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IL PROGRAMMA SUBLIME O LA SELEZIONE NATURALE

Ultimo Aggiornamento: 11/05/2021 14:50
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11/05/2021 14:37
 
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Dio – Un essere eterno ?


Nella nostra esperienza quotidiana, quasi ogni cosa sembra avere un inizio. Infatti, le leggi della scienza ci dimostrano che perfino le cose che sembra non subiscano cambiamento attraverso la nostra vita (come il sole ed altre stelle) si esauriscono. Ogni secondo il sole brucia milioni di tonnellate di idrogeno, consumandosi ; e siccome non può durare per sempre, doveva avere avuto un inizio. Si può dire la stessa cosa riguardo l’universo intero.


Quindi quando i Cristiani affermano che l’Iddio della Bibbia creò tutti gli esseri viventi e l’universo stesso, alcuni porranno una domanda abbastanza logica cioè, « Ma, chi ha creato Dio ? »


Il primo versetto della Bibbia dichiara, « Nel principio Dio… » In queste parole non si cerca di provare l’esistenza di Dio neppure di suggerire in qualsiasi modo che Dio ebbe inizio. Infatti la Bibbia afferma chiaramente che Dio esiste al di là del tempo. Egli è eterno, senza inizio o fine – è infinito! Inoltre, Egli sa tutto, essendo infinitamente intelligente.1


È logico, però, accettare l’esistenza di un tale essere eterno? La scienza moderna, che progetta la tecnologia che fabbrica i computer e le navette spaziali, e la scienza medica tesa ad allungare la vita, possono addirittura permettere una tale nozione ?


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11/05/2021 14:38
 
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Che cosa cercheremmo ?


Che evidenza ci aspetteremmo di trovare se esistesse davvero un Dio infinito che creò tutte le cose come afferma  la Bibbia? Come sarebbe addirittura possibile riconoscere la mano di un tale creatore onnipotente ?


La Bibbia afferma che Dio sa tutto – è onnisciente ! Dunque, è infinitamente intelligente. Per riconoscere le Sue opere bisogna sapere per prima cosa da dove cominciare per riconoscere l’evidente operato della Sua intelligenza.


Come possiamo riconoscere l’evidenza di ‘intelligenza’ ?


Perché gli scienziati si entusiasmano così tanto quando scoprono, ad esempio, utensili fatti da sassi insieme con delle ossa in una grotta ? È perchè gli utensili parlano di un essere intelligente! Gli scienziati riconoscono che questi utensili non si sono potuti disegnare loro stessi, spontaneamente. Sono invece stati ideati e prodotti da un’intervento intelligente. Giustamente concludono quindi che una creatura intelligente fece questi utensili.


Similmente, non si potrebbe mai guardare alla Grande Muraglia Cinese, al Vaticano o ad un qualsiasi altro edificio del genere e concludere che tali strutture si furono formate da un’esplosione di una cava di sassi!


Non si crederebbe neppure che le teste dei presidenti scolpiti sulla parete del Monte Rushmore (Sud Dakota-USA) sono il risultato da milioni di anni di erosione ! Possiamo riconoscere dal loro disegno che dietro a queste cose c’era un’intelligenza che le ideò e le costruì. Vediamo dappertutto oggetti fatti dall’uomo—macchine, aerei, computer, radio, case, elettrodomestici , e così via, eppure non ci viene mai in mente di pensare che tali oggetti siano solo il prodotto del tempo e del caso. Il disegno si vede dappertutto. Non ci passerebbe mai per la mente l’idea bizzarra che, se si lasciasse del metallo a se stesso si trasformerebbe spontaneamente in motori, trasmissioni, ruote, e tutti gli altri pezzi necessari per costruire un’automobile !


Questo « argomento del disegno » spesso si collega col nome di Guglielmo Paley, sacerdote anglicano che scrivevo sull’argomento del disegno nell’Ottocento. Ci si ricorda di lui particolarmente per l’argomentazione che proponeva dell’orologio e l’orologiaio. Confrontando un sasso con un orologio, concluse che « l’orologio doveva avere un creatore che per forza doveva esistere in un determinato momento, e in qualche luogo, un artigiano o degli artigiani che lo hanno fabbricato per uno scopo ben preciso, i quali comprendevano proprio come era costruito e che ne designavano il suo uso. »2


Quindi Paley credeva che, nello stesso modo in cui l’orologio rispecchia l’opera di un’orologiaio, così il modo in cui sono disegnati gli esseri viventi fa pensare ad un Disegnatore. Benché credesse in un Dio creatore, il Dio di Paley fu un Maestro Disegnatore ormai lontano dalla Sua creazione e non invece il Dio personale della Bibbia.3


Oggi, però, la maggior parte delle persone, compresi tanti scienziati, crede che tutte le piante e le creature, compresi gli ingegneri intelligenti che fanno orologi, automobili, ecc., siano il prodotto di un processo evolutivo e non di un Dio Creatore.4 Ma, possono difendere la loro posizione ?


Gli esseri viventi dimostrano l’evidenza di un disegno ?


Il defunto Isaac Asimov (anti-creazionista fervente) dichiarò che, « Dentro l’uomo c’è un cervello di 1300 grammi che, per quanto sappiamo, è l’insieme di materia più complesso e più ordinato nell’universo. »5 È enormemente più sofisticato del computer più potente mai costruito. Non sarebbe logico suppore che, se il cervello intelligente dell’uomo ha disegnato il computer, allora anche il cervello umano è stato a sua volta disegnato?


Gli scienziati che respingono il concetto di un Dio creatore sono d’accordo nel fatto che tutti gli esseri viventi mostrano l’evidenza di un disegno. Accettano l’argomento di Paley che tutto fu disegnato, ma non accettano il disegnatore di Paley.


Ad esempio, il dottore Michael Denton, medico/scienziato non cristiano con una laurea in biologia molecolare, conclude che :


« L’universalità della perfezione e il fatto che dovunque guardiamo, non importa quanto profondamente o quanto lontano, troviamo un’eleganza ed una ingenuità di una qualità trascendente, che mitiga contro l’idea [che tutto è il risultato di] caso… »


Continua dicendo che « a fianco del livello di ingenuità e complessità esibito dalle macchine molecolari della vita, perfino i nostri manufatti più avanzati sembrano malfatti. Ci sentiamo umiliati, tanto quanto si sentirebbe l’uomo neolitico alla presenza della tecnologia del ventesimo secolo… »


« Sarebbe illusorio pensare che ciò che vediamo nel presente superi di una sola frazione la totalità del disegno biologico. Praticamente in ogni settore di ricerca biologica fondamentale i livelli di disegno e di complessità si rivelano più sofisticati man mano che si scoprono, sempre a una frequenza che aumenta parallelamente. »6


Il dottor Richard Dawkins dell’Università di Oxford, è ormai fra il protagonisti più notevoli dell’evoluzione nel mondo intero, risultato della pubblicazione dei suoi libri, incluso « L’orologiaio cieco » il quale afferma di dimostrare falsa, una volta per sempre, la nozione di un Dio Creatore e difende la teoria moderna dell’evoluzione. Dice: « Abbiamo visto che gli esseri viventi sono troppo improbabili e troppo ben disegnati perché siano il risultato del caso. »7


Senza dubbio anche l’ateo più convinto concede che il disegno è evidente negli animali e nelle piante che appartengono al nostro pianeta. Se Dawkins respinge il « caso » nel disegno, che cosa sostituisce al posto del « caso » se non accetta un Dio Creatore?


Dunque, chi o che cosa è di fatto il disegnatore ?


Il disegno suggerisce ovviamente un disegnatore. Secondo noi cristiani il disegno che vediamo intorno a noi è completamente in armonia con la spiegazione della Bibbia che « Nel principio Dio creò i cieli e la terra » (Genesi 1 :1) ed oltre, « attraverso Lui [Gesù Cristo] furono create tutte le cose sia nel cielo sia sulla terra, visibili ed invisibili, sia troni, dominii, principati o potenze, tutte le cose furono create da Lui e per Lui » (Colossesi 1 : 16).


Però, gli evoluzionisti come Richard Dawkins, ammettendo che si veda un disegno negli esseri viventi, respingono l’idea che ci sia un qualsiasi Dio disegnatore. Rispetto a Paley, Dawkins dice :



« L’argomento di Paley è fatto con passione sincera ed è informato dalla migliore istruzione sulla biologia dei suoi tempi, ma è nell’errore, gloriosamente e assolutamente nell’errore. L’analogia tra il telescopio e l’occhio, tra l’orologio e l’organismo vivente, è falsa. »8



Perché è falsa? Perché Dawkins attribuisce il disegno a ciò che chiama le « forze cieche della fisica » e i processi della selezione naturale. Scrive Dawkins :



« Anche se sembra il contrario, gli unici orologiai nella natura sono le forze cieche della fisica, benché schierate in una maniera molto speciale. Un vero orologiaio vede il futuro e quindi disegna le sue ruote dentate e le sue molle e pianifica i loro intercollegamenti, perseguendo uno scopo futuro con l’occhio della sua mente. »


« La selezione naturale, e cioè il processo automatico cieco ed incosciente che Darwin scoprì, e che ormai sappiamo spiega l’esistenza e l’evidente utilità di tutte le forme di vita non ha in mente l’utilità. Non ha nè una mente nè un’occhio della mente. Non ha un piano per il futuro. Non ha nè visione, nè previsione, nè scopo. Se si vuol dire, chi assume il ruolo dell’orologiaio nella natura Darwiniana, è difatti l’orologiaio cieco. » (enfasi aggiunta)9



Dawkins, però riconosce che « più una cosa è improbabile statisticamente, meno possiamo credere che sia successa per il caso cieco. In apparenza, l’alternativa ovvia al caso sarebbe un Disegnatore Intelligente. »10


Nonstante ciò egli rispinge l’idea di un Disegnatore Intelligente ed invece offre questa « risposta »



« La risposta, e cioè la risposta di Darwin, si trova in trasformazioni graduali da un inizio semplice di esseri primordiali tanto semplici che si svilupparono a caso. Ogni cambiamento successivo nel processo evolutivo graduale fu abbastanza semplice, in confronto dei suoi antenati, che si sono sorti a caso.


« Però la sequenza intera di passi cumulativi non costituisce un processo a caso quando si considera la complessità del prodotto finale con riferimento al punto di partenza. Il processo cumulativo si dirige da non causale sopravvivenza. Il motivo di questo capitolo è dimostrare che la potenza di questa selezione cumulativa è un processo fondamentalmente casuale. »11



Essenzialmente, dunque, Dawkins non fa niente di più che insistere che la selezione naturale12,13,14 insieme alle mutazioni15, 16, 17 forniscono il meccanismo che dirige il processo evolutivo. Crede che questi processi non siano casuali e diretti. In realtà è semplicemente un modo sofisticato di dire che l’evoluzione stessa è il disegnatore !


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11/05/2021 14:39
 
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È possibile che la selezione naturale produca disegni ?


La vita biologica è costituita da un’informazioni la quale è contenuta nel molecola dell’eredità chiamata DNA che sostituisce i geni di un organismo. Quindi per proporre che la selezione naturale e le mutazioni sono i meccanismi di base del processo evolutivo, si deve dimostrare che questi processi producono le informazioni che sono la causa del disegno che è evidente negli esseri viventi.


Chiunque comprende la biologia riconosce per certo (come Darwin riconosceva) che la selezione naturale è un processo logico che si può osservare in natura. Però, la selezione naturale opera solamente sull’informazione già contenuta nei geni e NON fabbrica nessun’informazione nuova.18, 19 In realtà questo è in armonia col racconto della storia della creazione nella Bibbia, nel senso che Dio creò distinti «tipi» di animali e di piante nel modo che ognuno sia capace di riprodursi secondo il proprio «tipo» di appartenenza.


È vero che si possono osservare grandi variazioni tra esemplari appartenenti ad un genere e si possono vedere i risultati della selezione naturale. Ad esempio le volpi, i coyote e il dingo (cane australiano) si sono sviluppati col tempo, il risultato della selezione naturale che opera sull’informazione trovata nei geni del « genere » volpe/cane. Ma il punto è che NESSUNA nuova informazione è stata fabbricata. Invece queste varietà di cane sono risultate da un riordinamento, divisione e separazione dell’informazione nella « genere » di cane originale. Non si è mai visto un genere che cambi in un’altra genere completamente diverso senza un’informazione che non esisteva già!20 Senza un coinvolgimento intelligente che integra con nuove informazioni, la selezione naturale non funziona come meccanismo di evoluzione.


Denton conferma questa idea dicendo « Non si può enfatizzare abbastanza il fatto che l’evoluzione tramite la selezione naturale è analogo al risolvere un problema senza nessuna guida intelligente, e senza alcun intervento intelligente. Nessun’attività che richiede informazioni intelligenti può in nessun modo essere analoga all’evoluzione attraverso la selezione naturale. »21


Privo di un modo di integrare le informazione, la selezione naturale non funziona come meccanismo di evoluzione. Gli evoluzionisti sarebbero d’accordo, però credono che siano le mutazioni che in qualche modo forniscono le nuove informazioni di guida per la selezione naturale.


Le mutazioni possono fabbricare nuove informazioni ?


In realtà anche gli scienziati sanno ormai che la risposta è NO ! Il dottor Lee Spetner, scienziato molto qualificato che insegnava teoria dell’informazione e di comunicazione all’Università Johns Hopkins, chiarisce abbondantemente questo fatto nel suo erudito e ricercatissimo libro « Not by chance » (Non a caso) :



« In questo capitolo darò tanti esempi di evoluzione e di mutazioni in particolare, per dimostrare che non c’è aumento di informazione…Però tra tutte le cose che ho letto nella letteratura delle scienze della vita, non ho mai trovato una mutazione che aumentasse l’informazione genetica. »22


« Tutte le mutazioni « a punto » che si sono studiate a livello molecolare risultano in una riduzione di informazione genetica invece di un incremento. »23


« La teoria neo-Darwiniana dovrebbe spiegare come l’informazione che produce la vita sia incrementata con l’evoluzione. La differenza biologica essenziale fra un essere umano e una batteria si trova nell’informazione che contengono. Seguono tutte le altre differenze biologiche. Il genome [la totalità dei geni dell’organismo] umano contiene tanta più informazione del genome batterico. Non si può aumentare informazione per mezzo di mutazioni che perdono informazione. Un’attività commerciale non può guadagnare soldi se man mano sta perdendo soldi. »  (enfasi aggiunta)24



Gli scienziati evoluzionisti non possono evitare questa conclusione a cui anche tanti scienziati - il dottor Spetner incluso – sono arrivati. Le mutazioni NON funzionano come meccanismo del processo evolutivo. Spetner dice insomma:



« I neo-Darwinisti vorrebero farci credere che i cambiamenti maggiori dell’evoluzione sono il risultato di una serie di piccoli eventi—se il numero degli eventi è abbastanza grande. Però se tutti questi eventi perdono informazione non possono essere i passi per quel tipo di evoluzione che la teoria neo-Darwiniana propone di spiegare, e nonostante il numero delle mutazioni. Chiunque pensa che la macro-evoluzione (cioè grandi passi evolutivi, come dal pesce all’uomo) possa succedere per mezzo di mutazioni che perdono informazione sarebbe come il commerciante che perdeva un po’ di soldi in ogni vendita, ma pensava che avrebbe potuto ugualmente guadagnare denaro a causa del volume delle vendite… 


« Non si è mai osservata nemmeno una mutazione che aggiunga un pezzettino di informazione al genoma. Ciò dimostra sicuramente che non ci sono milioni e milioni di mutazioni come richiede la teoria. Magari non ce n’è nemmeno una. La mancata osservazione di alcuna mutazione che aggiunge informazione è più di una mancanza di difesa per la teoria. Invece è un’evidenza contro la teoria. Abbiamo quindi una sfida molto seria alla teoria neo-darwiniana. » (enfasi aggiunta)25



Questo fatto è confermato dal dottor Werner Gitt, direttore e professore all’Istituto Federale Tedesco della Fisica e Tecnologia che, alla domanda, “È possibile creare nuova informazione tramite mutazioni?” risponde così:



« …questa idea è centrale nelle rappresentazioni dell’evoluzione, però le mutazioni possono causare cambiamenti solo nelle informazioni già esistenti. Non è possibile aumentare le informazioni, ed in genere le mutazioni sono dannose all’organismo. Non possono sorgere nuove cianografie che risultano in nuovi funzionamenti oppure nuovi organismi. Le mutazioni non possono essere la fonte di nuove (creatrici) informazioni. » (enfasi aggiunta)26



Dunque, se la selezione naturale e le mutazioni vengono eliminate come meccanismi che fabbricano l’infomazione ed il disegno dei sistemi viventi dobbiamo trovare un altro meccanismo.


Ma ci sono dei problemi ancora più profondi per quelli che respingono il Dio creatore come fonte di informazione.


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11/05/2021 14:40
 
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Tanti problemi !


Immagina di star seduto in un aereo Boeing 747 e stai leggendo un libretto che spiega com’è costruito questo grande aereo. Sei affascinato dal fatto che questa macchina volante è costituita da sei milioni di pezzi –ma all’improvviso ti rendi conto che nemmeno un pezzo da solo può volare! Potrebbe sembrarti un po’ sconcertante se stai volando ad una velocità di 800 km orari ad un’altitudine di 10.000 metri !


Però anche se non è possibile che un pezzo solo dell’aereo possa volare, non devi preoccuparti perché tutti i pezzi montati insieme fanno una macchina completa che vola !


Possiamo usare la costruzione di un aereo come analogia per capire i meccanismi di base della biochimica cellulare che permette agli organismi di funzionare.


Gli scienziati hanno trovato che dentro la cellula ci sono migliaia di “macchine” biochimiche. Ad esempio, si potrebbe citare la capacità di una cellula di sentire la luce e poi cambiarla in impulsi ellettrici. Però ciò che una volta gli scienziati giudicavano essere un processo semplice dentro la cellula, come per esempio la capacità di sentire la luce cambiandola in impulsi elettrici, è infatti un evento molto complicato. Affinchè questa sola cosa funzioni, ci devono essere componenti numerosi tutti al posto giusto, al momento giusto, nella giusta concentrazione, oppure non funzionerà per niente. In altre parole, tutte le parti di un aereo 747 devono essere assemblati prima che possa volare, e nello stesso modo tutte le parti di una macchina biologica dentro una cellula devono essere a posto altrimenti non possono funzionare. E ci sono letteralmente migliaia di tali « macchine » in una cellula sola che sono necessarie affinchè funzioni.


Cosa vuol dire ? È semplice : l’evoluzione di soli elementi chimici in un sistema vivente è impossibile.


Gli scienziati ormai sanno che la vita è costruita da queste « macchine . » Il dottor Michael Behe, Professore Associato di Biochimica nell’Università di Lehigh (Pennsylvania-USA) descrive queste « macchine biochimiche » dicendo che hanno una « complessità irriducibile. » Secondo lui,



« Ora tocca alla scienza fondamentale della vita, e cioè la biochimica, a commuovere la comunità scientifica. La cosiddetta semplicità della vita che una volta era considerata la base della vita, ormai si è mostrata essere un fantasma. Invece, sistemi di incredibile, irriducibile complessità abitano nella cellula.


« Il riconoscimento che la vita fu disegnata da un’intelligenza è scioccante per noi del ventesimo secolo, perché siamo abituati a pensare che la vita è il risultato di alcune leggi naturali. Ma anche altri hanno avuto le loro sorprese nei secoli passati e non c’è nessun motivo di suppore che noi ne scamperemo. » (enfasi aggiunta)27



Per illustrare in altro modo, pensa a quando si ammazza una zanzara. Poi pensa a questa domanda : Perché è morta la zanzara ? Vedi, la zanzara schiacciata è composta di tutte le sostanze chimiche della vita che un evoluzionista direbbe facevano parte della zuppa primordiale. Eppure sappiamo che niente si evolverà da questa « minestra di zanzara. » E allora perché è morta la zanzara ? Proprio perché, schiacciandola, l’hai messa in disordine !


Una volta che il meccanismo della zanzara è distrutto, l’organismo non può più esistere. A livello cellulare, ci sono letteralmente migliaia di « macchine » che devono esistere prima che la vita diventi possibile. Ciò vuol dire che l’evoluzioine dalle sostanze chimiche è impossibile. L’evoluzionista Dawkins riconosce questo problema del bisogno meccanico quando ammette :



« Una fotocopiatrice può fare una fotocopia delle proprie cianografie, ma non è capace di esistere spontaneamente. Le varie forme di esseri viventi possono replicarsi facilmente nell’ambiente creato dal computer, sempre che ci sia un programma per computer che sia adatto, ma non possono scrivere un loro proprio programma e neppure costruire un computer che possa far funzionare il programma. La teoria dell’orologiaio cieco è estrememente potente dato che siamo permessi di presumere l’autoriproduzione, e comunque che permetterà la selezione cumulativa. Ma se la replicazione ha bisogno di macchine complesse affinchè funzioni, e siccome l’unica via che macchine complesse possano esistere è tramite la selezione cumulativa, abbiamo un problema. »28



Un problema davvero ! Più guardiamo al funzionamento della vita, più diventa complicata, e più vediamo che la vita non sarebbe potuta sorgere da sè. La vita richiede non solo una fonte di informazione, ma le macchine complesse della chimica della vita devono per forza già esistere dall’inizio !


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11/05/2021 14:41
 
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Ancora un problema più grande !


Alcuni scienziati ed educatori hanno provato ad evitare problemi speculando sul fatto che tutte le sostanze chimiche che compongono la molecola dell’eredità (e l’informazione che contiene) si sono unite nel passato, poi la vita avrebbe potuto avere inizio.


Come si è già detto, la vita è costruita sulla base di informazione. Infatti in una sola cellula tra i miliardi di cellule che fanno parte del corpo umano, l’informazione contenuta nei suoi geni si è stimato di essere uguale a tutta l’informazione contenuta in 1000 libri di 500 pagine ognuno. Ormai gli scienziati pensano che quella stima sia bassissima!


E da dove è venuta tutta questa informazione? Alcuni tentano di spiegarlo così : Immaginiamo che ci sia un professore che mette tutte le lettere dell’alfabeto in un cappello. Poi passa il cappello agli studenti che scegliono « a caso » una lettera ognuno.


È facile immaginare che ci sia la possibilità (non importa che sembri lontana) che tre studenti scelgano uno dopo l’altro le lettere U e poi N e infine O. Mettendo queste lettere insieme arriviamo alla parola UNO. Quindi il professore conlude che, dato un tempo sufficiente, non importa quanto sia improbabile, c’è sempre la possibilità che si potrebbe formare una serie di parole che compongono una frase, per man mano compilare un’enciclopedia intera. Gli studenti poi sono spinti a credere che nessun’intelligenza sia necessaria perché la vita si evolva dalle sostanze chimiche. Purchè le molecole si assemblino nell’ordine giusto per formare composti come il DNA, la vita potrebbe avere inizio!


Superficialmente sembra un argomentazione logica, però c’è un problema fatale di base in quest’analogia.


Pensaci! La sequenza di lettere U-N-O è una parola secondo chi ? Un italiano, un inglese, un francese, un tedesco o un cinese ? È una parola soltanto per qualcuno che conosce quella determinata lingua. Cioè la sequenza delle lettere non ha senso se non c’è un sistema di traduzione già sistemato che dia senso alla sequenza !


Nel DNA di una cellula, anche la serie delle sue molecole non ha senso tranne che, nella biochimica di una cellula, ci sia un « sistema di linguaggio (altre molecole) » che fa sì che quella serie abbia senso. Il DNA senza quel sistema di linguaggio non avrebbe senso e neanche il sistema di linguaggio, senza il DNA, funzionerebbe. Un’altra complicazione è che il sistema di linguaggio che « legge » la sequenza delle molecole nel DNA stesso è specificato proprio da quel DNA ! Ecco un’altra « macchina » che deve già esistere come sistema intero formato altrimenti la vita non funzionerà!


L’informazione può sorgere dalla « non-informazione » ?


Abbiamo già dimostrato che l’informazione non può sorgere dalle mutazioni, un cosidetto meccanismo di evoluzione, ma esiste un altro modo in cui l’informazione potrebbe sorgere dalla sola materia?


Il dottor Werner Gitt spiega chiaramente che, se c’è una cosa sicura che la scienza ci insegna è che l’informazione non può sorgere dal disordine a caso. Ci vuole sempre maggiore informazione per produrre informazioni, e infine l’informazione è il prodotto di intelligenza :



« Un sistema codificato è sempre il risultato di un processo mentale (cioè richiede un’origine o un inventore intelligente)… enfattizzando cosi’ l’ipotesi che le sostanze materiali in sè non possono generare nessun codice. Tutte le esperienze indicano che solo un essere in grado di pensare esercitando liberamente la sua volontà, conoscenza e creatività, è capace di farlo. »29


« Non conosciamo nessuna legge naturale per la quale delle sostanze materiali potrebbero creare informazione, nè esiste alcun processo fisico o fenomeno tangibile che potrebbe farlo. »30


« …non c’è nessuna legge della natura, nessun processo e nessuna successione di eventi che possano causare la fuoriuscita di informazione dalle sole sostanze materiali. »31



E allora, che cosa sarà la fonte dell’informazione ?


Possiamo concludere, dunque, che la quantità enorme di informazione contenuta negli esseri viventi doveva aver avuto la sua origine in un essere intelligente, che avrebbe dovuto essere molto superiore alla nostra intelligenza. Ma qualcuno dirà che tale fonte sarebbe dovuta essere causata da «qualcosa» che conteneva ancora più informazione o intelligenza .


Però, se ragioniamo in questo modo, potremmo chiederci da dove appunto è venuta questa intelligenza o informazione  più grande? E poi da dov’è venuta quella fino all’infinità, tranne che…..


…Tranne che non ci fosse una fonte di intelligenza al di là della nostra conoscenza. Ma, non è questo che leggiamo nella Bibbia quando dice, « Nel principio Dio…. »? L’Iddio della Bibbia è un essere infinito, non imprigionato dai confini di tempo, di spazio, o nessun’altra cosa.


Pure Richard Dawkins lo riconosce, dicendo :



« Una volta che ci permettiamo semplicemente di contemplare la complessità organizzata, anche se solamente la complessità organizzata del DNA /proteine macchina di replicazione, è relativamante facile invocarla come progenitore di una complessità ancora più organizzata. È proprio questo l’argomento del libro [cioè di Dawkins]. Ma, certo, qualunque Dio che sia capace di disegnare intelligentemente una cosa tanto complessa quanto il DNA/proteine macchina di replicazione doveva essere almeno talmente organizzato quanto quella macchina stessa. Lo è ancora di più se supponiamo che egli [Dio] sia anche capace di compiti avanzati tipo ascoltare le nostre preghiere e perdonare i nostri peccati.


« Spiegare l’origine del DNA/proteine macchina invocando un Disegnatore sovrannaturale non spiega precisamente niente, perché non spiega l’origine del Disegnatore. Per forza devi dire qualcosa come, ‘Dio è sempre esistito,’ e, se ti permetti di cavartela in una maniera così spicciola, potresti ben dire nella stessa maniera che, ‘Il DNA è sempre esistito’ e basta ! »32



Allora, qual è la posizione logicamente da difendere ? Sarà che le sostanze materiali sono sempre esistite (oppure si trovavano esistenti da sè all’improvviso e per nessun motivo), e poi, tutto da sè le sostanze materiali si autoorganizzavano in sistemi di informazione CONTRO tutto quello che osserviamo nella scienza reale ? Oppure sarà a causa di un essere infinito , l’Iddio della Bibbia, la fonte di intelligenza infinita33, che creò sistemi di informazione necessari per l’esistenza della vita, che È D’ACCORDO con la scienza reale ?


Se la scienza reale sostiene ciò che la Bibbia dice riguardo a un Creatore infinito, perché non viene accettato da tutti gli scienziati intelligenti ? Michael Behe risponde così :



« La… più potente ragione per la quale nasce l’indecisione da parte degli scienziati di abbracciare una teoria del disegno intelligente è anche basata su considerazioni filosofiche. Molte persone, compresi tanti scienziati importanti e rispettati, non vogliono per forza accettare che ci sia qualcosa oltre la natura. Non vogliono un essere sovrannaturale che influisca sulla natura, non importa quanto breve o costruttiva quell’interazione sia stata.


« Cioè da dire…portano un impegno filosfico a priori alla loro scienza che stringe che genere di spiegazioni accetteranno riguardo il mondo fisico. Qualche volta questo atteggiamento porta ad un comportamento un po’ strano. »34



Questo è alla base del discorso : Se si accetta l’esistenza di un Dio che ci ha creato, dobbiamo anche accettare il fatto che apparteniamo a questo Dio (egli è il nostro ‘Padronè’). E se questo Dio è l’Iddio della Bibbia, apparteniamo a Lui, e comunque è Suo diritto istituire le leggi che guidano la nostra vita. Ancora più importante, la Bibbia ci dice anche,è il fatto che siamo in ribellione contro di Lui, il nostro Creatore. A causa di questa ribellione, i nostri corpi fisici sono sotto la sentenza di morte, ma vivremo per sempre, o con Dio, o senza Dio in un luogo di giudizio. Ma la buona notizia è che il nostro Creatore ha provveduto una via di uscita per il nostro peccato di ribellione, affinchè quelli che vengono a Lui in fede e ravvedimento per il proprio peccato possono ricevere il perdono di un Dio santo e poi rimanere per l’eternità con Lui (questo sarà spiegato in un modo più dettagliato alla fine di questo discorso.)


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11/05/2021 14:42
 
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Allora, chi ha creato Dio ?


Per definizione, un essere infinito è sempre esistito—nessuno ha creato Dio. È autoesistente—il grande “IO SONO” della Bibbia.35 È al di là del tempo—infatti egli stesso creò il tempo.


Tu puoi pensare, « Ma ciò vuol dire che devo accettare questo fatto per fede perché non sono capace di capirlo completamente. »


Leggiamo nel libro degli Ebrei (nel Nuovo Testamento), « Or senza fede è impossibile piacergli ; poiché chi si accosta a Dio deve credere che egli è, e che ricompensa tutti quelli che lo cercano. » (Ebrei 11 :6)


Che razza di fede è dunque  il cristianesimo? Non è una fede cieca, come pensano alcuni. Infatti gli evoluzionisti che rinnegano al Creatore sono i ciechi.36 Devono per forza credere in qualcosa –cioè che l’informazione possa sorgere per caso dal disordine—che è contro la vera scienza. Ma Cristo, tramite lo Spirito Santo, apre veramente gli occhi ai Cristiani affinchè possono vedere che la loro fede è vera.37


La fede Cristiana è una fede che si può difendere logicamente. Perciò la Bibbia dice chiaramente che chiunque non crede in Dio è senza scuse :



« Infatti le sue qualità invisibili, la sua eterna potenza e divinità, si vedono chiaramente fin dalla creazione del mondo essendo percepite per mezzo delle opere sue ; perciò essi sono inescusabili » (Romani 1 :20 )



Come possiamo sapere che il Creatore è l’Iddio della Bibbia ?


La cosa più entusiasmante dell’essere cristiani è che sappiamo che la Bibbia non è solo un altro libro religioso, ma è invece la parola di Dio, proprio come afferma.38


Solo la Bibbia spiega perché esistono la bellezza e la bruttura, perché esistono la vita e la morte, perché c’è la salute e la malattia, perché c’è l’amore e l’odio. Solo la Bibbia ci dà il racconto vero e affidabile delle origini di tutti gli esseri viventi e dell’universo intero.


Molto spesso, il racconto storico della Bibbia è stato rafforzato dall’archeologia, dalla biologia, dalla geologia e dall’astronomia. Nessuna contraddizione nè informazione falsa è mai stata trovata nelle sue pagine, anche se fu scritta attraverso centinaia di anni da tanti autori diversi, ognuno ispirato dallo Spirito Santo di Dio.


Molto scienziati in campi diversi hanno pubblicato centinaia di libri e audiocassette che sostengono l’accuratezza della Bibbia e sua affermazione che è una rivelazione del nostro Creatore. Non ci dice solamente chi siamo e da dove siamo venuti, ma ci dà anche la buona notizia di come possiamo passare l’eternità col nostro Signore e Salvatore.


Questo articolo (in forma di libriccino) è uno tra i tanti strumenti utili ed interessanti che puoi ottenere scrivendo all’indirizzo postale o al nostro indirizzo Internet.


« Risposte dalla Genesi » vuole dare gloria ed onore a Dio come Creatore, e affermare la verità della testimonianza biblica della vera origine e storia del mondo e dell’uomo.


Una parte di questa storia vera è la triste notizia che la ribellione di Adamo portò la morte, la sofferenza e la separazione da Dio in questo mondo. Vediamo i risultati di quella ribellione dappertutto. Noi, esseri umani, che siamo peccatori dal concepimento in poi (Salmo 51 :1), non possiamo vivere insieme a un Dio santo, ma al contrario siamo condannati ad essere separati da Lui.


Però la buona notizia è che Dio fece qualcosa per noi : ha provveduto un mezzo meraviglioso per liberarci dal peccato. La Bibbia ci insegna che Dio mandò Gesù Cristo, Suo Figliuolo, perché fosse il sacrificio perfetto e soffrisse l’intera pena del nostro peccato. È il Signore Gesù Cristo che creò il mondo (Colossesi 1 :16) e che venne sulla terra come Dio/uomo, affinchè soffrisse la pena della morte per il peccato, sia per te che per me. « Ma ora Cristo e stato risuscitato dai morti, primizia di quelli che sono morti.  Infatti poiche' per mezzo di un uomo e venuta la morte, cosi anche per mezzo di un uomo e venuta la risurrezione dei morti.  Poiche come tutti muoiono in Adamo, cosi anche in Cristo saranno tutti vivificati.» (1 Corinzi 15 : 20-22)


Il Signore Gesù Cristo morì sulla croce, ma il terzo giorno risuscitò, conquistando la morte, affinchè chiunque crede in Lui e lo accetta come Signore nella propria vita, possa tornare a Dio e vivere per sempre col Creatore. « Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinchè chiunque crede in Lui non perisca, ma abbia vita eterna » (Giovanni 3 : 16). E, « se confessiamo i nostri peccati, Egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità » (1 Giovanni 1 :9).


Per quelli che non accettano per fede ciò che Cristo ha fatto per loro e che non riconoscono la loro natura peccaminosa e il bisogno di essere redenti (cioè il bisogno che Cristo pagasse il prezzo per liberarli dal peccato e dalla morte) la Bibbia avverte che tali persone vivranno per sempre, ma saranno separate da Dio in un luogo di tormento che la Bibbia si chiama l’inferno. Ma per quelli invece che danno la propria vita al Signore, che messaggio  meraviglioso! Che Salvatore  meraviglioso! Che salvezza meravigliosa in Cristo, il Creatore!


Note




  1. Salmi 90,2; 106,48; 147,5. Nota bene che solamente le cose che hanno inizio devono avere anche una causa. Vedi ‘If God created the universe, then who created God?’ di J. Sarfati, CEN Technical Journal 12(1) 20-22, 1998.




  2. W. Paley, Natural Theology: or Evidences of the Existence and Attributes of the Deity, Collected from the Appearances of Nature. 1802. Ristampato in 1972 dall’editrice St. Thomas Press, Houston, Texas, pag. 3.




  3. I. Taylor, In the Minds of Men, 1991. TFE Publishing, Toronto, Canada, pag. 121.




  4. Si riferisce al processo tramite il quale, presumibilmente, la vita generò spontaneamente da materiali non viventi (sostanze chimiche). Attraverso periodi di tempo enormi, i diversi tipi di animali e di piante si sono,presumibilmente, sviluppati con piccoli cambiamenti ed arricchite di informazioni genetiche. Ad esempio, gli evoluzionisti propongono che pesci sono diventati anfibi, anfibi sono diventati rettili, e poi rettili si sono evoluti in uccelli e mammiferi. Infine l’uomo si e’ evoluto da una scimmia antenata .




  5. Asimov, Isaac. 1970. ‘In the Game of Energy and Thermodynamics You Can’t Even Break Even,’ Smithsonian (June), pag. 10. [Citato sulla pagina 82 del Illustrated Origins Answer Book, 1995. Eden Communications, Gilbert, Arizona.]




  6. Denton, Michael. 1986. Evolution: A Theory in Crisis, Adler & Adler Publishers, Inc., Bethesda, Maryland, pag. 342.




  7. Dawkins, Richard. 1987. The Blind Watchmaker, W. W. Norton & Co., New York, pag. 43.




  8. Ibid., pag. 5




  9. Ibid.




  10. Dawkins, Richard. 1982. ‘The Necessity of Darwinism,’ New Scientist, vol. 94 (April 15), pag. 130.




  11. Dawkins. 1987, pag. 43.




  12. Il Dr Gary Parker, creazionista, concede (come io faro’ nella prossima parte) che in realta’ la selezione naturale accade , ma opera come ‘conservante,’ e non ha niente a che fare col cambiamento di un organismo in un’altro! ‘La selezione naturale e’ un processo isolato che opera nel nostro mondo corrotto per assicurare che i generi creati possono infatti diffondersi attraverso tutta la terra con tutta la sua varieta’ ecologica e geografica (spesso, oggigiorno, malgrado l’inquinamento umano).’ Parker, Gary. 1994. Creation Facts of Life, Master Books, Green Forest, Arkansas, pag. 75.

    ‘[Richard] Lewontin e’ un’ evoluzionista ed anti-creazionista, ciò nonostante egli riconosce, molto onestamente, le stesse limitazioni della selezione naturale che gli scienziati creazionisti affermano: a tal proposito dice che ‘…la selezione naturale opera essenzialmente per rendere gli organismi capaci di mantenere il loro stato di adattamento invece di migliorarlo.’ (Enfasi aggiunta).

    La selezione naturale non porta a un miglioramento continuo (evoluzione), invece aiuta l’organismo solo a mantenere caratteristiche che gia’ l’appartengono (creazione). Lewontin nota inoltre che,sembra, le speci estinte fossero addatte a sopravvivere tanto bene quanto quelle moderne, e quindi aggiunge, ‘la selezione naturale non migliora la probabilita’ che la specie sopravvivera’, ma semplicemente rende capace la specie stessa a non rimanere indietro rispetto ad un ambiente che cambia continuamente.’ (Enfasi aggiunta.)

    ‘Mi pare che la selezione naturale funzioni solo perche’ ogni genere fu creato con una varieta’ genetica sufficiente a moltiplicare e riempire la terra in tutta la sua varieta’ ecologica e geografica.’ Parker, Gary. 1994, pagg. 84-86.

  13. Ibid, pagg. 70-86.

  14. Wieland, Carl. 1995. Stones and Bones. Creation Science Foundation Ltd., Acacia Ridge D. C., Queensland, Australia, pagg. 18-20.

  15. ‘Alla fin fine, le mutazioni sono solamente cambiamenti nei geni che gia’ esistono.’ Parker, Gary. 1994, pag. 103. In un articolo paradossalmente titolato “The Mechanisms of Evolution,” Francisco Ayala definisce una mutazione come un ‘errore’ nel DNA.’ Parker, Gary. 1994, pag. 99.

  16. Ibid, pagg. 88-104.

  17. Wieland. 1995, pagg. 18-25.

  18. Lester, Lane P. e Bohlin, Raymond G. 1989. The Natural Limits to Biological Change. Probe Books, Dallas, Texas, pagg. 175-6.

  19. E. Noble, G. Noble, G. Schad ed A. MacInnes, Parasitology: The Biology of Animal Parasites. Lea & Febiger, Philadelphia. 1989. Capitolo 6, Evolution of Parasitism?, pag. 516, dice, ‘La selezione naturale puo’ agire solo su quelle caratteristiche che sono gia’ presenti; non puo’ creare caratteristiche necessarie a soddisfare le esigenze dell’adattamento.’

  20. Ad esempio, nonostante tanti teoremi al contrario indimostrati dagli evoluzionisti, nessuno ha mai osservato ne’ documentato un rettile che diventa un uccello. L’esempio classico mostrato da qualche evoluzionista come una creatura ‘fra’ l’uno e l’altro ( specie di transizione), cioe’ l’Archaeopteryx, ormai è stato rigettato definitivamente da tanti evoluzionisti. (Vedi Gary Parker, Creation: Facts of Life, Master Books, Green Forest, Arkansas, 1994).

  21. Denton. 1986, pag. 317.

  22. Spetner, Lee, Dr. 1997. Not By Chance. The Judaica Press, Inc., Brooklyn, New York, pagg. 131-2.

  23. Ibid., pag. 138.

  24. Ibid., pag. 143.

  25. Ibid., pag. 160.

  26. Gitt, Werner. 1997. In the Beginning Was Information. CLV, Bielefeld, Germany, pag. 127.

  27. Behe, Michael J. 1996. Darwin’s Black Box. The Free Press, New York, pagg. 252-3.

  28. Dawkins. 1987, pagg. 139-40.

  29. Gitt. 1997, pagg. 64-7.

  30. Ibid., pag. 79.

  31. Ibid., pag. 107.

  32. Dawkins. 1987, pag. 141.

  33. E quindi, capace di generare informazioni infinite, e certo le enormi, benche’ limitate, informazioni della vita.

  34. Behe. 1996, pag. 243.

  35. Esodo 3,14; Giobbe 38,4; Giovanni 8,58; Apocalisse di Giovanni 1,18; Isaia 44,6; Deuteronomio 4,39.

  36. Matteo 13,15 ; Giovanni 12,40 ; Romani 11,8-10.

  37. Matteo 13,16 ; Atti degli Apostoli 26,18 ; Efesini 1,18 ; 1 Giovanni 1,1.

  38. Matteo 5,18 ; 2 Timoteo 3,16 ; 2 Pietro 1,21 ; Salmi 12,6 ; 1 Tessalonici 2,13.


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Il programma sublime
di Giorgio Masiero

 

Nella “Critica del giudizio” (1790), Immanuel Kant esamina i problemi dell’ordine e del fine in Natura, distinguendo nel giudizio estetico il bello dal sublime. Noi percepiamo il bello quando uno spettacolo della Natura ci si presenta in armonia con la nostra sete di libertà: allora ci compiacciamo in un sentimento che esprime l’incontro felice del sensibile col razionale. Esistono però alcuni fenomeni (la violenza d’un uragano, l’immensità del deserto o dell’oceano o del cielo, la profondità d’un abisso, l’energia d’una grande cascata, ecc.) davanti ai quali sentiamo l’impossibilità dell’intelletto ad adeguarsi alle cose. Siamo allora in presenza del sublime, dal latino sub limine, oltre la soglia (del portabile umano). Mentre nella contemplazione serena del bello il piacere è connesso alla qualità dell’oggetto ammirato, nella vertigine estatica del sublime il sentimento ci proviene dalla sua quantità illimitata. Davanti al sublime, la nostra ragione si sente impotente a cogliere il significato profondo della Natura e si apre all’infinito e all’assoluto. Questa apertura è un’emozione estetica, non un predicato razionale, ma ci dà l’intuizione di trovarci possibilmente di fronte all’indecidibile. Nel sublime anche, dopo la percezione della nostra piccolezza con sensi di smarrimento e frustrazione, in un sussulto di razionalità ci riconosciamo comunque superiori al resto della Natura, stante il nostro essere umani, cioè le uniche creature dotate di autocoscienza e capaci così di trascendere la Natura ed ogni sua potenza.

Da giorni medito sul genoma con “giudizi riflettenti” (direbbe ancora Kant), ovvero non puramente razionali, ma tendenti a stabilire un accordo tra il razionale ed il sensibile. Ti confesso, lettore, che più mi addentro in questo fenomeno della Natura vivente, che interseca la biologia con la chimica e la cibernetica, più provo nelle viscere la consapevolezza di stare in presenza del sublime, per la complessità terrificante dell’oggetto che sembra annullarmi come essere razionale.

La necessità razionale dell’esistenza del programma genetico

Cominciamo con chiederci: esiste davvero un programma informatico contenuto da qualche parte negli organismi (vegetali, animali e umani), simile ad un programma lineare digitale della cibernetica, dove esso controlla l’azione di macchine? Pongo la domanda perché da qualche tempo, forse per lo sforzo persistentemente vano a trovare un modello dell’abiogenesi, si alzano voci dubitative o almeno riduttive nel composito campo darwinista. Ebbene, se non si crede che il pero nasce dal seme della pera per caso, e così il gattino dall’ovulo fecondato della gatta e il bambino dalla donna, essendo solo una fortunata serie di eventi ciechi a selezionare di seguito per settimane i 10 ^24÷10^25 atomi che compongono la struttura ordinata dell’individuo biologico; se non si può razionalmente credere ciò, si deve ritenere necessario razionalmente, prima ancora che da ricercare scientificamente, che nel seme o nell’ovulo fecondato d’una specie esistono già le istruzioni e il macchinario iniziale per il montaggio d’un individuo della stessa specie, a partire da un’estrazione selettiva programmata dall’ambiente della materia e dell’energia necessarie.

Questa intuizione appartiene alla filosofia classica. Tommaso d’Aquino usa il termine “seminalis ratio”, che è l’antica idea stoica del “logos spermatikos”, e ricorda che fu Agostino ad introdurre per primo il concetto nel pensiero cristiano: “È evidente che i principi attivi e passivi della generazione delle cose viventi sono i semi da cui si generano le cose viventi. Perciò Agostino opportunamente ha dato il nome di ‘cause seminali’ (seminales rationes) a tutti i principi attivi e passivi che presiedono alla generazione naturale e allo sviluppo [degli organismi viventi]” (Summa Theologiae, I, q. 115).

Non che il dottore angelico conoscesse il DNA, ovviamente: non c’erano allora gli strumenti tecnici d’indagine. Ma egli sapeva dell’esistenza d’una successione prestabilita e ordinata di forze che partendo da Dio, creatore degli enti e permanente garante della loro non ricaduta nel nulla, si esprime nella generazione di ogni vivente. Alla catena causale partecipa la Natura, tramite forze successive di cui Dio Si serve per lo sviluppo progredente nel tempo del Suo progetto mondano. Tommaso non dice quali siano le cause naturali, ma dice che ci sono e le ordina: “Le cause possono essere considerate a diversi livelli. Al primo livello […] sono principalmente e originariamente nella parola di Dio, come ‘idee prototipali’. Al secondo, esse sono in Natura, dove sono state tutte insieme create all’inizio, come ‘cause universali’. Al terzo, esse agiscono come ‘cause particolari’ in quelle cose che nel tempo sono prodotte dalle cause universali, per esempio in questa pianta e in quell’animale. Al quarto livello, sono nei semi prodotti da animali e piante. E come le cause primordiali universali produssero i primi effetti, così i semi producono gli effetti particolari attuali” (ibid.). Se il primo livello appartiene alla teologia, alla scienza naturale appartengono i livelli successivi di causazione. Per la fisica, le “cause universali” sono il campo elettromagnetico, la gravità, le forze nucleari debole e forte: dal Big Bang, sono a monte dell’embriogenesi chimica delle diverse specie di ogni tempo. Ai livelli “terzo” e “quarto”, dove regolano lo sviluppo e prima ancora generano le unità viventi, Tommaso intendeva letteralmente 8 secoli fa quello che noi oggi chiamiamo “programma genetico”.
L’esistenza d’un programma genetico è dunque una necessità di ragione compresa fin dagli albori del pensiero occidentale.

Che cosa significa programma genetico

Stava alla scienza sperimentale individuare la base fisico-chimica del programma, e ciò è avvenuto 60 anni fa per merito di Francis Crick e James Watson con la scoperta della funzione del DNA, come ho ricordato in un altro articolo. In fondo, l’esistenza d’un programma genetico è un segno distintivo della vita rispetto alla materia inanimata. Ad una conferenza internazionale svoltasi a Modena nel 2000 sui fondamentali della vita, per prima cosa fu richiesto ai partecipanti (tutti docenti universitari) di proporre la loro personale definizione di “vita”. Anche se nessuna definizione risultò uguale ad un’altra, si poterono suddividere le risposte in due classi. Una classe risultò composta delle definizioni più disparate, come: il possesso di una certa stabilità genetica, ma allo stesso tempo di una sufficiente mutabilità, così da permettere evoluzione e adattabilità; oppure una reattività efficace agli stimoli ambientali, così da supportare la sopravvivenza e la riproduzione; ancora, la capacità di catturare, trasformare ed immagazzinare l’energia per il proprio utilizzo; ecc., ecc. L’altra classe comprendeva invece definizioni aventi un elemento comune: la presenza d’un programma informativo. L’evidenza che nel mondo inanimato non sia mai stata osservata una sequenza di reazioni chimiche e trasformazioni fisiche, guidata da un programma d’istruzioni crittate in un codice, era già stata fatta da Ernst Mayr (uno dei padri della Sintesi Moderna) nel 1988, portandolo a definire come criterio di separazione tra organismi viventi e materia inanimata l’esistenza o l’assenza d’un codice genetico. La proposta di Mayr sanciva il riconoscimento in tutta la biologia del cosiddetto Dogma della biologia molecolare, “DNA → RNA → proteine”, che non era stato un’invenzione di creazionisti, ma l’assioma fondante della genetica moderna, così come concepita da Crick, Monod, Dobzhansky, ecc.

Trovare un modello di come un tale programma possa essersi generato per cause naturali (ovvero, risolvere l’abiogenesi) è un compito immane, forse gödelianamente indecidibile dalla ragione umana: c’è infatti una discontinuità tra la chimica di un pianeta privo di vita qual era la Terra 4 miliardi di anni fa, dopo l’LHB (l’intenso bombardamento tardivo, meteoritico), e la biochimica di appena 200 milioni di anni dopo, con la comparsa combinata

1) di un metabolismo cellulare fondato sulla chimica del carbonio;

2) d’un programma per realizzarlo istanziato in un polimero, l’enzima RNA polimerasi per la produzione di mRNA, destinato ad esser traslato in proteine;

3) di un sotto-linguaggio algoritmico, istanziato in un altro polimero, il DNA, contenente le sequenze di basi chimiche che forniscono le istruzioni iniziali all’RNA;

4) di un sistema cibernetico (le reti degli organelli della struttura cellulare), capace di eseguire le traslazioni di programma e la proteinogenesi finale.

Anche se la nostra comprensione del genoma è lungi dall’essere completa, a cominciare dall’individuazione di tutte le sub-routine (con i geni e le loro reti), lo stato dell’arte ci permette di sapere che il programma genetico è costituito di algoritmi digitali lineari, uguali a quelli che si studiano in scienza dell’informazione.

L’informazione del DNA

Il DNA umano (tutto, compreso ciò che la nostra ignoranza attuale chiama “spazzatura”) è un polimero costituito di k = 4 nucleotidi, ripetuti N = 3,2 miliardi di volte. Il numero di disposizioni con ripetizioni di N elementi su k dati è k^N, che in questo caso diviene k^N = 4^3.200.000.000 = 2^6.400.000.000. Dunque l’informazione sintattica d’un intero genoma è pari a 6,4 miliardi di bit, equivalenti a 800 MB. Davanti ai calcoli, ho cominciato a sentire un formicolio nello stomaco: era il giudizio riflettente estetico che mi stava penetrando ed avrebbe finito per soverchiarmi…

Certo, il primo moto è stato di stupore che tanta informazione risultasse concentrata in una molecola. I dispositivi convenzionali di memoria di massa hanno oggi capacità di qualche TB (1 TB ~ 10^6 MB) distribuita in ~100 cm3. Gli 800 MB del DNA sono concentrati in ~10^(-11) cm3. Il rapporto delle densità d’informazione è quindi 10^10 a favore dell’hardware al carbonio del DNA, rispetto a quello al vetro o alla ceramica dei nostri gingilli high-tech, con un gap strutturalmente incolmabile. Nessuna meraviglia che, all’insaputa degli ideologi della biologia che non hanno mai messo piede in un laboratorio e la cui fantasia narra i miti del cattivo lavoro e degli scherzi del caso, il DNA (batterico) sia studiato per essere impiegato come una scheda di memoria riscrivibile; e sia copiato nelle nanotecnologie per le sue proprietà di riconoscimento molecolare che lo rendono capace di auto-assemblarsi in strutture bidimensionali o poliedriche di complessità inarrivabile. Tali assemblati sono utilizzati con funzioni essenzialmente strutturali, per l’informazione organizzata in modo ottimale che contengono, e non come vettori d’informazione biologica. Per la sua compattezza, il DNA serve da modello anche in crittografia, nella costituzione e nell’utilizzo efficiente di cifrari sicuri.


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Certo, è stato stupefacente per me scoprire la rarefazione della semantica salvata in sporadiche, preziose configurazioni del polimero. Infatti, delle k^N stringhe diverse, solo un’estrema minoranza è DNA d’un uomo, d’un animale o d’una pianta: ognuna di queste poche, sparse “frasi utili” rispecchia una differente disposizione con ripetizioni dei nucleotidi e questa sequenza detta quali proteine comporranno l’essere vivente, se l’organismo nel suo sviluppo metabolico produrrà squame o foglie, quattro gambe o due gambe, o un gambo… La stragrande maggioranza delle disposizioni sono frasi senza senso, programmi “hackerati” che non funzionano: pure chimere! Al livello primario delle relazioni atomiche, la scelta “utile” tra una specie e l’altra e tra un individuo e l’altro nella stessa specie (cioè la selezione del genotipo) avviene nella formazione dei (forti) legami 3’5’ fosfodiesterici lungo la sequenza degli acidi nucleici. Qui, chimicamente, i monomeri polimerizzano in ordine; e qui, ciberneticamente, sta la selezione del programma in quanto determinazione di una sequenza ordinata di istruzioni tra tutte le sequenze possibili. A priori solo improbabilissimamente un legame fosfodiesterico collaborerà alla semantica funzionale dell’intera sequenza integrandosi prima con le altre istruzioni agli altri nodi della sua sub-routine genica per la produzione d’una proteina e poi con le altre sub-routine del polimero per la sintesi successiva di biofunzioni concorrenti allo sviluppo d’un organismo vivente. Piuttosto, quasi sempre, una sequenza casuale darà luogo ad un crash del programma, ad un “aborto” biologico.


Nell’universo delle k^N sequenze sintattiche, le rarissime sequenze semantiche sono anche topologicamente isolate tra loro. Qualcuno potrebbe pensare di cambiare un aminoacido alla volta sperando in questo modo di passare da una sequenza utile ad un’altra. Ma accadrebbe invece, quasi inevitabilmente, che l’enzima smetterebbe di svolgere le sue precedenti funzioni, prima d’imparare ad adempiere ai suoi nuovi “doveri”, e cesserebbe di esistere…, insieme a tutto l’organismo! Il principio selettore delle poche sequenze vitali dalla turba infinita di quelle senza senso è l’enigma nel mistero dell’abiogenesi. Qui selezione naturale e caso sono impotenti. Sul legame fosfodiesterico infatti, un effetto della selezione naturale è impossibile, perché la selezione agisce solo dopo l’esecuzione del programma, sui fenotipi già sintetizzati, privilegiando tautologicamente quelli che meglio si adattano all’habitat. Anche l’effetto del caso è nullo sul legame fosfodiesterico, se consideriamo che i 200 milioni di anni in cui è precipitata l’abiogenesi equivalgono a 10^59 tempi di Planck, un periodo nel quale non possono essere avvenute in un pianeta di 10^50 atomi più di 10^109 reazioni chimiche: che sono zero rispetto alle 4^580.000 ~ 10^349.000 sequenze diverse da esplorare del batterio più semplice (come il Mycoplasma genitalium, che ha appena 580.000 coppie di basi e mezzo migliaio di geni). Nell’ipotesi panspermica, di vita proveniente da un meteorite LHB, il massimante delle reazioni chimiche sale a 10^143, ancora infinitesimo rispetto a 10^349.000.


En passant, l’isolamento delle stringhe vitali è anche una confutazione chimica della Sintesi Moderna: la fiducia neodarwiniana che, una volta calato dal cielo un progenitore ancestrale, le mutazioni casuali e la selezione naturale possano spiegare la speciazione asincrona coincide infatti con la congettura – recentemente smentita anche da un’analisi matematica del genoma di due specie diverse del genere Mus – dell’esistenza di un cammino “continuo” che, per cambi di singoli bit, trasformi il DNA di una specie in quello di ogni altra, passando sempre per applicazioni funzionanti, ovvero per specie viventi e fertili.
Ancora, ho ammirato l’estrema efficienza del sistema operativo dell’RNA, capace d’interpretare l’informazione utile alla costruzione d’un uomo da soli 800 MB di sintassi. Che cosa sono oggi 800 MB in un pc basato su Mac OS, o MS Windows, o Unix, o qualsiasi altro sistema operativo? L’album d’un centinaio di foto o la raccolta d’una decina di canzoni. 800 MB sono una stringa già corta per l’informatica da casa, sono il peso dell’applicativo Office (interpretato da Windows) che utilizzo come word processor per scrivere questo articolo. Nell’industria, 800 MB non controllerebbero un tornio a fabbricare un chiodo! Invece, la cibernetica nucleica che, dal momento del concepimento, guida i ribosomi nel citoplasma a fare un uomo si accontenta della quantità di sintassi d’un album di canzonette.

E ancora, ho preso atto con stupore che sintassi, linguaggi, sistema operativo e cibernetica sono uguali per tutte le specie viventi dei regni vegetale ed animale. Le major dell’I&CT, il cui campo è dominato per logiche di mercato dall’anarchia di decine di linguaggi e sistemi operativi non comunicanti, tutti allegramente in lotta contro l’interoperabilità reciproca, sono servite…
Sarebbero felici di apprendere tali meraviglie gli antichi filosofi, che alla seminalis ratio erano arrivati con la ragion pura molti secoli fa. Anche agli scienziati contemporanei il genoma appare meraviglioso:

“Se una particolare sequenza di aminoacidi fu selezionata a caso, quanto raro potrebbe essere un tale evento? […] La gran parte delle sequenze non potrà mai essere sintetizzata del tutto, in nessun tempo” (F. Crick, “Life Itself: Its Origin and Nature”, 1981).

Quando però mi volgo a contemplare altre due caratteristiche del genoma, la meraviglia non nomina più adeguatamente ciò ch’io provo, perché esso mi diventa inafferrabile, sublime. Queste caratteristiche sono la sua ridondanza ottimale e la sua circolarità simbolica.

La ridondanza ottimale del programma genetico

Tutti conosciamo un dizionario bilingue. Metà del libro ha una prima colonna occupata dalle parole d’una lingua ordinate alfabeticamente, e una seconda colonna occupata dalle loro corrispondenti nell’altra lingua; l’altra metà del libro inverte i posti delle due lingue. Traduzione diretta e inversa. La corrispondenza tra le due colonne non è biunivoca, perché tutte le lingue parlate sono ridondanti di sinonimi e omonimi.
In informatica una tabella di crittazione/decrittazione è un dizionario tra due programmi concatenati e consiste in una corrispondenza tra i loro simboli alfanumerici. Nel codice genetico la corrispondenza tra i 4^3 = 64 codoni dell’RNA ed i 20 aminoacidi (che concorrono alla sintesi proteica) non è biunivoca: codoni diversi codificano lo stesso aminoacido. Per es., 6 triplette diverse codificano la leucina. Questa ridondanza si chiama tecnicamente una “degenerazione” del codice.
Nei programmi artificiali ogni ridondanza origina code che occupano memoria crescente con l’uso, rallentando l’esecuzione degli algoritmi, fino a rendere inutilizzabile il programma e richiedere formattazioni e reinstallazioni. Perciò ogni programmatore cerca di ridurre al minimo le ridondanze. Quando la loro riduzione diventa un aspetto critico, per es. nelle telecomunicazioni dove la larghezza di banda non è mai abbastanza, si utilizzano tecniche approssimative di compressione dei dati, che quasi sempre comportano parziali perdite d’informazione.

A prescindere dalle ridondanze, tutti i sistemi cibernetici avanzano inesorabilmente verso il nonsenso, la disfunzione e il fallimento. La fatale causa del deterioramento graduale del loro funzionamento sta nel secondo Principio della termodinamica, che dà la freccia del tempo a tutti i moti di Natura: in complesso, dall’ordine al disordine. Così, ogni forma di energia degrada in calore inutilizzabile.

Nei sistemi industriali a controllo numerico, il tempo e l’uso logorano, oltre ai robot, i supporti fisici dove sono salvate le informazioni. Quando i simboli istanziati, i commutatori ai nodi di controllo e i circuiti elettronici si deteriorano, le istruzioni formali istanziate perdono affidabilità semantica. In una striscia di trilioni di 0 e 1, basta lo scambio d’un simbolo ad arrestare la robotica. La termodinamica evidentemente non ha effetto sui formalismi astratti progettuali, ma soltanto sui materiali della loro istanziazione; tuttavia è proprio questa entropia a causare il declino delle funzioni cibernetiche degli impianti reali, che solo dall’intervento intenzionale di un agente formale (cioè: un operatore umano) possono essere ripristinate.
A differenza dell’industria però, il codice genetico degli organismi viventi istanziato nei due polimeri non ha agenti intenzionali costantemente all’opera per riparare ogni mutazione casuale, di per sé negativamente efficace solo a deteriorare i metabolismi. Ecco allora, inaspettata, la ridondanza nella corrispondenza non biunivoca tra triplette e aminoacidi a sopperire, rafforzando il codice con un’ottimizzazione algoritmica! All’analisi informatica, la tabella delle corrispondenze è risultata un sistema di codificazione a ridondanza apparentemente pianificata a rallentare l’inquinamento genetico che l’ambiente altrimenti produrrebbe, minimizzando gli errori di traslazione nell’mRNA tra i codoni e l’inserimento degli aminoacidi durante la sintesi proteica. (Si noti: l’inquinamento è rallentato dalla ridondanza, non è azzerato: l’entropia condanna comunque la vita individuale alla morte, con buona pace delle utopie transumanistiche, nonché le specie ad una lenta involuzione; così come, comunque, consente nelle ere l’insorgenza saltuaria di quelle modifiche elementari, adattative all’ambiente ex post per selezione naturale, che sono le evoluzioni intraspecifiche).


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11/05/2021 14:47
 
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Sorge allora la domanda: se l’alleanza del caso e del tempo può solo congiurare negativamente al livello (primo) del genotipo; se la selezione naturale può solo agire sul fenotipo, che però in quanto prodotto finito (ultimo) della programmazione risulta inefficace a migliorare gli algoritmi degli acidi nucleici; quale necessità ha pianificato e ottimizzato la ridondanza, rendendola una garante basica dell’omeostasi ed una barriera logica contro due agenti (il caso ed il tempo) incessantemente al lavoro nel genoma per l’involuzione delle specie e la loro scomparsa?


La scalata alla vetta della (relativa) stabilità non esibisce l’evidenza di uno zig zag di sentieri evolutivi usciti da una procedura per tentativi ed errori sviluppatasi casualmente in un tempo lungo generoso, ma piuttosto quella di una corsa intelligente contro un tempo ostile resa possibile da una mappa matematica iscritta in una necessità (ancora) celata. Se la biologia non è una scienza naturale “autonoma”; se, dopo Galileo, la necessità nelle scienze naturali è data dalle leggi della fisica, la tabella ridondante di traslazione RNA → aminoacidi suscita in me la vertigine di un abisso infinito. Non vedo tra i 4 campi della fisica nessun meccanismo candidabile a far da sorgente.
Gli ideologi della biologia, che non hanno mai visto un business plan e la cui immaginazione narra di geni egoisti ed autoreferenziali, saranno forse sorpresi di apprendere che la ridondanza ottimizzata del codice genetico è utilizzata in industria e in finanza per risolvere problemi non computabili, che nulla hanno a che fare con la biologia. Abbiamo visto prima che la compressione è normalmente riduttiva d’informazione. Esiste però una compressione datalossless, che non riduce l’informazione veicolata. Anche questo tipo di zippaggio purtroppo, è ottenuto in industria con tecniche approssimative, solo parzialmente soddisfacenti, perché la scelta di un codice che azzeri le ridondanze è forse un problema di complessità non computabile. Ebbene, oggi la compressione datalossless che troviamo realizzata a livello ottimale nel DNA viene utilizzata per simulare la soluzione di problemi che ci risulterebbero altrimenti insolvibili. Così, si è scoperto che l’organizzazione assemblativa delle componenti del DNA è matematicamente ottimizzata non solo in termini di spazio, ma anche di compressione logica! L’osservazione del DNA è risultata più vantaggiosa del calcolo tradizionale approssimativo via computer, sia dal punto di vista dell’energia consumata che dello spazio utilizzato.

La circolarità simbolica del programma genetico

In informatica, la progettazione dell’algoritmo (che consiste nella successione dei passi logici elementari, risolutivi di una classe di problemi) è distinta dalla stesura delle istruzioni in un qualche linguaggio, la programmazione; e questa è distinta dalla scelta del metalinguaggio che interpreta quelle istruzioni, e dal meta-metalinguaggio eventuale che interpreta le istruzioni traslate…; infine, queste operazioni sono distinte dalle tabelle di crittazione e decrittazione associate a coppie di linguaggi concatenati e dal sistema operativo usato, fino alla cibernetica finale che nel nostro caso è la sintesi proteica. Nella divulgazione si confonde ingenuamente il genoma con il sistema dei geni, ma le cose sono più complesse. Come sa bene chi fa programmazione anche solo a livello di scuola media, la progettazione astratta (rappresentata nel diagramma di flusso) non sceglie i linguaggi informatici, per es. Pascal o Perl, dove formalizzarsi; e questi non scelgono i linguaggi interpreti, intermedi e di controllo dell’hardware, via via fino al linguaggio-macchina che compila finalmente la catena in istruzioni eseguibili fisicamente. Dato un diagramma di flusso, non c’è nulla di più gratuito, nel senso di appartenente al mondo umano della libertà e della volontà, d’ideare una catena di linguaggi informativi e di sistemi operativi (con le loro regole di traslazione reciproca) che esegua il diagramma. Questa gratuità si tocca con mano nella pletora anarchica di programmi e sistemi che competono nel mercato di applicazioni e device.

Prima ancora dell’ottimizzazione della ridondanza, le traslazioni DNA → RNA → aminoacidi pongono il problema della loro stessa esistenza simbolica. Alcuni milioni di robot per cellula (i ribosomi) leggono le molecole di mRNA (che sono la traduzione nel linguaggio dell’RNA delle sub-routine geniche del DNA) e le trascrivono in aminoacidi secondo le regole d’una (seconda) traduzione, quelle della tabella ridondante; gli aminoacidi, al ritmo di due al secondo, vengono agganciati nella costituenda proteina. Tutto perfetto, ma… i ribosomi necessari alla proteinogenesi sono macchine controllate, già bell’e pronte e ordinatamente disposte ad una catena di montaggio, ciascuna macchina essendo ingegnerizzata con una cinquantina di proteine, già bell’e pronte e ordinatamente disposte nel sotto-sistema dei singoli robot!

Alla conquista dell’abiogenesi sono stati concepiti svariati modelli, basati sull’autocatalisi di molecole organiche a sofisticazione crescente, fino alla formazione spontanea di composti capaci di riproduzione ed ereditarietà. Ma nessuno di questi modelli affronta, a mio giudizio, il nocciolo del problema, che è formale prima che chimico: poiché non esiste un nesso fisico unidirezionale (nel senso di rapporto tra causa efficiente al tempo t ed effetto misurabile al tempo t’ > t) tra la sequenza nucleotidica (programmata) e la sequenza aminoacida (funzionale), come si possono scientificamente spiegare il simbolismo e la circolarità della catena chiusa (DNA → RNA → proteine → DNA) di corrispondenze e trascrizioni? Le cause materiali ed efficienti, cui si auto-disciplina il metodo scientifico, non hanno la capacità dei programmatori umani di concettualizzare un sistema chiuso, che impiega diversi livelli collegati di rappresentazione simbolica, perché il simbolo appartiene solo all’umano. Le triplette codoniche acquisiscono un significato funzionale nella cibernetica dell’organismo vivente solo quando gli aminoacidi che esse prescrivono sono collegati in un certo ordine, che usa due linguaggi diversi.

Ma come può auto-organizzarsi un sistema olistico operativo e traslativo? I 4 campi della fisica non hanno nulla da dire sul fenomeno della traslazione linguistica. Il rompicapo logico dell’uovo e della gallina resta lì, in piedi, suscitando le vertigini dell’inconoscibile.

La computer science applicata ha molto da imparare dalla chimica degli acidi nucleici. Tratti del DNA sono dispositivi computazionali, in quanto processano input chimici che generano output come risultanti da una sequenza di operatori logici. La chimica lascia trasparire una concettualizzazione informatica, che il successo della vita dimostra essere infinitamente più avanzata della nostra grezza, basata sulla fisica dei semiconduttori. Tutti gli operatori logici (OR, AND, ecc.) e le loro composizioni, che in elettronica simuliamo con circuiti appositi, sono risultati replicabili all’interno di reazioni e fenomeni chimici. E, a un certo livello d’integrazione, la chimica perviene al processo computazionale della programmazione vera e propria. Questi polimeri logici allora, si prestano a riconfigurazioni convenienti, con applicazioni brillanti in medicina, dove la loro dimensione molecolare è un vantaggio competitivo rispetto alle controparti convenzionali a semiconduttore. Così, la logica molecolare è utilizzata nella rilevazione chimica (in particolare intracellulare) di piccoli composti e nella diagnostica “intelligente”.

Conclusioni

Senza tirare in ballo l’alterità psichica dell’Io e il mind-body problem, che sono i problemi (scientifici?) in cima all’albero della vita, già a partire dall’origine di un batterio alcuni scienziati parlano d’indecidibilità, considerandone irriducibile la complessità dell’organizzazione. Niels Bohr giudicava “la vita consistente con la fisica e la chimica, ma da esse indecidibile” e che “l’esistenza della vita deve essere considerata come un fatto elementare (un assioma) che non può essere spiegato, ma che può solo essere preso come un punto di partenza in biologia” (“Light and Life”, Nature, 1933). Dello stesso parere Jacques Monod (in “Caso e necessità”, 1970) ed Ernst Mayr (in “Is Biology an Autonomous Science?”, 1988). Francis Crick, disperato, preferì buttarsi sulla panspermia.

Anche Stuart Kauffman, che alla ricerca dei meccanismi della vita ha dedicato il suo genio, riconosce nell’ora del ritiro che i suoi modelli fondati su complessità e confini del caos sono solo in minima parte esplicativi, e forse esclusivamente metaforici:

L’evoluzione della biosfera supera tutte le leggi fondate sulle simmetrie [le leggi della fisica, NdR]e costruisce uno ‘spazio delle fasi’ o delle possibilità che non possiamo pre-determinare” (“The Re-Enchantment of Humanity”, 2011).

Se la fisica può studiare la materia inanimata in spazi di fase predeterminati (come, dopo la classica, fa anche la meccanica quantistica), questo non si può fare secondo Kauffman per la vita. Perché la biosfera costruisce oltre le leggi della fisica “oltre lo stesso Darwin, ed oltre anche ogni principio di ragion sufficiente, in ogni tempo la nicchia adiacente in cui evolverà. Come l’economia, la cultura e la storia umane. Noi siamo oltre Newton, Einstein, Darwin e anche Schrödinger, poiché il divenire della biosfera è fatto solo parzialmente di mutazioni quantistiche a-causali, e tuttavia non è casuale. […] Il mondo è nuovo e […] noi viviamo in un magico incanto” (ibid., grassetto mio).

Una conclusione tanto poetica quanto amara da parte di chi aveva puntato tutto sul rigore matematico per superare le narrazioni ad hoc darwiniane. Di queste aveva detto un tempo:

L’evoluzione è piena di queste just-so story, o plausibili scenari senza alcuna evidenza empirica, storielle che amiamo raccontarci, ma su cui non dovremmo riporre alcun affidamento razionale” (S. Kauffman, At Home in the Universe, 1995)

Ed ora si ritrova ad aver raccontato altre storie, solo in un diverso stilema…


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11/05/2021 14:50
 
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Io non condivido la perentorietà del giudizio d’indecidibilità sull’abiogenesi. Davanti alla gratuita organizzazione della vita e all’evidenza sperimentale (infalsificata) che la vita nasce solo da vita pre-esistente, provo come Kauffman un “magico incanto”. Però, con Kant (e Galileo prima di lui) distinguo il “giudizio determinante”, proprio della fredda attività razionale, dal “giudizio riflettente” che postula un’unità della Natura con i mondi umani del sentimento e della libertà e così si rifugia tra le calde braccia della teleologia. Una cosa è affermare che esistono problemi indecidibili: questa è una verità dimostrata dal primo teorema di Gödel; altro è affermare che uno specifico problema P è indecidibile: per il momento, noi conosciamo per indecidibili con certezza ben poche questioni (l’ipotesi del continuo di Cantor, il problema della tassellatura di Wang, ecc.). Per l’abiogenesi io non vedo né tocco una verità, perché nulla è stato (ancora) dimostrato con la ragion pura e nulla di determinante può essere partorito dal giudizio estetico.


Si continui dunque lo studio dei fenomeni biologici nel rispetto del metodo scientifico, senza immaginare di superare gli stalli persistenti (in primis: la precipitazione dell’abiogenesi e la speciazione asincrona) con il contrabbando del punto di vista teleologico, o fantasticando di “autonomia della biologia” (E. Mayr) dalle altre scienze (nostalgia del vitalismo?), quando all’opposto le soluzioni possono dipendere solo da una maggiore interdisciplinarità.


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