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Candidatura Asphodel

Ultimo Aggiornamento: 31/05/2021 09:41
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...eccola. A metà, ma visto il tempo trascorso procederei a scaglioni. Il prima possibile arrivo anche con la seconda parte, intanto...



Anche se sulla forma animale ti sei scordata una cosa, vediamo se con le role la ritrovi ;)


Oui! La forma animale prescelta non sparisce mai del tutto dal Drakul, che ne conserva addosso alcuni tratti caratteristici. Può scegliere comunque se renderli o meno palesi.


- Asphodel Drakul durante una giornata di pieno sole. Come e dove la collocheresti (azioni a piacere) e in che modo.


[ Villa – Camera di Asphodel ] { Materiale – Innate } E la santa bestia intelligente degli dei ha detto: io sono una brava bestia di fronte a questo corpo di Margot; non di Asphodel: di Margot. – Se ne sta chiusa in camera sua, il fu ratto rosso. Al buio, immersa in un’atmosfera tanto densa che la direste subacquea. E cos’è che la rende tanto pesante? Dopotutto non è, quell’aria viziata, semplicemente aria? Non rassomiglia, quel buio, al banalissimo buio di una soffitta chiusa a chiave, con le imposte sigillate e il pulviscolo che danza lezioso sotto fasci di luce sporadica? Oh, no. Tale oscurità è carica, vedete, di un particolare tramestio. Di un nervosismo che corre sottopelle, represso e latente, che s’irradia dall’algido corpicino rannicchiato all’angolo opposto rispetto alla finestra, là nella sua vecchia camera da letto. Fatichereste a vederla, tanto è pesto il buio riprodotto: le tende chiuse, a oscurare il sole fuori dal suo regno, le ha volute pesanti, pesantissime, di velluto damascato – ‘così che non filtri il benché minimo bagliore a disturbare il sonno’.

[ Villa – Camera di Asphodel ] { Materiale – Innate } [ Niente concetti niente affetti niente organi niente nervi niente ossa niente vene ]. È un brusio continuo quello che attraversa la camera, come di un rosario sussurrato a memoria. Proviene dal corpo rannicchiato e schiacciato contro l’angolo, i cui occhi di brace se ne stanno fissi alle tende chiuse. Spalancati e immobili, come potessero oltrepassare il pesante drappo senza ferirsi. E quello che leggereste sul volto d’alabastro – ammesso che riusciate a coglierne i tratti affilati, nella densa oscurità – è un nervosismo trattenuto da una curiosità becera, la prima, fallace. [ Niente morte niente sonno niente sogni niente atti niente fatti ] continua la bestiola, in guardia contro una minaccia che si muove là fuori lenta, fino al tramonto. Veste dei suoi abiti da garzona, e tuttavia non la diresti la solita Dandelion. Se appoggiassi l’orecchio al suo petto sentiresti il suo battere sporadicamente, raramente – in modo tutt’altro che naturale. [ Niente vizio niente virtù niente onore niente peccato… ]

[ Villa – Camera di Asphodel ] { Materiale – Innate } [ Niente paura niente impressioni niente sentimenti e colpi ] varia, reitera [ e colpi, colpi, colpi, colpi ], i palmi a coprire le orecchie. A cosa si riferisca non è dato saperlo ma è possibile intuirlo: che sia il suono che ora la ossessiona? – Tum, Tu-tum, Tu-tum. – La preghiera, comunque, termina lì. Asphodel rompe la stasi, si leva eretta e cammina al buio, attraversando la stanza senza alcuna difficoltà. Badate bene: non è memoria né familiarità – non più solo quello. In quella notte artificiale, densa, pesante, vede perfettamente; la confidenza con la quale si muove è tutta dovuta alla vista più acuta. E qual è il prezzo da pagare se si penetra la notte?

[ Villa – Camera di Asphodel ] { Materiale – Innate } Guardate. Come detto attraversa la stanza, si avvicina a una delle tende. Se ne sta lì a titubare o ad attendere, non si capisce bene. Assottiglia le palpebre come a volersi preparare a un impatto, mentre la destra si leva a mezz’aria per agguantare il drappo che la separa e protegge dalla luce diurna. Se ne avesse bisogno trarrebbe un lungo respiro… invece, nel petto, è immobilità e tensione. [ Ricorderò… ] soffia via impercettibile, scosta la tenda. È solo un millimetro, ma tribola come colpita d’un tratto da mille spilli agli occhi. [ ..Ah!! ] geme alta, ferita da un fascio di luce che subito la induce a scattare, a richiudere la tenda per poi balzare all’indietro, ad appiattirsi contro la parete con le mani sulle palpebre bianche. – Ricorderò sempre la mia vita in terra, e che non bisogna attenersi al compatto e all’opaco di una molteplicità temerariamente assembrata.


- Asphodel Drakul che muta da Animale a Nebbia (azioni a piacere)


[ Dalen – Molo Basso ] { Animale – Innate } Eccola, dunque. Potesse presentarsi direbbe certo di chiamarsi Macavity. Ha l’aspetto di uno strano ocelotto dalle macchie ton sur ton. L’occhio vitreo, di un bel color rubino, è l’unico brillio sporadico dell’anima viva – o quasi – al Molo Basso. Sta passeggiando lungo la banchina, l’atipica gatta, vegliando i dintorni con sguardo attento. Se si muove tranquilla, sinuosa, è giustappunto perché ha preso confidenza con questa nuova maschera: ogni muscolo, ogni articolata dinamica del corpo nuovo si sposta con misurata naturalezza. Allora è vero: di ‘storto’ ha solo i colori. Cosa ci faccia lì, poi, è tutto un mistero. Un animale simile lo direste a caccia… e invece no: ha già qualcosa in bocca. Si tratta di un leprotto da poco senza vita, così preso per gioco. Giunta a un pontile svolta per raggiungerne il termine, appressandosi a una barchetta rossa senza nome, ormeggiata lì. Percorre il ponticello che la conduce a bordo e fa il giro esterno della cabina, muovendosi inquieta prima di arrestarsi dinanzi all’uscio che la condurrebbe sotto coperta. Levandosi su due zampe, userebbe le anteriori per spingere e quindi artigliare la porta, grattandola per un po’ prima di mettersi a sedere. Così, per protesta, soffia a bocca piena. Molla la preda in terra e comincia. Non ha davvero bisogno di girarsi e osservare i dintorni per comprendere che là non c’è nessuno: a battere lento – sporadicamente – è solo il suo cuore. Così, socchiudendo gli occhi ferini e perdendo nel vuoto lo sguardo, si concentra sul proprio corpo e le proprie dimensioni, anticipando con l’immaginazione il processo di metamorfosi che di lì a poco la vedrebbe mutare. Piano piano, quasi impercettibilmente e dopo qualche istante, l’involucro cresce. { Animale > Materiale }

[ Dalen – Molo Basso ] { Animale > Materiale – Innate } Da dov’è che parte, quel pizzicorio? Ve ne stupirete, forse, ma ogni volta da un punto diverso, e da lì principia la metamorfosi. Or ora ha la sensazione del brivido diffuso: un lenzuolo che viene sfilato da uno spettro, la pelle scoperta. Gradualmente accade: la pelliccia dell’ocelotto inizia a ritrarsi sotto l’epidermide, la coda a rimpicciolire come risucchiata dalla spina dorsale. Se le falangi alle anteriori si allungano affusolandosi, gli artigli tutti, invece, si ritraggono; assumono il lucido, impeccabile aspetto del vetro. Le spalle si schiudono, le gambe si allungano, lo zigomo si affila e le labbra si rimpolpano. A perforare le guance sino a sparire, furono le vibrisse. Gli orecchi invece restano appena a punta, ridimensionandosi e portandosi in asse mentre dal cranio spuntano, copiose, setose volute rosse. La vedreste bianca come porcellana, al termine del rito, rannicchiata in posizione fetale, se non vestisse gli abiti di una vedova. E badate: sono da donna! In velluto, a viziare una pelle insensibile.

[ Dalen – Molo Basso ] { Materiale – Innate } Se ne sta lì, accoccolata sulle assi di legno come una moglie riversa al funerale del marito. La confondereste con Penelope… e invece è Margot. Quando leva il volto immacolato non c’è traccia di dolore o di gioia, di rabbia o fastidio: ha la forza neutrale del dio. E se sorride a un certo punto, statene sicuri: non è che una smorfia. L’Imitatrice, dunque, riporta lo sguardo all’uscio chiuso. L’ampia gonna dell’abito funereo ha una tasca, e in quella rovista alla ricerca di una chiave che non trova. [ Mnh~ ] mugola appena infastidita – fosse viva avrebbe sospirato. Non si perde d’animo, però: il dono e la provocazione la lascerà di fuori, davanti alla porticina chiusa, dopo essersi assicurata di aver macchiato la superficie di rosso – il sangue del ventre ferito – quel tanto che basta a disegnare un cuoricino stilizzato. Il leprotto è certo malmesso, ma lei non vi bada. Solo, di nuovo, sorride alla sua opera d’arte. E se i sensi si allertano è solo perché a un certo punto lo avverte: tu-tum. Spera forse che non si avvicini più del dovuto, ed è per questo che, immobile, attende.

[ Dalen – Molo Basso ] { Materiale – Innate } …ma no, no. Lo sciocco si avvicina. E sbuffando appena si volta la rossa, indirizzando lo sguardo alla cardiaca fonte che via via le si appressa. Aggrotta le sopracciglia al ‘chi va là’, quando l’uomo con la lanterna sembra aver scorto un’ombra in movimento a bordo. Tace, Margot, e le labbra si stringono in una smorfia indispettita – di un’amante che sia stata interrotta all’apice del suo atto segreto, all’incriminante confessione. Per un attimo pensa addirittura di fermarsi a giocare, forse… e forse si potrebbe, sì… ma no. Non questa notte, ché è tutta dedita all’assente. Questa notte è per il dono e la provocazione, uno scherzino di dubbio gusto dalla bimba al suo paparino. Torna volgersi all’uscio, quindi, soffermandosi sul cuore. Mirando là piega le labbra verso l’alto come fosse un angioletto, e non chiude affatto gli occhi mentre prende a mandare la mente altrove. Il sorriso si spegne lento e il brivido che avverte stavolta, concentrandosi, è il frullio delle sue cellule in agitazione. L’immaginare e l’avvenire, l’involucro animato di magica non-vita che perde consistenza. { Materiale > Immateriale }

[ Dalen – Molo Basso ] { Immateriale – Innate }
Così accade che si disgreghi: il corpo perde di consistenza a partire dal basso e contornando via via l’ovale del volto, lasciando per ultimi gli occhi fissi – fissi – sul sangue che si rapprende alla porta. Sparisce, Margot, in volute di fumo, un istante prima che il lumino del curioso avventore si insinui col suo bagliore al limitare del pontile oltre la barca. L’uomo alza il braccio armato di lanterna e a bassa voce titubante domanda, di nuovo, ‘chi va là’. Ha presto, però, da ravvedersi: in effetti a bordo non c’è proprio nessuno… o almeno così sembra. Asphodel, capite, un corpo ch’è banco di nebbia, si è presto rincattucciata oltre la porta, sfilando sotto allo spiraglio ove soleva lasciare, un tempo, le sue lettere di biasimo. Quel che l’uomo troverebbe, si avventurasse oltre, è giustappunto un leprotto dal ventre divelto, abbandonato là da chissà che cagnaccio di strada. Della silente presenza che fluttua oltre l’uscio, ad ascoltarne il battito come si fa coi richiami e le ninna nanne, non ha il minimo sospetto.
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