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Di prompt stilistici e figure retoriche

Ultimo Aggiornamento: 17/02/2021 12:08
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Giudice***
13/01/2021 23:56
 
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Sesta classificata

“Hannah Abbott, quella buona a nulla”

di Deidres/Eryea

 

Totale: 29.6/38

 


Grammatica e stile: 8/10


La storia non presenta grandi errori, soltanto poche distrazioni e errori di battitura. Ti segnalo, a titolo di esempio: “su di me a alle mie spalle” in cui c’è una “a” di troppo, che forse voleva essere una “e” congiunzione, e “Mangiamorte” in cui il corsivo è inspiegabilmente a metà sulla parola. In generale, quindi, ho notato solo qualche refuso, ma niente di serio. L’unico errore che balza all’occhio è “vomitarli addosso”, che utilizzi con il significato di “vomitare loro addosso”: in questo caso, la particella “-li” sostituisce, sì, il termine “loro”, ma con un valore sintattico differente: nel modo in cui l’hai utilizzata, costituisce un complemento oggetto (vomitare qualcosa di plurale) e non un complemento di termine, come avresti voluto (vomitare addosso a loro, o, equivalentemente, vomitare loro addosso). Se invece volevi scrivere “vomitargli” e l’errore è di battitura, l’espressione risulta comunque scorretta in quanto la particella “-gli” sostituisce un complemento di termine singolare (“a lui”), mentre il riferimento è a più persone (“a loro”).


Il lessico è semplice ma corretto, adatto al contesto di una madre che si rivolge alla figlia piccola.


 


Anche lo stile è semplice, si piega per adeguarsi alla storia e costituisce elemento di caratterizzazione del personaggio principale: la voce narrante non si limita ad assumere il punto di vista di Hannah, ma è Hannah, non solo in quello che racconta, ma anche nel modo in cui lo fa. Tuttavia, devo dire che una scelta di questo tipo, per quanto funzionale e apprezzabile, richiede una coerenza particolarmente spinta che nel tuo caso non ho trovato. Mi spiego meglio con alcuni esempi.


Una scrittura che include frasi del tipo: “Se mi sono mai arrabbiata? Beh, sì… forse è successo”, o anche: “E poi, quando mi guardò con quei suoi occhi impauriti e confusi – gli stessi che ha quando gli dici che hai finito tutte le Cioccorane, proprio loro” denota uno stile più colloquiale è adatto a un discorso diretto – che tu hai impostato tra Hannah e la figlia, implicitamente. Pertanto trovo che stridano un po’ le espressioni più tipiche di uno stile introspettivo, quali: “Mi salirono dei brividi. Brevi, brucianti. Ero furiosa. Una raffica di aria fredda arrivò dalla finestra aperta e brinata dall’inverno, e la abbracciai per provare a calmarmi.” Non sono parole che mi aspetterei di trovare in un discorso madre-figlia, in virtù del fatto che hai impostato il testo proprio come un dialogo (sebbene a senso unico).


Voglio precisare che questo giudizio è specifico per ciò che ho letto, influenzato sicuramente dal prompt che hai ricevuto, perciò non prendere le mie parole come una verità assoluta, ma semplicemente come un’opinione su questa storia in particolare.


Nel complesso la scrittura è buona, corretta e scorrevole, tuttavia il ritmo della storia risulta un po’ interrotto dalla presenza eccessiva di punti fermi, che in alcune circostanze avrei, personalmente, sostituito con delle virgole: il rischio di utilizzare frasi brevi, per quanto esse siano tipiche di un discorso come quello di cui si compone la tua storia, è che il lettore abbia la sensazione di essere interrotto troppo spesso, al punto che andare avanti inizia a diventare faticoso. L’utilizzo frequente di domande retoriche (“Se mi sono mai arrabbiata?”, “Buona a nulla? Io?”, “Sì, ricordo ancora ogni parola. Perché?”) rende già di per sé la narrazione colloquiale e frammentata, perciò aumentare questo effetto con un numero esagerato di punti rischia di risultare eccessivo.


 


Titolo: 1.8/2


Il titolo è in italiano corretto, aderente al testo e suona piuttosto bene. Personalmente non amo molto i titoli lunghi, e se è vero che questo mi è piaciuto abbastanza, non ho potuto fare a meno di trovarlo un po’ fuorviante rispetto al testo, non in termini di contenuto, bensì di stile: mentre la storia è un lungo discorso di Hannah ed è quindi tutta “formalmente al servizio” di ciò che lei racconta, il titolo è più freddo, menziona una certa Hannah Abbott (l’uso di nome e cognome aumenta la sensazione di distacco) e le attribuisce il giudizio dato da qualcun altro (“una buona a nulla”); finisce quindi per essere in antitesi con la difesa che Hannah propone come racconto alla figlia, proprio in questa storia in cui il punto di vista è particolarissimo e centrale rispetto alla narrazione. Si tratta probabilmente di un effetto voluto da parte tua e, naturalmente, il mio parere in merito è assolutamente soggettivo e ampiamente secondario rispetto alla correttezza e all’aderenza al testo; il mio appunto è quindi solamente una questione di gradimento personale.


 


Utilizzo dei pacchetti:


Prompt stilistico: 1.5/4


La narrazione deve essere in seconda persona; ci si può rivolgere al lettore o a un personaggio, ma evitando di scrivere una lettera (o simili).


Temo tu non abbia centrato bene il senso del pacchetto. La seconda persona ha un senso stilistico ben preciso, mentre nel caso della tua storia è utilizzata semplicemente perché il racconto è rivolto a un altro personaggio. Per usare delle definizioni un po’ più tecniche, nel caso di una narrazione in seconda persona il narratario è lo stesso protagonista (ossia il lettore), mentre il narratore resta sullo sfondo, sparisce (riferimento: qui). Nel tuo caso il narratore è Hannah, che è anche la protagonista, non solo della storia che racconta, ma anche della storia che racconti tu, in quanto la macro-cornice vede lei che racconta una storia alla figlia. Questo è esattamente quello che chiedevo di evitare specificando di non scrivere una lettera o simili, perché viene meno lo sforzo richiesto al lettore e quindi la difficoltà del prompt.


L’utilizzo del pacchetto è, quindi, rispettato solo in minima parte, perché la seconda persona è effettivamente presente, ma tramite una sorta di escamotage che ti ha impedito di utilizzare il prompt così come andava fatto.


 


Figura retorica: 3.8/4


Allitterazione



  1. Arrabbiata con il mondo intero, con la morte, con i Mangiamorte, con gli orrori della guerra, persino con Potter (allitterazione della r)

  2. Mi salirono dei brividi. Brevi, brucianti. (allitterazione della br)

  3. Una raffica di aria fredda arrivò dalla finestra aperta e brinata dall’inverno, e la abbracciai per provare a calmarmi. (di nuovo, allitterazione della r e - poco - della f)


La figura retorica è utilizzata correttamente e coerentemente in più punti. In tutti i casi, enfatizza bene la sensazione che la frase completa vuole trasmettere, risultando centrale rispetto al contenuto, esattamente come avevo chiesto. Ritengo non ci fosse un modo migliore per utilizzare l’allitterazione in particolare. Unico appunto: nel secondo caso (allitterazione del gruppo “br”) la figura retorica risulta inserita in maniera un po’ forzata, in quanto gli aggettivi aggiunti (“Brevi, brucianti”) non suonano molto naturali nel contesto, per quanto già detto in merito allo stile.


 


Coerenza e caratterizzazione dei personaggi: 6/8


L’intera storia ruota attorno al personaggio di Hannah, sebbene compaiano marginalmente Neville e altri ragazzi. La centralità di Hannah sta sia nella vicenda che lei racconta, che nel macro-contesto in cui la narra alla figlia. La ragazza appare come la conosciamo dai libri, buona, disponibile, ed è bello il contrasto tra ciò che pensano di lei alcuni compagni (“una buona a nulla”) e quello che pensano lei stessa e Neville (“una persona buona”).


Il punto debole della definizione di questo personaggio sta nel fatto che tutto ciò che apprendiamo di lei ci viene detto e spiegato, ma mai mostrato. Quando scrivi: “Ma niente, ormai ero in balia delle mie emozioni. Mi fiondai su di loro e iniziai a vomitarli addosso tutto quello che stavo provando in quel momento”, non mostri in realtà cosa provasse davvero Hannah. Sappiamo che le sono state rivolte parole spiacevoli e che lei perde il controllo e se la prende con loro, ma non vengono mai descritte le emozioni che la spingono, non è chiaro davvero cosa stesse provando. Ancora: “Penso che nessuno mi abbia davvero mai vista in quel modo, non se l’aspettavano” spiega che lei è insolitamente alterata, ma qual è quel modo? Descrivere gesti ed emozioni (un corpo che trema dalla rabbia, mani strette a pugno per contenere l’impulso alla violenza, qualcosa in più quindi, di un brivido) consente al lettore di entrare in empatia con il personaggio. Come si suol dire, show, don’t tell, ovvero mostra, non spiegare. Tutto questo per dire che il lettore entra più facilmente in empatia con un personaggio quando ne comprende lo stato d’animo autonomamente, attraverso i piccoli dettagli che coglie e le emozioni che riesce a ricostruire per intuizione, piuttosto che quando gli viene detto esattamente come si sente.


Per il resto, il personaggio di Hannah e quelli marginali risultano coerenti sia internamente alla storia che rispetto al canon: anche Neville, per quanto breve fosse la sua apparizione, mi è sembrato abbastanza IC.


Ho apprezzato particolarmente la sorpresa finale, espressa dalla rivelazione del personaggio di Alice come destinatario della narrazione.


 


Gradimento personale: 8.5/10


Nel complesso la storia mi è piaciuta, soprattutto per quanto riguarda la rivelazione finale del personaggio a cui è rivolto il racconto. Ho apprezzato anche la scelta del momento da narrare, ovvero quello in cui lei prova per la prima volta un interesse, per non dire un vero e proprio colpo di fulmine, per quello che sarà suo marito. Mi piace che nelle fanfiction si dia spazio a i personaggi secondari, quelli che non considera mai nessuno e che nel canon compaiono poco, ma nel farlo penso che diventi particolarmente importante l’aspetto della loro caratterizzazione, che, come ho già detto, non ho trovato del tutto ben riuscito in questo caso. A parte questo, l’idea di fondo è molto carina e la sua realizzazione è altrettanto piacevole.




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