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Nell’educazione dei figli, il giudice non può preferire una religione a un’altra: sentenza

Ultimo Aggiornamento: 16/04/2020 22:50
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16/04/2020 22:40
 
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In una famiglia religiosamente divisa, un genitore può ritenersi più idoneo dell’altro solo perché professa la religione di maggioranza? Può chiedere l’affidamento esclusivo del figlio solo perché il coniuge ha cambiato religione? Il giudice può esprimere una preferenza per un orientamento religioso nell’educazione del minore?

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16/04/2020 22:42
 
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A questi interrogativi ha risposto la sentenza n. 494/2020 della I sez. civile del Tribunale di Cagliari, rigettando la richiesta di affidamento esclusivo del figlio presentata da una madre esclusivamente per motivi religiosi. La signora, infatti, riteneva che il marito non fosse più idoneo come genitore per il solo fatto che si era avvicinato alla religione dei Testimoni di Geova.

L’affidamento esclusivo avrebbe impedito al padre di trasmettere al figlio i propri convincimenti religiosi. La donna aveva inoltre chiesto l’addebito della separazione a carico del marito, al quale contestava di avere violato la condizione posta all’inizio del loro rapporto di allontanarsi dall’ambiente religioso dei Testimoni di Geova di cui facevano parte i genitori del marito.

I giudici non hanno tuttavia ravvisato alcun pregiudizio per il minore dal cambiamento religioso maturato dal padre che si era avvicinato alla religione dei testimoni di Geova, affermando che tale cambiamento “non comportava alcuna prognosi negativa in ordine alla sua idoneità di genitore”, come invece sostenuto dalla madre.

La ricorrente, infatti, non era stata in grado di fornire alcuno specifico episodio che dimostrasse come l’affidamento al padre costituisse un pregiudizio per il minore, nemmeno quando accompagnato dal padre alle riunioni religiose che egli frequentava. La richiesta di affidamento esclusivo è stata così rigettata dal Collegio che ha precisato:

Ogni differente valutazione presupporrebbe al tempo stesso una valutazione di preferibilità di un orientamento religioso rispetto a un altro.


In altre parole, davanti alla Legge tutte le religioni hanno uguale dignità.

Il minore è stato così affidato a entrambi i genitori. Non ravvedendo i pregiudizi per il minore contestati dalla madre, i giudici hanno stabilito che:

Non sussiste alcuna ragione per derogare al modello di affidamento condiviso del minore.

L’istituto dell’affidamento condiviso garantisce infatti il diritto del minore (prioritario rispetto alle personali istanze dei genitori) di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi i genitori, e di mantenere con ciascuno di loro rapporti equilibrati e continuativi.

La sentenza riconosce inoltre anche ai nonni un ruolo importante nella crescita del minore, al quale deve essere garantita la possibilità di:

Conservare con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale rapporti significativi.

I giudici di Cagliari riaffermano, quindi, il principio di libertà religiosa dei genitori, garantito e tutelato dalla Costituzione. Sulla scorta di quanto ribadito recentemente dalla Suprema Corte di Cassazione (Ordinanza 21916/2019) i giudici ricordano che è nell’interesse del minore che ciascun genitore gli trasmetta i propri convincimenti personali, anche se questi possono mutare col tempo, e che dunque:

Non sia possibile inibire a uno dei due genitori di trasmettere, con le dovute cautele, anche il proprio pensiero religioso, partecipando all’educazione del figlio e fornendogli gli elementi necessari per poter decidere liberamente, al momento corretto, quale sarà il suo orientamento religioso.

Tantomeno il cambiamento religioso del coniuge può essere considerato una violazione dei doveri coniugali, come invece sostenuto dalla ricorrente, che aveva chiesto l’addebito della separazione a carico del marito proprio perché era diventato testimone di Geova.

Il rigetto della richiesta di affidamento esclusivo, proposta dal coniuge perché contrario alle scelte religiose dell’altro, conferma che non possono essere accolte le istanze personali del coniuge che non tengono conto dell’interesse principale dei figli. Dunque, il cambiamento religioso del coniuge che scelga di diventare testimone di Geova non può essere usato a pretesto dall’altro coniuge che non condivida tale libera e autonoma decisione. Né può essere imputata alla religione di per sé la causa di divisione della famiglia.

Come si legge al paragrafo 111 della nota sentenza Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) del 10 giugno 2010:

Molto spesso accade l’esatto contrario: è la resistenza dei familiari non religiosi e la loro riluttanza ad accettare e rispettare la libertà del familiare di manifestare e praticare la propria religione ad essere la fonte del conflitto.

Ritenere che la scelta del coniuge di diventare testimone di Geova sia causa di pregiudizi per i figli e la famiglia, tale da fargli perdere l’idoneità di genitore, è frutto solo di un pregiudizio religioso. La stessa CEDU ricorda che:

È vero che di frequente nelle coppie in cui i coniugi appartengono a religioni diverse nascono dei dissapori. Ma questa situazione è comune a tutte le coppie di religione mista.


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[Modificato da Angelo Serafino53 16/04/2020 22:48]
16/04/2020 22:50
 
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Finalmente giustizia e imparzialità

non voluta da finti democratici







[Modificato da Angelo Serafino53 16/04/2020 22:52]
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