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Ultimo Aggiornamento: 04/11/2019 11:24
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Giudice*****
24/04/2019 02:27
 
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Terza classificata Il canto tra le rovine di _ Freya Crescent _ con 42.85/45

Grammatica: 9.85/10
Perfetta, solo tre refusi:

Le sfiori le guance con grazie feroce”: -0.05; “grazia”.
Siete due inconscienti!”: -0.05; “incoscienti”.
Ti porterò via da qui, prima che”: -0.05; ti è sfuggito uno spazio in più dopo la virgola.

Stile e lessico: 10/10

Uno
stile molto particolare, quello scelto per questa storia, e quindi non semplice da valutare, perché questa struttura stilistica è interamente fondata sulle pause. In questo racconto non c’è nessun elemento testuale, per quanto rilevante possa essere, indispensabile quanto le pause – pause e sospensioni, che dilatano il tempo del racconto, sospendono e spezzano il ritmo, costringono il lettore a relazionarsi con il non-detto, con le parole non scritte e fagocitate dalla pausa muta. La mia impressione è che gran parte della trama e delle sensazioni suscitate da essa siano proprio nella narrazione sospesa, nel silenzio di una lineetta cui non segue nulla se non uno spazio vuoto. Hai letteralmente troncato frasi e giocato con la grammatica, dimostrando tra l’altro una grande padronanza della lingua italiana, perché non si ha mai la sensazione di leggere un testo scoordinato o sgrammaticato, bensì un testo sofisticato (un aggettivo che non credo di utilizzare per la prima volta nella descrizione del tuo stile) che sembra ricreare attraverso lo stile la mente spezzata della protagonista femminile, Ariana.
Tuttavia, non ti sei limitata alle pause, hai utilizzato anche altri escamotage stilistici: l’uso parsimonioso del corsivo, che riesce a porre in evidenza espressioni o parole significative; la suddivisione del tempo in paragrafi (unità narrative e temporali: il racconto evolve e prosegue nel tempo di paragrafo in paragrafo; ottima la scelta di segnalare visivamente il passaggio da un momento all’altro attraverso gli asterischi allineati al centro); le espressioni allineate al centro per segnalare il loro appartenere a un tempo diverso rispetto al presente del racconto, è così per i dialoghi ed è così per la frase conclusiva, che allude a un futuro non ancora venuto.
Soffermandomi un istante sulla frase conclusiva, non posso che farti i complimenti: è “definitiva” così come è definitivo il proposito di Gellert, e riesce a chiudere un racconto particolarissimo dal punto di vista stilistico con coerenza – in altre parole, è all’altezza della cornice in cui è inserita.
Ottima la scelta di narrare al presente e in seconda persona: il presente ha alleggerito l’impatto lettore-stile, perché è il tempo dell’immediatezza e quello più familiare; la seconda persona ha creato empatia tra il lettore e il personaggio (Gellert), aiutando il primo ad avanzare nei meandri di un testo che esige attenzione e tempo per essere compreso sino in fondo. Andando più nello specifico, ti riporto estratti del testo:

• “Ariana ha gli occhi indifesi di chi il mondo l'ha visto”: questa frase presenta una sintassi marcata, l’ho riportata solo per una questione di trasparenza. Non ho ritenuto errore la costruzione senza pause di referente+pronome di ripresa (“il mondo” e “lo”) perché la tua è stata una chiara scelta stilistica: inserire pause in questa frase non sarebbe stato affatto funzionale, soprattutto considerando il fattore stile-pause.

«"Siete due inconscienti!" // Aberforth non capisce — non l'ha mai capita. Lei — // "La stai trascurando per seguire quel folle, Albus! È tua sorella, maledizione!"»: tramite questa espressione a titolo di esempio, affronto il discorso del rapporto tra discorso diretto e indiretto. Sei riuscita a rendere coeso il testo anche in questi momenti senza rinunciare alla sospensione tramite “lineetta sospesa” (chiamiamola così!), il che non era affatto semplice, il rischio era quello di creare confusione ed essere poco efficace. In questa sequenza assistiamo a un dialogo caratterizzante tra i personaggi, entro cui si incastra il punto di vista interno della narrazione (Gellert) con quel verbo “ha” in corsivo a sottintendere che l’attenzione non va posta su Ariana incompresa, ma su Aberforth che non l’ha capita – il soggetto è lui anche ai fini del significato (ecco a cosa mi riferivo quando ho elogiato l’uso del corsivo). Contemporaneamente, incontriamo anche la lineetta sospesa, che segue “Lei” e tronca l’espressione: la frase così spezzata sembra rispecchiarsi in Ariana stessa, la sorella che Aberforth non riesce a comprendere sino in fondo (lui che aggredendo Albus dimostra di non capire il male che divora Ariana); solo una pausa che dà sul nulla – una sospensione – poteva riprodurre questo piccolo spaccato di mondo in un testo che ha l’esigenza di restare entro le cinquecento parole.

• “Non — c'è tempo. // Per colpa tua. // Ti porterò via da qui, prima che — // Fletti il polso verso di lei, in un doloroso gesto d'addio. // Limpida. Rimani — // Sempre”: arriviamo alle sospensioni, alle pause su cui si fonda l’intero tessuto stilistico. Non è stato per nulla semplice valutarle, questa volta hai voluto mettermi in difficoltà! Scherzi a parte, come ho già accennato, queste lineette sospese troncano il testo, lo obbligano al silenzio e obbligano il lettore a colmarlo, a raccattare informazioni tra una riga e l’altra. Vi sono poi le lineette che operano una vera e propria cesura, nel senso che spezzano la sintassi, creando a loro volta oltre che una sospensione anche uno strappo sintattico: è il caso di “Non – c’è tempo” che riproduce tramite la sintassi il fatto che il tempo manchi, manchi al punto da venire meno mentre il narratore lo afferma – “non [pausa, manca tempo e respiro] c’è tempo [in corsivo, come a sottintendere lo sforzo di essere riusciti a dirlo, a colmare il silenzio]. Anche i capoversi, di cui non ho ancora parlato, sono molto significativi, perché supportano lo stile frammentato, inoltre ogni espressione isolata in un capoverso ha la sua rilevanza ai fini del significato. Insomma, non hai sprecato né una parola né un silenzio.

Arrivando al lessico, anche qui ho rilevato una particolarità. Di certo fai uso di un registro medio, ma non vai alla ricerca di un lessico particolarmente pieno o espressivo – nonostante vi siano alcune espressioni di sicuro impatto –, perché a rendere ogni singolo termine vivido e ricco di sfumature è la stessa struttura stilistica. Prendendo ad esempio la sequenza riportata sopra, un termine come “Sempre” non è certo particolare, eppure lo isoli in un capoverso e riesci a conferirgli una grande forza espressiva: è l’impalcatura che lo sostiene a fare questo; è il fatto di essere solo, di seguire la lineetta sospesa, di essere in corsivo, di significare ai fini del testo una promessa eterna, cementata con la morte stessa di Ariana.

Non mi dilungo oltre, anche perché credo e spero di essere riuscita a motivare il punteggio e a porre in evidenza tutti i tratti caratterizzanti la struttura stilistico-lessicale del racconto. Non posso che farti i complimenti, 10/10!

Titolo: 5/5

Il canto tra le rovine, un titolo che si rivela essere un presagio. Ha il pregio di calamitare l’attenzione, perché evoca immagini nitide che hanno il sapore di un mondo che va in pezzi, di una battaglia estenuante, di una gioia raccattata tra lacrime e fanghiglia. Il fatto che sia associato a un personaggio come Gellert Grindelwald, poi, lo rende persino solenne. Trovo che si adatti molto bene sia all’atmosfera che al contenuto del tuo racconto: ne richiama l’atmosfera cupa, che oscilla tra la decadenza e la rivalsa; e ne richiama il contenuto nell’anticipare le rovine che Gellert seminerà nel mondo e il canto di vittoria che intende far echeggiare in ogni dove – un canto in onore di Ariana, della sua breve vita andata a rotoli, in rovina. È indubbiamente un titolo suggestivo e per nulla scontato, in grado quindi di identificare la tua storia tra le altre, di presentarla in maniera personale al lettore. Non ho nessun appunto da farti, trovo assolutamente perfetta la tua scelta. 5/5!

Utilizzo del prompt: 8/10

Hai scelto uno dei prompt a mio avviso più complicati: “In un mondo fitto di ipocrisia, avere gli occhi limpidi era la più grande delle condanne”, citazione inserita testualmente a inizio storia in maniera perfetta, le mie parole diventano tue in quel punto. Quello che non potevi sapere scegliendo questo prompt è che nella mia mente avevo associato questa citazione proprio ad Ariana, quindi potrai immaginare quanto mi abbia fatto scoprire la tua associazione! Ho riletto diverse volte il racconto per valutare questo parametro, sono stata molto indecisa sul punteggio da assegnare. Alla fine ho optato per 8/10 perché trovo che il racconto più che dare risalto all’ipocrisia del mondo, dia risalto alla sua oscurità nel senso più ampio del termine (“Ariana ha gli occhi indifesi di chi il mondo l'ha visto in tutta la sua atroce nudità e n'è stato trafitto. Il mondo è sporco. Il mondo è sconcio e marcio e putrido perché nessuno l'ha mai purificato. Ha violato lei, che era innocente”); un concetto molto significativo su cui riflettere e affrontato benissimo nell’arco narrativo da te costruito, ma più ampio e generale del concetto di ipocrisia protagonista del prompt. Per questa ragione ho ritenuto corretto non andare oltre l’8/10. Di contro, il punteggio non è inferiore a quello assegnato perché, al di là della questione ora detta, il prompt è comunque uno dei pilastri fondanti della riflessione che regge la trama della storia; in particolare, questi “occhi limpidi” di Ariana sono onnipresenti dall’inizio alla fine, e sono loro a muovere Gellert nel suo spregiudicato obiettivo – loro e il loro essere stati violati, loro e il loro essere stati “la più grande delle condanne” per una bambina che si approcciava al mondo con tutta l’ingenuità e la bontà che il destino le aveva dato in dono. Quanto al “mondo fitto di ipocrisia”, l’ho intravisto in Albus che chiede a Gellert di mentire ad Aberforth – rischiando così di rendere più complicata e pericolosa la condizione di Ariana, ignorata dal fratello che trascorre più tempo con lei –, in Gellert che convince se stesso che sia giusto vendicare Ariana – come se la devastazione potesse rendere giustizia a quegli “occhi azzurri, limpidi” –, e persino in Aberforth, figura seminascosta nella trama e incapace di guardare la sorella per ciò che è. Badando invece all’impatto complessivo della trama, come detto in precedenza, trovo che il marciume del mondo descritto fagociti il concetto di ipocrisia, di suo più specifico e relativo alla sfera dell’inganno. Concludendo, spero di esserti riuscita a spiegare la mia perplessità, ma nel complesso non posso che farti i complimenti, perché sei stata bravissima e infatti il punteggio resta alto!

Caratterizzazione e IC dei personaggi: 10/10

I personaggi del tuo racconto sono tra i più complessi della saga: Gellert, indiscusso protagonista, Ariana, coprotagonista pur nella sua apparente assenza, Albus e Aberforth.
Prima di soffermarmi sui personaggi propriamente intesi, vorrei fare un accenno al mondo. Non è un personaggio, verissimo, ma è “un’entità” che pesa come un macigno sui tuoi protagonisti, che condiziona le scelte (Gellert) e il destino (Ariana). Un mondo putrido, marcio, che aggredisce un’innocente perché colpevole di essere diversa (sì, Portami mia si sente, decisamente) e che alimenta l’odio di chi è già colpevole di non essere in pace con se stesso. È una fotografia lucida quanto devastante, questo mondo che ci proponi. Trovo che sia il “personaggio” più forte della trama, quello che muove tutti gli altri personaggi, e trovo anche che sia riuscita a caratterizzarlo benissimo, riuscendo a non banalizzare la descrizione della negatività.
Passando ora ai veri personaggi (perdona la digressione, sai che io e la sintesi non siamo grandi amiche!), Aberforth e Albus sono entrambi bene accennati: il primo è una presenza-assenza, che però non fatica a farsi sentire nei dialoghi tra i due maghi eletti; il secondo è invece un personaggio a tutto tondo, che interagisce e aiuta il lettore a comprendere ancora meglio i propositi di Gellert. Trovo che Albus sia in linea con la sua controparte giovane e piena di speranze accennata nella saga: è ambizioso, pende dalle labbra di Gellert, è preoccupato che suo fratello possa scoprire cos’ha in mente, e vuole salvare Ariana.
Arrivando a lei,
Ariana, sei riuscita nell’impresa quasi impossibile di renderla una degna coprotagonista di Gellert. Ariana non agisce nello spazio della tua storia, al lettore è concesso conoscerla attraverso lo sguardo e le idee di lui, perché non la incontra mai. Mi è piaciuta molto questa tua scelta, perché riesce a cogliere un elemento fondante della caratterizzazione di questo personaggio: il suo essere vissuta in balia degli altri. Il momento, il solo, in cui la vediamo agire è quello della sua morte – e lo sappiamo bene dalla saga, che Ariana era viva solo quando il suo stesso potere la sovrastava. Trovo molto intrigante la teoria secondo cui sarebbe una Obscuriale; non mi sono interessata molto alla saga cinematografica a dire il vero, quindi non so se questa teoria sia stata confermata o meno, ma concordo con te che sia convincente – spiegherebbe molte cose, come la morte di Kendra e la necessità di nascondere Ariana al mondo. Sempre in tema di IC, trovo che l’immagine di Ariana restituita dalla tua storia sia coerente a quanto emerge dal settimo volume della saga: è innocente, limpida, incapace di comprendere il male sino alla fine. Non sappiamo se provasse qualcosa per Gellert, ma sappiamo che gli sorride, che di lui si fida (“Ariana racchiude milioni di storie mai lette. Ti sorride e le schiude in una tacita promessa. I suoi occhi tornano limpidi, e gli enigmi diventano un libro aperto”), che lo considera parte della sua vita, e in tutta onestà non credo vi sia altro modo se non questo di fare interagire – volendo essere coerenti al canon – Ariana con l’amore. Lei conosce e riconosce Gellert, nonostante gli incubi le divorino i pensieri, e questo non può che essere interpretato come un sentimento nutrito nei suoi riguardi.

Ed eccoci a Gellert, il protagonista assoluto. Sei riuscita a renderlo addirittura “romantico” senza snaturarlo: il suo proposito di disseminare un canto tra le rovine per vendicare il male fatto ad Ariana immagino possa essere ritenuto romantico se associato a un personaggio mosso da ideali di conquista e distruzione, da un’ambizione smodata che sappiamo non si fermerà neanche in memoria del legame con Albus – Albus che sarà costretto a combattere per fermarlo. Il tuo Gellert è il Gellert della Rowling visto sotto una nuova luce; hai infatti incastrato l’amore che nella tua storia nutre per Ariana nella biografia canon. Anche il tuo Gellert agirà in nome del “bene superiore” e vorrà affermare la supremazia dei maghi sui babbani, proprio come la sua controparte cartacea, ma il tuo Gellert ha una motivazione diversa: vuole giustizia per lei. Sei anche riuscita a creare un retroscena per la morte di Ariana più interessante di quello (non) descritto nella saga (non voglio apparire esagerata, ma tra una motivazione pressante come quella del tuo Gellert e il “caso senza nome” del settimo volume, preferisco di gran lunga la prima alternativa). Tra le tue righe Grindelwald è Grindelwald, ma è anche innamorato – della purezza di Ariana, dei suoi occhi limpidi senza colpe, della sua magia inespressa –, e proprio perché resta Grindelwald anziché vivere di quell’amore provato, lo tramuta in odio nei confronti del mondo intero. Non ho proprio nessun appunto da farti in questo parametro, trovo sia stata bravissima. 10/10.

Totale: 42.85/45


Seconda classificata Fuori rotta di JulyChan con 44/45

Grammatica: 10/10
Perfetta!


Stile e lessico: 10/10

Valutare lo
stile di questa storia non è stato semplice, perché mi ha ricordato quello che alle volte utilizzo, il che mi ha fatta entrare subito in empatia con il tuo testo. Ho dunque dovuto prenderne le distanze affinché potessi leggerlo con tutta l’oggettività di cui sono capace. Spero di esserci riuscita, perché di fatto non ho trovato nessun elemento inefficace o fuori posto dal punto di vista stilistico-lessicale. Hai scelto di strutturare la storia in cinque paragrafi, la cui particolarità è quella di riuscire a essere autonomi e al contempo consequenziali: ognuno dei momenti narrati riesce a stare in piedi sulle proprie gambe, eppure il testo risulta coeso e assolutamente concatenato; un traguardo non da poco! I cinque paragrafi sono separati visivamente sia dai tre asterischi centrati che dalle frasi conclusive a loro volta allineate al centro. Soffermandomi su queste ultime, trovo siano un elemento di grande originalità e impatto, perché lette l’una dopo l’altra riescono a riassumere – attraverso una metafora – la tensione interiore della protagonista: studia la mappa, affidati alla bussola, niente scorciatoie, non allontanarti dal sentiero, non perderti, cinque regole in grado di sondare i tormenti di Rose e di creare un climax emozionale; si passa infatti dal momento in cui inizia l’esplorazione (la mappa e la bussola) sino a mostrare l’esplorazione vera e propria e tutti i suoi rischi (non perderti).

Una grande particolarità di questo testo è il ritmo. Complici i tanti capoversi di cui si compone, la sintassi secca e lineare e la suddivisione in paragrafi, il lettore incontra più di una pausa lungo la lettura, il che rende il ritmo abbastanza lento e dilata il tempo interno ed esterno del racconto (da un lato, si ha la sensazione di leggere una vicenda che si svolge in un tempo piuttosto lungo; dall’altro, si ha la sensazione di leggere un testo che vada oltre le cinquecento parole).
Un’altra particolarità della struttura, legata alla scelta di narrare attraverso quelle che sono a tutti gli effetti piccole unità narrative (i paragrafi), è il fatto che il racconto pare non avere una conclusione: concludi infatti l’intera storia usando la stessa tecnica stilistica utilizzata per concludere i singoli paragrafi (la “regola”), il che dà l’impressione di una non-fine della storia, come se a essersi conclusa fosse solo la quinta unità narrativa e non l’intero racconto. L’ho trovata una scelta coraggiosa, ma coerente allo stile scelto: è giusto che il tuo racconto resti sospeso in un limbo, che dia la sensazione di avere ancora molto da dire, perché in tal modo la struttura stilistica riesce a inscenare lo stato d’animo della protagonista – nonché punto di vista interno della narrazione –, sospesa nei propri tormenti, spaurita, decisa solo a imporsi un ennesimo monito. Concludere la storia in altro modo, in maniera più “canonica”, ne avrebbe tradito lo spirito, a mio avviso.
Arrivando alla veste più superficiale, hai scelto la seconda persona e il tempo presente, ripercorrendo il solo punto di vista di Rose. A riguardo, ho trovato coerente alla focalizzazione interna la presenza di domande retoriche tese a riprodurre i dubbi della protagonista (“Da quando sei così spavalda e le parole ti scivolano dalle labbra prima che tu possa fermarle?)”: il narratore non sa nulla che Rose non sappia. Diversamente dal tuo solito, non vi è una sintassi complessa né marcata, anzi è tutto molto lineare: la narrazione è fluida, semplice solo in apparenza, e preserva un escamotage come il corsivo per le sole “regole”.
Anche la punteggiatura risponde a questa esigenza di linearità, al punto tale che ricorri al punto e virgola per snellire la sintassi. Un ottimo equilibrio! In ultimo, discorso diretto e indiretto si incastrano alla perfezione; inolt
re, nonostante nessuna battuta sia introdotta o seguita da verba dicendi, non è mai dubbio quale personaggio parli, quindi anche in questo hai fatto un ottimo lavoro.


Arrivando al lessico, al pari della sintassi è lineare, semplice, arriva al lettore senza se né ma, il registro è medio-basso, ma non cade mai nel colloquiale né incespica nelle ripetizioni. I personaggi si esprimono in maniera verosimile e ogni termine riesce a comunicare efficacemente il concetto o l’immagine voluti. Anche dal punto di vista lessicale, la metafora dell’esplorazione è stata condotta benissimo: le parole scelte sono quelle adatte a evocare quel mondo specifico (“bussola”, “mappa”, “rotta” – personalmente, ho immaginato un’esplorazione in mare!), senza mai tradirlo. Insomma, non ho proprio nessun appunto da farti!

Concludendo, immagino sia evidente il motivo per cui ho assegnato 10/10 in questo parametro. Il tuo è un testo in apparenza semplice, ma a mio avviso frutto di una struttura ben definita, che resta fedele a se stessa dall’inizio alla fine. Bravissima!

Titolo: 5/5

Fuori rotta
è un titolo che, a mio avviso, cattura l’attenzione, perché rimanda a un concetto intrigante, cioè quello di avere imboccato la strada sbagliata, di essere fuori dai binari, di aver commesso un errore. È un titolo breve, che si lascia leggere tutto d’un fiato, in un paio di secondi, spingendo il lettore a volerne di più, a voler contestualizzare questa sentenza, capire se si riferisca a un personaggio, a un contesto, a chissà cosa insomma. Inoltre, ha in sé un alone di angoscia e aspettativa che ritroviamo nella trama del racconto, tutto incentrato sulla lotta di Rose con la propria bussola – angoscia – e sul desiderio di James di vedere Rose imboccare la strada sbagliata – aspettativa. Il fatto che il racconto si concluda con la messa a nudo dei sentimenti di Rose, e quindi con la consapevolezza che la protagonista sia fuori rotta, chiude perfettamente il cerchio aperto dal titolo. Il monito finale è più che altro simbolo di ostinazione, ma anche di sconfitta – lei s’era ripromessa di non perdersi, proprio come avrebbe fatto una brava esploratrice, ma non è bastato. Trovo quindi che il titolo sia perfetto per questa storia: ne anticipa l’atmosfera, è intrigante ed è coerente al contenuto del testo. 5/5.


Utilizzo del prompt: 10/10

Hai scelto il prompt “Le strade percorribili sono tante e diverse, eppure riusciva sempre a imboccare quella sbagliata” e su questo concetto hai costruito l’intera storia, a partire dal titolo – quel fuori rotta impietoso che suggerisce l’abbandono della “retta via” e la caduta nel baratro dell’inganno. Non inserisci mai fisicamente l’intera citazione, ma non sono assenti rimandi testuali inseriti più che bene nel tessuto narrativo, come ad esempio il dialogo che apre la storia. Trovo che tu sia stata bravissima nel relazionarti con la mia citazione, perché hai estrapolato il concetto che la ispirava e su quello hai costruito l’intera trama e persino le caratterizzazioni dei tuoi personaggi; entrambi, infatti, imboccano la strada sbagliata: James di sua spontanea volontà, Rose perché trascinata da lui e dal proprio istinto. Leggendo, mi è parso proprio di avere dinanzi un labirinto di insidie ed emozioni contrastanti, tanti sbocchi per tirarsene fuori e un’unica strada senza uscita; e mi è parso di vederli, il tuo James che la imbocca al solo scopo di attirare Rose nella propria trappola e la tua Rose che ne resta prigioniera. Anche le frasi conclusive dei paragrafi sono ispirate al prompt, e descrivono tutto il tormento di Rose che, malgrado gli sforzi, imbocca la strada sbagliata (e resta vittima del tortuoso gioco di James, tutto votato a distruggere la bussola della cugina) – “Quinta regola: non perderti”, ma ormai è troppo tardi per la povera Rose. Non ho proprio nessun appunto da farti in questo parametro, il prompt si percepisce in ogni sfumatura della trama e dei personaggi che la vivono. 10/10!

Caratterizzazione e IC dei personaggi: 9/10

I soli personaggi della tua storia sono Rose e James. Il fatto di aver scelto personaggi della nuova generazione ha sicuramente reso più complesso caratterizzarli in sole cinquecento parole, dopotutto non avevi nessun riferimento che potesse farti da base, ma tu sei stata all’altezza della sfida e sei riuscita a creare dal nulla due caratterizzazioni convincenti e intriganti.
Iniziando da James, l’ho trovato un coprotagonista fantastico. Il punto di vista interno è quello di Rose, quindi tutto ciò che sappiamo di James è strettamente legato alla percezione di lei, eppure l’affascinante Potter si sente dall’inizio alla fine – e lì, invischiato nella trama a reclamare attenzione e spazio, e sa come prendersi l’una e l’altro. Quasi lungo l’intero arco narrativo, James sembra essere un ragazzo innamorato o infatuato che tenta di avvicinare l’oggetto dei propri desideri. Lo vediamo cercare, scrutare, provocare Rose con quella “solita aria sardonica” di chi sa che prima o poi riuscirà nel proprio intento. Alla fine, però, a rivoluzionare l’immagine di James è “l’eco impietosa della sua risata”, che scaraventa su Rose la consapevolezza di essere stata un’illusa. Il ritratto che restituiscono le tue righe è quello di un James Sirius Potter sicuro di sé, spregiudicato, malizioso, cinico, persino arrogante nella maniera in cui pretende l’attenzione della cugina – un personaggio che o si ama o si odia, ma che di certo è vivo tra le pieghe del tuo racconto. C’è solo un aspetto che rende incompleta questa caratterizzazione (ed è il motivo per cui il punteggio non è superiore a 9/10), ossia il motivo per cui sceglie di comportarsi in quel modo con Rose. A fine lettura, ho avuto la sensazione che mi sfuggisse un ultimo tassello per comprendere del tutto James: è attratto sul serio da Rose e la deride perché trova assurdo che lei, anziché provare una semplice attrazione, si è innamorata? Oppure il suo era solo uno scherzo o un modo di ingannare il tempo? Il testo è muto da questo punto di vista, si può solo ipotizzare – la mia ipotesi, ad esempio, lo vede semplicemente attratto e troppo cinico per capire i sentimenti di Rose. Se il testo fosse riuscito a colmare anche questo dubbio, la caratterizzazione di James sarebbe stata perfetta.
Arrivando a Rose, la protagonista, ho trovato la sua caratterizzazione perfetta. Rose è una ragazza come tante altre, spaventata all’idea di muovere i passi nella direzione sbagliata e tormentata dalla consapevolezza di essere prossima ad allontanarsi dalla strada maestra. È quasi tenero il fatto che giorno dopo giorno Rose rivolga a se stessa dei moniti, che tenti di aggrapparsi alla bussola e alla mappa, di seguire l’una e l’altra pur di non perdersi, di non cedere alle lusinghe delle scorciatoie né alla curiosità ispirata da sentieri mai battuti. Non sappiamo molto di lei, così come di James, ma sappiamo come vive il disagio con se stessa, quanto sia determinata nel tentare di perseguire i buoni propositi, quanto sia razionale nel mettere ordine in quel caos che sono i suoi sentimenti – e quanto sia sensibile alle lusinghe del baratro non appena James le si avvicina. Credo che tu sia stata molto brava non solo nel ritrarre in maniera coerente un’età adolescenziale, ma anche nel dare spessore alla tua protagonista: non è una semplice ragazza innamorata, è una ragazza che lotta con i propri sentimenti e tenta invano di difendersi da una delusione – probabilmente sa quanto sia cinico e spregiudicato suo cugino, sa che nel migliore dei casi dovrà accontentarsi di avere il suo corpo e non anche il suo cuore. La tua Rose è “lucidamente innamorata”, e lo è al punto tale che nel momento peggiore – quando il diario è tra le mani di James –, anziché piangere o abbattersi, suggerisce a se stessa la quinta regola: Non perderti. Una splendida protagonista, ho voglia di leggere ancora di lei!
Per i motivi spiegati, dunque, il punteggio è 9/10.


Totale: 44/45


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