui si era materializzata?
Il libro scritto da alcune delle ex guardie del corpo di Elvis era stato pubblicato all'inizio di quell'estate, ma presi la decisione consapevole di non leggerlo. Ero in grave lutto, e queste erano persone che non conoscevo, che parlavano di un tempo precedente all'incontro con Elvis. Tutto quello che sapevo del libro era che lo aveva ferito e questa era una ragione sufficiente per non toccarlo.
Ed Parker chiamò per vedere come stavo, cosa che apprezzai molto, e qualche tempo dopo, George Klein mi portò fuori a pranzo. Durante il nostro incontro, George mi disse che, circa tre settimane prima che Elvis morisse, aveva ringraziato George per averci presentato. Questo mi fece sentire bene. "Grazie", dissi. Avevo bisogno di sentirmelo dire. Era un barlume di luce durante un periodo molto buio.

Il 26 agosto, lessi sul giornale locale che Vernon aveva spostato il corpo di Gladys Presley nel mausoleo per risiedere accanto a quello di suo figlio. Sapevo che Elvis era stato molto vicino a sua madre quando era vivo, quindi ero felice che i due fossero nello stesso luogo di riposo. Speravo che questo portasse a Vernon un po' di conforto anche dopo la morte di Elvis.
Il 29 agosto ci fu un tentativo di rubare il corpo di Elvis dal mausoleo. Ero rattristata da questa cosa. Chi al mondo farebbe una cosa così orribile e insensibile? Poco dopo, Vernon presentò una petizione al Consiglio di Aggiustamento della Contea di Memphis Shelby per avere i corpi di Elvis e di sua madre siano portati a Graceland per la sepoltura.
Quella stessa settimana, mia madre ricevette indietro le sue carte di pagamento da Beecher Smith, insieme ad una lettera che dichiarava che, se Elvis fosse vissuto, il saldo della nostra casa sarebbe stato pagato.
06/12/2021 21:57
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