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ELVIS - WHAT HAPPENED ?

Ultimo Aggiornamento: 09/05/2022 15:50
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Si tratta di uno dei libri più controversi scritti su Elvis. Fu pubblicato quando era ancora in vita e, in pratica, fu l'ultima "mazzata" per il cantante, a sole 2 settimane dalla sua prematura scomparsa.
Nonostante il libro sia stato criticato ferocemente dai fans più "estremisti", è stato riconosciuto come un documento storico dal quale non si può non prescindere.
Se poi si vuole nascondere la testa nella sabbia e pensare che Elvis fosse perfetto, beh... Allora avete sbagliato tutto: leggere un libro è, per me, un "dovere". Immagazzinare nozioni per poi rifletterci sopra, è il secondo passaggio. La terza parte, la più difficile, è quella di discernere realtà da falsità, cosa molto ardua per noi, seduti comodamente davanti ad un computer, lontani da una vita come quella di Elvis, letteralmente PIENA di ogni cosa.
Elvis era un UOMO e come tale era pieno di DEBOLEZZE. Leggiamo anche questo libro che sto traducendo per chi è interessato anche a questo lato del nostro artista preferito.

Scusate se ci saranno errori (l'inglese non è il mio forte) ma sto cercando di tradurlo anche perché mi sono accorto che in Italia non era mai avvenuto.
Spero di fare cosa gradita.

Il libro sarà riportato qua un po' alla volta, anche per avere l'effetto di un lungo, vecchio romanzo a puntate. Come accadeva nella TV di una volta, quella che piaceva a me.

Buona lettura.
[Modificato da marco31768 30/09/2021 21:20]
17/09/2021 22:40
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NOTA DELL'EDITORE:
La data di pubblicazione originale di questo libro è 1 agosto 1977, quindici giorni prima della sfortunata e prematura morte di Elvis Presley.
ELVIS: WHAT HAPPENED? è basato sulle reminiscenze di tre amici di lunga data e guardie del corpo di Presley come raccontato al giornalista Steve Dunleavy.
Questo libro doveva essere, nelle loro menti, un disperato tentativo di comunicare con Elvis un'ultima volta: "Lui leggerà, leggerà e si arrabbierà moltissimo con noi perché saprà che ogni parola è la verità", disse Sonny West... Ma forse, solo forse, servirà a qualcosa".
È troppo tardi per Elvis, ma forse non troppo tardi per coloro che credono che ogni vita contenga una verità dolorosa ma istruttiva degna di essere registrata e compresa.

ELVIS: What Happened?
Red West, Sonny West, Dave Hebler, Steve Dunleavy

[Modificato da marco31768 19/09/2021 20:42]
17/09/2021 22:41
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CAPITOLO 1 (pagine 1-2-3-4-5)
Las Vegas. È febbraio e l'aria è così frizzante e pulita che quasi pare scoppiettare. La temperatura è sotto lo zero a New York. A Los Angeles. Ma a Las Vegas è festa come al solito.
Al piano terra di quel monumento all'indulgenza umana chiamato Las Vegas Hilton, i venditori del New Jersey e dell'Ohio si agitano sui tavoli di blackjack, con i bicchieri di whisky in mano. Le loro mogli stanno spingendo con assuefazione quarti di dollaro nelle slot machines.
Al trentesimo piano di questo gigantesco hotel, nella nella Suite Imperiale, l'atmosfera è cupa, silenziosa e tesa. Due uomini robustii, le loro scarpe fatte su misura affondate nel tappeto di peluche, sorvegliano torvamente il paese dei balocchi che si estende per quattrocento piedi sotto di loro. Come una gigantesca
esplosione in una fabbrica di vernici, le luci lampeggiano convulsamente, cucendo un un patchwork di follia che sembra appropriato in questa pazza Mecca.
Normalmente, le ragazze di una notte sotto di loro nel casinò, avrebbero dato un occhio per essere in quella sontuosa suite. C'è champagne nel frigorifero, Dom Perignon raffreddato alla perfezione. Cibi esotici sono
a disposizione ogni minuto del giorno e della notte in una città che non fa caso all'ora in cui si vuole mangiare, che sia la colazione o un banchetto di cinque portate.

Ma in questo momento, Robert "Red" West, trentasette anni, e Delbert "Sonny"
West, trentacinque anni, avrebbero fatto di tutto per essere lontani da quella suite. Ovunque.
Cento volte prima, in quella stessa suite, era stato diverso. Si erano goduti le feste, le celebrità, le belle donne, l'alcool, le risate. Di tanto in tanto, si concedevano una rara sensazione di autocompiacimento. Non era una brutta vita per una coppia di buzzurri di Memphis, Tennessee, la cui unica ambizione quando avevano lasciato la scuola era stata quella di trovare un lavoro fisso.
Non era stato affatto male andare alle serate di apertura, stare a contatto con milionari e stelle del cinema, uomini che gli davano pacche sulle spalle, gli offrivano da bere.
Ora è diverso. Molto diverso.
Sono le 3 del mattino del 19 febbraio 1973, e la festa è finita. Lo champagne rimane nel frigorifero. Sonny
e Red si accontentano della birra. Non ci sono chiamate a belle ragazze o stelle del cinema.
Mentre i due si portano le lattine di birra alle labbra, le loro giacche casual sono aperte aperte, e l'attrezzo del loro mestiere sbircia dalla fondina di pelle che ognuno porta sul lato sinistro del petto: un revolver Smith and Wesson calibro 38. Sono tiratori scelti. Sono le guardie del corpo di una delle personalità più preziose del ventesimo secolo. Stanno in silenzio, evitando di guardarsi negli occhi. Parlare non farebbe che peggiorare la situazione.
È stata una brutta notte. L'adrenalina pompa nelle loro tempie. Red e Sonny, che conoscono fin troppo bene l'uomo puntellato in un letto king-size nella camera da letto principale, si rendono conto che il silenzio finirà molto presto, e la notte sta per diventare molto peggio. I minuti, normalmente irrilevanti in una città dove i casinò vietano gli orologi, scorrono dolorosamente. Poi arriva la convocazione. La voce soffia dalla camera da letto.
"Sonny? Red? Sonny? Red? Ci siete tutti?"
Sonny sbatte la lattina di birra sul bancone.
"Sì, capo, qui". Red si intromette,
"Arrivo, arrivo." Si muovono velocemente.
Nella massiccia camera da letto, che è coperta da una moquette verde, si trova una piattaforma a due livelli. Sulla piattaforma c'è un enorme letto, coperto di velluto a coste verde scuro. È una stanza regale. Re, regine, presidenti e primi ministri hanno dormito in questo letto. L'occupante può sorvegliare il dominio della
della camera da letto e la vista panoramica della città sottostante. Un uomo giace in questo letto, sostenuto da quattro cuscini gonfi. Le luci soffuse del soffitto inondano il letto in un'aura riservata solo agli esseri supremi. L'uomo è vestito con un costoso pigiama di seta bianca fatto a mano.
Sulle sedie sono drappeggiate tute luccicanti e tempestate di gemme. Una bionda dalle lunghe gambe siede all'angolo del letto. I suoi vestiti parlano di boutique di classe dove gli avventori ignorano i cartellini dei prezzi. È molto bella. Ma qui finisce l'eleganza.
L'uomo nel letto è disturbato, molto disturbato. I suoi occhi hanno le palpebre pesanti e sono iniettati di sangue. Il sudore luccica dai pori del suo viso e della sua fronte, come se stesse soffrendo un crudele attacco di malaria. La bionda lancia i suoi begli occhi nervosamente, prima a Red, poi a Sonny. Red evita il suo sguardo e fissa il soffitto, solo per rendersi conto che la scena è riflessa lì in un grande specchio.
Lentamente, l'uomo si tira su dai cuscini. Si china in avanti e incrocia le gambe, alla maniera dello yoga. Quando parla, le parole sono dense, si fondono l'una nell'altra.
"Vieni qui, Sonny", dice l'uomo dolcemente. "Vieni qui, Sonny".
Sonny sale sulla piattaforma e si inginocchia al capezzale. La Smith e Wesson si conficca nel suo petto sinistro mentre si china sul letto per essere più vicino all'uomo. Questi allunga le mani verso Sonny e Sonny
allunga le mani per stringerle. La presa dell'uomo è umida, le unghie affondano nei palmi di Sonny.
"Guardami negli occhi, Sonny, guardami negli occhi".
Le parole scivolano fuori in un monotono silenzio e stanchezza.
"Quell'uomo deve morire. Sai che l'uomo deve morire, il figlio di puttana deve andarsene. Lo sai, Sonny, lo sai. C'è troppo dolore in me e lui l'ha fatto. Mi senti? Ho ragione. Sai che ho ragione. Mike Stone deve morire. Lo farai per me, uccidendo quel figlio di puttana, Sonny, posso contare
su di te. So di poterlo fare".



Le perle di sudore stanno ora rotolando lungo il viso dell'uomo e sul pigiama di seta bianca. La voce è al limite dell'isteria. Le lacrime balenano negli occhi di Sonny West, un bue di un metro e ottanta di uomo
che non ha mai detto di no a un combattimento in vita sua e non ne ha mai perso uno a cui ha detto
sì.
Sonny supplica: "No, capo, dimentichiamo questo discorso, capo. So che che ti ha fatto soffrire, ma non puoi parlare così. Non è giusto, semplicemente non è giusto".
L'uomo continua a ripetere: "Mike Stone deve morire, deve morire. Lo farai per me, devi farlo, non ha diritto di vivere".
Ci sono libri sulla religione e l'occulto sparsi sul letto di fronte l'uomo. Spazza indietro le coperte e queste cadono sul pavimento. Si rotola dal letto e passa in fretta davanti alle sedie dove sono drappeggiati i bei vestiti di una stella. Li sfiora e questi cadono a terra. Borbotta tra sé e sé: "Deve andare".
Con noncuranza apre l'anta di un armadio gigante. All'interno scintillano altri abiti.
La bella bionda color miele sta perdendo la calma. C'è disperazione sul suo viso.
"Che problema ha? Qualcuno non può fare qualcosa? Qualcuno può dirmi cosa è successo? Calmatelo,
per l'amor di Dio. Cosa c'è che non va? Oh, mio Dio. Oh, mio Dio."
Sonny sembra un bambino che implora qualcuno che ama profondamente di non buttarsi da una scogliera. L'uomo inciampa nell'armadio, mettendo da parte gli articoli di lusso all'interno. Sta cercando qualcosa. Afferra qualcosa di lungo e ingombrant. Sonny West sa cos'è, e può sentire il suo cuore colpire lo
stomaco. Red West sente la nuca accapponarsi.
"Oh, Signore," sussurra a se stesso. "Oh, Signore."
L'uomo torna barcollando dall'interno dell'armadio impugnando un fucile M 16. Sonny scatta in piedi e indietreggia verso la porta. L'uomo si muove verso di lui e gli preme il fucile in mano.
Sonny lo guarda come se avesse in mano un serpente a sonagli.
"Gesù Cristo, capo, no, non quello. Ti prego, non farlo".
L'uomo in pigiama abbandona il suo monotono insistente. "Non capisce nessuno? Oh, Dio, perché nessuno capisce? Perché non potete capire il motivo per cui quest'uomo deve morire?"
Comincia a saltare sul letto. Si gira verso il muro. Cerca letteralmente di arrampicarvisi, con le unghie che scavano nella superficie per avere una presa, le sue gambe cercano di attaccarsi alla parete.
"Mi ha fatto male così tanto, lo sapete tutti. Ha distrutto la mia famiglia. Ha portato via mia moglie lontano da me. Ha distrutto tutto e mi ha fatto tanto male... Tanto e a nessuno importa. È lui che ha fatto tutto".
Sonny indietreggia afferrando il fucile M 16. Ci sono lacrime che scintillano nei suoi occhi.
"Big Red" è soffocato dall'emozione. La bionda implora: "Baby, non farlo, tesoro, non farlo, per favore non farlo".
Sonny cammina lentamente all'indietro fuori dalla stanza, tenendo il fucile. Le lacrime gli scorrono sul viso. Sonny si gira e getta l'M 16 in un cestino nel corridoio, poi entra nel salotto. Un altro uomo è appena entrato nella suite. Il suo nome è Lamar Fike, un texano di solito allegro, di trecento chili che ora sembra preoccupato. Si accascia su una sedia e appoggia i suoi piedi da cowboy su un tavolo. Lamar Fike è come un membro della famiglia per Red e Sonny. Sa che c'è una brutta scena all'interno.
Sonny risponde prima che la domanda venga posta: "Lamar, è terribile. Sai cosa vuole che faccia? Vuole che uccida Mike Stone. Lui era lì dentro che cercava di ipnotizzarmi. Mi ha messo in mano quell'M 16 e mi ha detto di andare fuori e uccidere Mike Stone, di farlo saltare in aria".
Lamar alza lo sguardo, il viso pieno di compassione, e si rivolge a Sonny con il suo nome di battesimo: "Delbert, cugino, sarà una lunga e terribile notte".
Sonny risponde solennemente: "No, durerà più di una notte. Non solo una notte. Durerà per molto tempo... E non so cosa fare".
[Modificato da marco31768 19/09/2021 20:47]
17/09/2021 22:42
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Che dirti Marco..un enorme grazie per questa traduzione.
17/09/2021 23:41
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Re:
gocciadiluna57, 17/09/2021 23:41:

Che dirti Marco..un enorme grazie per questa traduzione.




E' un piacere. 😉
18/09/2021 20:53
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-continua- CAPITOLO 1

Mentre Sonny e Lamar passavano in rassegna la gravità di ciò che avevano di fronte, Red West e la bionda Linda Thompson, ex reginetta di bellezza "Miss Tennessee", fidanzata di Presley, cercavano di calmarlo in camera da letto. I loro tentativi furono inutili.
Red ricorda: "C'eravamo solo io, Linda e 'E', come lo chiamavamo noi, lì dentro da soli. Non sapevo cosa fare. L'avevo già visto così, ma mai in queste brutte condizioni. Linda era nervosa come un gatto. Devo confessare che anch'io ero agitatissimo: è molto difficile vedere qualcuno che ami andare fuori di testa in quel modo".
Linda fu la prima ad agire. Chiamò uno dei medici di Presley, Elias Ghanem, un libanese geniale e dalla voce dolce che era di turno 24 ore su 24 ogni volta che Presley era a Las Vegas. Il dottor Ghanem disse a Linda che stava arrivando. Avrebbe fatto un'iniezione a Presley per calmarlo.



Sonny aveva avuto la presenza di spirito di uscire dalla camera da letto. Red aveva paura di uscire, nel caso Elvis avesse fatto qualcosa di drastico.
"Non c'era modo di sapere cosa avrebbe potuto fare in questo stato", disse.
Elvis si voltò verso Red e attraversò la stanza. Ripeté la cantilena: "Dannazione, lo sai che deve morire. Red, trova qualcuno, qualcuno che lo elimini. Voglio quel figlio di puttana morto... Fai qualche telefonata... Trova qualcuno... Posso trovare un sicario in dieci secondi... Puoi farlo, fallo e basta. Quest'uomo, Mike Stone, mi ha causato troppa sofferenza".
Quelle parole avevano spaventato tutti nella stanza, ma erano particolarmente pesanti nella mente di Red.

Red e Sonny sono per molti versi molto simili. Entrambi sono duri, ragazzi del sud. Ma in altri modi sono diversi.
"Io e Sonny siamo più vicini della maggior parte dei nostri cugini", dice Red. "Siamo cresciuti come fratelli. Suo papà ha comprato una fattoria dove lavorava. Mio nonno era solito fare a botte con mio padre, e il padre di Sonny l'ha portato via da lì. Erano entrambi uomini selvaggi e noi siamo cresciuti nella loro
ombra, quindi siamo molto simili. Ma quando si trattava delle nostre reazioni a 'E' c'era una differenza.
Sonny di sicuro amava molto quell'uomo. Ma quando si trattava di me... Elvis aveva una specie di presa su di me, una presa che sento ancora oggi, anche dopo tutto quello che è successo. Elvis riusciva a tirare fuori il meglio di me, e sicuramente poteva tirare fuori anche il peggio. Riusciva a cambiare il mio umore. Se mi dava del filo da torcere, mi arrabbiavo e poi me la prendevo con qualcun altro. Era qualcosa che trovo difficile da spiegare".
Sonny respinse con orrore le suppliche di Presley di uccidere Mike Stone, ma rimasero come una piaga incancrenita nella mente di Red. L'amore di Red per Elvis Presley era vicino all'essere ossessivo.
Red racconta:
"Amico, ho iniziato a pensare che 'E' stava soffrendo. E, beh, forse era solo a causa di Stone. Sono arrivato a pensare che forse non è giusto che un solo uomo sia responsabile della sofferenza di un altro essere umano. Quando mi ha detto di contattare qualcuno per eliminare Mike Stone, stavo ascoltando e, come un dannato pazzo, gli stavo quasi dando retta".
Quella notte Red guardò il dottor Ghanem dare a Presley un sedativo per calmarlo. Mentre Presley scivolava via nel sonno, Red tirò un profondo sospiro di sollievo. Forse, pensò, il discorso dell'uccisione è finito. Forse
domani, quando si sarà calmato, dimenticherà tutto. Red aveva già visto Presley avere questi "attacchi". Spesso, il giorno dopo giorno non veniva detta una parola, e tutto quello che era successo la notte precedente veniva dimenticato.

Ma Elvis Presley non dimenticò. Il giorno dopo, quando vide Red, era calmo, ma voleva sapere se avesse ovbbedito al suo ordine.
"Red, hai già fatto quella telefonata? Stai lavorando a quella cosa che ti ho chiesto ieri sera? Voglio che sia fatta".
Red rabbrividì. "Ci sto lavorando, capo. Ho fatto alcune chiamate. Ci vorrà un po' di tempo. Ci vorrà un po' di tempo. Ci sto lavorando".
Red era confuso tra una cieca fedeltà a Elvis Presley e la gravità della richiesta. Aveva sicuramente preso a pugni un sacco di uomini, ma prendere un sicario... Non era il suo ambiente. Red si rivolse al suo caro amico, l'attore Robert Conrad.
"Era l'unica persona con cui potevo aprirmi", dice Red.
Conrad, il bello e coccoloso protagonista di "Hawaiian Eye", "Wild, Wild West" e "Baa Baa Black Sheep", è un veterano di Hollywood che non si scandalizza facilmente.
Red ricorda: "Ero spaventato, ma non volevo deludere Elvis e non volevo andare in giro ad ingaggiare qualcuno. Pensandoci adesso, era da pazzi anche solo parlarne con Elvis ma l'ho fatto".
Conrad parlò a Red con la calma che ci si aspettava da lui.
"Senti, amico, non ti ci mettere anche tu. Non avvicinarti. Stanne ben lontano. Ho visto ragazzi comportarsi così in passato, dare di matto, come reazione a pillole o iniezioni. Basta non fare quello che dicono e continuare a rimandare finché non si calmano e si rendono conto di quello che stanno chiedendo. Tornerà in sé e si dimenticherà di tutto... Dimenticherà tutto... Speriamo".
Red ascoltò tranquillamente Conrad e tornò in sé. "Sì, hai ragione, Bob. Grazie mille e dimentichiamo tutto".
Ma Elvis non l'aveva ancora dimenticato. Era diventato ossessionato da quest'uomo, Mike Stone.
Presley diceva a Red: "Ehi, stai lavorando su quella cosa? Hai fatto qualche telefonata?"
Red prendeva sempre tempo e lo rimandava. "Sì, sto facendo qualche chiamata. Certo."
Red stava mentendo, ovviamente: non aveva fatto nessuna chiamata... Ancora...

"A quel tempo, Elvis stava suonando all'Hilton", continua Red "e credo che fossero rimasti circa sei o forse sette giorni alla fine di quell'ingaggio. Circa ogni due giorni, Elvis veniva di nuovo da me. Mi chiedeva cosa stavo facendo. Io continuavo a rimandare. Lasciatemi dire che stava soffrendo".
Così Red fece alcune chiamate, questa volta per davvero.
A Las Vegas, puoi ottenere il numero di telefono di un uomo "dalle maniere forti", abbastanza facilmente. La città è stata fondata su questo genere di cose. Un colpo della mafia può essere organizzato da lì per cinquemila dollari, anche se nessun colpo non deve avvenire a Las Vegas. Questa è la politica della mafia.
Red racconta: "Senti, amico, credimi, chiunque può avere un numero di telefono per questo genere di cose, ovunque e in qualsiasi momento. Beh, come un grande idiota, ho un numero di telefono".
Il prezzo che gli fu proposto era di diecimila dollari.
"Non ho dato il nome di nessuno. Ho solo chiamato questo tizio e ho chiesto quanto sarebbe costato. Poi gli ho detto che li avrei richiamati".
L'ultima sera dell'ingaggio, Red andò da Elvis con le informazioni.
"Credo che debba essere stato intorno al 25 o 26 febbraio. Sono andato da lui appena prima che salisse sul palco. Gli dissi: 'Bene Elvis, ho fatto quella chiamata. Vuoi che richiami il tizio?'".
Elvis pensò per diversi secondi e disse: "Oh, diavolo, lasciamo perdere per ora. Forse è un po' pesante. Lasciamo perdere per ora".
Red ricorda ancora oggi la sensazione di puro sollievo. Quella notte era così felice che uscì e si ubriacò.

"Conosco dei pazzi, più pazzi di me, che non appena 'E' avesse chiesto di fare fuori Mike Stone, si sarebbero procurati un sicario e prima che qualcuno si rendesse conto di quello che stava succedendo, Mike Stone sarebbe morto. C'erano tipi così intorno a lui, di tanto in tanto. Davvero fuori di testa. Pazzi !"
Cosa avrebbe fatto Red se Presley avesse detto: "Fai la chiamata"? È una domanda che Red non ama porsi.
Dave Hebler aveva trentacinque anni all'epoca. Era una cintura nera di quinto grado di karate. Non aveva ancora iniziato a lavorare per Elvis. Ma era uno dei tanti della confraternita del karate che aveva sempre avuto un posto nella cerchia di amici di Presley. Lo stava accompagnando in una Mercedes fino alla sua villa in Monovale Road a Beverly Hills e parlavano. Hebler si era appena separato dalla moglie. Ricorda:
"Elvis era appena tornato dal viaggio a Las Vegas, quindi credo che doveva essere circa il marzo del 1973. Avevo sentito parlare molto tra i ragazzi della notte in cui Elvis aveva chiesto di far fuori Mike Stone. Elvis ed io avevamo instaurato un certo rapporto poiché avevamo entrambi condiviso l'esperienza di aver rotto con le nostre mogli e, di conseguenza, quando affrontavamo questi problemi (il modo in cui ti mancano i bambini, tutto questo genere di cose), ci si capiva al volo. Ma ho avuto la netta impressione che la conversazione portasse a qualcosa su Mike Stone".
Dave Hebler è uno dei talenti di karate più impegnati del paesee per questo motivo conosceva Mike Stone molto bene. Stone, per le sue 180 libbre, è uno dei più "tosti" esperti di karate degli Stati Uniti. È un giovane delle Hawaii, tranquillo e di bell'aspetto.
Su novanta incontri, non ne aveva perso uno. Si prendeva cura del suo corpo in ogni momento ed era ben voluto nel circolo del karate di Los Angeles. Si guadagnava da vivere modestamente come istruttore, il che
si adattava alle sue modeste abitudini. Elvis sapeva che Mike Stone e Dave Hebler si conoscevano bene.
Dave ricorda: "Quel discorso sul fare fuori Mike Stone era piuttosto inquietante. Non conoscevo Elvis allora come lo conosco adesso, ed ero un po' deluso dal fatto che potesse pensare in quei termini. Prima di tutto, conoscendo Red e Sonny, sapevo che avevano un bel po' di rispetto per Mike Stone. Non volevano essere coinvolti in quella cosa. Da quello che sapevano di Stone, il ragazzo gli piaceva. In secondo luogo, quel tipo di discorsi è roba piuttosto pesante, anche per gente come noi. Solo perché le cose non ti vanno bene, non vai a chiedere di assumere un sicario, per l'amor di Dio. E in terzo luogo, l'intera faccenda avrebbe potuto diventare molto pesante".
Mike Stone è un tipo piuttosto tranquillo, ma, credetemi, se avesse sentito una parola di questa merda che gira, avrebbe potuto incazzarsi davvero. Lui è il tipo di persona che direbbe, 'Amico, se mi stai cercando, beh, eccomi qui'. E se questo fosse successo, non c'è dubbio nella mia mente che Mike Stone avrebbe potuto fare a pezzi Elvis".
Naturalmente, Dave Hebler sapeva che Mike Stone era l'uomo che aveva portato via Priscilla a
Elvis Presley. Era stata un canarino in gabbia per troppo tempo. Aveva desiderato una vita normale, con persone normali che facevano cose normali. L'aveva trovato in un istruttore di karate dall'aspetto oscuro. Dave conosceva la situazione molto bene. Infatti, pochi giorni prima che Elvis cercasse di trascinarlo in questa conversazione su Mike Stone, Dave aveva parlato con Mike Stone e Priscilla all'Orange Coast College di Westminster, Orange County, ad un torneo di karate.
Priscilla, la piccola e bella ragazza che per più di un decennio ha avuto a portata di mano una delle fortune più glamour del mondo, era vestita semplicemente con un paio di jeans e una camicetta. Stava ridacchiando come una cheerleader alla sua prima partita di calcio.
"Era in piedi per i timbri ai clienti paganti che entravano. Era molto dolce e anche Mike era molto naturale", ricorda Dave. "Così questa era Priscilla Presley ed eccola qui a timbrare al torneo del suo ragazzo. Stava solo aiutando il suo fidanzato istruttore di karate in difficoltà, che immagino che a quei tempi in una buona
settimana avrebbe guadagnato duecentocinquanta dollari. Forse questo era ciò che infastidiva così tanto Elvis. Se fosse scappata con qualcuno come Frank Sinatra forse, in qualche modo, questo avrebbe cancellato l'ego ferito. Non lo so... Ma un istruttore di karate da duecentocinquanta dollari a settimana,
deve aver fatto male".

Red West crede che Dave abbia ragione solo in parte: "Non c'è dubbio che il suo ego sia stato ferito molto gravemente. È successo proprio davanti ai nostri occhi. Noi sapevamo che stava succedendo quando lui nemmeno lo sapeva. Ora non la biasimo per aver lasciato Elvis. Aveva una vita che nessuna donna normale potrebbe sopportare. Ma so che lui amava quella donna. Anche oggi non direbbe mai una parola contro di lei. Mi ha sempre detto: 'Avrò sempre un amore per Priscilla". In realtà, nel profondo, credo che Priscilla sia stata solo una delle due persone che ha veramente amato in tutta la sua vita. Non amava noi. Noi
pensavamo che ci amasse. Ma amava quella donna, Priscilla".

FINE CAPITOLO 1
[Modificato da marco31768 19/09/2021 20:51]
18/09/2021 20:53
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CAPITOLO 2

La Humes High School era una di quelle scialbe reliquie del passato sudista del diciannovesimo secolo. Un'edificio di mattoni marroni a tre piani che si ergeva minaccioso su Manasas Street a Memphis, un monumento a tutto ciò che era severo, sudista e senza senso. L'unica cosa buona della Humes High School in quel caldo giorno d'estate del 1952 fu il suono della campane alle 15:15 e i ragazzi si stavano riversando fuori dalle aule come birra schiumosa da una bottiglia.



Il sedicenne Red West, che era stato chiuso in classe tutto il giorno, improvvisamente allungò il passo mentre si dirigeva alll'allenamento di football. Per Red, le ore di scuola passate in classe erano solo fastidiose interruzioni alla sua vita da adolescente e gli impediva di scatenare l'inferno o di giocare a football o a baseball. Red prese questo nome dal ciuffo provocatorio di capelli color carota che portava nel taglio a spazzola alla moda dell'epoca. Quando il tempo o il denaro erano poco, il taglio a spazzola spesso cresceva, dando a Red l'aspetto di uno spazzolino da denti troppo usato. Era un ragazzo di buon carattere, terribilmente timido a volte e facile da mettere in imbarazzo, non molto diverso dal Red West di oggi. Rapido ad andare in battaglia con i suoi pugni se qualcuno si prendeva troppe libertà con la sua timidezza ed aveva la reputazione di essere un tipo facile con cui andare d'accordo con cui andare d'accordo se lasciato solo, ma era un vero e proprio terrore se messo alle strette.
Red non dava certo l'idea di un rubacuori per le ragazze. Era con le lentiggini e molto magro, magrezza ereditata del rachitismo infantile scatenato da una dieta sbagliata e povera del sud. Ma quello che gli mancava lo compensava nel maneggiare muscoli, col palloni da footlabll e da baseball.
Nonostante la sua corporatura esile, era uno dei migliori atleti che la Humes High High School avesse mai prodotto.
Red si fermò al suo armadietto per prendere l'attrezzatura da football. Non erano ancora le 3:30 ma i corridoi della scuola erano silenziosi, nessun bambino presente. Red sferragliava ansiosamente lungo il corridoio d'asfalto marrone lucido. Il suo sguardo fu catturato da una figura solitaria appoggiata desolatamente al muro. Red fu colpito dall'apparente solitudine del ragazzo e lo riconobbe come uno studente di un anno più vecchio di lui, Elvis Aron Presley. Lo conosceva di vista ma niente di più.
Il diciassettenne Presley era un bravo ragazzo, anche se sembrava un po' fuori posto nel mare di giovanotti con tagli a spazzola. Aveva molta acne, lunghi capelli castani tagliati a culo d'anatra. Le manciate di brillantina che ci metteva, li facevano sembrare molto più scuri di quanto non fossero in realtà. Le lunghe basette si intrufolavano nell'acne. Aveva una preferenza per le giacche di pelle e spesso si legava una bandana rossa intorno al collo secondo la moda popolare dei camionisti dell'epoca.
Elvis si rivolse a Red per primo. Mormorò un timido "Ciao, Red". Gli occhi di Red West si appannano un po' in questi giorni quando ricorda quel momento: "Anche solo guardandolo, sapevo che qualcosa non andava,
c'era qualcosa che lo disturbava".
Red fermò la sua corsa verso gli allenamenti di football e disse semplicemente: "Ciao, Elvis, cosa c'è? C'è qualcosa che non va?"
Il giovane Presley rispose con disagio: "Ci sono tre ragazzi fuori che vogliono picchiarmi".
Red era particolarmente incline a passare all'azione contro i bulli e, senza contare quanti fosseroi, fece un cenno con la testa e disse a bassa voce: "Andiamo a controllare e vediamo di cosa si tratta".
Red si fece strada lungo il corridoio, scese alcuni gradini e arrivò sul marciapiede di Manasas Street. Lì c'erano tre ragazzi, liceali. Sembrava che avessero qualche obiezione sul modo in cui Elvis portava i capelli. Red guardò il ragazzo più grande: "Voi tre culi grossi state per fare del male a questo piccoletto..."
Il ragazzone balbettò una spiegazione: "Ehi, amico, non sono affari tuoi. Volevamo solo parlargli, tutto qui".
Red annuì. "Beh, va benissimo. Io e te parleremo qui per un po', mentre lui se ne torna a casa in pace".
Elvis si girò velocemente sui tacchi e si precipitò a casa.
Il giorno dopo, Elvis si avvicinò a Red dopo la lezione e disse con gratitudine: "Cavolo, Red, grazie mille per ieri".
West rispose sorridendo altrettanto timidamente. "Lascia perdere, amico".
Red ha un ricordo perfetto di quei giorni: "Sembra che, per come me lo ricordo, qualcuno se la prendesse sempre con lui. Non so perché. Lui era abbastanza accomodante, tranquillo, ben educato, era sempre rispettoso deglii suoi anziani e non se la prendeva mai con nessuno. Per molti versi era un ragazzo molto buono, molto più gentile di alcuni degli altri in giro".
Ma se la bocca di Presley non era arrogante, il suo aspetto lo era. Egli passava ore nel bagno della scuola a pettinarsi la coda d'anatra alla perfezione. Quando non indossava giacca di pelle e jeans, erano un paio di pantaloni a zampa colorati in modo "scandaloso". Nel mare dei 1.600 ragazzi con la testa rosa a scuola, Elvis spiccava come un cammello nell'Artico. Intenzionalmente o no, il suo aspetto esprimeva una sfida che il non corrispondeva alla sua indole.
Red racconta: "Erano quei capelli, amico - lo hanno messo in tutti i tipi di guai esistenti. Se avesse avuto un taglio di capelli regolare come il resto di noi, probabilmente non sarebbe sarebbe stato infastidito. Ma credo che gli altri ragazzi pensassero che stesse cercando di mettersi in mostra o qualcosa del genere. Quei capelli sono sempre stati il suo fiore all'occhiello. Non ho mai conosciuto nessun altro essere umano che si prendesse più tempo per i suoi capelli. Lui passava ore lisciandoli, scompigliandoli e pettinandoli e a pettinarli di nuovo".

Nonostante l'operazione di salvataggio da parte di Red, lui ed Elvis non si avvicinarono ancora in modo da essere definiti come amici. "Era solo un caloroso 'ciao' o un 'ciao a te' e andavamo ognuno per la sua
strade. Eravamo in classi diverse, quindi ci vedevamo di tanto in tanto. Lui andava sempre dritto a casa dopo la scuola. Non ha mai fatto lo scemo per la strada, se ne andava dritto a casa".
Elvis provò a entrare nella squadra di football, ma senza molto successo. Con un po' più di peso e molta più sicurezza, avrebbe potuto essere una buona guardia, ma le cose non sembravano funzionare.
"Penso", dice Red, "che Elvis sia durato in squadra circa tre settimane. L'allenatore, un buon vecchio
chiamato Coach Boyce, non sopportava Elvis e i suoi capelli lunghi. Il coach Boyce poteva essere un vero figlio di puttana e stava sempre addosso ad Elvis per tagliare i suoi capelli. Svergognava 'E' così tanto che alla fine lasciò la squadra. Mi dispiaceva davvero per lui. Sembrava molto solo e non aveva veri amici. Sembrava che non fosse in grado di inserirsi. Ma devo ammirarlo. Tutte le prese in giro che i ragazzi e alcuni insegnanti gli facevano per i suoi capelli... Elvis non li avrebbe mai tagliati. Era il suo marchio di fabbrica. Andava per la sua strada senza ribellarsi ma non si arrendeva, avrebbe preferito morire piuttosto che tagliare quei capelli".
Infatti, per come lo ricorda Red, ci fu un momento in cui Elvis pensava che i suoi capelli stessero per essere tagliati e aveva un'espressione sul viso che dava l'impressione che stesse per morire. È successo non molto tempo dopo la prima operazione di salvataggio di Elvis da parte di Red.
A quei tempi nel bagno della scuola, si riunivano in molti per fumare di nascosto, lontano dagli occhi attenti degli insegnanti. Red entrò per pisciare.
"Il posto era pieno di fumo, potevi a malapena vedere davanti a te", racconta Red. "Ma riuscivo a vedere abbastanza lontano da notare che il vecchio 'E' era di nuovo nei guai. Circa quattro o cinque ragazzi lo tenevano lì dentro e lo spingevano contro il muro e poi lo afferravano da dietro. Urlavano e ridevano e lo prendevano in giro per lui e i suoi capelli. Decisero che gli avrebbero tagliargli i capelli. Conoscevo i ragazzi che stavano tormentando Elvis. Erano nella squadra di football. Suppongo che abbiano imparato questa storia del taglio dei capelli dal vecchio Coach Boyce. I ragazzi che stavano dando filo da torcere ad Elvis non erano cattivi ragazzi, solo un po' turbolenti ma quando ho visto la faccia di Elvis, è scattato qualcosa dentro di me. Eravamo solo ragazzi e loro non lo avrebbero ucciso o altro, ma c'era quello sguardo di vera paura sulla sua faccia. Sembrava un piccolo animale spaventato e non potevo sopportare di vederlo così. Quando si è molto poveri, si tende a lasciare che ognuno si occupi dei propri problemi, ma quella faccia di Elvis la vedo ancora oggi. E ho visto quella faccia molte volte in seguito, e ha sempre avuto lo stesso effetto su di me. Mi ha fatto scattare qualcosa dentro. È il volto di un bambino che chiede aiuto".
Red si avvicinò al muro dove avevavano immobilizzato Elvis. "Ascoltate... Se gli piacciono i suoi capelli così, beh, non ha senso tormentarlo. Ora, se gli tagliate i capelli, dovrete tagliare anche i miei e quindi ci sarà dell'altro...".
I ragazzi lasciarono Elvis e, prima che se ne andasse, egli lanciò un'occhiata a Red che diceva grazie un milione di volte.


-CONTINUA-
[Modificato da marco31768 19/09/2021 21:10]
19/09/2021 21:08
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CAPITOLO 2 - continua -

Dave Hebler, che ha conosciuto Red meglio di chiunque altro, lo riassume in questo modo:
"Se un tizio mi infastidisce, me ne vado. Se mi segue e persiste, allora, ok, lo picchio. Sonny, se qualcuno lo infastidisce, cercherà di convincere il tizio a non farlo, e se non funziona, allora lo picchia. Ma con Red, se qualcuno lo infastidisce, lui ti dà l'avvertimento di due minuti. Se non capisci il messaggio in fretta, boom, è tutto finito".
Nei giorni successivi, erano come i Tre Moschettieri. Elvis vide Red il giorno dopo e lo ringraziò timidamente.
Non deve essere stato facile per Elvis, un anno più grande di Red e un anno più avanti a lui a scuola, doverlo ringraziare due volte per averlo tirato fuori dai guai.
"Negli anni successivi", dice Red, "ricordava quei due incidenti, anche se non li ha mai menzionati. Elvis non dimentica mai; ha una memoria come un elefante. In qualche modo, quel 1952 mi ha messo nel ruolo di protettore di Elvis. Non era una cosa che cercavo, è successo così".
Era un ruolo che Red assunse per i successivi ventiquattro anni in in un modo o nell'altro.
"Elvis , a volte, era come un dannato bambino viziato che aveva bisogno di essere sculacciato, e altre volte era così indifeso e bisognoso di aiuto che era come se fosse tuo figlio. È un lavoro che ho assunto prontamente e che mi ha divertito molto e mi ha spezzato il cuore. E ancora adesso, sento che è il mio lavoro, anche se non lo vedrò mai più".



Delbert "Sonny" West si passò le mani tra i capelli irti della U.S. Air Air Force e guardò lo spettacolo davanti a sé con stupore. Solo mezz'ora prima, aveva attraversato i cancelli principali del Rodeo Grounds di Tucson, Arizona. Con lui c'era una tranquilla, ragazza del sud-ovest nutrita a mais, molto curata e di bell'aspetto.
Il viso delicato e il vestito della domenica che indossava gli dissero immediatamente di resistere alle imprecazioni in sua presenza e di eliminare qualsiasi pensiero strano. Eppure, solo mezz'ora dopo, lei si stava comportando in modo del tutto inusuale, come una piccola ninfetta affamata di sesso. Forse si era sbagliato, dopo tutto. La ragione della sua trasformazione era lassù sul palco: Elvis Aron Presley, il ragazzo della Humes High School, dove era andato anche Sonny West, quattro anni dopo Elvis.
Elvis Presley, i suoi capelli che brillavano come vernice spray, era a cavalcioni del microfono nel più suggestivo dei modi. Il suo inguine si agitava a pochi centimetri dal supporto verticale, e si agitava con movimenti convulsi come se fosse posseduto da uno spirito alieno. Quando cantava a bassa voce, singhiozzava. Quando cantava forte, comandava i suoi adoratori. Le donne sembravano essere assalite da emozioni alterne, dalla pietà materna all'obbedienza da schiave. Le sue labbra, che si arricciavano sul lato destro della della bocca, sbuffavano arrogantemente suggestione e trionfo. Poi la sua bocca si contorceva per il dolore, e le ragazze urlavano di pietà, come se volessero racchiudere il povero bambino tra le loro braccia.
"Since mah babeeee left me..." Le parole di "Heartbreak Hotel," fece piangere le donne dal dolore per la sua
perdita. Mio Dio, pensò Sonny West, e questo è Elvis Presley, che solo quattro anni fa doveva rivolgersi a mio cugino Red per per tirarlo fuori dai guai. "Era difficile per me crederci", ricorda.
Sonny stava avendo notevoli problemi a tenere la signorina sul suo sedile. Egli era nell'aviazione ed era andato al Rodeo Ground, che non era lontano dalla sua base, per vedere cos'era tutto il trambusto per questa ragazza con cui era andato a scuola.
"Credetemi, questa ragazza è cambiata proprio davanti ai miei occhi. Avevo sentito tutta la pubblicità e sapevo che Red era molto vicina a Elvis, ma non sembrava fare alcuna impressione su di me. Era solo un cantante country e western che si era avvicinato al rock 'n' roll. Ma questa ragazza, te lo dico io, se qualcuno l'avesse afferrata e l'avesse trascinata a letto, sarebbe successo di tutto. Ogni volta che Elvis si muoveva, sembrava che un paio di centinaia di ragazze andassero letteralmente fuori di testa. Dopo lo spettacolo, la mia ragazza tornò com'era prima. Era come se tutto quel fare fosse per Elvis e nessun altro".
Sonny non riuscì mai a concludere con la ragazza, ma l'incidente gli diede un'anteprima dell'impressionante controllo che Elvis aveva su un pubblico femminile, un potere che Sonny avrebbe visto sottolineato mille volte negli anni a venire.
Sonny non ha conobbe Elvis a scuola. "Lo vedevo solo nel corridoio di tanto in tanto", ricorda. "Ero circa quattro anni dietro di lui, quindi non c'era opportunità di conoscerlo. Forse se fosse stato un grande eroe del football o fosse stato un uomo un po' selvaggio con i suoi pugni, mi sarei dato da fare per saperne di più su di lui, ma in realtà era solo un ragazzo più grande che si era fatto notare perché aveva i capelli lunghi e dei vestiti piuttosto selvaggi. Era praticamente un signor nessuno".
Ma ora Elvis Presley era davvero un qualcuno. Ora stava venendo tutto fuori.
Quella sera Sonny voleva andare nel backstage e cercare di vedere Elvis, ma era troppo timido, e comunque probabilmente non sarebbe stato in grado di avvicinarsi a lui. L'anno era il 1956, e "Heartbreak Hotel" stava stabilendo record di vendite in tutto il paese. Gli ecclesiastici predicavano sul male di Elvis Presley. Persino la stampa comunista dell'Europa orientale vedeva Elvis Presley come la ragione principale per cui la gioventù americana era così degenerata. Infatti, dicevano, Elvis Presley era la migliore ragione per cui i giovani comunisti dovrebbero rimanere comunisti. Nel fascino popolare, Elvis Presley stava superando persino Valentino. C'era anche Frank Sinatra, naturalmente, ma Elvis era qualcuno per cui la gioventù americana poteva definire "suo". Sarebbero passati altrii due anni di isteria mondiale , prima che Sonny West lo incontrasse.
"Sapevo che mio cugino Red era molto vicino a Elvis", ricorda Sonny. "Erano diventati come fratelli. Ma quando facevano squadra, io ero via da qualche altra parte. Poi mi sono arruolato nell'aeronautica militare, quindi all'inizio non c'ero. Quando lo incontrai, era il 1958. Elvis era prossimo ad entrare nell'esercito e Red aveva fatto un periodo nei nei marines.
"Quando Red tornava a Memphis in licenza, stava sempre con Elvis nei suoi concerti. Ero appena uscito dall'aeronautica e dissi a Red che volevo incontrarlo. All'epoca ero un tipico ragazzo del Sud. Un casinista coi capelli a spazzola che era facile da impressionare".
Se Sonny si aspettava di vedere una superstar sofisticata, elegantemente vestita, una superstar che brinda a bicchieri di champagne con altre celebrità, era sarebbe rimasto deluso.
"Red mi disse che mi avrebbe presentato", ricorda Sonny "Così mi andai al Rainbow Roller Skating. Il pattinaggio a rotelle era molto diffuso a quei tempi a Memphis. Se non andavi al al cinema per un appuntamento, allora portavi il tuo appuntamento al Rainbow".
Elvis aveva all'epoca aveva ventitré anni ed era la più grande star del paese. Oggi, le superstar ventitreenni andrebbero in una pista di pattinaggio a rotelle con lo stesso entusiasmo con cui andrebbero in chiesa. Ma Elvis era un diverso tipo di superstar. Nonostante le sue oltraggiose giravolte sul palco, era molto fedele alle sue radici del profondo sud. Viveva con i suoi genitori, che adorava. Era educato fino all'umiltà con i suoi anziani e i suoi piaceri erano decisamente semplici.
"A quei tempi", dice Sonny, "Elvis affittava la pista di pattinaggio per se stesso e i suoi ragazzi da mezzanotte in poi. Spesso c'erano ancora dei fans in giro, e di tanto in tanto si univano a loro. Era sempre educato e premuroso con loro".
Per la maggior parte dei ventitreenni, pattinare sarebbe probabilmente sembrato un po' infantile. Ma era come se Elvis stesse cercando di recuperare le cose che si era perso da bambino. Elvis avrebbe continuato a visitare quella pista fino ai primi anni '60.
Altre notti, affittava la fiera di Memphis dal proprietario, un personaggio locale chiamato Wimpy Adams. Andava sulle montagne russe e sulle macchine Dodgem con i suoi amici di Memphis fino all'alba.
"Era solo puro e semplice divertimento, ma erano tra i migliori giorni della nostra vita. La vita di Red, la mia vita e quella di Elvis".
Sonny incontrò Elvis in una notte di primavera del 1958. Andò alla pista di pattinaggio con suo cognato, Bill Thorpe, un atleta superbo che era il campione di boxe di Memphis All Schools Boxing.
"Era poco prima di mezzanotte e siamo rimasti intorno al bordo della pista finché Red non arrivò con Elvis. Ci presentò ed Elvis non avrebbe potuto essere più gentile. Mi ha stretto la mano e mi ha chiesto del mio periodo in aviazione. Abbiamo chiacchierato per un po'. Sembrava sinceramente interessato a me e a quello che avevo da dire. Era, nonostante chi fosse, un tipo molto ordinario. Era bello come l'inferno, ma
sembrava prendere tutte le ragazze che gli cadevano addosso come uno scherzo. Non gli aveva dato alla testa. Non si poteva incontrare un ragazzo più gentile".
Negli anni a venire, ogni volta che Red ricordava quella prima impressione di Sonny, gli veniva un groppo in gola, perché Elvis era davvero cambiato; anche se non era colpa sua, era cambiato.
Elvis si girò per entrare in pista, mi strinse caldamente la mano, fece quel suo sorriso a labbra arricciate e iniziò a ridere mentre guardava Sonny e Bill Thorpe. Li lasciò con il commento "Carne nuova, eh?".
Red sorrise ad Elvis, si strofinò le mani e disse: "Sì, Elvis, carne nuova". E né Sonny né Bill capirono cosa volessero dire, anche se lo avrebbero capito presto.
Elvis, Red e una folla di addetti ai lavori, inclusi i cugini di Elvis, Bobby e Junior Smith, iniziarono a pattinare intorno alla pista. Sonny riconobbe i ragazzi Smith. Avevano un altro fratello, Billy, che sarebbe diventato parte dell'entourage di Presley quando Sonny si mise in viaggio. Bobby e Junior non furono così fortunati. Erano le pecore nere della famiglia Presley e furono in seguito esiliati ai limiti esterni del gruppo, ma a quei tempi erano i più abili pattinatori che si potessero trovare a Memphis.
Poco dopo mezzanotte, Sonny e Bill Thorpe notarono che diverse scatole di cartone erano state portate sulla scena. Dentro c'era un assortimento di imbottiture per stinchi, spalle, gomiti e ginocchia.
"Sembrava un'idea piuttosto sensata", ricorda Sonny. "Non eravamo molto bravi come pattinatori, così abbiamo iniziato a metterli. Se fossimo caduti non ci saremmo feriti, e visto che la maggior parte di noi giocava a football, era una buona idea per tenere gli infortuni".
Poi Sonny e Bill videro a cosa servivano veramente le imbottiture, e capirono cosa significava il commento di Elvis sulla "carne nuova". Il gruppo a terra si era diviso in due squadre e stava facendo un gioco chiamato "guerra". Il gioco aveva regole estremamente semplici. Entrambe le squadre si caricavano l'una contro l'altra, e l'obiettivo era quello di far cadere l'avversario. Sonny ricorda che Bill Thorpe lo guardava:
"Abbiamo detto, 'Sei pazzo, non ci entro con quella roba". Sonny non era così prudente, soprattutto perché suo cugino, Red, lo sfidò a scendere in pista.
Sonny racconta: "Dovevo essere pazzo, ma era troppo tardi. La cosa successiva che sapevo fu che ero sul pavimento. Junior Smith era l'arbitro. Fischiò e la guerra ebbe inizio".
Sonny era nella squadra di fronte a Red ed Elvis. Non c'erano regole, tranne un accordo tra gentiluomini che non ci sarebbero stati pugni. Nonostante il fatto che il ragazzo più duro della squadra avversaria fosse Red West, Sonny non ebbe veri problemi da lui.
"Ma, Signore, c'era questa ragazza, non la dimenticherò mai... mi ha ucciso", dice Sonny. "Stavo pattinando, e poi wham, questa ragazza mi stese. Elvis lo vide e scoppiò a ridere. Mi rialzai e, wham, andai di nuovo giù. La prima volta che sono entrato e ho visto una donna dall'altra parte, ero pronto ad andarci piano con lei, ma sono arrivato al punto che volevo ucciderla. Dopo circa mezz'ora mi aveva quasi spezzato in due. Una volta mi fece sbattere contro la ringhiera e mi ruppi la guancia. Elvis aveva sempre un addetto al pronto soccorso. Così mi rattoppò e finii sul pavimento di nuovo. Alla fine, l'ho vista venire verso di me, e fui pronto a farla volare. Beh, amico, è stato un errore. Quando mi ha colpito, mi ha buttato a terra. Io, alto un metro e novanta, e una ragazza mi fa cadere. Ho battuto la testa sul pavimento sono svenuto. Quando ho ripreso conoscenza, c'era Elvis in piedi sopra di me che rideva con quella risata da ragazzo. Abbassò lo sguardo e disse: "Carne nuova, eh? Quei figli di puttana hanno sempre saputo cosa fare. Ma era molto divertente ed era divertente stare con Elvis".
Sonny e Red ricordano che Elvis giocava duro e lui si divertiva. Alla fine, Elvis Aron Presley era uno dei ragazzi.
"Beh, non proprio", corregge Red. "Abbiamo fatto in modo che non si facesse male. Ci prendevamo sempre cura di lui. Nessuno se la prendeva con Elvis. Molti di noi erano amici. Di tanto in tanto, un estraneo
entrava e cercava di mettersi in mostra davanti alle sue amiche, cercando di far fuori Elvis. Circa una settimana dopo l'arrivo di Sonny alla pista c'era un ragazzo che si stava rendendo davvero ridicolo. Cercava solo Elvis e nessun altro. Beh, ci siamo occupati di lui. L'abbiamo abbattuto e l'abbiamo spedito in aria. Per fortuna non ha colpito la ringhiera o l'avremmo ucciso".
Ad Elvis mancavano poche settimane per entrare nell'esercito. Si prese subito una bella cotta per il grande, grosso e affascinante Sonny. Red sapeva che Sonny sarebbe rimasto nella squadra di Elvis per molto tempo. Elvis aveva detto a Sonny che quando sarebbe tornato dalll'esercito, lo avrebbe voluto vedere più spesso.
C'era solo una piccola nota di disaccordo. Elvis disse a Red una settimana prima di partire per la Germania: "È un gran bel tipo, tuo cugino Sonny. Ma non smette mai di dire 'sonofabitch'. Chiama tutti "figlio di puttana". Vorrei solo che la smettesse di dirlo in continuazione".

FINE CAPITOLO 2
20/09/2021 21:17
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CAPITOLO 3

"Elvis pensa che tu sia un bravo ragazzo", disse Red a Sonny, "ma pensa che tu imprechi troppo. Sempre a imprecare, a dire "dannazione" e a chiamare tutti un figlio di puttana".
Entrambi si misero a ridere. Ma mentre Sonny lo capiva sempre di più, si rese conto che per Elvis la parola figlio di puttana conteneva un insulto particolarmente profondo.
Se Priscilla Presley era, come sottolinea Red, una delle due persone che Presley abbia mai amato, allora l'altra era sua madre, Gladys Presley.
Sonny racconta: "Era come se la parola fosse un insulto immediato a sua madre, e, amico, questo era un terreno pericoloso per Elvis". È Fu nel 1963 che Sonny vide la parola scatenare un incontrollabile fulmine. A quel punto, Presley guadagnava circa tre milioni di dollari all'anno e le sue spese avevano raggiunto proporzioni a dir poco esotiche. I suoi impegni cinematografici gli facevano trascorrere molto tempo a Hollywood. Insieme ad un parco macchine da capogiro, Presley affittò, e poi comprò alcune delle migliori e più eleganti case che Tinseltown aveva da offrire. Una in particolare che affittò era a Bel Air, in Bellagio Road. Era il tipo di casa che i bambini poveri di Memphis sognavano quando sfogliavano famelicamente le riviste di cinema.
Elvis era particolarmente generoso con la sua ospitalità. Le sue case erano continue fermate per i suoi amici, soprannominati dalla stampa la "Memphis Mafia". Se gli piacevi, eri dentro, e quando piacevi a Elvis, non c'erano mezze misure. Vestiti, feste, Cadillac facevano parte degli accessori dell'essere "un amico". In cambio, esigeva una fedeltà cieca e questa fede implicava che qualsiasi cosa che egli facesse fosse giusta.

In questa particolare notte che è indelebilmente impressa nella mente di Sonny, Elvis tenne la casa aperta. Il tutto per il divertimento e per i giochi. Oltre al suo arredamento sontuoso, c'era una stanza speciale per le feste che conteneva ogni tipo immaginabile di flipper. Al centro della stanza c'era un grande tavolo da biliardo professionale. La stanza si trovava ad un livello inferiore della casa. Alcuni gradini dalla sala giochi portavano in un gigantesco salotto.
Sonny sapeva che ci sarebbero stati alcuni dei ragazzi in giro a dare una una festa improvvisata. Le riprese finali di "Fun in Acapulco" erano finite e tutti si stavano rilassando.
"Ero all'International House of Pancakes giù sulla Strip, e rimorchiai due belle ragazze. Una di esse divenne in seguito un'attrice piuttosto nota, e l'altra - chiamiamola Judy (che non è il suo vero nome) - era piccola e dolce. Penso che ora sia probabilmente sposata, quindi non voglio metterla in imbarazzo e farla identificare.
"Le ho portati in quella casa. A seconda dell'umore che ha, Elvis avrebbe ancge potuto salutare tutti e andare dritto a letto. Altre volte non scendeva affatto, ma se stava cercando un po' di azione, avrebbe parlato dolcemente con qualche ragazza per un po' per poi portarla di sopra... In questa notte, Elvis non sembrava
fare nessuna di queste cose. Era piuttosto stanco e sembrava un po' agitato. Sono entrato e l'ho salutato: voleva che giocassi a biliardo con lui. io avevo queste ragazze con me, ma quando Elvis vuole che tu faccia qualcosa, la fai. Così lasciai le due ragazze a tutti gli altri avvoltoi e cominciai a giocare a biliardo con Elvis.



Dopo un po' giocammo con con altri due ragazzi presenti alla festa. L'umore di Elvis non era dei migliori anche perchè sbagliava molti tiri... Come in tutti questi casi, ero un po' teso, sapendo che Elvis può avere dei flash in queste situazioni. Ciò che mi rendeva più preoccupato era il fatto che c'era molta gente, molte ragazze, ed avevo paura che facesse qualcosa davanti a tutti loro".
L'intuizione di Sonny era giusta. La piccola Judy si era un po' annoiata della festa. L'uomo con cui era arrivata, Sonny, sembrava troppo impegnato a giocare a biliardo per notare qualcosa di lei. Decise di andarsene.
"Elvis sta per tirare e la piccola Judy scende i gradini della sala giochi. Lei lo chiamò: "Credo sia meglio che me ne vada ora, Sonny. Potresti spostare la tua macchina, per favore? Sta bloccando la mia e non posso uscire".
Sonny rispose: "Sì, tesoro, solo un minuto".
Elvis si alzò lentamente dal tavolo dove stava per fare un tiro. "Sonny, che diavolo vuole?".
Sonny scrollò le spalle. "Niente, capo. Vuole solo che sposti la mia macchina così può andarsene".
Questa cosa fece arrabbiare Elvis. "Diavolo, amico, stai giocando a biliardo. Lascia che sia qualcun altro a spostare quella dannata macchina".
Judy arrossì per l'imbarazzo. Non aveva mai incontrato Elvis, anche se lo ammirava, e ora lui le stava dicendo di andare a all'inferno.
Judy rispose: "Senti, mi dispiace, ma non conosco nessun altro qui. Ecco perché ho chiesto a Sonny. Mi dispiace di averti disturbato".
Gli occhi di Elvis Presley si strinsero, si tirò su e le sue labbra si arricciarono all'indietro. Sonny sapeva cosa avrebbe significato...
"Dannazione!" Elvis urlò. "Dannazione, non hai sentito cosa ho detto? Fallo spostare da qualcun altro".
Judy aveva sopportato abbastanza e si sfogò a sua volta. "Vai al diavolo, figlio di puttana".
"Elvis impugnò la stecca da biliardo", ricorda Sonny. "Poi, come se stesse per tirare una lancia, la sferrò verso di lei dall'altra parte del tavolo da biliardo. Judy non ebbe il tempo di abbassarsi. L'estremità affilata della stecca da biliardo si conficcò proprio nel suo corpo. La colpì appena sopra il capezzolo del seno sinistro. Lei non urlò. Fu più che altro un piccolo sussulto acuto, e si accasciò all'indietro sul pavimento".
Sonny si precipitò intorno al tavolo dove Judy giaceva a terra.
"Judy, Judy, stai bene, tesoro?". Sonny era preoccupato.
"Era molto pallida. E giaceva lì, a singhiozzare. Il suo viso era più bianco di un gelato alla vaniglia. Avevo paura che fosse successo qualcosa di brutto. Fu un colpo infernale".
Quando Sonny urlò e chiese a Judy se stesse bene, Presley raccolse un altro spunto e rispose: "Diavolo, sì, sta bene. Sta drammatizzando. Porta il suo culo fuori di qui".
Sonny la prese in braccio e la portò su per i gradini fino al livello superiore della tana e la adagiò delicatamente su un divano. Un cupo silenzio era sceso sulla festa. Tutti erano imbarazzati. Elvis chiamò Sonny per tornare al tavolo da biliardo.
"Stava male", ricordò Sonny. "La sua faccia era tutta incasinata dal dolore. E singhiozzava. Mi sentivo malissimo. Le parlai, cercando di calmarla ma lei stava soffrendo ed era arrabbiatissima".
Guardò Sonny e ripeté: "Quel figlio di puttana, perché l'ha fatto? Non gli ho mai fatto niente. Non avrebbe dovuto farlo". Si teneva il seno e singhiozzava.
"Accidenti, tesoro", disse Sonny "Mi dispiace che sia successo. So che non voleva farlo. È stata solo una di quei gesti di reazione... Ha un caratteraccio. Non voleva farlo. Andrà tutto tutto a posto".
Sonny era arrabbiato con se stesso. Stava coprendo Elvis per quello che pensava fosse un atto particolarmente brutale. Se qualsiasi altro uomo l'avesse fatto in presenza di Sonny, lo avrebbe smembrato.
"Poi", ricorda Sonny, "ha iniziato a parlare di fare causa a Elvis. Ero preoccupato di questo: aveva tutto il diritto di fargli causa. Le dissi di non essere sciocca. Doveva lasciar perdere. Poi molto gentilmente le dissi che era in casa sua, e che lei lo aveva insultato, e c'erano molti suoi amici come testimoni e allora ho detto: 'Chi pensi che difenderanno?".
Judy era furiosa. "Non mi interessa per chi prenderanno le difese. Io gli farò causa. Se lo merita".
Sonny si vergognava di se stesso. C'era questa ragazzina, una vittima, e lui cercava di convincerla a non fare causa.
"Non l'avrei biasimata neanche un po'", dice, "ma ero così preso per Elvis... Era come una seconda natura per me difenderlo, anche quando sapevo che aveva torto marcio. Ci eravamo tutti fatti il lavaggio del cervello".
Judy si alzò e se ne andò. Non ha mai sporto denuncia.
Sonny tornò in casa. Era arrabbiato con Elvis. Guardò con cipiglio il suo capo dall'altra parte del tavolo da biliardo, che ora si era calmato e si sentiva ovviamente in colpa. Stava cercando di giustificare le sue azioni. In nessun modo avrebbe detto di aver sbagliato, secondo Sonny.
"Senti, Sonny", disse, "se lei mi avesse colpito o chiamato bastardo o detto di andare a farmi fottere, sarebbe stato ok".
Sonny si accigliò. "Ehi, amico, quella ragazzina sta male. Non c'era bisogno di farlo. Voleva solo che spostassi quella dannata macchina".
Elvis insisteva nel dire che aveva il diritto di fare quello che aveva fatto. Poi lui disse: "Beh, amico, non avrebbe dovuto chiamarmi figlio di puttana. Non è giusto".

I medici riferirono che un colpo particolarmente forte nella regione sensibile del seno avrebbe potuto scatenare una serie di disturbi: una reazione tumorale, una ciste o un coagulo di sangue.
Poco dopo l'incidente della stecca da biliardo, Sonny si imbatte in Judy sulla Strip di Hollywood. Era ancora molto irritata per quello che era successo.
"Mi sono scusato con lei perché è stato un brutto affare e la ragazza mi piaceva abbastanza. Mi sentivo responsabile perché l'avevo portata io in quel posto. Comunque, non so se è vero o no, ma mi ha detto che la stecca da biliardo aveva danneggiato alcuni nervi del seno sinistro. Il capezzolo del suo seno sinistro era sceso più in basso dell'altro capezzolo. Figlio di puttana, questo mi fece davvero arrabbiare".


FINE CAPITOLO 3
21/09/2021 20:06
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CAPITOLO 4

Dave Hebler era uno dei pochi Yankees che divenne un membro della cerchia ristretta, la Mafia di Memphis. Nato a Pittsfield, Massachusetts, nel 1937, era di corporatura media e aceca un modo di parlare quasi intellettuale.
La sua avversione per le armi lo differenzia dai ragazzi di Memphis che, seguendo l'esempio di Elvis, sembravano sempre avere un arsenale da qualche parte a portata di mano. Da bambino, un proiettile vagante, sparato da un coetaneo, lo privò dellla vista dell'occhio destro. Quando si avvicinò a Presley, prese l'abitudine l'abitudine di portare un revolver Smith and Wesson calibro 38, anche se non era pazzo dell'idea. Nonostante i suoi modi miti e la sua spiccata avversione per gli sport con le armi, egli poteva essere uno degli uomini più letali che si poteva immaginare. Quando incontrò Elvis per la prima volta era un maestro di karate con il quinto grado di cintura nera. Oggi è settimo grado. Sta lontano dalle risse di strada e non è un gran bevitore, ma in tre secondi -anche in minor tempo, in alcune giornate...- può colpire tredici volte il corpo di un uomo per ferire o uccidere.
Nell'autunno del 1972, Dave subì un grosso cambiamento nella sua vita. Aveva lasciato il suo lavoro e si era separato da sua moglie, la madre delle sue due giovani figlie. Stava uscendo dalla crisi di un matrimonio fallito e sfogava le sue frustrazioni dedicandosi quasi tutto il giorno all'arte del karate in cui era stato coinvolto per diciannove anni. Era particolarmente legato al suo istruttore, Ed Parker, un uomo considerato il decano del karate americano. Parker proviene da una famiglia importante delle Hawaii ed è persino più abile di Hebler quando si tratta di sferrare chop e calci micidiali. La competenza di Parker aveva attirato all'attenzione di Elvis Presley, che si era appassionato all'arte mentre era nell'esercito americano in Germania. Parker andava spesso in tour con Presley e gli faceva da mentore nel karate. Una sera d'autunno del 1972, Hebler incontrò Elvis Presley per la prima volta. Erano circa le sette, e Dave si stava allenando a Santa Monica. Sui tappeti quella sera c'erano quindici dei migliori della zona di Los Angeles che si scambiavano colpi micidiali.
"Ricordo che c'era un po' di movimento intorno alla porta dello studio di Ed", racconta Dave. "Feci una pausa dall'allenamento, alzai lo sguardo e vidi l'ingresso di un bel ragazzo robusto, un po' in sovrappeso, con i capelli neri, vestito con pantaloni neri attillati e una camicia bianca stile spagnolo. Era Elvis".
Presley passava spesso allo studio Parker, per chiacchierare e a volte si allenava. Naturalmente, non era una visita casuale. Elvis Presley non si muove mai senza aver fatto diverse telefonate alla sua destinazione, per poi partire con un entourage che può contare su una dozzina di persone. Il cantante entrò nello studio alla testa del suo gruppo e strinse la mano a tutti. Era accompagnato da una bella ragazza che, Dave Hebler apprese più tardi, fosse Linda Thompson. Con sorpresa di Dave, dopo una breve conversazione, Presley scese sul tappeto con alcuni dei più talentuosi atleti del paese.
"Sono stato un istruttore, quindi non so se Ed ha manipolato la cosa, ma mi ha messo in coppia con Elvis, forse pensando che avrei potuto gestire qualsiasi problema che l'essere accoppiato con Elvis poteva presentare. In queste situazioni un membro della coppia funge da manichino di karate, cioè, prende calci e colpi simulati. Reagisce come se i colpi avessero un contatto completo. Spesso, naturalmente, lo fanno. Ma in allenamento devi tenere quella roba al minimo o avresti ossa rotte. I veri karateka sono molto controllati sia nei loro movimenti che nelle loro emozioni. Non è qualcosa su cui si può giocare. Sono stato in queste situazioni un milione di volte. Tu di solito ti alleni con qualcuno con un'esperienza simile alla tua, qualcuno che sa cosa sta facendo. In pochi secondi, sul tappetini con Elvis io capii che Elvis non sapesse molto di karate. Si muoveva molto pigramente e barcollava come un uomo che aveva bevuto troppo. Quando mi avvicinai a lui, riuscii a sentire l'odore del suo alito, e di sicuro non sembrava che avesse bevuto. Voglio dire, stava effettivamente inciampando e quasi cadendo. Ho cercato di reagire alle sue mosse in modo tale che non facesse la metà del male che avrebbe potuto fare. Naturalmente, l'entourage guidato da Linda, era affascinato da lui. Dagli sguardi sui loro volti, si sarebbe pensato che fosse un campione del mondo. Per fortuna, la 'dimostrazione' di karate di Elvis finì. Ma poi qualche "intelligentone" suggerì di fare un torneo improvvisato conElvis come arbitro...".
Secondo Dave Hebler, arbitrare, anche per un esperto, non è un compito facile. "Devi sapere davvero cosa stai facendo", dice Dave. "Quei colpi sfrecciano a cento miglia all'ora... Devi capirli molto in fretta. Dovevi anche sapere immediatamente quali fossero quelli che eranop portati a buon fine e quelli sarebbero andati a vuoto volutamente. È molto difficile. Si può immaginare come fosse per Elvis, che, in tutta onestà, non aveva mai partecipato a un vero torneo di karate. Voglio dire, vi assicuro che era senza speranza".
Hebler, vedendo l'inizio di una situazione molto imbarazzante, prese una posizione dietro Presley. "Sono in piedi dietro di lui, per aiutarlo suggerendo l'azione, sapete: 'pugno sinistro, calcio destro,' e gli davo i punti, in modo che sapesse chi nominare come vincitore".
Alla fine, Elvis strinse pigramente la mano a Dave con un accenno di riconoscimento che Dave lo aveva aiutato a superare un momento impossibile. "Non che Elvis non credesse sinceramente di essere al comando della situazione. Lo credeva. Ma, in fondo alla sua mente, deve aver riconosciuto che l'avevo aiutato".
Per Dave Hebler, quelle due ore là fuori sul tappeto furono alcuni dei momenti più imbarazzanti che avesse mai avuto in uno studio di karate.

Due giorni dopo, Hebler si stava allenando a Alosta Boulevard a Glendora, fuori Los Angeles. Era un'operazione modesta ma fruttava a Dave circa duecento dollari a settimana e aveva un seguito di pubblico giovane ed entusiasta. Era divertente ed era suo.
"Ricevetti una chiamata da Ed Parker che stava molto con Elvis in quel periodo. Ed disse che stava chiamando per Elvis e che Elvis voleva venire in studio. Ero sorpreso e molto lusingato. Ho detto: 'Wow, certo. Che ne dici delle 16:00? Sarebbe fantastico".
Alle quattro di quel giorno, arrivò una gigantesca Mercedes-Benz blu. L'ultimo a uscire, naturalmente, fu Elvis.
"È stato uno spettacolo impressionante. C'erano tutti queste persone che camminavano davanti a lui come se stessero esaminando il posto e dietro di loro arrivava il re. Ma la cosa più divertente di questo spettacolo era l'apparizione di Elvis. C'erano circa 24 gradi ma Elvis indossava questo cappotto incredibilmente grosso, nero con bordi rossi. Aveva un anello ad ogni dito e una gigantesca collana a testa d'ariete che, ho saputo più tardi che l'Hilton Hotel gli aveva regalato e che mi dissero che valeva quarantamila dollari. E poi, sentite questa, in testa, indossava questo maledetto turbante. Sembrava come se fosse appena uscito dal set di un film di Valentino. Sotto questo cappotto, indossava un GI da karate. Era semplicemente bizzarro, amico. Le mie due figlie piccole, Lorie, dodici anni, e Kristie, undici, rimasero comunque molto colpite. Sembrava un antico sceicco, ma tutto quello che voleva fare era andare sul tappeto dael karate".



C'erano altri studenti nello studio ed Elvis si rese conto di sembrare estremamente fuori luogo. Disse a Dave: "Indosso questo dannato turbante perché non mi sono lavato i capelli... Ssembra brutto, amico".
"Fu una cosa che mi inorgoglì", dice Dave, "anche se, ripensandoci, aveva un aspetto piuttosto ridicolo".
Quel giorno fu la prima volta che Dave vide Sonny West. "Non disse molto", ricorda Dave. "Stava solo in piedi di lato, molto tranquillamente. Il suo aspetto era silenziosamente minaccioso. Stava guardando Elvis mentre noi ci divertivamo sui tappetini. È una cosa divertente quando sei nel karate, arrivi a sapere molto su come una persona muove il suo corpo. Solo il modo in cui si teneva, il modo in cui si muoveva, sapevo che indossava una fondina a tracolla".
"Sì", ricorda Sonny, "avevo questa fondina speciale che teneva la 38 capovolta in una molla. Potevo tirarla fuori più velocemente di quanto tu possa dire "karate". Eravamo in una strana parte di Los Angeles, e ci si sentiva sempre in pericolo. Non sai mai cosa può succedere quando sei intorno a Elvis; ci sono così tanti matti in giro".
Dave aveva un compagno allo studio di karate di nome Jim Thompson (nessuna parentela con Linda Thompson), il quale gli disse: 'Attento a quel grosso stronzo nell'angolo". Era, naturalmente, Sonny aveva un aspetto minaccioso ma che, naturalmente, divenne un mio caro amico".
Presley sembrava assorbire l'atmosfera del karate. Stava diventando molto espansivo. Raccontava ai presenti (Sonny, Ed Parker, Charlie Hodge, il chitarrista ritmico di Elvis, e Gerald Peters, il suo autista, un inglese dall'umorismo secco che una volta guidava per Winston Churchill) cosa intendesse fare per il futuro del karate.
"Fonderò un mio sistema di karate", promise Elvis. "Faremo il nostro film sull'arte e avremo le nostre competizioni". Progettava anche di recitare nel ruolo principale.
Quel giorno Presley rimase lì, sotto l'occhio vigile di Sonny, per circa un'ora. Fece alcune mosse di karate di base ma Dave notò qualcosa nei suoi movimenti che era molto simile a quello che aveva visto la prima volta che lo aveva incontrato, allo studio di Ed Parker. "Avevi l'idea che se Elvis si fosse davvero dedicato all'arte, avrebbe potuto essere bravo. Ma lui ci giocava soltanto. Non ha mai lavorato davvero duramente e non si è mai applicato fino in fondo. Inoltre sembrava inciampare spesso, sbagliando
mosse".
Ma c'era anche qualcos'altro che stonava. "Stava sudando abbondantemente", dice Dave. "Era anche logico, con tutti quei vestiti addosso, ma stava grondando di sudore. E i suoi occhi erano grandi, rossi e acquosi. Era come se avesse la febbre. Non riuscivo proprio a capire ci fosse in lui che non andava".
Dopo la breve visita, Elvis Presley riportò il suo entourage alla Mercedes blu. Mentre l'impeccabile autista Peters teneva aperta la porta per Elvis, due studenti di Dave Hebler si guardarono. "Amico", disse uno all'altro, "Vorrei avere la metà di quello che ha dentro".
Entrambi erano giovani che avevano avuto brutte esperienze con la droga.


-FINE CAPITOLO 4-
22/09/2021 21:25
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CAPITOLO 5

Era una ragazza dall'aspetto sorprendente ed innocente. Aveva dei bellissimi capelli, occhi davvero splendidi, un corpo piccolo edalle belle forme, movenze delicate ed una risata timida. Oggi questa ragazza, chiamiamola Jane Robertson (che non è il suo vero nome), sta cercando di rimettere insieme una vita che è stata quasi rovinata. Non era una modella, non era una cantante, non era un'attrice; era solo una piccola ragazza che non fumava, non beveva. Se aveva un vizio, era quello che condivideva con milioni di donne: una totale infatuazione per Elvis Presley.
Nella maggior parte delle occasioni in cui Elvis suonava al Sahara Club Casino a Lake Tahoe; Jane e sua madre venivano a vedere lo spettacolo. Una notte, nella primavera del 1971, la sua fedeltà come fan di Elvis fu ripagata oltre i suoi sogni piùreconditi. Fu scelta da Elvis tra il pubblico per essere la sua compagna. Semplice e incredibile. Fu l'ultimo numero di Elvis. Quella sera aveva un aspetto incredibile: un Adone di trentasei anni sotto i riflettori, orchestrava letteralmente il pubblico con i guizzi delle sue dita ingioiellate. La sua bocca cantava sensualmente il suo numero di chiusura, "Can't Help Falling in Love" e, come al solito, donne di mezza età che avrebbero dovuto conoscerlo meglio, stavano svenendo come ragazzine di fronte ai loro corpulenti mariti.



Nella seconda fila del pubblico sedeva Jane, totalmente ipnotizzata, come sempre, quando Presley saliva sul palco. Quando Elvis arrivò a metà del suo numero, si tolse la sciarpa intrisa di sudore intorno al collo, la baciò e la lanciò tra il pubblico. Le donne si lanciarono come i linebacker degli Oakland Raiders, rovesciando i tavoli al suono di bicchieri da cocktail rotti. Presley raggiunse di nuovo la band e lanciò altre sciarpe. Si asciugava la fronte, baciava la sciarpa e le faceva volare tra il pubblico.
Il caos che seguiva era incredibile: delle signore di mezza età facevano vere e proprie gare di tiro alla fune per le sciarpe con il sudore sudore dell'uomo. Jane rimase seduta in seconda fila, sospirando. Non ricevette una sciarpa quella sera. Ma ottenne qualcos'altro: alcuni sguardi di ammirazione da parte di Elvis Presley. Ogni volta che si avvicinava al bordo del palco, si girava e le faceva l'occhiolino. Jane rimase sbalordita, ma non diede troppo peso alla cosa. Perché dovrebbe essere attratto da lei, con tutte le sue donne che aveva ?
Quando lo spettacolo finì, Jane pensò quasi di aver visto Presley salutarla. Impossibile. Era svuotata dall'emozione e lo spettacolo era finito. Era stato fantastico. Ora l'aspettava una notte di sonno in macchina prima iniziare il lungo viaggio verso casa.
Elvis non era l'unico a farle gli occhi dolci quella sera. Da fuori dal palco ricevette alcuni sguardi di ammirazione dalla guardia del corpo Sonny West, un uomo non disabituato alla bellezza delle signore ad un'esibizione di Elvis. Nel backstage con Sonny c'era anche Joe Esposito. Esposito, insieme a Dave Hebler, era uno dei pochi non sudisti nell'entourage di Elvis: era un uomo di Chicago che aveva la reputazione di essere in grado di fare le cose velocemente e senza intoppi. Un gusto per gli abiti eleganti e una passione per i diamanti fece sì che i ragazzi di Memphis lo chiamavano "Diamond Joe", un nome che Esposito sembrava apprezzare. Esposito aveva incontrato Elvis nell'esercito ed era stato con lui di tanto in tanto da allora. Aveva un occhio attento a tutto ciò che poteva piacere al suo capo e, per il suo disturbo, fu il primo membro dell'entourage di Presley ad essere messo sul regolare libro paga. Era il più apprezzato aiutante di Presley.
Quello che Joe e Sonny stavano guardando in Jane Robertson era qualcosa che avrebbe sicuramente fatto piacere al loro capo. Trasudava semplicemente bellezza e un sex appeal inconsapevole. Non un grammo di trucco o rossetto sul suo viso... Era davvero qualcosa di diverso. Quando lo spettacolo finì tra applausi fragorosi, Sonny e Joe corsero verso il punto in cui Presley avrebbe lasciato il palco. I tre salirono sull'ascensore che li avrebbe portati nei camerini principali nel seminterrato. Presley era fradicio di sudore e il suo petto era gonfio. Aveva messo ogni grammo di energia nello spettacolo.
"Bello show, 'E,'" disse Sonny. "Li hai davvero eccitati".
Elvis annuì ringraziando, ma la sua mente era altrove.
"Dannazione, amico, hai visto quella ragazza seduta davanti al pubblico? Diavolo, era proprio un bel pezzo di donna. Chi è? Era bellissima".
Sonny e Joe non erano sorpresi che l'avesse notata. Normalmente è quasi impossibile vedere il pubblico da un palco illuminato, ma quando Elvis era andato sul bordo per gettare le sue sciarpe, era stato in grado di vedere tra le prime tre file.
"Sì", disse Sonny con un grande sorriso, mentre aiutava il suo capo a scendere con una tuta bianca luccicante di paillettes, "so di quale stai parlando. Un vero tesoro".
Sonny si precipitò al piano di sopra mentre la folla nello showroom si stava ancora riprendendo dall'isteria e si concentrò su Jane Robertson.
"Ciao, tesoro", disse Sonny, "vuoi conoscere Elvis? Sono Sonny West e lavoro nella sicurezza per Mr. Presley. Sarei molto felice di presentarti a lui".
La risposta era prevedibile. "Oh, andiamo", rispose Jane, che non aveva poca dimestichezza con le battute usate dagli uomini "mi stai prendendo in giro".
Sonny fece un grande sorriso affascinante. "No, tesoro, ecco il mio identificativo. Lavoro per Mr. Presley. Sarei molto felice di presentartelo. Andiamo, è di sopra nella sua stanza. Ti porto subito di sopra".
Elvis era nel camerino interno a cambiarsi. Lei scambiò due chiacchiere con Sonny e Joe su quanto le fosse piaciuto lo spettacolo. Disse loro che era stata una fan di Elvis fin da quando ricordava di essere in grado di ascoltare la musica. Lei rideva timidamente. Poi Elvis si materializzò dal camerino interno, e Sonny pensò che Jane stesse per crollare.
"Aveva questa grande risata, una bellissima timidezza. Ragazzi, era un bel vedere".
Quando incontra una nuova ragazza, Elvis cambia molto raramente la sua linea. Si presenta molto tranquillo, attento, premuroso. Si mette a fare il piccolo ragazzo di campagna e le ragazze cadono come querce abbattute.
"Anche se Elvis non fosse quello che era, se fosse solo un vecchio camionista dice Sonny, "quando usa il suo fascino da ragazzo di campagna, potrebbe corteggiare la regina d'Inghilterra".
Non sorprende che Jane sia rimasta nella suite di Elvis quella notte. Sua madre avrebbe fatto il viaggio di ritorno a casa da sola.
"Elvis l'amava davvero", dice Sonny. "La vide molto durante quel fidanzamento. Le comprò dei vestiti e altre cose. Non che lei li volesse. Lei voleva solo essere vicina ad Elvis".
Ma in breve tempo, Jane cominciò a cambiare.
"Elvis cominciò a darle un paio di pillole per darle una spinta. So che non aveva mai preso niente prima", dice Sonny.

Ci fu una notte che Sonny vorrebbe dimenticare... Elvis, Sonny e Charlie Hodge portarono Jane a fare un viaggio nella casa dei Presley a Chino Canyon Road, Palm Springs. Quando arrivarono, Elvis aveva voglia di sfogarsi. Aveva preso la sua solita dose di pillole durante il giorno, ma quando arrivò l'ora di andare a letto verso le tre del mattino, Elvis prese dell'Hycadan. Normalmente prescritto dai medici per gravi casi di tosse e congestione, l'Hycadan in grandi quantità è un pericoloso narcotico.
"Elvis andava fuori di testa con quella roba", ricorda Sonny. "L'ho assaggiato io stesso".
Quella sera Jane ne prese un piccolo sorso. Altre risatine. Verso 4:00 del mattino, i due si stavano appisolando, ridacchiando, inciampando e biascicando le parole in un felice unisono. Poi andarono a letto. Il sorseggio dell'Hycadan continuò. I due potevano essere sentiti ridacchiaredalla camera da letto principale. Il giorno dopo, Sonny aveva pianificato di far prendere il sole ad Elvis. "Era terribilmente bianco, quindi volevamo che si abbronzasse per sembrare più sano".
L'entourage si svegliò verso le undici del mattino. Sonny e Charlie leggevano i giornali, aspettando che il loro capo si alzasse dalla sua notte pesante.
"Passò mezzogiorno", ricorda Sonny. "Ho chiesto casualmente se qualcuno avesse controllato Elvis. Il fatto è che il timore che vada in overdose era sempre nelle nostre menti, anche se lui era molto abile quando si tratta di dosare le droghe. Conosce quei farmaci meglio di un medico".
Ma questa mattina aveva fatto male i conti. Sonny tornò indietro nella camera da letto principale per controllare. Attraversò la prima porta e poi sbatté sulla seconda porta, che si apriva nella suite di Presley.
"Ti sei alzato, capo? Cosa vuoi per colazione? Ci penso io". Silenzio. "Ehi, Elvis, capo, ci sei?" Nessuna risposta. Il cuore di Sonny cominciò ad accellerare. Aprì la porta. Elvis era disteso sul letto di lato. All'interno della camera da letto, la temperatura era molto bassa e si gelava letteralmente. Lui teneva la temperatura della stanza così bassa che non si poteva sopportare", racconta Sonny. "Mi sono precipitato da Elvis. 'Capo, capo, capo, forza, reagisci... Fuori di qui. Capo, capo".
Sonny stava urlando. Ricorda che Elvis stava facendo lunghi e profondi respiri a distanza di circa cinque secondi l'uno dall'altro. Sonny strisciò attraverso il letto fino a dove Jane giaceva nuda sotto le coperte.
"Jane, Jane, tesoro, dai, alzati, dai". Sonny non dimenticherà mai quello che provò in quel momento. "Ero sicuro che se la fossero bevuta entrambi. Ho aperto gli occhi di Jane. Erano fissi come biglie di vetro. E ci fu quel terribile rantolo. Non respirava bene. Era come un lungo e strozzato mezzo gemito e mezzo rantolo. Poi le ho riaperto le palpebre ed erano vuote. Le ho dato uno schiaffo in faccia, forte, un paio di volte ma nessuna reazione. Cristo, ero spaventato. Ho urlato a Charlie Hodge:
"Charlie, è meglio che chiami subito un dottore. Elvis e la sua ragazza stanno malissimo".
In pochi minuti, un dottore - che chiameremo "X" - arrivò alla casa su Chino Canyon Road. A questo punto, Elvis iniziò a riprendersi a riprendersi. Il dottor "X" diede un'occhiata alla ragazza, controllò il suo polso, la sua respirazione e gli occhi, e disse: "Dobbiamo far venire qui un'ambulanza... Questa ragazza sta morendo... non possiamo perdere tempo".
Elvis stava ancora barcollando come un marinaio ubriaco. Disse al dottore: "Andiamo, dottore, starà bene, le dia solo un'iniezione di Ritalin. Ti dico che starà bene".
Sonny stava impazzendo: avevano una ragazza in fin di vita ed Elvis diceva al dottore cosa fare.
"Avrei voluto dargli un pugno in bocca. Quel dannato pazzo che diceva al dottore cosa fare..."
Verso le sette di quella sera, Charlie Hodge ricevette la chiamata dal dottor "X".
"Sta cominciando a uscirne. Potrebbe stare bene. Non posso promettere nulla ma stiamo facendo del nostro meglio", disse a Charlie. "Perché non fai un salto all'ospedale?"
Charlie e Sonny saltarono in macchina e furono lì in pochi minuti.
"Siamo entrati nel reparto di terapia intensiva", ricorda Sonny. "C'erano quattro o cinque letti. Jane era l'unica paziente. Aveva un aspetto orribile. Aveva gli occhi chiusi".
"Penso che starà bene", disse il dottor "X". "Sembra che si stia riprendendo. Vivrà".
La pelle di Sonny si accappona quando in seguito pensò a quello che era successo. Andò verso di lei e le toccò il braccio. "Jane", sussurrò dolcemente.
Lei aprì gli occhi e improvvisamente, ricorda Sonny, "uscì dal letto dal letto come un animale selvaggio. Fischiava come un dannato leone di montagna. Ringhiava come una bestia selvaggia, hhhhhshhhhhhh, così. Wow, mi sono spaventato".
Sonny lanciò un'occhiata allarmata al dottor "X", che spiegò. "Lei non sa dove si trova".
"Sta bene ?" Chiese Sonny. "Starà bene ?"
"Beh", disse il dottore, "non sappiamo quanto ne sia colpita. Non sappiamo quanto ossigeno sia stato interrotto. Possiamo solo fare del nostro meglio e sperare".
Gesù, pensò Sonny, e se questa bambina fosse diventata un vegetale solo a causa di qualche folle acrobazia nel Chino Canyon? Mentre Sonny e Charlie lasciarono l'ospedale, Sonny si ricordò che Jane aveva ancora problemi a respirare. Aveva bisogno di ossigeno. Elvis era seduto nel salotto della casa di Chino Canyon.
"Starà bene, credo", disse Sonny imbronciato, "ma potrebbe non essere più la stessa. Mi stava fischiando come un dannato gatto. Non mi ha riconosciuto".

Elvis era di nuovo in viaggio per conto suo. Tutto quello che disse fu "amico". Sonny non ricorda di aver mai fatto una telefonata a Jane, di essere mai andato a trovarla o di aver riconosciuto la sua esistenza per molto tempo. Qualcun altro si stava occupando di questo. La persona a cui Elvis aveva fatto un importante telefonata era un uomo a cui si rivolgeva spesso in un momento di difficoltà.
"Elvis si rivolgeva sempre a lui quando veniva coinvolto in qualcosa che non riusciva a gestire", ricorda Sonny. "Il conto dell'ospedale era stato pagato. Fu riportata a casa in aereo. Non ci fu nulla che finì sui giornali che avrebbero fatto festa con quello... Più tardi, qualcuno disse che la ragazza o sua madre avrebbero potuto fare causa ad Elvis e Joe Esposito fu incaricato di darle dei soldi. La madre, che sia benedetta, non li accettò. Credo che Joe abbia finito per dare loro qualcosa. Ma la ragazza e la madre non vollero nulla. Non hanno intentato xcausa. Erano davvero delle grandi persone.
"Il punto è che siccome Elvis aveva questa immagine di essere così anti-droga e la ragazza con sua madre non volevano distruggere quell'immagine. Quella ragazza, Jane, amava Elvis, amico. Sai, credo che anche se sua figlia fosse morta, lei avrebbe comunque tenuto la bocca chiusa".
Jane chiamò Elvis più tardi quell'anno. Lui le parlò brevemente e le disse, secondo Sonny, "Tesoro, quando starai un po' meglio, ti porterò in tour". Ma Sonny racconta: "Lei era fuori. Elvis non voleva affrontare la situazione".
Sonny vide di nuovo Jane. Lei e sua madre erano andate a Las Vegas per assistere allo spettacolo di Elvis. Incontrò anche sua madre.
"Dormivano in macchina perché non potevano permettersi una stanza in albergo. Joe Esposito lo scoprì, pagò il conto e li sistemò in una stanza all'Hilton. Quando le parlai, aveva le lacrime agli occhi.
"Sonny, non sai che non ce l'ho con lui. Non ha fatto niente. E' stata tutta colpa mia".
"Si prendeva la colpa di tutto. Lui l'ha convinta a berlo. Lui era il re. Chiunque avrebbe fatto qualsiasi cosa per compiacerlo".
Poi Sonny diventa triste. "Amico, era tutto finito per quella bambina. Il suo viso non si sarebbe illuminato più. Qualunque cosa le fosse successa durante quell'overdose, aveva influenzato tutta la sua personalità. Era un'altra ragazza. Non c'era più quella risatina timida, quella risata facile. Lei ora era tranquilla e introversa. Non sono un medico, ma quell'esperienza l'ha trasformata completamente. Eppure tutto ciò che faceva, era parlare di Elvis. C'era un amore genuino." Non ho più sentito Elvis parlare di lei".
"Nel 1971, Elvis era cambiato. Non era più il ragazzo timido e amante del divertimento di Memphis. No, viveva solo per se stesso e per tutta quella maledetta robaccia che prendeva. Era come una farmacia ambulante".


-FINE CAPITOLO 5 -
23/09/2021 18:03
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CAPITOLO 6

L'ultimo anno di Elvis alla Humes High School non fu molto diverso dagli altri anni di scuola. Molto poco di lui era particolarmente evidente, a parte, naturalmente, il suo aspetto. I suoi insegnanti lo ricordano come uno studente mediocre che, con un po' meno concentrazione, avrebbe potuto non diplomarsi. La sua vita a Memphis era stata solo marginalmente migliore di quella di Tupelo, Mississippi, dove era nato, il gemello sopravvissuto in un parto che quasi uccise sua madre, Gladys Smith. La sua vita in quegli anni venne vissuta nella stessa povertà sperimentata dai molti neri indigenti nel Sud di quell'epoca.
Nel 1948, quando Elvis aveva tredici anni, suo padre, Vernon Presley, decise che era ora di lasciare la piccola casa di Tupelo. La grande città oltre il confine avrebbe potuto offrire la possibilità di uno stipendio più alto e una possibilità di migliorare le loro condizioni di vita. Una notte, misero tutte le cose in una Plymouth verde e si diressero verso Memphis. A Vernon Presley non arrise il successo a Memphis. Trovò un lavoro alla United Paint Company, imballando lattine per meno di cinquanta dollari a settimana. Gladys lo aiutò con lavori part-time prima nelle fabbriche di cucito, poi nei caffè e nei ristoranti e come assistente delle infermiere al St. Joseph's Hospital.
Se le condizioni di vita nella casetta bianca di Tupelo erano pessime, la vita non migliorò nella loro "casa" successiva, una struttura di tre stanze in uno scialbo complesso di cemento dove l'acqua e l'elettricità si alternavano nel non funzionare. Faceva parte di uno squallido progetto abitativo finanziato dal governo federale chiamato Lauderdale Courts, progettato appositamente per i poveri del Sud. Alla fine si scoprì che il reddito combinato di Gladys e Vernon superava il massimo di duecento dollari al mese consentito agli inquilini del progetto, ma in qualche modo sfuggirono allo sfratto.
Red e Sonny West sono cresciuti in case popolari simili a un miglio (Hurt Village e Lamar Terrace). "Sicuramente aveva il nome giusto", ricorda Red "perché le persone che ci vivevano, vivervano davvero male. Se guadagnavi più di duecento dollari al mese in una di quelle case popolari, dovevi trasferirti. Era come se si considerasse che duecento dollari al mese fossero troppi soldi per vivere in una casa popolare. Beh, io Immagino che non ci siamo persi molti pasti, ma di sicuro abbiamo rimandato un sacco di cose. Eravamo poveri e anche Elvis lo era".
Come la maggior parte dei ragazzi trapiantati in una nuova città, Elvis si ritirò in un guscio di timidezza. Quello che gli mancava dagli amici sulla strada, Gladys Presley compensava più che bene con le sue attenzioni e il suo affetto. Elvis disse che spesso voleva andare giù al torrente con gli altri ragazzini , "ma la mamma non me lo permetteva. Non mi perdeva mai di vista. Mi infastidiva quando ero piccolo, ma più tardi capii che era tutto perché mi amava così tanto".
Era come se Dio avesse detto alla profondamente religiosa Gladys Presley che la morte del gemello di Elvis, Jesse Garon, fosse un segno dal cielo per raddoppiare il suo amore su Elvis.

La signora Faye Harris era un'amica dei Presley quando vivevano a Tupelo.
"Gladys pensava che Elvis fosse la cosa più grande che le fosse mai successa", ricorda la Harris, "e lo trattava in quel modo. Lei adorava quel bambino dal giorno in cui è nato fino al giorno in cui è morta. Lo teneva sempre in casa o, quando lo lasciava uscire a giocare, era sempre fuori a controllare che stesse bene. E ovunque andasse, che fosse a visitare qualcuno o anche al negozio di alimentari, aveva sempre con sé il suo bambino".
Nonostante i pochi dollari, i genitori di Elvis fecero tutto il possibile per far sì che Elvis si sentisse meglio di molti dei ragazzi con cui aveva a che fare a scuola. I suoi regali di Natale e di compleanno erano sempre un po' migliori o più costosi di quelli dei suoi amici. Come risultato, Elvis avrebbe potuto essere considerato un bambino viziato - sicuramente in confronto ai ragazzi con cui era cresciuto. Quando Elvis aveva quattordici anni, voleva una bicicletta per Natale. I Presley non potevano permettersela. Ma riuscirono a racimolare dodici dollari per una chitarra. Con qualche lezione da suo zio, Vester Presley, Elvis fu presto in grado di pizzicare gli accordi principali.
"Elvis non suona la chitarra, a parte gli accordi ritmici", dice Red West. "Molte persone pensano che sia un chitarrista esperto, cosa che non è. Non legge nulla di musica. Anche se quando canta, sa cosa sta facendo. Ha la musica naturale dentro di sé. Non ha mai fatto una lezione di piano, ma può suonare con sorprendente abilità. Ma ci sono molti chitarristi migliori di lui in giro, il che è divertente perché quella chitarra era il suo marchio di fabbrica, e la maggior parte delle persone pensa sia fantastico".
Mentre Red West da giovane adolescente si allenava per diventare un spaccaossa sul campo da football, Elvis rimaneva a casa, si esercitava con la sua chitarra e iniziava a sviluppare una voce da cantante alla First Assembly Church of God, una piccola e sgangherata struttura in Adams Street a Tupelo. Red ricorda che Presley gli disse in una dozzina di occasioni che sua madre ricordava che lui, a tre anni, le era scivolato dalle ginocchia durante una messa ed era corso verso il coro. Lì la sua vocina cercava di seguire il canto. Questo gli diede il suo primo contatto con la musica e tutto ciò rimase con lui.
"La gente parla sempre di dove ha preso la sua abilità naturale", dice Red. "Quel piccolo figlio di puttana cantava a squarciagola in quella chiesa a Tupelo. E quando aveva circa nove anni cantava in trio con sua madre e suo padre. Ancora oggi, il vecchio Vernon può buttare la testa all'indietro e cantare una canzone fantastica. È un grande cantante. Vernon può camminare per una suite cantando a squarciagola, in particolare una canzone Gospel come "Where No One Stands Alone". La sua voce è così bella che se lo senti, ti fermeresti ad ascoltarlo. Poi Vernon smetterebbe subito, imbarazzandosi di tutto questo... Ma Elvis ha preso molta della sua abilità dal vecchio e, per inciso, ha preso da lui molto del suo bell'aspetto".



A Memphis, Elvis vagava nella zona abitata dai neri, la famosa Beale Street, e li ascoltava suonare il loro blues. L'influenza era così forte che la gente diceva che i primi dischi di Presley suonavano come una voce nera dentro un corpo bianco, un riferimento che non gli faceva piacere. Aveva idee precise sui neri, come sui cattolici e sugli ebrei".
"Elvis adorava letteralmente qualunque cosa di sua madre. Per lui era una madre, un'amica, una sorella maggiore tutte insieme. Voglio dire, lei era tutta la sua vita. Era come se lei fosse l'unica in tutta la famiglia. Era così anche dopo la sua morte. Parlava ancora di lei come se fosse viva".
Durante l'ultimo anno a scuola, Red non vedeva molte volte Elvis - a parte per tirarlo fuori dai guai o un occasionale saluto nei corridoi, eccetto per la lezione di falegnameria, tenuta da un insegnante chiamato signor Hiltpole. Fu lì che Red vide Elvis al suo massimo splendore. "E questo significava", dice Red, "che lui di tanto in tanto lanciava i trucioli assieme agli altri bambini quando il signor Hiltpole era fuori dalla stanza. E quello era il massimo della sua follia. Era un ragazzo piuttosto tranquillo".
Elvis Presley, a parte i capelli lunghi, era altamente dimenticabile in una scuola che misurava il suo quoziente di rispetto sul fatto che tu fossi il primo della classe o se potevi sfondare una linea difensiva a football o potevi mettere un ragazzo a tappeto. Elvis davvero non poteva riuscire in niente di tutto questo, quindi non c'era posto per lui per entrare nella storia della Humes High School fino a metà del suo ultimo anno. Uno dei grandi eventi era il concerto di varietà della scuola. Era composto da una trentina di numeri. Il preside, T.C. Brindley, era un vecchio figlio di buona donna visto dal di fuori, ma dentro era un buon vecchio ragazzo dal cuore tenero. L'idea del concerto di varietà era di poter istituire un fondo scolastico. Durante l'anno, se qualche ragazzo non aveva i soldi per andare al ballo della scuola o non aveva abbastanza soldi per il football, poteva andare dal vecchio Brindley e se la sua difficoltà fosse stata legittima, il preside avrebbe fatto in modo che il fondo per i concerti di varietà si occupasse di tutto"..
"La persona che dirigeva lo spettacolo era un insegnante di storia. Penso che abbia sempre avuto un debole per Elvis. Io suonavo la tromba e c'erano una chitarra e un basso. Era un gran giorno ed eravamo tutti molto nervosi. Non ho fatto molto caso agli altri perché ero concentrato sul mio pezzo".
Le regole del concerto erano che chiunque avesse ricevuto il più grande applausi avrebbe avuto l'onore di fare un bis e sarebbe stato dichiarato vincitore. Red ricorda che aveva finito il suo numero quando con sua enorme sorpresa, vide Elvis salire sul palco con la sua chitarra.
"Non avrei mai pensato che avrebbe avuto il coraggio di uscire davanti a quelle persone. Non mi ha mai impressionato per il suo coraggio. Non sapevo nemmeno che cantasse, ma sarebbe stata una sorpresa !".
Elvis salì timidamente sul palco. La sua timidezza, tuttavia, era compensata dalla sua elaborata pettinatura e da una camicia rossa brillante. Elvis mise un piede su una sedia e cominciò a suonare il brano "Old Shep". Poi si lanciò in una canzone veloce, poi in una ballata.
"Diavolo, mentre Elvis cantava le canzoni d'amore, c'era un'insegnante che piangeva ! Ed anche altri insegnanti che avevano le lacrime agli occhi".
Quando terminò la sua esibizione, i ragazzi applaudirono fragorosamente. Era chiaro che Elvis sarebbe stato il vincitore. Il ragazzo rimase sorpreso da come qualcuno, oltre alla sua famiglia, lo avesse apprezzato. Penso che fu da quel momento che ad Elvis piacque essere apprezzato da pubblico. Finalmente, sembrava che avesse trovato un modo per farsi amare dagli estranei. Ancora oggi desidera quel pubblico dal vivo che urla e grida per lui. Naturalmente, è la stessa cosa per la maggior parte degli artisti, ma con Elvis penso che risalga al periodo in cui a scuola quello fosse stato l'unico momento in cui lasciava il segno. Per quanto fosse timido, aveva un'indubbia magia sul palco. Dopo lo spettacolo, sembrava tornare ad essere il solito vecchio Elvis".
Red continua. "In seguito, quando la fiducia in se stesso aumentò, imparò veramente a portare il pubblico dalla sua parte. Sapeva esattamente quando colpirli con melodie veloci che li eccitavano e sapeva quando fare colpo concanzoni d'amore. Se qualsiasi pubblico non si scaldava immediatamente, usava tutti i trucchi del mestiere".

Negli ultimi sei mesi di scuola, Elvis divenne il preferito per le feste della scuola. Nonostante la sua timidezza, arrivava spesso con la sua vecchia chitarra malridotta portata a tracolla. Si metteva subito in un angolo della della stanza ma i ragazzi praticamente lo obbligavano a cantare. Dopo il suo diploma, tuttavia, le sue ambizioni non arrivavano oltre al fatto di poter diventare un autista di camion. Ottenne un lavoro alla Crown Electric Company per 1,25 dollari all'ora. Girò la maggior parte dei soldi a sua madre per le bollette di casa. Con Elvis che guadagnava quasi cinquanta dollari a settimana, la famiglia Presley poteva permettersi di trasferirsi da Lauderdale Courts in un appartamento un po' più pulito e grande su Lamar Avenue.
Quel poco denaro che non dava a sua madre, di tanto in tanto lo usava per fare acquisti da Lansky Brothers, un negozio di abbigliamento su Beale Street. Lansky Brothers era specializzato in pantaloni a zampa d'elefante color rosa e completi giallo limone con spalle così larghe che chi li indossa, faceva fatica ad attraversare una porta. Negli anni successivi, Presley andava da sarti famosi come Sy Devore e Nudie's, dove spesso pagava quattromila dollari per un abito d'oro zoppo. E fino al 1974, di tanto in tanto andava da Lansky Brothers e sceglieva qualcosa che gli piaceva.
"Quando aveva aveva circa diciassette o diciotto anni", ricorda uno dei proprietari, Bernard Lansky "Veniva e premeva il naso contro la finestra, come se fosse un negozio di caramelle. Allora non aveva soldi. Ora arriva e compra il locale. Non ci ha mai dimenticato. Non si dà delle arie. Elvis. Lui ha sempre una parola per te".

-CONTINUA-
24/09/2021 20:11
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CAPITOLO 6 - continua-

Nel suo ultimo anno di scuola, Red continuò a giocare a calcio ed Elvis continuò a guidare un camion. Di tanto in tanto si vedevano, si salutavano e nient'altro. Elvis era felice come camionista, estremamente ben voluto, e aveva la prospettiva di un lavoro fisso per tutta la vita davanti a sé. Ma l'ambizione di esibirsi non si era mai alllontanata dalla sua mente.
Sul tragitto di Elvis c'era la Sun Recording Company, una piccola gestita da un uomo geniale di nome Sam Phillips. Il sogno di Phillips era che un giorno potesse ottenere qualcosa di nuovo nel sound. Tra gli altri servizi della Sun Recording c'era la possibilità di registrare il proprio disco. Per quattro dollari chiunque poteva entrare ed incidere un messaggio di compleanno, una canzone per un anniversario o qualsiasi cosa volesse. Un sabato pomeriggio Elvis entrò alla Sun Recording con la sua chitarra sulle spalle.
In quell'occasione, l'office manager, Marion Keisker era alla scrivania. La signorina Keisker, una donna entusiasta che era sempre disposta a dare una mano ai nuovi talenti, era una ex "Miss Radio Memphis". Se Marion Keisker non fosse stata in servizio quel sabato pomeriggio del 1954, Elvis Presley potrebbe essere ancora oggi un camionista... Tanto al coro della First Assembly of God Church a Tupelo e a Gladys e Vernon Presley per avergli comprato una chitarra da dodici dollari, a Marion Keisker va riconosciuto il merito di aver contribuito a far nascere il fenomeno conosciuto come Elvis Presley. Lo stesso Presley certamente la pensava così. Dice Red West:
"Una cosa che devo dire di Elvis è che non ha mai dimenticato quella donna. Prendeva riviste e giornali che raccontavano come aveva iniziato. E tutte le storie avevano Sam Phillips come la persona che lo aveva scoperto. Beh, Elvis mi disse non so quante volte che Marion Keisker era quella che aveva fatto in realtà quella scoperta. Lei conservò il suo numero di telefono e sapeva quello che Sam stava cercando: un suono nero dentro un corpo bianco. Elvis aveva rispetto per Sam ma mi diceva: "Se non fosse stato per quella signora, io non avrei mai iniziato. Lei ebbe fiducia, fu lei a spingermi. Certo, Sam aveva lo studio, ma è stata quella Marion a farmi iniziare".
Elvis Presley entrò con fare spavaldo di un bel ragazzo di diciotto anni diciotto anni, senza rendersi conto che stava per salire il primo gradino di una scala che lo avrebbe portato ad altezze mozzafiato - altezze in cui sarebbe stato l'artista più pagato della storia. Pagò i suoi quattro dollari dollari davanti a Marion Keisker e disse che voleva registrare un disco per un regalo. Non sorprende che il regalo fosse per sua madre. La prima canzone che registrò fu "My Happiness", un numero reso famoso da The Ink Spots. Il retro era una canzone intitolata "That's When Your Heartaches Begin". Per qualche ragione che la signorina Keisker non riiscì a capire, decise di registrare parte del primo lato e tutto il secondo lato. C'era qualcosa di vagamente interessante nella voce del giovane Presley. Voleva che il suo capo la sentisse. Sam Phillips ascoltò il disco con poco interesse. Poteva anche sembrare qualcosa di simile a quello che stava cercando: un bianco che cantava come un negro. Phillips portò il ragazzo in studio per alcune sessioni, ma non riusciva proprio a decidersi. La voce aveva molto di sbagliato. Mancavano molte cose. Dopo diverse false partenze, Sam Phillips aveva dei dubbi sul fatto che Elvis Presley sarebbe stato dopo tutto quella grande speranza. Ma Phillips era un uomo di buon cuore. Decise di dare ad Elvis una possibilità di fare da spalla a due ragazzi locali che si stavano facendo un nome da soli, il pianista-chitarrista Scotty Moore e il suo vicino Bill Black, un bassista. Essi formavano un gruppo locale chiamato Starlight Wranglers. Dopo aver fatto qualche canzone, sia Scotty che Bill erano solo marginalmente impressionati dal talento del nuovo ragazzo. Forse il problema era che Elvis Presley non stava cantando nel modo in cui voleva cantare; cantava nel modo in cui pensava che loro volessero che lui cantasse. Un pomeriggio, quando Presley, Scotty e Bill erano insieme in studio bevendo solo Coca Cola e senza fare particolari progressi, Elvis prese la sua chitarra e cominciò a suonare in stile libero, cantando "That's All Right, Mama", del cantautore nero Arthur Crudup. Scotty e Bill iniziarono a prendere il ritmo, in stile jam-session. Improvvisamente Sam Phillips si precipitò fuori dalla cabina di registrazione come se fosse stato inseguito da un toro infuriato. Presley ricorda che quei primi numeri suonavano come se stesse battendo un secchio vuoto, ma Sam Phillips urlò: "Qualunque cosa stavate facendo, rifatela ancora !"
Aveva trovato il suono che stava cercando.

Sam Phillips stampò il disco di "That's All Right, Mama" e cominciò a diffonderlo nei programmi dei disc-jockey. Molti degli esperti locali avevano i loro dubbi sul disco - era il 1954, e il Sud era molto lontano dall'essere integrato. Elvis suonava pericolosamente come un nero. Nonostante le perplessità, il disco vendette settemila copie, una cifra molto rispettabile per Memphis in quei giorni. Lo fece con l'aiuto di un popolare disc jockey di nome Dewey Phillips - nessuna relazione con Sam- che aveva un programma chiamato Red Hot and Blue sulla stazione WHBQ. Sam Phillips fece pressione su Dewey per suonare "That's All Right, Mama", e Dewey lo fece. Dewey Phillips, ora scomparso, ricordava una notte in cui "ho suonato il disco quindici volte. Improvvisamente le telefonate e i telegrammi cominciarono a riversarsi nella stazione. Tutti volevano sapere chi fosse il nuovo ragazzo. Volevo contattare Elvis per un'intervista. A quel tempo un sacco di gente pensava che Elvis fosse un ragazzo di colore. Contattai Vernon, il padre di Elvis, che mi disse che era al cinema, giù al Suzore's Number Two Theater. Dissi a Vernon di portare suo figlio in radio. In poco tempo, Elvis arrivò di corsa".
Dewey disse a Elvis che stava per intervistarlo. Elvis rispose che non sapeva nulla sull'essere intervistato. Tra le domande che Dewey cercò di enfatizzare fu dove Elvis era andato a scuola.



"Volevo che lo raccontassei perché molte persone avevano pensato che fosse di colore", disse Dewey. Alla fine lo ringraziò e lo salutò. Deluso, Elvis chiese se sarebbe stato intervistato o meno. Dewey rispose che il microfono era stato aperto tutto il tempo. "Elvis cominciò a sudare freddo" ricordò Dewey.
Red West si rammenta bene dell brano e dell'intervista. "Mi sono detto: "Eccolo, il vecchio Elvis Presley ce l'ha fatta davvero. Fantastico, un ragazzo con cui sono andato a scuola che canta alla radio".
Red, naturalmente, era all'ultimo anno di scuola. Era l'inizio dell'autunno del 1954 e lui e i suoi guerrieri erano immersi nel football. La squadra era pronta a giocare contro i loro acerrimi rivali, Bartlett, dall'altra parte della città. Red stava salendo sullo scuolabus con la sua squadra, guidata dall'allenatore Boyce, l'uomo che si era così strenuamente opposto alla lunghezza dei capelli di Elvis.
"Stavo salendo sull'autobus e notai Elvis che camminava nella direzione opposta. Elvis stava entrando in una vecchia e malconcia Lincoln coupé verde di dieci anni. La mamma e il papà l'avevano comprata per lui. Era difficile per loro pagarla, ma questo ti dà un'idea di quanto lo amassero per mettere insieme tutti quei soldi. Non molti ragazzi della sua età, diciannove, credo, avevano una macchina propria. Nossignore".
Una volta era il timido Elvis che si rivolgeva a Red per primo. Ora era Red che salutava e a gridare un saluto: "Ciao, Elvis". Red ricorda che era vestito in una giacca da cowboy con drappo bianco e nero e pantaloni neri.
"Mi salutò con un gesto della mano e restai impressionato: a Memphis in quei giorni, se eri alla radio, era come se tu fossi stata una star del cinema. Elvis era una celebrità".
Quando l'autobus partì, Elvis rimase indietro e seguì la squadra fino a Bartlett. Red non ebbe il tempo di chiacchierare con lui: fu portato in fretta e furia in uno spogliatoio e poi in campo, dove giocava al centro. Red riferisce con non poco orgoglio che Humes vinse contro Bartlett.
"Botai che Elvis se ne stava tranquillamente a bordo campo, guardando da sotto un albero. Stavo facendo una doccia, e uno dei ragazzi mi disse che Elvis era lì fuori. Mi asciugai e uscii per salutarlo".
L'aspetto di Elvis era migliorato notevolmente: era ingrassato e il suo viso non aveva più traccia di acne. I suoi capelli erano ben acconciati anche se aveva ancora un aspetto piuttosto scandaloso, sembrava aver perso quell'aspetto da delinquente e si notavai che aveva l'aspetto di un bel ragazzo. Elvis sembrava veramente contento di vedere Red.
"Ciao, Red, come va? Bella partita, amico".
Red era contento di se stesso e contento che Elvis fosse caloroso e amichevole. "Ehi, grazie amico. Ehi, sei proprio un grande. Ho sentito le tue registrazioni dappertutto. Sei una star".
Elvis sorrise timidamente: aveva ancora un po' soggezione di Red West. Era quasi come se Red fosse il ragazzo che Elvis avrebbe voluto essere.
Camminarono attraverso il campo verso la macchina. Quando raggiunsero la malconcia Lincoln verde, Presley disse: "Ehi, salta su, amico, facciamo un giro".
Improvvisamente Elvis disse: "Hey, perché non vieni anche tu una sera, magari nel fine settimana. Se non hai niente da fare, vieni quando vuoi".
Gli impegni di Red West non erano poi tanti. "Diavolo, sì, amico, mi piacerebbe molto".
Da quel momento fino al luglio 1976, quando un'amicizia che durava da una vita cominciò a crollare, Red fu il compagno di Elvis, l'amico, il protettore, l'uomo che vegliava su di lui nello stesso modo in cui avrebbe potuto fare suo fratello gemello, se fosse vissuto.
"Abbiamo passato un mucchio di bei momenti con Elvis", dice Red. "Ho avuto anche molti periodi difficili con lui. Elvis nel corso degli anni è cambiato, purtroppo... Ma ho imparato ad amare quel figlio di puttana, e nonostante tutto - forse lo amo ancora".


-FINE CAPITOLO 6-
25/09/2021 21:17
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CAPITOLO 7

Negli ultimi venti anni, l'adorazione di Elvis Presley ha superato di gran lunga quella di qualsiasi altro artista del ventesimo secolo. Secondo un sondaggio Gallup, il suo nome di battesimo, Elvis, ha ottenuto più riconoscimento di qualsiasi nome completo in tutto il mondo. L'adorazione ha superato di gran lunga quella di Rodolfo Valentino, Frank Sinatra e i Beatles. Per quanto riguarda il guadagno, Elvis Presley ha superato questi tre grandi talenti messi insieme. Sono stati venduti oltre 350 milioni di dischi. Il "Guinness dei Primati£ riporta che ha ha avuto più dischi d'oro (127) di qualsiasi altro cantante nella storia della registrazione. Se c'è un segreto per il suo successo fenomenale, è che è Elvis l'unico artista che può attrarre sia i bambini di dieci anni che i loro nonni. Non c'è più una speciale fascia d'età: Elvis Presley attraversa tutte le fasce d'età, tutti i gruppi economici, tutte le etnie e le nazionii. Il nome "Elvis" è conosciuto a Tokyo come a Berlino Ovest o a Johannesburg.
A parte il talento che ha portato Elvis in questa posizione, dobbiamo dire che il merito è in larga parte dovuto alla sua immagine. In un mondo di mutevoli costumi sessuali, Presley oggi è il sogno di ogni madre, il sogno di ogni ragazza adolescente, il sogno di ogni giovane donna. Presley è consapevole della sua immagine e la nutre isolandosi dalla stampa ed evitando interviste e apparizioni pubbliche, che non siano le sue esibizioni.
All'interno della sua stretta cerchia di amici e tra gli altri artisti, egli è altrettanto attento alla sua immagine. Quando una giovane donna affermò che Presley era il padre di suo figlio, combatté la cosa fino a quando ogni briciolo di sospetto sarebbe stato cancellato dalla mente dei suoi fans e non mise a tacere tutto pagando l'accusatrice.
Presley è un uomo di immensa sensibilità e intelligenza. Quando incontra qualcuno al di fuori della sua cerchia, è un maestro l'approccio per la conquista di amici e per influenzare le persone. Consapevole che la gente si aspetta che un intrattenitore della sua levatura sia qualcosa di fenomenalmente diverso, si presenta con tutta l'umiltà che il tempo e le circostanze lo permettono. È disarmante. Naturalmente, come ogni altro essere umano, Presley ha i suoi alti e bassi, i suoi umori solari e i suoi giorni bui.
Red West e Sonny West, come molti della "Memphis Mafia", possono raccontare molte cose riguardo la generosità travolgente di Presley e, subito dopo, narrare aneddotii per quella che credono sia un'ossessiva compulsione a essere un bambino troppo cresciuto ed egoista. A Presley non piace in modo normale qualcuno; lui lo ama fino al punto di soffocare. Non può essere semplicemente antipatico a qualcuno; ha la rara capacità di odiare con una passione impressionante. La moderazione non è mai stata una parola nel dizionario di Elvis Aron Presley.

Dave Hebler era un ritardatario. Red e Sonny dicono spesso che poche persone avrebbero potuto vivere fino a cento anni e fare tanti lavori come Dave Hebler. Nominate un lavoro e Dave Hebler nel suo passato l'ha fatto.
"So che mia madre, Willy, che vive ancora in Massachusetts, aveva sempre paura che sarei finito per strada a mendicare", dice Dave.
Quando ha incontrato Presley per la prima volta, nel 1972, molta della sua fanciullezza si era esaurita. La vecchia brigata della Memphis Mafia di Memphis aveva osservato i cambiamenti irreversibili della personalità di Presley. Ma Dave non aveva queste basi di confronto. Il fascino di Presley ebbe su Dave lo stesso impatto che ebbe sui fan e sugli addetti ai lavori. Anche nei suoi primi due incontri con Presley sul karate, prima nello studio di Ed Parker a Santa Monica e poi nel suo studio a Glendora, anche quando Presley sembrava afflitto da qualche malattia, il fascino lo colpiva come un ciclone.
"Pensavo che fosse la cosa più grande che avessi mai incontrato. Questo tizio non mi dava il tempo di parlare. In qualche modo aveva fascino, mi faceva sentire importante in un momento per me personalmente difficile. Non avevo mai incontrato nessun uomo che potesse disarmarti così totalmente con il suo fascino, con la sua generosità e con quello che sembrava essere amore spontaneo, come poteva fare Elvis Presley. Oggi si usa la parola carisma. Beh, Presley ne aveva a bizzeffe. Può entrare in una stanza senza dire una parola e riempirla di sole. Più tardi ho imparato che poteva entrare nella stessa stanza e riempirla di violenza. Può manipolare le tue emozioni come nessun altro essere umano. Improvvisamente ti sembra di vivere la tua vita in una serie di alti e bassi che dipendono dai suoi alti e bassi".
All'insaputa di Dave Hebler, Elvis Presley, dopo i suoi primi due incontri con Dave sui tappeti di karate, gli aveva dato la sua approvazione. Dave era l'ideale per un insider di Presley. Era tranquillo, rispettoso, riservato, e si rimetteva a Presley in un modo che Elvis ammirava. Dave era anche nei guai, ed era praticamente al verde. In seguito Dave si rese conto, come fecero Red e Sonny, che questo era un importante requisito per avvicinarsi a Presley.
Circa due settimane dopo il primo incontro di Dave con Presley, nell'autunno del 1972, Dave stava partecipando ad un incontro di karate diretto da Ed Parker.
"Stavamo parlando di organizzare alcuni tornei", ricorda Dave. "Parker era un organizzatore formidabile. Parker conosceva un sacco di gente, e se qualcuno può far qualcosa, quello è lui. È un tipo intelligente, per non parlare della sua abilità. Comunque, quando la riunione si concluse, Ed accennò casualmente che stava andando a casa di Elvis. Se mi piacerebbe unirmi a lui? Diavolo, sì, mi piacerebbe molto".
Dave allora non lo sapeva, ma nessuno va semplicemente a trovare Presley. Lui fa le cose con molta più pianificazione di quanto molti pensino. Non è mai spontaneo quando si tratta di incontrare persone. Ci pensa, ne discute con chi gli è vicino e poi agisce. Questo non è perché Presley sia un pianificatore nato - tutt'altro - ma perché, al di fuori di intrattenere, ha ben poco da fare per occupare il suo tempo. Ci sono periodi molto lunghi di noia per lui. Se Presley ha una sfida da affrontare, tutto va bene.
Ma nel 1972, molte delle sfide erano sparite dalla sua vita. Una delle motivazioni per cui cambiava auto come alcuni uomini cambiano i calzini è che non c'era assolutamente nulla al di fuori del suo lavoro e dell'ambiente che lo interessasse. Auto, ville, donne, gadget, amici - erano tutti giocattoli per spezzare la monotonia di un re in esilio. Quindi, negli ultimi sette o otto anni si è impegnato molto in cose minori. Se mai c'è il minimo cambiamento di programma che riguarda lui o il suo entourage, si tiene una riunione su larga scala per discutere il problema, non importa quanto piccolosia, nello stesso modo in cui il presidente di una banca discute una crisi fiscale. Dave Hebler era stato oggetto di una di queste riunioni. Il suo talento, la personalità, la posizione finanziaria e la sua abilità nel karate erano stati discussi con l'obiettivo di portarlo dentro come un potenziale insider.
"Elvis aveva preso subito in simpatia Dave", ricorda Sonny. "Così quella sera disse effettivamente a Ed Parker di portarlo a casa. La visita era abbastanza pianificata".
Presley a quel tempo viveva in un'altra villa a Beverly Hills, al 144 di Monovale Road. Era una bella villa com'era nella tradizione delle vere star del cinema.
Dave riprende la storia. "Elvis è lì seduto tranquillamente con i ragazzi. Charlie Hodge, il suo chitarrista ritmico, è lì. C'erano anche Sonny e la moglie di Sonny, Judy. Sonny e Judy vivevano in casa con Elvis. Era una serata tranquilla. Come al solito, io non dissi molto. Elvis mi fece un gesto e mi portò fuori nel vialetto. C'erano macchine dappertutto. Mercedes, Rolls, Cadillac. Sembrava uno showroom all'aperto per auto di lusso. In mezzo a tutto questo c'era questa bellissima, luccicante Stutz Blackhawk nera".
Elvis era estremamente orgoglioso di quest'auto. Sorrise e condusse Dave verso di essa. Accarezzò l'auto con una mano paterna e disse: "Mi è costata quarantamila, Dave. Credimi, amico, è una gran macchina".
La notte era chiara e frizzante, e dopo qualche altra parola, Presley disse: "Ehi, vuoi fare un giro? Saltiamo su e andiamo a fare un giro".
Ed Parker era uscito per raggiungerli. Presley si mise al posto di guida e Parker salì accanto a lui mentre Dave si sedette dietro di loro. Sonny e Charlie Hodge salirono su una Mercedes dietro di loro. Presley lanciò la macchina velocissima e Sonny e Charlie caddero all'indietro nei sedili.
"Era circa mezzanotte", dice Dave, "e non andammo da nessuna parte in particolar. A Hollywood in quei giorni non c'erano molte Stutz da vedere e quei pochi che la videro, rimasero colpiti. Poi Elvis era altamente riconoscibile. C'erano auto che facevano inversioni a U dappertutto. Altre macchine passavano a tutta velocità con persone che guardavano fuori dai finestrini. Il traffico a mezzanotte era impazzito. Fu allora che mi resi conto di come questo tizio non potesse fare un semplice giro di piacere in auto senza che si trasformasse in una specie di rivolta. Il potere andare in giro come una semplice persona gli era negato, e anche se ero impressionato da tutto il movimento che c'era, non potevo fare a meno di sentirmi dispiaciuto per lui. Era inutile. Fu inutile: dovette fare ritorno a casa".
Dopo un altro po' di chiacchiere, Ed Parker prese Dave in disparte con calma. "Dave, abbiamo qualcosa da discutere, un piccolo problema. Mi chiedo se puoi scusarci per un po'".
Dave andò in una stanza adiacente, accese una grande TV a colori, chiuse la porta e si sedette in silenzio mentre il gruppo all'interno discuteva dei propri affari.
"Ero seduto nello studio", dice Dave, "quando la porta si apre e Elvis entrò".
Sorrise a Dave e disse: "Dave, mi stavo chiedendo se potevi aiutarmi con qualcosa".
"Certo, qualsiasi cosa", rispose Dave.
Presley continuò: "Abbiamo questo problema qui". Dave era apprensivo; era la seconda volta che sentiva la parola problema.
"Francamente", dice Dave, "pensavo che avessero qualche problema con alcuni ragazzi, così pensavo che avessero portato me e Parker alla casa per risolvere questo in maniera rude. Ero pronto a tutto".
Presley fece cenno a Dave di andare verso la porta. "Ora questo problema qui...". Presley iniziò mentre apriva la porta d'ingresso. Dave aspettò con apprensione. Stava per affrontare un uomo con un coltello o cosa?
"C'è questa questa maledetta macchina che ingombra il vialetto, e mi chiedo se tu possa portarla via da qui per me... per sempre".
Dave non era sicuro di quello che stava sentendo. Presley voleva che si liberasse questa macchina, questa scintillante Mercedes-Benz? Di che diavolo stava parlando? Presley fece cenno a Charlie Hodge, prese un mazzo di chiavi della macchina e le mise nel palmo della mano di Dave. "Vai avanti", disse, "portala via, amico. È tua".
Dave impallidì. "Di cosa stai parlando? Voglio dire, cosa sta succedendo? Mi sono perso qualcosa?".
"È tua, amico", ripeté Presley. "Ti sto dando quella dannata macchina. E' tua".
"Cosa? Mi stai prendendo per il culo. È una specie di scherzo? Voglio dire..."
Quando Presley finalmente lo convinse che stava dando a Dave una Mercedes 280 SL da 10.000 dollari, Dave si sentì come se fosse stato colpito da un'ascia alla base del cranio.
"Ricordo che sono quasi caduto tra le sue braccia e l'ho abbracciato che avrei potuto dire? Grazie m! Grazie, grazie un milione..."
Dave ricorda di essersi emozionato e di avere quasi pianto per quello. Quante volte capita che qualcuno faccia visita a qualcun altro e se ne vada con un'auto da diecimila dollari? Era tutto un po' troppo per Dave. Elvis si comportò come se avesse dato via una graffetta. Sorrise e disse tranquillamente, "Ehi, amico, goditela". Poi entrò e si infilò al piano di sopra per andare a letto.
Tornato in casa, Dave apprese che la macchina era stata originariamente comprata per Charlie Hodge, ma Presley aveva deciso di fare il gesto a Dave proprio lì e così disse a Charlie Hodge di "sistemare i documenti e procurarsene una nuova" - il che significava comprare un'auto proprio in quel momento, alle tre del mattino
Charlie Hodge fece una telefonata a un certo signor Gold, il venditore della Hollywood Mercedes, pochi minuti dopo le tre del mattino. "Lo portarono a casa", dice Dave. "Charlie si accordò per avere una nuova Mercedes 450 SL".
Dave si voltò verso Sonny e, ancora stordito, disse: "Sonny, sai cosa ha appena fatto Elvis, amico? Mi ha appena dato una Mercedes".
Sonny alzò lo sguardo. Non poteva essere biasimato se sembrava un po' sordito. Aveva visto quella scena una dozzina di volte.
"Oh, sì, lo so, fantastico" fu la sua unica risposta. Poi aggiunse: "Charlie ne sta ricevendo uno nuovo proprio ora, a dire il vero".
Dave guardò con aria interrogativa. Cos'è questo? pensò. Sono tutti matti questi ragazzi? Due auto, due Mercedes-Benz di lusso, tutte comprate prima di colazione.
Prima dell'alba, Charlie Hodge aveva la sua nuova Mercedes.
"Elvis ha fatto molti affari con il signor Gold", dice Sonny. "Certo, lui si sarebbe alzato dal letto e avrebbe sistemato tutto. I venditori d'auto dovrebbero avere sempre questi problemi...".



I ragazzi avevano ordinato del cibo cinese e stavano facendo un banchetto mattutino mentre il re dormiva al piano di sopra.
"Ricordo che ero così eccitato che volevo mangiare il mio cibo cinese in macchina".
Dave non aveva mai comprato una macchina nuova. Aveva guidato in una serie di autto scassate di seconda mano. "Significava qualcos'altro per me", ricorda Dave. "Mi ero separato da mia moglie, e c'era il trauma della separazione con i bambini. Mi sono sentito piuttosto giù per un lungo periodo. Avevo lasciato il mio lavoro e mi stavo facendo il culo per pagare i debiti e cose del genere. All'improvviso questo. Mentre guidavo verso casa come su una nuvola, ho pensato, forse questa è la luce alla fine del tunnel. Forse questo è l'inizio di qualcosa di nuovo. Forse ora arriveràuna nuova era. E, naturalmente, questo è esattamente quello che è stato, una nuova era".
Dave divenne un visitatore regolare della casa di Monovale Road, anche se vedeva Presley solo occasionalmente. Elvis scendeva nello studio, si scambiava i saluti, era super educato e scompariva. Non menzionò mai più il regalo esotico a Dave. Era un regalo, e non se ne doveva più parlare. Ogni volta che Dave vedeva Presley, c'era solo un caloroso "Ciao, Dave, come va amico? È bello vederti".
Dave vide molto Sonny e Red. "Voglio dire, Elvis non è il tipo di persona con cui puoi andare al bar e berti una birra con lui. Così, in realtà, mi sono avvicinato abbastanza a Sonny e Red, ed Elvis mi salutava sempre ogni volta che mi vedeva. Non volevo apparire appiccicoso. Non volevo essere sempre in mezzo ai piedi".
Nella primavera del 1973, Dave doveva aiutare Presley in un modo che importante per Elvis era importante. Accadde al California State Karate della California a San Francisco. C'erano studenti di karate provenienti da tutti gli Stati Uniti e da altri paesi. All'epoca era, infatti, il più grande torneo di karate del mondo.
"Andai lassù da Los Angeles con Ed Parker", ricorda Dave "con un po' di miei studenti. Eravamo tutti molto eccitati. Era il più grande momento dell'anno per chiunque era interessato al karate. Elvis stava arrivando per guardare i tornei. Un uomo di nome Ralph Castro stava promuovendo l'evento.
"Quando arrivammo in città il venerdì sera, notammo che c'era la pubblicità sul giornale la quale affermava che Elvis Presley sarebbe stato al torneo in persona. E all'entrata dell'arena c'era un grande tendone che diceva "Elvis Presley in persona". Non pensammo nulla di tutto ciò in quel momento, ma all'epoca, ma avrebbe causato un sacco di problemi. Andammo alla Hyatt House, dove alloggiava Elvis. Ci incontrammo con Joe Esposito e Jerry Schilling".

Schilling è un uomo di bell'aspetto, un ex atleta di punta della Memphis Catholic Schools. Si mantiene in forma impeccabile ed è un devoto ai cibi salutari. Era un ragazzo di Memphis e un membro fedele della della Mafia di Memphis. Ma Schilling e Presley avevano le loro differenze. Schilling, insieme a Sonny, Red e Dave, era molto più schietto nella sua filosofia rispetto a molti altri membri dell'entourage. In politica, sembrava seguire una linea liberale, e spesso offriva argomenti convincenti nelle lunghe discussioni che i ragazzi avevano con Presley. Quando si arrabbiava, Presley si riferiva spesso a Schilling come "quel bastardo". Inoltre, Schilling era cattolico. Presley era stato un generoso contribuente di vari enti di beneficenza cattolici ma, secondo
i ragazzi del West, considerava il cattolicesimo un ramo pericoloso del cristianesimo. Nonostante tutto questo, Presley lo tenne con sé. La loro relazione superò molte tempeste prima che Schilling lasciasse l'entourage. Più tardi durante quella sera, ricorda Dave, qualcuno menzionò a Presley il fatto che la pubblicità del telegiornale affermava che sarebbe stato presente al torneo di persona.
"Improvvisamente si scatenò l'inferno", ricorda Dave. "La voce era arrivata al Col. Tom Parker, e lui era furioso per questo. "Non sapevo cosa fosse tutto questo trambusto, ma poi qualcuno mi ha informato. Apparentemente, l'accordo era che Elvis doveva apparire a Lake Tahoe entro le tre settimane successive. C'era una clausola nel contratto che diceva che non poteva apparire in pubblico nel raggio di seicento miglia entro trenta giorni dal suo show a Tahoe. Ora il Col. Tom Parker è uno degli
uomini d'affari più tosti del mondo. Una volta che ha dato la sua parola, puoi depositarla in banca. Si aspetta che tutti tengano fede ai loro patti, e lui mantiene il suo. Se avesse voluto, avrebbe potuto dire ad Elvis di andare sedersi in prima fila, alzarsi e salutare la folla. Questo li avrebbe soddisfatti. Probabilmente, sarebbe andato bene. Ma il vecchio non voleva che qualcuno tornasse da lui e dicesse che l'apparizione di Elvis ad uno spettacolo di karate costituiva un'apparizione pubblica. Non aveva intenzione di poter sembrare che mancasse alla parola data. Era un fanatico nel dare una stretta di mano su un accordo o nel dare la sua parola".
"L'ordine che Elvis non dovesse apparire al torneo. arrivò ed egli fu molto deluso. Era un altro caso in cui non riusciva a godersi le cose semplici della vita. Per un po' Ed Parker fu ai ferri corti con Elvis perchè fu lui a prendersi la colpa di questa cosa".
Ma ci fu un altro problema: chi si sarebbe presentato davanti a diecimila esperti di karate per dire loro che erano stati ingannati nel pensare che Elvis Presley stesse per fare un'apparizione ufficiale ?
"Beh", dice Dave "Mi presi questa responsabilità. Sembrava che stessimo facendo una truffa e, francamente, anche se tutti erano innocenti, era praticamente vero. Mi alzai e feci l'annuncio. Ero preoccupato che sarebbe scoppiata una rivolta. Ci furono un sacco di fischi, e alla fine ho detto alla folla 'Chiudete il becco; siamo venuti qui per vedere del buon karate. Se qualcuno vuole indietro i suoi soldi, vada pure al botteghino'. Beh, si calmarono e con mio immenso sollievo solo quattro persone chiedettero i
soldi indietro. Grazie a Dio non c'è stata una corsa allo sportello".
Quando Ed Parker era ai ferri corti con Presley per la faccenda, Dave non lo sapeva, ma lo era anche lui. "Era una specie di senso di colpa per associazione. Probabilmente neanche Ed lo sapeva, perché da allora ha aiutato Elvis molto con il lavoro di sicurezza, ma stava per essere bloccato".
Sia Sonny che Red dissero ad Elvisi come Dave gestì bene quella che altrimenti avrebbe potuto essere una cattiva pubblicità per Presley stesso. Elvis si comportò come se l'avesse sempre saputo.
"Voi sottovalutate i miei poteri", disse loro. "Sapevo che tipo di uomo era Dave Hebler dal primo giorno che l'ho incontrato. Riesco a vedere queste cose molto prima di altre persone. Sapevo che Hebler se ne sarebbe occupato. Perché pensi che gli abbia dato quella macchina, tempo fa"
Era il tipico commento di un uomo che crede sinceramente di avere poteri soprannaturali. E, anche se sembra bizzarro, Red West non è del tutto convinto che Elvis non possieda certi poteri.
"Molte di queste cose sono abbastanza folli", dice Red, "ma non posso fare a meno di credere che ci sia qualcosa di speciale in Elvis. Ho visto delle cose strane accadere con quell'uomo, e non posso pensare che siano tutte coincidenze".
Dopo questo Dave fu di nuovo un gradito visitatore in casa Presley. Veniva principalmente per vedere Sonny e Red, ma spesso si fermava a chiacchierare con Elvis.

Nel luglio 1974, Dave e Red West si stavano allenando sul prato della casa al 144 di Monovale Road con alcune mosse di karate. Red stava imparando da Dave. Improvvisamente, dal nulla, Dave sentì un urlo da una finestra aperta.
"Alzai lo sguardo e vidi Elvis che mi salutava con la mano. Gli risposi al saluto e pochi minuti dopo, mentre io e Red ci stavamo ancora allenando, Elvis apparì sulla porta di casa. Aveva un grande sorriso sulla faccia ma quello che era insolito era ciò che Elvis teneva in mano. Era un mitra Thompson... Elvis me lo puntò contro", ricorda Dave, "e urlò: 'Rat-tat-tat-tattat... Di sicuro batte il karate, eh, Dave?".
Dave sorrise debolmente e disse: "Certo che sì, Elvis".
"Dimmi, dove dove trovi un tizio con una dannata mitragliatrice che fa un gesto del genere ? Era pazzesco".
Red risponde: "Credo che l'arma sia arrivata da Chicago e non sia mai usata. Questo è tutto quello che so onestamente. La portava spesso in giro con il maledetto M 16. Ma quando si hanno jet noleggiati e cose del genere., non c'è bisogno di passare attraverso tutta quella roba di sicurezza. Inoltre, la maggior parte del tempo Elvis viaggiava su aerei di sua proprietà, quindi non aveva intenzione di dirottarli... Quindi non doveva passare attraverso quei cancelli elettronici che rileverebbero le armi.
"Noi siamo del Sud e quindi abbiamo dimestichezza con le armi. Ma Elvis è assolutamente perverso a riguardo. Comprerebbe un'armeria se ne avesse la possibilità. È davvero perverso, amico. Come questo non l'abbia mai messo nei guai, non lo so".
26/09/2021 20:20
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CAPITOLO 8

Linda Thompson era più elegante della maggior parte delle modelle e più bella di molte star del cinema. Forse, aveva più vestiti di Jackie Onassis ed ovviamente altrettanti gioielli. Dalla sua separazione da Priscilla nel 1972 e a seconda dell'umore di Presley, lei è stata, di tanto in tanto, la sua fidanzata.
Nel febbraio 1974, Presley aveva appena terminato un'altra esibizione all'Hilton di Las Vegas. Elvis, Sonny e Linda si erano ritirati nella Imperial Suite al trentesimo piano, che era diventata la casa del cantante mentre era a Las Vegas. In un momento particolare della notte, Linda Thompson era seduta nel lussuoso bagno della della Suite quando, improvvisamente, fu scioccata da un'esplosione. Un piccolo strappo apparve nella carta igienica, alla sua destra. Quasi contemporaneamente, lo specchio a muro sulla porta dell'armadio si frantumò. Linda si precipitò nella stanza principale. "Cos'è stato ? In nome di Dio, cos'è stato?"
Elvis e Sonny erano stati raggiunti da Red West. L'unica persona che sembrava essere calma era Elvis che era sdraiato su un divano, con la testa appoggiata a diversi cuscini. Nella sua mano destra c'era il suo revolver preferito, un calibro 22 Savage. La canna era ancora fumante. "Hey, tesoro, non ti agitare..."
Elvis aveva appena fatto un po' di pratica di tiro al bersaglio. Sonny ricorda l'incidente, uno dei tanti in cui Presley si arrese alla voglia di sparare alla cieca con una delle sue tante pistole.
"Elvis non è mai senza una pistola", ricorda Sonny. "Per lo più ne porta con sé due o anche tre. Anche quando è sul palco, porta una piccola Derringer a quattro colpi nella parte superiore del suo stivale. Diceva sempre che ha bisogno di pistole come protezione contro i pazzi. Beh, devo ammettere che ci sono così tanti matti da giustificare le sue dozzine di pistole. Nel corso degli anni ne ha comprate centinaia. Io porto una pistola e faccio molta attenzione quando porto la pistola, così come quando guido sulla Hollywood Freeway, ma Elvis è così dannatamente sbadato con che fa paura. Non sarei minimamente sorpreso se un giorno prendessi un giornale e vedessi che Elvis ha sparato accidentalmente a qualcuno. Penso che stesse cercando di colpire un portalampada sulla parete opposta" dice Sonny di quella notte. "Beh, è un pessimo tiratore e l'ha mancato. Quel dannato proiettile ha attraversato il muro e ha mancato Linda per pochi centimetri. Se lei fosse stata in piedi vicino al porta carta igienica, le sarebbe passato proprio attraverso la sua gamba. Se avesse cambiato rotta o fosse rimbalzato su qualcosa, avrebbe potuto ucciderla".
Quella notte in particolare, Elvis fece finta che tutti stessero facendo delle storie per niente, ma Sonny sentiva che interiormente doveva essere rimastp shoccato anche lui.
Gli impulsi a sparare di Presley potevano arrivare in qualsiasi momento; la suo passione per le armi, unita alla noia dolorosa della prigione virtuale, lo rendevano come un bambino con un giocattolo, ma i giocattoli erano pistole vere, con proiettili veri. Una notte in questo stesso periodo, Elvis e Red West erano seduti nella sala da pranzo dell'Imperial Suite.
Red ricorda: "Sopra il tavolo c'è questo grande lampadario con circa quindici o venti luci. Elvis era seduto con i piedi sul tavolo quando estrasse la pistola, una Savage 22, se ricordo bene. Cominciò a sparare con disinvoltura a queste lampadine. Non so quante volte ha ricaricato quella dannata arma ma continuà a ricaricare finché non fece saltare tutte le lampadine. L'intonaco cadeva dal soffitto e c'erano buchi dappertutto". La direzione dell'Hotel Hilton gli presentò un conto salato.
È difficile dire cosa rende un uomo ossessionato dalle armi. Elvis non aveva il minimo rispetto per loro, anche se sapeva cosa potessero causare.
Red spiega. "Io non c'ero quando è successo, né c'era Sonny, quindi possiamo solo basarci su quello che ci ha detto 'E'. Ma sembra che sia stato nei primi tempi, quando ero via nei marines. Elvis era in un bar o forse era un ristorante sulla Lamar Avenue, a Memphis. Da come lo racconta lui, c'era un marinaio che gli dava del filo da torcere per i suoi vestiti e i suoi capelli lunghi. Dopo un po' tira fuori una pistola finta. Si avvicina a questo marinaio, gli infila la pistola sotto il mento e dice 'Ascolta, figlio di puttana, voglio che ti metti sull sull'attenti e mi chiami signore'. Il marinaio si caga sotto e si mette sull'attenti. Poi Elvis gli dice: 'Ora esco a prendere un po' d'aria fresca e quando torno voglio vederti ancora sull'attentii'. Elvis disse di essere uscito e di essere salito in macchina. Fece il giro dell'isolato e, quando passò di nuovo davanti a quel posto, vide il marinaio ancora sull'attenti. Elvis disse che questo gli rimase impresso nella mente e pensò che la pistola fosse un buon aiuto quando si trattava di bulli".
Durante la sua giornata tipo, Elvis si alza alle quattro o anche alle cinque del pomeriggio. A seconda del suo umore, ordina una colazione abbondantissima. Spesso, mentre mangia, ha una delle sue tante pistole al suo fianco. Accende sempre il televisore.
I ragazzi pregano sempre che non ci sia niente che non gli piaccia.
"Per esempio", dice Red, "a Elvis non piacciono molti altri cantanti. -almeno quelli viventi. Ammirava molto Bobby Darin, ma è passato a miglior vita. Ma in generale Elvis avrà sempre qualcosa di critico da dire su un altro cantante. Non gli piace la concorrenza. La cosa peggiore è che, per qualche motivo, odia davvero Robert Goulet. Non ricordo nemmeno se l'avesse mai incontrato o se l'avesse visto esibirsi dal vivo. Comunque, un pomeriggio del 1974, sta facendo colazione e sul grande schermo del televisore appare Robert Goulet. Molto lentamente, Elvis finisce quello che ha in bocca, mette giù il coltello e la forchetta, prende questa grossa calibro 22 e -boom- spara al vecchio Robert e fa a pezzi lo schermo e il televisore. Poi mette giù la pistola prende il coltello e la forchetta e dice: 'Basta con questa merda', e continua a mangiare. Parlandone ora, con persone normali, mi rendo conto di quanto fosse strano tutto quello. Ma all'epoca, devo ammettere che tutti lo assecondavamo. Ogni volta che faceva qualcosa del genere, ridevamo tutti come matti come se fosse stato un grande scherzo. Suppongo che quando facevamo lo incoraggiassimo. Ma se quel proiettile fosse rimbalzato sul televisore e avesse colpito qualcuno, non sarebbe stato così divertente. Una sera il proiettile di una pistola di Presley rimbalzò su un televisore e colpì qualcuno. Era in una suite con due camere da letto all'Holiday Inn - o forse era il Ramada Inn, non lo so, è accaduto in così tanti posti - ma ricordo che era appena fuori dall'autostrada ad Asheville, North Carolina, e ci stavamo preparando per lo show".
Nella stanza c'era il padre di Elvis e il Dr. George George Nichopoulos, un medico di Memphis di origine greca che spesso viaggiava con l'entourage per curare Elvis. Il Dr. Nick, come viene chiamato, è un uomo basso, di bell'aspetto, con una folta chioma di capelli bianchi ed una predilezione per anelli, bracciali e orologi, una preferenza che Elvis ha assecondato con molti regali costosi. Il Dr. Nick ha aiutato il cantante a superare alcuni brutti momenti della sua vita, sia fisicamente che emotivamente. Faceva del suo meglio, ma non riusciva, per dissuadere Presley da una dieta folle che ucciderebbe un maiale, ed aveva un interesse decisamente paterno per la superstar. Il figlio del Dr. Nick, Dean, era spesso parte dell'entourage di Presley, ed era molto vicino alla famiglia.
"Non riesco a ricordare esattamente cosa lo causò", dice Sonny, "ma appena prima dello spettacolo, Elvis estrasse un revolver che era nascosto nella sua cintura e fece saltare in aria un dannato televisore nella sala principale. Questa volta il proiettile - credo fosse un calibro 22 - attraversò il televisore, rimbalzò e uscì di nuovo. Fischiò oltre la testa di Vernon e colpì il Dr. Nick proprio sotto il cuore. Grazie a Dio, quando il proiettile raggiunse il dottor Nick la sua forza era completamente esaurita e rimbalzò sulla sua tuta, cadendo sul pavimento".
Dave Hebler era sul balcone della suite quando sentì il colpo di pistola ed entrò di corsa. A quel punto Sonny aveva rapidamente trascinato il televisore dalla stanza, sostituendolo con un altro preso dalla camera da letto. Sonny ricorda che c'erano delle che le guardie che aspettavano fuori. Bussarono alla porta per vedere che cosa fosse accaduto. Un altra guardia del corpo di Elvis, Dick Grob, un ex pilota della U.S. Air Force ed ex poliziotto di Palm Springs che si era unito a llo staff della Memphis Mafia, fece una piccola chiacchierata a cuore aperto con le altre guardie di sicurezza e appianò la situazione.
"Raccontò loro una balla ma le guardie se ne andarono", dice Sonny. Più tardi Elvis regalò al capo della sicurezza un orologio d'oro".
La stampa ed il opubblico non seppero nulla dfell'accaduto. Questo fu il momento in cui il Dr. Nick rischiò un attacco di cuore, nonostante fosse completamente sano...
"Onestamente", aggiunge Red, "non so dirvi quanti televisori siano stati distrutti per mano di Elvis. Gli sparava nelle camere d'albergo e in tutte le case che aveva. Ne ha colpito uno enorme a Graceland, quello che aveva nella sua camera da letto. Ci sparava nella casa di Palm Springs..."
Nessuno gli disse una parola al riguardo, anche se una volta gli fu chiesto di motivare le sue azioni. Il rimprovero venne dalla sua figlia Lisa Marie che q quel tempo aveva sette anni. Dopo aver visto uno di questi televisori in frantumi, lei disse: "Papà, perché hai sparato alla TV ?"
Lui sorrise e le rispose: "Oh, tesoro, c'era c'era qualcosa che a papà non piaceva".



Elvis andava regolarmente a fare shopping nei negozi di articoli sportivi per le sue pistole. Le comprava come comprava le sue auto. Nel 1970, durante una festa a Beverly Hills di cui Sonny ha ancora la lista della spesa, Elvis, in un solo mese, comprò trentadue pistole, un fucile a pompa ed un altro fucile. L'arsenale includeva chicche come un revolver Colt Python 357 intarsiato in oro che costava 1.950 dollari ed un revolver 44 Ruger Blackhawk, anch'esso placcato in oro, che costava 1.850 dollari. Il resto variava nel prezzo da oltre 1.000 dollari fino a 66 dollari per una Derringer. Il costo totale di quella spesa fu di 19.792 dollari.
"Quella Derringer a quattro colpi che porta nello stivale sul palco, beh, una sera gli stava irritando la caviglia", dice Red West. "Elvis interruppe il concerto e la estrasse. C'erano poliziotti dappertutto e se non videro quella scena assieme al pubblico, allora significa che erano ciechi. Elvis l'appoggiò sul palco accanto a Charlie Hodge. Charlie la raccolse e se la mise in tasca. Una sera in tour, quando aveva quella sua dannata Magnum, dopo aver volato con uno dei suoi aerei privati fino a Dallas, credo. Elvis aveva dormito per tutto il viaggio ed era in pigiama. Spesso dormiva in aereo e andava direttamente in albergo e poi di nuovo a letto. Ma aveva con sè questa Magnum nella parte superiore del pigiama ed indossava un cappotto sopra il pigiama, ma la sua parte superiore non era abbastanza robusta per contenere questa grande pistola che continuava a cadere. Elvis era sotto l'effetto di sonniferi e non sembrava sapere cosa stesse succedendo. Mentre Elvis stava scendendo dalle scale dall'aereo, la Magnum cadde davanti ai poliziotti che erano ovunque, per contenere la grande folla che lo stava aspettando. Era notte e pioveva un po' ed mi misi, con una torcia, alla ricerca di una dannata Magnum. Finalmente la trovai ed Elvis me la prese come se gli fosse caduta una monetina, senza alcuna preoccupazione. Non saprò mai il motivo per cui tutto questo non sia uscito sui giornali".
Le pistole di Elvis, almeno quelle che porta con sé, sono sempre cariche, ma non completamente.
Sonny racconta: "È un'abitudine che ha preso da me. Avevo un amico a cui era caduta la pistola e sparò e lo colpì dritto al cuore, uccidendolo all'istante. Dopo l'accaduto, ho sempre fatto in modo che con Elvis, lasciassi sempre la prima "camera" vuota per due motivi. Primo, non voglio che la stessa cosa accadda a me, e secondo, se sto lottando con qualche pazzo durante uno spettacolo e la mia pistola cade, potrebbe esplodere e colpire qualcuno nel pubblico, il che sarebbe una tragedia".
"Elvis sa che ha un brutto carattere", dice Sonny. "Quando ha un flash, può succedere di tutto. Se preme il grilletto in preda alla rabbia, il colpo andrà a vuoto e gli darà giusto il tempo di rendersi conto cosa diavolo sta facendo. Ricordo una volta al Memphian Theater di Memphis che il cinema che Elvis affittava spesso per guardare i suoi film preferiti. Quella sera c'era una gran folla; lui andò in bagno ma ci restò un po' troppo a lungo. Un amico cominciò a bussare alla porta e ad urlare ma in maniera scherzosa. Non riesco a ricordare chi fosse, ma credo che fosse qualcuno che non era abbastanza vicino ad Elvis per potersi prendere troppa confidenza. Elvis gridò di rimando: 'Ok, amico, ok'. Ma questo tizio continuava a busare in modo dannatamente stupido e questo lo avrebbe imparato molto presto. Elvis ebbe uno dei suoi momenti d'ira. 'Dannazione!' gridò mentre usciva 'Chi ti credi di essere, figlio di puttana?' Estrasse la sua pistola, la puntò verso il ragazzo e premette il grilletto. Grazie a Dio, non aveva il primo proiettile altrimenti gli avrebbe fatto saltare in aria la testa".



Quando gli sbalzi d'umore lo coglievano in una qualsiasi delle sue numerose ville, quel posto sembrava un poligono di tiro. Prendeva una pistola o un fucile e iniziava a sparare per il puro gusto di farlo. Anche quando non era in uno stato di eccitazione per la sua auto-prescrizione di farmaci, passava ore ad esercitarsi su tutti i tipi di tiro al bersaglio. Uno dei suoi passatempi preferiti era quello di riempire la sua piscina con palloncini o lampadine e farle esplodere finché la piscina non diventava un cimitero di gomma scoppiata o di vetri rotti. Questo eccentrico hobby, forse, avrebbe potuto sembrare poco pericoloso.
"Ma", dice Red, "quello che era veramente incredibile era quando mostrava le sue pistole in una strada pubblica".
Red, Sonny West e Dave Hebler furono presenti in dozzine di occasioni in cui la star si è infuriò semplicemente per una macchina che lo sorpassava. Molte volte aveva tutte le ragioni per arrabbiarsi poiché molti che lo notavano, spesso gli passavano accanto urlando insulti e facendogli gesti osceni. Ma alcune volte, degli automobilisti che non lo avevano nemmeno riconosiuto, lo sorpassavano in autostrada ed Elvis, che nutriva l'ambizione infantile di diventare un poliziotto, più volte inseguiva l'autista
e urlandogli di accostare, mostrando uno dei suoi tanti distintivi della polizia che collezionava come alcuni ragazzini collezionano biglie, facendo poi una ramanzina all'incredulo automobilista".
"Crede di fare le legge egli stesso", dice Dave Hebler. "Nell'mdustria dell'intrattenimento, aveva tutto il diritto di spadoneggiare, diciamo così: faceva un sacco di soldi per molte persone e questo poteva essere, in una certa misura, compreso. Ma perdeva di vista la realtà perché quando esce nel mondo reale non riesce a distinguere tra quello e il mondo fittizio dello show business dove era il re. Crede ancora di essere al comando di tutto, è come un re isolato, come l'imperatore del Giappone o la regina d'Inghilterra. Nonostante le sue umili origini, non ha avuto contatti con il mondo esterno per molti anni. Elvis non sa quanto costa una fetta di pizza nel centro di Los Angeles. Non sa quanto paga un ragazzo medio per una camicia. Lui è lontano da tutto questo. Quando qualcuno lo sorpassa in macchina a settanta miglia all'ora, dice: 'Chi si crede di essere, a fare così? Non può correre". -anche se Elvis corre sempre come un pazzo. È come se qualcuno cercasse di usurpare i suoi privilegi. Ti assicuro che quest'uomo è uno studio molto interessante. Non ha assolutamente alcun autocontrollo, da cui la storia della pistola che spara. Come un ragazzino che prende un sasso e lo lancia attraverso una finestra senza una vera ragione a parte il fatto che era lì, Elvis prenderà una pistola e la userà per sparare. Non posso onestamente credere che giochi sempre con le pistole perché è cattivo... In generale, credo che sia come un incontrollabile ragazzo".
Dave ricorda un esempio perfetto. Stava accompagnando il cantante lungo l'Elvis Presley Boulevard, fuori dalla sua villa di Graceland. Era l'estate del 1974, in una piacevole e calda serata. Dave stava entrando nell'ingresso di Graceland rallentando, quando perché l'ingresso era intasato dal normale gruppo di fans che vegliano ventiquattr'ore su ventiquattro.
"Proprio allora", dice Dave, "ho notato una macchina parcheggiata contro il muro di Graceland. Sopra c'era una lattina di birra. Appena ho visto questo ho pensato che potesse essere un tiro al bersaglio per Elvis, poi mi sono detto che non lo avrebbe mai fatto davanti a queste persone fuori da quel maledetto cancello. Col cavolo che non l'ha fatto. Tirò fuori una pistola, si sporse e -blam- cercò di buttare giù la lattina dal tetto. Lo mancò di un miglio ed imprecò. Sono quasi morto. E se qualcuno racconta l'incidente a un giornalista? Beh, non sembrava preoccupare nessuno tranne me. Amico, quella pistola mi faceva impazzire. Sono nervoso con chiunque non maneggi una pistola con la stessa cura con cui maneggerebbe un serpente a sonagli. Ho perso un occhio da bambino perché un pazzo bastardo è stato incauto con un fucile ad aria compressa. Dopo quell'incidente della lattina di birra, Elvis si è messo a ridere, ha rimesso la pistola nella cintura ed e abbiamo continuato a guidare. Nelle case di Elvis, potresti anche accasciarti su un divano e all'improvviso ritrovarti seduto su una pistola vagante. Sonny lo fece una volta, e questa pistola era incastrata verso l'alto tra due cuscini. Si è seduto proprio sulla punta della canna, su per il culo. Cavolo, questa è pura e semplice negligenza da pazzi. A volte ci sono dei bambini che girano in quei suoi posti".



Bisogna dire che le pistole di Elvis sono del tutto legali e con licenza. Si dà molto da fare per fare amicizia con le forze dell'ordine in tutto il paese. Non è che le voglia dalla sua parte per coprire qualcosa; è solo che - secondo i ragazzi del West e Dave Hebler- è impressionato dal macho che c'è dietro l'essere un poliziotto. È ossessionato dall'autorità che dà un'uniforme o un distintivo della polizia. Farebbe di tutto per ottenere quei distintivi. Gli è stato anche rilasciato un legittimo distintivo da sceriffo da Shelby County, Memphis. Infatti, tutte le sue guardie del corpo, compresi Red, Sonny e Dave, possiedono distintivi da sceriffo della Contea di Shelby. Anche il suo medico, George Nichopoulos, ne aveva uno. Elvis se li procurò attraverso i suoi contatti nel dipartimento dello sceriffo. Non sono distintivi onorari; sono distintivi legittimi che permettono al titolare di portare una pistola. I possessori di questi distintivi li legittimano ad essere un normale vice sceriffo.
"Immagino che abbia distintivi di poliziotti, sceriffi degli stati dell'Unione", dice Sonny. Se un'organizzazione di polizia locale gli offre un distintivo onorario, perde interesse. Se non può avere quello vero, non lo vuole affatto e ignora chiunque gli offra qualcosa di meno di quello vero".
Elvis è un amico intimo dell'ex sceriffo Bill Morris di Shelby County, un poliziotto che lavora sodo. Presley coprò a Morris una nuova Mercedes scintillante ma questo fu un regalo spontaneo.
Sonny racconta: "Lo sceriffo fu colpito dal regalo". Sonny ricorda che all'inizio del 1971, lo sceriffo Morris organizzò per Elvis e Sonny una visita al National Sheriffs' Conference Building di Washington.
"Elvis ne rimase molto colpito", dice Sonny, "lui che conosceva i migliori poliziotti del paese. Si eccitava per questo. Comunque, arriviamo a Washington e siamo stati accolti molto bene dai Federali, che erano un gran bel gruppo. Ci stesero, in pratica, il tappeto rosso. Ci portarono nel Federal Building e ci mostrarono i reperti di tutti i più grandi crimini della storia. Era come un museo e sia io che 'E' eravamo molto interessati. Rapimenti, omicidi, assassinii... C'era ogni sorta di reperti e documenti. Era
affascinante. Prima di entrare nell'edificio, i federali che ci stavano facendo da guida, pensarono che avessimo delle armi. Come è la regola, ci chiedettero di deporle. Mi sono tolsi la fondina dalla spalla e la chiudetti nel bagagliaio della macchina.
Immaginai che Elvis non avesse la pistola, perché non fece una mossa. Mentre stavamo passando in rassegna questi locali, Elvis andò in bagno e gli agenti federali ci seguirono. Come di consueto, Elvis va sempre in una cabina per fare pipì; appena uscito, Elvis si china per aggiustarsi la scarpa o qualcosa del genere e mentre lo fa, una 25 automatica cade fuori e sbatte sul pavimento di piastrelle. Dio, il mio cuore si fermò. C'erano questi ragazzi dell'FBI, così gentili da portarci in giro e che ci dicono gentilmente di toglierci le pistole perché ci sono regole nell'edificio federale sulle armi nascoste, regole che io capisco perfettamente e rispetto pienamente. Bene, Elvis guarda questa pistola sul pavimento, la raccoglie con calma e la mette nella sua cintura. Sorride in modo infantile ai federali, e i federali sorridono a loro volta. Il vecchio Elvis, quando usava il suo fascino, poteva fregare chiunque..."

-FINE CAPITOLO 8-
27/09/2021 21:07
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CAPITOLO 9

Elvis è pieno di contraddizioni e complessità. La sua generosità si scontra con il suo egoismo; i suoi momenti solari si scontrano quelli neri; la sua voglia di serenità si scontra con la sua facile acquiescenza alla noia. Naturalmente, queste contraddizioni sono presenti anche nella maggior parte degli esseri umani, ma normalmente si ha quella cosa chiamata maturità, quella moderazione che fa scattare un campanello d'allarme quando ci si spinge troppo in modo esagerato.
Dave Hebler dice: "Senza cercare di essere uno psichiatra dilettante, il modo migliore per spiegarlo è che tutto ciò che Elvis fa, tutto ciò che lo interessa, tutto ciò che prende fino ad annientarlo. Se improvvisamente gli piace un certo cibo, lo mangerà quattro volte al giorno, per un mese, fino a quando non lo farà vomitare fisicamente".
Ci sono ragioni per questa apparente mancanza di maturità. Uno è che da prima dei ventuno anni era costantemente avvolto nel suo status di celebrità, confezionato e venduto a milioni di persone adoranti. Non c'era bisogno di sviluppare la maturità. Forse l'immaturità è proprio ciò che rende un uomo come Elvis così irresistibile per milioni di persone. È uno dei pochi Peter Pan che è riuscito non solo a sopravvivere ma a prosperare. Ma la ragione di base risale all'infanzia. Per i primi diciassette anni della sua vita, fino a quando lasciò la Humes High School, le influenze che lo plasmarono nella fase del passaggio alla maturità erano molto più confuse e sfocate di quanto si possa pensare. Per i bambini poveri, gli obiettivi della vita tendono ad essere semplicemente disegnati. In molti modi, i ragazzi onesti, rudi e duri come Red West avevano la vita più facile. Sembravano avere meno scelte, se non altro in virtù del fatto che si concedevano meno ambizioni. I giovani come Red West non si concedevano sogni. Se lo facevano, tenevano quei sogni per sé. Parlare di sogni a Memphis era come portare le trecce: in qualche modo non era virile.
Red ricorda: "Non avevo molta confusione in testa. Ho sempre voluto essere un musicista o forse un giocatore di football, ma non mi aspettavo qualcosa da quei sogni. Riconoscevo, credo, di essere un po' bifolco. Ho giocato a football, ho fatto le mie risse.... Venivo da una famiglia disastrata: per me, avere un buon lavoro fisso, abbastanza soldi per qualche birra, crescere una famiglia con un paio di bambini era il meglio che potessi sperare. Volevo solo andare avanti con la vita".
In passato, molti ragazzi del Sud pensavano che il lavoro migliore e più stabile fosse combattere in Corea o in Vietnam. Red entrò nei marines, senza sapere cosa avrebbe fatto dopo. Naturalmente, nonostante il suo carattere e i suoi pugni volanti, Red era un ragazzo sensibile, come la sua carriera di cantautore più tardi avrebbe dimostrato. Ma se ci fu qualche fremito di sensibilità nei suoi primi vita, quando incontrò per la prima volta con Elvis, sapeva bene che non doveva mostrarla troppo. Con Elvis Presley era diverso: in primo luogo, il suo status di figlio unico e ls sua madre amorevole, distinguevano Presley dagli altri ragazzi dell'isolato. Presley sembrava ai suoi coetanei avere un enorme pacco confezionato. Uno dei pochi aspetti della vita di Presley che è stato gonfiato accuratamente da una macchina pubblicitaria attentamente controllata ed era il ritratto di sua madre, Gladys Presley, una bella ragazza dai capelli neri era giovane, fino a diventare una signora paffuta e benevola i cui interessi raramente si allontanavano da Elvis, da Vernon Presley e dalla chiesa. I vicini di Tupelo, Mississippi, e Lauderdale Courts e Lamar Avenue a Memphis sono tutti concordi nella loro descrizione: era la santa di cui sono piene le leggende. Sarebbe morta giovane, a soli quarantadue anni. Nonostante i ricorrenti problemi al fegato e la costante stanchezza, Gladys Presley insisteva nel fare lavori saltuari per convincere Elvis che non erano così poveri come lui pensava. Il suo lavoro nelle fabbriche di cucito, come cameriera e come assistente infermiera, integrava il magro stipendio di Vernon Presley come imballatore di barattoli di vernice. Niente era troppo faticoso, troppo duro, troppo logorante. E la cosa peggiore che si possa ricordare di lei a proposito della vita estenuante era: "I miei poveri piedi mi stanno uccidendo".
Il giovane Elvis Presley non era insensibile al sacrificio di sua madre. Fece tutto ciò che era in suo potere per renderle la vita migliore. Nel novembre 1950, quando aveva quindici anni, insistette per ottenere un lavoro come usciere al Loew's State Theater per la principesca somma di 12,50 dollari alla settimana: Elvis dava ogni soldo a sua madre. Quando cominciava ad addormentarsi in classe, Gladys insisteva perché smettesse di lavorare, non importava quanto fossero in difficoltà economiche. L'anno seguente, quando i soldi erano ancora pochi, Presley insistette per tornare a lavorare al Loew's. Il direttore del teatro, Arthur Groom, affermò poi di averlo licenziato perché la ragazza che vendeva caramelle e popcorn sembrava innamorata di Elvis e lo favorì con alcuni campioni gratuiti. Quando un altro usciere lo denunciò, Elvis rispose con un calcio che pose fine alla sua carriera di usciere. In seguito accettò un lavoro con la Marl Metal Company. Quando il suo insegnante riferì nuovamente che il giovane Elvis si addormentava spesso in classe, sua madre giurò che non avrebbe mai più dovuto lavorare mentre andava a scuola. "Non è un lavoro adatto a un ragazzino", disse. "Tu, adesso, smetti. Non siamo così poveri".
Elvis si licenziò e quando la situazione finanziaria si fece di nuovo difficile, Gladys tornò tornò a lavorare al St. Joseph's Hospital di Memphis. La sua salute era peggiorata ma non si lagnò mai.
Alcuni amici ricordano Gladys con queste parole, riguardo al suo amore per il figlio: "La mamma accompagnava Elvis a scuola fino a quando lui compì dodici o tredici anni. Non voleva trasformarlo in un cocco di mamma, semplicemente lo amava con tutte le sue forze".
Nonostante Elvis ebbe la fortuna di Elvis di avere Gladys come madre, la povertà era radicata nella famiglia Presley in una dimensione particolarmente tragica. Fu la nascita di Elvis poco prima di mezzogiorno [in realtà erano le 4 del mattino, n.d.t.] dell'8 gennaio 1935 che mise a fuoco il vero significato della povertà bianca del Sud. Gladys Presley in gravidanza, aveva una pancia molto grande ed alcune persone a Tupelo, pensavano che avrebbe avuto due gemelli. Il medico non la pensava in quel modo..
Come spesso accadeva ai poveri del Sud, sia bianchi che neri, partorire non era una cosa che si faceva in ospedale. Andare in ospedale per avere un figlio era la scelta dei ricchi, non dei poveri: questi davano alla luce il bambino nello stesso letto in cui era stato concepito. Quando Elvis Aron Presley fece capolino nel mondo nella minuscola casa a Tupelo, la signora Presley si contorceva ancora dal dolore. Il dottore cercò di calmarla. Mentre stavano pulendo il neonato Elvis, la donna ebbe ancora altri spasmi: significava la presenza di un altro bambino. Il medico lavorò allora per far nascere il secondo bambino ma purtroppo il piccolo Jesse Garon Presley, il gemello di Elvis Aron, venne al mondo senza vita.
Red West ricorda le volte in cui Elvis, preso dallo sconforto diceva: "Merda, amico, il mio fratellino è morto e mia madre è quasi morta perché non potevamo permetterci di andare in nessun dannato ospedale".
Oggi, Elvis Presley viaggia raramente senza il suo medico personale. Red ricorda che una delle impressioni più durature mai avute da Elvis furono i sacrifici fatti per lui da sua madre.



C'era un bellissimo stoicismo in Gladys Presley che Red West non potrà mai dimenticare. Sembrava abbastanza preparata a riconoscere che la buona vita non sarebbe mai arrivata ai suoi tempi, ma fece tutto ciò che era in suo potere per fare in modo che suo figlio avesse la possibilità di avere il meglio. Mentre Elvis negli ultimi anni mostrava un'insensibilità senza motivo verso gli altri, era allo stesso tempo consapevole di tutti i sacrifici che aveva fatto sua madre. Riviveva ogni momento di silenzio con cui lei accoglieva le difficoltà. Quando suo figlio stava lottando alla Humes High School, come poteva sapere che l'intera casa in cui era nato sarebbe stata un giorno grande solo come la la cucina di una qualsiasi delle sue numerose ville ? I sogni americani sono fatti di una cosa che Elvis Presley ha fatto diventare vera - forse troppo tardi. Perché se Presley voleva ricchezze per sé, le voleva molto di più per sua madre, una donna che meritava automobili, diamanti e pellicce molto più delle donne a cui Presley ha profuso regali durante la sua vita. Forse questa è la chiave della sua travolgente generosità. Deve "dare" a qualcuno perché l'unica persona che meritava tutto questo non più qui per riceverlo.
Anche Vernon Presley aveva dei sogni che raramente si manifestavano. Ma quando Vernon guardava la triste vita che lo circondava, con poche speranze di ottenere qualcosa di meglio, cercava un sollievo temporaneo in una birra di troppo. Lui non era mai stato un forte bevitore: beveva una birra oltre il limite quando la disperazione diventava troppa. Il giovane Presley vide la tragedia di un uomo che voleva qualcosa di più dalla vita di un semplice posto alla United Paint Company.
Fino ad oggi, con strane eccezioni, Elvis Presley si concede raramente di bere. Poi, anche il giovane Elvis aveva le sue complessità con con cui fare i conti. Era in una città dura, in un quartiere duro in una scuola dura, ma lui stesso non era particolarmente duro. Forse se Elvis Presley fosse nato a New York, Boston o persino a Chicago, avrebbe potuto adattarsi molto meglio. Nelle grandi città c'è più tolleranza verso un ragazzo che vuole essere diverso. Ma non a Memphis negli anni '50.
"Era", dice Red West, "come se avesse detto a se stesso: "Dannazione, amico, se non posso essere come voi, allora sarò qualcun altro". E lo era.
Quando Red andava in giro con Elvis nella vecchia e malconcia automobile, guardava i suoi vestiti eleganti, la sua pettinatura selvaggia e pensava: "Sarà bellissimo essere in viaggio con Elvis. Chiedermi di venire con lui era il suo modo di ringraziarmi per il fatto che l'avevo tirato fuori dai guai quando gli altri ragazzi lo prendevano in giro. Lui voleva qualcuno della sua età di cui potersi fidare, e non credo che conoscesse altri coetanei. Fino ad allora non eravamo amici molto stretti, ma credo che fossi l'amico più intimo che aveva. Si sentiva un po' solo. Era il suo modo di dire grazie.
"Elvis non riconoscerà mai direttamente un debito verso qualcuno. Non a parole. Ma non dimentica mai. Quando incontrò Dave per la prima volta e Dave lo aiutò in alcuni momenti imbarazzanti col karate, non lo ringraziò ma si ricordò che lo aveva aiutato. Se siete con Elvis, lui all'improvviso vi ringrazierà con qualcosa di fantastico. Gli piace osservare la tua reazione quando ti dà qualcosa, ma non lo rinfaccia. Non dice mai: 'Ti ricordi quando ti ho dato quella cosa?' È molto bravo in questo. Ti farà un regalo sensazionale per poi dimenticarsene. In cambio si aspetta totale devozione e fedeltà. A volte, a causa dei suoi umori, è molto difficile continuare a stare con lui. Dopo uno dei suoi scatti d'ira, non dirà mai: 'Ehi, amico, ho ho sbagliato, mi dispiace'. Ma poi un giorno, camminando in un salone di automobili, dirà qualcosa come 'Ehi, amico, sembra bellissima quella macchina, vero?' E qualcuno gli risponderà: "Certo, Elvis". Un minuto dopo ti dirà: 'Senti, sistema le scartoffie, è tua, te lo te lo meriti". Tutto qui. Solo 'È tua, amico'. Quando fa cose del genere, ho visto ragazzi moltoduri commuoversi. L'ho visto fare decine di volte".



Alla fine del 1954, Elvis Presley sembrò risollevarsi. Con i soldi extra che guadagnava come camionista e i concerti occasionali che otteneva suonando per una notte, era in grado di contribuire alle finanze della famiglia al punto che sua madre e suo padre poterono trasferirsi in un nuovo appartamento a Lamar. Non era una villa, ma qualsiasi cosa era meglio di Lauderdale Courts. Il disco che registrò, "That's All Right, Mama", vendette settemila copie, un numero rispetttabile. Elvis era diventato una piccola celebrità con il il supporto di Sam Phillips alla Sun Recording Company, di Dewey Phillips, il disc jockey, e un altro popolare disc jockey di nome Bob Neal. Elvis era molto richiesto negli auditorium delle scuole superiori e per gli "one night stand".
Bob Neal aveva una fiducia smisurata nel potenziale di Presley e si prese il compito di gestirlo. In un business in cui yi mangiavano gli squali, Bob Neal era soprattutto molto onesto, aveva molti contatti locali e un affetto genuino per il giovane cantante dai capelli lunghi. E chi non l'avrebbe fatto? Il giovane Presley era il sogno di ogni manager. Puntuale, educato e senza la minima traccia di testardaggine. Si alzava e faceva il suo numero, stava lontano dai saloon e non si mischiava mai con la "cattiva" gente che infestava la musica country in quei giorni. E c'era una brutta gente davvero. Anche se i gruppi rock di oggi sono accreditati come i sommi sacerdoti della generazione della droga, la folla del country e del western ingurgitava anfetamine come noccioline durante la metà degli anni '50, molto prima che la folla di Mick Jagger uscisse dalle scuole elementari. Dopo un concerto, la cosa più peccaminosa che i giovani Elvis e Red facevano, era andare in una tavola calda notturna, mangiare un hamburger e bere una bibita".
"Usciva di tanto in tanto, come tutti", ricorda Red, "ma non era pazzo per le ragazze. Era più probabile che avesse una ragazza fissa. Frequentava una piccola bellezza locale dai capelli scuri nei primi giorni e, se ricordo bene, lei lo lasciò. La ragazza non sapeva cosa sarebbe diventato Elvis, altrimenti avrebbe pensato diversamente. Molte persone pensavano che lui avrebbe potuto sposarla, ma non andò così. Era solo un bravo ragazzo a cui piacevano le cose molto semplici. A parte i suoi cappotti a drappi selvaggi, la maggior parte del suo denaro andava all'unica donna della sua vita che contava più di ogni altra cosa: sua madre. Non era uno spendaccione, niente del genere".


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28/09/2021 19:39
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CAPITOLO 9 -continua-
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Nonostante la popolarità locale, il giovane Presley amava ancora cantare canzoni gospel. Occasionalmente cantava con i gruppi della chiesa locale e alle feste lo si vedeva spesso armonizzare con gruppi gospel. Un gruppo molto talentuoso all'epoca erano i Blackwood. Spesso cantavano per Elvis e se qualcuno avesse registrato quelle sessioni, oggi varrebbero una fortuna. Anche quando eseguivano un numero gospel di grande ispirazione, Red notò che il giovane Elvis aveva un modo poco spirituale di esprimere le sue canzoni. Era qualcosa nel modo in cui la sua gamba sinistra tremava e nel modo in cui oscillava i fianchi.
Red ricorda: "Elvis mi disse più tardi che era solito scuotersi e dondolare piuttosto che stare fermo. Disse che lo faceva perché se il pubblico l'avrebbe visto tremare e fremere di paura, così non si sarebbe notato Naturalmente, più tardi non sarebbe stato il nervoso a farlo tremare".
Lo stesso Presley ha detto di questa abitudine: "Ricordo che a volte in chiesa si ascoltava il coro e tutti avevano grandi voci. Ma spesso era il predicatore, che forse non aveva una bella voce, che saltava ed era il centro di tutto. Era un po' come uno spettacolo".
Alla fine del 1954, nonostante i tentativi di successo, il giovane Elvis guadagnava solo soldi "extra". Aveva ancora il suo lavoro di camionista. Le notti della settimana, quando cantava a Memphis nei locali come l'Eagle's Nest, i soldi nel migliore dei casi non superavano mai i quindici dollari a sera. Buoni soldi per l'epoca, ma non il riscatto di un re. All'inizio, esibendosi per un pubblico adulto in sale semi-oscure e locali semibui, Elvis era ricevuto senza un travolgente entusiasmo.
"Faceva uno spettacolo dannatamente buono", dice Red, "ma il pubblico più anziano del Sud era piuttosto conservatore, e preferivano roba tradizionale country e western o ballate. Elvis saliva sul palco con più entusiasmo di dieci uomini, ma non faceva impazzire il pubblico più anziano. Ma quando entrò nel circuito dell pubblico delle scuole superiori, fu una cosa diversa".
Il suo entusiasmo senza autocompiacimento si diffondeva tra le folle più giovani travolgendole. Elvis era uno di loro. Non era un regalo di un'altra generazione; era davvero uno di loro.



"Quando l'ho visto per la prima volta eccitare quei ragazzi", dice Red, "non sapevo cosa avesse, ma ne aveva da vendere".
I compiti di Red in quei giorni si definivano abbastanza bene: si alternava con Presley al volante. Si assicurava che tutta l'attrezzatura fosse ben imballata e in generale si assicurava che le cose andasse tutte lisce. Più o meno in quel periodo le possibilità di guida migliorarono quando Elvis comprò una Crown Victoria rosa.
Red ricorda: "Di tutte le dozzine e dozzine di auto che Elvis ha comprato, secondo me era quella vecchia Crown Victoria che Elvis sembrava amare di più. Sono sicuro che se qualcuno glielo chiedesse oggi, sarebbe probabilmente d'accordo con me. Ora che ci penso, anch'io amavo quell'auto".
Quando Red si mise con Presley sulla strada, non c'era apparenza che fosse una sorta di guardia del corpo. Era lì per compagnia e amicizia.
"Ero in giro con lui a fare serate di tanto in tanto per circa un mese nel 1955", dice Red, "quando mi resi conto che le ragazze impazzivano per lui quando era sul sul palco. Era ancora piuttosto timido, ma gradualmente le ondate di applausi e la follia intorno a lui cominciarono a scioglierlo un po'. Acquistò molta più fiducia. Improvvisamente, per queste giovani ragazze Elvis era Marlon Brando e James Dean tutti insieme. Ho avuto un'idea di come sarebbe stato il futuro. Quando vidi queste ragazze saltare sul palco cercando di baciarlo, ho capito che ci aspettavano delle vere battaglie. Giù al Sud in quei giorni, se una ragazza era con un ragazzo e si alzava, cercando di baciare l'uomo sul palco, era come chiedere all'uomo di uscire per un combattimento. Potevo vedere le facce di alcuni di quei fidanzati seduti mentre le loro ragazze impazzivano per Elvis, e, amico, erano nerissimi di umore. Quando Elvis vide le ragazze reagire a tutto quel dimenarsi e saltare, ci diede dentro di brutto. Le ragazze si scatenarono e i fidanzati si arrabbiavano di più".
Questo era il Sud nel 1955, quando le vergini non erano necessariamente una specie in via di estinzione, come lo sono oggi. La cosa più selvaggia che una ragazza di buona famiglia faceva in quei giorni, prima di sposarsi, era baciare con la bocca aperta.
Per molte di queste ragazze, il giovane Presley si spogliava virtualmente davanti a loro e dava loro ciò che volevano ma che erano troppo spaventate per lasciarsi abdare del tutto. Il culto di Presley era ancora lontano dal colpire i media, ma nel circuito delle scuole superiori e negli auditorium locali, le ragazze raschiavano la polvere dal palco dove Presley si era esibito per conservarla come ricordo.
L'istinto disse a Red di non dimenticare come tirare un pugno, perché Elvis stava per essere oggetto di un'invidia piuttosto violenta. Il suo istinto aveva visto giusto.
"Ad essere onesti", dice Red, "Elvis non voleva che accadesse; non mi voleva come protettore. Stava facendo un gesto gentile per farmi venire con lui ma dopo molto tempo, io scoprii che il mio lavoro scoprii che il mio compito era quello di badare al suo culo. L'ho fatto volentieri".
La prima settimana in cui Elvis ebbe la nuova Crown Victoria, ci furono i problemi che Red si aspettava.
"Pioveva a dirotto", ricorda Red "e dovevamo andare tutti a Grenada, Mississippi, a circa novanta miglia da Memphis. Eravamo in ritardo e all'improvviso restammo bloccati nel fango. Andai al posto di guida e cominciai ad ingranare dalla prima alla retromarcia per tirarci fuori dal fango. Il vecchio 'E' spingeva la macchina da dietro, quasi morendo, quando mi snetì tirare le marce. Era convinto che stessi distruggendo la macchina. Gli stava quasi venendo un infarto. Comunque, siamo usciti, ma non prima che lui si fosse sporcato con una piccola macchia di fango sui pantaloni. Erano una specie di pantaloni rosa chiaro, a zampa di elefante, e il fango era davvero evidente su di essi. La macchia era un indizio di qualcosa che sarebbe successo quella sera".



Elvis fece lo show bagnato e con la macchia di fango sui pantaloni. Le ragazze nell'auditorium ebbero le solite, eccitate reazioni. "Quei ragazzi del Mississippi guardano il vecchio 'E' come se volessero strappargli la testa dalle dalle spalle", dice Red. "Queste ragazze lo stavano abbracciando e baciando e Elvis stava un po' al gioco, il che peggiorò l'atmosfera". I
Dopo lo spettacolo Presley suggerì a Red di andare a trovare un paio di ragazze che aveva conosciuto in un viaggio precedente. Vivevano insieme in una casa. "Andammo a casa loro", dice Red. "Ci sedemmo, parlammo, bevemmo qualche Coca Cola, ma non successe nulla. Niente di divertente. Comunque, ci alzammo e ce ne andammo in una stazione di servizio e in una tavola calda per mangiare un hamburger. A metà dell'hamburger, due grossi tizi entrano e io mi immaginai che ci sarebbero stati dei guai in arrivo. Cominciarono a parlare male di Elvis e uno di loro disse, indicando la macchia di fango sui pantaloni di Elvis, 'È così spaventato laggiù che si sta cagando addosso". Poi uno di loro iniziò a parlare dei capelli di Elvis e dei suoi vestiti di lusso".
Elvis era un po' teso e disse a Red: "Dai, Red, andiamo via di qui".
Red non era d'accordo. Si avvicinò ai due e disse: "Quale è il problema, ragazzi? Cosa vi dà fastidio?"
Il più grande dei due disse: "Ti stai prendendo gioco delle nostre ragazze, vedi? E questo vi causerà un sacco di problemi, a meno che non ve ne andiate dalla città".
Red era ancora abbastanza tranquillo e rispose: "Amico, non sapevamo che quelle ragazze fossero fidanzate".
Il ragazzone rispose: "Beh, sono le nostre ragazze e tu e il tuo fidanzato dai capelli lunghi fareste meglio ad andarvene da qui prima di mettervi in qualcosa di molto grosso. Guardalo: è così spaventato che si sta cagando addosso".
Red diede un'occhiata ad Elvis. Aveva lo stesso sguardo sulla faccia che Red ricordava dai tempi della Humes High School. Se quello sguardo scatenò una reazione in Red o se fosse semplicemente furioso, nessuno lo sa. Ma se Red aveva bisogno di una scusa per colpire il ragazzone, gli fu data pochi secondi dopo.
Lo sbruffone si mise in tasca un coltello, dicendo: "Ho qualcosa per te".
Fu un errore. Red gli sferrò un gacio sotto il mento e il tizio andò giù in un turbinio di tavoli rovesciati. Red saltò sopra di lui mentre l'altro tizio gli saltò alle spalle ma Red si girò e lo colpì con due pugni che lo fecero volare attraverso il locale.
Red si alzò e colpì il secondo ragazzo un'altra volta, mandandolo a terra sulla schiena, con la testa che sbatteva proprio tra i piedi di Elvis Presley, che era ancora seduto.
Il primo ragazzo era tornato dietro il bancone, dove alzava le mani e gridava: "Ok, amico, ok. Non vogliamo altri problemi".
Red si ripulì, pagò il conto e si voltò verso Elvis che si alzò; i due si avviarono verso la Crown Victoria parcheggiata dall'altra parte della strada.
"È successo tutto troppo in fretta perché Elvis potesse fare qualcosa", ricorda Red "Ma forse aveva paura o forse era solo abbastanza intelligente da preoccuparsi di rovinarsi la faccia, ma Elvis non era davvero un tipo fisico. Non ce l'ho con lui, perché a quei tempi Elvis non avrebbe mai iniziato qualcosa e si sarebbe aspettato che io la finissi. Non avrebbe mai avuto uno scontro con nessuno e non si approfittò di quello che era. Non sarebbe mai andato a vivere con la ragazza di un altro, anche se quello sarebbe accaduto in futuro. Non si meritava di essere coinvolto in nessun combattimento perché era un perfetto gentiluomo".

Prima di uscire per un concerto, Red andava sempre a casa dei Presley in Lamar Avenue per prendere Elvis.
"Mi piaceva andare in quella casa, anche solo per vedere la signora Presley. Era molto malata, ma ogni volta che entravo, lei si faceva in quattro per me: si alzava, mi tagliava un po' di torta o mi preparava una tazza di caffè e sembrava sempre interessata a quello che stavo facendo. Si illuminava e si poteva vedere tutto il suo amorequando parlava di Elvis. Per Elvis era la stessa cosa nei confronti della madre: se mai ci fermavamo per la notte durante un concerto, lui la chiamava sempre a casa e parlava con lei per molto tempoi. Lei non andava a dormire se non riceveva quella chiamata. Ogni volta che eravamo via, le comprava sempre qualcosa. Molti fans hanno fatto dei regali a Elvis; molti erano orsacchiotti. Aveva una stanza piena di orsacchiotti che portava sempre a casa da sua madre. Lui adorava quella donna e anche io. Sembravo piacerle molto anche se non credo che abbia mai saputo dei litigi e di tutto il resto. L'avrebbe preoccupata molto. Ma da qualche parte nella sua mente sapeva che io ero una specie di protettore per il figlio e ogni volta che lasciavamo casa sua, mi diceva sempre: 'Red, bada al mio ragazzo...'. Erano parole che non avrei mai dimenticato".
Mentre la popolarità di Elvis cresceva, i litigi erano sempre più frequenti per Red. C'era sempre qualche giovane che pensava che la sua fidanzata fosse innamorata di Elvis. Era la minaccia numero uno per le Donne del Sud. A volte Red intuiva la minaccia di una rissa e riusciva a fare in modo che non iniziasse. Altre volte, quando non ne poteva fare a meno, ci si buttava a capofitto. In quei primi anni, Red mise al tappeto così tanti ragazzi che avrebbe potuto vendere spazi pubblicitari sulle suole delle loro scarpe. Red agita la testa da un lato all'altro nel ricordare: "Erano tempi divertenti ma erano anche tempi selvaggi. Una notte in un club (il Rio Palmisle, fuori Lubbock, Texas) c'era una vera e propria guerra. In Texas fanno le cose in grande stile, lasciate che ve lo dica. Quella notte è stata una fortuna che non siamo rimastii tutti uccisi. Elvis era lassù a fare il suo numero sul palco e per quanto mi ricordo, un tizio del pubblico grida un insulto. Beh, un altro tizio, un ubriaco, dice all'altro di stare zitto. Beh, bang, si comincia, si scatena l'inferno. Improvvisamente l'intero posto inizia a schierarsi. Era come una di quelle scene di film che Elvis e io facevamo. Una rissa incredibile con tavoli e corpi che volavano ovunque. Ci saranno state più di cento persone che si picchiavano. Elvis era su uno di quei palchi bassi e, mentre tutti gli uomini lottavano, le ragazze sciamavano verso il palco. Ad Elvis non importava niente di quello che stavano facendo; la rissa, però, si stava avvicinando al palco mentre Elvis stava ancora cantando con queste ragazze vicinissime a lui. Un tizio calpestò una delle chitarre di Elvismentre alcunii trascinaronono le donne fuori dal palco, mentre i pugni e le bottiglie volavano dappertutto. Il tipo che aveva il suo piede sulla chitarra di Elvis, prende un mio pugno ed urlo ad Elvis: 'Andiamocene da qui' ma Elvis non mi prendeva in considerazione. Stava iniziando a firmare autografi col pericolo che da un momento all'altro qualcuno potesse arrivare da lui. Mi aggrappai alle ragazze che lo circondavano ancora e lo trascinai fuori. Quando siamo usciti, la rissa ci ha praticamente seguiti... C'erano decine e decine di ragazzi che combattevano, gente che veniva innaffiata da bottiglie di birra, sangue ovunque... Portai Elvis alla macchina e partii in tutta fretta e, mentre ci allontanavamo, Elvis rideva come un pazzo. Non aveva mai eccitato la folla in quel modo, e lui adorava tutto questo. Iniziai a ridere anch'io mentre in quel locale, e all'esterno di esso, c'era una guerra civile..."
Come Butch Cassidy e Sundance Kid, se ne andarono dalla città lasciando il caos dietro di loro. Fu una delle tante esperienze di questo tipo che saldarono il rapporto tra Red e il giovane Elvis. A parte il suo genuino amore per Presley, Red lo ha sempre difeso per un'altra ragione. "Ancora oggi, amico, non ho mai dimenticato il volto della signora Presley che si sedeva lì e mi diceva 'Red, bada a mio figlio". È sempre stata nella mia mente, non importa dove fossi con lui. Ed è quello che ho fatto al meglio delle mie possibilità".
Una sera, davanti a qualche birra all'Hyatt House di Hollywood, Red si è aggiustò la fondina della sua calibro 38 che portava è sempre con lui. "Sai", disse, "credo di averne fatto il mio lavoro principale: mantenere quella promessa alla signora Presley. Posso vedere la sua faccia come fosse ieri che mi diceva di badare a suo figlio. Non importa cosa sia successo tra me e 'E,' se mai pensassi che qualcuno stia per fargli del male fisicamente, potrei farlo saltare in aria".

-FINE CAPITOLO 9-
29/09/2021 18:06
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CAPITOLO 10

Alla fine del 1955 non c'erano ancora accordi milionari all'orizzonte, ma per Elvis Presley e Red West, l'anno era stato dannatamente divertente. Il padre di Elvis aveva firmato un contratto con il disc jockey Bob Neal (Presley aveva solo vent'anni, quindi era minorenne), ed Elvis era in viaggio con il chitarrista Scotty Moore, il bassista Bill Black e il batterista D.J. Fontana. Erano chiamati The Blue Moon Boys.
Di Bob Neal, Red racconta: "Era un gran bravo ragazzo. Sembrava amare di più il divertimento che i soldi. Era così divertente che avrebbe potuto diventare un comico se ci avesse provato. A volte Bob usciva e scaldava la folla prima che Elvis e i ragazzi iniziassero".
Il giovane Elvis era nel circuito con alcuni nomi piuttosto importanti all'epoca: Hank Snow, Webb Pierce e Eddy Arnold erano i top-liner. Elvis e un altro giovane di nome Johnny Cash, stavano venendo su velocemente. Elvis fece uscire un secondo disco chiamato "Good Rockin' Tonight", e anche se non infiammò il paese, gli autori di Billboard, la bibbia della musica dell'epoca, sapevano come scrivere il nome di Presley senza doverlo chiedere. I pezzi grossi di New York non avevano mai sentito parlare di lui, ma Nashville sapeva chi era, e questa era una buona cosa, per il momento.



Fu proprio in questo periodo che Elvis Presley fece una delle grandi mosse della sua giovane vita. Lasciò il suo lavoro di camionista e d'ora in poi sarebbe stato Elvis Presley, il cantante.
I sofisticati di New York e quelli di Los Angeles chiamavano ancora il country and western "hillbilly music", con un po' di ironia. Ma nel sud e nel sud-ovest, il country e il western erano sinonimo di dollari guadagnati.
"Elvis era abbastanza sicuro che alla fine ce l'avrebbe fatta", dice Red. "In ogni caso, lasciare un lavoro fisso come camionista era un passo piuttosto grande. Elvis ebbe molti incoraggiamenti, ma a quei tempi c'erano centinaia di ragazzi che andavano in giro con le chitarre alla ricerca del loro grande momento. Non l'ha mai detto, ma sono sicuro che ha avuto molti ripensamenti nel lasciare per sempre il suo lavoro. Era sempre preoccupato di avere soldi per sua madre e suo padre".
Red ricorda, comunque, che il giovane Presley era entrato abbastanza "nel giro". Era apprezzato da gente come Hank Snow, Webb Pierce, Eddy Arnold e Johnny Cash anche se, come in ogni professione, erano tutti molto consapevoli della concorrenza che egli avrebbe potuto presentare in futuro.
"Ci divertivamo e lui era un bravo ragazzo con cui stare".
Tipico del tipo di cose che facevano, era un viaggio a Nashville nel 1955.
"Eravamo soliti fare le cose su due piedi. Arrivammo a Nashville al verde. A quel tempo c'era un grande gruppo conosciuto come Mother Maybelle and the Carter Sisters. June Carter, allora sposata con Carl Smith, ma ora felicemente sposata con Johnny Cash, era una ragazza del sud molto dolce. Una volta fece un concerto da qualche parte con Elvis e disse qualcosa come: 'Se mai verrete a Nashville, venite a trovarci'.
"Beh, l'abbiamo presa in parola. Quando siamo arrivati a Nashville, facemmo l'autostop per raggiungerla. Beh, June non era in casa. Sembra terribile oggi, ma a quei tempi le cose erano diverse: forzammo una finestra ed entrammo in casa. Non ce ne fregava niente: era un bellissimo posto e ci mettemmo a nostro agio. Ci venne fame ed andai in cucina per preparare qualcosa da mangiare. La cucina era fantastica: c'erano delle bellissime pentole e padelle che io, da perfetto idiota, pensavo fossero normali padelle e pentole di rame... Erano, invece, pezzi d'antiquariato che valevano una maledetta fortuna. Cucinai del bacon e delle uova in queste pentole ma improvvisamente le pentole si sciolsero.... Le rovinai completamente ma sul momento non ci facemmo caso. Dopo esserci riempiti la pancia, come una coppia di orsi andammo a dormire un po'. Eravamo stanchi e sporchi come cani... Salimmo le scale di questa bella casa e cercammo un letto: completamente vestiti e sporchi, ci infiliammo in questo grande letto matrimoniale nella camera principale, iniziando a dormire come dei bambini per tutta la notte. June Carter e le sue sorelle erano ad un concerto fuori città e suo marito, Carl Smith, era da qualche altra parte. Verso le nove del mattino sentii una voce e del movimento: il marito di June era tornato a casa... VIde la finestra forzata, le pentole rovinate e la cucina sporca. L'uomo entra mentre io stavo ancora dormendo edElvis si sveglia esclamando candidamente: 'Oh, ciao Carl'. Vedendo qualcun altro sotto le coperte accanto ad Elvis, io pensa che il marito avesse potuto credere che Elvis fosse a letto con sua moglie, anche se June non era quel tipo di ragazza. Con il fare il più possibile docile, salutai: : 'Ciao, Carl'. Pensavamo che si aarrabbiasse per tutto quello che avevamo combinato ma ci salutò mettendosi a ridere. Ci fece fare il giro della casa aspettando June e le sue sorelle che rientrarono in serata. Cenammo alla grabde e restammo svegli per tutta la notte a cantare con tutti loro; ci accolsero come dei fratelli perduti. Darei qualsiasi cosa per tornare a quei semplici, folli giorni. Elvis era un ragazzo fantastico e andavamo molto d'accordo. Era un divertimento pulito in vecchio stile".
Da quella notte in poi, ricorda Red, il giovane Presley sembrava essersi preso una cotta per la sorella minore di June, Anita. Elvis era ancora piuttosto timido e fece di tutto per avvicinarsi alla bella Anita. Red ricorda che qualche mese dopo, Elvis insieme a Scotty Moore, Bill Black e D.J. Fontana, erano al Gator Bowl in Florida per un'apparizione di supporto alle Carter Sisters. Lo spettacolo andò benissimo e la folla era ammaliata da Elvis. Alla fine della sua parte, le Carter Sisters si erano radunate fuori dal palco pronte a seguirlo.
Dice Red: "Elvis vide Anita tra le quinte; terminò l'esibizione e, una volta sceso dal palco, barcollò, crollando tra le braccia di Anita, sembrando svenuto. Anita gli teneva la testa in grembo accarennzandogli la fronte. Lo portammo all'ospedale. I medici ci dissero di tornare al motel e di aspettare loro notizie che ci avrebbero dato appena possibile. Eravamo tutti preoccupati che Elvis stesse morendo".
All'una di notte bussarono alla porta di Red.
"Dannazione, amico, era quel vecchio figlio di puttana di Elvis che stava lì, più sano di una mandria di bestiame, sorridendo da un orecchio all'altro. Non c'è niente che non andasse in lui. Tutti cominciammo a fargli un sacco di domande e lui rispondeva che adesso stava bene. Ma quando gli altri ragazzi tornarono nelle rispettive camere, Elvis mi confessò che era stata tutta una grande recita per poter mettere la sua testa sul grembo di Anita Carter... Solo per potersi avvicinare a questa ragazza per cui aveva questa cotta". Circa sei mesi dopo, di nuovo a Memphis, il giovane Presley e le Carter Sisters erano di nuovo nello stesso show. Accadde la stessa cosa. Solo che questa volta fu Anita a svenire e fu Anita a fingere.
"Non c'era niente che non andasse neanche in lei", dice Red con una risata. "Voleva solo un po' di attenzione da Elvis. Erano entrambi troppo dannatamente timidi per fare una mossa. Non si sono mai messi insieme, ma è stato bello, ripensandoci. Nel mondo dello show-business di oggi, la gente va a letto con l'altro prima di sapere i loro nomi. Noi eravamo molto all'antica e credo che Elvis fosse il più all'antica di tutti noi. Ma sapete una cosa? Non era male. Di sicuro non ci ha impedito di divertirci. Più tardi, siamo diventati tutti un po' troppo veloci e un po' troppo grandi per tutto".

Bob Neal stava facendo un buon lavoro per Elvis e i Blue Moon Boys. Il suo programma mattutino di disc-jockey alla stazione WMPS, era una preziosa macchina di promozione. Il programma aveva un raggio d'azione di circa duecento miglia. L'accordo finanziario era che Bob prendeva il dieci per cento e il dieci per cento dell'incasso veniva messo da parte per la pubblicità e la promozione. In quei primi giorni i Blue Moon Boys suonavano nelle palestre, negli auditorium, nelle sale delle chiese e nelle scuole, in città e villaggi così piccoli che da allora sono effettivamente scomparsi dalle mappe.
Con l'aiuto del talento comico di Bob Neal, della stazione WMPS e grazie anche ad alcune recensioni molto lusinghieri sulla rivista Billboard, i Blue Moon Boys cominciavano ad avere un ampio e solido successo.
Il dieci per cento era per Bob e il dieci per cento per la promozione ed Elvis ottenne il cinquanta per cento del rimanente. Il resto fu diviso tra Scotty, Bill e D.J. I musicisti di supporto avevano un loro sound distintivo che nei primi giorni era parte integrante del del "Presley sound" come lo era il giovane Elvis stesso ma man mano che Presley prendeva sempre più confidenza, divenne ovvio che lui era l'attrazione principale. Aumentarono le offerte per suonare al di fuori del raggio di duecento miglia di Bob Neal che spesso Neal li scrittutava per Louisiana, Florida, Arkansas e Texas. Partivano per questi lunghi viaggi con il fedele Red come "autista", e conquistavano un'altra città. C'erano momenti in cui il giovane Presley guadagnava fino a duecento dollari a settimana, una somma molto importante per quei giorni difficili. Comprava i suoi vestiti, riempiva il serbatoio della benzina, comprava qualche hamburger e Coca Cola e metteva il resto in casa Presley. Red West era con lui per il viaggio ma non prelevava un solo centesimo.
Ricorda Red: "Non importava un accidente per me. Stavo imparando un sacco di cose sul business e sulla musica e mi divertivo da matti".
Ironicamente, Red, conosceva meglio i meccanismi della musica rispetto ad Elvis Presley.
"Elvis non legge un filo di musica (e, stranamente, nonostante tutti i suoi salti, non è nemmeno un gran ballerino", dice Red "ma aveva un senso del tempo straordinario quando cantava e una grande estensione. E mi sorprendeva da morire ogni volta che era al pianoforte. È un vero talento naturale, proprio come Sinatra. Sa quando un suono è giusto e sa quando è sbagliato, meglio di molti direttori d'orchestra. Lui ha semplicemente quell'orecchio".
Più Presley si esponeva, più Gladys Presley si preoccupava che il suo ragazzo dimenticasse l'educazione e la chiesa. Più più il suo successo si diffondeva, più intensa era la sua supplica a Red West: "Bob, bada al mio ragazzo".
Verso la fine dell'anno, le cose cominciarono davvero ad accelerare. Mentre non c'era ancora un grande impatto di Presley a New York e Los Angeles, stava rapidamente diventando un idolo nel Sud.
Red ricorda una data in Florida. "Stavamo suonando a Orlando, credo, comunque da quelle partiì. 'E' fece impazzire il pubblico: se notava che un particolare gesto causava grida e strilli, lo ripeteva di nuovo e ogni volta lo faceva ancora di più. Ricordo che indossava una brillante giacca a drappi verde e pantaloni neri a zampa d'elefante. Si sporgeva dal palco per baciare la mano di una ragazza, credo. Comunque, lei lo afferrò e gli strappò la manica della giacca. Sembrava che le ragazze stessero cercando di mangiarlo: lo stavano graffiando come animali tanto che gli strapparono parte dei suoi pantaloni e ridussero la sua camicia a brandelli. Era spaventoso per me vedere a cosa alcuni esseri umani possono essere spinti a fare. Avevo sempre saputo dello svenire e del gridare, ma questo era incredibile. Siamo riusciti a portarlo fuori dal palco, a brandelli. Naturalmente, fu una grande pubblicità e i giornali la diffusero in tutto in tutto il Sud. Quando la signora Presley lo seppe ed Elvis la chiamò con la sua solita telefonata il giorno successivo, era molto preoccupata. Elvis minimizzava sempre le reazioni della folla e diceva a sua madre che la stampa stava esagerando. Il fatto è che le storie della stampa erano molto accurate. Ci fu davvero follia, quella notte".



La signora Presley divenne così ossessionata dalla sicurezza di suo figlio che lo sognava costantemente di notte. "C'era sempre qualcosa di molto inquietante nelle cose che diceva", ricorda Red "come se fosse una sensitiva o qualcosa del genere. Ogni volta che avevamo delle azioni particolarmente selvagge sul palco o se scoppiava una rivolta, ogni volta che Elvis la chiamava aveva in qualche modo una premonizione che qualcosa era sfuggito di mano anche prima di leggere i giornali. Sia Gladys che Vernon erano grandi sognatori: Elvis ha ereditato questo, e quando non si trovava a convivere con una ragazza, spesso uno dei suoi cugini, Gene Smith o Billy, dormiva con lui nel caso in cui avesse iniziato a camminare nel sonno. Quando stavamo in hotel, chiudevamo sempre le porte e le finestre nel caso in cui, in uno dei suoi attacchi di
sonnambulismo, non uscisse da una finestra. Vi dico questo perché mi ha sempre colpito come se ci fosse qualcosa di veramente strano nei Presley. Credo che tutto questo sonnambulismo e questi sogni fossero in qualche modo legati a qualche tipo di poteri speciali, qualcosa come poteri psichici o qualcosa che non riesco a capire. Molta di quella roba psichica è un sacco di spazzatura, ma in qualche misura ci credo. Elvis me l'ha dimostrato più volte. Ricordo vividamente un caso a Texarkana, al confine tra Texas e Arkansas. Eravamo lì per un concerto e credo che stessimo guidando una Cadillac a noleggio. Deve essere accaduto nel 1955: il motore si surriscaldò e in men che non si dica andò in fiamme. Il giorno dopo, Elvis fece una telefonata a sua madre: lei non aveva potuto assolutamente sapere in nessun modo cosa fosse successo. Nessuno lo sapeva. Gladys, alle due del mattino, si svegliò di colo, dando una gomitata a Vernon ed esclamò 'Vedo il nostro ragazzo, è in una in un'auto in fiamme". Quando Elvis chiamò quella mattina, lei disse: 'Oh, grazie a Dio, stai bene. Ho sognato che eri intrappolato in una macchina in fiamme'. Elvis disse che stava bene e che non era successo nulla. Io stavo ascoltando quella conversazione, quindi so che era vero. Dopo la telefonata, Elvis ed io ci guardammo con un'espressione incredula. Fu inquietante".

Bob Neal, con una promozione attenta e molto onesta, aveva ormai guidato la carriera di Elvis Presley fino al punto in cui egli veniva regolarmente seguito nella sua popolarità all'interno dei sondaggi di Billboard. Gli adolescenti del Sud impazzivano per lui. Era un mercato vitale, ma a quei tempi non erano ancora il mercato di consumo estremamente ricco che quelli di oggi. Bob Neal era alla ricerca di un pubblico più ampio. Aveva etichettato il giovane Elvis come 'The Hillbilly Cat' al fine di attirare un pubblico più ampio. Era importante convincere i ragazzi ricchi di New York e L.A. che Presley era non era solo un cantante hillbilly da strapazzo. Aveva qualcosa di più, qualcosa di nuovo da offrire, a parte il suo bell'aspetto cupo e tre ragazzi del Sud che lo sostenevano. Quello di cui aveva bisogno, ragionava Neal, era una certa esposizione nazionale. Un grande show televisivo nazionale sarebbe stato l'ideale.
Bob organizzò un'audizione all'Arthur Godfrey Show. Era un'occasione eccitante e The Hillbilly Cat e i Blue Moon Boys partirono per New York con molto ottimismo. D'ora in poi, niente più viaggi in automobile per cento miglia fino a una palestra. Stavano per sedersi e aspettare che arrivassero le grandi offerte. Avrebbero fatto loro stessi la scelta per i concerti. Nelel freddo grigiore di New York, essi sapevano che forse avrebbero odiato la città, ma erano disposti ad amarla per tutto quello che sognavano.
La squadra delle audizioni del Godfrey Show, però, decise che i ragazzi non erano adatti per New York. Il team fece il più grosso errore della loro vita.... The Hillbilly Cat e i Blue Moon Boys marciarono di nuovo verso sud, battuti da quei dannati Yankees. Il grande momento non era ancora arrivato per Elvis. Se mai i ragazzi avessero avuto dei sospetti verso gli Yankees, questi erano stati stati confermati. Ma, sebbene fosse un'amara delusione, erano ancora molto dterminati come la gente del Sud. Se è lì che la loro fama e fortuna doveva essere, allora così sia.
Proprio in quel periodo, un uomo di nome Oscar Davis arrivò a Memphis. Davis era una figura pittoresca nel Sud. Stava aiutando il suo capo a promuovere il sensazionale cantante del Sud dell'epoca, Eddy Arnold. Il capo di Davis era ancora più colorito di Oscar stesso. Il suo nome era Thomas Andrew Parker. Parker era una specie di colonnello. Uno di quei colonnelli "sudisti". Gli era stato dato il grado dal governatore Clement del Tennessee nel 1953. Nel 1968 Stanley Booth, uno scrittore di talento, descrisse Tom Parker sulla rivista Esquire come "un Barnum degli ultimi tempi di W.C. Fields di William Burroughs".
La descrizione non solo corrispondeva accuratamente ma era una di quelle che Parker faceva di tutto per incoraggiare. Parker veniva dalla vecchia scuola di managers: "Non preoccuparti di quello che dicono di te; basta che il nome sia scritto bene".
"Io credo molto nel destino", dice Red West. "È come se Tom Parker ed Elvis Presley fossero nati e destinati ad incontrarsi. Tom Parker era ed è incredibile. Con Elvis è stato come se si fossero cercati a vicenda. Le cose stavano per decollare".

-FINE CAPITOLO 10
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CAPITOLO 11

Elvis Presley oggi è ingrassato ed invecchiato ma con un solo battito delle sue scure ciglia, riesce ancora a farsi adorare dalle donne di qualsiasi età. Esse sembrano dimenticare di essere nel ventesimo secolo quando Presley sale sul palco: sembra di fare un salto indietro nel tempo, all'epoca delle idolatrazioni pagane.
Elvis scatena una reazione nelle donne che fa uscire il loro lato primordiale; tutto questo assomiglia al modo in cui Farrah Fawcett-Majors attrae gli uomini. Ai tempi in cui Elvis aveva vent'anni e stava per salire sulle "montagne russe" che lo portarono su una delle più incredibili della storie dello show-business, non era certo uno stallone, nel senso moderno della parola. C'erano infatti legioni di adolescenti adoranti ma la sua timidezza naturale, e forse la convinzione che "era tutto solo showbiz", gli diceva che non era Elvis Presley che stavano adorando: era solo l'immagine. Lui si prendeva gioco di quell'immagine, divertito dalla caricatura che presentava sul palco. Ancora oggi, nei suoi momenti più tranquilli, non prende la sua immagine troppo sul serio. Quando sale sul palcoscenico indossando qualche abito scandaloso, è pronto a dire al pubblico: "Eccomi qui con questo costume da Superman". È un'onestà che attrae. E, all'inizio, si è mantenne abbastanza sotto controllo per quanto riguarda l'approfittarsi di tutte le donne che gli si buttavano addosso. Secondo Red "era più ossessionato dall'idea di fare l'artista per il bene di sua madre piuttosto che andare in giro a scopare tutto ciò che camminava. Credeva nel suo canto; credeva nel vivere una vita pulita. Lui ci teneva alla sua arte. Non era una femminuccia quando si trattava di ragazze, ma non era un tipo che entrava e usciva dal letto di tutti, almeno a quei tempi. Più che altro, il successo significava dire grazie a sua madre per dimostrarle che tutto il duro lavoro e il sacrificio non erano stati vani".
La devozione di Elvis per sua madre e la devozione di lei per lui, costituiscono forse una delle vere grandi storie d'amore del nostro tempo. E, se lei fosse vissuta, gli eccessi che Presley si permetteva sarebbero stati senza dubbio minimi: in lui si sarebbe sviluppata una persona più disciplinata.



"Fino a quando non è entrato nell'esercito", ricorda Red, "era praticamente era stato assieme solo a due fidanzate, entrambe del sud, entrambe affascinanti ed entrambe molto carine. Una era Dixie Locke e l'altra ragazza era Anita Wood. Non ha mai approfittato di quello che era. Ma proprio intorno al 1955-1956 ci fu un graduale cambiamento. Aveva ancora delle regole piuttosto rigide quando aveva a che fare con le donne. Lui non avrebbe mai tollerato che qualcuno dei ragazzi intorno a lui imprecasse di fronte alle signorine e si arrabbiava molto se uno dei suoi amici andava con una donna sposata o anche una donna divorziata. Le cose sono cambiate, naturalmente. Era il sogno di ogni madre. Faceva 'sì signora' e 'no signora" fino alla morte. Si alzava sempre in piedi quando una donna entrava in una stanza. All'inizio era molto naturale. Ma poi, man mano che Elvis invecchiava, sviluppò davvero un comportamento professionale da ragazzo di campagna, con donne. Negli ultimi anni non era più un atteggiamento naturale".
Ma dove Red notò un cambiamento graduale fu "verso la fine del 1955, ed Elvis scoprì improvvisamente che era un tipo dannatamente attraente sia fuori dal palco che dentro. E cominciò a rendersi conto che alle donne piaceva andare a letto tanto quanto agli uomini. Un giorno a Memphis stavamo in giro con la Crown Victoria rosa e ci imbattemmo in due ragazze. Credo che le conoscessimo vagamente".
Red e Presley si sono offerti di portarle a fare un giro. Non erano reginette del ballo, e Red pensò che lui e il suo capo avrebbero ottenuto più di un "semplice giro" da loro. In un altro frangente, Elvis avrebbe molto probabilmente detto a Red: "Non credo che la mamma si aspetterebbe questo da me".
"Vivevo ancora con mia madre", continua Red, "nell'Hurt Housing. La mamma -Lois West, era il suo nome- era separata da papà e vivevamo insieme nell'appartamento delle case popolari. Lei lavorava durante il giorno ed in quel momento era al lavoro".
Così lui, Elvis e le ragazze finirono nell'appartamento di Red West. Ci furono alcuni imbarazzanti preliminari e poi arrivò il momento dell'accoppiamento. Red portò una delle ragazze nella sua stanza, e Presley scomparve con la sua ragazza nella camera da letto della Mrs. Lois West. La madre di Red aveva una dolorosa malattia alla schiena. Il letto era molto vecchio, cadente e morbido, ma Red e sua madre non potevano permettersi di comprarne uno nuovo. Red aveva reso il letto più comodo per la schiena di sua
sua madre mettendo una grande lastra di legno duro sotto il materasso per per dargli più consistenza. Red e la sua ragazza si stavano rotolando sul letto, facendo quello che gli veniva naturale, quando "improvvisamente", dice Red, "sento questo urlo, come un rumore di qualcosa che si rome, poi un mucchio di risate provenienti dalla dalla stanza di mia madre".
Red si tirò in fretta i pantaloni e si precipitò fuori.
"Dannazione, ho pensato, forse Elvis stava entrando nel vivo delle cose e lei aveva cambiato idea ed Elvis stava cercando di forzare la situazione anche se non è mai stato quel tipo di ragazzo. Non sapevo cosa pensare. Comunque, mi sono precipitato".
Elvis aveva rotto la lastra di legno sotto il materasso. Red ridacchia, ricordando.
"Deve essere stato uno shock infernale. Immagina la ragazza. Lei è lì e improvvisamente il mondo intero le crolla sotto i piedi. Andai nella stanza e i due si rivestirono frettolosamente, ridacchiando come due scolaretti sopra questo letto rotto.
"È stato piuttosto divertente, ma in quel momento ho pensato, cavolo, amico, il vecchio Elvis sta cominciando a perdere la sua timidezza. Elvis si rilassava molto di più quando c'erano ragazze attorno a lui. Una volta scoperto quanto fosse facile avere delle donne, le facevamo passare nelle sue camere da letto due o tre volte al giorno. Quel ragazzo aveva sicuramente un buon fisico in quei giorni".
Fu questo nuovo appetito del giovane Presley che indirettamente portò ad un rude confronto tra Red e il guru dello show-business, il colonnello Tom Parker. Fu anche il primo incontro di Red con l'uomo che, nel corso degli anni, gli piacque e rispettò come "un diavolo di vecchio".



Era il 1956 e il Colonnello Parker era il manager di Elvis da circa un mese.
"Penso che fossimo in un posto come il South Carolina", dice Red West, "ed Elvis aveva uno spettacolo la sera dopo in Virginia. Quando suonavamo in quei posti, non c'era molto tempo per scherzare. Si trattava di fare lo spettacolo, mangiare un boccone, andare a letto e e muoversi il giorno dopo in macchina verso il posto successivo. Il ritmo poteva diventare molto stancante. Quella notte in particolare, Elvis ebbe a che fare con una ragazza molto carina. La portò nella stanza del motel e ci andò a letto: la mattina bussai alla sua porta urlando 'Dai, amico, dobbiamo partire. Dobbiamo andare in Virginia". Eravamo già in ritardo. Beh, qualsiasi cosa stesse facendo quella ragazza, ad Elvis piaceva sicuramente perché non voleva uscire. Quando finalmente terminò, sembrava che fosse stato mischiato con uno sbattitore di uova. Eravamo davvero in ritardo: era inverno e stava nevicando: salimmo in macchina ed iniziai a guidare come un pazzo per arrivare in Virginia. Non so come abbiamo fatto a terminare sani quel viaggio, fu una pazzia, ma ci arriviamo con solo un quarto d'ora di ritardo... Stava ancora nevicando forte ma davanti all'auditorium vedo un pazzo con una maglietta. Scendo dalla macchina e noto che stava fumando un sigaro e aveva un'espressione come se volesse uccidermi. Poi noto che, nonostante il fatto che stia indossando una maglietta inm mezzo a questa dannata neve, era così agitato che stava sudando. Oh, Signore, senza che lui presentarsi sapevo di aver incontrato il Colonnello. Mi guarda come se volesse strapparmi il culo e cominciò ad inveire: 'Dove diavolo sei stato? Sai che ora è? Ho queste persone che aspettano e tu sei dannatamente in ritardo. Non puoi far aspettare la gente. Chi si crede di essere? Amico, volevo scavare una un buco e tuffarmici dentro. Elvis non ha detto una parola. Si è infilato dentro e si è vestito. Io Avevo paura di avvicinarmi al Colonnello. Da allora iniziò una tendenza: quando qualcosa andava storto con Elvis, era sempre colpa mia. In seguito imparai che il fatto che mi ritenesse responsabile di Elvis, era il suo modo di mostrarmi che mi rispettava per questa grossa responsabilità".
"Con lui, era un lavoro duro: lavorava giorno e notte per Elvis. Insieme erano come due mezzi pezzi che quando erano messi insieme, diventavano un tutt'uno. Era un duro uomo d'affari ma viveva e respirava il lavoro di promozione del suo ragazzo, come era solito chiamarlo. Ha fatto la fortuna di Elvis e ha ottenuto da contratti incredibili. Ma per quanto fosse duro il vecchio, non l'ho mai visto rimangiarsi la parola data. Ho sentito tantissime storie sul Colonnello ma so una cosa: una volta che ha dato la sua parola e la sua stretta di mano, avrebbe preferito perdere un braccio piuttosto che tornare indietro".

-CONTINUA-
01/10/2021 20:44
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CAPITOLO 11 - continua-

Le storie sul colonnello sudista che masticava il sigaro erano innumerevoli come le storie su Presley stesso. Ma il colonnello apparentemente sceglieva di ignorarle. Viveva tranquillamente con sua moglie in una casa a Palm Springs - che, giurano i ragazzi del West, è così pulita che si potrebbe mangiare un pasto sul vialetto. Per maggior parte dei giorni, Parkeri inizia a lavorare alle sei del mattino, facendo concitati accordi al telefono. Ha un assistente fedele, Tom Diskin. Non ha molto personale alle sue dipendenze: quelli che lavorano per lui lo fanno, in un modo o nell'altro, da quando è in affari. L'accordo finanziario tra lui ed Elvis non è noto, anche se alcuni dicono che il Colonnello Tom possiede il cinquanta per cento di tutto.
Forse la ragione per cui il Colonnello non ha mai smentito alcune delle storie più oltraggiose che lo riguardano, è che praticamente tutto il suo tempo è stato speso a promuovere Elvis Presley. Fino all'età di diciotto anni, Tom Parker ha fatto ogni sorta di lavoro strano: per suo zio, che all'epoca gestiva il Great Parker Pony Circus, che nonostante il suo nome grandioso, era pacchiano come la maggior parte dei road show degli anni '20. Dopo essersi messo in proprio, specializzandosi nel catering per i circhi, ma facendo ogni sorta di altri lavori (occasionalmente, anchequalche lettura della mano...). Nel 1934, il ventiquattrenne Parker decise di spostarsi ai margini del business del circo: diventò un agente di stampa e un promotore e scoprì che poteva guadagnarsi da vivere in modo soddisfacente. A quei tempi, alcune delle fiere più grandi e meglio attrezzate, spettacoli e carnevali presentavano uno dei nomi più noti nel campo del country e del western. Il giovane Parker vide un modo ancora migliore per fare soldi nella promozione dei cantanti: mettere un annuncio su un giornale, offrendo uno sconto all'acquirente che avrebbe portato il coupon in un certo grande magazzino o supermercato. Il negozio avrebbe agito come venditore di biglietti per un particolare spettacolo e avrebbe anche attratto nuovi potenziali clienti per la propria attività. A volte, Parker riusciva persino a convincere il negozio a pagare per l'investimento originale per mettere l'annuncio sul giornale. Egli fu quindi uno dei primi uomini nel paese a promuovere uno spettacolo "legando" una cosa completamente diversa. L'idea oggi è una pietra miliare della promozione.



Tom Parker non si faceva certamente crescere l'erba sotto ai piedi, nemmeno in quei giorni al culmine della Grande Depressione. La prima esperienza di Tom Parker nel gestire un singolo talento musicale arrivò per mezzo di Gene Austin, che travolse il mercato discografico con il suo "My Blue Heaven". Promosse una serie di concerti per Austin in vari auditorium. La voce delle ossessive abitudini di lavoro di Tom Parker e il suo occhio per la promozione, cominciarono a diffondersi: Eddy Arnold, che più tardi sarebbe diventato una leggenda della musica Country, decise di assumerlo come agente per uno dei suoi tour e Tom Parker lo vide come un'opportunità per sfondare. Prima che Arnold arrivasse in una città, c'era una serie di articoli articoli e foto che appoggiate sulla scrivania del giornale locale, pronte per essere stampate: gli articoli erano stati scritti da uno scrittore freelance di nome Tom Parker. Volantini, manifesti murali, storie di giornale, interviste radiofoniche - erano tutti lì.
Arnold fu così impressionato che alla fine lo prese come suo manager personale: fu una mossa di cui non si pentì mai.
"Tom, perché non ti trovi un hobby?" chiese una volta a Parker.
Tom Parker lo guardò, si trascinò pesantemente un sigaro e rispose: "Eddy, tu sei il mio hobby".
Grazie al suo talento e a quello di Eddy Arnold, Parker riuscì a portare il grande cantante country sotto l'ala protettrice della RCA Victor: quel contatto avrebbe poi lanciato Elvis Presley nella sua carriera. La collaborazione Arnold-Parker durò dal 1942 al 1951. Qualunque sia il motivo della rottura, non è stato comunicato né da Arnold o dal colonnello.
Parker si mise con Hank Snow nel 1954, un canadese che era arrivato a Nashville e all'Opry attraverso un lungo percorso tortuoso. Anche se era un nome familiare nel nativo Canada, egli era ancora uno sconosciuto negli Stati Uniti. Il colonnello Tom cambiò tutto questo con la sua promozione alla vecchia maniera e l'importantissimo legame con la RCA Victor.
Mentre Hank Snow vendeva più di un milione di dischi con sua "I Don't Hurt Anymore", Elvis Presley lo ascoltava alla radio a Memphis, tra un lavoro e l'altro alla guida del suo camion alla Crown Electric Company. Mai nei suoi sogni più sfrenati, Elvis pensava che un giorno avrebbe un giorno eclissato il maestro. Proprio alla fine del 1955, Sam Phillips della Sun Records di Memphis, stava facendo un buon lavoro nel promuovere le uscite di Presley nelle immediate vicinanze. Ma Sam, che aveva anche Jerry Lee Lewis, Johnny Cash e Roy Orbison nella sua scuderia, pensò che forse Presley era ora pronto per il grande salto: andò da Randy Wood, capo della Dot Records di Los Angeles, con un'offerta per il contratto di Elvis: 7.500 dollari, una somma gigantesca a quei tempi. Randy Wood era un buon uomo d'affari, come lo era Sam ma pensava che Elvis avrebbe potuto fare qualche disco di successo ma lo riteneva "solo un un fuoco di paglia". Inoltre, spiegò Wood, lui aveva un crooner che sarebbe durato per sempre. Il suo nome era Pat Boone.
Mentre Randy Wood diceva no a Sam Phillips, Oscar Davis stava tessendo le lodi di Presley al colonnello Tom. Sebbene il Colonnello rispettasse il giudizio di Davis, non fece una mossa finché Steve Sholes iniziò adassecondare Davis.
"Sholes era un vecchio amico del colonnello", dice Red West. "Era stato un A&R man per la RCA Victor. Raccontò al Colonnello di questo ragazzo che stava avendo un enorme successo al Louisiana Hayride".
Il Louisiana Hayride operava più o meno sulla stessa base del Grand Ole Opry, eccetto che veniva eseguito e trasmesso a Shreveport, in Louisiana. Il colonnello Tom andò a Shreveport e ascoltò Presley e siconvertì immediatamente: Elvis era l'unico performer maschio che vendeva quello molte performers femminili vendevano: il sesso. All'epoca i cantanti maschi erano romantici, tristi, eroici, ispiratori con il cuore spezzato, ma non erano mai sexy.
Il colonnello Tom incontrò Presley e gli piacque a prima vista. Gli piacque il modo in cui reagiva alle persone; gli piaceva la sua dedizione. E c'era un'altra componente che il colonnello avrebbe sfruttato del tutto: mentre Elvis sul palco era una massa contorta di sensualità, al di fuori era umile ed educato. Questo contrasto si sarebbe rivelato dinamite. Qui c'era un uomo, ragionavano le ragazze, che stava sempre lottando per controllare il demone dentro di lui.
"Il colonnello", dice Red, "si offrì di aiutare Bob Neal a spingere Elvis in aree nelle quali Bob non sarebbe potuto arrivare: quel vecchio conosceva questo paese come il dorso della sua mano. Aveva percorso quella strada con Gene Austin, Eddy Arnold e Hank Snow. Era solo una questione di tempo prima che il Colonnello assumesse la gestione di Elvis al 100%. Il Colonnello non fece nulla per accellerare le cose e non commise nessuna scorrettezza nei confronti di Bob. Entrambi si rispettavano. Ad Elvis,
Memphis stava ormai stretta..."



Alcuni resoconti attribuiscono al colonnello di aver dato ad Elvis la sua prima grande occasione portandolo al Louisiana Hayride, anche se lui non l'aveva visto fino a quando non andò per la prima volta a Shreveport. Quando fu interrogato su quella particolare parte della carriera di Elvis, è probabile che il colonnello faccia quella risata di pancia per la quale è ben noto tra i suoi collaboratori, per poi dire: "Ragazzo, l'ho tolto dal Louisiana Hayride".
Quando Elvis raccontò al colonnello come lui e i Blue Moon Boys avevano ricevuto un brutto trattamento dall'équipe dell'Arthur Godfrey Show, il colonnello lo guardò negli occhi e, con una voce che instillò immediatamente fiducia nel giovane, disse: "Ragazzo, avremo New York per te, per una cifra che non puoi credere".
Se qualcuno intorno a Presley pensava che si trattasse di una vana vanteria, ben presto avrebbe cambiato idea. Nemmeno tre mesi dopo che Randy Wood aveva rifiutato il contratto di Elvis per 7.500 dollari, gli stretti contatti del colonnello con la RCA Victor diedero i loro frutti. Vendette il contratto di registrazione di Presley per 35.000 dollari, una cifra senza precedenti a quei tempi.
"Proprio in questo periodo, e forse era prima che lui ottenesse il contratto con la RCA", dice Red, "Elvis stava ancora facendo dei road shows. Era in una fascia più grande, naturalmente, e c'erano volte in cui appariva nello stesso show di Johnny Cash e Hank Snow. In quegli shows lavorano sulla sequenza in cui andavano in scena: a seconda della potenzialità del numero, l'attrazione principale normalmente si esibiva per ultima. Ogni volta che Elvis andava in scena con Hank Snow, Hank insisteva sempre per andare per ultimo. Non era una questione di ego, era solo che lui era l'attrazione principale. Una sera - credo fosse in Alabama - ci fu un grande spettacolo in cui c'erano tutte le migliori star della musica country, ed Elvis doveva andare prima di Hank.
Beh, Elvis fece a pezzi quel pubblico. Hank si esibì subito dopo e fece un grande spettacolo, ma per quanto riguarda il pubblico fu una delusione. Hank andò dal M.C. e, da vero gentiluomo che era, disse semplicemente: "D'ora in poi, è meglio che tu mi metta prima del ragazzo".
Quello fu un riconoscimento da parte di uno dei grandi, di Elvis fosse la star. Ecco come erano quei ragazzi di campagna. nessuna gelosia, niente. Non si sentirebbe una cosa del genere nello show business oggi".

Il primo disco che Elvis Presley incise con la RCA Victor suonava strano ad orecchie non esperte: s'intitolava "Heartbreak Hotel", e in tempo record fu un milione di copie vendute. La RCA ripubblicò quattro dischi di Elvis, tutti da un milione di copie. Continuò a registrare "I Want You, I Need You, I Love You" e vendette ancora un milione di copie. L'industria discografica era sconvolta. Da dove veniva questo ragazzo? Nel 1956 Elvis Presley, grazie a Parker, fu incoronato re.
Sonny West, che viaggiò con il colonnello e gli fu più vicino di ogni altro mafiosoracconta: "Ecco perché tutte quelle storie su di lui e i suoi primi giorni mi sembrano spazzatura. Era un duro che lavorava sodo e che aveva un genio all'antica".
Negli anni successivi ci furono momenti in cui Elvis si sarebbe volentieri liberato di Tom Parker. "Ma", come osserva Sonny, "senza il Colonnello non ci sarebbe mai stato un Elvis Presley. Sono entrambi parte ello stesso insieme".
Quando la RCA Victor comprò il contratto di Elvis per 35.000 dollari, generosamente aggiunsero un bonus di 5.000 dollari per il giovane cantante. La prima cosa che fece fu uscire e spendere tutto in una Cadillac rosa per sua madre. Era quasi come se avesse avuto una premonizione che lei non sarebbe stata con lui ancora per molto.


-FINE CAPITOLO 11-
[Modificato da marco31768 02/10/2021 21:24]
02/10/2021 21:24
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CAPITOLO 12

Il 1956 fu l'anno anno, dice Red West "in cui tutto decollò. Tutto ciò che toccava diventava oro, non poteva sbagliare nulla".
Era l'anno in cui il Colonnello stava per dimostrare la sua vanteria che New York avrebbe implorato Elvis Presley. Se mai una città e i suoi critici, che provavano un piacere speciale nel criticare Presley, avrebbero dovuto rimangiarsi le parole, quella sarebbe stata New York e tutti i suoi critici. Ed Sullivan, un amato veterano dei primi giorni della televisione, non ne sarebbe stato esente. Prendendo spunto dal New York Times, il Journal-American e il Daily News, aveva detto forte e chiaro che avrebbe preferito mandare in onda il monoscopio piuttosto che trasmettere Elvis Presley.
Anche in quei primi giorni di TV, le guerre di rating erano altrettanto isteriche come lo sono oggi. Uno degli spettacoli che soffriva era lo spettacolo teatrale di Tommy e Timmy Dorsey, trasmesso dal CBS Theater nel centro di Manhattan. Era prodotto da Jackie Gleason e serviva come introduzione allo show di Gleason, The Honeymooners. Lo show di Dorsey andava in onda in concomitanza col Perry Como Show, i cui ascolti sembravano inespugnabili. Il colonnello Tom bombardò Gleason e i suoi talent scoute con una lista impressionante di cifre degli auditorium di tutto il del paese, spingendo un riluttante Gleason a "dare finalmente al ragazzo una possibilità" in un importante talent show televisivo nazionale.
Gleason non era proprio convinto: aveva dichiarato che Elvis non sarebbe durato. "Ma", aggiunse "se prenotassi solo gli spettacoli che mi piacciono, avrei solo trombettisti nello show".
Era un sabato sera nevoso del gennaio 1956, quando Il colonnello condusse Elvis, Scotty Moore, Bill Black, D.J. Fontana e Red West nel CBS Theater. Tutti i ragazzi erano in apprensione: era una cosa che dovevano tentare. Il colonnello aveva ottenuto per loro un cachet senza precedenti di 1200 dollari a spettacolo per sei esibizioni; ciò andava bene, ma l'esposizione nazionale o li avrebbe fatti nascere o li avrebbe cancellati per sempre. Lo stesso studio della CBS non offriva alcuna rassicurazione: era pieno solo a metà. Il palco era pronto con il gruppo e i suoi strumenti. Elvis, vestito in una giacca sportiva bianco sporco con gigantesche spalle drappeggiate che lo facevano sembrare come un concorrente per il titolo di Mr. America, balzò al centro del palco con l'agilità di un giaguaro rimasto troppo a lungo in gabbia; afferrò il microfono, se lo passò sul corpo, gettò le gambe arrogantemente aperte e piegò le spalle. Le sue labbra piene formarono un ghigno. Davaquell'impressione inquietante che dà ancora oggi: minaccia mista a compostezza, combattente di strada ma metà ballerino di danza classica. Le luci che risplendevano sui suoi capelli creavano un effetto aureo intorno a lui... Poi scatenò l'uragano... Il suo numero di apertura era "Heartbreak Hotel". [In realtà, Elvis cantò "Shake, rattle & Roll / Flip, flop & Fly" seguita da "I got a woman". Elvis eseguì "Heartbreak Hotel" in quelle apparizioni TV, per la prima volta, solo l'11 febbraio. N.d.t]. C'era questo mezzo santone e mezzo peccatore che invocava compassione. Ma mescolata alle sue suppliche c'era la minaccia che l'animale dentro di lui non poteva essere controllato. Le gambe fremevano, la vita e il bacino facevano un giro di 360 gradi il cui completamento fu segnato dalla batteria di D.J. Fontana, mentre Elvis sbatteva fuori l'inguine. Il viso si contorceva come in agonia e il ghigno sinistro diceva alle sue donne che il dolore era sparito ed ora era disponibile sempre e ovunque. E poi quell'inguine avrebbe fatto il suo giro e D.J. avrebbe colpito di nuovo il tamburo, ancora ed ancora. Bisogna ricordare che questo andava in onda sulla televisione nazionale, in milioni di case americane in un'epoca in cui la cosa più in voga al cinema era Doris Day, e i set di Hollywood stavano appena iniziando a includere i letti matrimoniali.
Gli ascolti salirono alle stelle: per la prima volta, il Tommy and Jimmy Dorsey Show eclissò il Perry Como Show.



Mentre i talent scout corteggiavano improvvisamente il Col. Tom Parker, la controversia divampò come un incendio in tutta la nazione. Improvvisamente il giovane Elvis Presley, un ragazzino che ancora si divertiva a cantare canzoni Gospel, era la nuova minaccia alla virtù americana. Questo timido montanaro, la cui dedizione a sua madre era leggendaria, era la cosa più malvagia che era arrivata sulla scena dai tempi del Charleston. Fu immediatamente soprannominato "Elvis the Pelvis", un nome che irritò Elvis stesso. "È la cosa più stupida che abbia mai sentito da una persona adulta", disse.
I ragazzi amavano quel tipo di discorso. Lui era davvero uno di loro. Il reverendo Billy Graham affermò che Elvis Presley non era il tipo di ragazzo che avrebbe voluto che i suoi figli vedessero. Gli articoli dei giornali fecero capire agli esperti che il livello di decibel del rock 'n' roll di Elvis Presley poteva assordare i bambini. Negli Stati Uniti, in Australia e in Inghilterra, molti giovani furono espulsi quando si rifiutarono di tagliare i loro capelli che portavano con lo stile di Elvis Presley. I balli rock'n'roll furono vietati in diverse città americane.
Dopo una serie di disordini in cui la polizia ha interrotto alcuni concerti, il New York Daily News chiese un coprifuoco di mezzanotte per tutte le persone sotto i ventuno anni e suggerì che i balli rock 'n' roll dovessero essere tenuti solo sotto la supervisione di adulti selezionati. La posta dei fans di Elvis Presley arrivò improvvisamente a diecimila lettere alla settimana. Le ragazze scrivevano offrendosi a lui, minacciando apertamente il suicidio se non le avesse incontrate. Alcuni genitori minacciarono di uccidere lo stesso Elvis se non si fosse. E tutto questo "male" era iniziato in una piccola chiesa in Adams Street a Tupelo, Mississippi.
Red West ricorda che, a parte l'ovvia esultanza di Presley per aver raggiunto il successo, sembrava sinceramente turbato dal fatto che qualcuno lo considerasse come una minaccia per le loro figlie, sorelle e fidanzate.
"Diamine", disse Elvis, "Faccio semplicemente quello che mi sento. Non c'è niente di male. Non lo farei mai se pensassi che fosse negativo. Non c'è niente di pianificato. È solo musica e canto, tutto qui".
Sua madre si arrabbiava quando sentiva che qualcuno definiva volgare Elvis. "Mio figlio non farebbe mai niente di male, nulla del genere. È un bravo ragazzo, un ragazzo che non ha mai dimenticato la sua educazione ecclesiastica e non è cambiato di una virgola". La cosa curiosa era che Gladys era piuttosto vicina alla verità; tuttavia, sembrava impossibile convincere metà della popolazione adulta del mondo che Presley non era il diavolo incarnato.
Nonostante tutte le folle urlanti e i fans in rivolta, secondo Red West era sempre difficile credere al successo che Evis stava avendo. "Sembrava che non avessimo mai il tempo di assorbire tutto questo", dice Red. "Eravamo tutti più occupati di un uomo con una gamba sola in una in una gara di calci in culo. Passavamo di città in città in rapida successione. In quei giorni, Elvis cominciò davvero a spassarsela con le ragazze: in ogni città c'era un'avventura diversa. A volte una nel pomeriggio e poi una nella
notte. Si lasciava dietro fiumi di ragazze. E ad essere onesti, ce n'era in abbondanza anche per me e i ragazzi".
Ma Red ricorda che quelli erano gli unici "guadagni" per lui, perché non era mai stato pagato un centesimo fino a quel momento. "C'erano un sacco di affari all'epoca e c'erano un sacco di soldi che arrivavano; prima ero lì solo per viaggiare con Elvis ma ripensandoci, per il lavoro che facevo, avrei dovuto essere pagato in qualche modo perché, amico, ho lavorato come un cane. Tutti i lavori saltuari, tutte quelle dannate guide, tutto ciò che nessun altro voleva fare, lo facevo io. So che Scotty, Bill e D.J. non erano felici della loro situazione finanziaria. Credo che alla fine se ne siano andati perché non venivano pagati come pensavano fosse giusto. Una delle cose più curiose e sconcertanti su Elvis è che nel corso degli anni l'ho visto dare via alcuni dei regali più incredibili che potessi vedere come vestiti, macchine ed anelli, persino aeroplani e case, ma a lui piaceva avere il controllo della situazione perchè riteneva che i regali fossero una cosa diversa rispetto al denaro. Credo che Elvis pensi che il denaro dia l'indipendenza ad una persona ma lui non vuole che le persone siano indipendenti da lui; gli piace essere una figura paterna, quasi divina. Per molti anni, con serietà, ci ha chiamato suoi discepoli. Era disposto a nutrirci, vestirci e farci divertire, ma gli piaceva essere responsabile di ciò che ti dava quando te lo dava. In qualche modo pensava che se metti insieme abbastanza soldi, avresti potuto lasciarlo perché non avevi più bisogno di lui".



"È strano che io non venissi pagato, ma Charlie Hodge, uno dei migliori chitarristi del settore, non riceveva nemmeno un salario tradizionale per un musicista. Ad Elvis inoltre non piace che tu mostri alcuna indipendenza. Ecco perché c'era sempre quell'attrito che aveva verso Jerry Schilling. Di tutti i ragazzi che erano chiamati la Memphis Mafia, Jerry era sembrato il più indipendente. Non accettava tutto quello che Elvis diceva senza fare domande, e ad Elvis non piaceva. La maggior parte dei ragazzi aveva soldi veri e propri. Io, Sonny, Dave, Joe Esposito, Gene Smith, Jerry Schilling, Lamar Fike, Cliff Gleaves. Nessuno... Nessuno di noi. Abbiamo vissuto tempi buoni e tempi cattivi senza vedere molti soldi. Era quasi come se fosse un requisito per lavorare per lui quello di essere al verde. Tu dovevi avere bisogno di lui più di quanto lui avesse bisogno di te".
Red ricorda che subito dopo lo show dei fratelli Dorsey, Jean e Julian Aberbach, i due fratelli di origine tedesca che possedevano la Hill and Range Music Publishing Company - e che avrebbero più tardi rilevato la Elvis Presley Publishing Company, invitarono Elvis e Red al ristorante Brown Derby di New York.
"C'eravamo noi due, 'E' ed io, in quel ristorante molto elegante. Eravamo appena arrivati da Memphis e sembravamo dei veri bifolchi. Ci sentivamo a nostro agio come un nero ad una riunione del Ku Klux Klan. Feci l'errore di andare in bagno per lavarmi le mani e l'addetto mi passò un asciugamano. io pensai che fosse un bel gesto e che forse New York non fosse poi così male come città. Lo ringrazia e mi girai per andarmene ma il figlio di puttana mi ha afferrò dicendomi: "E la mancia?". Non avevo mai sentito parlare di mance in un bagno, ma questa era New York. Non avevo un centesimo in tasca... Non sono mai stato così imbarazzato e da allora, New York non è mi entrata nel mio cuore..."
Anche se i soldi per Red erano scarsi, i dollari arrivavano numerosissimi sul conto di Elvis Presley. I primi grandi assegni erano destinati a qualcosa di più importante: Elvis voleva comprare a sua madre una casa, una una vera casa.
"È qualcosa che ha sempre voluto ma di cui non ha mai parlato" avrebbe detto più tardi. "Era come se non volesse far sapere a nessuno dei suoi sogni. Ma io lo sapevo. Volevo dare una casa a mia madre".
Comprò un bel ranch verde e bianco su Audubon Drive nella periferia di Memphis, installò una piscina e costruì una recinzione intorno alla proprietà per tenere fuori i fans. Riempì il garage con due Cadillac e una Lincoln. Credo che la piscina fosse lì per fare scena perché Elvis non è davvero appassionato di nuoto. Non so se è perché non gli piace che gli si scompiglino i capelli o perché ha paura dell'acqua, ma non è un gran nuotatore".



L'offerta successiva ad Elvis venne dallo Steve Allen Show. Apparve con Andy Griffith, Imogene Coca e lo stesso Steve Allen in uno sketch. Più tardi cantò "Hound Dog". Nel giro di ventiquattro ore, la canzone si avviava a diventare un best-seller da un milione di dollari. Quelli di Ed Sullivan guardavano increduli mentre gli ascolti di Steven Allen cominciava a salire alle stelle. Era solo una questione di tempo prima che il colonnello ricevesse una chiamata da Sullivan ed infatti Elvis ottenne 15.000 dollari per un'esibizione, tre volte di più di quanto Ed Sullivan avesse mai pagato un artista prima di allora. Quella sera fu davvero una vittoria per Memphis. Solo una cosa, forse, fu assurda: Elvis e probabilmente il Colonnello stesso non lo sapevano, ma le telecamere riprendevano il cantante solo dalla vita in su. Alla fine, Sullivan, sensibile alle esplosioni di critiche e polemiche che giravano intorno a Presley, non aveva intenzione di rischiare di essere massacrato dai suoi amici del New York Times e del Daily News.
Red West era, ovviamente, felice che Elvis stesse diventando grande, ma non era troppo contento della sua situazione. "Era una vita eccitante per me, credo credo, e forse non avrei dovuto lamentarmi, ma diavolo, mi vedevo per il resto della mia vita senza essere pagato. A volte gli orari sulla strada erano davvero duri. Spesso ero solito guidare la macchina con gli strumenti della band. Vernon aveva fatto fare questo piccolo carrello da rimorchio che si agganciava al retro della la mia macchina. Sembrava più una toilette mobile, dipinta di rosa e con una sola ruota. Per come il padre di Elvis continuava a parlare di quella cosa, avresti pensato che fosse un dannato yacht... Una volta guidai guidare da Winston-Salem a Jacksonville, in Florida.
Stavo guidando come pazzo, rischiando un paio di volte di uscire di strada. Fuori Jacksonville, il dannato pneumatico di questo cesso portatile, scoppiò. Tirai fuori tutti i vestiti e gli strumenti, scaricai quello stupido rimorchio e caricai tutto in macchina.
Arrivai a Jacksonville con circa quindici minuti di ritardo e fu incredibile che io che ce l'avessi fatta. Beh, quando arrivo lì, invece di ricevere un benvenuto da eroe, Vernon volle sapere cosa fosse successo al suo cesso mobile che probabilmente costava una cinquantina di dollari. Non faceva altro che parlarne ed Elvis si divertì molto ascoltando tutto...".
Ma la reazione di Vernon alla perdita del "cesso portatile" assillava Red. "Era solo un caso, sai, amico, per quanto tempo potevano continuare in questo modo a rompermi le palle? Io ed Elvis eravamo molto amici e non avevo il coraggio di dire 'Hey, non pensi che dovrei essere pagato un po' per quello che sto facendo?' Elvis era ancora un ragazzo decente e di bell'aspetto con cui era molto facile andare d'accordo. Ci divertivamo molto, e non l'ho mai visto tirar fuori qualche stronzata con me. Ma, dannazione, ero troppo imbarazzato per chiedergli qualcosa. Se l'avessi fatto, me l'avrebbe dato. Così dopo questa discussione con Vernon, che in realtà non era una discussione perché io ascoltavo solo, pensai che ci doveva essere un modo migliore. Stavo arrivando all'età in cui dovevo prestare il servizio militare: dissi ad Elvis che pensavo di arruolarmi nei marines. Non credo che Elvis sapesse che mi stavo arruolando nei marines proprio per smettere di stare con lui e non credo che pensasse che avrei smesso a causa l'incidente di Vernon. Semplicemente non volevo causare un sacco di problemi, così gli dissi che me ne andavo. Fu una cosa emozionante: ci stringemmo la mano e ci abbracciammo. Era un bravo ragazzo".
Red fu inviato per diciotto mesi nel Mediterraneo e in seguito fu assegnato a una base dei marines in Virginia. Si tenne in contatto con Elvis e, specialmente, con Gladys, che sembrava avere una vera preoccupazione materna per Red. Così, ogni volta che Red era in licenza a Memphis nello stesso periodo in cui Elvis era presente, la superstar apriva la sua casa per Red.
Elvis continuava a insistere che gli amici di cui poteva fidarsi fossero sempre con lui tutto il tempo. Il clamore, la pubblicità, i soldi, i manager, avevano tutti il loro posto. Ma quando si trattava di rilassarsi ed essere se stesso, Elvis si affidava sempre di più ai "suoi ragazzi" e a tutti i soldi Yankee del mondo e tutti i manager duri del mondo non lo avrebbero cambiato.

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03/10/2021 22:02
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CAPITOLO 12 -CONTINUA-

Se la partenza di Red lasciò un vuoto nell'amicizia, la carriera di Elvis non si arrestò. Quando i due si riunirono durante il congedo di Red, si meravigliavano del fenomeno a cui quasi come se stessero guardando la carriera di qualcun altro: era ancora molto difficile per una coppia di ragazzi della Humes High School di Memphis, capire cosa stava succedendo intorno a loro.
Il colonnello Tom Parker, invece, era perfettamente a suo agio: finalmente aveva una proprietà che poteva promuovere con tutto quello che aveva imparato nel mondo del circo; la sola differenza è che invece degli elefanti c'era Elvis Presley...
Nacque il fenomeno del merchandising. magliette di Elvis Presley, jeans di Elvis Presley, rossetto Elvis Presley, gomme da masticare, palloni da football, camicie, calzini, maglioni, pigiami, penne a sfera, diari. Non c'era fine. E per tutto il tempo sullo sfondo c'era il colonnello con la sua risata e mostrava a tutti come il vecchio commerciante di cavalli del Sud faceva le cose per bene.
I fans di Elvis Presley si moltiplicarono in tutto il mondo: c'erano quasi un milione di tesserati nei vari fans club. Gladys Presley rimase un po' senza fiato per tutto questo: lei voleva successo e denaro per il suo ragazzo, ma questo? Gladys fece del suo meglio per fare sì che il figlio fosse orgoglioso di lei, proprio come lui l'aveva resa orgogliosa: cominciò un corso di dimagrimento per assomigliare di più alla mamma di una superstar. Quando falliva, ogni tanto prendeva una pillola dimagrante. Ci sono alcuni
detrattori di Elvis Presley che affermarono che la madre di Elvis "si era data alle pillole e all'alcool". L'idea che questa signora si fosse permessa un qualsiasi eccesso, a parte il duro lavoro e l'eccessiva indulgenza verso il suo unico figlio, è alquanto stravagante. Le pressioni di essere la madre di una superstar stavano davvero affaticando la signora Presley e a questo si aggiungevano gli anni nei quali aveva trascurato la sua salute. C'erano volte in cui si lamentava della stanchezza, qualcosa che non aveva mai fatto in precedenza. E spesso aveva un bruttocolorito. La sua preoccupazione ossessiva di sapere se suo figlio si riposava abbastanza e si nutrisse a sufficienza, non aiutava le cose.
Elvis era crollato a Jacksonville, in Florida, dopo una maratona notturna di guida e un programma frenetico. Forse quei primi anni estenuanti lasciarono un'impronta su di lui perché, negli anni successivi, avrebbe considerato il sonno con la passione che una volta aveva riservato alla sua vita sessuale smodatamente sana.



Nel 1957, un anno dopo aver comprato la casa di Audubon Drive, Elvis decise che era il momento di trasferirsi. Una ragione potrebbe essere stata che era troppo piccola per rispondere alle esigenze e ai cambiamenti di stile dovuti al successo. Presley aveva raccolto un discreto entourage, tra cui zii e cugini, e la casa sembrava scoppiare.
Un'altra teoria per spiegare la sua decisione è che la gente di Audubon Drive guardavano dall'alto in basso i loro nuovi vicini. Gladys Presley non si era dimenticata dei suoi vicini e dei vecchi amici delle case popolari e di Alabama Avenue. Quelle persone erano le benvenute nella sua nuova casa. Forse i residenti di Audubon Drive non sopportavano tutta quella gente, tanto da formare un comitato che si offrì di comprare casa Presley. In ogni caso, qualunque fosse stata la ragione, Elvis acquistò una casa più grande e più costosa per sua madre. Era una proprietà di tredici acri a Whitehaven, un sobborgo dell'alta società alla periferia di Memphis. Pagò 100.000 dollari - un sacco di soldi, considerando che era il 1957 e Memphis. La casa, una chiesa convertita, aveva delle belle colonne bianche all'ingresso. Elvis la chiamò Graceland, la arredò in viola, bianco e oro, commissionò delle statuette con la sua silhouette per adornare i cancelli ed installò la piscina.
Nel frattempo, Hal Wallis, il geniale produttore cinematografico, aveva parlato al colonnello Parker e fu firmato un accordo per tre tre film. Elvis era estasiato, anche se questo entusiasmo sarebbe scoparso nel corso degli anni a causa delle sceneggiature dei film. Nessun film di Presley perse dei soldi. Richard Burton, Laurence Olivier, Marlon Brando, Frank Sinatra - nessuno di loro poteva avvicinarsi agli incassi dei suoi film. Eppure, negli anni a venire, Elvis si sarebbe disgustatocon i suoi film. Red ricorda:
"A volte si vedeva in un film e diceva: 'Chi è quel montanaro dalla parlantina veloce, figlio di puttana che nessuno può capire? Un giorno sta cantando a un cane, poi a una macchina, poi a una mucca. Sono tutti i maledetti stessi film con quel sudista che canta solo a qualcosa di diverso".
Le riprese del primo film, "Love Me Tender", iniziarono nell'aprile del 1957 [falso. In realtà cominciarono nell'agosto del 1956, n.d.t] e da lì cominciò una collaborazione fra il Colonnello, i produttori e la RCA Victor, che incrementò unteriormente la fortuna di Elvis Presley. Il plot era l'essenza della semplicità: si rpoducevano film a basso costo con prevedibili spazi per Elvis che cantava ai cani, ai bambini, alle sue macchine o alle sue mucche. Poi si pubblicava un album di canzoni dalla colonna sonora del film. Il tutto era ben confezionato ma non si trattava certamente di pellicole da Oscar...
Durante la realizzazione di "Love Me Tender", come Elvis avrebbe poi raccontato a Red, si prese una cotta incontrollabile per la sua protagonista femminile, Debra Paget. Presley ne parlò con Red all'epoca.
"Se la guardi in quelle prime foto", dice Sonny, "vedrai che aveva una decisa somiglianza con Priscilla Presley, che lui avrebbe presto incontrato. Aveva i capelli neri. Quando Elvis incontrò Priscilla per la prima volta, le fece tingere i capelli di nero. Penso che
sia significativo che anche sua madre avesse i capelli neri. Elvis nella vita reale ha capelli molto chiari. In quel film si vede che è quasi biondo. Più tardi anche lui si tinse i capelli di nero. Naturalmente, ora, quando la tinta è da ritoccare, le sue basette sono quasi completamente bianche, come i capelli di suo padre".
Sia Red che Sonny West ricordano che, nonostante il bel giovane Elvis Presley fosse timidamente attratto da Debra Paget, la sua passione non fu ricambiata. "Credo che il modo in cui andò", dice Sonny, "fu che Debra pensava davvero che Elvis fosse solo un ragazzo carino. Non era minimamente interessata a lui". A quel tempo, Debra usciva con il leggendario Howard Hughes.



Nel 1957, il terzo film di Presley, "Jailhouse Rock", segna il primo dei cambiamenti graduali nella sua personalità. Erano cambiamenti che gli avrebbero dato ore di sofferenza. Il film vedeva Elvis Presley nella parte di Vince, un giovane che andava in prigione dopo aver accidentalmente ucciso un ubriaco in una rissa. Lì incontrava il suo compagno di cella, Hunk Houghton, un ex cantante western. Dopo un concerto in prigione, Vince mostrò a Hunk quanto talento abbia, gli firmò un contratto a lungo termine che venne prontamente dimenticato, finché entrambi si incontrarono per strada da uomini liberi. Vince era diventato famoso ma con la fama e la celebrità, era arrivato l'inevitabile complesso della stella. Onorando il contratto, Vince assunse Hunk come domestico e dog sitter. Vince incontra Peggy Van Alden, che si innamora di lui. Insieme, lei e Hunk cercano di farlo cambiare da quel viziato egoista che era diventato. Tutto finì felicemente, con Vince che ammise tutti i suoi errori.
Nella vita reale, dice Red West, Elvis era diventato Vince. "Ora, non voglio dire che era sempre egoista e testone. Ma aveva degli scatti d'ira che nessuno di noi aveva mai visto prima. Voleva essere trattato come qualcosa di speciale. Certo, era qualcosa di speciale, ma non aveva mai preteso quell'attenzione. Spesso condivideva la guida prima dei concerti. Avevamo condiviso tutto, anche le nostre donne".
Fu in quel periodo che un giovane fan di nome Lamar Fike entrò in scena. "Per come me lo ricordo", dice Sonny West, "si arrampicò sul muro della casa di Elvis in Audubon Drive e non se ne andò più. È ancora oggi con Elvis. Lamar pesa trecento chili ed Elvis lo faceva bersaglio di tutte le sue battute. Non sto dicendo che a Elvis non piaceva ma quando parla con Lamar sarà sempre 'Porta il tuo grasso culo fuori di quii' o 'Porta il tuo grasso culo qui e occupati di questo'. io credo che Lamar sia un ragazzo molto sensibile. So che era sensibile riguardo al suo peso, ma non l'ha mai lasciato trasparire. Era il clown del gruppo. Era anche lo psichiatra dilettante. Analizzava tutti e tutto. Ho davvero imparato ad amare Lamar. È uno di quei ragazzi allegri, divertenti e sensibile che non puoi non amare. Ma con Elvis, Lamar era sempre il bersaglio delle sue battute".
Presley continuò a comportarsi esattamente come il personaggio di Jailhouse Rock. Ricorda Sonny: "Cominciava a fumare quei sigari piccoli e tozzi e se nessuno glieli accendeva subito, si sedeva e ribolliva di rabbia. Poi alla fine esplodeva e gridava 'Devo stare seduto qui tutto il giorno con questo figlio di puttana secco in bocca senza che nessuno me lo accenda? Allora potete tutti portare i vostri culi fuori di qui".
"Sarebbe lo stesso", continua Sonny, "con un semplice bicchiere d'acqua: il bicchiere è davanti a lui mentre Elvis sta in silenzio per poi gridare: 'Mi fate morire di sete o qualche figlio di puttana mi versa un po' d'acqua?'.
Era stato un cambiamento drammatico: dal quel gentile ragazzo del Sud che era, spesso in apprensione per Sonny West perché bestemmiava troppo, al viziatissimo ragazzo di successo.
Sonny racconta: "All'inizio vedevamo solo lampi di rabbia ma in seguito fu terribile: andava su tutte le furie quando le cose non andavano come voleva lui. Distruggeva un dannato tetto o sparava con le sue pistole come un pazzo".
C'erano momenti in cui riuniva i suoi "discepoli" o i suoi "ragazzi", o la sua "Memphis Mafia", comunque li si voglia chiamare, e diceva: "Qui comando io e se qualcuno vuole dire diversamente, allora qualcuno morirà".
Quando Presley iniziò a prendere le sue "medicine speciali", era come una bomba inesplosa, dice Red. "Potevi parlare con lui tranquillamente di qualcosa e magari anche essere in disaccordo. Poi andava in camera da letto per poi uscire con la sua cosiddetta medicina, ed il giorno dopo perdeva completamente la ragione e semplicemente esplodeva. In quei giorni cercavi di stargli alla larga".
Sonny ricorda: "Quando Elvis si arrabbiava e se la prendeva con Red, tirava fuori il peggio di Red. Vedevo Red seduto lì cercando di controllarsi per qualcosa che gli era stato detto e che era molto ingiusto. Poi usciva e faceva a botte solo per sfogarsi. Lui riusciva sempre a tirare fuori il peggio da Red".

All'inizio del 1958, mentre la carriera di Elvis stabiliva un record dopo l'altro, il destino era pronto per portargli la tragedia che avrebbe segnato la sua vita: stava per perdere la persona che amava di più al mondo.


-FINE CAPITOLO 12-
04/10/2021 21:44
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CAPITOLO 13

Il bel viso di Elvis Aron Presley era gonfio; i suoi occhi erano strette fessure color cremisi. Era seduto sul letto gigante nella camera dalle pareti ruvide che lui e Gladys Presley avevano decorato con un entusiasmo. Il bianco si era in qualche modo opacizzato, i vecchi arredi avevano improvvisamente perso la loro lucentezza. Seduto su un letto di fortuna accanto quello principale, c'era Nick Adams, il giovane e brillante attore ribelle che si sarebbe suicidato. Nick era ora al fianco di Elvis quando la giovane superstar ne aveva bisogno. Elvis Presley aveva paura di dormire da solo e voleva che Nick dormisse con lui; un dottore aveva appena fatto ad Elvis un'iniezione per sedarlo, ma il dolore non lo lasciava dormire.
Red West entrò in camera da letto con un groppo grande come una palla da golf. Aveva gli occhi arrossati e aveva difficoltà a parlare senza scoppiare in lacrime. Chiuse delicatamente la porta dietro di sé e guardò Elvis in silenzio. Si diresse rapidamente verso di lui ed entrambi gli uomini crollarono l'uno nelle braccia dell'altro, scavando le rispettive schiene con le dita.
"La mamma non c'è più, Red. Mia madre se n'è andata, Red. Cosa farò? Ho perso tutto. Non c'è niente per cui vivere. Lei era tutto. Senza di lei non ho niente. È tutto finito, amico".
Red non riuscì a parlare per un lungo momento. "Lo so, era una bella donna. E ora ho perso mio padre. Anche lui non c'è più".
I due uomini si strinsero in un abbraccio che solo altri uomini possono capire.
Mai prima d'ora Red West ed Elvis Presley erano stati così vicini come in questo momento. Il 14 agosto 1958, Gladys Presley morì all'età di quarantadue anni per un attacco di cuore scatenato da un'epatite acuta. Otto ore dopo, anche il padre di Red West, Newton Thomas West, morì.
"Non riesco proprio a spiegare quanto mi sono sentito vicino a lui in quel momento", dice Red. "Entrambi stavamo soffrendo. Sapevo cosa stava passando. Sapevo quanto avesse amato quella donna, perché anch'io l'amavo, ed amavo anche il mio papà. Quella fu una giornata infernale".
Fuori da Graceland, nella piatta e opprimente calura estiva di Memphis, cinquecento persone (come in un un rispettoso raduno di fedeli) stavano vegliando silenziosamente lungo quello che ora è diventato l'Elvis Presley Boulevard. Altrove a Memphis, più di duemila fans erano accorsi in città da New York e Boston. Alcune persone, incapaci di trovare un alloggio, si arrangiarono sui divani o nelle stanze libere di perfetti sconosciuti che vivevano a Memphis.
C'era una grandezza nel lutto che poteva essere paragonata solo a quella di un Presidente di una nazione o di un eroe nazionale. C'erano telegrammi di condoglianze dai capi di stato. Le superstar di Hollywood inondarono Graceland di telefonate e telegrammi. In qualche modo il leggendario legame tra Presley e sua madre era qualcosa di noto a tutte le persone che amavano Elvis.
Il 1958 aveva già circondato Presley di isteriche polemiche: aveva firmato un importante contratto con Hal Wallis della Paramount per recitare in "King Creole". Il film, che si pensava fosse una spanna sopra al resto delle altre offerte recitative di Elvis, era basato vagamente sul best-seller di Harold Robbins, "A Stone For Danny Fisher". Elvis Presley sarebbe stato pagato mezzo milione di dollari ed avrebbe ricevuto il cinquanta per cento dei profitti. Era il suo più grande accordo fatto fino ad oggi, anche se i suoi contratti cinematografici sarebbero diventati ancora più importanti da lì in futuro.



Elvis Presley era nel mezzo di un altro grande affare meno redditizio in quanto il suo guadagno stava per scendere da circa 125.000 a 78 dollari al mese: da lì a breve, il suo datore di lavoro sarebbe diventato l'esercito americano.
La protesta pubblica fu travolgente: se il volume della posta al Pentagono e le dimostrazioni dei fans club erano incessanti. Gli adolescenti picchettarono i depositi di reclutamento e molte delle quindicimila lettere ricevute dal governo degli Stati Uniti li accusavano di complottare per mettere Elvis Presley in pericolo di essere ucciso o ferito. Il Pentagono aveva un fascicolo con la dicitura "Operazione Presley". Era una follia delle proporzioni più umoristiche. Senatori e membri del Congresso, ansiosi di avere spazio sui giornali delle loro città, salirono sul carrozzone.
Anche se nessuno aveva suggerito diversamente, i saggi di Washington volevano essere rassicurati sul fatto che Presley non avrebbe ricevuto alcun trattamento speciale nelle forze armate degli Stati Uniti. Un giornalista citò una fonte anonima dell'esercito che gli assicurava che ad Elvis Presley sarebbe stato risparmiato il taglio di capelli regolamentare dell'esercito e sarebbe stato comodamente sistemato nei Servizi Speciali, conla responsabilità di intrattenere le truppe. La fonte fece notare che questa era la strada scelta per Vic Damone e Eddie Fisher: dopotutto i due artisti, stavano dando via per niente quello per cui erano stati pagati un sacco di soldi. Era un punto che non sfuggiva l'occhio d'aquila del colonnello Tom Parker.
Elvis, da parte sua, era un modello di relazioni pubbliche: riuscì a calmare i ruggiti di Washington: "Tutto quello che voglio è essere trattato come un normale soldato", disse. "Voglio fare il mio dovere e sono molto orgoglioso di avere l'opportunità di servire il mio paese". Così tutto si spense. Ma quando Elvis Presley ricevette la convocazione per presentarsi a Memphis per le visite mediche, erano già stati spesi quasi 300.000 dollari per le riprese preliminari di King Creole: se Elvis sarebbe partitoper il servizio militare, il film avrebbe dovuto essere abbandonato. Su sollecitazione di Wallis e del colonnello, Elvis scrisse al Pentagono nei termini più rispettosi possibili chiedendo un rinvio di tre mesi. I rinvii, in particolare nel 1958, erano estremamente comuni.
Niente di strano, quindi: chi doveva andare all'Università, chiedeva un rinvio. Trapelata la notizia della richiesta di rinvio, le lamentele iniziarono ancora a diffondersi per la nazione, arrivando fino a Washington. Il rappresentante statale Nick Johnson, di Harlan, Kentucky, si dimise dalla commissione di leva locale: "Non posso, in coscienza, chiedere a qualsiasi ragazzo di servire il Paese se non riceva lo stesso trattamento di Presley". Il rinvio fu concesso ed Elvis finì il suo film.
Sette mesi prima che Gladys morisse, mentre Elvis era coinvolto nelle riprese del film, Red West aveva fatto visita a Graceland. Era in licenza dalla base dei marines a Norfolk, in Virginia.
"Mentre ero lì", dice Red, "si mise al telefono e chiamò Elvis. Lui fu felice di salutarmi e quando scoprì che avevo circa due settimane di licenza, mi invitò a venire a Hollywood e a passare un po' di tempo con lui. Fantastico, non ero mai stato in uno studio prima d'allora. Dovevo partire il giorno giorno successivo. Dopo la telefonata io e la signora Presley ci sedemmo a parlare ancora un po': io sapevo che c'era qualcosa che non andava in lei. Quella donna sapeva che stava morendo. Non disse mai niente del genere, ma il modo in cui parlava, era come se fosse tutto finito. Sapeva di non avere molto tempo. Quando mi sono alzato per salutarla, mi ha come richiamato, e ha detto quello che le avevo sentito dire un centinaio di volte: "Bob, bada al mio ragazzo"... Ma stavolta lo disse in modo diverso: c'era un qualcosa nel suono della sua voce, come se quella fosse l'ultima volta che me l'avrebbe detto. E lo fu..."
Fu con un'inquietante sensazione di tristezza che Red salì su un aereo il giorno dopo. "Quando arrivai a Hollywood, Elvis fece in modo che uno dei suoi accompagnatori mi venisse a prendere all'aeroporto e mi portasse direttamente negli studi. Mi incontrai
con lui e fummo entrambi felici. Io ero un bifolco con i capelli a spazzola, un figlio di puttana in uniforme da marine sul set di un film della Paramount. Ero davvero sempre con gli occhi spalancati: Elvis mi portò in giro e mi mostrò come funzionavano le cose e rimasi davvero impressionato. Avevano ancora due giorni di riprese a Hollywood, e poi sarebbero andati a New Orleans per l'altra location. Elvis mi chiese se mi sarebbe piaciuto venire con loro. Cavolo, se mi piacerebbe! "



Partimmo tutti in treno perché Elvis non voleva volare. Red ricorda: "Un anno prima aveva avuto il più grande spavento della sua vita. Stava viaggiando sulle Ozarks in un piccolo aereo che andava da un concerto all'altro, ed improvvisamente questo dannato aereo perse tutta la sua potenza. Il pilota non poteva fare nulla ed era addirittura convinto che si sarebbero schiantati. Elvis stesso era sicuro che fosse sua la fine. Per fortuna fecero un atterraggio di fortuna e nessuno si fece male, ma dopo questo episodio, Elvis si spaventò a morte. Quando sua madre lo scoprì, gli fece promettere di non volare mai più. Naturalmente, col passare degli anni, perse quella paura e si comprò una flotta di aerei: era arrivato ad avere cinque aerei e quattro piloti".
Red salì sul treno con Elvis, il colonnello, la co-star Carolyn Jones, suo marito e Aaron Spelling (che allora era uno scrittore in difficoltà ma che presto sarebbe diventato il più grande produttore televisivo di Hollywood). C'era anche Alan Fortas, uno della Memphis Mafia: era un giovane robusto e gioviale nativo di Memphis; suo zio era l'ex giudice della Corte Suprema. Era presente anche Gene Smith, il cugino di Elvis.
"Per me", dice Red, "questo era un viaggio da sogno, con tutte quelle persone importanti". Rimase con Elvis una settimana e gli attori lo trattarono come uno di loro. "Sapevo già allora di voler essere legato a questa vita", dice Red. "Non sapevo come, forse come comparsa o stuntman o altro, ma volevo farne parte".
Tra una ripresa e l'altra, Walter Matthau, che si era unito al gruppo a New Orleans, guidava il cast e la troupe in partite a carte e questo portò al primo pagamento che Presley fece a Red per i suoi servizi fino a quel momento.
"Il Colonnello, Elvis, Mr. Matthau e alcuni altri stavano giocando a blackjack. Il signor Matthau era al verde e voleva giocare a credito. Lui era ed è un uomo piuttosto ricco. Nessuno sembrava farci caso, tranne il Colonnello. Era duro con le carte quanto lo era con gli affari. Il vecchio colonnello disse semplicemente: "No, se vuoi giocare a carte, gioca con i contanti". Il signor Matthau sarà anche stato una grande star del cinema, ma quando si trattava di giocare a carte con il Colonnello era o contanti o niente. Elvis allora vinse una mano per cinquanta dollari. Me li diede e disse: 'Tieni, Red, compra qualche birra". Come un idiota, quella sera rimorchiai una ragazza e, tornati nella stanza d'albergo, andai in bagno. Non sapevo molto di quel tipo di donne all'epoca. Mentre ero in bagno, lei frugò nelle mie tasche e rubò i cinquanta dollari. Quando sono uscito, lei era sparita. Quella fu una bella lezione".

Il 24 marzo 1958, alle 6:30 del mattino, Elvis Aron Presley arrivò alla commissione di leva di Memphis accompagnato da sua madre, suo padre e dal fedele amico Lamar Fike. Lamar voleva entrare nell'esercito con Elvis ma i medici lo pesarono e dissero al
deluso aspirante soldato che non sarebbe stato abile per l'esercito finché non avesse perso un po' di chili.
Giornalisti da tutto il paese, dal Canada, dall'Inghilterra e dall'Australia, erano presenti per registrare quell'evento. Schivando i fotografi che cercavano disperatamente di ottenere uno scatto di Elvis mentre si sottoponeva alla visita medica, lui rispondeva ad un'infinita sequenza di domande ridicole: "comprerai stivali da combattimento in pelle scamosciata? Canterai durante la marcia per sollevare il morale ? Chiederai fans di mandare del pollo fritto del Sud? Sembrava che non ci fosse fine. Nel frattempo, il colonnello stava distribuendo fotografie patinate di Elvis scattate per il film "King Creole". Non perdeva un colpo, il colonnello...
Più tardi , il "Re del Rock'n'Roll" divenne il soldato Elvis Presley U.S. 53310761 ed una nazione di ragazze lo piangeva mentre veniva ammassato su un autobus con altre reclute per il campo di addestramento a Fort Chaffee, Arkansas, con una flottiglia di giornalisti al seguito. A Fort Chaffee, fu la stessa scena. Quando un barbiere dell'esercito tagliò la famosa pettinatura, Elvis sorrise e il colonnello guardò le ciocche sul pavimento e commentò: "Conosco un sacco di gente che pagherebbe un sacco di soldi per quei capelli".
Se la vita a Fort Chaffee era dura per la superstar, lui faceva di tutto per sembrare che se la stesse godendo ogni minuto. Non lo era, ovviamente, come Red stava per scoprire: si prese un sacco di sfottò dai suoi compagni ma dopo un po', quando non otteneva altro che un timido sorriso, si dimenticarono chi fosse e lo lasciarono essere come uno dei soliti ragazzi. Dopo sei settimane a Fort Chaffee, fu trasferito a Fort Hood.



Mentre si comportava esteriormente come un soldato semplice, Elvis stava facendo in modo che la vita nell'esercito assomigliasse il più possibile alla vita a Memphis: affittò un bungalow con quattro camere da letto in una città chiamata Kileen e vi fece andare sua madre, suo padre, sua nonna (Minnie Presley), Lamar Fike e tutti i ragazzi e le ragazze di Memphis che passavano di lì. La casa era una sorta di centro per jam session, di canti Gospel e feste a base di musica. Niente di selvaggio, intendiamoci, ma un po' meglio che vivere in caserma. Stava già facendo piani per far venire tutta la sua famiglia con lui in Germania.
Fu nel luglio di quell'anno che la famiglia Presley notò un serio cambiamento in Gladys . Aveva difficoltà a muoversi. Il suo viso era di colore pallido e la donna, normalmente energica e gioviale, sembrava aver perso tutte queste caratteristiche posotive. Fu deciso che lei e Vernon sarebbero dovuti tornare a Memphis in treno e consultare il medico di famiglia. Nessuno era eccessivamente preoccupato: dopo tutto era una donna robusta di quarantadue anni e un po' di riposo e un piccolo trattamento specialistico avrebbero sistemato le cose. Quattro giorni dopo l'arrivo a Memphis, i medici del "Memphis Methodist Hospital" dissero a Vernon Presley che sua moglie soffriva di epatite. L'11 agosto, Vernon Presley chiamò suo figlio a Fort Hood e gli disse che sua madre era nella lista dei casi gravi. Elvis ottenne un permesso d'emergenza e, nonostante il suo terrore per gli aerei, si imbarcò sul primo volo per Memphis. Arrivò all'ospedale e si fece largo tra una serie di fans e giornalisti che erano presenti.
Qualcosa disse al ragazzo che le condizioni della madre fossero ben più gravi di ciò che gli era stato detto e, quando arrivò al suo capezzale, lei si riprese per la prima volta da quando era stata ricoverata. Il giovane la vegliò per trentasei ore e, a mezzanotte di mercoledì 13 agosto, andò a casa per dormire un po', sostituito dal padre. Verno lo chismò tre ore dopo con la terribile notizia che sua madre era morta per un attacco di cuore. Elvis arrivò all'ospedale in stato di shock. Si gettò
sul letto di sua madre e singhiozzò convulsamente. All'uscita dall'ospedale, il ragazzo riusciva solo a borbottare risposte ai giornalisti presenti sulla scena. Tornato a Graceland, rimase in piedi per lunghi minuti a guardare l'edificio, poi vagò per la casa
senza meta. Quando Red West sentì la notizia alla radio nel campo di Norfolk, Virginia la mattina dopo, andò dal suo comandante e chiese un congedo d'emergenza.
"Avevo usato tutti i miei permessi, dato che mi erano rimaste solo due settimane rimaste di servizio e non potevo avere un permesso per il fine settimana perché Memphis era troppo lontana dalla Virginia. Non sapevo cosa fare. Semplicemente non potevo stare seduto lì al campo e non fare le mie condoglianze".
Ma il destino giocò un brutto tiro. Tre ore dopo ricevette una chiamata da suo fratello il quale annunciava che suo padre, Newton Thomas West, era gravemente malato. Di nuovo andò dal suo comandante per un congedo d'emergenza. Questa volta gli fu concesso. Non riuscì ottenere un volo diretto ma solo un aereo che lo portò ad Atlanta, in Georgia. "Da lì speravo di poter prendere un volo di servizio o solo un passaggio".
Da Atlanta chiamò a casa. Era troppo tardi. Suo padre era già morto.
Red, impegnato a organizzare il funeralei di suo padre, non poté partecipare a quello di Gladys.
Vernon aveva noleggiato un aereo per portare i Blackwood Brothers, il gruppo gospel preferito da Gladys, dal North Carolina per cantare al suo funerale. Elvis Presley rimase in piedi per tutto il tempo, stordito dal dolore.
Dopo il funerale, Red rense omaggio a Gladys a Graceland. Il giorno dopo Red salutò per l'ultima volta suo padre. Poco prima che la cerimonia funebre iniziasse, Elvis apparve all'ingresso: era con Alan Fortas, Gene Smith e Lamar Fike.
"Elvis dovette quasi essere portato a forza verso di me e mi cadde tra le braccia. 'Mia madre era qui ieri proprio dove si trova tuo padre, Red', mi disse Elvis. Non poteva dire di più perchè era distrutto. Mentre ci abbracciavamo, pensai: "Questo ragazzo era appena stato al funerale della madre, solo un giorno prima, ed ora è qui per mio padre... Solo la gente del sud può essere grande così. Non sono mai stato più vicino a nessun uomo nella mia vita di quel giorno".


-CONTINUA-
05/10/2021 23:45
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CAPITOLO 13 - continua-

Red tornò a Norfolk, in Virginia, per ultimare le due settimane rimanenti di servizio nei Marines. Elvis tornò a Fort Hood e all'addestramento di base: doveva dimenticare, anche se sapeva che era impossibile.
Red ricorda: "Elvis eresse un grande monumento al cimitero di Memphis, a Forest Lawn, un bellissimo monumento. Si tratta di una grande statua di marmo di Gesù eretta sopra a dove è sepolta Gladys. Quando Elvis era a Memphis, andava sempre lì a renderle omaggio. C'erano sempre fiori freschi lì. A tutti s'infrange qualcosa dentro, dopo la perdita di un genitore ma per Elvis, questo dolore interiore fu molto più profondo del solito, molto probabilmente perché per lui fu uno shock perderla quando era così giovane. Elvis aveva pianificato tante cose per lei: stava per portarla in Germania con lui, avrebbero fatto un tour in Europa insieme... Ma accadde questo..."
Negli anni a venire, Elvis diventò gradualmente una persona diversa rispetto a quella che era stata prima della morte della madre. "Non posso fare a meno di pensare che", dice Red West "se Gladys fosse vissuta, Elvis non avrebbe preso nessuna delle abitudini che ha preso. C'era sempre questo pensiero dietro la sua mente: "Cosa direbbe la mamma se sapesse che sto facendo questo?"



Tornato a Fort Hood, Elvis mantenne la porta aperta nella sua casa di Kileen per Lamar Fike e Alan Fortas. A volte la sua vecchia fidanzata Anita Wood passava a trovarlo, così come Nick Adams e Cliff Gleaves. La nonna di Elvis nonna di Elvis, Minnie Presley, un'esuberante vecchia signora del Sud, era ormai diventata la matriarca della casa, assumendo il compito di cucinare ed organizzare le pulizie.
Una settimana dopo che Red West si era congedato dai marines, Elvis lo invitò a venire a Kileen. Lui faceva di tutto per dimenticare, e spesso in casa c'era gente sveglia fino alle prime ore del mattino con canti improvvisati di gospel. Niente alcool, niente droga, niente donne.
"Era un divertimento innocente", ricorda Red. "A volte un'intera squadra di noi si sedeva con una chitarra e cantavamo a squarciagola".
Gladys Presley aveva sempre inculcato l'idea ad Elvis che "le cose sarebbero migliorate". Sarebbe stato vero per quanto riguarda la sua carriera ma non necessariamente per Elvis stesso, a livello personale. Improvvisamente era diventato come una nave senza timone. Elvis Presley era stato nella Seconda Divisione Corazzata. Ora l'esercito annunciava che la sua unità sarebbe stata sostituita in Germania nella Terza Divisione Corazzata, il vecchio reparto del generale Patton. Il soldato Presley fu assegnato agli scout della divisione. Se qualcuno aveva ipotizzato che sarebbe potuto entrare nei servizi speciali, questi ora rimasero sorpresi. Più tardi emerse che era l'esercito, e non il colonnello che voleva Elvis Presley nei Servizi Speciali.
"Vogliono che il mio ragazzo canti", disse il colonnello, "allora dovranno pagarlo come chiunque altro".
Parker aveva fatto una grande scommessa: chiunque conosceva il mondo dello spettacolo, sapeva che c'era il pericolo che Elvis Presley sarebbe stato un fuoco di paglia e questo rischio era rafforzato dalla sua assenza di due anni nell'Esercito.
Questa scelta era a doppio taglio, rischiosa, ma brillante se avesse funzionato: la voglia di Elvis per il pubblico sarebbe cresciuta progressivamente grazie a questa sua forzata assenza, a condizione che venisse alimentata la macchina pubblicitaria. Secondo, il colonnello, era il momento di espandere il pubblico di Elvis Presley ad un gruppo di adulti. Se le fiches fossero cadute nel modo giusto, Elvis poteva emergere dal suo esilio nell'esercito con ancora intatta la lealtà dei suoi fans ed avrebbe guadagnato altri estimatori all'interno di un pubblico adulto. E quale modo migliore per attrarre un pubblico più anziano era quello di avere il ragazzo nell'esercito (nella divisione più dura degli Stati Unit) e quindi convincerli che egli fosse un cittadino responsabile che metteva la bandiera e il paese prima di qualsiasi altra cosa?
Red racconta: "Ho sempre avuto il sospetto che il vecchio colonnello avesse manovrato in modo che Elvis fosse in quella Terza Divisione Corazzata solo perché nessuno potesse dire che era una sorta di delinquente".



A metà settembre del 1958, Presley ricevette l'ordine di andare in treno al Brooklyn Navy Yard e unirsi alla nave militare U.S. Randall.
"Eravamo tutti lì a vederlo partire", ricorda Red "Suo padre, Minnie Presley, Lamar, io e Anita Wood. Era stato deciso che Vernon e Minnie avrebbero seguito Elvis in Germania quando egli si fosse stabilito là ed Elvis avrebbe vissuto fuori dalla base. Elvis diede ad Anita un bacio d'addio".
Poi Elvis Presley fece qualcosa di abbastanza imprevedibile. Si rivolse a Red e Lamar, e le sue ultime parole furono: "Vi piacerebbe venire con me ?"
Lamar e Red si guardarono, e prima che potessero parlare, Elvis aggiunse: "Mio padre sistemerà i biglietti. Quando papà e nonna Minnie arriveranno, tu volerai con loro. Ci divertiremo un mondo".


-FINE CAPITOLO 13-
06/10/2021 12:15
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CAPITOLO 14

Elvis è quasi dipendente dallo studio della Bibbia, della religione mistica, della numerologia, dei fenomeni psichici e della credenza nella vita dopo la morte. Crede fermamente di avere i poteri di guarigione psichica tramite l'imposizione delle mani. Crede che lui si reincarnerà. Crede di avere la forza di volontà per spostare le nuvole nell'aria ed è anche convinto che ci siano esseri su altri pianeti. Crede fermamente di essere un profeta destinato a condurre, designato da Dio per un ruolo speciale nella vita.
Se queste cose dovessero sembrare bizzarre, Sonny West, Red West e Dave Hebler, che hanno passato con lui mote ore a discutere di religione e filosofia, credono fermamente che Elvis abbia davvero grandi poteri di controllo.
"Crede che ci sia stato un piano generale da parte di Dio nel nel selezionarlo per il suo fantastico successo" dice Red. "Anche se sembra un po' stravagante, ci ho spesso pensato e mi sento di affermare che ci sia qualcosa di vero: come può accadere che un ragazzino magro nato da una famiglia povera di Tupelo, Mississippi, diventi improvvisamente il nome più conosciuto al mondo? Perché ha in mano tutte queste fortune e ha milioni di persone che lo amano? Non sono eccessivamente religioso, ma io dico che forse tutto ciò era predestinato. Fu come una sorta di magia il fatto che Elvis e il Colonnello si siano messi insieme: sembrava fosse causato dal destino. Mi sono spesso sentito come se fossi nell'aura di un essere umano molto speciale. Elvis crede sinceramente di essere un profeta e noi eravamo i suoi discepoli. Esige una fedeltà fanatica. Ci sono state volte in cui ho sentito che Elvis rasentava la pazzia, ma guardate la lealtà che gli abbiamo dato: ci siamo rotti la schiena per lui. Abbiamo rischiato le nostre vite per lui. Elvis aveva certamente del potere su di noi, aveva il mio controllo, lo ammetto. Non lo facevamo per i soldi, perché non abbiamo mai ottenuto molto. Non lo facevamo per le donne, perché le avevamo avute tutte e siamo tutti sposati. Non l'abbiamo fatto per l'eccitazione, perché eravamo tutti un po' vecchi per quel quel tipo di cose. Mi ha fatto andare a fare telefonate per far uccidere Mike Stone ma io sono un assassino, ma avrei rotto braccia e gambe per lui. Mi ha davvero influenzato. Se avessi avuto una lite con lui, questo mi faceva talmente arrabbiare che uscivo per andare a fare una rissa e prendere a calci in culo qualcuno. Era pazzesco, ma lo facevo. Poteva farci piangere, e riusciva a farci pregare per lui quando pensavamo che si stesse facendo del male da solo. Era così".
Tutti e tre gli uomini credono che in un altro tempo Presley avrebbe potuto essere un grande evangelista o persino un politico.
Dave Hebler racconta: "Ho visto manipolare le folle come se fosse Hitler. Era strano, amico".
Il fascino di Presley per la morte e la vita nell'aldilà, forse scatenata dalla morte di sua madre, confina con lo spaventosamente bizzarro. La sua perdita fu così grande che, per alleviare il dolore, credeva che lei fosse tornata in un'altra vita.
"Lui crede nella reincarnazione, ma non per tutti" dice Sonny "Crede che solo le persone forti che dimostrano di avere potere sulla terra si reincarneranno. Diceva spesso: 'Se sei abbastanza potente sulla terra e sei abbastanza forte, tornerai. Le persone deboli non possono tornare dalla morte. Solo le persone forti".



Il suo fascino per i cadaveri umani era assolutamente terrificante.
Red ricorda: "C'era un tipo molto simpatico, un poliziotto di Memphis che diventò ispettore. Il suo nome era Woodward. Beh, ha avuto un vero interesse paterno per Elvis fin da quando aveva appena lasciato la scuola. Erano molto amici. Nel 1961, il buon vecchio morì. Sono sicuro che Elvis era triste ma sai cosa fece, amico? Guardò un becchino imbalsamare il suo amico Woodward. Te lo immagini? Qualcuno che guarda qualcun altro che affetta il corpo di un amico. Elvis poteva raccontare dettagli sull'imbalsamazione che avrebbero impressionato un medico. Conosceva tutti i termini giusti e ci diceva come un corpo viene dissanguato e il sangue viene tolto e sostituito dal liquido per l'imbalsamazione. Mi faceva star male".
"C'erano anche altre cose strane. Quando era ai funerali, si comportava nel modo più strano. Non sto parlando del funerale di sua madre perché era veramente a pezzi. Ma anche molto tempo fa, nel 1964, quando morì Dewey Phillips, il disc jockey; beh, Elvis era al funerale di Dewey, e improvvisamente gli venne un attacco di risate. Rideva a crepapelle. L'ho visto altre volte volte iniziare a fare battute".
Le esperienze di Sonny West con Presley erano ancora più bizzarre. "Amava fare questi dannati viaggi attraverso i cimiteri", dice Sonny. "Ci diceva che lo faceva per vedere se riuscivamo a spaventarci. Si fermò su una strada buia con Red e camminò per un bel pezzo con REd per quella strada buia.... Ma la cosa peggiore di tutte erano i suoi viaggi alle pompe funebri: era solito tornare dove sua madre fu sepolta, in Union Avenue a Memphis ma ci andava alle tre del mattino e girava intorno alle lastre guardando tutti i corpi imbalsamati. Mi spaventava a morte".
Una sera del 1972 Presley, come era sua abitudine, affittò il Memphian Theater per vedere un film. Sonny racconta: "Elvis ama i film dell'orrore. Così quella sera guardammo una di quelle pellicole e questa deve avergli fatto pensare parecchio: Linda Thompson era presente questa sera. Alle tre del mattino salimmo in macchina e improvvisamente Elvis disse: "Andiamo giù a Union Avenue".
Ci fermiamo davanti alle pompe funebri, andiamo sul retro ed Elvis ci fa strada come se stesse andando al cinema. Alle tre del del mattino la porta era spalancata così io, Elvis e Linda entrammo ed incredibilmente non vediamo nessuno. Elvis si aggirava tranquillo, alla ricarca delle porte di alcuni uffici: alcune erano chiuse ma altre erano aperte. Io ero pronto per prendere la mia pistola perché avevo paura che qualche tizio della sicurezza arrivasse e, vedendoci, ci potesse scambiare per dei rapinatori
o qualcosa del genere. Ad un certo momento entrammo in una grande stanza piena di teste che spuntavano da sotto le lenzuola: erano corpi inclinati verso l'alto, quindi eravamo nella dannata sala d'imbalsamazione. Io ero inorridito anche se questo era apparentemente ciò che Elvis stava cercando ed era soddisfatto di aver trovato la stanza che stava cercando. Iniziò a parlarci di come le persone vengono imbalsamate, sollevando le lenzuola per guardare i corpi, riferendoci di tutti i rpodotti cosmetici che i becchini usano con le persone che hanno incidenti. Poi ci mostrò le varie vene, come si dissangua un corpo, dove i cadaveri erano tagliati e i relativi punti che tengono insieme il corpo. Poi ci portò in un'altra stanza e continuò a sollevare le lenzuola indicando varie cose che erano state fatte ai corpi".
"Beh, io stavo impazzendo: innanzitutto ero convinto che una guardia sarebbe entrata ed avesse cominciato a spararci addosso perché eravamo in un obitorio alle tre del mattino... Una maledetta follia".
"Linda Thompson sembrava molto interessata. Siamo stati lì per circa quarantacinque minuti, e non si vide nessuno".

Dave Hebler dice che Elvis dimostra lo stesso interessa per la nascita. Dave stava accompagnando Elvis, Linda Thompson e Dick Grob, un'altra guardia del corpo ed ex poliziotto di Palm Springs, ad un film nella primavera del 1975.
"Stavamo andando al Memphian per una proiezione privata. Linda raccontò che suo fratello Sam Thompson e sua moglie Louise avevano appena avuto un un bambino e improvvisamente, all'una di notte, Elvis decide di andare a vedere il neonato. Una volta dentro l'ospedale, scateniamo il putiferio: le infermiere abbandonao i pazienti ovunque, rincorrendo Elvis per avere il suo autografo. Anche se era contro le regole fare visita a qualcuno all'una di notte, Elvis irretisce l'infermiera che ci porta dalla madre, Louise, che esce dalla camera e chiama subito suo marito Sam per unirsi alla festa. In seguito arrivarono i genitori di Linda assieme ai medici e alle infermiere".
"Ad un certo punto, Elvis vide alcuni dottori e infermiere che portavano una donna su una barella, mentre urlava di dolore siccome era in fase di travaglio. Elvis fermò i dottori che la stavano portando in sala parto ed iniziò a parlare con la signora. Elvis le mette le mani sulla pancia, iniziando a dire in una specie di modo mistico: 'Ora, ecco, non farà più male. Non farà più male. Tutto andrà bene. Non ti farà più male".
"Tutto questo potrebbe sembrare piuttosto ridicolo per una donna in travaglio, ma la cosa divertente è che lei rispondeva 'Hai ragione, il dolore è sparito, hai ragione'. Subito dopo Elvis chiese al dottore: "Posso entrare in sala parto? Non ho mai visto nascere un bambino. Voglio vedere la vita". Beh, i dottori alla fine hanno detto di no, ma stavano pensando di lasciarlo entrare dietro le insistenze della neo-mamma..."
Sonny West afferma che Presley è convinto di avere il potere di guarire le persone con la sola imposizione delle sue mani, anche grazie la loro forza e al potere di concentrazione dell'interessato.
Red racconta: "Dai tempi in cui giocavo a football, ho sempre avuto un male dannato alla schiena e, a volte, la parte superiore del collo mi fa impazzire. Beh, dopo un po' ho imparato a non lamentarmi quando ero con Elvis, perché sapevo cosa sarebbe successo. Ogni volta che lui era a conoscenza del mio dolore, mi chiedeva di sedermi davanti a lui, quindi si stendeva sulle mani, dicendomi continuamente che il dolore sarebbe andato via, che stava tirando fuori il dolore. 'Sta andando via, Red, il dolore sta
andando via. Sta passando, Red. Starai bene'. "Io dicevo: 'Sì, capo, ti sento'. Poi gli dicevo, 'Diavolo, amico, hai ragione. Il dolore se n'è andato. È fantastico. Se n'è andato davvero".
"Mi faceva uno di quei piccoli sorrisi segreti che dicevano al mondo che lui aveva questi poteri, e se ne andava soddisfatto di sé. A me, comunque, la schiena e il collo mi facevano ancora un male cane. Era un caso in cui non volevo dirgli che si stava prendendo in giro da solo perché aveva davvero le migliori intenzioni".
A Vail, durante una vacanza di Presley, tutti i ragazzi erano sulle piste alle tre del mattino, a cazzeggiare. "Eravamo su quelle motoslitte", dice Sonny. "Beh, Dean, figlio del Dr. Nick, era con noi. Viaggiava spesso con la squadra e ci aiutava in vari modi: era un ragazzo davvero simpatico. Beh, eravamo su queste slitte e in qualche modo quella di Dean andò fuori controllo, colpendo una staccionata. Lui si fece male male alla gamba e pensavamo fosse rotta perché provava molto dolore. Lo riportammo allo chalet facendolo sdraiare mentre gemeva dal dolore. Ed ecco che arrivò il vecchio guaritore sensitivo Elvis: cominciò a stendere le mani e ad afferrare la gamba ed il povero Dean stava quasi per svenire dal dolore. Ma Elvis era convinto di fare passare il male alla gamba... Per fortuna non si era fratturata perché se lo fosse stato, lo scherzo di Elvis avrebbe potuto peggiorare la situazione".
"Quando Elvis seppe da un medico che la gamba non era rotta, fece uno di quei sorrisi soddisfatti da sapientone e disse: 'Lo so, non è rotta. Ora è a posto". Si stava prendendo il merito per il fatto che la gamba non fosse rotta".



Dave Hebler, che ha un senso dell'umorismo cinico, a volte trovava difficile non ridere di Elvis. Come gli altri, lo assecondava ma era sempre in lotta con la sua risata. "Amico, mi ricordo un giorno nella casa di Palm Springs a Chino Canyon Road", dice Dave. "Faceva un caldo infernale, più di cento gradi [Fahrenheit, ovviamente. Corrispondono ad oltre 38°C, n.d.t]. All'improvviso, Elvis volle andare nella zona dello shopping e venne seguito dai ragazzi. C'erano altri quattro o cinque ragazzi. Elvis stava parlando del potere della metafisica, anche se non sono sicuro che conoscesse la vera definizione della parola. Il cielo era limpido, senza nessuna nuvola, tranne una molto lontana che si stava facendo gli affari suoi. Improvvisamente Elvis grida: 'Ferma la macchina. Voglio mostrarti quello che intendo, Dave. Ora vedi quella nuvola? Ti mostrerò quali sono i miei poteri. Voglio che tutti voi guardiate. Tutti voi, guardate quella nuvola".
"Beh, tutti noi guardiamo quella dannata nuvoletta lassù come un branco di capre. C'era un caldo asfissiante ma, nonostante questo, facevo fatica a non scoppiare a ridere. Beh, dopo circa dieci minuti, grazie a Dio, quella dannata cosa si è un po' dissipata. Voglio dire, se si guarda una singola nuvola, comunque dopo dieci minuti, si muoverà o si dissiperà in qualche misura. Ho salvato la giornata notandolo per primo e, siccome non volevo morire di disidratazione, dissi: 'Cavolo, Elvis, hai ragione. Guarda, si sta spostando'. Era proprio la cosa giusta da dire. Il vecchio Elvis mi fece uno di quei piccoli sorrisi sornioni che signifivava che l'aveva fatto di nuovo. 'Lo so, l'ho spostato lo so, l'ho spostato", disse. Poi ce ne andammo".
Red West, forse perché ha visto il miracolo dell'ascesa di Elvis fin dall'inizio, non è così cinico come Dave. Egli ricorda di aver guidato attraverso il deserto in una roulotte Dodge che Presley aveva comprato.
"Fu subito dopo aver girato il film Wild in the Country: c'era anche Larry Geller, il suo parrucchiere, che era uno dei migliori e più costosi di Hollywood. Fu Larry che per primo interessò Elvis a molti libri sui fenomeni psichici. Lui ne era appassionato. Comunque, stavamo tornando in macchina dall'Arizona. A quei tempi molti di noi seguivano Elvis nel prendere quelle dannate anfetamine solo per tenerci su di giri. Ma, lo giuro, quel giorno non avevo preso nulla. Stavamo discutendo di alcune di queste cose psichiche ed Elvis parlava di come credeva di essere destinato a fare qualcosa di molto grande nella sua vita, a parte lo show business. Ero d'accordo con lui. Improvvisamente, solo per mostrarmi di cosa sta parlando, dice 'Aspetta, Red, ferma la roulotte. Guarda lassù, vedi cosa intendo?' Guardai in alto e vidi una formazione di nuvole giganti e, non so se sia stata un'autosuggestione o cosa, ma questa formazione di nuvole aveva la forma di due teste. Una era Elvis Presley e una era Joseph
Stalin. Non so se sia stata la mia immaginazione, ma so cosa ho visto molto chiaramente. Elvis Presley e Joseph Stalin. Gli dissi, molto sinceramente: 'Sì, certo, capo, capisco cosa vuoi dire". E non ho intenzione di dire che credo in molte di quelle cose. Alcune sono pura follia, ma ci sono troppe cose inspiegabili per respingerle completamente".
Elvis Presley sapeva che Red sentiva suo il controllo e spessogli scriveva una sorta di lettere paterne contenenti consigli e filosofie psichiche. A volte dettava tali lettere a Linda Thompson e le faceva consegnare a Red di persona. Red ne ricorda una in particolare perché, dice, "ti mostra come lui doveva essere la figura dominante. Non si accontentava di lasciare che il suo status di show-business parlasse da solo. Doveva avere il controllo. Voi eravate i suoi sudditi, facevate quello che diceva. Ci chiamava persino discepoli".
"Questo si collega all'incidente di Mike Stone", aggiunge Sonny, "Io pensavo che stesse cercando di convincermi a uccidere Mike Stone e a mettere la pistola nella mia mano. Pensavo che stesse cercando di sopraffare la mia mente".
Sonny dice che quando Presley parlava dei suoi poteri, diceva che il dolore veniva trasferito alle sue dita ed è per questo che aveva l'abilità di curare con le mani. Presley, che è stato cresciuto nella First Assembly Church of God, conosce la Bibbia estremamente bene. Egli era solito stare seduto con le gambe incrociate in stile yoga e leggeva tutti i ragazzi presenti e alle loro ragazze per ore. Altre volte mescolava gli insegnamenti della Bibbia con la filosofia. Il suo libro preferito era Voice, che Sonny dice essere uno dei tanti libri di filosofia molto complicata che Presley ha sempre con sé.
"Ma Elvis spesso si alza durante i suoi spettacoli e legge queste cose al pubblico", dice Sonny "Una sera al Riviera Hotel di Las Vegas, salì sul palco e fermò un'intera performance".
Don Rickles era in piena attività con il suo "insulto". Rickles decise di presentare Presley, che era tra le quinte. Sonny ricorda che Presley non vedeva l'ora di salire sul palco e quando lo fece, invece di dire un banale "Ciao" al pubblico, cominciò a leggere il libro "Voice" ed insistette che Rickles ne leggesse dei brani. Fu una scena estremamente imbarazzante. Cosa poteva fare Rickles? Non voleva insultare Elvis, così lesse e continuò a leggere finché non guardò Elvis e disse con un sorriso: "Ehi, dove stiamo andando a parare?" Presley lo guardò serissimo, e disse: "Continua a leggere, Don, è molto importante".
Sonny era imbarazzato per Elvis: "Gesù, fui molto contento quando terminòla lettura. Il pubblico applaudiva educatamente, ma non sapeva per cosa diavolo stavano applaudendo".
Sonny ricorda come Presley raccontasse ai suoi ragazzi come i suoi poteri andassero al di là della guarigione degli esseri umani. "Diceva", avverma Sonny, "che i suoi poteri potevano essere trasferiti a cespugli e alberi. Aveva questo espediente in cui metteva le mani e le dita su un piccolo cespuglio o una foglia. Poi lui muoveva le mani avanti e indietro con un movimento vibrante. Bene, dopo un po', naturalmente, ci sarebbe stato un movimento nell'aria e il cespuglio o la foglia si muovevano in modo naturale. Per assecondarlo, io stesso mettevo fuori la mano irrigidita e, se la muovevo, la muovevo lentamente. E, naturalmente, non succedeva nulla e dicevo 'Cavolo, capo, non ci riesco. Come hai fatto?' Beh, il vecchio Elvis sorrideva con quel suo sorriso e diceva: "Io posso farlo e anche tu puoi farlo, ma dovrai imparare come si fa".
Non ci stavamo leccando il culo. È solo che lui è così sicuro di questi poteri che sarebbe stato come rovinare il divertimento a qualcuno e noi l'abbiamo solo assecondato. Nessuno di noi avrebbe mai voluto rovinargli la festa".



Dave Hebler racconta: "Ci sono esperti nel campo dei fenomeni psichici. Molte delle loro cose stanno in piedi e sono tentato di crederci un bel po'. Ma con Elvis, mentre io credo a molte delle sue filosofie fatte in casa, è abbastanza ovvio che ha solo una conoscenza molto superficiale di questa roba. La parte ridicola era che lui si spacciavai per un esperto, in particolare in questa faccenda della guarigione. Credo che volesse sinceramente guarire il dolore di qualcuno ma allo stesso tempo stesso tempo cercava di elevarsi al di sopra degli esseri umani ordinari. Aveva una specie di complesso da superuomo".
C'erano volte, dice Sonny, in cui Elvis, a metà di una lettura della Bibbia, si fermava e interpretava, e cambiava le parole. "C'è un passaggio da qualche parte nella Bibbia che menziona che un uomo ricco, se è solo ricco, non può entrare in paradiso. Ebbene, Elvis ha ribaltato la cosa e ci diceva: 'La Bibbia dice che le possibilità di un uomo ricco di entrare in paradiso è come il culo di un cammello che cerca di passare per la cruna dell'ago". Questo non doveva essere divertente. Non dovevamo ridere. Allora lui diceva: "Beh, la Bibbia non la intendeva in quel modo, perché io sono ricco e andrò in paradiso". Noi annuivamo sempre con la testa e d'accordo con lui".
Ciò che davvero faceva a pezzi i ragazzi di Memphis era il modo in cui Elvis predicava. "C'era una volta", dice Sonny, "in una delle sue case, forse a Palm Springs, dove Elvis era vestito di tutto punto, e c'era un periodo in cui portava un bastone. In realtà erano bastoni da spada, e alcuni di essi avevano delle lame in fondo. Comunque, siamo tutti riuniti ed Elvis con questo dannato bastone salta su un tavolino da caffè e comincia a recitare il Sermone sul Monte. Ma il modo in cui lo faceva era un po' diverso da quello della Bibbia. Stava in piedi lassù e teneva le mani in alto per il silenzio, e con una voce da predicatore, urlò verso di noi mentre eravamo seduti con la faccia rivolta verso di lui, "Tutti voi figli di puttana, di pensieri gentili e buone azioni..."
"Ha continuato in questo modo ed è stato davvero divertente. C'era un gruppo di ragazze sedute sul pavimento, e quando videro che non stavamo ridendo, perché lo sapevamo bene, tenevano la faccia dritta come se fossero in chiesa ad ascoltare un sermone. Inizia a parlare di Mosè e dice, con la voce ferma come un predicatore evangelico, 'Mosè, quel Mosè, quel figlio di puttana dai capelli bianchi, scende di corsa da questa grande montagna. I suoi dannati capelli erano diventati bianchi perché aveva visto il Signore e queste cose possono succedere quando si vede il Signore. Venne giù dalla montagna e il modo in cui scese fu che i cespugli in fiamme gli fecero andare il culo verso il basso".
Sonny ricorda che nessuno osava ridere nonostante le situazioni fossero a dir poco bizzarre. Elvis era serio. Sonny ricorda: "Lui non si rende conto che sta dicendo queste cose. La sua mente corre sempre molto veloce e salta avanti al suo discorso e a volte non sa cosa sta dicendo e dice la prima cosa che gli viene in mente. Ogni volta che menzionava Gesù, diceva solo: "Gesù, se la faceva con Maria, lla donna al pozzo, sapete, Maria Maddalena. Non è nella Bibbia ma è vero. Fu lapidata, ma Gesù si prese cura di lei e viaggiarono molto insieme".
Red West ricorda: "Diceva, 'Gesù disse che era vecchio di età e cadde col culo all'indietro nella polvere". Più tardi, ridevamo a crepapelle perché era isterico".
I ragazzi dicono che era affascinato dalle persone intelligenti. "Finché non si metteva in mezzo a tutte quelle stronzate", dice Dave, "aveva una mente molto buona e molto curiosa".
Quando sentiva qualcuno raccontare una storia che lo interessava, l'assorbiva, ci costruiva sopra e la trasformava in un intero monologo.
"Tipico", dice Red, "era un incidente legato alla canzone 'Softly, 'Una sera, dietro le quinte, un tizio disse: 'Conosci la storia di questa canzone?", Elvis si drizzò le orecchie e disse: "No. Pensavo fosse una storia d'amore". Questo tizio gli disse che non era una storia d'amore. Il testo, dice questo tizio, è stato scritto da un uomo morente. "Elvis si mette a pensare a questo. Com'è nel suo stile, spesso parlò al pubblico della canzone che sta per cantare. Così si è inventato questa storia incredibile. L'abbiamo sentita raccontare sul palco così tante volte che abbiamo iniziato a crederci. Saliva lassù e diceva: 'Questa è la storia di un uomo che sta morendo. Era in ospedale e sua moglie era lì con lui. Era seduta con lui per tre giorni e tre notti. Il terzo giorno, si sdraiò accanto a lui e andò a a dormire. Proprio allora quest'uomo si sentì morire. Non voleva che lei lo vedesse morire, così prese un blocco e una matita e scrisse queste parole: "Dolcemente". Poi cantava la canzone".
"Beh, credo che il pubblico se la sia bevuta. Comunque, ho parlato con un tizio che conosceva l'autore della canzone e gli ho raccontato questa storia e mi ha detto: 'Oh, stronzate, è una storia d'amore'. Ma Elvis ancora oggi racconta quella storia sul palco. La sua immaginazione è grande".

Elvis crede fermamente che ci sia vita su altri pianeti. Crede che ci siano dischi volanti e che i visitatori di altri pianeti scendano spesso sulla terra.
"Quando ha iniziato a parlare così", dice Dave Hebler, "non ha mai avuto molte discussioni con me nerl senso che è piuttosto arrogante per noi qui sulla terra, un piccolo pianeta in questo gigantesco universo, pensare di essere gli unici. Quindi ascoltavo molto attentamente le sue idee che spesso andavano d'accordo con le mie".
Sonny West ricorda un momento nel 1966 in cui Elvis credeva che ci fosse una visita dallo spazio. "Per me è ancora un po' un mistero. Eravamo nella sua villa in Perugia Way, Bel Air, sul retro del locale quando improvvisamente Elvis mi disse: 'Lo vedi? Ho guardato in alto e ho potuto vedere questa luce che arrivava attraverso gli alberi'. Elvis era molto molto eccitato e disse: 'È un disco volante'. Non ci feci molto caso. I Pensavo fosse la luce di un aereo e aspettai fino a quando non avessi sentito il rumore del motore. Beh, non ho sentito alcun suono. La luce continuava a venire, e passava attraverso gli alberi, più o meno sopra la casa. La luce scomparve, quasi come fosse scesa nella parte anteriore dell'edificio. Elvis mi disse di tornare in casa e portare Jerry Schilling. Quando io e Jerry Schilling uscimmo, non trovasmmo più Elvis. Per un po' lo cercammo urlando a squarciagola e, finalmente, dopo un po', lo sentimmo gridare: "Sono qui sotto". Era nel vialetto di un'altra casa e stava guardando verso Westwood. "Gli dico: 'Gesù, quella luce mi ha spaventato a morte. I Pensavo che ti avessero preso". Quando l'ho detto, stavo scherzando solo a metà perché credevo di aver visto una specie di disco volante o un fenomeno di qualche tipo che non so spiegare. Lui sorrise e disse: "Verranno, ma non ci faranno del male. Se si mettono in contatto, non dobbiamo avere paura perché non ci faranno del male". Era convinto che ci fosse un disco volante con persone a bordo, e io non so a cosa credere, ma so che ho ho visto qualcosa che non so spiegare. E sono d'accordo con Dave: non posso credere che questa terra sia l'unico pianeta con la vita".
Sonny e Red credono che molto del misticismo di Presley sia iniziato con i sogni di sua madre e di suo padre.
"Come sua madre, che sognava che la sua macchina era in fiamme e aveva ragione, Elvis ci ha raccontato di suo padre che aveva anche lui questi strani sogni e camminava nel sonno, come faceva egli stesso". dice Sonny.
"Ci raccontò di una volta in cui suo padre aveva sognato che la casa bruciava: corse verso il luogo in cui Elvis, che all'epoca aveva tre anni, si trovava, dove stava dormendo. Afferrò il piccolo Elvis, pensando di buttarlo fuori da una finestra per sfuggire alle fiamme. Naturalmente la casa non era in fiamme. Gettò Elvis fuori dal suo lettino,ed Elvis atterrò con il sedere contro il muro".
Red ricorda che una volta l'adolescente Presley camminò nel sonno in strada in mutande. Una ragazza che conosceva lo vide e gridò svegliandolo; quando Elvissi vide lì davanti alla ragazza, era così imbarazzato che corse a nascondersi finché lei non se ne andò. Quando andò per la prima volta all'Hilton International di Las Vegas, c'erano notti in cui stavo sveglio, seduto vicino alla finestra, mentre Elvis dormiva. Rimanevo lì, perché ero spaventata a morte che camminasse nel sonno e saltasse fuori dalla finestra. Ci sono molte cose strane in Elvis, molte cose strane. Ecco perché non credo che sia un essere umano qualunque".


-FINE CAPITOLO 14-
06/10/2021 19:56
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CAPITOLO 15

Il 26 settembre 1958, la recluta più famosa dell'esercito degli Stati Uniti salpò da New York a bordo della U.S. Troop Ship General Randall diretta a Bremerhaven, in Germania. Con la morte di sua madre presente ancora nel suo cuore, il soldato Presley se ne stava in disparte durante il viaggio, ma c'era un soldato fece conoscenza con lui: era un tipo basso dell'Alabama, Charlie Hodge. Presley si sentiva sicuro in compagnia di un compagno del Sud ed inoltre il soldato Hodge suonava bene la chitarra. Per quattro giorni parlarono e cantarono insieme. Oggi Charlie suona ancora la chitarra come uno dei musicisti della band di Elvis: è talmenteidentificato con il famoso cantante che ha persino un suo fan club.
Quando la Randall arrivò, il freddo e grigio molo di Bremerhaven non aveva mai avuto un aspetto così decorato. Lì al porto, dietro robuste recinzioni, c'erano millecinquecento frauleins urlanti che aspettavano il loro eroe. Degli ufficiali dell'esercito, abbastanza infastiditi da questo, portarono Elvis Presley e i suoi compagni al loro campo di Friburgo. Nel frattempo, la retroguardia di Presley stava per incontrarsi con il loro leader.
Vernon Presley, Minnie Presley, Red West e Lamar Fike stavano arrivando.
"La prima cosa che Vernon fece", dice Red, "fu di organizzare un posto per tutti noi per stare insieme. Era stato concordato che Elvis potesse vivere fuori dalla base, il che non era un privilegio speciale, in realtà. Voglio dire, non era contro le regole dell'esercito se te lo potevi permettere, e naturalmente Elvis poteva farlo. Beh, Vernon organizzò questo posto dove stare a Bad Nauheim. Era un hotel. Ho letto delle storie che dicevano che questo hotel era un hotel di lusso. Beh, non lo era. Si chiamava Gruenwald Hotel, e non appena l'ho visto sapevo che non era proprio il posto adatto a noi. Era una specie di hotel per pazienti affetti da infarto. Non c'era nessuno sotto i sessant'anni, e ognuno di loro sembra avere un piede nella fossa e l'altro su un pattino a rotelle. Comunque ci alloggiammo in un appartamento con tre camere da letto, soggiorno, cucina e bagno. La nonna, Vernon ed Elvis dormivano nelle camere da letto mentre io e Lamar ci sistemammo nel soggiorno, il che andava bene per noi.
La nonna, che è ancora viva, grazie a Dio, e deve avere circa ottantadue o ottantatré anni, è un vero personaggio. Non era mai stata fuori da Tupelo, Mississippi o Memphis. Non aveva mai volato prima ed eccola qui con un nipote superstar, suo figlio e due uomini. Lei è un vero e proprio personaggio di campagna e se pensate che io abbia un accento del sud, dovreste sentirla. Non appena siamo atterrati ha iniziato ad avere reazioni terribili alle iniezioni di vaccinazione. La crosta della vaccinazione sul suo braccio era grande come una moneta da mezzo dollaro, il braccio della povera vecchia si è gonfiato fino al doppio della sua dimensione. Non poteva alzarsi dal letto, e per circa una settimana ho pensato che forse avevamo fatto la cosa sbagliata a portarla, perché pensavo che sarebbe morta e questo avrebbe finito anche Elvis. Beh, la nonna non morì: era più forte di dieci cavalli. Nel giro di una settimana governava quella casa come una vera signora del Sud. Cucinava e puliva, anche se c'erano delle cameriere (grazie a Dio per quelle cameriere, ma lo spiegherò più tardi). Quando si riprese, eravamo tutti una grande famiglia e non vedevo l'ora di andare a divertirmi. Ma poi ogni volta che scendevo al piano di sotto e vedevo tutte queste persone che sembravano morire, ebbi una specie di ripensamento perché questo non era il posto per divertirsi - anche se, ripensandoci, ci siamo divertiti".
"A tutti noi, in particolare a Elvis, piacevano i tedeschi. Non erano come noi del Sud ma erano persone oneste e ti guardavano dritto in faccia quando ti parlavano. Un tipo così era il manager dell'hotel, Herr Schmidt, che non era molto contento della nostra invasione. Ovviamente pensava che dopo un po' che eravamo lì, ci sarebbe stato probabilmente qualche cadavere tra le mani. Herr Schmidt era un tipo strano, che era solito essere seguito in giro da una specie di mezzo cane che assomigliava ad un topo".



I problemi iniziarono subito per il gruppo di Presley. "C'era una vecchia signora sotto di noi", continua Red, "e appena Lamar camminava, lei batteva sul soffitto e gridava qualcosa in tedesco. Lamar rispondeva saltando su e giù sul pavimento, urlando qualcosa su Hider. Se non ha ucciso lei, ha quasi ucciso Vernon perché pensava che se fossimo stati cacciati dall'albergo, sarebbe stata una pubblicità negativa. Alla fine, comunque, lasciammo quell'albergo".
Il soldato Presley si alzava ogni mattina alle 5:00 circa e si dirigeva verso la base dove era assegnato agli scout. Era, naturalmente, una vita ordinata, ma di tanto in tanto qualcosa andava storto o un ufficiale superiore lo infastidiva.
"A quel punto Elvis diventava di cattivo umore" ricorda Red, "e diceva: 'Amico, che diavolo ci faccio qui? Quel vecchio figlio di puttana del Colonnello avrebbe potuto tirarmi fuori da tutto questo. Lui avrebbe potuto sistemare le cose". Ma il più delle volte si adattava bene. Ovviamente la grande attrazione erano le donne ed erano frenetiche come qui, ma in generale i fans tedeschi sembravano più educati. Voglio dire, potevi scherzare con loro, parlare con loro senza essere fatto a pezzi. C'erano delle eccezioni, ovviamente".
Red ricorda con affetto il loro divertimento al Gruenwald Hotel. "Non abbiamo mai smesso di giocare. Ogni settimana facevamo un gioco diverso: avevamo sempre delle pistole ad acqua e Elvis, Lamar e io non abbiamo mai smesso di combattere con queste pistole. Eravamo nei corridoi dell'hotel, a spruzzarci a vicenda e all'improvviso vedmmo una vecchia signora che ci guardava scioccata come se stesse per morire per un attacco di cuore. E solo allora ci fermammo. Poi c'erano le lotte con la schiuma da barba e le lotte con i cuscini e tutto il tempo a spingersi e a lottare l'un l'altro sul pavimento. Quando ci penso, io, Elvis e Lamar che lottiamo su quel pavimento, mi chiedo quanto tempo dopo che ce ne siamo andati sia vissuta quella vecchia sotto di noi. Sono sicuro che abbiamo accorciato lavita".
Il momento migliore della giornata, soprattutto per Red, era la mattina presto. "Quello era il momento in cui la cameriera entrava per rifare il letto. Io le davo una veloce rotolata e poi lei tornava al lavoro".
Quando Red e Lamar non facevano combattimenti con pistole ad acqua e battaglie con la schiuma da barba e con i cuscini, passavano il loro tempo al Beck's Beer Bar, vicino all'hotel. "Credo di esserci stato più di Lamar, ma non potevo fare molti
danni lì, perché non ho mai avuto soldi. Sia io che Lamar eravamo di nuovo sul libro paga di Elvis, il che significava che non venivamo pagati. Avevamo i nostri tre pasti al giorno e avevamo un tetto sopra la testa, quindi immagino che non potevamo lamentarci; eravamo lì perché volevamo essere lì, e nessuno ci obbligava. Ma il massimo che ricevevamo era qualche marco qua e là, e in Germania a quei tempi un marco valeva circa 25 centesimi. Così andavo al bar e mi facevo due birre per tutta la notte. Elvis non andava in un bar a bere e non pensava che un ragazzo avesse bisogno di qualche dollaro ogni tanto. Abbiamo fatto molto per lui e lui pensava che fossimo felici di essere lì a servirlo, il che era giusto, ma qualche dollaro avrebbe aiutato".



Red ammette di essere da biasimare per il modo in cui Presley si affidava a di lui per fare strani lavori. "Per esempio, a volte di notte, quando non avevo niente da fare, mi mettevo a lucidare gli stivali militari di Elvis. Ho imparato tutta quella roba dello sputo e il lucidare nei marines. Ed Elvis iniziò davvero ad essere orgoglioso del suo vestito mentre era lì in Germania. Beh, ho mostrato a Lamar come lucidare le sue scarpe e tra di noi avevamo quei suoi stivali così lucidi che ci si poteva radere. Si è abituato".
Tom Parker non stava certo a dormire. Aveva ostacolato tutti i tentativi di far mettere Presley nei Servizi Speciali e i fans di Elvis erano ormai rassegnati a sentire solo silenzio per i prossimi due anni. Così il Colonnello fece pubblicare alla RCA Victor l'album cinematografico di "Love Me Tender". Quando questo raggiunse il punto di saturazione, l'album "Loving You" seguito da "King Creole". Tutti vendettero milioni di copie vendute. [In realtà questi tre dischi risalivano a molti mesi prima. Inoltre "Love Me Tender" non fu mai emesso su album ma su EP, n.d.t] Poi alcune delle vecchie canzoni furono ripubblicate e brillantemente riconfezionate. Presley poteva essere immerso fino alle ginocchia nella neve in Germania, ma stava ancora scaldando i cuori dei suoi fans americani.
Le notizie e le immagini sui giornali americani e le agenzie di stampa sul soldato Presley stavano facendo il loro lavoro e, prevedibilmente, la vecchia generazione stava gradualmente vedendo Presley sotto una luce diversa. Non era più una minaccia per la femminilità ma un pulito ragazzo del Sud che faceva il suo dovere per il suo paese e la sua bandiera. Nel momento in cui tornò negli Stati Uniti, Elvis era l'ideale di ogni genitore per ciò che un buon figlio dovrebbe essere.
Fino a quel momento, nessun cantante era mai riuscito a fare appello a tutte le generazioni, ma il colonnello Tom voleva che tutti volessero il "suo ragazzo", non solo una fascia d'età. Voleva che rimanesse in circolazione per decenni, e questo è esattamente ciò che accadde. Red ricorda che la RCA Victor lavorava freneticamente.
"Volevano che incidesse un disco in Germania: lo supplicarono anche solo di cantare una canzone in un normale registratore. Loro si sarebbero occupati delle parti strumentali e di tutto il resto a New York. Ma il vecchio colonnello, credo che sapesse cosa stava facendo e sapeva che non era il momento giusto".
Elvis Presley non sarebbe mai stato soffocato dalle pressioni. Non importava quanto lo si tormentasse per incidere più dischi, scuoteva educatamente la testa e diceva: "Prendetevela con il Colonnello".



Il divertimento e i giochi al Gruenwald stavano raggiungendo grandi proporzioni. Herr Schmidt aveva il sospetto che una delle sue cameriere stesse facendo più che preparare i letti della suite Presley. Le camminate di Lamar Fike intorno alla suite stava spingendo la vecchia signora del piano inferiore, più vicina al Creatore, e Red ed Elvis si erano spinti un po' troppo il là con le loro battaglie a base di pistole ad acqua, schiuma da barba e cuscini.
"Se ricordo bene", dice Red, "la goccia che ha fatto traboccare il vaso fu quando io ed Elvis stavamo facendo una lotta con la schiuma da barba. Continuavo a colpirlo in faccia con questa roba e lui corse in una delle stanze e chiuse la porta a chiave. Credo di non essere stato troppo soddisfatto di questo, così ho messo della carta sotto la porta, l'ho accesa e ho deciso di affumicarlo. Bene, avete avete indovinato: questo causò un piccolo incendio. Niente di serio ma c'era un sacco di fumo che usciva dalle finestre mentre io ed Elvis stavamo morendo dal ridere spegnendo quella dannata cosa. All'improvviso Herr Schmidt apparve sulla scena. Era un direttore d'albergo tedesco molto incazzato... Ho pensato che stesse per esplodere. Nel frattempo, tutte le vecchie signore stanno correndo via. Per quanto il nostro tedesco fosse pessimo, avevamo capito il senso delle grida strozzate di Herr Schmidt. Diceva una parola in inglese molto bene e quella parola era fuori. Anche Vernon era incazzato, ma la vecchia Minnie Presley, pensava che fosse molto divertente. Non si era mai divertita così tanto".
Fu deciso di trasferirsi in una casa di tre piani con cinque camere da letto, vicina a Goethestrasse. Red ricorda che era un posto confortevole e grande che la padrona di casa faceva pagare un occhio della testa.
"Pagavamo quasi ottocento dollari al mese per quel posto. Era una quantità gigantesca di denaro per la Germania nel 1958 e 1959. Era almeno tre volte quello che un tedesco avrebbe pagato. La padrona di casa era una ragazza che chiameremo Frau Gross (che non è il suo vero nome nome), una donna grande e grossa che avrebbe potuto giocare come linebacker. Anche se noi pagavamo l'affitto, Frau Gross decise che lei avrebbe continuato ad abitare in quella casa... Uno dei motivi principali era che le piaceva molto l'idea della compagnia di uomini - non di Elvis ma di suo padre, Vernon. Lui non voleva stare da solo con lei perchéi gli parlava a vanvera in questo velocissimo tedesco e Vernon si limitava ad annuire con la testa. Lei non smetteva mai di parlare con lui ma non una parola di inglese. Lui non capiva un cavolo di quello che lei gli diceva ma lei continuava a parlare e a sorridere. Era molto divertente. Ma quello che più divertente era vedere lei e la nonna Presley insieme: la nonna non poteva parlare yankee, tanto meno tedesco. Ma Frau Gross era in cucina e parlava alla nonna nel suo tedesco e la nonna le rispondeva con il suo vero accento del Mississippi e, cavolo, parlavano per ore. Era da urlo !".
"Ma alla nonna non piaceva che qualcuno cercasse di impadronirsi della sua cucina tanto che una volta ci fu un terribile scontro e la nonna colpì Frau Gross con un manico di scopa. Oh, Signore, che casa !"
Elvis e Red avevano una gran passione per i fuochi d'artificio e, a volte, intraprendevano lotte pirotecniche con i giovani tedeschi del posto. Una volta, Presley mandò accidentalmente un fuoco (candela romana) nella schiena di un giovane che disse al cantante di avere un buco non solo nella sua giacca di pelle, ma anche quasi nella sua schiena. Quando Elvis si offrì di pagare una nuova giacca non ci furono più problemi. Elvis amava i tedeschi per questo genere di cose, perché se fosse successo negli Stati Uniti, qualcuno gli avrebbe intentao una causa di centomila di dollari: i tedeschi non facevano storie per cose del genere. Erano brave persone".
Elvis Presley stava cementando le relazioni tra Stati Uniti e Germania in altri modi: con le donne. "Ricordo che un giorno", dice Red, "vidi questa piccola e graziosa ragazza fuori dal nostro cancello d'ingresso. Uscii e la salutai ma non riuscivamo a cominucare a causa dele due lingue diverse; dissi solo la parola 'Elvis' , indicando la sua camera da letto. La portai dento di nascosto a Frau Gross, che non amava altre donne in casa sua, in particolare quelle giovani, fino alla camera da letto di Elvis e la lasciai lì senza una parola. Elvis tornò a casa un po' più tardi e gli dissi: 'Ciao, ho un regalo per te di sopra'. Mi guardò, scrollò le spalle e non disse più una parola. Beh, scese circa mezz'ora dopo, e aveva un sorriso sulla faccia che quasi gli spaccava la testa a metà. Piccoli regali come questo ravvivano la giornata..."
Red si ricorda di una ragazza che piaceva ad Elvis in particolar modo. "Non mi sovviene come ci siamo incontrati con lei", dice Red, "ma quello che ricordo era qualcosa che non sarebbe mai successo nel Sud degli States, nemmeno al giorno d'oggi. Questa ragazza lo portò a casa con sé da sua madre e quella notte lui dormì là, con sua benedizione. Questo deve aver scioccato Elvis anche perché una cosa così non gli era mai successa. Immagino che fosse una madre di larghe vedute".
Elvis e Red andavano nel parco con i giovani del luogo e facevano a botte con loro. "Era una specie di lotta amichevole", dice Red. "Niente pugni in faccia ma si lottava e ci si buttava a terra e ci si placcava a vicenda. Nessuno si è spinto oltre e i ragazzi tedeschi si divertivano tanto quanto noi. Ricordo che una volta stavamo combattendo con loro e ci stavano sopravanzando, quando Elvis tirò fuori la testa da sotto un mucchio di corpi e gridò a Lamar di venire a dare una mano. Beh, c'era del ghiaccio per terra e Lamar era in cima ad una collina; il vecchio Lamar gridò: "Sto arrivando Elvis, sto arrivando". Lamar scivolaò e, da in cima alla collina, con tutti i suoi trecento chili di peso, arrivò sul suo grande culo fino da a noi per poi proseguire, come una grande slitta umana, fino in fondo. Sia noi che i tedeschi stavamo morendo dal ridere ma Lamar non si era certamente divertito perché ritornò in cima alla collina con il culo fuori dai pantaloni. Lamar faceva sempre qualcosa del genere: non gli dispiaceva essere il clown. Era un ragazzone spontaneamente divertente ed aveva un cuore d'oro".
Altri diversivi consistevano in partite a football organizzate da Elvis e Red. Alcuni dei militari contro cui giocavano, sarebbero diventati stelle di questo sport, arrivando persino tra i professionisti.
Red racconta che "La cosa più pericolosa del gioco, era il fatto che c'erano un sacco di pastori nella zona: dovevamo interrompere il nostro gioco perché centinaia di pecore passavano sul terreno. L'unico problema era che la metà di quelle dannate pecore facevano la cacca in mezzo al campo, e noi ci ritrovavamo a giocare nella merda di pecora fino alle caviglie".
Elvis Presley passava alcune delle sue notti libere, tranquillamente a casa. Charlie Hodge, il ragazzo del Sud che Presley aveva incontrato sulla nave durante il viaggio per la Germania, a volte lo andava a trovare e la stessa cosa faceva un altro ragazzo del Sud, Rex Mansfield. Insieme a Lamar, Red e Vernon, si riunivano per una serata in stile "sudista" all'antica, cantando intorno al fuoco, con Minnie Presley che cucinava un sacco di cibo caratteristico dei nostri luoghi.
"Era come una grande famiglia e ci divertivamo", ricorda Red "Rex Mansfield finì per sposare una bellissima americana di nome Lizbeth che lavorava con un'altra ragazza che gestiva la posta dei fans. Era un gruppo piuttosto unito, anche con Frau Gross che aleggiava sullo sfondo".
La posta che Presley riceveva era impressionante, qualcosa come diecimila lettere alla settimana, alcune delle quali indirizzate semplicemente a "Elvis, Germania". Tutte ricevevano una risposta.
Red ricorda che, nonostante le rare lamentele di Elvis, il colonnello avrebbe potuto tirarlo fuori dalla Terza Divisione Corazzata, ma il soldato Presley era un buon soldato.
"Prendeva il suo lavoro seriamente e non ha mai chiesto alcun trattamento speciale e ai ragazzi piaceva molto. Ci furono un paio di allarmi che mandarono Elvis fino al confine della Germania dell'Est, dove poteva vedere i Commies dall'altra parte. Una volta si parlò addirittura di una sparatoria ed Elvis era proprio lì, immerso fino al culo nella neve e con la stessa voglia di fare di tutti gli altri".
Poiché era stato accolto così bene e perché si era impegnato onestamente, Elvis si irritava particolarmente se pensava che qualche ufficiale superiore se la prendesse con lui. "Un incidente particolare che ricordo" dice Red, "aveva a che fare con l'auto sportiva BMW che Elvis guidava, che i tedeschi chiamavano Elvis-wagon: Elvis stava guidando fuori dalla base e, arrivato ai cancelli, un ufficiale cominciò a dargli addosso perché c'era del fango sulla sua targa. In realtà fece quella sfuriata senza vera ragione: stava solo cercando di dimostrare che poteva avere il sopravvento su Elvis. Beh, Elvis tornò a casa ed era di cattivo umore brontolando: "Quel figlio di puttana di un ufficiale ha cercato di mettermi in imbarazzo senza motivo. Vorrei prenderlo a calci in culo".
A Red non era mai piaciuto vedere trattare Elvis in quel modo, sia che fosse alla Humes High School o nell'esercito degli Stati Uniti. Elvis descrisse l'ufficiale a Red e nella mente dell'amico scattò una molla: "Io sapevo chi era quel gran figlio di puttana. Lo chiamavano 'Indiano' perché credo che avesse un po' di sangue di quella razza nelle vene. Lo riconobbi al Beck's Beer Bar, dove bazzicavo. Dissi semplicemente a Elvis, 'Vado a controllare'.
Quando Red si avvicinò all'ufficiale, quest'ultimo capì subito di essere in un mare di guai: la reputazione di Red nel bar era nota.
"Voglio che tu venga con me", disse Red.
L'ufficiale alzò lo sguardo dalla sua birra. "So di cosa si tratta", disse. "Ho fatto un errore".
"Beh, perché non vieni con me e ne parliamo ?".
Red portò l'"indiano" dall'altra parte della strada e lo presentò ad Elvis: "È questo il tizio che ti stava gettando addosso tutta quella merda?"
Presley annuì.
"Ora", disse Red, "perché voi due ragazzi non andate in soggiorno e ne parlate ?".
Red chiuse la porta e rimase fuori.
"La cosa che imparai più tardi", dice Red, "è che questo tizio esce con uno straccio in mano, e va verso la macchina sportiva di Elvis per pulirgli la. Elvis uscì con quel piccolo sorriso sulla faccia e finì tutto così".
"Io non so che cosa si dissero i due", dice Red. "Non voglio sembrare un duro. Mi sono semplicemente trovato in quella situazione e l'ho gestita. A dire la verità, quello che penso sia successo è che Elvis diede al tizio cento dollari per andare là fuori e pulire la targa per fare poi bella figura davanti a me... Questo è stato l'unico problema che ricordo. Naturalmente c'erano ragazze che gli andavano sempre dietro, ma lui era abbastanza tranquillo. Sceglieva le sue preferite con molta attenzione. Ricordo che una volta c'era un piccolo luna park e io, Elvis e Lamar ci andammo. Stavamo giocando quando improvvisamente un gruppo di ragazze lo riconobbe da lontano e iniziarono a correre verso di noi. Elvis ed io le guardammo e cominciammo a fuggire e, proprio in quel momento, un gruppo di soldati americani, dentro ad una decappottabile, stavano passando da lì. Senza dire una parola, ci tuffammo sul retro questa macchina per scappare ma, sfortunatamente c'era Lamar che era rimasto indietro e stava ancora correndo come un pazzo per raggiungerci. Beh, Lamar si schiantò contro una staccionata di legno... Avreste dovuto sentirlo imprecare quando è tornato a casa ! Si poteva sempre contare su Lamar per la comicità..."



Mentre si trovava al Gruenwald Hotel, Vernon Presley incontrò un'attraente bionda, moglie di un sottufficiale dell'esercito. Il suo nome era Davada "Dee" Stanley. Era sposata con il sergente Bill Stanley.
Red ricorda molto bene il primo incontro. "Era una donna molto carina, sulla trentina. Aveva tre figli, Billy Junior, David e Ricky. Billy aveva circa cinque anni e David e Ricky, credo che avessero solo tre o quattro anni. Presentò Vernon a suo marito, il sergente Bill. Era un tipo abbastanza simpatico, il tipo da carriera nell'esercito. Beh, Vernon si era così legato a loro due che ci usciva, come in un triplo appuntamento: bevevano insieme ed erano buoni amici. Quando il sergente Bill era a fare le manovre, non gli dispiaceva che Vernon portasse fuori Dee se si sentiva sola. Credo che una cosa porti all'altra e Vernon e Dee sono rimasti molto più che amici. Ricordo che una sera Vernon, Dee, il sergente Bill, Lamar e io andammo in città: eravamo tutti abbastanza ubriachi ma Vernon e Bill si ubriacarono davvero. Finimmo tutti nell'appartamento del sergente Bill e per fortuna il sergente svenne sulla sua sedia perché le cose stavano diventando imbarazzanti perché Vernon stava parlando a vanvera. David e Ricky piangevano e io li misi a letto. Lamar ed io, nonostante le proteste di Vernon, lo trascinammo fuori di lì e lo caricammo quasi a forza su un taxi mentre imprecava, urlando che ci avrebbe fatto mettere sul primo aereo per gli Stati Uniti. Per fortuna ce ne andammo perché se, Bill Stanley si fosse svegliato e avesse sentito tutto questo, la situazione sarebbe potuta sfuggire di mano. Non sapeva che Vernon e Dee non si stavano solo frequentando. Naturalmente, da quel momento in poi fu abbastanza ovvio che Dee e suo marito si sarebbero lasciati perché Vernon e Dee erano diventati piuttosto intimi. Più tardi si sposarono".
La relazione di Vernon con Dee Stanley non piacque al giovane Elvis. "Lo faceva davvero incazzare il fatto che Vernon si sarebbe sposato di nuovo", dice Red "ma lui diceva sempre con calma: 'Qualsiasi cosa voglia papà va bene per me. Qualsiasi cosa lo renda felice".
Ma la verità era che non gli era mai piaciuta Dee Stanley. Il pensiero che Vernon stesse sostituendo sua madre lo tormentava veramente. Non era qualcosa di cui parlava allora, anche se lo fece in seguito".
C'erano due abitudini che Elvis prese mentre era in Germania. Una di queste era il fascino del karate, una passione che divenne un'ossessione: praticava il karate per ore e ore con Rex Mansfield che gli faceva volentieri da "manichino". Negli anni a venire, l'entusiasmo di qualcuno per questo sport facilitò un posto nella squadra di Presley.
L'altra abitudine non era così innocente. Come ricorda Red: "A bolte c'erano delle manovre vicino al confine e i soldati dovevano davvero stare all'erta, senza dormire per molto tempo. Elvis conosceva un sergente, che chiamerò Sergente Johnson (che non è il suo vero nome). Bene, il sergente Johnson voleva che i suoi uomini fossero svegli, e non voleva che si addormentassero ai loro posti, quindi di tanto in tanto distribuiva queste pillole di Dexedrine per tenerli svegli. Elvis non aveva mai avuto niente a che fare con pillole o alcolici fino a quel periodo. Ancora oggi non ha molto a che fare con gli alcolici, solo occasionalmente. Elvis prese quelle pillole", dice Red. "Gli piaceva quello che si provava, e cominciò ad assumerle regolarmente. E così abbiamo fatto tutt noi del gruppoi. In alcuni di quei film che abbiamo fatto eravamo più alti degli aquiloni".
Ma Elvis non si fermò alla Dexedrine.


FINE CAPITOLO 15
07/10/2021 17:30
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CAPITOLO 16

Era il 1975. A Las Vegas, davanti a una sala gremita di 2.500 persone, Elvis Presley aveva appena finito il suo ultimo numero in programma ma, invece di scomparire dietro le quinte e correre nel suo camerino, rimase in piedi davanti al microfono.
[In realtà la data giusta è 2 settembre 1974, durante lo spettacolo di chiusura, n.d.t] La maggior parte dei resoconti della stampa erano totalmente sbagliati, disse al pubblico, e voleva mettere le cose in chiaro.
Disse: "L'altra sera ho avuto una brutta influenza. Qualcuno ha iniziato a dire che ero strafatto. Se mai scoprirò chi lo ha detto, gli spaccherò la testa. Non sono mai stato strafatto in vita mia!"
Né, continuò, aveva mai preso droghe. Red West, Sonny West e Dave Hebler, che all'epoca lavoravano tutti per lui come guardie del corpo, sorrisero. Secondo loro, Elvis, come molte personalità dello show-business, aveva una notevole esperienza con molti tipi di droghe.
Ricorda Red West: "Prende pillole per andare a dormire. Prende pillole per alzarsi. Prende delle pillole per andare al gabinetto e prende delle pillole per impedire di andare in bagno. Ci sono state volte in cui era così iperattivo con gli stimolanti che ha avuto problemi a respirare e in un'occasione pensòo di morire. Il suo sistema non funziona più come quello di un normale essere umano. Le pillole fanno tutto il lavoro per lui. È una farmacia ambulante. Ha fumato marijuana ma non gli piace fumarla perché
gli brucia la gola. Prende eccitanti e tranquillanti e tutti i tipi di antidolorifici molto forti, Percodan e la roba che danno ai malati terminali di cancro. Spesso ha avuto prescrizioni a nome di molti altri ragazzi e, di tanto in tanto, aveva un dottore (non nominato in questo libro) che gli prescriveva tutto, ma da allora è scomparso. Sì, lui sa un sacco di cose sulle droghe".
Sonny West alza le spalle e dice: "Probabilmente avrà diverse malattie: il suo corpo è come se fosse andato all'inferno".
Dave Hebler, un uomo che ha dedicato gli ultimi diciotto anni della sua vita allo studio del karate, è più incredulo di Red o Sonny.
"Dopo aver conosciuto Elvis, sono rimasto sorpreso. È assolutamente una follia che un essere umano voglia commettere un lento suicidio, cosa che sento che sta facendo con le droghe. Non riesco a capire come qualcuno possa deliberatamente mettersi a fare tutto questo. Qui c'è un uomo, una delle persone più popolari del mondo, in questa situazione. Può avere tutto quello che vuole. Avrebbe potuto avere ancora un fantastico fisico. È difficile per me capire come possa deliberatamente distruggersi.
Sembra che sia votato alla morte. Il fatto è che a Elvis non importa. Non gliene frega un cazzo. Non riesco a trovare le parole per dirlo abbastanza forte. Voglio dire che è una persona affascinante, l'uomo più affascinante che abbia mai incontrato. È un complesso di contraddizioni. È come una pallina da ping-pong che va giù per il corridoio. Non sai mai da un minuto all'altro se sta per puntare una pistola a qualcuno, o sta per baciarlo, o cosa. Sembra bizzarro ma sto davvero lottando per trovare le parole per enfatizzare questo particolare aspetto della mutevolezza della sua personalità".



Red West è convinto che le dosi massicce di varie pillole abbiano mutato non solo sul corpo di Presley, ma anche sulla sua personalità. I suoi continui alti e bassi hanno completamente deformato i suoi sensi. Bisogna sottolineare che le guardie del corpo, in particolare Red e Sonny West, non erano estranei innocenti: fin dalla prima volta che Presley scoprì cosa poteva fare un leggero Dexamyl o una leggera Dexedrine per risollevare il morale o per dare il via ad una nuova giornata dopo solo poche ore di sonno, loro erano insieme a lui. Sia Red che Sonny ammettono apertamente che dal 1960 e per tutto il periodo in cui erano nelle locations dei film con Presley, erano sempre su di giri.
"Non c'era altro modo per stargli dietro", dice Sonny "Non riusciva mai a dormire. A volte si iniziava la giornata alle sei del mattino e noi eravamo distrutti, così ci dava questi stimolanti e bevevamo caffè tutto il giorno. Dopo un po' siamo passati con lui a pillole più forti come il Desbutal e l'Escotrol. Se eravamo ancora agitati quando era ora di andare a letto, ci dava dei tranquillanti come il Valium, anche se diversi anni dopo abbiamo preso roba molto più forte di quello, come il Placidyl, che ti stordisce davvero. Ci dava questa roba. Alcune volte gliela chiedevamo, ma altre volte volevamo solo dormire un sonno naturale. In alcuni di quei film, mentre Elvis era strafatto, a volte sgattaiolavamo fuori dallo studio e andavamo in una stanza vuota e ci nascondevamo sotto gli oggetti di scena e cose del genere per dormire, mentre lui era davanti alle telecamere. Era l'unico modo in cui riuscivamo a dormire davvero perché lui andava come un treno a vapore tutto il giorno e dormiva solo poche ore. All'inizio quell'uomo aveva un fisico tremendo perché non si fermava mai. Altre volte, quando stava per sballarsi, era come se pretendesse che tu salissi lassù con lui. A volte stava di fronte a te e ti guardava prendere la roba, perché c'era della roba che mi dava, non so cosa fosse, ma mi faceva sudare. Spesso mi dava una manciata di pillole e io le buttavo via m lui lo sapeva, così si metteva davanti a me con un bicchiere d'acqua. Negli ultimi anni le ho rifiutate e questo l'ha fatto arrabbiare. Alla fine, ha smesso di offrirmele".

Alla luce dell'immagine tradizionale di Presley, le storie delle guardie del corpo sembrano incredibili, ma tutti e tre si sono offerti di sottoporsi alla macchina della verità se qualcuno volesse sfidarli.
Red West dice che durante gli anni '60, Presley era principalmente coinvolto con gli stimolanti, le anfetamine. "Ma verso il 1970 cominciò a prendere i tranquillanti. Li aveva già presi in precedenza e fu allora che ebbe il suo primo problema di peso, ma iniziò a prenderli più pesantemente nel 1970 e divenne particolarmente in sovrappeso nel 1972, dopo che Priscilla lo lasciò per Mike Stone. La cosa andò avanti fino a quando lo lasciammo nel 1976, quando la situazione era diventata grottesca".
Nonostante tutto quello che Red ha visto, comunque, non ha mai potuto dire che Elvis avesse mai avuto esperienze con l'eroina. Il fatto che le sue pillole fossero una parte importante della sua vita era dimostrabile già nel 1960, subito dopo il completamento di G.I. Blues, il primo film di Presley dopo il suo ritorno dall'esercito. Elvis aveva pianificato un weekend di riposo e relax a Las Vegas per la sua Memphis Mafia. Il gruppo - Presley, Sonny West, Joe Esposito, suo cugino Gene Smith, Lamar Fike e Charlie Hodge - partirono da Los Angeles in una Cadillac bianca e una Lincoln Mark VI.
"Elvis", dice Sonny, "era stato a Las Vegas nel 1956, ma io e alcuni altri non c'eravamo mai andati. Eravamo tutti eccitati. Beh, partiamo di buon umore e, a metà strada, ci fermiamo a Barstow. Elvis chiede a Gene di dargli la sua borsa. Era responsabilità di Gene prendersi cura della borsa di Elvis. Elvis disse che voleva lavarsi i denti o qualcosa del genere. Beh, sapevamo davvero cosa voleva. Lui teneva le sue pillole nella sua borsa. Fu allora che scoprimmo che Gene l'aveva lasciata all'hotel di Los Angeles. Elvis si arrabbiò così tanto che ci disse di tornare in macchina: saremmo tornati a Los Angeles. Elvis decide di guidare, insultandoci e inveendo contro di noi. Dopo un po' di tempo ci stancammo tanto che Gene comnciava ad appisolarsi ma ogni volta che accennava a chiudere gli occhi, Elvis lo colpiva sul petto con il dorso della mano urlandogli: 'Non ci sarà nessun dannato sonno, hai sentito?' Il vecchio Gene si sveglia di scatto. 'No, capo'. Anche Joe, nel retro, si appisolò mentre masticava una gomma. 'Joe, dannazione, ho detto di non dormire'. "Joe risponde: 'Non stavo dormendo, stavo solo guardando fuori dal finestrino'. È andata così per tutto il viaggio di ritorno a Los Angeles. Era così incazzato con noi; si comportava come un dannato bambino perché non aveva ottenuto quello che voleva".
Il gruppo tornò al Beverly Wilshire Hotel. Charlie, Lamar e Sonny si spogliarono e si misero a letto. Proprio mentre si stavanno appisolando, il telefono della loro stanza squillò: era Joe Esposito: "Venite giù. Andiamo. Ha deciso di andarsene di nuovo". Sonny ricorda che quando arrivarono alla macchina, Elvis aveva recuperato la borsa e stava distribuendo gli stimolanti per il lungo viaggio verso Las Vegas. Fuori Los Angeles, però scoppiò una gomma anteriore, e il coprimozzo si staccò. Elvis era mortificato. Non possiamo andare a Las Vegas senza coprimozzo. Dannazione, voglio vendere questa auto". Finalmente trovarono il coprimozzo e continuarono il loro viaggio. Arrivarono a Las Vegas verso le undici del mattino, indossando abiti neri di mohair e occhiali da sole.
"Penso che sia da lì che abbiamo preso il nome 'Memphis Mafia'", ricorda Sonny, "Elvis a quei tempi esigeva sempre che indossassimo abiti e cravatte".
Appena arrivati, Presley andò ai tavoli di merda. In poche ore ore aveva perso diecimila dollari. "Dopo di che", dice Sonny, "scoprì che poteva giocare con i soldi della casa, dove non avrebbe vinto ma neanche perso, come se fosse una specie di avvocato. Dopo ricominciò a giocaree, ebbe la più incredibile serie ai dadi che si sia mai vista. Un tizio che scommetteva sui suoi lanci vinse una fortuna e volle dare un po' di soldi ad Elvis, ma lui rifiutò".
Quel fine settimana, secondo Sonny, con un piccolo aiuto da parte degli "amici" di Presley - le pillole - dormirono circa due ore. Nei primi tempi, dice Red West, gli stimolanti erano davvero solo un modo per Presley e i suoi ragazzi di spremere un po' più di più la vita.
"So che sono pericolosi, soprattutto nel modo in cui li prendevamo ma in realtà non è iniziato tutto come qualcosa di negativo".
Per esempio, erano molto utili quando giocavano a football. "Elvis organizzò una lega di touch football chiamata Elvis Presley Enterprises", dice Red. "Avevamo anche una squadra di pick-up quando vivevamo a Los Angeles e giocavamo contro altre squadre degli studi televisivi e cinematografici".
Lee Majors era un grande giocatore in quei giorni, così come Michael Parks e Gary Lockwood e un sacco di altre star. Elvis giocava, ma naturalmente noi gli davamo molta protezione.
"A queste partite inghiottivamo un paio di bicchieri, e giocavamo fino a quattro o cinque partite in un pomeriggio, andando avanti fino alla notte. La gente ci vedeva e si chiedeva come potevamo farlo. Ebbene, ecco come: di tanto in tanto, Elvis ci dava roba da prendere per le nostre ferite, per i lividi e per le distorsioni. Erano antidolorifici".
"Dopo essere stato cinque o sei ore nel luna park di Memphis su quei Dodgem", ricorda Sonny, "eravamo pieni di lividi, quindi gradualmente siamo passati agli antidolorifici. Ma questo era ancora niente rispetto a quello che prendeva Elvis verso la fine.
L'ho visto con letteralmente dozzine di bottiglie di ogni diverso tipo di pillola. Lui sa quale pillola mischiare, conosce i dosaggi e il risultato esatto. A volte sbagliò i calcoli e ebbe anche effetti negativi, ma il più delle volte sapeva cosa sta facendo, o almeno credeva di saperlo. Ha degli annuari medici sulle pillole e conosce i codici colore. Mostragli una pillola o digli il colore sulla capsula, e lui può identificarla in un secondo".



Red dice che il pubblico cinematografico noterebbe la differenza in Elvis Presley se potessero confrontare i suoi film pre-esercito con quelli che ha fatto dopo il suo congedo.
"Da G.I. Blues in poi, si nota il suo modo di parlare. Faceva veri e propri sforzi per parlare più lentamente; parlava come una mitragliatrice in quei film, era 'fatto' per tutto il tempo - e anche noi lo eravamo per la maggior parte del tempo".
L'utilizzo smodato delle droghe senza dubbio produceva un comportamento bizzarro tanto che Elvis fece spese sempre più sontuose e generose: qualcuno doveva solo accennare a desiderare qualcosa ed Elvis gliela comprava all'istante. C'erano molte volte in cui dava semplicemente per il piacere di dare, la sua generosità non poteva mai essere messa in discussione. C'erano altre volte, quando era "cablato", per usare l'espressione di Dave Hebler, in cui i suoi stati d'animo e le sue azioni assumevano una spaventosa violenza. Ci sono state due occasioni in cui la rabbia violenta si è rivolta a Red West, l'uomo che ha dedicato la maggior parte della sua vita alla sua protezione.
Nel 1973, Presley si stava esibendo a Las Vegas. Improvvisamente, alla fine di una canzone, perse completamente la voce. Red e Sonny non conoscono il motivo di questa cosa ma entrambi teorizzano che avesse preso così tante pillole che la sua gola si era improvvisamente seccata. Scese dal palco in preda al panico e Red e Sonny chiamarono il dott. Elias Ghanem e il dott. Sidney Boyer. Quest'ultimo, usando un'attrezzatura speciale, liberò la gola di Presley da una notevole quantità di muco e congestione. Dopo meno di dieci minuti, Presley fu in grado di continuare il suo spettacolo. Red ricorda che Elvis aveva molta fiducia in Sidney Boyer, una fiducia ben riposta, perché l'uomo era l'uomo era un esperto nel trattare i vari problemi alla gola.
"Più o meno in quel periodo", dice Red, "andava dal dottor Boyer ogni giorno e il dottor Boyer stava facendo un ottimo lavoro per schiarirgli la gola. Tanto che divenne un'ossessione per lo stesso medico.
Una notte, dopo che ci aveva tenuti svegli tutto il giorno, andammo finalmente a letto. Io presi un sonnifero e mi stavo appisolando. Saranno state circa le nove del mattino ed all'improvviso, ricevetti una telefonata da Elvis: voleva vedere subito il dottor Boyer. Potrei aver detto qualcosa come: 'Ehi, amico, non si va in scena fino a stasera. Che motivo c'è di farlo fare così presto? Ad ogni modo, era infastidito. Gli ho detto che avevo appena preso un sonnifero e lui ha detto: "Beh, torna a letto". Conoscevo quel tono: era come se avesse detto che lo stavo deludendo, quindi risposi 'No, sono sveglio. È il mio lavoro. Vengo con te". Mi sono vestito in fretta e sono andata giù per il corridoio, nella sua suite: Sonny era lì e poteva vedere che ero incazzato. Beh, Elvis andò nella sua stanza e prese la sua M 16. Disse, 'Sto per farti saltare la tua testa di cazzo".
"Spara, figlio di puttana", disse Red. "Avanti, spara... Abbiamo solo una vita da darti. Spara."
Sonny West stava cercando di calmare tutti. Red era più arrabbiato dell'inferno: "Ho pensato che stesse succedendo davvero qualcosa", ricorda Sonny. "Red era arrabbiato e Elvis aveva la pistola. Poi, un attimo dopo, Elvis si gira e mi fa l'occhiolino, come se non fosse niente. Ecco quanto velocemente quel ragazzo può cambiare".
Fu dopo quell'incidente che Presley dettò una lunga e sconclusionata lettera a Red sulla filosofia e le forze psichiche. Circa sei mesi dopo, ebbe luogo un confronto simile, ancora una volta tra Presley e Red West.
Elvis aveva finito uno spettacolo e stava tenendo banco nella sua suite all'hotel. C'erano cinque o sei donne; Elvis stava semplicemente mostrando loro i suoi trucchi di karate. Una donna, una signora sposata, fu incantata dallo spettacolo di karate e chiese a Presley come facesse. Nella dimostrazione che seguì, Presley ruppe non volontariamente la caviglia della ragazza. Sonny e Red ricordano la ragazza che zoppicava dalla camera da letto cercando di non fare storie. Una delle ragioni principali, naturalmente, era che suo marito non sapesse che lei fosse nella nella suite. Se Elvis fosse stato consapevole di aver rotto la caviglia della ragazza non è chiaro, ma sia Red che Sonny ricordano che lui non fece alcuno sforzo per informarsi su come lei stesse di salute.... Subì un'operazione che comportò l'inserimento di un perno nella caviglia, e ad un certo punto ci fu il dubbio se avrebbee fatto causa a Presley. Ma prima che si parlasse di una causa, ricorda Red, egli intervenne per tenere il marito lontano da Presley. Alla fine lei aveva raccontato al marito quello che era successo e lui voleva sistemare alcune cose.
"La brutta notte iniziò nello showroom dell'Hilton di Las Vegas. Era il 1974. Io ero nel backstage. Elvis lanciava le sciarpe al pubblico. Quella sera questa ragazza aveva una sciarpa tutta sua, e la lanciò ad Elvis e lui gliela rilanciava. Questa cosa è andata avanti per molto tempo. Credo che lei volesse che lui si avvicinasse e la baciasse. Beh, lui era fatto. Lui gettò la sciarpa e le disse di non tirarla più ma poco dopo lei la lanciò ancora, colpemdolo proprio sulla spalla... niente di che... Io vidi tutto ciò e lo dissi alla guardia di sicurezza che fermò la ragazza. Ma Elvis era davvero arrabbiato.
"Ci chiamò nel camerino -c'era anche una c'era una guardiamentre tutto questo accadeva - e disse 'Perché qualcuno non ha fermato quella ragazza?' Io risposi ad Elvis che se fossi andato là fuori e le avessi tolto la sciarpa, sarebbe sembrato brutto... mi sarei reso ridicolo. Tutto quello che doveva fare semplicemente tenersi quella dannata cosa e l'intera faccenda si sarebbe fermata lì. Questo è quello che gli ho detto, ma niente di più. Ebbene, quando siamo entrati nella suite, è esploso. 'Dannazione, non ti azzardare a rispondere di fronte a una guardia di sicurezza. Tu lavori per me". Andò fuori di testa".
Elvis urlò a Red moltissimi insulti: "Testa di cazzo rosso, figlio di puttana". Nessun uomo aveva mai chiamato Red West con quei nomi e rimasto sano fisicamente.
Red era seduto su uno sgabello al bar della suite e Sonny West era lì, ancora una volta a vedere lo sviluppo di una brutta situazione. C'era abbastanza adrenalina da illuminare una dozzina di municipi. Sonny aveva una bottiglia d'acqua in mano e disse semplicemente: "Oh, andiamo, Elvis...". Presley si infiammò. "Tu stanne fuori", disse, buttendo via l'acqua dalla mano di Sonny. "Non mi rispondere mai di fronte a quelle guardie".
Red cercò di spiegare che non stava rispondendo, stava solo cercando di dire come era andata la vicenda.
"Ero scioccato", ricorda Red. "L'intero gruppo era lì dentro mentre lui imprecava contro di me. Nessuno mi aveva mai chiamato con quei nomi".
Quando Red continuò a cercare di spiegare, Presley prese la sua pistola 22 Savage che aveva sul fianco. Sonny ricorda: "Red stava iniziando a diventare bianco e l'ho visto nei suoi occhi, si stava allontanando dallo sgabello per colpire Elvis mentre estraeva la pistola. Red disse, 'Non farlo, Elvis. Non tirare fuori la pistola". Ed Elvis si fermò, perché sapeva che Red era pronto a qualunque cosa ma la volontà di sfoderare l'arma era fortissima....".
Red sedette e gli prese la pistola. "Sapevo che se avessi reagito, sarebbe stata la fine del mio lavoro e della sicurezza per la mia famiglia e pensai: 'Al diavolo, lasciamo che il pazzo si sfoghi'. Poi gli dissi: 'Il marito è qui fuori a cercarti. Abbiamo cercato di tenerlo lontano. Sai, il marito della ragazza a cui hai rotto la caviglia in una dimostrazione di karate? E lui mi grida: 'Dov'è quel figlio di puttana? Portalo qui. Suo padre, Vernon, stava cercando di calmarlo, ma Elvis era così irritato che nessuno riusciva a parlargli. E per tutto il tempo aveva la pistola sul fianco in mostra. Jerry Schilling cercò di dirlgi qualcosa ma Elvis urlò 'Vattene affanculo'. Jerry se ne andò dalla stanza".

-CONTINUA-
08/10/2021 22:21
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CAPITOLO 16 - continua-

Più tardi, in un momento di calma, Elvis affrontò la situazione della ragazza a cui aveva rotto la caviglia. Lei firmò una liberatoria per non fare causa e Presley pagò il conto dell'ospedale, quello dell'hotel per lei, per suo marito e per alcuni amici che erano presenti per vedere lo spettacolo.
Nonostante gli ovvi risultati che hanno le abbuffate di pillole, Elvis sembra imparare pochissimo dai suoi eccessi. Nell'agosto 1975, annullò il suo programma di Las Vegas dopo due apparizioni [in realtà non furono due apparizioni ma cinque: dal 18 al 20 agosto, n.d.t.]. Red racconta: "Joe Esposito chiamò e disse che un'ambulanza aveva portato via Elvis... Aveva preso qualcosa che aveva influito sulla respirazione. Io ero a Memphis quando Joe mi chiamò. Dissero che era un esaurimento o una polmonite. Avevo già visto quei problemi di respirazione prima".
Quando Presley cancellò queste restanti esibizioni a Las Vegas, ci fu un problema: ad un certo punto egli voleva cancellare lo spettacolo all'ultimo momento ma, secondo Sonny, il Colonnello disse: "Posso cancellare gli spettacoli domani e dovremo poi recuperare i soldi. Ma non andrò là fuori ora che la gente è seduta a dire loro che non ti presenterai. Se vuoi farlo, vai a chiamare tuo padre per dirglielo".
Sonny ricorda che nessuno voleva che Elvis andasse in scena quella sera e il colonnello gli disse di andarsene da Las Vegas se stava male e cancellare i suoi restanti spettacoli. Red West ricorda cosa diede inizio a tutta la situazione. Sonny era a Las Vegas ad aspettare e Red, Charlie Hodge ed Elvis dovevano arrivare su un aereo privato. Presley aveva comprato l'aereo solo quattro o cinque giorni prima del fidanzamento.
"Sull'aereo prese alcune delle sue pillole", racconta Red. "Cominciò a diventare molto iperattivo. Era nella parte posteriore dell'aereo".
Improvvisamente Elvis urlò: "Non riesco a respirare! Dammi la maschera dell'ossigeno, dammi la maschera dell'ossigeno".
Red ricorda che ansimava e che lui e Charlie Hodge cominciavano a preoccuparsi. La maschera d'ossigeno non sembrava fare effetto. "La sua respirazione era molto disturbata", dice Red "Notai una presa d'aria sul pavimento e c'era un mucchio d'aria che usciva da lì. Bene, dissi ad Elvis di sdraiarsi sul pavimento e di mettere la faccia sopra la presa d'aria".
Red e Charlie sentirono delle parole da Elvis che li impaurì. "Non ce la farò", ansimò. "Atterriamo".
Fecero un atterraggio d'emergenza a Dallas ed andarono in un motel per cinque ore mentre il pilota cambiava aereo. "Lui stava bene poco dopo", dice Red. "Gli effetti della pillola si erano esauriti".
Sonny e Red dicono di aver visto Presley distrutto dall'antidolorifico Demerol. Ricordano che durante una di queste crisi fu suggerito che qualcuno gli scattasse una fotografia di lui in modo che potesse vedere come appariva in quei momenti, con la testa che pareva sempre annuire e la mascella rilassata.



Se non fosse stato per l'abilità del Dr. George Nichopoulos, Elvis Presley avrebbe potuto avere molti più problemi con la droga. Sia Red e Sonny dicono che il Dr. Nick, come Joe Esposito, spesso prendeva capsule e droghe che Presley si era fatto contrabbandare e le sostituiva con innocue vitamine. Il Dr. Sidney Boyer, che lo curava per i suoi problemi alla gola, e il Dr. Ghanem non erano così vicini a Presley e probabilmente non sapevano nulla dei suoi abusi.
Red, Sonny e Dave vedevano sempre Elvis in completo torpore a causa dell'assunzione di pillole. "Ci sono stati", dice Sonny, "spettacoli che ha fatto che non riesce a ricordare. Il pubblico deve sapere che sta succedendo qualcosa. A volte sale lassù e parla al pubblico invece di cantare. Racconta le sue filosofie di vita ed è molto noioso. La gente va lì per vedere la vecchia magia di Elvis. Una sera ha fatto una dannata esibizione di karate per ventotto minuti di fila a Las Vegas. La gente usciva da tutte le parti. Non ho mai visto una parola sulla stampa a riguardo. Vive una vita incantata. A volte, dimentica la sequenza delle canzoni, e dimentica i loro testi; altre volte ci sono canzoni che devono essere cantate e lui si rifiuta di farle".
"D'altra parte, dice Dave Hebler "quando sta bene ed è con le sue naturali energie, non c'è nessun uomo di spettacolo come lui sulla terra. È un performer nato".
Tutta la mafia di Memphis sa dell'incessante e potenzialmente pericolosa abitudine che ha Elvis Presley di prendere ogni tipo concepibile di calmanti e tranquillanti. E ci sono altri che lo sanno: due detective della narcotici sotto copertura.
Mentre era in tour nelle varie città, Elvis, con la sua passione per tutto ciò che ha a che fare con il lavoro della polizia, aveva spesso contatti molto stretti con i poliziotti locali. C'erano diversi detectives del Dipartimento di Polizia di Denver a cui Presley era particolarmente legato. Lo stesso Tom Parker aveva sempre avuto stretti contatti con i poliziotti di tutto il paese. Se la città interessata permetteva ai poliziotti di lavorare in nero, lui spesso li reclutava per aiutarli nel lavoro di sicurezza, pagando esattamente le stesse tariffe della città. Questa pratica promuoveva sempre buone relazioni tra l'entourage di Presley e la polizia locale. I detectives che Presley ebbe modo di conoscere a Denver gli presentarono alcuni poliziotti della narcotici sotto copertura che, in virtù del loro lavoro, rimarranno anonimi.
Red racconta: "Questi poliziotti di Denver - e Sonny e Dave possono confermarlo, sono i più acuti e professionali che puoi trovare in tutto il paese. Sono furbi e onesti. Beh, siamo stati a Vail ed Elvis in qualche modo si era procurato questa roba antidolorifica molto pesante, ovviamente con la ricetta. Non chiedetemi come l'abbia avuta perché non vogliamo fare nomi. A Denver ebbe un'infezione da un'unghia incarnita ed arrivò il medico della polizia, presentato da questi due poliziotti della narcotici che non sanno nulla delle abitudini di Elvis. Subito Elvis chiede un forte antidolorifico ma il medico della polizia non glielo dà e quest'ultimo mostra questa prescrizione che Elvis ha, ai ai poliziotti sotto copertura. Ovviamente essi sanno che era roba molto, molto pesante tanto che, appena vedono la ricetta, cominciano a farsi delle domande, notando che aveva alti e bassi. Dave Hebler ricorda che entrambi i detectives espressero le loro perplessità a lui e a Red: erano evasivi ma era ovvio che avevano capito. Non fu detto nulla ad Elvis che lasciò Denver per farci poi ritorno poche settimane dopo, nel febbraio1976.
Dave Hebler riprende la storia: "Andammo a Denver in un hotel. Questi due poliziotti sotto copertura volevano parlare con Elvis di quello che pensavano stesse succedendo: non eravamo in quell'hotel da nemmeno due ore quando all'improvviso Elvis ci disse che dovevamo andare a Las Vegas. Il motivo per cui se ne andò fu che la polizia gli aveva parlato di andare a disintossicarsi e che lui era in completo imbarazzo con loro perché erano agenti della narcotici e lui era strafatto di droga. Era fuori di testa e lo stava dimostrando proprio a loro".
Red West aggiunge: "Bisogna sottolineare che questi ragazzi hanno detto ad Elvis che nessuno l'avrebbe saputo; tutto sarebbe stato gestito nel migliore dei modi. Loro stessi avrebbero supervisionato questo processo di disintossicazione ma la sua risposta fu: 'Pensate che io ci sia cascato... Pensate che non possa occuparmene da solo.. Sono abbastanza forte per farlo. Sono abbastanza forte per uscirne". Questi poliziotti avevano visto tutte le pillole e non potevano vederlo in quello stato perché a loro piaceva molto. Provavano la stessa cosa che noi provavamo per lui: volevamo solo vederlo stare bene, tutto qui. Il più bel regalo che qualcuno potesse farmi era dirmi che Elvis Presley sia lo stesso di quando l'ho conosciuto, tempo fa. Molto di quello che è successo è stato tanto colpa nostra quanto sua, perché lo assecondavamo come un bambino".
Dave Hebler racconta: "Dio... Quell'uomo a volte si comportava come se fosse un bambino di due anni. A volte pensavi di stare badando ad un bambino. Non si può fare a meno di amarlo, ma ti fa incazzare così tanto..."
Ci fu un momento nel 1975 in cui Red, rischiando l'ira di Elvis, decise di fare un discorso a cuore aperto con lui su come era cambiato. Red lo trattò come se fosse il suo fratello minore, anche se Elvis aveva diciotto mesi più di lui.
"Quella notte aveva preso solo un tranquillante. Era difficile rimanere indifferenti a questa situazione. Voglio dire che io voglio molto bene a quel ragazzo: quella notte gli ho detto che tutta la merda che stava ingoiando aveva cambiato la sua personalità.
Gli ho detto che avrei voluto che tornasse come ai vecchi tempi. Ebbene, mi ha sorpreso moltissimo perché non ebbe nessuna reazione rabbiosda e disse solo: "Sì, sono d'accordo con te". E non aveva molto da dire quella sera. Così ho pensato di aver fatto una buona azione. Me ne sono andato con le lacrime agli occhi pensando che le cose avrebbero potuto essere diverse da quel momento in poi e i bei giorni di divertimento sarebbero ritornati".
"La mattina dopo mi sono alzato e lui era sul divano della suite dell'Hilton. Ho ordinato la colazione per lui. Sapevo che qualcosa lo preoccupava: lo potevo vedere dalla sua faccia. Si stava preparando a qualcosa. Esclamò, da solo ma chiaramente rivolgenosi a me: "Allora, non sono più me stesso, eh? Dannazione. Non voglio sentire tutte queste stronzate... Vorrei che la gente restasse fuori dalla mia vita privata. Voglio fare quello che cazzo mi pare. Non ho bisogno che qualcuno mi faccia la predica".
"A quel punto andai in cucina perché ero talmente arrabbiato che sferrai un pugno al frigorifero. Elvis mi disse: "Perché pensate che vi abbia dato tutti questi regali ? È per compensare l'inferno che vi ho fatto passare, per il lavoro che fate. Ecco perché vi faccio questi regali". Ho risposto: 'Sì, ma il discorso che abbiamo fatto ieri sera non significa niente, giusto? Ti è entrato da un orecchio e mi è uscito dall'altro ?". E lui rispose: 'Farò quello che voglio fare'. Da quel momento non ho mai più parlato con lui della storia della droga".



A Las Vegas, le voci su Elvis Presley circolavano velocemente: è una piccola città e i segreti sono difficili da mantenere. Alcune delle voci erano vere per metà; molte erano oltraggiosamente imprecise ma i ragazzi fecero del loro meglio per mantenere le voci al minimo. Sonny West ricorda una volta in cui c'era un'illazione che circolava la quale non era lontano dalla verità. Tuttavia, sentiva che era il suo compito di prendere tutte le misure necessarie per metterla a tacere.
"Jackie Wilson, il cantante, era un nostro buon amico. Era un tipo molto simpaticoe le persone che lavoravano per lui erano molto vicine a noi. Uno dei ragazzi che lo conoscevano mi chiamò e mi disse che c'era qualcosa di cui voleva parlarmi. Beh, sono andato al Flamingo Hotel dove Jackie stava suonando, e questo tizio che conosceva Jackie mi presentò due ragazzi: erano di New York, non so se mi spiego. Questo accadeva alla fine del 1973, ed Elvis riceveva molti massaggi da un tizio che lavorava per uno degli hotel. Non dirò quale hotel perché questo lo identificherebbe. Questo tizio riceveva una mancia di cento dollari da Elvis ogni volta che lo massaggiava. Inoltre, Elvis firmava un documento ed era in triplice copia. Questo tizio non solo veniva pagato e dava la mancia ma aveva uno schema col quale presentava il conto due volte, finché non lo scopriii, quel truffatore... Chiamerò questo tizio 'Big Bill' (che non è il suo vero nome). Sembra che uno di questi ragazzi di New York fosse venuto a farsi fare un massaggio, e questo Big Bill comincia a dire che ha massaggiato Elvis Presley e che è un capo [drogato]. Io pensai che se Big Bill disse tutto questo questo a un perfetto sconosciuto, a quante persone potrebbe averlo detto? Beh, il tizio conosceva Jackie Wilson dice che me lo sta raccontando perché sa quanto Jackie ami Elvis e io lo ringraziai per il suo interessamento. Uno dei ragazzi di New York mi dice: 'Come vuoi gestire questa cosa? Se hai qualche problema, chiamami che me ne occupo io".
Io non volevo niente di tutto ciò... La faccenda si stava facendo troppo pesante. Ma dovevamo far tacere quel tipo. Ebbi il numero di telefono di Big Bill e lo chiamai dicendogli 'Tu non mi conosci: hai sparato a zero su una certa celebrità che ti dava una cento dollari di mancia e hai parlato troppo di lui... Smettila, amico, o te ne dovrai andare'. E riagganciai il telefono. Stavo agendo per conto mio e non ho mai detto a lui di questa cosa: non sarebbe servito farlo incazzare su una faccenda che potevo gestire personalmente".
Red dice che spesso Elvis faceva delle cose per testare la lealtà di una persona.
"Ricordo", dice Red, "una volta eravamo in un hotel in Colorado, e lui chiamò la mia stanza dicendomi di andare da lui perché c'era qualcosa di cui voleva parlarmi. Beh, sono arrivato subito nella sua stanza ed Elvis era sdraiato sul pavimento. Ho pensato: "Oh, beh, si è appena colpito con qualcosa. Così l'ho spogliato e l'ho messo a letto. L'ho solo sollevato l'ho messo a letto e l'ho coperto. Ma più tardi mi venne da pensare che quando mi ha parlato al telefono, parlava come se stesse bene, come se
non avesse preso niente e sono arrivato in quella stanza in meno di un paio di minuti; nessuna droga ti farebbe male in quel modo così veloce. Allora ho sospettato che lui non fosse addormentato o fuori di sé. Era completamente sveglio e stava solo fingendo per vedere come l'avrei gestito. Ci ha messo alla prova un sacco di volte in questo modo. Voleva sempre sapere se gli eravamo davvero dedicati... Naturalmente in quei giorni, tutti noi lo avremmo accontentato in qualsiasi modo".


-FINE CAPITOLO 16-
[Modificato da marco31768 09/10/2021 20:46]
09/10/2021 20:45
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CAPITOLO 17

Non importa quante donne Elvis Presley abbia avuto in passato e non importa quante ne avrà in futuro poiché è chiaro che c'è solo una donna per la quale avrà sempre una forte attrazione: quella donna è la minuta e sofisticata Priscilla Beaulieu Presley. Entrambi nutrivano un reciproco amore genuino e, anche se lei lasciò Elvis per un altro uomo, nessun altro ebbe un'influenza così duratura nella sua crescita come lui.
Elvis, praticamente "crebbe" Priscilla da quando era una studentessa quindicenne fino alla loro separazione, culminata in un'esplosione di rabbia, egoismo ed incomprensioni. Le fans più giovani del cantante, spesso, teorizzavano che alla fine, quando Elvis avrebbe avuto sessant'anni e Priscilla cinquanta, dopo una vita da separati, avrebbero potuto riunirsi. Non era una teoria del tutto bizzarra in quanto c'era un incredibile legame di lealtà tra i due e c'era da considerare anche la loro bellissima figlia. Nessuno dei due avrebbe permesso di sentire cose che andavano contro di loro.
Elvis conobbe Priscilla in Germania, negli ultimi mesi del suo servizio militare. Red ricorda: "Ero tornato a Memphis prima di Elvis. Stavo causando un po' troppi problemi nei bar quindi me ne andai subito dopo una rissa nel Beck's Beer Bar con un bullo che chiamavano 'Mexican Bull'". Uno dei clienti che assistette alla vera e propria demolizione di Red del "Mexican Bull", quella notte, era Joe Esposito, l'arguta recluta di Chicago che più tardi si sarebbe unito al gruppo di Elvis Presley e sarebbe diventato "uno dei ragazzi". "Diamond Joe" rimase impressionato dall'azione di Red e negli anni successivi era fin troppo felice di lasciarlo a capo della "Guardia del corpo reale". Elvis tornò a Fort Dix, New Jersey, il 3 marzo 1960. Tom Parker aveva attizzato il fuoco della pubblicità a proporzioni isteriche: nel giro di una settimana, Elvis sarebbe ritornato a Graceland, abbandonando gli stivali dell'esercito per le scarpe di camoscio blu. Red, che all'epoca si trovava a Los Angeles a scrivere canzoni, tornò presto alla mecca di Presley a White Haven.
"Aveva una ragazza all'epoca", dice Red, "e non farò il suo nome perché quello che Elvis ha detto a tutti noi potrebbe metterla in imbarazzo. Ma disse: 'Era ora che mi trovassi una ragazza un po' più sveglia'. Non sapevamo cosa volesse dire, ma dopo un po' continuò a parlare di questa ragazza, Priscilla, che aveva conosciuto in Germania dopo la mia partenza. Quando mi disse che non aveva ancora quindici anni, mi è quasi venuto un infarto. Mi ha assicurato che questa ragazza era diversa, molto diversa dalla media di quelle di Memphis. Io gli credevoi. Priscilla gli era stata presentata da un tizio dei servizi speciali di nome Curry Grant. Elvis cominciò a parlare sempre di più di questa ragazza con il passare dell'anno e credo che le abbia anche scritto una lettera, cosa che è quasi inaudita per Elvis. Stavano succedendo un sacco di cose: iniziammo i nostri programmi cinematografici, a partire da G.I. Blues, e portavamo sempre le ragazze da lui: era ancora un po' timido nel fare il primo approccio. Ma tornava sempre a parlare di Priscilla".
"Ci divertivamo molto in quei giorni a Memphis: Sonny si era unito alla banda ed eravamo al Wimpy Adam sugli auto-scontri e sulle montagne russe; pattinavamo come pazzi sulla pista Rainbow".
Nonostante le molte donne che Presley frequentava, fece diverse telefonate interurbane a Priscilla. A , Red, Sonny, Lamar Fike, Charlie Hodge, suo cugino Gene Smith, Alan Fortas, e al nuovo arrivato Joe Esposito, sembrava che il loro capo fosse finalmente innamorato. Elvis fece in modo che Priscilla, figlia di un capitano dell'Air Force che sarebbe poi diventato colonnello, andasse a trovarlo nel Natale del 1960: lui stesso voleva vedere se era davvero innamorato o se era stato colpito da una fresca e bella studentessa.
Sonny era a Graceland in quel momento. "Elvis andò all'aeroporto da solo per salutarla", dice, "e tutti i ragazzi erano nel salotto di Graceland. Quel pomeriggio, poco prima di Natale, i due entrano in casa: lei era tutto quello che Elvis aveva descritto, sembrava avere molto più di quindici anni, ma non nella maniera negativa della cosa: insomma, aveva un aspetto molto maturo. Era stata una bambina nell'esercito e aveva vissuto ovunque. Lei non sapeva nulla degli uomini, non aveva alcuna esperienza con loro, per quanto ne so, ma sembrava tanto matura quanto tutti noi messi insieme. Elvis aveva preso accordi con il padre di Priscilla affinché sua figlia sarebbe stata a casa di Vernon che viveva con Dee in un'altra casa, di fronte al retro di Graceland.
Per tutto il tempo che rimase lì, circa due settimane, fu una cosa tranquilla: cene a casa, piccole feste con i ragazzi e credo che siamo andati al parco dei divertimenti e al cinema. Priscilla era una ragazza molto semplice: aveva una bella risata, non era soggiogata da Elvis e dai ragazzi, né era arrogante. Era semplicemente giusta ed un uomo si adattava perfettamente. Non c'era dubbio che Elvis si fosse trovato una grande ragazza".



Dopo che Priscilla tornò in Germania, Presley fece un sondaggio tra i ragazzi: erano i primi giorni della Mafia di Memphis e tutto era molto più democratico di quanto sarebbe stato negli anni a venire. I membri dell'entourage non dissero quello che che Elvis voleva sentir dire, tuttavia erano tutti d'accordo sul fatto che Priscilla fosse la cosa migliore dopo il pollo fritto. Presley rimase molto colpito dalla loro reazione. Sonny ricorda che Elvis decise che non poteva continuare a vivere negli Stati Uniti se lei sarebbe andata a vivere in Germania con i suoi genitori.
"Cominciò a prendere accordi", dice Sonny, "per farla tornare negli Stati Uniti. Passò molto tempo a parlare con suo padre al telefono. Il capitano Beaulieu era uno piuttosto intelligente: non avrebbe lasciato che sua figlia se ne andasse e si mettesse con un sex symbol, come se niente fosse. Elvis disse a suo padre che aveva bisogno di lei, che l'amava e che l'avrebbe rispettata in ogni modo ed anche che il padre voleva che fosse rispettata. Gli disse che l'avrebbe sposata, un giorno, e si impegnò a mandarla a scuola. Diceva che Priscilla era quella che voleva, perché pensava di meritare qualcosa di meglio delle ragazze che frequentava a Hollywood".
Elvis Presley alla fine conquistò il capitano Beaulieu. Fu deciso che Priscilla avrebbe vissuto con Vernon e Dee e che Elvis l'avrebbe mandata a scuola. I ragazzi erano tutti all'aeroporto per incontrarla, quando arrivò, e Sonny ricorda che era ancora più bella di quanto l'avesse vista tempo prima. Red la vide poco dopo.
"Ero in cucina a Graceland e l'ho vista lì -wow- bellissima ! Mi piaceva molto la sua semplicità: ti sentivi a tuo agio con lei. Sembrava molto più adulta di quindici anni e parlava in modo molto sofisticata".
Priscilla era cattolica, così Presley la fece iscrivere alla scuola dell'Immacolata Concezione, che si trovava all'angolo tra Park e Lamar Avenue. I ragazzi la chiamavano "Virginity Row". All'inizio dei suoi giorni di scuola, Presley l'accompagnava spesso a scuola con una delle sue numerose macchine; per il Sud, a quei tempi, era una cosa un po' bizzarra, quel rapporto, ma ci furono pochissimi commenti sulla stampa. Ancora una volta la mano esperta del Colonnello Tom Parker si fece sentire e gli stessi Red e Sonny sono ancora meravigliati di come la stampa non abbia fatto molto chiasso sulla storia d'amore. Anche le riviste per i fans ci andavano piano: il colonnello Tom convinse tutti che Priscilla viveva con Vernon e Dee e che tutto era assolutamente alla luce del sole.
Non appena Priscilla fu abbastanza grande per guidare, Presley le comprò prima una Corvair e poi una Chevy coupé sportiva color lavanda. Viveva in una villa, aveva un'ottima istruzione, tutto il denaro che le occorreva, ed aveva per lei il sex symbol di più famoso del mondo. Cosa poteva volere di più? Con il passare degli anni e lo sviluppo della sua personalità, Priscilla scoprì che c'era molto di più nella vita che le ricchezze in quanto si rese conto di essere come una prigioniera virtuale in una gabbia dorata.
Elvis Presley tenne sempre Priscilla su un piedistallo. "Priscilla poteva avere tutto quello che voleva ma la cosa che desiderava di più era Elvis. Negli ultimi due anni in cui erano insieme, lui era lontano l'ottantacinque per cento del tempo. Lei non lo vedeva per sette settimane consecutive. Poi passavano il weekend insieme e lui se ne andava di nuovo. Lei poteva comprare tutti i vestiti e gioielli che voleva ed Elvis non avrebbe detto una parola, ma lei desiderava questo: non era una spendacciona, anrebbe voluto solo una vita normale. Ma verso la fine, la vita di Elvis consisteva nello stare a letto tutto il giorno. C'erano volte in cui non lo vedevamo per una settimana. Se ne stava in quella stanza a prendere tranquillanti, a guardare la la televisione a circuito chiuso che aveva. Priscilla non voleva quel tipo di vita: desiderava fare qualcosa, uscire e godersi la vita. Non voleva stare tutto il giorno in una stanza d'albergo o nella camera da letto di Graceland a dormire".
Agli inizi, Elvis Presley aveva moltissimavitalità, anche se era aiutato da saltuarie iniezioni di Dexedrine. Aveva una bella voglia di vivere che non sembrava mai essere soddisfatta, corteggiava diverse donne a Hollywood e lo faceva anche a Memphis.
La Memphis Mafia bazzicava la stanza sul retro di un posto chiamato Chennaults. Era appositamente delimitata per loro e c'era molta "azione". Red ricorda che a Presley non importava nulla che le sue varie fidanzate sapessero l'una dell'altra. "Ma stava sempre attento a non fare trapelare nulla a Priscilla".
"Più tardi, quando i gossip hanno iniziato a diffondersi, lui negava apertamente e bollava tutto come "bugie". Era molto convincente perché nel momento in cui i giornalisti scrivevano riguardo ad una ragazza che frequentava, Elvis tornava a Memphis ed affermava che i giornalisti lo "avevano fatto uscire con una ragazza" mentre lui era con Priscilla. Quando lei era più giovane, credo che lei non sapesse di queste cose ma più tardi lo capì. Nei giorni duramnte i quali Elvis era con Priscilla, era molto attento ed affettuoso".
Quei primi tempi a Graceland sono considerati i migliori anni nella vita della mafia di Memphis. Presley guadagnava fino a tre milioni di dollari all'anno e ne spendeva molti per il divertimento suo e per quello dei ragazzi. Red e Sonny ricordano quegli anni prima che lui sposasse Priscilla come il "periodo da cowboy" di Presley. Fu l'inizio di alcune bizzarre abitudini di shopping.
"Beh", dice Red con una certa nostalgia nella sua voce, "cominciò con Elvis che comprava un cavallo a Priscilla. Lei non aveva nessuno con cui cavalcare, così Elvis comprò un cavallo a sua cugina Patsy , così le due potevano cavalcare assieme. Poi se ne comprò uno anche lui. E quando vide noi che li guardavamo con nostalgia, decise che tutti noi avremmo dovuto avere dei cavalli. Comprò un cavallo ad ognuno di noi".



Graceland misurava solo tredici acri e quando una volta Red investì accidentalmente Presley a cavallo e gli slogò lo sterno, Presley decise che era il momento di trovare un posto speciale per quell'hobby in modo che potessero cavalcare senza investirsi a vicenda. Trovò un bel posticino oltre il confine del Mississippi, non troppo lontano da Graceland. Era una bella tenuta di centocinquanta acri, di proprietà di un allevatore locale di nome Jack Adams. L'aveva pagata più di mezzo milione di dollari. Aveva uno scintillante lago con affluenti che vi scorrevano e ponti pittoreschi...
"Elvis", dice Red, "decise che tutti noi dovevamo avere cappelli da cowboy e che dovevamo diventare allevatori. Dovevamo avere del bestiame, così lo comprò: non sapeva quanto valesse ma era davvero bestiame di prima qualità. Ogni ranch deve avere un camion, così comprò un camion Dodge. Quindi cominciò a comprare camion per tutti e tutti i ragazzi avevano tutti questi camion da ranch. Rancheros, macchine fotografiche, El Caminos, credo che Sonny si ricordi il prezzo: novantasettemila dollari
di camion in un solo acquisto tanto che quando si sparse la voce, c'erano venditori di camion in fila, fuori dal ranch. Lui chiamò il ranch Rising Sun. Fuori dal posto c'erano tutti i tipi di venditori del mondo. Noi cercavamo di impedire di uscire dal ranch, a meno che uno di noi fosse con lui, perché sicuramente Elvis avrebbe comprato qualcosa da loro in contanti. Firmava e diceva, 'Dai il conto a papà".
Sonny continua: "Alan Fortas mi raccontò un aneddoto divertente: erano davanti al ranch con tutti questi venditori di camion. Elvis uscì ad Alan e cominciò a guardare tutti questi camion dicendogli 'Scegliete pure'. Alan risponde: 'Ma "E, ne ho già uno". Elvis guardò di fronte a lui, dove era presente un venditore (Elvis non sapeva in realtà chi fosse quel tipo): 'Beh, daglielo,' e Alan gli disse, pazientemente: "Ma anche lui ne ha uno". "Allora Elvis guardò Alan come se fosse pazzo e rispose: 'Beh, diavolo, amico, trova qualche figlio di puttana a cui darlo".
"Andava avanti così tutto il tempo: gli mostravi qualcosa e lui l'avrebbe comprata per qualcuno. E non si fermava lì".
La mafia di Memphis, dieci persone guidate da Red e Sonny, stavano al ranch tutto il giorno, andando sui loro cavalli, scorrazzando con i camion del ranch, tenendosi alto il morale con le pilloline bianche che Elvis Presley dispensava generosamente. Ma la tragedia era che la sera dovevano tornare a casa e lasciarsi alle spalle questo favoloso paese dei balocchi.
Red racconta: "Elvis, quando era al ranch, stava in questo cottage di mattoni molto bello e confortevole nell'angolo nord-ovest. Per qualche motivo, uno dei venditori che stava fuori riuscì a vendergli una roulotte ma non una roulotte normale: una bella roulotte con tre camere da letto che era più una casa che altro. A quei tempi, a metà degli anni '60, credo che costasse più di 15.000 dollari. Bene, da quel momento tutti noi avevamo una roulotte: in poco tempo aveva comprato otto rimorchi, ad un
costo enorme. Poi fece venire un tizio a mettere il cemento sotto di loro e a collegare le linee del gas per renderle permanenti".
"Restammo al ranch per giorni e giorni. Alcuni di noi portarono le loro mogli. Era davvero sensazionale. Correvamo con i cavalli tutto il giorno, giocavamo al tiro al bersaglio con tutte le sue pistole. Elvis aveva un bellissimo cavallo palomino dorato che chiamava Sun, e vederlo tutto gonfio in sella a quel cavallo era come guardare Lee Marvin in Cat Ballou".
Racconta Sonny: "Elvis voleva che noi avessimo un posto dove potersi divertire e non essere disturbati da nessuno. Voleva avere una specie di Giardino dell'Eden, una comunità ideale. Era molto felice lì e lo eravamo anche noi".
Red ricorda che dopo la follia dell'acquisto del cavallo, del camion e del rimorchio, Presley decise che aveva bisogno di un trattore. All'inizio prese un piccolo trattore ma non era abbastanza potente. Poi acquistòun trattore agricolo.
"Mettevamo una sella sul trattore e lo guidavamo come pazzi. Spesso un cavaliere veniva disarcionato dalla sella e tutti dovevamo correre dietro al trattore, che improvvisamente era diventato una macchina in fuga senza conducente. Eravamo tutti gonfi e un po' pazzi, ma non c'era niente di brutto. Se mai siamo stati discepoli di Elvis, è stato durante quel periodo appena prima che sposasse Priscilla. Priscilla sembrava amare l'azione e le piacevano tutti i ragazzi".



Nel luglio del 1961, Red sposò sua moglie Pat. "Elvis venne al matrimonio con mezz'ora di ritardo, e anche allora arrivò con due pistole nella cintura", dice Red. "Ma tutti noi pensavamo che fosse un po' uno scherzo. Qualsiasi cosa facesse, noi ridevamo".
Le spese folli non si sono mai fermate, con Presley che ha sempre pagato in contanti. "Il suo vecchio, Vernon, si sentiva male quando spendeva così ma Elvis rideva e diceva: "Diavolo, ci sono molti altri soldi in giro".
A differenza di altri intrattenitori, Presley non ha creato per se stesso alcun rifugio fiscale di lusso. Ha sempre lasciato che l'Internal Revenue Service elaborasse la sua dichiarazione dei redditi ed è stato probabilmente il più grande singolo contribuente del paese. Red ricorda che Elvis si è sempre meravigliato del caso di Joe Louis, il pugile che guadagnò milioni di dollari e si è svegliò una mattina per scoprire che, non solo era al verde, ma doveva anche una fortuna all'Agenzia delle Entrate.
"Questo non succederà a me, amico", diceva sempre Presley. "Devi capire che mentre si faceva un gran parlare di Elizabeth Taylor che riceveva un milione di dollari, Elvis lo riceveva per la maggior parte dei film che faceva", dice Sonny. "Quei soldi si stavano accumulando in quel maledetto conto in banca. Elvis non riusciva a spenderli abbastanza velocemente".
Un sacco di spese folli seguivano una serie di assunzioni di pillole. Dice Red: "È come una compulsione che brucia dentro di lui" - come quando Elvis iniziò a comprare un cavallo e finì per comprare il ranch. Quando i ragazzi non erano al Rising Sun o a Graceland, frequentavano con il loro capo Hollywood, mentre girava i film. Nel 1966, Presley portò la sua banda a Los Angeles e affittò un posto enorme a Rocca Place, a Bel Air. Priscilla rimaneva con lui di tanto in tanto, tra un viaggio e l'altro, a Memphis. Una notte in particolare, Sonny stava accompagnando Presley nella sua Rolls-Royce fatta su misura. "Stavamo tornando a Rocca Place ed era una di quelle belle notti", dice, "calde e limpide. Improvvisamente dal nulla Elvis dice: 'Questa sarebbe una grande notte per guidare una decappottabile'. Bang, e fu così. Gli era venuto in mente di comprare una decappottabile lì per lì. Mi disse di andare alla Hillcrest Motor Company, tra Wilshire Boulevard e Beverly Hills. Vediamo una bellissima Cadillac decappottabile nera ma Elvis aveva in mente una "baby blue". Il concessionario non ne aveva una, ma ci indirizzò da un altro collega, Lou Ehlers, più giù sulla Wilshire, vicino a Fairfax. Elvis s'incamminò verso all'ufficio vendite mentre io parcheggiavo la macchina al che, uscendo dall'ufficio, mi si avvicinò mentre passavo davanti a questa Eldorado decappottabile nera scintillante. Elvis mi disse: 'Cosa ne pensi di questa, Sonny?' dissi: 'Dio onnipotente, è bellissima, è bellissima'. Era lucida e luccicava alla luce della notte e pensai che forse era quella che aveva scelto di comprare. Mi allungò un mazzo di chiavi dicendomi "È tua". Mi tirai indietro dicendo 'Non se ne parla, capo, non se ne parla. Oh, no. Non voglio che tu lo faccia". Elvis continuava a ridere e a dire: 'Dai, Sonny, voglio farlo. Dai, Sonny, voglio dartela". Gli dissi - e riuscivo a malapena a parlare perché mi stavo emozionando sempre di più e avevo le lacrime agli occhi. 'Sembra che tu dia sempre delle cose a noi, noi prendiamo sempre senza mai dare nulla in cambio. Elvis mi rispose: 'Stai dando quando non sai che stai dando'. Te la meriti'. "Alla fine l'ho accettata. Era una bellissima macchina. Elvis allora cancellò la sua cabriolet blu e ne prese una nera. 'Immagino che una blu sarebbe stato bella ma un'auto dovrebbe essere sempre nera o bianca". Elvis era uscito dalla fase rosa e voleva solo neri o bianchi".
Tutti i ragazzi erano d'accordo con lui, ed era meglio così, perché il giorno dopo giorno si scatenò di nuovo l'inferno: comprò a Red una Eldorado nera convertibile; ad Alan Fortas una Cadillac cabriolet; aJerry Schilling una Cadillac cabriolet bianca; a Larry Geller, il parrucchiere, una Cadillac bianca convertibile; a Richard Davis, il suo valletto, una Cadillac bianca decappottabile; a Marty Lacker, che aiutava Joe Esposito come caposquadra della banda, una Cadillac berlina a quattro porte, e a Joe
Esposito una Cadillac decappottabile marrone".
Presley le pagò in contanti, distribuendole come se stesse regalando autografi. Il giorno dopo a Rocca Place, ricorda Sonny, ci fu il caos. "Tutti parlavano delle loro auto. C'erano dei tipi tosti, ma quel giorno vidi una lacrima di emozione in ognuno di loro.
In questa occasione non credo che sarebbe giusto dire che Elvis ha distribuito tutti quei regali perché era imbottito di pillole. Era un gesto genuino e generoso, un bellissimo gesto. Ricordo che disse 'Amico, quando eravamo tutti ragazzi poveri a Memphis, non c'era uno di noi che non dicesse che un giorno avremmo avuto una Cadillac decappottabile. Era il nostro sogno. Bene, ora il nostro sogno si è avverato". Quando ci ripenso mi viene ancora da piangere, perché era davvero generoso".




-CONTINUA-
10/10/2021 20:44
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CAPITOLo 17 - continua-

Prima delle Cadillac c'erano le motociclette e questo significava che tutti passavano attraverso la fase delle moto. Ne comprò dodici: il negoziante era così meravigliato che chiese un numero di telefono a cui richiamare perché pensavano che l'ordine potesse essere un imbroglio. Oltre alle moto, ElvisPresley comprò anche un autobus Greyhound personalizzato per tutta la banda. Durante tutto questo tempo, naturalmente, Priscilla Beaulieu non solo stava crescendo ma stava diventando una donna matura, una che non era non si accontentava di essere la ragazza di Elvis Presley. Voleva il matrimonio. I suoi genitori chiamavano Presley per chiedergli gentilmente se intendeva comportarsi onorevolmente in quella situazione. Anche il colonnello Tom Parker non era molto contento: finora aveva manipolato la stampa meravigliosamente, ma quanto sarebbe durato? Per il bene di tutti, il colonnello voleva il "suo ragazzo Elvis" e Priscilla come marito e moglie.
Elvis aveva una lunga serie di storie d'amore con attrici conosciute e non e sia Red che Sonny ricordano di aver ascoltato diverse accese discussioni tra Elvis e Priscilla.
Red dice. "Litigavano, come ogni coppia normale, ma lei aveva il sospetto che lui andasse con altre donne, pur non avendolo mai colto sul fatto. Priscilla non era intenzionata a farsi prendere in giro, ve lo assicuro".
Sonny ricorda una gran lite nella casa di Bel Air, a Rocca Place. "Era più o meno lo stesso periodo in cui Elvis ci comprava auto e tante altre cose. Ho sempre avuto la sensazione che nei primi tempi Priscilla, pur non dicendo mai nulla, non voleva che Elvis passasse più tempo con noi ragazzi che con lei. Questa discussione fu esemplare: Elvis stava farneticando mentre lei urlava; noi eravamo a circa tre camere da letto di distanza ma si potevano sentire i mobili e le cose che cadevano dappertutto. Elvis uscì dalla camera abbastanza calmo per essere in una lite e disse tranquillamente: 'Le ho solo detto di impacchettare tutta la sua roba e di andarsene fuori dai coglioni'. Poi rientrò ad "aiutarla" a fare le valigie, gettando i suoi vestiti sul pavimento; Priscilla continuò a fare i bagagli ma ad un certo momento Elvis rientrò esclamando: ''Ora disfa tutto, dannazione, non andrai da nessuna parte'. Più tardi ci disse che 'le donne possono prenderti per le palle !'".
"Poteva far sentire una persona molto insicura con questo genere di cose; lo faceva sempre con noi, facendoti pensare che non eri così importante per lui come pensavi di essere... Era una sorta di psicologia inversa".
Sia Red che Sonny credono che in qualche modo Elvis, tenesse Priscilla fuori equilibrio in modo che si sarebbe abituata a tutto questo quando si sarebbero sposati. Non c'è alcun dubbio nella mente di nessuno dei due uomini che Presley avesse intenzione di sposarsi, anche se, come la maggior parte di chi era nella sua situazione, non aveva molta fretta. I ragazzi non si avvicinarono mai veramente a Priscilla: non che lei fosse scostante perché la ragazza era estremamente piacevole, ma rispettavano la sua posizione de inoltre non volevano esagerare la loro già presenza invadente ad una donna che forse non poteva essere biasimata se voleva di più Elvis Presley per sé.
Inoltre i ragazzi si stavano divertendo davvero tantissimo.
"Quando Elvis prese possesso di Graceland", dice Red, "c'era un rituale che ogni anno nuovo e ogni 4 luglio, riguardante gli spettacoli pirotecnici. In realtà, erano vere e proprie guerre di fuochi d'artificio".
Presley divideva i ragazzi in due parti, li vestiva con guanti, caschi da football e da moto, li metteva a circa venti metri l'uno dall'altro e lasciava volare i fuochi d'artificio. Red e Sonny si meravigliano che nessuno si sia mai ferito seriamente, perché usavano veri e propri arsenali l'uno contro l'altro, sparandosi a bruciapelo per ore.
"Una volta toccai, dal di dietro, dei razzi in fiamme e mi bruciai il culo a metà" dice Red con una risatina. "Ho visto Elvis piegarsi su un razzo gigante ed esplodere quel coso mentre con lui sopra, facendo quasi saltare la sua stupida testa. Sonny porta ancora oggi una cicatrice sul petto dove uno di noi ha cercato di soffiare un razzo su di lui. Le candele romane ci scoppiavano in mano... La casa prese fuoco due volte durante queste battaglie e una volta Sonny dovette buttare giù un muro con una mazza".
Vernon Presley guardava con qualche perplessità, per usare un eufemismo. "Rimaneva a bocca aperta per l'orrore di fronte alle nostre buffonate", dice Red, "ma Elvis si divertiva e basta. Qualunque cosa accadesse, diceva: "Dai il conto a papà" ed ecco che il povero Vernon diventava bianco. Il vecchio era piuttosto tirchio mentre Elvis non ha mai pensato al prezzo di nulla. Era esilarante vedere Vernon portarsi le mani alla testa quando vedeva le spese, i danni e lo spreco e dire: "Oh, Signore". Sapeva essere un tipo molto divertente senza volerlo".
Durante una di quelle notte di guerre coi fuochi d'artificio, quando tutti, compresa Priscilla, erano in piedi intorno alla cucina, Vernon era la star dello spettacolo. Red ricorda che Elvis aveva comprato delle piccole palline esplosive.
"Erano cose che si lanciavano per terra e che esplodevano. O le mettevi sotto i piedi di qualcuno, e quando lo calpestavi, esplodevano. [in Italia sono note come "castagnole", "botte" o "nacchere", n.d.t.] Vernon entrò in cucina e vide una piccola ciotola di queste cose sul tavolo: assomigliavano un po' alle caramelle M&M's. Vernon, in piedi, stava parlando con noi e se le è buttò in bocca, pensando che fossero caramelle. Beh, amico, avresti dovuto vederlo: cominciò a masticare queste piccole cose che gli esplosero in bocca ! Che faccia ha fatto... Prima ci furono le piccole esplosioni e poi iniziò ad uscire del fumo dalla sua bocca... Ci accertammo che non si fosse ferito gravemente e poi scoppiammo a ridere. Ancora oggi quando penso a quella scena, mi viene da ridere; lo stesso Vernon racconta, a volte, questa storia ed ascoltarla raccontata da lui, è ancora più divertente. Quella sera rimase in piedi accanto a quella ciotola per tutto il tempo, cercando farci cascare qualcun altro, ma non ci riuscì".
Le guerre dei fuochi d'artificio, come il luna park e la pista di pattinaggio, erano opportunità per realizzare le fantasie adolescenziali che Presley non avrebbe mai potuto permettersi quando era bambino. Una di queste fantasie, secondo Red, è la compulsione di abbattere o distruggere qualcosa.
"Mi ricordo dopo che ci trasferimmo tutti a Graceland e alla fattoria oltre il Mississippi, c'era una bella e ordinata casa di legno, con tre camere da letto, costruita nell'angolo nord-est di Graceland. Ci viveva suo zio Travis Smith, il guardiano. Beh, non appena Elvis acquistò per tutti le roulottesi, si mise in testa che avrebbe cancellato il cottage dalla faccia della terra. Non c'era motivo per farlo perché era una casa davvero bella, ma Elvis disse che doveva sparire".
Elvis montò sul suo piccolo bulldozer ma fu ovvio che non poteva fare quel lavoro da solo, così saltò su un bulldozer più grande.
Red ricorda: "Io saltai sopra su quello piccolo ed Elvis su quello grande: si mise un casco da football per proteggersi. Ricordo questo giorno perché Vernon Presley era seduto sul portico in una sedia a dondolo, appisolato. Elvis mise in moto il bulldozer e gridò a Vernon, 'È meglio che ti sposti, papà: sto per buttare giù quella maledetta casa'. Ancora una volta, Vernon fece una di quelle facce del tipo 'Oh, Signore', ma non disse niente perché, quindi si alzò e si spostò. La casa e stava bruciando come all'inferno ed Elvis la ciontinuava a colpire per distruggerla. Ad un certo punto guardai dietro e mi accorsi che il figlio di puttana mi stava spingendo nella casa in fiamme, ridendo a crepapelle. In meno di un'ora abbiamo demolimmo l'intera struttura fino a farla cadere nel seminterrato, ancora in fiamme. All'improvviso sentimmo un'autopompa e subito dopo vedemmo un pompiere infilare la testa oltre la recinzione, chiedendoci cosa diavolo pensavamo di fare. Elvis lo guarda come se avesse ascoltato una domanda stupida e rispose: 'Stiamo bruciando una casa'. E il tipo dice, 'Come hai fatto?' ed Elvis risponde, 'Con un dannato fiammifero'. Il pompiere volle sapere perché Elvis non avesse informato i vigili del fuoco riguardo al nostro piccolo incendio ed Elvis terminò la discussione dicendogli "Vaffanculo". Quella fu la fine della casa e della discussione. Le sue fantasie erano state appagate".
Dave Hebler ricorda che Presley gli aveva parlato molte volte di una fantasia simile: "Mi disse che una cosa che gli sarebbe piaciuta molto era quella di avere una di quelle grandi gru con una grande palla da demolizione per abbattere un enorme edificio. Gli piace avere il potere di costruire e distruggere a suo piacimento".



Ovunque si trovassero, Elvis Presley e la mafia di Memphis stavano mettendo in atto i sogni d'infanzia che avevano coltivato per anni. Finalmente c'erano soldi, case, cavalli, macchine, trattori, fuochi d'artificio e pistole per rendere tutto una realtà. Tutti andavano d'accordo come una famiglia felice, senza avere grosse discussioni. Elvis Presley aveva i suoi scatti d'ira e le sue eccentricità, ma quale superstar - allora o oggi - non ne aveva? All'orizzonte, tuttavia, si profilava l'inevitabile matrimonio.
Il colonnello Beaulieu e il Colonnello Parker dovevano fare a modo loro. Per Red West, il matrimonio scatenò la prima vera spaccatura tra lui ed Elvis.
"Accadde fra i due film tra i film 'Clambake' e 'Speedway': io vivevo a Beverly Glen a Los Angeles", racconta Red. "Facevo acrobazie e scene di lotta nei film per Elvis quando ci dissero del matrimonio. Come sempre in queste cose, ci fu una riunione, e fui chiamato a casa mia; ci dissero di prepararci ad andare a Las Vegas per questo evento. Volammo in quella città insieme a Marty Lacker e Joe Esposito che si occupavano del lato commerciale dei film per Elvis, Lamar, Charlie Hodge, Gene Smith, Richard Davis, Vernon e Dee. "Ci registriamo tutti all all'Aladdin Hotel. Portai mia moglie, Pat e ci sistemammo in camera per attendere notizie ma non si sapeva ancora nulla dopo diverse ore. Decisi allora, di andare nella stanza di Joe Esposito che mi apre la porta vestito con il suo smoking. Chiedo a Joe cosa sta succedendo. Come mai nessuno mi ha detto a che ora andare al matrimonio? Joe sembrò aver ingoiato una rana e mi rispose: "Voi non andrete al matrimonio. Andrete al al ricevimento. Io e Marty ci saremo, ma voi sarete tutti al ricevimento".
"Andai davvero fuori di testa. Non mi importava chi mi sentiva in quel momento perché ero davvero incazzato. Quell'uomo ci porta fino a Las Vegas e poi ci viene detto che non siamo invitati al matrimonio. Sospettavo che Joe e il Colonnello avessero organizzato tutto ed Elvis non fu abbastanza premuroso di assicurarsi di quello che stava succedendo. Ragazzi, ero arrabbiatissimo ! Tornai in camera, lo dissi a Pat e lei scoppiò a piangere. Non mi interessava andare ad un ricevimento io volevo essere lì nel momento in cui 'E' si sarebbe sposato. Pensavo fossimo molto più amici. Avevo le lacrime agli occhi e restai in quella dannata stanza, sentendo la notizia dell'avvenuto matrimonio in televisione. Elvis e Priscilla sono stati sposati da un giudice della Corte Suprema in una stanza all'Aladdin. Che calcio nei denti! Non mi recai al ricevimento. Volevo tornare subito su un aereo per Los Angeles ma non avevo neanche un soldo con me, così mi feci prestare 50 dollari da un gioielliere di Memphis che era venuto a portare l'anello. Il caso volle che l'aereo che presi fosse lo stesso volo nel quale era presente il resto degli invitati alla festa di nozze. Non dissi nulla a nessuno: Vernon e Dee erano sull'aereo ma non ci scambiammo nemmeno uno sguardo. Elvis era salito su un altro aereo di proprietà e pilotato da Danny Kaye, il comico ed andarono a Palm Springs per la loro luna di miele. Joe Esposito e Marty Lacker erano gli uomini migliori di Elvis: io non ho niente contro nessuno dei due ma in quel momento mi venne voglia di stenderli. Non potevo fare a meno di sentire che ci fosse una sorta di cospirazione dietro l'intera faccenda. Non so chi sia stato ad organizzare tutto cià, so solo che ero molto ferito. Sonny era a Los Angeles in quel periodo per lavorare a un film, e so che pensava che fosse un affare piuttosto schifoso. Sai, venendo dal Sud e visto che pensavo di essere importante per Elvis, per me era una cosa importante nella mia vita. Era come non essere invitato al matrimonio di tuo fratello. Dopo qualche giorni chiamai Charlie Hodge all'hotel dove alloggiavano tutti. In quel momento era presente anche Elvis e io, al telefono, urlavo: 'Chi ha organizzato questa dannata cosa, cosa è successo?'. Charlie non sapeva niente e ad un certo momento Elvis arrivò al telefono. "'Che diavolo sta succedendo, ragazzo?' Inizia così, e io gli urlo 'Che cazzo vuoi dire, ragazzo?' Dopo un po' ci siamo calmati e ci accordammo per riparlarne in un secondo momento. Fu da quel momento che per un periodo lavorai come stuntman nello show televisivo di Bob Conrad "Wild, Wild West". Ma tutto si è risolse e ci ritrovammo. Ero di nuovo sul libro paga. A quei tempi, nel 1967, credo di aver guadagnato circa duecentocinquanta dollari a settimana con Elvis".
Dopo aver lasciato Palm Springs, Elvis Presley decise di andare alle Bahamas per prolungare la luna di miele. Pensava che sarebbe stata un'altra Las Vegas ma quando arrivò lì non gli piacque. Era particolarmente disturbato da quella che credeva essere la situazione razziale, così andò alle Hawaii con Priscilla, Joe Esposito e Jerry Schilling. Elvis voleva andare in Europa ma il colonnello lo dissuase, perché non voleva togliere lustro a Presley se mai avesse fatto un tour in Europa. Mentre erano alle Hawaii, parteciparono ad un grande torneo di karate organizzato da Ed Parker, con il quale Dave Hebler lavorava. Nella competizione c'era un giovane isolano, campione esperto di karate: era un giovane, bello e sorridente, tranquillo nei modi, alto un metro e ottanta e dal peso di circa ottanta chili: il suo nome era Mike Stone. Elvis Presley lo incontrò e si congratulò con lui per la sua bella performance.



Dopo il suo matrimonio, Presley, pur essendo affettuoso e attento, fece tutto il possibile per tenere Priscilla lontana dai suoi luoghi di lavoro. Lei veniva di tanto in tanto sul posto durante i suoi film ma la giovane e bella superstar aveva un sacco di attività extra lavorative di cui occuparsi. Aveva una storia d'amore praticamente in ogni film.
"Dava alle ragazze il benservito quando c'era Priscilla", dice Sonny, "e le portava molto rispetto ma non c'è dubbio che Elvis volesse avere anche un'altra torta da mangiare. All'inizio di Las Vegas e anche al principio dei tours, spesso le mogli erano presenti: ad esempio a Las Vegas, su un impegno di quattro settimane, le mogli sarebbero venute per il weekend di apertura e poi ogni fine settimana fino alla chiusura. Forse, sarebbero rimaste a rilassarsi per qualche giorno dopo la chiusura. Priscilla era lì con le mogli e le fidanzate ma verso la fine del loro matrimonio, tra il 1971 e il 1972, Elvis ridusse la sua presenza in modo che le mogli e le fidanzate fossero presenti solo all'apertura e alla chiusura. Poi lo ridusse quei momenti anche all'apertura e c'erano volte in cui non portava Priscilla fuori del tutto. Quando Priscilla non veniva, nemmeno le altre mogli e fidanzate erano presenti. Nessuna donna, non importa con chi sia sposata, accetterebbe questo. C'erano volte in cui lui non la vedeva per forse sette settimane. Come può un matrimonio durare così ? Era uno stress anche per gli altri ragazzi. Il matrimonio di Joe Esposito finì, così come quello di Jerry Schilling. Non sto dicendo che non si sarebbero lasciati comunque, ma quei periodi contribuirono a questo".
"Nel 1975 io e mia moglie Judy ci separammo e fu per colpa mia perché la trascuravo. Elvis ci diceva sempre: 'Dovete allontanarvi dalle vostre mogli e dai vostri figli ogni tanto". Ma nessuno di noi voleva farlo. Priscilla era gradualmente sempre più irritata. La teneva come in una casa delle bambole, un una torre d'avorio. Non voleva che andasse in giro per mentre girava i suoi film perché aveva sentito che Hal Wallis, uno dei suoi produttori, aveva detto che le avrebbe offerto un contratto cinematografico".
A Presley, secondo i ragazzi, quel discorso non piaceva. Non voleva che sua moglie facesse carriera; il posto di una donna era in casa a prendersi cura del suo uomo - quando lui era a casa. Sonny riferisce che Elvis e quelli intorno a lui che non erano sposati, coglievano ogni occasione per sfruttare la loro speciale posizione nella gerarchia dello show-business.
"Oh, diavolo, amico, prima che mi sposassi, ero preso da tutto quel correre in giro con Elvis... Avevamo ragazze che ci uscivano dalle orecchie. Non è molto difficile quando dici che lavori per Elvis. Dio, le offerte che ricevevo dalle donne erano incredibili. E di sicuro ho approfittato di tutto questo. Priscilla sapeva che Elvis la stava tradendo e la stessa cosa pensava dei ragazzi verso le loro mogli. Ricordo che una volta, nel 1970 che avevamo un gruppo di ragazze a casa sua a Palm Springs. Dopo circa tre o quattro giorni ce ne andammo a Las Vegas. Priscilla e una delle mogli dei ragazzi andarono laggiù per qualche giorno, circa una settimana dopo e, naturalmente, come tutte le donne, passarono in rassegna la posta. Prima di tutto, c'è una lettera per Elvis che diceva 'Grazie per i tre giorni fantastici. Facciamolo di nuovo qualche volta". C'era anche una nota simile lasciata per me, qualcosa come "Facciamolo... Rifacciamolo", ed era firmato "Lizard Tongue". Beh, Priscilla si mise al telefono e chiese chi fosse 'Lizard Tongue'. 'Ci sono così tante ragazze in giro... Che io sia sono dannato se mi ricordo chi è 'Lizard Tongue'. Elvis stava ridendo a crepapelle, ma quando Priscilla iniziò ad incazzarsi, lui rigirò la frittata tanto che la stessa Priscilla stava quasi scusandosi per averlo chiamato. Le disse che lei avrebbe dovuto essere più intelligente per prendere seriamente la cosa, in mezzo alla folle posta dei fans che riceve. Non so davvero se lei ci abbia creduto, ma quello che so è che dopo che mi sono sposato, Priscilla ha raccontato questa storia a mia moglie, insinuando che stavamo tutti scopando in qua e in là, ogni volta che eravamo in tour. Per un bel po' di tempo questo ha messo un po' di tensione tra Priscilla e me. Non volevo che causasse quel tipo di problemi. Anche mia moglie era sotto pressione. Ogni volta che una nuova fidanzata o moglie arrivava, un paio di altre donne del gruppo le mettevano sempre alla prova: volevano sapere se Judy mi amava o se era nel gruppo solo per cercare di arrivare ad Elvis. Voglio dire, Judy rispettava Elvis e tutto il resto, pensava che fosse un grande showman e un bravo ragazzo, ma questo genere di cose era ridicolo"


-CONTINUA-
11/10/2021 21:45
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ELVIS 56 [35878 8] (2 messaggi, agg.: 02/07/2018 20:50)

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