Ciao! ^^
Sono una giocatrice di vecchia data dovutasi allontanare circa una decina d’anni fa dal gioco; ora sono rientrata e colgo l’occasione del raggiungimento del IV livello di Izmailj per candidarlo alla razza Mutaforma.
Mi scuso per il tempismo di pubblicazione della richiesta: il 31 dicembre! Non c’è alcuna fretta da parte mia, posso attendere le domande dopo l’epifania senza problemi. Anzi, anticipo che i giorni 4-5-6 sono fuori Italia, poi rientro regolare :)
E mi scuso anche per l'impaginazione, ma non conosco il mondo dei codici :P
Grazie per l’opportunità.
1- Una breve storia iniziale del personaggio; cosa sta facendo, come vive, come si colloca all'interno della società.
I. Premessa. Le Origini
Al principio della Creazione vi era la Musica. Essa diede forma alle Idee dei Primi, generando la luce che illuminò il mondo.
Ma la luce piena è inesperibile agli occhi delle Creature: essa si rende partecipe del loro universo
quando le ombre -manifeste nella sua assenza- la rendono vera.
Le ombre sono il contrappunto necessario per rendere tangibile la Creazione. Esse modellano la luce, rendendo possibile ciò che esiste.
In questo contesto nasce Oriokami, figlio delle ombre, Demone della Negazione e feroce inseguitore della Bellezza e dell’Armonia. Come una falena egli è attratto dalla luce, ma la sua natura è tale che egli corrompe la purezza ogniqualvolta vi si avvicini. L’indole non è mediata dal giudizio della ragione e il bisogno della sua esistenza è inintelligibile agli uomini: egli si rende necessario per creare la discordia, la disarmonia, il contrasto; difficile sondare la sua crudeltà, poiché essa è il prodotto a margine di un istinto collocato fuori del raziocinio.
Egli è portatore della zizzania, della cacofonia, dell’ombra. Vive nella Discrepanza, ma talvolta ne fugge, correndo incontro alla luce.
II. Concepimento
In una casupola al largo di Villaggio di Sorgente -quasi un quarto di secolo fa- un uomo vedovo, vinto dalla sfortuna, contava sulla tavola il frutto del suo fallimento: qualche acquosa minestra di fave e verdure era tutto ciò che aveva, unito a una figlia ch’era come una bocca da sfamare e nulla più.
Le sue messi infertili crescevano rachitiche tra vasche di fango e la miseria del raccolto costava una schiena spezzata. Il tetto di paglia, marcio e sconnesso, lasciava sgocciolare gelide infiltrazioni d’acqua a ogni tempesta. Il freddo del Nord s’insinuava tra le porte di legno rinsecchito e frusto. Non aveva buoi, né maiali, né un gallo che cantasse per lui al mattino. Il poco che era di guadagno con i prodotti della sua terra veniva convertito in abiti tarlati colmi di zecche o qualche otre di vino come panacea alla sua inanità .
La figlia, avuta da una donna di salute cagionevole, aveva suggellato la sua solitudine. Malata almeno quanto la madre, se ne stava coricata sul letto di paglia a sudare una febbre lunga e mordace.
A dire il vero, nessuna sfortuna colpisce con accanimento. L’uomo era di fatto incapace di tenere per sé il buono che gli veniva donato. Dalle mani bucate e dall’intelligenza ottusa, sfogava il rancore sulle carni della figlia segregata, violandola. A ogni vespro s’abbandonava, per consolazione e avvilimento, tra effluvi di vino condiviso con qualche vicino fattore; trascinato anch’egli dalla routine inerziale.
Covava un’ambigua fede nella Dea Morwell. La riconosceva come madre protettrice dei raccolti e come cura contro miseria e infermità. Ma egli da lei pretendeva una giustizia che emendasse le sue colpe: intonava quotidiane litanie, con gli anni sempre più simili a un frustrato lamento. Pregava ogni tre ore la sua venuta, perché potesse liberarlo dall’indigenza.
Un giorno, recatosi al fiume Jasor per riempire i catini d’acqua, una donna di statuaria bellezza lo attendeva all’ombra di un albero. Vestiva una stretta tunica bianca e i setosi capelli lunghi, lisci e diritti fino alle anche, facevano contrasto col loro intenso color nero. Sulle labbra un bocciolo di trucco rosso s’apriva come un fiore: gli occhi allungati, contornati da una sfumata linea scura, regalavano una profondità insondabile al suo sguardo.
L’uomo le si fece appresso, ammirato e sorpreso dall’improbabile epifania. Dischiuse la bocca, ma non ne venne fuori un suono. Fu lei a parlare per prima.
«Non temere. Avvicinati. Io sono Morwell, il tuo Dio» disse. «Ho tanto patito le tue sofferenze. Sono qui per esaudire le tue preghiere». Così parlò Oriokami. E vedendo che il contadino non si muoveva, gli si fece vicino perché potesse subire il fascino della sua femminile sensualità.
«Mi hai tanto commosso con la tua Fede: ora io sono qui e ti darò il più prezioso dono che esista in natura. Accudirò nel mio ventre il frutto della nostra unione; ti darò un maschio di impareggiabile forza, intelligenza e coraggio. Su di lui potrai contare per il tuo lavoro: egli sarà tanto robusto da dedicare tutto il suo sudore al raccolto che diverrà florido, riparerà ai danni delle burrasche con proverbiale agilità, baratterà i cereali con astuzia aggiudicandosi le carni migliori. Avrete un torrente che scorrerà vicino alla casa e lui ne trasporterà sulla schiena il peso di venti secchi pieni ogni giorno. Crescerà in salute, sarà furbo e ambizioso. Lo doterò di ogni bene che in natura si possa trovare. Egli sarà mio figlio; e il tuo» così parlò Oriokami.
E l’uomo, vittima del fascino e abbagliato dalla promessa del suo Dio, senza null’altro da perdere le si concesse.
III. Sviluppo
Oriokami non si fece più vedere. Il bambino venne ritrovato in fasce dall’uomo all’interno della propria catapecchia in una sera d’autunno. Lo crebbe insieme alle sue ingorde speranze.
Fu chiaro quasi fin da subito la natura grottesca dell’infante. Contro tutte le aspettative, il bambino si sviluppava gracile, smilzo e la sua carne era pallida. Al padre assomigliava ben poco: aveva invece i tratti morbidi e graziosi della madre, molli capelli neri e una voce stridula che si sarebbe detta di un eunuco.
Quando raggiunse gli albori dell’adolescenza, fu ancora più limpida la sua propensione al mondo femminile. Si serviva del terriccio per esplorare i propri lineamenti, cambiandoli. Lo applicava come cipria sulle proprie guance in un gioco promiscuo; infilava le gambe nelle calze della sorella e si lasciava catturare dai drappeggi delle vesti di lei. Per quanto si sforzasse di tenere privata quella tensione, era chiara agli occhi di tutti la sua indole docile ed effeminata: portava pochi secchi d’acqua sulle spalle e controvoglia, era inadatto alla mietitura e alla semina, non ambiva all’acquisto di buoi né esplorava i boschi a Nord alla ricerca di funghi e legna. Tutto ciò che era stato promesso era crollato sotto il peso di quel ragazzino fiacco, pudico e pieno di imbarazzo.
Deluso dall’ennesima grama sconfitta, resa ancora più beffarda dalla venuta di Morwell, il contadino si servì di lui come di una donna. Umiliò e mortificò il suo corpo, così come violò la sua psicologia, abusando di lui e voltando le spalle quando a servirsene erano altri uomini. Il ragazzo era acerbo, insicuro e debole per ribellarsi con efficacia al susseguirsi di violenze subite. Accettò per anni le sottomissioni, covando un rancore e una vergogna implosivi.
Al compiersi di diciotto primavere, colmo di rabbia repressa, il giovane non fu più in grado di riversare il disagio assorbendolo su di sé. Attraversato da una rabbia al culmine non permise più infamie, né crudeltà: ricambiò la moneta seviziando il padre -di certo un uomo ubriaco è una facile preda- e come con lui fece con i vicini. Non si curò della sorella, per cui non provava alcun sentimento, né si congedò da lei. Solo non lo si vide più tra quelle campagne e con lui un gran mucchio di orpelli da donna erano spariti dalla cassapanca di casa.
IV. Attualità
Fuggito verso Ovest visse di stenti fino a raggiungere la periferia di Ultima. Nell’arco di un lustro riuscì a cavarsela compiendo qualche temporanea commissione per fattori e mercanti. Crebbe per sé una totale sfiducia nei confronti delle relazioni e un profondo odio per i ritmi di vita contadini.
Raggiunto il centro cittadino lavorò per mercanti e botteghe, apprendendo ingordo a leggere e a scrivere (più avanti si rinchiuderà con la Compagna di Setta Esteyla a studiare la lingua elfica). Caratterizzato da una spiccata curiosità per ogni esercizio che dimostrasse eleganza e raffinatezza, imparò presto a riconoscere i tessuti, le creme, gli oli da bagno, i profumi, le polveri, le stoffe, le erbe aromatiche e il lavoro dei sarti. Provò con convinzione ad abbandonare la postura dei campi, ricavandone prove caricaturali e ingenue, ma che poco a poco gli servirono per guadagnare fiducia nelle proprie capacità.
La sua evoluzione è ancora in pieno flusso: tra una posa goffa e un lessico che va arricchendosi, il ragazzo sta via via trovando la sua strada. È tuttavia fondamentale riportare un avvenimento che ha cambiato radicalmente il suo presente.
La necessità di guadagnare del denaro per riempire lo stomaco lo ha fatto incontrare con il Governatore di Ultima Lars Valdemar, il quale gli ha offerto dapprima un’occupazione presso la nave Regina Scarlatta e poi, intuendo il potenziale del ragazzo, lo ha messo al corrente del proprio incontro con il Demone Dakvros e del patto di sangue con questo. Gli ha permesso di mettersi in contatto con lui e gli ha rivelato gli obiettivi comuni del loro sodalizio.
Il giovane è così entrato entusiasta a far parte della Setta di Dakvros: essendosi per la prima volta imbattuto nella fiducia di qualcuno (Lars Valdemar), avendo empatizzato con coloro che stanno al di fuori delle regole, che vogliono sovvertire l’ordine creato, che vogliono scatenare una vendetta nei confronti della società, il ragazzo ha trovato il proprio modo per collocarsi all’interno di una realtà sfuggente e sovversiva. Ha fatto della Fede in Dakvros il suo punto di riferimento: pur non essendo questo una divinità (di fatto è devoto del Dio Feriy), Izmailj lo adora come si fa con un padre benevolo, anzi; ne ha fatto una specie di ossessione e lo ha innalzato a idolo espiatore delle proprie vergogne e del proprio imbarazzo. In lui ha trovato la missione di una vita.
2- Una concisa ma chiara presentazione del genitore demone che possa donare un'idea della genesi; le ragioni che hanno spinto il demone a concepire.
Il Demone Oriokami, come si evince dal breve tratto che ne si dà in Background, è una Creatura della Discrepanza che ha talvolta l’intelligenza e l’arguzia di fuggirsene nel mondo dell’Aengard. È un Demone vanesio e invidioso, che subisce il fascino di ciò che non gli appartiene: abbagliato dalla luce dei Primi, da cui è profondamente attratto, ordisce piani per avvicinarvisi e farla propria.
Oriokami non è spinto da una volontà intrinsecamente “malvagia”, anzi: non parlerei nemmeno di volontà, ma di pulsione. L’indole che lo conduce nell’Aengard alla ricerca di ciò che è bello e buono nel Creato è una caratteristica intimamente connaturata al di sotto della quale vi è solo il magma confuso del desiderio. Nei suoi orizzonti non c’è quella che viene definita comunemente “la coscienza”; l’intelligenza e l’arguzia entrano in campo solo nella macchinazione dei piani per il raggiungimento dello scopo.
Alla luce di questo, l’orrore, la miseria e la distruzione che Oriokami porta con sé sono gli effetti inscindibili dalla sua venuta sull’Aengard e niente più: l’impulso ad appropriarsi della bellezza dei frutti terreni non è accompagnata dalla sensibilità e dal rispetto necessari: sottrae i bambini alle madri, soffocandoli tra le sue braccia mostruose; ruba i preziosi dalle casse dei ricchi, gettandoli in rovina; si crogiola nella fertilità dei campi, divorandone i raccolti. Egli si protende verso tutto ciò che è luce e gioia, ma la sua natura è profondamente corruttrice.
I popoli dell’Aengard, dunque, vivono etichettando sotto il segno della morale le sue gesta, ma Oriokami è un Demone profondamente slegato dal concetto terreno di giustizia.
Tuttavia, essendo pur sempre un Demone nato nella Discrepanza, il suo seme trova sviluppo solo nella bruttura del mondo, poiché è lì che le ombre gli permettono di nutrirlo. Non feconda ciò che vive d’armonia. Trova anzi il suo sostentamento in ciò che stride, che è osceno o marcescente.
Il suo piano è, al raziocinio umano, imperscrutabile. Ma i saggi riconoscono in lui il Demone della disarmonia -o della Negazione.
3- Una descrizione di cosa è (per il candidato) un Mutaforma e e quali dovrebbero essere i tratti distintivi del suo comportarsi.
Al di là di una risposta pragmatica, per cui il Mutaforma è il prodotto dell’unione tra un Demone e una delle razze aperte compatibili, a mio parere la caratteristica che lo contraddistingue è una complessa psicologia che deve prevedere un conflitto (il quale può essere traumatico, altalenante o risolto; ma anche tutte queste possibilità insieme), ma soprattutto questo deve esperirsi per via di una parte umana e di una parte demoniaca.
Scritta così pare una constatazione da due soldi (LOL). Tuttavia sono profondamente convinta del fatto che sia un punto fermo che solo di primo acchito rivela superficialità. Il Mutaforma non deve prescindere dal fatto di avere un’influenza di carattere...”aengardiana” (non dirò umana perché taglierei fuori le altre razze ed è importante che ogni PG possieda un retaggio adeguato) e una di carattere demoniaco: quest’ultimo in particolare deve rivelare parte di quella psicologia che ha dato vita al mondo dei Demoni. Essa deve contenere le sfumature di quell’ambizione per cui il sanguemisto è stato creato. Deve, cioè, non assecondare necessariamente i piani del genitore, ma contenere in sé la parte di una psicologia inintelligibile, aliena, incomprensibile ai comuni popoli di Aengard. Va da sé che questo tratto è in continuo dialogo con l’altro, senza mai determinare al completo il PG (che altrimenti sarebbe un Demone ).
Voglio concludere con un tratto caratteristico che credo non debba essere tralasciato: ammiro della razza Mutaforma il singolare rapporto che ha l’individuo col proprio organismo. Credo che l’opportunità di giocare un’entità le cui cellule possiedono il raro dono di plasmarsi in diverse forme senza la mediazione della magia sia uno stimolo enorme oltre che una sfida interpretativa per il giocatore stesso. Penso dunque che un PG di razza Mutaforma debba lasciare traccia di questa caratteristica anche all’interno delle role più comuni.
4- Motivo per cui si ritiene il pg proposto adatto a far parte della razza Mutaforma.
Inizio con una premessa sincera: nutro un amore incondizionato per la razza e non sarei in grado di valutarne alcuna (di chiusa) al di fuori di questa. Non solo per il PG che candido, ma in generale per l’approccio che ho nei confronti dell’interpretazione. Quando iniziai a giocare circa una decina d’anni fa, prima di dovermi allontanare per impegni di altro genere, avevo un PG che apparteneva a questa razza. Al tempo mi pare che la moderatrice fosse Samijr (mi perdoni la vecchia guardia se sbaglio a scrivere) e molte cose sono cambiate da allora.
Per questo motivo desidero mettere in chiaro che sono totalmente disposta a rimettermi in gioco, imparando a gestire una razza che nel tempo ha preso diverse sfumature. Molte cose le ho purtroppo dimenticate, del gioco di allora, ma la mia ferma passione è ancora qui e la mia lealtà non è da meno.
Per ciò dico che non solo credo che Izmailj sia adatto alla razza, ma che io stessa sia incapace di pensare a personaggi che ne stiano al di fuori.
Detto ciò, scusandomi della lunga premessa, espongo i motivi per cui ritengo il PG conforme:
Izmailj è un ragazzo che fatica a trovare la propria identità. Ritiene che non ci sia un’etichetta che riesca a descriverlo, poiché ogni nome è a suo modo limitante. Caratterizzato da un’indole promiscua (esempi ne sono la difficile comprensione del suo sesso o la difficoltà nel lasciarsi alle spalle l’infanzia per divenire adulto) e fluida, prova grande attrazione per tutto ciò che non si identifica in una forma finita. Condanna l’istituzione, detesta i paradigmi, rifugge dall’inazione e dall’ozio; preferisce a tutto ciò il coinvolgimento emotivo, il torrente d’azione e il cuore pulsante degli eventi.
È dotato di una profonda sensibilità. Per quanto egli desideri apparire come un tocco di marmo, è nella realtà attraversato da un intimo senso di inadeguatezza, di vergogna e di repulsione nei confronti di se stesso e delle proprie debolezze. Incerto, insicuro, risulta spesso infantile e bambinesco. Talvolta della fanciullezza possiede però le sfumature più dolci e tenere.
Vorrei comunque gettare particolare luce su un punto: non desidero ritrarre la sua volubile sensibilità come un prodotto diretto dell’essere Mutaforma. L’instabilità, la confusione, l’identità borderline sono di certo accentuate dalla razza, ma la sua spiccata femminilità, l’omosessualità, la ricerca spasmodica di un posto in cui collocarsi perché fuori dagli schemi è un tratto distintivo della sua natura che è al di fuori di ogni motivazione razziale.
Alla luce di quanto brevemente descritto, lo ritengo adeguato poiché il PG contiene in nuce una conflittualità che può rendersi definita attraverso la razza Mutaforma, rafforzandola, giustificandola e arricchendola di nuovo senso.
5- Prospettive di sviluppi di gioco in seguito ad un eventuale cambio razza, cosa cambierebbe del suo stato attuale e cosa comporterà per la psiche del Personaggio.
Come sopra accennato, il cambio razza validerebbe ulteriormente i tratti comportamentali del PG. Non solo: esso marcherebbe ancor più il complesso rapporto duale della sua natura. Non vedo tuttavia Izmailj come un PG che subirebbe di continuo il peso del conflitto interno. Le sfaccettature di gioco, soprattutto alla luce del suo idealizzato sposalizio con Dakvros, di certo lo vedrebbero talvolta colto da una “mania” ebbra: il sangue demoniaco sposerebbe l’ambizione e la frustrazione umane, facendo di lui una specie di fiero araldo del mondo dei demoni. Ma non voglio che si realizzi mai la trasformazione in un PG “malvagio un tanto al chilo”. Si allineerebbe a un approccio sull’asse della malvagità, tra il caotico e il neutrale, ma non ho mai lasciato intendere né ho desiderato che questo allineamento fosse dovuto a un’interpretazione piatta e telefonata: “è un cattivo e quindi è sgarbato, senza sentimenti, sprezzante con tutti, arrogante, sbruffone ecc...”. È un tipo di gioco che non credo mi appartenga.
Allo stesso modo sto affrontando la sua esperienza all’interno della Setta di Dakvros: il PG compie un’evoluzione lenta in cui fanno breccia le incertezze, le prese di posizione contrarie, il consolidamento di una propria collocazione nella società: anche a costo di renderlo vulnerabile agli occhi dei compagni di gilda.
Preferisco dunque che il cambio razza possa significare un approfondimento dello spessore della role che conduca Izmailj su strade più sconnesse, in grado di arricchire la messa in discussione del proprio Io in oscillazione tra la presa di coscienza e il rifiuto di sé.
Proposta di Marchio:
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“Enso” giapponese. Collocato sul braccio destro, il centro del cerchio è occupato dal gomito.
Oriokami (Discrepanza):
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Oriokami (Aengard):
cdna.artstation.com/p/assets/images/images/007/699/922/large/fanny-marguerie-dfgyhuiklm.jpg?15...
Concludo ringraziando molto per l’attenzione dedicatami e mi scuso se alcuni punti del BG e delle risposte non dovessero risultare chiari! Sono qui pronta a fugare qualsiasi dubbio ^^
Oltretutto la mia lontananza dal gioco mi ha costretto alla dimenticanza di molte regole dello stesso: pertanto sono disponibile a riaccordare qualsiasi punto della mia proposta.
A presto!