Alberto, citando Isnenghi, fa giustamente notare quali siano i due livelli della questione, e la loro difficile conciliabilità, anche se è necessario che l'uno non escluda l'altro se si vuole veramente analizzare il fenomeno in maniera esauriente.
Io accetto che la politica dica che tutti i morti della GG lo sono stati a causa di un evento immane che li ha travolti, dentro il quale ogni regola del vivere civile è stata sovvertita e le persone possano aver agito seguendo istinti che in condizioni normali non avrebbero faticato a gestire meglio, o a reprimere del tutto. Questo punto di vista a mio parere non può essere tacciato di incompetenza o ignoranza storica; è solo la valutazione del fenomeno secondo criteri diversi, che possono essere sociologici o antropologici, anche. Dunque, concesse queste attenuanti che però solo oggi siamo in grado di comprendere e valutare, non è del tutto campata in aria la richiesta di una riabilitazione generale.
Del resto le azioni criminali rimangono, così come le leggi del tempo, e il giudizio storico non può non tenere conto della diversità del trattamento subito da chi venne condannato da un tribunale militare (ricordiamolo, del tutto legittimato a emettere qualsiasi sentenza) e chi invece fu vittima di giustizia sommaria. La storiografia, valutando i fatti, deve fare queste distinzioni, e dunque, basandosi su riscontri oggettivi, la riabilitazione di tutti i fucilati appare una generalizzazione ingiusta, addirittura offensiva verso chi morì facendo il proprio dovere.
Ribadisco il mio punto di vista, perché uno bisogna pur averne: così come è meglio un colpevole in libertà di un innocente in carcere, altrettanto è meno peggio la riabilitazione di un criminale che il marchio d'infamia su un fucilato per sorteggio.
[Modificato da mito65 18/04/2021 11:49]
-----------------------------
Michele Tofanelli
Membro C.D. ASCeT