Eccomi!
Finalmente mi sono decisa ad intraprendere il lungo percorso della candidatura!
Ho molto pensato, letto e sbirciato e spero di presentare una candidatura decente.
Non è stato facile e per un attimo mi è sembrato di tornare all'università XD ma è stato stimolante impegnarsi in questa stesura.
Grazie in anticipo per il vostro lavoro e (speriamo) buona lettura!
1- Una breve storia iniziale del personaggio; cosa sta facendo, come vive, come si colloca all'interno della società.
La storia non è affatto breve e vi stimo sempre moltissimo per la pazienza che avete di leggervi tutti i bg, studiarli, capirli e trovare le incoerenze.
Per questo facilito il compito e la risposta alla domanda sulla situazione attuale di Linnèa è l’ultimo paragrafo del background.
Non è utile alla convalida se non si legge tutto, lo so, ma ho provato a fare un riassunto finale che desse più o meno un’idea del pg, attualmente.
Per la lunghezza del bg.... SCUSATEMI TANTISSIMO!
NIENTE IN CAMBIO DI NIENTE
Era inverno e Urd lasciava a casa due bambini di pochi anni ed una moglie, che tanto amava, stesa su un letto che puzzava di morte.
Chiunque l’aveva sconsigliato su questa sua decisione, così come molti furono i consigli e le parole donate, figlie della paura e della prudenza. Ma lui non volle ascoltare.
Il viaggio era stato lungo e faticoso e il freddo di quelle alture era qualcosa che nemmeno un uomo del Nord sopportava a cuor leggero.
In una radura di pietra, a ridosso della cresta chiamata “Scaglie del Drago”, quella misera costruzione di legno e pelli era tutto ciò che si poteva intravedere a distanza di chilometri e lui vi entrò senza riuscire neppure ad immaginare chi, o cosa avrebbe trovato ad attenderlo.
La capanna era malamente illuminata da un piccolo braciere posto di fronte a quella figura ripiegata su se stessa, il tintinnio dei monili e delle ossa intrecciate a piume e perline era tutto ciò che poteva udire, nel silenzio di quella notte senza Luna.
Spiegò con voce tremante il motivo per cui fosse li, poi dalla tasca estrasse una pesante scarsella tintinnante e la strinse al petto come fosse tutto ciò che gli rimaneva, e probabilmente lo era. “Dovete salvarla, a qualsiasi costo. Posso pagare…”
La voce dello sciamano assomigliava ad un sibilo agghiacciante, levato nella notte a rendere ancora più cupe le ombre di quel piccolo rifugio.
“Possiamo aiutarti, ma non è il denaro, quello che ci interessa” gli occhi scuri come due pozze si potevano appena intravedere al di sotto di una cascata di placche di metallo, grandi ognuna come una piccola moneta, sulle quali erano incise rune e simboli arcani.
Sorrise coi suoi denti gialli e sproporzionati, le labbra secche quasi bianche, si tirarono al punto da dar l’impressione di potersi spaccare da un momento all’altro. Tutto il resto, di lui, era avvolto da un largo cappuccio che si apriva ai lati del corpo, ricadendo sul pavimento, oltre le gambe incrociate.
L’uomo rimase in silenzio, intirizzito dal freddo, confuso e intimorito da quella figura che si trovava di fronte, poi guardò quel sacco di monete, l’aria di chi non riesce a comprendere.
“N-non volete n-nulla, in c-cambio?” un balbettio appena percettibile. Non aveva considerato altre opzioni e il timore che la richiesta superasse le sue fantasie lo colse con un brivido lungo la schiena.
Lo sciamano sorrise di nuovo.
“Le conoscenze di Uphir sono infinite e le sue capacità curative non trovano eguali fra i mortali. Lo invocherò per te e farà visita a tua moglie la notte stessa in cui tornerai a casa. Non dovrai vederla per nessun motivo, fino al mattino successivo quando potrai riabbracciarla e riaverla in salute.”
Parlava lentamente, sembrava avere a sua disposizione tutto il tempo del mondo, al contrario dell’uomo che lo implorava tenendo stretto a se un sacchetto pieno di monete inutili. Annuiva senza capire, ma non trovava il coraggio, o forse la forza, di domandare di più.
Lo sciamano proseguì
“Quando giungerà il giorno, lui tornerà a prendersi ciò che gli appartiene di diritto.”
Quelle labbra esangui si incresparono un’ultima volta, prima di immobilizzarsi in una linea piatta.
“Niente in cambio di niente”
Una mano ossuta, dalla pelle secca e cinerea, si protese verso Urd e rimase immobile, in attesa.
Lui posò sul quel palmo aperto una ciocca di capelli biondi, pallidi come la neve baciata dal sole d’inverno.
“Tyra non deve sapere, mai”
Tornò al villaggio due giorni dopo.
Aveva assistito a quel rituale col terrore dipinto sul volto e il suono dei tamburi gli rimbombava ancora nelle orecchie.
Camminò per chilometri lasciando dietro di se una scia di orme pesanti sulla neve fresca, accanto a lui una creatura dall’aspetto terrificante, nera come la notte, sgraziata e sproporzionata, avanzava in silenzio. Un’ombra indistinta invisibile ad occhi mortali ma capace di demolire l’animo dei più valorosi quando procedeva al loro fianco.
IL SECONDO DONO
Tyra dormiva attorcigliata alle pelli che ne ricoprivano il corpo consumato dalla malattia.
Aveva lunghi capelli biondi e occhi verdi che non si aprivano sul mondo da giorni, le labbra schiuse nel respiro di un sonno al limite fra la vita e la morte.
Non avrebbe saputo dire con certezza quanto tempo fosse passato dall’ultima volta che aveva sognato ma, quella notte, le palpebre si schiusero nella penombra della piccola stanza. Il fuoco accanto a lei danzò all’improvviso, allungando lingue di fiamma sotto il tocco di un vento invisibile, poi le ombre si addensarono staccandosi dal buio come dotate di vita propria.
Le era impossibile capire da dove fosse giunto; di fianco a lei c’era un giovane, occhi azzurri e un sorriso gentile, così simile nei tratti all’uomo che amava. Eppure in lui qualcosa stonava, come una nota sbagliata nel mezzo di una melodia perfetta.
Le si avvicinò e la sfiorò con mani gelide ma gentili e lei si abbandonò senza riuscire a distinguere se si trattasse di un sogno o della realtà. Si lasciò accarezzare, poi baciare e, quando lui le fu sopra, sentì la vita tornare a scorrerle nelle vene: si sentì di nuovo viva, passionale, forte… poi tutto cambiò.
Il tempo di un battito di ciglia.
Quando riaprì gli occhi Urd era svanito, al suo posto una creatura orrenda e informe la inchiodava al letto. Non aveva un volto eppure, dal punto in cui avrebbe dovuto esserci una bocca, un sibilo agghiacciante salì a riempire il silenzio. Un “la” che diede il via alle urla di Tyra.
Ma dalla sua bocca non uscì alcun suono e, nonostante fosse certa di essere sveglia, non uno dei suoi muscoli rispondeva al richiamo. Era semplicemente paralizzata, occhi spalancati su quell’ombra impalpabile che offuscava le travi in legno del soffitto, un grido senza voce incastrato in gola. Cercò con tutte le sue forze di ribellarsi, pregando di svegliarsi da quell’incubo, ma nonostante gli sforzi quella “cosa” continuava a tenerla ferma, rubandole il calore e l’aria e lei rimase immobile, congelata nel terrore che solo gli incubi sanno provocare.
Lo sentì insinuarsi dentro di lei come, una morsa agghiacciante che le paralizzò il sangue nelle vene, la sua mente scivolava in un abisso denso di paura mentre il corpo riceveva il secondo dono di quella notte.
Fuori dalla stanza, Urd ascoltava in silenzio. Non riusciva a cogliere alcun suono, neppure il più lieve.
Il mattino seguente, illuminata dai raggi di un timido sole d’inverno, pallido quasi quanto lo era lei, Tyra si svegliò.
Poteva respirare senza che il petto le esplodesse di dolore e riusciva persino a mettersi seduta, senza che le ossa minacciassero di frantumarsi. Chiamò Urd e quando lui arrivò accolse la sua gioia con un sorriso tirato, gli occhi vacui, le immagini di quella notte ancora impigliate fra le ciglia.
“Ho fatto un sogno terribile” mormorò stretta nel suo abbraccio caldo e rassicurante.
Lui non ebbe il coraggio di dirle nulla, le baciò la fronte e la strinse a se ancora una volta “E’ tutto a posto ora”.
DI INCUBI, ATTESE E RIMPIANTI
Nove mesi dopo nasceva Linnèa.
L’attesa fu lunga e inaspettata, costellata di incubi che le toglievano il sonno, oltre che la ragione.
Tyra non riusciva a spiegarsi una cosa simile. Logorata dalla malattia, era passato più di un anno dall’ultima volta che si era unita al marito e quella gravidanza le sembrava semplicemente impossibile.
“Tu sai cosa penso della Magia, vero Urd?” Glielo chiese una sera di primavera, Einar e Brandr dormivano già da qualche ora, sereni nel loro sonno di bambini.
Lui la guardò in silenzio, il sorriso rimpiazzato da una sottile linea piatta.
“Tu sai che si è presa tutte le donne della mia famiglia e che non voglio che se ne parli nemmeno, mai!” Le sue guance, ora più piene, avvamparono e lei rimase a guardarlo a lungo, aspettando una sua risposta.
Questa non venne.
La rabbia sul volto di Tyra si trasformò lentamente in disgusto e da quella notte non condivisero più il letto. Nè sguardi, o carezze.
Passarono così i primi anni. Quell’incubo continuava a tormentarla, costringendola a stare sveglia più a lungo di quanto desiderasse e prendersi cura di una neonata, in quelle condizioni, era l’ultima cosa che riusciva a fare. Chiusa in casa, sempre più stanca e distaccata dalla realtà cominciò a scivolare in un abisso di rimpianti e follia, mentre Urd divenne quasi invisibile. Con la scusa del lavoro e di impegni ogni volta più incombenti, passava fuori casa la maggior parte delle sue giornate, portando con se i due figli maggiori, ancora dei bambini in realtà, ma grandi a sufficienza perchè cominciassero a seguire le orme del padre.
Le poche volte che parlavano finivano col litigare furiosamente.
“Hai lasciato che quella… “cosa” mi usasse!” gridava sempre lei.
“Ti ho salvato la vita!” urlava di rimando lui
“Avrei preferito morire” una porta che sbatteva oltre il corridoio
“Avrei dovuto lasciartelo fare!” Un’ultimo grido furioso, prima che il silenzio si mangiasse ogni cosa.
Altre volte li si poteva sentire sussurrare.
“Prima o poi verrà a prendersela, e sarà tutto come prima” una promessa che Urd le ripeteva spesso.
“E’ pur sempre nostra figlia” Le lacrime di Tyra rendevano ancora più amara quella consapevolezza.
“Non è “mia” ” Una verità fredda e spietata, sputata in faccia come veleno. Poi il silenzio tornava come sempre, a mangiarsi ogni cosa.
UNA NOIOSA VITA NORMALE
Linnèa a dispetto di tutto si dimostrò essere una bambina normale, se così vogliamo dire, forse un pò più curiosa e vivace del necessario, spesso incurante delle regole, ribelle e qualche volta inaspettatamente dispettosa. Grandi occhi verdi appuntati sul mondo intorno a lei e capelli biondi, così chiari da assomigliare alla neve baciata dal sole, crebbe in quella casa semi deserta in compagnia di una madre che la guardava come se in lei rivedesse qualcosa di osceno e terribile, e con la mancanza di un padre che non la degnava di nessuna attenzione.
Non le fu fatto mancare nulla, tuttavia, e quando fu grande abbastanza le fu insegnato a leggere e scrivere, a governare una casa, cucinare, rammendare e medicare le ferite dei suoi fratelli. Nessun demone tornava a reclamare ciò che gli spettava e, lentamente, le cose assunsero un barlume di normalità.
Ci vollero anni prima che quella famiglia tornasse ad essere tale e lentamente Tyra e Urd rincominciarono a pensare ad un futuro più luminoso, insieme. Fu una di quelle notti che venne concepita Mornann, l’ultima nata in casa Guththor e considerata un miracolo, più di quanto non lo fosse stata la nascita di Linnèa.
Presto le attenzioni della madre si riversarono sulla piccola, un legame quasi morboso capace di donarle un sorriso che Linnèa non ricordava di aver mai visto. Ne era in qualche modo gelosa, un sentimento così intimo ed inspiegabile che tenne per se, adeguandosi ai sentimenti di tutti gli altri e sforzandosi di amare quella bambina così come faceva chiunque altro.
Trascorse il resto della sua vita in una lunga sequenza di giorni sempre uguali. Non c’era nulla che la aspettava fuori, niente di speciale che sapesse fare, nulla che riuscisse ad emozionarla, eccetto quando si ritrovava per boschi insieme ad Harald, un vecchio dalla faccia rugosa ed un sorriso perenne, che le insegnava tutto quello che sapeva (poco invero) sulle piante mediche ed i loro utilizzi. Lui le raccontava anche storie fantastiche di creature magiche, forti e terribili, che camminavano sulla terra insieme ai mortali ma quando Linnèa chiedeva di saperne di più ai suoi genitori, questi si rifiutavano semplicemente di farne parola.
“Sono tutte sciocchezze, non esistono Dèi, nè creature di alcun genere. Pensa ad aiutare tua madre e prenderti cura di tua sorella, piuttosto. E quel vecchio, ti proibisco di vederlo di nuovo!” Urd si infuriava sempre troppo, per i suoi gusti. Ma suo padre era così, per quel che ne sapeva, burbero e dallo sguardo gelido, non ricordava le avesse mai fatto una carezza.
Sua madre era diversa. La guardava con occhi così simili ai suoi, ma lo faceva in un modo che le metteva sempre un moto d’angoscia addosso. Magra, pallida e persa in chissà quale baratro in equilibrio fra i mondi, non le rivolgeva quasi mai la parola passando da momenti di pura gioia in cui era capace di illuminare l’intero mondo, col suo sorriso, ad altri in cui sprofondava in un abisso profondo e apparentemente senza uscita.
Trascorsero gli anni, e ne trascorsero molti, senza che nulla cambiasse.
I fratelli di Linnèa crescevano senza che lei potesse condividere molto con loro, se non qualche chiacchierata davanti al camino, la sera, al rientro delle loro battuta di caccia o delle fiere mercatali durante le quali si allontanavano per giorni e giorni, in compagnia del padre.
Lei osservava tutto e tutti, in silenzio, imparando quello che poteva e rubando qua e là quella conoscenza di cui veniva costantemente privata. Passava spesso intere notti a bere e fumare con qualche altro disperato e non ci volle molto prima che rivelasse la sua indole ribelle. Se qualcosa le veniva proibito, era certo che Linnèa lo avrebbe fatto e se voleva qualcosa prendeva semplicemente tutto quello che le serviva senza chiedere il parere di nessuno e poichè nessuno si curava di lei, questo le riusciva piuttosto facile.
Suo padre cercò di liberarsene innumerevoli volte, proponendole un matrimonio dietro l’altro con la promessa di un futuro migliore. Lei ne frequentò qualcuno sforzandosi di adeguarsi a quello che sapeva non essere il suo destino, ma finì sempre col demolire ogni rapporto quando, nella speranza di poter finalmente cominciare a vivere sbatteva contro la cruda realtà di una vita che non le prometteva di più.
Sarebbe appartenuta ad un altro uomo che l’avrebbe lasciata a casa, fra faccende e figli da crescere, senza offrirle altre aspettative e lei sapeva di doversele creare, in un modo o nell’altro, da sola come aveva sempre fatto. Avvertiva l’urgenza di conoscere cosa sarebbe stata in grado di fare, se solo gliene fosse stata offerta l’opportunità. Si sentiva diversa da tutti quelli che la circondavano, lei desiderava altro, qualcosa di così lontano da quella realtà che conosceva da non riuscire neppure a definirlo. Sapeva solo di meritarsi di più.
Ma non lo ammise mai, nemmeno con se stessa.
Conobbe Wulfris che ormai era una donna. Lui era forte e capace, un gran chiacchierone dalla risata facile e la prese sotto la sua ala insegnandole a conciare e tingere le pelli. Linnèa mostrò subito un’innato talento per l’estrazione dei colori più particolari dai pigmenti delle piante e dei fiori che raccoglieva in primavera e faceva seccare, con cura, in un capanno abbandonato dietro casa. Si impegnò così spassionatamente e con così tanta determinazione, che presto questo divenne il suo lavoro principale dandole la scusa per uscire di casa, finalmente, e cominciare ad intravedere un futuro diverso.
Tyra morì di lì a poco, consumata da un’apatia inspiegabile alla quale persino suo padre si arrese, dilaniato dal senso di colpa e dalla consapevolezza di aver salvato la vita di sua moglie ad un prezzo troppo alto. La morte, a questo punto, giunse quasi come una salvezza.
“La magia ti toglie più di quello che ti dà. Tienitene lontana. Non parlarne, mai, con nessuno. Te lo proibisco!”
Era una nenia sempre uguale quella che gli propinava Urd, e non importava se Linnèa avesse chiesto qualcosa a riguardo, oppure no. Puntualmente suo padre non mancava di ricordarglielo, ogni giorno, dalla morte di sua madre.
Mornann lasciò la casa del padre un anno dopo, andata in sposa al primo che le promise una vita di agi e di rendita.
IL PRIMO VIAGGIO…
Fu così che, di quella strana famiglia, non rimasero che lei e Urd a convivere sotto lo stesso tetto.
I suoi fratelli vivevano chissà dove, sparsi per l’Aengard con le loro nuove famiglie, e lei, che di “Famiglia” non capiva esattamente il significato, si sentì in dovere di prendersi cura del padre, ormai vecchio, mossa dal sentimento inspiegabile di essere in debito con lui. Qualcosa, nel suo sguardo di ghiaccio, lo suggeriva.
Fu Wulfris a convincerla a preparare carne secca e una borsa con gli abiti di ricambio. L’avrebbe portata fuori da quel piccolo villaggio di cinquanta anime dalla mente ottusa e limitata, le avrebbe fatto vedere una vera Città, mostrato la vita fuori da quel piccolo recinto e sarebbe stata libera di decidere se tornare indietro o meno.
Non ci volle molto, perchè lei accettasse e, in un mattino di settembre, si mise in viaggio assieme a lui.
Sul carro le pelli accuratamente arrotolate si accompagnavano a qualche capo di bestiame di piccole dimensioni, una modesta cassa contenente pigmenti da rivendere e poche altre cose utili alla loro permanenza lontani da casa per i prossimi tre o quattro giorni.
Fu a meno di un'ora di cammino che il suo cavallo si piantò all’improvviso, quasi disarcionandola; attorno a loro non si muoveva una foglia ma, da qualche parte nel folto accanto a loro, qualcuno prese a fischiettare un motivetto lento, sguaiato e decisamente inquietante...
Fu questione di un attimo e gli furono addosso. Briganti!
Cinque uomini armati di asce, bastoni e coltelli si scaraventarono sul povero Wulfris, che cadde quasi immediatamente dalla sella ancora mezzo addormentato com'era. Ribaltarono il carro disperdendo le scorte di cibo ed acqua, rovesciando e calpestando le pelli che rotolavano sul selciato.
Un braccio nerboruto afferrò la vita della donna, trascinandola giù dal cavallo che ripartì immediatamente, dandosi alla fuga terrorizzato.
Linnèa ricorda poco di quello che accadde poi, eccetto il volto dell'uomo che la teneva stretta, stringendola al suo corpo sudato e maleodorante, costringendola con la mano stretta al suo mento a fissarlo negli occhi.
Provò a chiamare Wulfris cercando di liberarsi dalla morsa del bruto per voltarsi in sua direzione e accertarsi che fosse ancora vivo, ma l'uomo la trascino via ridendo senza ritegno, i denti storti e lo sguardo terribile. Provò a dimenarsi con tutte le sue forze, urlando fino a perdere la voce per farsi sentire da qualcuno, finchè non perse conoscenza, forse per via di un colpo ben assestato da parte dello sconosciuto che continuava a trascianarla fra i rovi e gli arbusti, fino dentro il bosco.
Quando riprese conoscenza si trovò legata, mani e piedi, al tronco di un albero, poco distante dal calore di un fuoco crepitante attorno al quale i banditi si stavano spartendo le scorte appena rubate. Erano tutti palesemente ubriachi ed uno, in particolare, la stava fissando con quel sorriso sghembo sulle labbra.
Finita la cena i più si accasciarono laddove si trovavano, qualcuno stava russando rumorosamente all'interno di una tenda ancora illuminata e lui, sorriso storto, si alzò per dirigersi barcollando in sua direzione.
Quando le slegò i polsi e le caviglie, continuando a fissarla con quello sguardo viscido, Linnèa sapeva perfettamente a cosa stava per andare in contro. Cercò di opporre resistenza mentre l'uomo l'afferrava per un braccio e la trascinava verso una tenda buia, lontana dal fuoco... ma era stanca e spaventata, lui decisamente più forte e più intenzionato a portare a termine la giornata nel migliore dei modi.
La scaraventò su una sudicia stuoia di pelle e le si inginocchio sopra, armeggiando maldestramente con la cintura, nel tentativo di sganciarla.
Puzzava terribilmente di vino, il suo alito maleodorante la costrinse a distogliere lo sguardo e cercare una boccata d'aria pulita, le braccia tese nel tentativo di tenere lontano quell'energumeno dal suo corpo. Quando il bandito si accasciò sul suo corpo, complice la forza della disperazione e la quantità di vino che offuscava la coordinazione dell'uomo, Linnèa provò a ribellarsi assestandogli una ginocchiata in mezzo alle gambe, puntellandosi sui gomiti nel tentativo di scivolare alla sua presa. Lo scontro che ne seguì fu piuttosto rapido e violento: l'uomo cercò di tramortirla con un ceffone ben assestato e la prese per le spalle tirandola a sè, lei scalciava, urlava e si dimenava come meglio poteva, cercando di guadagnarsi l'uscita della tenda e provare a correre via. Fu in quel momento che, accecato dalla rabbia il bandito estrasse il coltello e, dopo averla mancata per un caso fortuito le scagliò un rovescio in pieno volto, ferendola gravemente.
Vide rosso per interminabili secondi fino a che il suo sguardo riuscì a posarsi su un oggetto che ancora adesso non saprebbe identificare, lo afferrò e con tutta la forza che le rimaneva in corpo colpì l'uomo in piena faccia. Fece per uscire dalla tenta, provando a rimettersi sulle gambe, ma di nuovo un braccio l'afferrava, questa volta per la caviglia. Scalciò il buio, ancora una volta più forte che riusciva e, si liberò, finalmente, riuscendo a scappare dalla tenda e prendendo a correre nel bosco.
Sentiva le voci degli uomini, che nel frattempo si erano svegliati, urlarle contro mentre qualcuno la inseguiva nel folto. Sanguinava, tremava e piangeva, ma non smise di correre, finchè non scivolò sul fogliame umido e rotolò per alcuni metri, fin contro ad una grossa radice cava, dentro alla quale provò a cercare riparo.
Rimase lì tutta la notte, in preda alla paura più terrificante e al dolore più atroce, domandandosi cosa ne sarebbe stato di lei, e se sarebbe sopravvissuta. E Wulfris? Lo avrebbe mai più rivisto?
I giorni che seguirono non furono molti, fino ad oggi.
Linnèa cercò di tamponare la ferita con alcuni lembi di stoffa, applicando un cataplasma cicatrizzante sull'occhio nella speranza di trovare al più presto un villaggio e qualcuno che potesse darle cibo e cure. Prese a camminare verso una direzione qualunque e lo fece per due giorni ed una notte fino a che, con sua sorpresa, al termine del secondo giorno, appena prima del crepuscolo, non riuscì a scorgere le luci lontane della città.
Linnèa era giunta a Balsjord.
… DI MOLTI.
Stanca e ferita, si trovò di fronte a quanto di più simile ad una città avesse mai visto. Le sembrava enorme, circondata dal mare, ed era la prima volta, in vita sua, che poteva saggiare il profumo della salsedine e udire il canto delle onde, attorcigliate fra loro nella risacca.
Il primo contatto col mondo che tanto aveva desiderato non era stato dei migliori e l’idea che fossero tutti pronti a farle la pelle, per ovvi motivi, si era insinuata in lei. Sgusciò nella notte all’interno delle mura di Balsjord fino a ritrovarsi sul retro del Kraken. La fame era più forte della paura e spinta da chissà quale istinto provò a scassinare la porta sul retro, con l’intenzione di procurarsi del cibo senza dover chiedere aiuto a nessuno.
Inutile dire che non fu così facile come avrebbe potuto pensare e, dopo innumerevoli tentativi, si arrese, facendo il suo ingresso dalla porta principale. Sporca, ricoperta di sangue, fango e lacrime.
La sua fortuna fu quella di incontrare Rhea, da poco Reggente del Brehorn e impegnata nell’organizzazione dei soccorsi dopo l’incendio di Ultima.
Le fu offerto da mangiare, un letto morbido e cure. Di lì a poco giunse anche l’offerta di un lavoro, lentamente, la sua vita divenne una sequenza di inaspettati avvenimenti.
Balsjord è diventata la terra che chiama “casa” e ha viaggiato per l’Aengard in compagnia di un nobile mercante di Idromele ed un ragazzino dai riccioli neri ed occhi verdi come due laghi. Ha conosciuto persone che inaspettatamente definisce amiche e grazie a loro ha sentito storie, visto cose e scoperto verità che credeva possibili solo nei racconti del vecchio Harald.
E’ stato il giorno in cui la magia si è risvegliata in lei, però, che quel velo fra lei e il resto del mondo è caduto definitivamente, riempiendo la sua esistenza di nuove probabilità.
Adesso vuole OGNI COSA.
Vedere, toccare, conoscere e sprofondare in tutto quello che le è sempre stato negato, conquistandoselo un pezzo alla volta, a dispetto degli Dèi. Ha perso un occhio nel tentativo, ed ora che l’ha fatto, non c’è nulla che la convinca a fermarsi e tornare indietro.
Soprattutto adesso che Urd ha seguito la moglie, lasciando questo mondo che chiamava infame dopo aver appreso della morte di Wulfris e della scomparsa di Linnèa.
Lei rimane a Balsjord, stabilendosi al Kraken e rincominciando lì la sua nuova vita.
Studia Alchimia con passione, stranamente interessata ai veleni più che alle pozioni curative, ed è decisa ad imparare a combattere, perchè non le capiti mai più di portare addosso altre ferite come quella che le deturpano il volto. Prima o poi troverà il modo di farla sparire, è una promessa che ha fatto a se stessa.
E la magia, quella probabilmente la consumerà proprio come gli diceva suo padre, ma la vuole conoscere, sviluppare e domare, perchè lei ne è certa, sarà immenso il suo potere.
2- Una concisa ma chiara presentazione del genitore demone che possa donare un'idea della genesi; le ragioni che hanno spinto il demone a concepire.
Ho trovato una breve descrizione di un demone di fantasia che mi ha incuriosita e l’ho colorato un po’!
Spero abbia un senso
UPHIR: Demone delle ombre. Appare nei sogni sotto forma di qualcosa o qualcuno di amato, poi si trasforma in un incubo, nutrendosi della paura e del terrore. Chi riceve la sua visita, durante la notte, giura di essere sveglio ma di non potersi muovere; incapace di parlare o urlare è preda del panico nella sua forma più pura. Questo stato di sonno/veglia viene descritto, da chi lo ha provato, come una piccola morte, quasi come se l’anima non fosse più in grado di animare il corpo. Per questo sono nate storie e leggende, riguardo al Demone, che lo investono della capacità di togliere o donare la vita e non sono pochi quelli che lo invocano nella speranza di riceverne il favore.
Considerato competente nella preparazione di composti chimici e alchimistici da stregoni medici e sciamani viene invocato con lo scopo di ottenre consigli curativi ma il prezzo da pagare per tali servigi è sempre alto e non se ne conosce mai l’entità, fino al momento in cui è semplicemente troppo tardi.
Uphir procrea così, ingannando gli uomini che si rivolgono alle sue conoscenze, promettendo di salvare una vita a patto che un’altra gli venga donata. Solitamente, però, la vittima di una tale possessione sprofonda in un baratro di incubi, confusione e follia che porteranno inevitabilmente ad una morte prematura.
3- Una descrizione di cosa è (per il candidato) un Mutaforma e quali dovrebbero essere i tratti distintivi del suo comportarsi.
Essendo il prodotto di due entità così distinte- appartenenti a due mondi così dissimili come quello Terreno e quello della Discrepanza - credo che la razza si adatti ad infinite interpretazioni.
Innanzitutto, secondo il mio personalissimo parere, è da tenere in considerazione l’aspetto ambivalente della personalità di un personaggio nato dall’unione di un demone ed un umano ( od una qualsiasi delle razze possibili); questa immagino possa essere fortemente altalenante (in linea con le modalità in cui il player intende giocare il proprio pg, ovviamente), in bilico fra il desiderio di esprimere un lato di sè più bramoso, oscuro e fors’anche egoistico ed individualista e la necessità di tenere a bada tali impulsi, nel caso specifico di Linnèa, per assecondare quel lato umano che la costringe ad un’empatia diversa; sarebbe spinta a fare ciò che va fatto piuttosto che ciò che vorrebbe fare (perchè di base non è un personaggio malvagio) e soggetta ad un’empatia del tutto in contrasto con altri sentimenti che le appartengono per via della sua natura in parte demoniaca.
Andando oltre, la capacità di adattare il proprio corpo a piacimento lo trovo uno spunto interessante per analizzare la relazione fra le capacità fisiche e mentali. Guidato da una volontà, che va allenata e poi sostenuta, il mutaforma viene a conoscenza del proprio corpo, lo studia e lo plasma, facendone uno strumento oltremodo potente e affascinante. Immagino che la soddisfazione per una tale abilità conquistata lo spinga a sfruttare questa capacità ogni qual volta gli sia possibile, probabilmente seguendo quegli stessi impulsi che lo spingono ad ottenere ciò a cui ambisce ( che sia brama di potere, ma anche la salvezza di persone a lui care o per ingannare qualcuno che vuole/deve spiare o uccidere - per fare degli esempi spiccioli. Le possibilità, come dicevo, sono infinite!).
In sostanza, e sempre secondo me, il mutaforma è un essere che scopre di avere fra le mani un potere incredibile e inimmaginabile e che potrà sfruttare, nel bene o nel male, a proprio vantaggio. Nonostante questo, e a seconda del suo allineamento, il pieno controllo di tale innata capacità è qualcosa che va conquistato e che il percorso per farlo non è scevro di problematiche morali, dubbi, quesiti ed emozioni in netto contrasto fra loro.
4- Motivo per cui si ritiene il pg proposto adatto a far parte della razza Mutaforma.
Questa è una domanda che mi sono posta spesso, ancora prima di leggerla in forum, e la risposta non è semplice.
Linnèa è nato come pg test, al momento dell’iscrizione in land, e ho voluto crearla su una base del tutto neutra così da affidarmi completamente all’on nel momento in cui avrei deciso di restare.
Inutile dire che sono rimasta e che ho trovato pg a cui mi sono affezionata, creando la storia di Linnèa insieme e grazie a loro. Il background da cui sono partita è il penultimo paragrafo del punto 1- ( l’ho letteralmente copincollato) e da quello, in base al percorso on, sono andata a ritroso ricomponendo i pezzi del puzzle fino a creare una storia che mi convincesse. Questo lo dico per amore di onestà, perchè il pg non è nato con l’intento di fare richiesta, poi, alla razza chiusa, ma di seguire gli andamenti di gioco e lasciarmi trasportare dall’imprevedibile.
Dall’inizio però mi sono voluta tenere aperta le porte, giocando un pg in linea col suo allineamento (caotico neutale), che fosse all’oscuro di tante cose ( non si potrebbe dire se è lei ad essere “tonna” o se qualcuno gliele ha volutamente occultate) ma con una curiosità ed un’impulsività che la spingono in questa o quella scelta, a volte senza neppure rendersi conto che il passo è più lungo della gamba.
In on è circondata da creature di cui nemmeno lei conosce l’esistenza ma sta venendo piano piano in contatto con nuove realtà e prendendo consapevolezza del mondo dal quale è stata tenuta lontana. Ha scoperto l’esistenza della magia negli altri, prima che dentro di sè, e nel momento in cui si è rivelata parte del suo potenziale ha dimostrato un interesse inaspettato, quasi bramoso e che vorrò sicuramente sviluppare, a prescindere dall’ottenimento della razza, come un percorso complesso da perseguire.
Ora che si sta avvicinando a qualcosa di più oscuro, Drakul e creature dello squarcio ad esempio, mi sembra coerente che in lei possa risvegliarsi questa parte demoniaca che la abita, forse proprio richiamata da una vicinanza così esigua con “quell’altro” mondo e sarebbe interessante vedere gli sviluppi on ora che si sta decidendo ad imparare qualcosa di utile per “combattere il male” ( lo metto fra virgolette perchè anche questo percorso è ancora in fase di sviluppo, il “male” non lo conosce ancora davvero e questa sua decisione è solo un seme che deve ancora germogliare, ma tutto l’on porta in questa direzione).
5- Prospettive di sviluppi di gioco in seguito ad un eventuale cambio razza, cosa cambierebbe del suo stato attuale e cosa comporterà per la psiche del Personaggio.
Se la domanda di prima mi ha messa in crisi, questa rischia di mettere in crisi chi dovrà sorbirsi la risposta! XD
Per questo cercherò di essere concisa premettendo che le idee e le prospettive di gioco sono, appunto, idee e del tutto opinabili. Sinceramente non sono sicura che siano tutte attuabili e per questo mi rimetto a voi (*si aspetta il cazziatone)
Innanzi tutto, mettendomi nei panni di qualcuno che sia all’oscuro di praticamente TUTTO quello che riguarda il mondo “magico”, credo che se Linnèa scoprisse di avere la capacità di comandare il proprio corpo a comando, si concentrerebbe su qualcosa di banale, all’inizio, puramente umano. Non le verrebbe di trasformarsi in orso di punto in bianco, per dire!
Piuttosto, forse, si concentrerebbe su di se cercando di tornare ad essere quella che era prima della ferita che le deturpa mezza faccia.
E’ pur sempre una donna e la vista del suo riflesso non la fa impazzire. E se dovesse innamorarsi, poi? (difficile XD ma chissà) Cosa dovrebbe imperdirle di diventare la versione migliore di se stessa per conquistare qualcuno? O piacergli di più?
Da qui si svilupperebbe il resto; se può cancellare una ferita, forse può cambiare altre parti di se, potrebbe assomigliare di più a questo o quello, potrebbe rubare i tratti di chi ha attorno per forgiare un’immagine di sè che, per lei, risulta perfetta (questa bramosia e invidia a volte vengono fuori nel carattere di Linnèa, lei cerca di non alimentarle, ma tant’è che sono lì e potrebbero già essere un indice di una personalità ambivalente)
Non so dire in chi o cosa esattamente muterà, perchè come per tutto il resto vorrei che fosse l’on a guidarmi, ma credo che principalmente le prime mutazioni saranno di carattere umano perchè mi intriga un sacco la tipologia di gioco che potrebbe uscirne.
Sta studiando e imparando a creare veleni, e cosa c’è di meglio per avvelenare qualcuno se non dprendere le sembianze di chi potrebbe avvicinarsi alla vittima senza destare sospetti? ( E’ un’idea, eh? tanto per fare un esempio, non è detto che accadrà, ma potrebbero crearsi infiniti spunti di gioco!)
Le forme animali arriverebbero dopo e sarebbero dettate da esigenze specifiche che, per forza di cose, ora non sarei in grado di elencare.
In ultimo, e lo tengo per ultimo perchè la faccenda è ancora in corso, Linnèa potrebbe far richiesta di entrare nei Cacciatori (questo sempre perchè sta accadendo on e non per una scelta creata ad hoc per sviluppare un gioco in contrasto razza/gilda, anzi, sarebbe bello che le due cose coesistessero).
Questo porterebbe inevitabilmente il pg a porsi domande sulla sua natura, sulla natura delle creature che invadono l’Aengard e che l’Ordine ha il compito di uccidere e probabilmente la spingerebbe a cercare risposte sulla sua identità.
Da qui la speranza è che si creino spunti con altri player che, per motivi on non ho modo di incontrare, e allargare così il gioco dandole un motivo per viaggiare, visitare altre terre e creare nuovi legami.
Ci sono poi due questioni un pò spinose e vorrei condividerle se non altro per capire. CI aspettiamo un No come risposta, ma non si sa mai! XD
Avevo pensato alla possibilità di recuperare la vista totale, sotto mutazione, e rendere Linnèa capace di tornare a vedere in modo ottimale e magari avere più possibilità di centrare un bersaglio ( visto che la sua percezione della prospettiva e delle distanze è inevitabilmente manomessa) Di questo so già che se ne dovrà parlare a lungo xD
Così come tento di azzardarne un’altra: aumentando i parametri di forza, quando ne avrò motivo e soprattutto i punti necessari, potrei renderli disponibili solo sotto mutazione? Spiego. Linnèa potrebbe creare un’immagine di se più “guerriera” (passatemi il termine) e così come avviene per la forma animale che prende le caratteristiche di quello prescelto ( es. un orso darà una zampata più violenta di quello che farebbe il mutaforma nel suo corpo originario) prendere in considerazione l’abilità solo nel momento in cui la mutazione è avvenuta.
Es. 80 punti forza sono disponibili al pg solo sotto quella specifica mutazione, altrimenti sono da considerarsi i parametri base. Questo è un bonus che da regolamento non potrebbe essere accettato, lo so, ma non sarebbe utilizzabile altrimenti, quindi è anche un malus che mi tengo sul pg nel momento in cui gioco Linnèa sotto altre forme, oltre quella umana.
6- Il marchio
Avevo pensato all’Enso, un simbolo formato da un cerchio da apporre sull’avambraccio destro, ma forse ho visto qualcuno che lo ha già proposto e non so se marchi così simili sono accettati, quindi la mia proposta è più che altro una richiesta di consiglio.
Una cosa del genere potrebbe avere senso? Magari più piccola?