Oh finalmente per grazia divina riesco a candidarmi XD
Sirona, Umana, livello 4
Background
Fino ai suoi 10 anni di età Sirona ha vissuto una vita semplice. Nella piccola fattoria con sua madre Samit, passava le giornate nella spenzieratezza, su tra le montagne del Nord.
Samit la osservava, con gli occhi di una madre, anche se non lo era, spesso si domandava perché era stata affidata proprio a lei. Non ne trovava risposta, forse perché era l'unica abitazione nel raggio di due leghe, oppure per un motivo. Molto spesso lasciava quei pensieri da parte, concentrandosi su altro. Altre volte invece si fissava per ore cercando di comprendere. Fu nella notte del nono Giblean, nel giorno del decimo compleanno di Sirona, che ebbe la sua risposta. Era notte inoltrata, faceva ancora abbastanza freddo. Stava davanti al camino, riscaldandosi e godendosi il tiepido calore che emanava, con un tomo d'erboristeria per le mani, sfogliando le pagine ingiallite e consumate che decine e decine di volte aveva letto. Tutto era tranquillo, si sentiva solo il fuoco scoppiettare e la gatta nera fare le fusa. La tranquillità venne lacerata da un urlo acuto, provenire dal piano di sopra. Con uno scatto felino la donna corse verso le scale di legno, con il cuore in gola, salendole velocemente e andando verso la stanza della figlia. Sirona era lì che si contorceva nelle coperte di cotone, mentre stringeva i denti e si dimenava come una pazza.
Presto la donna si avvicinò mettendosi al suo fianco prendendole il volto fra le mani [Ehi Tesoro, va tutto bene, va tutto bene] affermò con voce dolce cercando di svegliarla. La bambina sembrò non riprendere conoscenza, ma gli occhi si aprono di scatto.
La donna li guardò stupefatta e anche leggermente intimorita.
Occhi così li ha visti solo una volta, molto tempo prima. Si portò una mano alla bocca lentamente, osservando quegli occhi che giocavano fra luce e ombra. Il blu luminescente dell'iride cercava di inghiottire il nero della pupilla. La donna le portò una mano sulla fronte imperlata di sudore, cercando di calmarla [Va tutto bene, va tutto bene] affermò stringendole una mano, che la artigliò letteralmente, artigli neri che le penetrarono la carne. Strinse i denti e lentamente sfilò la mano dalla sua: quella dolce bambina era una Figlia maledetta della Luna, come lei. Le strinse la mano e si avvicinò a lei <<Vedrai che andrà tutto bene, lo controllerai, ci riuscirai>> disse la donna mentre cercava di calmarla.
Vegliò su di lei tutta la notte, fino alle prime luci fredde e arancioni del mattino. Da quel momento Sirona non ebbe più episodi nella notte, e tutto questo parve strano alla donna che la osservava giorno per giorno. Sirona iniziava a sentirsi strana in certi momenti; le prendevano degli improvvisi sbalzi di umore che la portavano a distruggere qualunque cosa avesse sottomano, in altri voleva solo stare sola e non parlare con nessuno. Fu proprio in quel periodo che tutto il suo mondo cadde nel vuoto.
Un pomeriggio di settembre, che pareva uno come tanti, tre figure che cavalcavano in lontananza per dirigersi alla fattoria. Sirona era tranquilla in quel momento, non percepiva nulla di strano mentre giocava con la gatta nera. Fu solo quando la madre corse fuori, alzandola di peso per entrarla dentro, che la ragazzina si riprese osservando spaesata la donna che la portava dentro la casa.
Muovendosi veloce la mise dietro una tenda mentre la guardava.
<<Adesso ascoltami tesoro, delle persone brutte verranno qui, ma tu per nessuna ragione dovrai uscire di qui chiaro?>> domandò la donna, mentre la bambina annuiva con un lieve timore sul volto mentre la lasciava lì <<E tu dove vai ?>> domandò Sirona con voce impaurita. Vide la donna chiudere gli occhi e sorridere, mentre le metteva una mano sulla guancia
<<Mi raccomando, Occhi d'Argento,non uscire>> disse un'ultima volta. Quella fu l'ultima volta in cui la vide davvero.
Quella fu l'ultima volta che Sirona vide la madre, tutto quella che ricorda dopo è solo il buio più totale: urla, ringhi e colpi di metallo, per poi cadere veramente nelle braccia del buio.
Si risvegliò molto tempo dopo sospesa a testa in giù, con i polsi e le caviglie legate, distesa sul dorso di un cavallo. Tutti i muscoli del corpo erano dolenti e la testa le girava; una nausea tremenda la colse improvvisamente, causando un rigurgito di una strana sostanza violacea.
Una sonora imprecazione si levò in cielo, prima che svenisse nuovamente.
Quando si svegliò aprì lentamente gli occhi, focalizzandosi su ciò che aveva intorno. Si era risvegliata in una cella maleodorante, fredda e umida. La prima cosa che fece istintivamente fu quella di stringersi le mani intorno al busto, mentre percorreva la cella con sguardo impaurito e spaesato.
Presto si rese conto che al collo portava qualcosa di pesante che parve bruciarle la pelle sensibile. L’unica espressione che appariva sul volto era quella di un evidente fastidio. Sirona per liberarsene portò immediatamente le mani al collo, percependo chiaramente che ciò che portava al collo era un collare chiuso con lucchetto. La paura prese il sopravvento sul suo corpo, riuscendo a far insidiare un’ emozione primaria: il panico.
<< MADRE! >> Questa l’unica parola che fuoriusciva dalla bocca della bambina impaurita. Fiato comunque sprecato per lei, dato che nessuno l’avrebbe ascoltata. Trascorse uno o forse due giorni in quella cella umida, prima che qualcuno venisse a farle visita, anche sé per lei risultò fosse trascorsa un’eternità. Chi la fece visita fu un uomo grasso e flaccido, con una barba lunga e unta, che la osservava con sguardo famelico. Non era solo, in sua compagnia vi era un altro uomo, vestito di nero e con un cappuccio, che gli nascondeva il volto. << Allora quante monete d’oro dovrò darvi per lei? >> domandò l’uomo flaccido, mentre con le mani stringeva una delle tante sbarre. Calò un lieve silenzio nell’aria, il tempo sembrava essersi fermato per un istante, ma al tutto vi pose fine la risposta dell’uomo incappucciato.
<< Abbastanza, per riempirne due forzieri! >> rispose con voce tetra. L’uomo grasso parve pensarci più del dovuto, poi allungò la mano verso l’interessato. Prima di essere portata via da quel luogo fu portata in una stanza particolare, ove venne legata ad una tavola di legno con delle cinghie di cuoio. Lei li ascoltava parlare, mentre erano intenti a scambiarsi fra di loro degli strani oggetti.Ogni uomo presente in quella stanza si fermò, quando dalla porta fece il suo ingresso un uomo che sembrava emanare autorità solo a vederlo.
<< È tutto pronto? >> domandò agli uomini, con voce fredda e scostante, mentre si avvicinava a lei, osservandola con disgusto e disprezzo. Le afferrò aggressivamente le guance con la mano destra, facendole voltare il capo nella sua direzione. << Siete sicuri che si tratti di un’altra maledetta? >> chiese l’uomo verso un giovane posto alla parte opposta del tavolo << Si mio signore, ne abbiamo la conferma! >> commentò il ragazzo, con un tono di voce alto e sicuro verso l’uomo più anziano. Sirona era confusa e terrorizzata, non riusciva a capire cosa fare o cosa dire; seppur legata non cercò di liberarsi, la paura sul corpo di lei prese il sopravvento. Cos’è che volevano da lei? Chi erano quegli uomini? E che fine aveva fatto la madre? Erano queste le domande che si poneva in quel momento.
In un attimo venne strappata dalla sfera dei suoi pensieri; un dolore soffocante la penetrò nelle ossa. Le venne fatta una profonda incisione sul labbro inferiore che proseguì fin sotto il mento. Il sangue di color rosso vivo che fuoriuscì colò dal mento fino al collo della bambina, facendo si che i suoi vestiti logori si impregnassero. Un odore metallico le penetrò nel naso e il dolore forte le scaturì uno svenimento.
Da lì iniziò un lungo calvario che durò ben cinque anni.
In quegli anni venne spostata più e più volte, passando dal Nord più estremo al Sud, in una delle peggiori bettole ove il suo ruolo era quello di una schiava per l’uomo che era riuscito a comprare il suo corpo, ma non la sua anima. In quel lasso di tempo non era mai riuscita a togliersi il collare d’argento che ormai le aveva lasciato dei profondi solchi nella pelle bianca. Era cresciuta molto in quegli anni, i tratti infantili vennero sostituiti da tratti femminili più marcati; il seno aveva ben presto iniziato la sua maturità, così come il corpo che lentamente si era trasformato in quello di una donna adulta. Non fu solo Sirona ad accorgersi di questo cambiamento, infatti anche il suo padrone ben presto lo notò, portandolo così a sfregarsi le mani con sguardo lussurioso, pronto ad adocchiare la giovane quando ne aveva occasione.
Era questo il suo destino? Era veramente così che sarebbe finita? Sarebbe diventata una delle tante concubine, pronta a soddisfare il piacere di luridi uomini che la osservavano quasi a volerla spogliare con gli occhi. La donna solitamente tendeva ad ingoiare la saliva per evitare di riversarla in faccia a quegli uomini; a sue spese aveva, col tempo, imparato a non provocare una banda di ladri e assassini. Molto spesso il suo carattere indisponente e ribelle le aveva causato ossa rotte e dolori che si dilungavano per settimane.
In una sera d’inverno cadde nel baratro più totale. Alcuni uomini la bloccarono nella locanda in cui era serva, abusando di quel corpo vergine e giovane per tutta la notte, portando così via la purità della fanciulla che aveva visto e conosciuto ancor poco di quel mondo, a volte crudele. Dopo averla violentata non fecero altro e la lasciarono lì, su quel pavimento sporco, dove l’avevano presa con la forza.
Nella notte inoltrata, quando la luna raggiunse la massima altezza in cielo e i raggi lunari, che illuminavano il buio della notte, colpirono il corpo della giovane attraverso i vetri di una finestra della locanda.
Lo sguardo spento e vuoto di Sirona si concentrò su quel raggio argenteo che le illuminava il volto. In quel momento desiderò di morire. Non voleva più vivere con quel peso sull’anima. Non voleva quella vita, desiderava ben altro per lei. Una parte assopita in un angolo remoto della mente gridava e ringhiava, per fuoriuscire. Fu come rompere il vetro di quella finestra quando la giovane posò il suo sguardo sulla luna piena in cielo. Dentro di lei diverse emozioni presero il sopravvento, mescolandosi fra di loro; fu così che Sirona ruppe la barriera che l’aveva tenuta tranquilla sino a quel momento.
Improvvisamente una rabbia cieca la pervase e la fece mettere carponi, mentre l'intero occhio si tingeva del nero più buio. Un ringhio basso e profondo fuoriuscì da dentro il corpo della giovane, che venne scosso da profondi tremori, facendole increspare la pelle diafana. Uno strato di peluria grigiastra iniziò a percorrere la spina dorsale fino alla base dell'osso sacro, le mani artigliate scavarono nelle assi come burro, mentre si issava da terra con il volto completamente cambiato. Lunghi e spessi canini bianchi uscivano dalle labbra, mentre due palle nere avevano preso il posto degli occhi. Il collare d'argento le scavava nella pelle facendola sfrigolare. Con un gesto secco portò entrambe le mani al collo e ruppe il lucchetto, togliendosi definitivamente quella costrizione. Il corpo si ricoprì di un corto pelo bianco, mentre i tratti facciali mutarono assumendo una forma selvaggia e feroce. Un massiccio e affusolato muso prese posto sul volto, mentre bassi ringhi iniziarono a provenire da quella figura grottesca. Tutto taceva, intorno a lei c’era silenzio, l’unico suono che si udiva era il respiro freddo di quella creatura, maledetta dai raggi della luna.
In quella notte la giovane si prese la sua vendetta: sgozzando, dilaniando e macchiandosi del sangue dei suoi aguzzini. In preda ad una mutazione parziale, la giovane corse per le strade, diretta verso il bosco. Correva sotto i raggi diretti della luna, cercava di nascondersi da essa, ma in fondo sapeva di non poterle sfuggire. Improvvisamente cadde a terra, scossa da violenti attacchi di brividi che le percorrevano la pelle, mentre ogni osso del suo corpo mutava forma e si risaldava in punti differenti. Tutto quello che si sentiva erano i lamenti mal celati della giovane mannara che stava subendo la sua prima trasformazione.
La pelle in linea con la spina dorsale cominciò a squarciarsi mostrando un pelo bianco e candido, che si rifletteva ai raggi lunari. Tutto il corpo mutò ingrossandosi di molto, quasi il doppio, assumendo le sembianze di un enorme lupa bianca, alta quanto un cavallo. Lunghi artigli neri le uscivano dalle zampe, il naso nero fiutava curioso l'aria e una fila di denti affilati erano pronti ad affondare nelle carni delle sue prede.
Stagliava lì immobile quando un lungo ed improvviso ululato si levò nella notte, e due occhi blu immersi nel buio si aprirono verso la luna. Sirona ricorda di quella notte, ma ciò che le sfugge è il momento in cui si è trasformata. La donna ricorda soltanto di essere scappata lontano il più possibile da quel luogo, quando si è resa conto di averne la possibilità. Certo non è mai riuscita a capire come abbia potuto liberarsi di quegli uomini o di quel collare, ma in fondo non le importa. L'importante è che sia riuscita a liberarsene. Ecco come è iniziata la sua nuova vita.
Psicologia Sirona:
Sirona fino ad ora ha agito per la Dea Morwell. Segue gli ordini dei superiori, anche se a volte è un po' testarda con i suoi pensieri e molto volubile, con attacchi di rabbia e isolamento. Fino ad ora è stata di allineamento Neutrale buono, rispettando i suoi superiori e le autorità, non causando grossi problemi.
Nell'eventuale cambio razza, la cosa sarà leggermente differente, essendo solo lei un lupo mannaro si creerà un carattere dominante, con conseguenza di agire come in un branco dove riconoscerà solo il più forte da rispettare. Vivrebbe la cosa dell'essere un mannaro come un destino? Lo vivrebbe come un nuovo cambio della sua strada, anche se in effetti lo è sempre stata. Lo vedrebbe come qualcosa si positivo, ma anche di negativo; un po' com'è il culto della dea che venera, che possiede un suo lato oscuro. In ogni caso cercherà di equilibrare la cosa.
Se nel caso doveste accettare la mia richiesta, ovviamente mi trasformerei in una lupa, tipo meta lupo di GOT.
Alta un metro e sessanta al garrese con il pelo bianco e morbido, coda lunga in proporzione al corpo, muso lungo e affusolato con mascella forte, con file di denti affilati con i due canini superiori bianchi e lucidi, molto spessi.
Il petto è ampio e possente e le zampe lunghe massicce. Il corpo per intero è snello e agile consentendo rapidi scatti.
Gli artigli delle zampe, sono tutti neri.
Il pelo intorno al collo è più lungo rispetto al corpo, e più voluminoso, quasi come la criniera di un leone.
In corrispondenza del mento avrà tre lunghe cicatrici che le deturperanno il muso.
Gli occhi sono particolari invece, la sclera è nera mentre l'iride è un blu luminescente.
Queste diciamo sono per avere un' idea chiara della mia forma mannara.
Se nel caso doveste accettare la mia richiesta, ovviamente mi trasformerei in una lupa, tipo meta lupo di GOT.
Queste diciamo sono per avere un idea chiara della mia forma mannara.
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Questi sono gli occhi invece:
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[Modificato da Sirona Rangarth 24/09/2018 16:00]