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[fanfiction e originali] La magia delle parole - II Edizione

Ultimo Aggiornamento: 15/05/2019 15:48
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Post: 2.875
Giudice*****
12/01/2019 21:27
 
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Re: Aggiornamento!
Nirvana_04, 12/01/2019 20.34:

Vi prego, non vi spaventate!
Mi manca l'ultima storia, ho la serata libera e ci proverò davvero a finirla; ma non lo so come finisce. Se sarà pronta in tempo, sappiate che non vi farò aspettare con un discorso pre-risultati, partirò subito con il postare le valutazioni (e la cosa mi terrorizza perché non ho potuto completamente riguardarle, e temo la bruttissima figura, non solo di aver scritto castronerie e contraddizioni, ma di aver scritto in una lingua anni luci l'italiano). Nel momento in cui vedrete la prima, non scrivete, per favore. Posterò un discorso post risultati dopo, con calma.
Se non arrivo a completare anche l'ultima storia entro la mezzanotte, avvertirò l'amministrazione con un post, sperando che mi conceda, considerato che mi manda l'ultima storia, di poter concludere io questo contest.




Ciao carissima Nirvana!
Anche se mi sono ritirato dal contest, passo per tranquillizzarti, in un certo senso: una decina di giorni fa mi sono ritrovato nella stessa situazione, e credimi, un giorno di differenza non è un problema nemmeno per l'amministrazione. Ti auguro tutto il meglio, al prossimo contest!
mystery_koopa

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Post: 5.640
Giudice*****
12/01/2019 21:29
 
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Nirvana-sama sei impazzita? nessuno ti manda via se passi la mezzanotte, finisci domattina!
quoto e alzo la posta di Koa__💓
datemi una N!
datemi una I!
datemi una R!
datemi una V!
datemi una A!
datemi una N!
datemi una A!
NIRVANAAAAA...GO!!!
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Post: 711
12/01/2019 21:49
 
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Cara Nirvana, ricorda: a mezzanotte tutte le storie si trasformeranno in zucche... Ah no, quella era un’altra storia... In questa, invece, le cose andranno diversamente: dopo essersi autopunita trascorrendo il sabato sera a stendere le ultime valutazioni, Nirvana si godrà il meritato riposo, ben sapendo che quello che non si riesce a fare oggi si potrà fare benissimo domani... le storie non scappano, e noi men che meno. Insomma, quoto Mystery Koopa al 100%!
12/01/2019 21:55
 
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Concordo, se può servirti, rimanda pure a domani la pubblicazione dei risultati.
Credo che sia più gratificante anche per te poter consegnare delle valutazioni quanto più possibile revisionate e curate. Io di certo non mi faccio problemi ad attendere un giorno in più e, come da testimonianza di Koopa, sarebbe un'opzione più che ammissibile.
Insomma, hai già fatto uno sforzo bestiale per recuperare il tempo perduto, almeno alla fine hai il diritto di rallentare per poter fare le cose come si deve.

E Setsy è una cheerleader nata: come motiva lei, nessuno. 😂💃

Vai, Nirvana! Siamo tutti con te!! 💖
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Post: 5.640
Giudice*****
12/01/2019 22:01
 
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E Setsy è una cheerleader nata:


qualcuno mi apprezza!😍 grazie, molang😁

p.s sto scrivendo e lanciando maledizioni perchè non mi esce lo stile che voglio, ma ho bisogno di consegnare presto
i contest: Gioie e Dolori😑
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Post: 2.256
Giudice*****
13/01/2019 00:32
 
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Nona Classificata

Ambitiosa Morte (o prima che il gallo canti)

di GrabrielleBeauv







Grammatica: 13.35/15

Il testo è abbastanza pulito, ho trovato però qualche errore di concordanza del genere e pochi altri errori di battitura; un errore grave verbale.
Di seguito, gli errori trovati:

dalla giorno della disfatta → -0.2 dal giorno
una carcere → -0.2 un carcere
Shakebolt → -0.1 Shacklebolt
Perché da queste parti funziona così, mh? → -0.1 mmh
Questo tua esistenza a metà lo è. → -0.1 questa
perché ora capisce che in dittatura, l’unica scelta degli schiavi è quella tra il vivere e il morire → -0.2 Il “che” è legato alla relativa “l’unica scelta…”. O chiudi l’inciso, o togli la virgola.
Hermione è già una firma profana sul suo corpo - inchiostro che laverà via poco prima di portarla sull’altare. → -0.1 Chi è che porterà sull’altare? Non credo Hermione, ma credo che si riferisca sempre a corpo. In questo caso è “portarlo”.
Perlomeno può darsi il merito di aver costituito all’abbrivo di quell’Albedo, → -0.3 In questo caso “costituito” regge il complemento oggetto, altrimenti non riesco a capire il senso della frase. Suggerisco “l’abbrivo di quell’Albedo”.
ad una nuova → -0.1 a una nuova
Ora e vivo e lo sarà per un po’; → -0.25 Ora è vivo


Stile: 12.5/20

È uno stile ambizioso quello che hai utilizzato, con periodi complessi, strutture sintattiche intrecciate e un lessico che pretende di essere protagonista. Si fatica a districare la narrazione dalla mera esposizione lessicale, il testo risulta pesante alla lettura, non sempre di immediata comprensione, astruso nel suo aspetto contestuale.
La punteggiatura non incontra sempre il mio parere positivo. Abusi dei due punti, inserendoli in maniera molto arbitraria e caricata, tanto che arrivano a caratterizzare il testo. Ho notato anche una forte predilezione del capoverso; il testo, così, risulta molto disteso e imperativo. Sono pause lunghe, con una divisione dei paragrafi atta a dare tensione, che troppo spesso spezzano anche il flusso di un unico argomento. Nel suo complesso, ho trovato che questo rendesse il testo troppo lento, greve, che ogni concetto avesse bisogno di spazio e isolamento per essere assimilato, che una singola frase formasse continuamente un concetto a sé. Manca l’uniformità del testo, una narrazione fluida e coinvolgente.
Anche i periodi sono elaborati, con una struttura che spesso e volentieri inverte l’ordine sintattico. Questo funziona in alcuni punti, dove la comprensione del testo è comunque intuitiva, fluida, e quindi la particolarità impreziosisce la narrazione; altri punti in cui, invece, la relazione dei sintagmi non è immediata e la struttura della frase confonde di primo acchito. Come in questo caso:

- Ne accarezza insolente le forme dalle lenzuola avvolte con lo sguardo → “con lo sguardo” può benissimo riferirsi a “lenzuola avvolte”. Insomma, è troppo ingarbugliata.

Una volta mi dissero che alzando tutte le asticelle si ottiene nuovamente un piano piatto, liscio. Credo che sia questo uno di quei casi: hai talmente abbondato con frasi articolate e complesse che non c’è un concetto o un’espressione che spicchi; tutto appare uniformemente arzigogolato e inutilmente complesso. Secondo me, avrebbe funzionato meglio se alcuni dei periodi più lunghi fossero stati privati di alcune subordinate: se la principale è già stata arricchita di un lessico importante, risulta pesante assegnarle una subordinata altrettanto elaborata. Frasi più semplici avrebbero reso più equilibrato il lessico. Si tratta di bilanciare in maniera più piacevole i tre aspetti di questo stile: periodi lunghi, lessico aulico e inversione sintattica.
Alcuni termini li usi in maniera impropria, secondo me. Come per esempio “lisergico”. Ho cercato più volte nel dizionario, anche nel dizionario dei sinonimi, ma non viene mai adoperato come sinonimo di stupefacente o allucinogeno, ma solo nell’accezione di acido lisergico. Personalmente ho trovato che tu abbia esagerato un po’ con certi termini, perdendo di vista lo scopo primario di un testo: coinvolgere e far immedesimare il lettore alla storia che si vuole raccontare.
Tutto questo conferisce al testo un tono greve, cupo, pressante, che non trova giustificazione nel contesto, il quale si mantiene poco chiaro e non permette al lettore di concentrarsi su personaggi e trama.
Il narratore è onnisciente, o secondo questo scopo si muove il testo poiché passi dall’introspezione di un personaggio all’altro, il lettore ha modo di sapere quali intenzioni e pensieri si nascondono a entrambi i personaggi; ma ci sono frasi ambigue che rendono incomprensibile il soggetto perché le tratti come un narratore con POV. Per esempio:

- Draco scuote la testa e si lascia scivolare contro il cuscino. Guarda il soffitto perché sa di aver perso: nemmeno quella notte la toccherà; Hermione ci aveva sperato. → Credo sia Hermione a guardare il soffitto, e non Draco. Questo soggetto sottinteso, con un narratore onnisciente, non funziona.

Il narratore, quindi, è mal gestito e poco chiaro nella sua tipologia. Ed è un peccato perché nei momenti in cui è chiaro che il narratore passa dall’introspezione di un personaggio all’altro, il testo rimane scorrevole.
I dialoghi sono indarni. All’inizio volutamente, non fanno contesto, vogliono esprimere un convenevole ripetuto altre volte, ma dopo diventano complessi, tutti medesimamente cupi e affini allo stile del narratore, piuttosto che emblematici e caratterizzanti dei personaggi.
Le descrizioni e la narrazione sono pressoché assenti: il testo si basa molto su dialoghi e introspezione. Non ha un corpo di sostanza, ma predilige stimolare la riflessione del lettore. Inoltre presenta diverse metafore, riferimenti filosofici e parallelismi biblici: tutte insieme, oberano il testo.
Le tematiche. Quelle che saltano all’attenzione di chi legge sono il dolore della perdita, la paura della morte, il senso di sopravvivenza che prevale sullo spirito di unione e affetto. E tutte sono state trattate di sottofondo, non certo esaltate dallo stile, eppure trattate con disinvoltura, seguendo un determinato filo logico e narrativo. I nomi che non vengono pronunciati fino a un certo punto ma che aleggiano tra di loro sempre, le vittime della guerra. Ma c’è anche un’altra vittima, che non ha un corpo proprio ma che è stata stappata da tutti, o così pare, ed è la compassione. Sia Hermione sia Draco, ognuno per sé, pensano: meglio loro che io, meglio tu che io. Il tema della sopravvivenza, della perdita dei valori è stato approfondito da più punti di vista.


Originalità, Ambientazione e Trama: 10/15

Non posso negare la particolarità del testo. Pensando all’opera originale, trovo molto personale il finale alternativo che hai escogitato, immaginando la morte dell’eroe, l’avvicinamento tra più personaggi di schieramenti opposti e con visioni molto diverse. L’originalità però non riesce a incontrare una chiarezza espositiva e leggendo questo brano rimangono molte domande senza risposta.
L’ambientazione è assente. Non ci sono elementi che ricreano l’atmosfera o la scenografia di Harry Potter, non ci sono relazioni con l’opera originale. Detto questo manca completamente anche un’ambientazione propria del testo. L’unica parte (Il rifugio fu costruito su terra venefica dove l’insolente coraggio di timidi boccioli è punito da un Sole che non carezzerà mai i loro petali. Le pareti sono intonaco e carta di giornali) ha connotati metaforici e molto generici e non ha la forza di dare al lettore elementi per poter visivamente calarsi nella scena. Anche gli altri elementi, la stanza, il letto, sono privi di carattere personale e non riescono a caratterizzare.
L’incipit ha comunicato sin da subito uno sfondo e un tono tragico, cupo, di un nascondiglio celato ai più ma soprattutto un luogo che, metaforicamente, la luce, il buono e il bello non riescono a raggiungere. Si ha l’impressione che fuori la guerra impazzi ancora e che loro vivano alla giornata, anonimamente, relitti di ciò che erano un tempo. Poi arriviamo nel corpo della narrazione, e qui a ogni nuova informazione sorge una nuova domanda: qual è il motivo per il quale deve morire Hermione? Voldemort è vivo? Perché più che sentire il potere e la tirannia di Voldemort, si percepisce quasi una situazione di confusione e oligarchia all’esterno. Se sì, qual è la situazione attuale del mondo magico e babbano? Cosa sta succedendo veramente nel mondo? Chi vuole la sua morte? Perché Kingsley aiuta Malfoy? Perché Draco è circondato da personaggi dell’Ordine? Mancano tutta una serie di retrospezioni che chiariscano e giustifichino l’introspezione e lo stato attuale degli eventi. Come finale alternativo, presenta troppi buchi di trama.
Ti sei impegnata a creare due diversi parallelismi, uno per ognuno dei due personaggi: l’evoluzione di Hermione si muove di pari passo con l’itinerario alchemico del Magnum Opus, mentre il personaggio di Draco, statico, ricalca i tre passi di Pietro prima che il gallo canti. Se il secondo, per la sua natura più semplice da far intuire, si è comunque incorporato bene con la trama, il secondo ha necessitato di qualche spiegazione in più, e questo l’ha fatto apparire un parallelismo più forzato. E infine c’è la dottrina dello stoicismo, quell’Ambitiosa Morte, di stampo romano, che è invece il fulcro della discussione, la ragione di conflitto. Secondo me, anche con la quantità di riferimenti hai abbondato parecchio.
Per quanto riguarda il genere trattato, direi che hai centrato l’obiettivo, concentrandoti sull’interazione tra i personaggi e sullo sviluppo e soluzione del problema. Lo si tocca non solo con l’argomento “sacrificio” ma anche con ciò che viene anche solo sfiorato, come la perdita delle persone amate.
Il finale è ciò che più si ricollega al filone potteriano, con Draco che si sposa (e io immagino un’Astoria al suo fianco), un matrimonio che anche qui profuma di combinato e già prestabilito, per conservare la purezza di sangue e per generare un’altra generazione di maghi puri.


Titolo, Introduzione e impaginazione: 9/10

Il titolo è ambizioso, in linea con lo stile. Ma è anche pretenzioso. È un titolo complesso, poco incisivo, quando l’ho letto la prima volta ho subito provato un senso di caricatura, di pretenziosità. Il doppio riferimento, di una certa importanza tra l’altro, crea un miscuglio particolare di riferimenti fin da subito, che tendono verso più direzioni. È come se più bambini si contendessero una caramella: più argomenti si contendono un’unica storia, uno spazio molto limitato. È troppo!
Al contrario, invece, l’introduzione è molto semplice, priva di tutta quella terminologia aulica che si trova nel testo. Adoperi uno stile semplice, scorrevole, naturale, i periodi sono lineari e di comprensione immediata. Se è più facile attraverso di essa capire il contesto e la base di partenza della storia, dall’altra parte è incoerente con tutti gli altri elementi che hanno caratterizzato il tuo stile.
L’impaginazione è ottima: testo giustificato, rientro nei capoversi, un’interlinea piacevole anche se piuttosto ampia. L’unico consiglio è quello di evitare spazi vuoti tra i vari paragrafi, a meno che tu non voglia segnalare un salto temporale, un cambio POV, o un cambio argomento. Li trovo superflui.


Caratterizzazione dei personaggi: 14/20

Essendo personaggi di un fandom, più che la loro caratterizzazione è mio compito valutarne l’IC.
Partiamo da Draco. Ciò che ho ritrovato di lui è quella paura che si nasconde dietro i suoi modi indolenti, quella viltà che lui orna con sicumera e indifferenza. Alla fine lui fa ciò che ci si aspetta da lui: pensa a se stesso. Non si schiera, ma fa di tutto per sopravvivere, conservando le colpe e il dolore, o meglio l’amarezza, per tutto ciò che è stato costretto a sacrificare lungo il tragitto. Non è senza cuore; vile, cattivo a suo modo, ma non carogna. Eppure anche lui è chiamato a una scelta, e quando deve prenderla preferisce la menzogna al coraggio. Una mossa che richiama molto bene le sue azioni nei libri. Draco inoltre è uno di quei personaggi che cammina sempre con un segreto in tasca, con un piano arguto. Trovo molto attinente, visti anche i suoi risultati accademici in certe materie, che sia attratto prima di tutto dall’intelletto e da una mente arguta, è un tratto distintivo anche della sua casa. È freddo, calcolatore, infido eppure a tutto questo si accompagna una sorta di coscienza che lui mette abilmente a tacere.
Di Hermione, invece, ho ritrovato ben poco. Non c’è la sua sagacia, né il suo spirito combattivo, né la sua determinazione di far sua una battaglia, anche se è una causa persa, anche se è sola ad affrontarla. Lei lotta per i deboli, lei vuole cambiare il mondo. È anche il personaggio fragile e insicuro che tu dipingi, ma il personaggio originale bilancia molto bene queste sue caratteristiche, riempie le sue mancanze attraverso i suoi punti di forza; qui questo equilibrio manca. Capisco che tutto questo possa essere rivoltato dalla distruzione di tutti i suoi piani, propositi, dalla perdita delle persone amate, ma una giustificazione plausibile, che io possa toccare con mano e giudicare non me l’hai data. E questo non mi ha permesso di valutare il passaggio tra l’Hermione che abbiamo conosciuto nei libri a questo personaggio spento, arrendevole, che si trasforma e si fa usare come un oggetto, vuoto, privo di orgoglio e amor proprio, divorato dalla paura e dai fantasmi. Non riesce a diventare reale, a possedere la scena.
Ciò che mi ha deluso sono state le loro “voci”, ovvero i dialoghi che hai creato. Ogni personaggio ha una voce (sì, sono uno di quegli autori/lettori pazzi che sentono delle voci in testa), un suo modo particolare di coniare le frasi, di esprimersi, una propria gestualità, un comportamento prestabilito che adoperano nelle varie circostanze, degli intercalari, un’esclamazione particolare, un proprio registro linguistico. Tutto questo qui è venuto a mancare. Il loro registro linguistico è quello del narratore, non c’è una barriera che distingue le varie voci, si sono persi i tratti peculiari che li rendono riconoscibili (Draco possiede un sorriso arrogante, lo potevi rendere provocante oppure smorto o ancora petulante o teso, ma lo hai reso innocente, lo hai privato della sua freddezza espressiva, del suo taglio particolare. Una cosa che risalta in lui è il modo in cui sottolinea il cognome di Hermione, e avresti potuto sfruttarlo adattandone la sfumatura, invece di un “mia cara” che potrebbe anche starci ma che in questo caso lo priva dell’ennesimo tratto che lo avrebbe distinto). E dov’è la saccenteria di Hermione?, il suo orgoglio, il suo femminismo, la delicatezza con cui cerca di nascondere la sua fragilità? Anche il lessico è troppo elaborato per delle battute. “Sono pavida” è un pugno in un occhio, a mio parere. E anche i periodi utilizzati da Draco a un certo punto sono troppo elaborati, il suo modo di parlare è più diretto e subdolo, lineare. Mentre dovrebbe essere Hermione quella che una pensa di dirne e mille ragionamenti fa.


Gradimento personale: 2/5

Ho faticato a leggere questa storia ed è stato davvero difficile farlo una seconda volta per valutarla. Sono il tipo di lettore che ama trovare termini nuovi e particolari, e anche io amo usarne di puntuali e pertinenti quando scrivo, ma la tua storia sembra essere solo uno sfoggio di bei termini (e tengo a precisare che “sembra”, perché sicuramente il tuo intento era ben altro, non lo metto assolutamente in dubbio). Forse sono io che non apprezzo questo tipo di stile, ma è stato davvero difficile trovare dei punti cardinali con cui orientarmi.
Alla fine, quando ho raggiunto il punto finale, avevo impiegato talmente tante energie nel capire la storia che non ho più pensato a quali personaggi avevo davanti; ed è stato difficile ritrovare Hermione e Draco tra le battute e le varie scene. È stato anche complicato capire a che punto della storia ti fossi agganciata per creare questo finale alternativo e cosa era cambiato effettivamente per portare Hermione a rifugiarsi tra le braccia di Malfoy e Shacklebolt ad accettare questa situazione.
Di Harry Potter non ho trovato praticamente nulla: né il contesto, né l’ambientazione, né tanto meno la magia, quell’atmosfera che si respira nei libri. Tutto è arzigogolato e artificioso, denso di filosofie e riferimenti pesanti, poco adatti. O meglio, fino al Magnum Opus potevo capire l’attinenza, anche se l’argomento non scivola in maniera disinvolta con il contesto originale; ma il parallelismo biblico l’ho trovato inappropriato, poco naturale da fare con un personaggio che del Cristianesimo probabilmente non sa niente. Poi ci sono mille domande che mi sono frullate in testa durante la seconda lettura, mille buchi di trama e d’informazioni che mi hanno confuso e lasciato con l’amaro in bocca.
Posso dire di aver apprezzato alcune frasi, come quella finale. Sicuramente ce ne sono altre che hanno spiccato per la loro profondità e capacità d’espressione, ma tutte le altre sono state un groviglio da dover districare. Non voglio assolutamente demoralizzarti, e comunque questo resta solo il mio parere. Ammiro il tuo bagaglio lessicale e apprezzo l’impegno a voler sfruttare una così ampia parte della tua conoscenza storia, filosofica e culturale. Il miglior consiglio che ti posso dare è concentrati su un’idea alla volta, o meglio rendi una sola idea protagonista e guida della trama, smorzando e assottigliando le altre, in modo da far respirare stile e trama. Sicuramente troverai un equilibrio e mille altre opportunità e trame per poter sfruttare le tue conoscenze.


Punto Categoria: 3/5

Per quanto riguarda la categoria, chiedeva di persuadere qualcuno a fare qualcosa che non avrebbe voluto fare. Malfoy né con le parole né con il sesso sembra avere la capacità di persuadere chicchessia a fare qualcosa che non avrebbe fatto altrimenti. Anzi, la consapevolezza di Hermione di volersi sacrificare per gli altri arriva seguendo già uno scrupolo di coscienza personale: qualcosa che non vuole fare ma che sa di dover fare, qualcosa a cui non si sarebbe comunque sottratta. Dalle parole di Draco s’intuisce cos’è che lui vuole (se lei muore, lui si salva… mi sembra di aver capito questo) e probabilmente gioca sul tenersi sul vago, quasi a lasciare che lei prenda la decisione da sola, limitandosi a indirizzarla, quasi a non volersi sporcare le mani. Solo quando dice “lascia che si illudano” imprime la sua decisione, ma tutto mi sembra fuorché persuadente.
Insomma, il tentativo di persuasione c’è, ma non l’ho ritenuto il vero motore che spinge Hermione a prendere questa decisione, a maggior ragione perché non la reputo una decisione che lei non avrebbe preso. In lei c’era già un conflitto.
In quanto a l’eros, ho deciso di assegnarti metà del punteggio. Ciò che ho intuito è l’attrazione intellettuale che prende Draco nei confronti di Hermione, o meglio ha preso Draco all’inizio della loro relazione. Hermione capiva cosa significava essere un sopravvissuto, Hermione sapeva giocare al suo stesso gioco intellettuale. E poi c’è quella smunta attrazione in cui spera Hermione, quell’amplesso fisico, un po’ tardivo e privo di sentimento della penultima scena. Non ti ho assegnato il punteggio pieno perché, se “l’eros intellettuale” è un’interpretazione particolare e intrigante del desiderio, a me ne mostri comunque le ceneri, qualcosa che è già stato consumato, e non diventa mai protagonista della storia. Tutto è cupo e privo di una vera attrazione.

Punteggio: 63.85/90


OFFLINE
Post: 2.256
Giudice*****
13/01/2019 00:35
 
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Ottava Classificata

Angelo fraterno

di harriet;-)







Grammatica: 13.65/15

Il testo è curato, in quanto a errori grammaticali direi ne è quasi completamente priva. Ho notato però l’abitudine a non segnare i vari incisi o vocativi, o comunque casi in cui servivano delle virgole per chiarire il senso della frase.
Di seguito, gli errori che ho trovato:

poggiò i pugni sulla scrivania in faggio nello studio paterno → -0.3 “Nello” è sintatticamente scorretto, credo. “Nello studio paterno” mi par di capire che sia correlato a “scrivania”, quindi è corretto dire “dello studio paterno” perché chiarisce su quale scrivania lui poggiò i pugni.
poi la tua risata cristallina ed allegra → In altre circostante la ʻdʼ eufonica davanti a vocali differenti l’avrei considerata errore, ma credo che qui si addica al tono solenne. Inoltre credo di poterla imputare allo stile di una lettera, e quindi non sottraggo punti, ma mi sembrava giusto segnalarla.
Le ricordo sai le loro cattiverie gratuite → -0.8 Di seguito, ti ho segnato anche gli altri casi simili, dove ti dimentichi di segnalare con le virgole gli incisi. Se provi a leggere, e in alcuni casi l’effetto è più marcato, ti accorgerai che la mancanza di punteggiatura toglie intonazione allo scritto.
Già sarei dovuto essere io ad avvolgerti il mio braccio sulle spalle con fare protettivo → Una virgola dopo ʻgiàʼ
Siamo due opposti è vero ma gli opposti non potrebbero stare al mondo uno contro l’altro. → Inciso per ʻè veroʼ
Lo sai quanto bene ti voglia → -0.25 “ti voglio”.
Sì perché sto letteralmente per darti la mia vita → Una virgola dopo ʻsìʼ
Aveva paura, era disperato certo ma avvertiva anche un sollievo nuovo → Inciso per ʻcertoʼ


Stile: 15/20

Seppure il testo breve non mi abbia dato modo di analizzare in più sfaccettature e con profondità il tuo stile, posso dire di averlo trovato piacevole. Ho avuto un assaggio di alcune similitudini usate nel modo corretto, che riescono a dare sostanza e definizione al personaggio e alle emozioni che prova in quel momento. Tuttavia il brano in sé presenta alcune mancanze che mi hanno fatto riflettere un po’; inoltre hai fatto delle scelte che non sempre ho capito o che ho trovato approfondite.
L’uso di due narratori è stata una scelta particolare, soprattutto perché il brano è pressappoco composto solo dalla lettera, e quindi da una lettura guidata dal narratore in prima persona. Ho trovato povero il narratore in terza persona, ben usato ma poco sfruttato, e questo fa perdere il senso dell’uso del doppio narratore. Considerando la lunghezza del brano e il contenuto della lettera, diventa quasi superfluo il narratore in terza persona, che nulla dice e poco fa se non creare l’atmosfera che pervade il personaggio al momento in cui scrive.
La punteggiatura nel complesso è usata in modo corretto, ma ha qualche pecca. Abusi moltissimo dei punti esclamativi, secondo me ne adoperi alcuni in maniera inappropriata, conferendo alla lettura una costante intonazione acuta, che rende il tutto molto eccentrico. Se leggi ad alta voce la lettera, ti accorgerai che la punteggiatura così forte ti porta a intonare eccessivamente con troppo slancio, e il tutto perde d’importanza, si perde il tono greve e forte, diventa quasi comico nel punto in cui scrivi “pistacchio per me, fragola per te!”. Il mancato utilizzo della virgola ha intaccato anche lo stile inoltre, perché quelle frasi sopra indicate alla voce “Grammatica” portano a leggere il testo in maniera incolore, facendogli di incisività.
Non ci sono dialoghi, ma c’è un lungo monologo/lettera che occupa l’intero corpo del brano. Il tono composto e l’uso di termini particolari, come “maschia”, le immagini suggestive come quella del tramonto e le descrizioni fatte con personalità che caratterizzano la prima parte si scontrano con il lessico della parte centrale e soprattutto del finale, dove ho notato qualche ripetizione e un cambio di impostazione del linguaggio che mal si addice al resto. Tutto questo ha reso difficile dare una collocazione sociale al personaggio e una caratterizzazione definita al tono narrativo. La lettera sembra spezzata, all’inizio formale, quasi a esprimere un certo rango sociale, con termine e costrutti altisonanti ma piacevoli; e la seconda parte dove la commistione di punteggiatura e lessico rende il tutto troppo semplice e frettoloso, soprattutto nel finale dove si perde completamente la raffinatezza dello stile. Per il resto ho trovato una padronanza del linguaggio e un lessico puntuale e abbastanza vario, anche se, ripeto, ho notato, anche se a distanza all’interno del testo, la ripetizione di alcuni vocaboli o espressioni.
Passando alle tematiche, infine, direi che importante sia quella del “suicidio” e della “malattia”, correlate tra loro. Se la seconda è presa di petto, non viene approfondita di per sé ma da essa si dipana tutto il dolore e la drammaticità che il personaggio imprime alla lettera, la prima è quasi sussurrata e si fa più concreta andando avanti nella lettura. Più che affrontarla, il testo la sottintende come finale di quella lunga lettera. Porti il lettore a questa decisione guidandolo attraverso viali di fratellanza, dolore, alberandolo di ricordi e particolari che hanno segnato la crescita dei due fratelli. È stato un tocco leggero, che comunque ha reso protagonista tale argomento. Ho trovato che tu lo abbia appena saggiato, ma la delicatezza con cui ti sei affacciata l’ho apprezzata molto.


Originalità, Ambientazione e Trama: 9/15

Quando parlo di originalità non vado alla ricerca di idee nuove e imparagonabili ad altre, ma cerco la personalità che le renda Storie con la “s” maiuscola, le renda vive e concrete: è come dare un nome a una persona, quel nome e quel carattere lì, con annessi e connessi, la rendono unica.
La personalità in questa storia c’è ma allo stato grezzo; senza approfondimento, il testo è piacevole ma scevro di particolari solidi che lo fanno spiccare. È uno spezzato di vita che cerca di riassumere in un unico blocco antefatto, contesto e personaggi.
L’ambientazione è pressoché limitata al luogo in cui si trova il personaggio, e anch’esso comunque risulta caratterizzato da pochissimi elementi. Non è dato sapere il luogo o il periodo in cui la storia è ambientata, e leggendo si ha come l’impressione che il mondo inizia e finisca dentro quello studio. Anche le percezioni del luogo oltre la finestra e gli ospedali in cui fa la spola il fratello sono meri luoghi troppo lontani da poter acquisire peso nella narrazione. Questo perché si tratta di un racconto nel racconto: la vicenda è presentata attraverso le parole scritte in una lettera e la storia e i personaggi presentati non diventano mai protagonisti della scena.
La trama è sviluppata quasi tutta in regressione, tutta concentrata nei ricordi del personaggio, che sono importanti ma non il fulcro principale. Inizia “in medias res”, con un incipit stimolante per il lettore, ben costruito, ma che sfuma molto velocemente per passare subito al corpo della lettera. Questo non ti permette di creare sufficiente atmosfera, né di caratterizzare l’ambientazione in modo completo.
Lo sviluppo è ciò che più avvicina il lettore al personaggio, dà informazioni attraverso i ricordi, e in questo modo viene spiegata in maniera essenziale la dinamica dei fatti. Questo però non lo penalizza, perché al contrario dell’incipit e del finale hai saputo ponderare bene le informazioni e dai quante informazioni bastano per conoscere i due fratelli e dare uno scorcio addirittura dei genitori. Considerata la scelta di un testo breve, ho trovato lo sviluppo molto esauriente. Inoltre ho apprezzato la scelta di partire dall’inizio per ripercorrere poi la loro vita fino al motivo di tale scena.
Il finale, però, ha una chiusura affrettata, priva di pathos. Era una conseguenza deducibile dal resto, ma che avrebbe comunque essere carica di emozioni e parole struggenti. Invece si consuma nella semplicità.
Per quanto riguarda, infine, i generi che hai deciso di trattare – angst, drammatico, introspettivo – ho trovato l’ultimo padrone del testo ma poco protagonista nel finale, dove avrebbe dovuto toccare l’apice. Il drammatico è stato lo sfondo di tutto il testo, invece, tratto in maniera pulita, senza colpi di scena o di tono. Per quanto riguarda l’angst mi hai un po’ diviso. Con “angst” s’intende un blocco, un’indecisione psicologica che provoca paura, angoscia e/o furia. In questa storia più che vedere questo genere protagonista, ne vediamo la conseguenza, quando Andrea ha già superato il momento d’impasse e ha preso la sua decisione, liberandosi dal suo dilemma.


Titolo, Introduzione e impaginazione: 5.5/10

Il titolo è davvero semplice, poco originale, e a trovarlo in mezzo al mare di altri titoli sarebbe anonimo. Sicuramente attinente, credo che non abbia la capacità d’incattivirsi il lettore, e poco riesce ad aiutare l’introduzione, davvero scarna. Questa è d’effetto sicuramente, con frasi brevi ma che rimangono sospese nel vuoto: mancano i punti guida che direbbero al lettore se tale letture potesse interessargli o meno. Ancora una volta dice tutto e nulla.
Infine, l’impaginazione è basilare, priva dei rientri nei capoversi e testo dispersivo nella pagina. Sconsiglio l’uso di spazi tra i vari paragrafi, ed è sempre molto elegante segnalare il capoverso con un rientro. Il testo giustificato, però, rende il tutto abbastanza pulito.


Caratterizzazione dei personaggi: 16/20

Non ritengo personaggi principali i due genitori, visto il tema centrale che verte sull’amore fraterno, ma ho apprezzato lo schizzo che ne dai di entrambi perché ti aiutano a dare spessore al passato e quindi al background dei personaggi. Sono personaggi marginali che comunque hanno avuto la loro parte. A proposito del padre posso dire che hai fatto un ottimo lavoro, perché gli hai dati abbastanza sfumature e contrasti da renderlo conoscibile dal lettore. Il ricordo che conserva di lui il protagonista lo dipinge come un uomo dalla tempra forte, che si dedica al duro lavoro ma che si prodiga per la famiglia. Un uomo che si mostra severo e brontolone, ma che si scioglie per i figli e ha il sapore addosso di quelle caramelle che dispensava loro.
La madre, rispetto a lui invece, mi è parsa molto sottotono, diciamo che è passata più in sordina. Ne dai un’immagine quasi più distaccata, come se l’attenzione che il protagonista conserva per il padre dimostri più attaccamento e complicità con lui che con la figura materna. La madre appare come una figura distante, dai modi più espressivi ed estroversi per certi versi, ma manca di un qualcosa che chiarisca meglio la sua influenza sui due fratelli.
Infine il lavoro fatto con i due protagonisti. Una cosa che ho notato è che non riveli il nome del fratello malato: questo me lo fa percepire meno reale in questo caso. Credo che sia giusto, e renda molto in quanto ad affetto, che Andrea lo chiami più volte “fratello”, ma credo anche che scriverne il nome nella lettera, far assaporare all’inchiostro le sillabe di quel nome, avrebbe dato più forza e passione alle parole di Andrea e al suo spirito di sacrificio, come se lo avesse avuto davanti per tutto il tempo. Invocare il suo nome avrebbe esaltato la sua caratterizzazione. Altra cosa che ho notato che ho manca la descrizione fisica del fratello minore. Manca l’effetto visivo, quello che avrebbe reso più evidente l’evoluzione della malattia, come un tarlo che se lo mangia da dentro. Immagino il fratellino di corporatura più muscolosa e prestante visto che lo difendeva, ma comunque mi manca questa parte della sua caratterizzazione. Ho apprezzato invece che di entrambi aggiungi piccoli dettagli, come il gusto dei gelati o il cipiglio eroico di lui e Andrea che gli insegna ad allacciarsi le stringhe delle scarpe.
Andrea, infine, è quello che emerge maggiormente e che ha la caratterizzazione più completa e profonda. Posso vederlo alto e sottile come un giunco, fragile, timido, impaurito, sempre il più debole. E il carattere e il suo atteggiamento, ma anche le sue emozioni emergono perfettamente dalla lettera. Hai fatto anche un buon lavoro con i tratti psicologici che lo riguardano: il suo essere il fratello maggiore ma non avere il coraggio e il corpo adatto per impersonare appieno questo ruolo; la sua sofferenza, la sua paura. E il tutto si risolve in questo gesto estremo che lo riscatta da tutto e che esprime tutto il suo attaccamento al fratello minore.


Gradimento personale: 3.5/5

Ad una prima lettura, ho trovato questo amore fraterno coinvolgente e pieno di emozioni. Mi sono piaciute moltissimo alcune immagine e l’arricchimento che fai con i ricordi. La tematica e il gesto che compie Andrea per amore del fratello mi hanno preso a tal punto da non farmi notare le pecche. Ma già dalla seconda lettura, ho riscontrato quei “difetti” (e gli chiamo così in maniera molto arbitrale, perché comunque questo è e rimane solo il mio parere) che rendono questa storia uno spunto bello e interessante ma che ha bisogno di corpo e sostanza per solidificarsi. Le parti iniziali e finali sono belle ma brevi e fanno sentire la mancanza di qualcosa; mentre il finale è davvero frettoloso ed è privo di quello struggimento e di quella bellezza che mi ha colpito della prima metà del testo. Credo che a penalizzare tanto il tutto sia la commistione tra brevità e storia originale. Quando hai già un mondo di base di un fandom, è più facile essere incisivi, far capire al lettore contesto e personaggi con poche parole, perché si presume che il lettore li conosca già e quindi gli bastano pochi indizi e una buona penna per risentire quell’atmosfera e quei personaggi vicini. Nel tuo caso invece abbiamo un contesto e dei personaggi che il lettore deve conoscere, con cui deve famigliarizzare, e credo che l’errore sia stato lasciare così tanto alla deduzione del lettore, che capisce ma avverte il tutto in maniera molto veloce, sfuggente.
Detto questo, ho davvero empatizzato molto con Andrea, con quel dolore di fratello maggiore, con l’impotenza infantile di non essere lui a guidare il fratello, così forte, così indipendente, così vicino e allo stesso tempo lontano da lui e dalla sua natura. Diversi ma affini. E poi con il suo dolore finale, quello dell’impotenza dell’adulto, di chi davanti alla debolezza dell’altro non riesce a fare quello che il primo ha fatto per lui al suo tempo. Il gesto disperato, di chi cerca il riscatto ma anche di chi soffre troppo per poter stare con le mani in mano, ha avuto la capacità di ricordarmi quanto forte è l’amore fraterno.



Punto Categoria: 2.5/5

Per quanto riguarda la traccia principale della categoria, ovvero “una confessione che cambierà le sorti della trama” implicava che tu mi mostrassi sia il prima sia il dopo, mentre dalla tua storia contesto di partenza e conseguenza della confessione sono solo intuibili e deducibili, e comunque mancano tutta una serie di elementi che ti avrebbero permesso di soddisfare la categoria.
I punti focali poi sono lasciati all’immaginazione del lettore e non sono esposti nel testo.
Lo stesso vale per la morte di un personaggio importante ai fini della sstoria: la morte di Andrea è in divenire, credo di poterla definire post storia e quindi anche qui manca lo sviluppo corretto della richiesta.

Punteggio: 65.15/90


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13/01/2019 00:38
 
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Settima Classificata

La decisione del Re

di Vodia







Grammatica: 14.3/15

La grammatica va bene, non ho riscontrato errori ortografici o sintattici. L’unico problema sono alcune virgole che spezzano il legame sintattico all’interno di alcune frasi.
Di seguito, gli errori trovati:

della SUA donna, oltretutto?! → -0.1 Ci vuole la maiuscola
La prima volta, che le aveva fatto la corte, lo aveva respinto → -0.2 Entrambe le virgole sono fuori posto: la prima rende la relativa un’esplicativa mentre in realtà è una ristrettiva; la secondo, nel momento che la prima non sussiste, va a porsi tra soggetto e verbo
e reagì applicando la legge, ancora più severamente di prima. → -0.2 anche qui la virgola va tolta, per un discorso molto simile a quello di sopra. La legge, la marina, l’applicava anche prima, ma adesso lo fa in modo più severo.
già è quasi un miracolo, che sia riuscita a dilazionarlo tanto → -0.2 come sopra


Stile: 14/20

Lo stile è scarno e molto semplice, lo trovo poco espressivo per dei capitoli lunghi quanto a delle drabble e per una storia che si risolve in tre brevissime scene, quattro se consideriamo che l’ultima parte si divide in due momenti distinti.
La punteggiatura è assolutamente da rivedere. Abusi dei due punti, li inserisci ovunque in maniera molto arbitraria. Lo stesso posso dire dei capoversi: quasi ogni frase è separata dalle altre, anche quando è lo stesso personaggio a parlare. Tutto questo rende la lettura, e di conseguenza il tono e il ritmo con cui il lettore legge, disconnessa, a scatti, troppo lenta. Devi tener conto che la punteggiatura in una storia è come un maestro d’orchestra: è lei a dire al lettore con quale ritmo e con quali pause leggere uno scritto.
Il lessico è curato, semplice, con qualche termine più importante che comunque lo arricchisce.
Le frasi sono lineari, più o meno lunghe, e non riescono a graffiare, a incidere in così poche righe tutte le complesse emozioni, i giochi di sentimenti, i conflitti e la profondità delle scene. Hanno più o meno tutte la stessa struttura, non usi costrutti particolari, non inventi. La lettura scorre insipida, quasi immota.
I dialoghi invece tengono la scena, sono serrati nella seconda parte, e questo conferisce una distinzione ulteriore ai tre capitoli. Manca invece una più curata introspezione, mentre le sequenze narrative sono del tutto assenti; sarebbero state utili, anche solo per creare atmosfera.
La scelta di usare un narratore differente per l’ultima drabble ha dato un’ulteriore nota di versatilità, ma ho riscontrato un problema nell’ultimo. Il narratore onnipresente che utilizzi nei primi due capitoli è ben gestito, si muove molto bene tra i due personaggi, senza creare confusione di focalizzazione. Nel terzo capitolo, invece, ho notato un diverso stile iniziale, che molto mi ha ricordato l’introduzione alle puntate dell’anime, e che si distacca totalmente da tutto il resto. Inoltre la prima persona narrante non è sfruttata al meglio. Sarà un limite mio, ma non mi trovo d’accordo con quel “Non ho più forze… addio” per esprimere l’ultimo pensiero di una persona morente e sfinita. La prima persona ha toni differenti, non è omogenea ed è poco espressiva per essere espressione di un narratore interno.
Le tematiche sono appena accennate, eppure il messaggio arriva ben chiaro e definito, questo proprio grazie ai dialoghi che si concentrano sul cuore della situazione: Gol D. Roger deve costituirsi, ormai gli sono addosso, e con questa mossa vuole provare a salvare almeno la sua famiglia. Vengono chiamati in causa, quindi, temi quali, l’amore, la fiducia, il rispetto, la lealtà, lo spirito di sacrificio e anche una certa dose di coraggio.


Originalità, Ambientazione e Trama: 10/15

Non ho riscontrato un elemento prettamente originale. La storia si limita a ricalcare le vicende precedente e del momento della nascita di Ace. Hai creato un missing moment che comunque riempie un vuoto, dando un’interpretazione piuttosto lineare, ma in linea con la storia conosciuta.
L’ambientazione, invece, è del tutto assente. Non si ha mai una concreta possibilità di immaginarsi i luoghi in cui si trovano. Anche la porta, unico elemento della scenografia, è solo una porta: non un colore, non una forma, non un dettaglio. Sarebbe bastato un piccolo accenno che aiutasse la sfera visiva. In questo modo, nessuno dei cinque sensi è davvero stimolato, e la storia risulta vuota, poco coinvolgente.
Il contesto è chiaro, hai avuto molta cura di rispettare il canon del fandom (per quello che posso valutare con le mie poche conoscenze). L’incipit del primo capitolo è diretto, inizia in medias res, e questo riesce a creare aspettativa e a colpire il lettore; la sospensione finale poi, e il piccolo vuoto tra il primo e il secondo capitolo, sfumano perfettamente il primo in un buon cliffhanger e il secondo di nuovo in un altro medias res che fa effetto. La conclusione del secondo capitolo è triste e densa del dolore che prova il personaggio.
Il terzo capitolo è un mondo a sé e funge da epilogo. Distante un po’ di tempo rispetto agli altri due, inizia con un tono quasi formale e si conclude con l’esaudire il desiderio del re.
I generi drammatico e triste sono ben trattati: c’è il dramma di Rouge che si vede dover affrontare da sola una destino e un breve futuro duro, senza l’uomo che ama, la felicità strappata di mano nel momento di maggior orgoglio e unione; e la tristezza per le sorti eroiche e degne di rispetto del re dei pirati. L’introspezione è blanda, non scende mai veramente nell’intimo dei personaggi e si limita a presentare le loro reazioni.


Titolo, Introduzione e impaginazione: 4.5/10

Il titolo è perfetto: ha forza, incisività, mette in risalto la determinazione e l’irremovibilità del re dei pirati. I tre sottotitoli sono più semplici. La brevità è un vantaggio che ben si accosta alla brevità dei capitoli. Ho trovato il primo forse un po’ decentrato dal cuore del capitolo, mentre gli altri due sono più attinenti con il contenuto.
L’introduzione, mi dispiace dirlo, è totalmente assente. Non attira per niente l’attenzione del lettore, non presenta la trama, ma fa l’errore di spiegare la parte più tecnica dell’opera. È impersonale, si limita a dare un contesto e nulla più.
Anche l’impaginazione ha diverse mancanze: non c’è il testo giustificato, mancano i rientri nei capoversi. Soprattutto non ho ben capito la scelta di usare uno sfondo nero, in cui tra l’altro hai scordato di inserire l’ultima frase del secondo capitolo. L’ho vista solo in un secondo momento e con molta difficoltà.


Caratterizzazione dei personaggi: 18/20

Essendo personaggi di un fandom, più che la loro caratterizzazione è mio compito valutarne l’IC.
Ho trovato molto IC il personaggio di Gol D. Roger. In poche parole, ma soprattutto grazie alla forza della sua decisione e delle sue parole, sei riuscita a delineare un intero personaggio. Mi manca sempre l’aspetto visivo, che nel suo caso avrebbe marcato molto bene anche l’effetto che lui ha sugli altri. Per il resto, hai evidenziato molto bene la sua purezza di spirito. È un pirata, sì, ma se ha il rispetto di un uomo della Marina un motivo dev’esserci. Roger ha la stessa purezza di spirito di cappello di paglia. Lui è pronto a sacrificarsi per le persone che ama, ha piena fiducia in un uomo che gli è stato per la maggior parte del tempo avversario; ha una fiducia incondizionata verso le fedeltà degli uomini; ma è anche un uomo irremovibile, che affronta con innocenza e determinazione gli eventi, senza mai piegarsi, senza mai farsi sconfiggere nello spirito. Emblematica è la sua risata, che sono felice tu abbia accennato nel primo capitolo. Ho apprezzato molto la leggerezza e l’umanità con cui si appresta ad affrontare l’amante. In questo vedo anche il desiderio di non volerle infliggere un simile dolore, e di conseguenza mostri anche il suo senso al dovere. È un uomo d’un pezzo, il re dei pirati, che si fa rispettare prima di tutto come uomo che come pirata spietato.
Di Portogues Rouge risaltano sia l’amore profondo, sia la solidità con cui affronta il suo destino. Nella puntata che ho visto e ricordo, la ricordo inamovibile come una statua, con lo sguardo duro, ma una dolcezza nel modo in cui protegge il suo bambino. Qui, forse per mancanza di spazio, quella personalità, quella forza non riescono a trasparire del tutto. Il personaggio è, sì, ben caratterizzato, ma manca di potenza, soprattutto nella terza parte, dove il narratore non è riuscito a valorizzarla, a essere pertinente con il suo personaggio. La forza di Rouge viene espressa sia dalle parole di Roger, che la ama la rispetta e in un certo qual modo la teme, sia dal modo in cui lascia anche il suo uomo, dopo un primo tentativo di persuaderlo.
In quel “Dentro di lei, tuttavia, qualcosa si era spezzato.” è racchiusa quell’aura che io ho percepito nell’anime. È una donna che muore un po’ insieme al pirata, che vive solo per amore del suo bambino. È una donna che sa nascondere il dolore, che sa porsi degli obiettivi, sa concentrarsi; eppure c’è anche debolezza in lei, anche se non so se posso considerarla tale, vista l’unicità della sua gravidanza.
Nel terzo capitolo, dalla parte di mezzo, si riesce a percepire la sua dolcezza, il suo amore e il suo orgoglio.


Gradimento personale: 2.5/5

Avrei voluto di più. Non ho mai avuto la costanza per seguire questo anime, eppure ci sono alcuni personaggi, alcune storyline che non ho potuto fare a meno di approfondire. Quella della famiglia di Ace è una di queste. Mi aspettavo un’atmosfera più curata, dei toni più coinvolgenti, un conflitto più approfondito. Invece è stato tutto molto veloce e breve, e nella sua brevità non mi ha saputo conquistarmi del tutto. Sicuramente hai fatto un buon lavoro di caratterizzazione, e ho apprezzato la cura dell’IC dei personaggi. A modo mio mi ha soddisfatto anche l’incastro perfetto del missing moment, ma avrei decisamente evitato l’avvertimento tematiche delicate, perché porta molto fuori strada. A mancarmi, per i miei gusti, soprattutto è stato la stimolazione sensoriale. Non mi piace essere “accecata” quando leggo, ho bisogno di punti cardinali visivi prima di tutto, e poi degli altri. È importante creare una giusta atmosfera. La cosa che però ho apprezzato è stata l’espressività dei dialoghi. Forse stilisticamente li avrei gestiti in maniera differente, ma nella loro importanza mi hanno assolutamente colpito. Sono il punto forte.


Punto Categoria: 2/5

Per quanto riguarda i punti della categoria, non te li ho assegnati tutti perché l’elemento di persuasione non è sviluppato fino in fondo. C’è un conflitto, questo sì, e ci sono due personaggi che remano nella direzione opposta per cercare di convincere l’altro a desistere, a cambiare idea, o nel caso di Rouge di capire. Ma la categoria richiedeva un processo più lungo, più estenuante, che avrebbe dovuto far risaltante la perseveranza e la pazienza nel perseguire l’intento di persuasione. Ho comunque apprezzato l’elemento di determinazione.
I punti bonus non posso assegnarli perché l’elemento eros è nettamente assente.


Punteggio: 65.3/90


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Post: 2.256
Giudice*****
13/01/2019 00:41
 
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Sesta Classificata

La NON prima volta di Pan

di SSJD







Grammatica: 12.2/15

La grammatica è ottima, ma come molti altri a penalizzare sono le virgole e le d eufoniche. Per il resto, non ho consigli da dare.
Di seguito, gli errori trovati:

ed io → -0.5 Ti è scappata qua e là qualche d eufonica; in un altro “e io” per esempio non la usi. Ti basterà riguardare velocemente il testo.
ad osservare → come sopra
Pan ed io siamo rimasti fuori ad osservare le evoluzioni del cielo notturno, che poi tanto notturno non era, visto che le sette lune facevano più luce dei due soli, che abbiamo visto durante il giorno → -0.2 La virgola ha molta importanza all’interno della sintassi di una frase. Il caso più evidente è proprio quando ci sono delle relative, perché la virgola può fare la differenza tra una frase restrittiva e una esplicativa. In questo caso hai bisogno di una frase ristrettiva perché Trunks si riferisce ai due soli che hanno visto quel giorno e che caratterizzano quel determinato pianeta, quindi la virgola va tolta.
Le ho chiesto:
- No, no, aspetta, ferma Pan, cosa vuoi fare? Cosa ti è venuto in mente? - → -0.8 La punteggiatura nei dialoghi va un attimino rivista: davanti ai due punti la frase non va a capo; in presenza del trattino, e quando la battuta non è composta, il trattino finale non va messo
Non sono una bambina, ho quasi quindici anni sai → -0.8 Hai dimenticato di isolare il vocativo, va messa una virgola prima di “sa”
Quello non era né il luogo, né il momento giusto per poterle spiegare → -0.2 In questo caso, le congiunzioni “né” non vanno separate, perché sono direttamente legate alla principale
era del tutto inopportuno Pan indagasse la mia vita sessuale → -0.3 che Pan indagasse nella mia vita sessuale
Certo se fosse venuto Goten al posto → virgola dopo di “certo”
- Come scusa? - → virgola dopo “certo”
DIA-RIO → Qui non tolgo punteggio perché il dubbio mi rimane, ma credo che lo spelling corretto sia di-a-rio
- Sì certo, buonanotte, Pan. - → virgola dopo “sì”


Stile: 13/20

È uno stile un po’ scarno, molto semplice e lineare. I toni leggeri e il tipo di situazione che crei è perfettamente coerente con il taglio di Dragon Ball, un anime che unisce leggerezza, tematiche importanti e accenni più o meno espliciti alla sfera sessuale. Ed è a quest’ultima che ti sei maggiormente allacciato/a per costruire la tua storia.
Il narratore in prima persona, seppure ben gestito e senza sbavature, non è stato sfruttato al pieno delle sue possibilità. Da tenere a mente con esso, infatti, è soprattutto la “voce” del personaggio che racconta. Trovo che la narrazione sia piuttosto lineare, nel senso che il modo in cui parla e racconta non si addice molto al personaggio di Trunks. Un consiglio è quello di arricchirla maggiormente delle sue espressioni, di enfatizzarla un po’ di più, di far sentire maggiormente l’imbarazzo e il terrore che tipicamente lo prendono, quel suo modo di passare da momenti seri a momenti più da panico e disperazione. Nei dialoghi, questo passaggio è più evidente, ma nel parlato, nel suo modo di raccontare, manca espressività, il che toglie carattere alla prima persona narrante.
Lo stile è predominato dai dialoghi, uno scambio di battute serrato, che ben si adatta all’interazione tra Pan e Trunks; e da una narrazione che a volte fa sentire il peso degli infodump. Credo che certi narratori e certe tipologie di storie richiedano uno stile mirato, caratterizzato da un certo taglio. A questa storia serviva più azione e introspezione, con l’utilizzo di periodi più brevi nelle sequenze descrittive. Questo, secondo me, ti avrebbe permesso di soddisfare il desiderio visivo del lettore e allo stesso tempo di incentrare meglio l’occhio del personaggio. Reputo Trunks un tipo analitico, che considera il “campo di contorno” con gli occhi di un guerriero. Il “plaid deposto con cura sul prato” sono dettagli che stonano se focalizzati da lui. Inoltre, devi tener conto che la narrazione ha una cornica: Trunks racconta a Gil quello che gli è successo con Pan, mentre nella scena finale questo “monologo” viene interrotto proprio dall’arrivo di lei. Quindi, tutta la narrazione meno l’ultima parte è un grosso dialogo; ha perciò bisogno di un taglio più soggettivo, meno da racconto e più da commento. Per esempio:

- - Pan, vuoi rientrare? Temo che tu abbia freddo…- le ho chiesto dandole un piccolo bacio sulla frangetta spettinata sulla fronte. → È una battuta che si addice a un testo che sia “distante” dal narratore, che viene raccontato quasi come se il personaggio stesse scrivendo, più che parlando. Nel parlato, nessuno dice “le ho chiesto dandole un piccolo bacio…” Per rendere meglio, una delle possibilità sarebbe stata: le ho chiesto e, non so perché!, le ho dato una bacio su quella frangetta spettinata che ha (che si ritrova). Sarebbe stato meglio giocare più sull’espressività. Inoltre avrei visto molto bene, visto il dialogo dentro al dialogo, che alcune battute fosse state riportate come discorso indiretto; e, ancora, battute composte precedute dalla narrazione, tipo:
E lei mi ha risposto: - No, per favore, se mi stringi forte non ho freddo… anzi, trasformati in supersayan, così mi scaldi di sicuro! – e si è avvicinata ancora di più.

Spero che l’intento della mia critica sia chiaro, e mi scuso per la confusione con cui mi esprimo.
La punteggiatura conferisce al testo un tono morbido, costante, come ti dicevo prima sarebbe servito giocare di più sui toni. Frasi più brevi, punti esclamativi, avrebbero dato un qualcosa in più. Ho notato, poi, che tendi a finire molte frasi con i puntini di sospensione. Trovo che l’effetto delle frasi che si interrompono o che sfumino in toni più bassi, che è poi l’effetto che si crea con i puntini finali, dia alla storia il senso di voci che interrompono altre voci, proprio come se Pan interrompesse più volte il farneticare di Trunks, mentre in altre battute, come quella prima che Pan gli dà il bacio, tendano a creare un tono più soffuso, come se la sua voce vada ad abbassarsi mentre lei gli si fa sempre più vicina. In certi punti, però, non sono necessari e sarebbe meglio sostituirli con punti fermi, o l’efficacia dell’effetto si smorza, si confonde.
Il lessico è semplice e curato. Non ci sono ripetizioni, non risulta vuoto, né hai esagerato con termini particolari. Scelta che risulta coerente con il tipo di narratore e con il personaggio.
Infine le tematiche. Ho trovato che l’ambivalenza tra amore e amicizia sia stata ben gestita, soprattutto perché il primo a dovervi far fronte è stato inaspettatamente Trunks. Seppure con la leggerezza e l’ironia che contraddistingue la storia, ho apprezzato molto il filo dei pensieri. Trunks non prova attrazione per una poco più che bambina, eppure si sente attratto e a suo agio, in un certo modo con chi trova essere alla sua altezza. Un punto importante è stato il ragionamento fatto circa l’età: adesso che lei è una bambina, la differenza si sente forte e provoca disagio; ma quella differenza si annullerà quando lei sarà adulta. Quando si è grandi si smettono di contare gli anni. Dall’altra parte poi, c’è anche il modo in cui hai gestito l’innocenza di Pan, l’ingenuità con cui affronta il tema del sesso. In certi punti, però, questo tema è stato trattato quasi in maniera didascalica.


Originalità, Ambientazione e Trama: 12/15

Ho trovato molto personale questo “attacco” da parte di Pan nei confronti del povero Trunks, che da parte sua commette l’errore di assecondare quello che per lui è un gesto piacevole di affetto da affrontare, forse, con troppa leggerezza, senza tener conto dell’età e della fragilità ormonale della piccola sayan. Un “what if” originale e pieno di comicità, ma ben bilanciato agli elementi sentimentali.
L’ambientazione è un po’ scarna. Come ti ho detto prima, le sequenze descrittive troppo curate e dettagliate, poste a paragrafi a se stanti, poco si adatto al personaggio e al tipo di narratore; ma credo che, attraverso commenti e frasi brevi inframmezzate qua e là, avresti potuto creare maggiormente la scenografia della scena. Il contesto viene presentato velocemente nell’inizio: Pan e Trunks, rilassati a pochi passi dalla navicella e godersi la notte luminosa, dopo aver recuperato tutte e sette le sfere. Qua e là aggiungi anche elementi che rimandano anche alla terra, come il personaggio di Goten, che a modo suo entra a far parte della storia, o i riferimenti ai suoi genitori e al suo ruolo all’interno dell’azienda di famiglia.
La trama è semplice e lineare, ma trovo che l’intreccio e la cornice che hai creato diano vivacità alla scena. Ho maggiormente apprezzato soprattutto l’espediente della cornice e l’effetto finale di quando Pan interrompe il monologo/confessione di Trunks con Gil. Si sente come se la telecamera, fino a quel momento concentrata in primo piano su Trunks, si fosse allargata sul presente. Proprio per questo, forse, sarebbe stato più efficace utilizzare, nel finale, un narratore esterno.
L’incipit è molto didascalico e pesante. Non conquista subito il lettore. Da qualche parte ho letto che l’incipit deve sempre porre una sorta di enigma, una domanda, deve incuriosire il lettore spingendolo a saperne di più. L’incipit di questa storia invece dà subito l’idea di un resoconto con toni moderati, non annuncia un colpo di scena o qualcosa di intrigante. Al contrario, il finale così netto e improvviso, secondo me segna perfettamente la fine della giornata, ovvero l’arco narrativo entro il quale si svolge l’intera storia. Perfetto per un “slice of life”.
Lo sviluppo è stato coinvolgente, soprattutto perché hai gestito bene il “tiro alla fune” tra Pan e Trunks. I due spingevano in due direzioni opposte, con sentimenti diversi, ed è sorprendente e molto ben fatto il modo in cui trovo un punto in comune che mette in risalto di essere entrambi sulla stessa lunghezza d’onda. I sentimenti di Pan non sono stati rovinati, Trunks è riuscito a non umiliarla o a farle pesare la sua giovane età.
Il fluff, come genere, è stato un compagno esaltato dalla gentilezza e dalla cura che Trunks ha provato a mostrare nei confronti dei sentimenti di Pan.


Titolo, Introduzione e impaginazione: 7.5/10

Punteggio pieno per Pan. La struttura insolita del titolo incuriosisce, ma soprattutto il “non” stampato completamente in maiuscolo conferisce, già visivamente, un tono comico e leggero e “esasperato” alla presentazione della storia. E dico “esasperato” perché la povera Pan, per quanto ci provi, alla fine non riesce a ottenere ciò che vuole. Sembra quasi di sentire il personaggio dire “mannaggia!”.
L’introduzione, invece, è poco attraente, sicuramente potresti curarla di più. Consiglio anche a te di non inserire, come prime righe, informazioni non inerenti direttamente alla trama o alla storia; sempre meglio metterle alla fine. Ciò che prima di tutto interessa il lettore nel leggere l’introduzione è sapere se la trama di quella storia possa interessarlo e incontrare i suoi gusti.
Detto questo, il solo estratto non è mai abbastanza per catturare l’attenzione. Potrebbe dire tutto, come potrebbe dire niente. Potrebbe fuorviare il lettore, o potrebbe non attrarlo come stile. Sempre meglio aggiungere qualche elemento, una nota di incisività e di attrattiva.
L’impaginazione, invece, è curata e pulita. Il testo si legge piacevolmente. L’interlinea forse è un po’ ampia rispetto la grandezza del carattere, ma ai fini della facilità di lettura non intacca minimamente. Punteggio pieno anche qui.


Caratterizzazione dei personaggi: 14.5/20

Confesso di aver inizialmente avuto qualche difficoltà a ritrovare le loro caratterizzazioni nella tua costruzione. Ti sei allontanata, o forse spinta un po’ oltre, dal canone e dal taglio del fandom di partenza. A entrambi i personaggi manca qualcosa, una sfumatura diversa o un’espressività più curata, o un atteggiamento o dei dettagli che mancano e non li fanno percepire completi, a tratti li ho sentiti molti vicini all’OOC.
Ho trovato fondamentale il “what if” come avvertimento, perché all’inizio ho faticato molto a ritrovare Pan in quei discorsi; poi, chiarita l’età l’assetto si è riequilibrato. A quel punto, però, forse ho trovato che l’ingenuità di Pan fosse troppo spinta. Hai cercato di mostrarla in un momento più “grande”, con un’età maggiore, cercando di far combaciare questa scelta mantenendo però le conoscenze e l’ingenuità di una bambina. Per esempio, quando dice a Trunks che sua madre fa così con suo padre quando pensa che lei non guardi: sono dell’idea che una quindicenne, forse, distoglierebbe lo sguardo o si sentirebbe imbarazzata dal guardare sua madre stuzzicare il padre. Credo comunque che questa accentuata ingenuità infantile sarebbe parsa meno fuori luogo se accompagnata da un comportamento di Pan che si fosse accostato di più a un’ingenuità studiata misto a imbarazzo.
Del personaggio che ho imparato a conoscere ho ritrovato la fragilità, il passare dal voler apparire provocante, a un’accentuata disperazione, a una testardaggine che ha del violento. Emblematica, a tal proposito, è la frase di Trunks: Ero incredulo, come era possibile che un semplice bacio avesse trasformato quella ragazzina in un mostro voglioso? Pan sorprende, cambia spesso umore, e questo lo manda nel panico. Pan inoltre ha sempre quell’istinto a stuzzicare, a impicciarsi, è curiosa. Penso, però, che avresti dovuto tener maggiormente conto dell’età che le hai dato, non solo per renderla “idonea” a un simile atteggiamento verso Trunks ma anche come modo di parlare e di trattare l’argomento. Manca anche una maggiore cura nel caratterizzare il suo comportamento. Ti sei concentrato/a più sulle parole che sui gesti, e questo rende i personaggi piuttosto fermi, bidimensionali. Avresti dovuto accentuare di più i suoi sbalzi e le sue espressioni. L’elemento che più riconduce a lei, comunque, è la disperazione di non essere guardata dai ragazzi, perché tutti spaventati dalla sua forza e mascolinità.
Ho trovato una netta differenza tra le battute iniziali di Trunks e quelle della seconda parte: nelle prime è più diretto e chiaro nei suoi discorsi, mentre nella seconda parte cerca di parafrasare di più certi riferimenti e concetti, come quello dell’attrazione. L’effetto dei secondi, secondo me, si addice maggiormente all’imbarazzo e al panico che lo coglie; i primi sono più lontani dal suo stile.
Di Trunks ho ritrovato lo stesso modo di approcciarsi a Pan dell’anime: Pan riesce a irritarlo, a intenerirlo, a imbarazzarlo, a costringerlo a essere sensibile, a fare l’adulto. Mentre Trunks, come tu stessa esalti dal suo modo di cambiare il bacio, è un personaggio che mal si adatta alle responsabilità e al mondo degli adulti. È giovane nello spirito, ama la libertà e il divertimento. Inoltre è un personaggio che sa essere molto riflessivo e concentrato quando si trova solo, e quindi il suo raccontare quasi con un sospiro a Gil degli eventi della sera lo trovo molto IC. Hai saputo rendere bene, infine, anche il suo farneticare, la sua “purezza”, il suo essere… imbranato?, a volte, come quando si toglie la maglietta per cercare di spiegare a Pan le sue motivazioni.
Per finire, un accenno lo voglio fare anche a Goten, che non è personaggio attivo ma fa contesto. Trovo credibile la sua sfacciataggine nel parlare a Pan, i suoi modi sono più schietti ed esuberanti di Trunks; quindi, anche se come cornice, anche lui è rintracciabile.


Gradimento personale: 3/5

Devo dire che la situazione accoppiata con questi due personaggi non mi ha convinto del tutto. Soprattutto i dialoghi, piuttosto diretti tra loro, non sono riusciti a farmi immaginare la scena con i veri personaggi. Ho comunque apprezzato la leggerezza del tutto, quell’ironia e quella leggerezza che pervadono questo anime. Ciò che mi è piaciuto di più è stata la sfrontatezza innocente di Pan, sempre in cerca del grande amore, e il conflitto interiore di Trunks, quel suo dividersi tra l’imbarazzo e la responsabilità, quest’ultima che non proprio gli si addice.
In sé la storia è molto leggera, piacevole da leggere, ma per i mei gusti le manca un po’ di corpo e di scioltezza. Mi sarebbe piaciuto vedere un po’ più dell’esuberanza di Pan, qualche sospiro in più da parte di Trunks, magari qualche sorpresa da parte di Goku, per vivacizzare la spinosa situazione in cui si ritrova lui, perché questo ti avrebbe permesso di traslare ciò che sono mere riflessioni di Trunks in azioni ed eventi.


Punto Categoria: 3.75/5

I punti categoria te li giudichi tutti, soprattutto perché penso che la mia richiesta sia stata esaudita in due diversi modi: mentre Trunks cercava di persuadere Pan a capire e a non spingersi oltre, Pan cercava di smontare con innocenza il rifiuto di Trunks.
Per quanto riguarda i punti extra, invece, te ne assegno una parte, perché ho comunque ritrovato un gioco particolare di attrazione tra loro due; la sensualità e il desiderio però non sono mai elevati o il loro scopo principale. Con “eros” chiedevo qualcosa che facesse vibrare con lo sguardo, un’attrazione fisica, certo, ma anche mentale e psicologica, uno stuzzicarsi perfido e allo stesso dolce, che andasse al di là dell’atto in sé. Questi elementi sono morbidi, e in più di un punto specifichi tu stesso/a che non è vera attrazione quella che c’è tra loro. Per questo ho considerato l’elemento eros appena accennato.

Punteggio: 65.95/90


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Post: 2.256
Giudice*****
13/01/2019 00:44
 
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Quinta Classificata

Incanto di Scissione

di molang







Grammatica: 8.5/15

La grammatica va rivista un attimino. C’è qualche refuso qua e là, sbagli spesso il pronome, che sia plurale e singolare, o che sia maschile e femminile; ma il problema più grave è la concordanza tra i tempi verbali. Litighi confondendo l’uso del passato remoto e usando altri tempi verbali; inoltre sostituisci il congiuntivo con l’indicativo. Ricordati – è un errore che commetti quattro volte – che alcune congiunzioni subordinanti come “prima che” vogliono il congiuntivo.
Io, prima di tutti gli altri, ho mille dubbi quando devo correggere la concordanza dei tempi verbali, quindi non ti abbattere e ragioniamoci insieme.
Di seguito, gli errori trovati:

è forse la storiella che questi maghi si sono sentiti raccontare sin da piccoli, ma che poche volte hanno potuto davvero comprenderne il significato. → -0.3 togli il “che” dopo il “ma”
i pensieri fluivano più chiari e razionali → -1 (Penalità generale in cui hai mancato la concordanza dei verbi, confondendo i vari tempi dell’indicativo tra di loro) fluirono
scandì, seppur fuoriuscirono ovattate → -0.3 c’è uno doppio spazio. Inoltre il verbo “fuoriuscivano” è superfluo
Il veicolo non frenò né decelerò. Attraverso la patina tremolante del portale che aveva aperto, la vide giungergli addosso a folle velocità e sparire volatilizzata. → -0.8 (Penalità generale per gli errori di genere e numero dei pronomi) Il soggetto sottinteso è “veicolo”, quindi “lo vide” e “volatilizzato”
murato in pietra ed un secondo tinteggiato di rosa antico → -0.1 la d eufonica usala solo tra vocali uguali
Straordinariamente, lo specchio non era andato in frantumi, era rimasto insieme → -0.2 “rimasto insieme” o dev’essere accompagnato da un complemento di compagnia o deve avere come soggetto un plurale, o non ha senso.
«Ora che me lo chiedi, non lo sono nemmeno io.» → -0.2 non lo so
legato ad esso → -0.1 togli la d eufonica
«Ho preparato del caffellatte» disse porgendo una delle tazze a Cameron, seduto al tavolo della cucina che si passava una mano sul cerotto del tatuaggio → -0.2 “seduto al tavolo della cucina” è un inciso che va chiuso
Il ragazzo afferrò la tazza sovrapensiero. → -0.1 sovrappensiero
«In giro» boffonchiò Wyatt, → -0.1 bofonchiò
Portò gli occhi alla ragazza seduta al tavolo con la tazza a sfiorarle le labbra → -0.3 sulla ragazza (se usi alla sembra che le stia fisicamente portando degli occhi)
perché aveva commesso un'ingenuità che gli era costata cara → le era
Avete fatto male i conti se pensavate di averci neutralizzati → pensate (l’azione è presente e si sta ancora svolgendo)
«Merda!» imprecò Savage poco prima che tutto accadde. → -2 (Penalità generale in cui hai sbagliato la concordanza dei verbi, sostituendo l’indicativo al congiuntivo) accadesse
un rosso che mancò zampilli infuocati incontro ai regolatori → -0.1 mandò
ovunque vi nascondiate, fosse pure sotto terra, vi troveremo → ovunque vi nasconderete (si riferisci alle volte future in cui si nasconderanno)
Wyatt mollò la presa sul regolatore che aveva preso a dimensarsi → -0.1 (dimenarsi)
Mentre Wyatt gli passò una mano sul braccio per esortarlo a non abbattersi, Cameron tagliò le lamentele sul nascere. → gli passava (regola della consecutio temporum)
Archie poggiava alla finestra da una mezz'ora buona, scrutando la strada a più corsie sottostante e contando le auto che sfilavano. → stava poggiato (altrimenti sembra che appoggi qualcosa di esterno a lui)
Da quando viveva con la sua famiglia, al sicuro in una casa accogliente, al sicuro dagli umani in una famiglia di maghi. → -0.1 di quando (Inoltre approfitto per anticipare un difetto stilistico, ovvero la ripetizione di uno stesso termine in poche righe di distacco)
un padre che lavorava dieci ore al giorni → -0.1 al giorno
A quelle parole Wyatt chiuse gli occhi, gli strinse forte cercando di cacciare via la rabbia → li strinse
il collegamento empatico con Wyatt si era interrotto brutalmente e non ebbe il tempo nemmeno di capire come o perché. → e non aveva avuto il tempo
una zona che gli schermava dalle occhiate provenienti dall'esterno, → li schermava
proprio nel momento in cui il vocio in strada era ripreso → riprese
Presto Archie, portaci lontano da qui → -0.2 chiudi in un inciso l’evocativo
se avessero voluto recuperare Wyatt non avevano altra scelta che affrontare la polizia magica a viso aperto → avrebbero avuto
Mi avrebbero sicuramente trovato → -0.2 trovata
Persino il volto di Archie si illuminò, che aveva approfittato della sua abilità per avvertire in prima persona la fiamma viva che bruciava dentro il corpo della ragazza. → -0.3 Questa frase andrebbe rivista. Ti consiglio di inserire la relativa in un inciso, così: Persino il volto di Archie, che aveva approfittato[…], si illuminò
Ci volle qualche secondo prima che gli altri due compresero a fondo ciò che aveva detto → comprendessero
Lui sosteneva che i motivi che ci avevano messo insieme non sarebbero mai stati quelli a farci restare uniti. → che ci avrebbero fatti restare uniti
ma la sorpresa di quelle parole gli bloccarono qualsiasi altro ragionamento → le bloccò
Ho fatto in tempo a incantarlo poco prima che i regolatori fecero irruzione al vecchio fabbricato → facessero
Venire considerato un fuorilegge alla pari di altri maghi che sono ritenuti tali per motivi opinabili, non potrà mai essere peggio che accettare quelle stesse regole ingiuste → -0.2 la virgola va tolta perché separa il soggetto dal verbo
Wyatt provava disgusto per il suo modo di pensare, per come aveva vissuto la sua vita e voleva che altrettanto facesse il figlio. Quella volta, però, non si voltò dall'altra parte come si era abituato a fare nei confronti con lui, non mandò giù il rospo per subire l'ennesima cazziata. → -0.5 Tutto questo periodo va rivisto perché presente diversi errori, come il cambio di soggetto nella prima frase o l’errore sintattico nella seconda
Durò tre secondi contati prima che Cameron lo respinse all'indietro → respingesse


Stile: 13.5/20

Lo stile ha bisogno di essere limato: tendi a utilizzare forme dialettale e colloquiali, non solo termini ma anche intere espressioni (come “cazziata” che è di uso prettamente meridionale. Per certi versi, è usato anche nell’ambito giusto, visto che nasce nelle caserme, e visto che Wyatt è figlio di un uomo appartenente alla polizia magica, può anche starci, ma poco si adatta a un contesto che non presenta spunti tipicamente regionali); i periodi sono lunghi e semplici, abbondi con le coordinate in alcuni punti dove avresti potuto maggiormente giocare con la punteggiatura. È un modo di scrivere che deve trovare più personalità, ma che ha delle ottime basi e molte buone intenzioni. Ha bisogno di un utilizzo maggiore delle tecniche espressive, come una più corretta suddivisione dei paragrafi o l’uso maggiore di figure retoriche che catturino l’attenzione del lettore e che soprattutto lo tengano ancorato alla pagina.
Ti faccio alcuni esempi di suddivisione del paragrafo:

- Mentre Wyatt gli passò una mano sul braccio per esortarlo a non abbattersi, Cameron tagliò le lamentele sul nascere.
«Sentirci vulnerabili ora è l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno. Siamo ancora insieme, siamo uniti, un posto lo troveremo. Fidatevi, andrà tutto bene.» → È Cameron che parla, quindi la battuta di dialogo è legata a “Cameron tagliò le lamentele sul nascere”. Non serve che tu vada a capo, o dai l’impressione che sia un terzo personaggio a parlare. È un’abitudine che hai in tutto il brano

Il lessico è molto semplice e ripetitivo. Usi spesso una ristretta gamma di termini che ripeti più volte lungo la narrazione, a volte più volte in poche righe. Questo rende la lettura un po’ semplicistica. Per esempio:

- […]poi pensava a chi c'era dietro, o dentro, e avrebbe voluto mettersi a gridare, lì per strada, sotto agli occhi dei passanti.
Si strofinò con una mano gli occhi e la fronte. → Il primo “gli occhi” poteva essere sostituito con “sotto allo sguardo dei passanti”.

Queste ripetizione, ovviamente, sono da differenziare da quelle che invece reputo volute e ben gestite, per creare un effetto di centralità.
Le descrizioni sono curate, semplici in maniera piacevole, ricche di dettagli e puntuali; l’unico difetto è che a volte tendi a parafrasare con periodi lunghi concetti che potresti rendere più diretti ed eleganti, come quando descrivi le crepe nello specchio. Questo ha l’effetto di smorzare i toni. Ti consiglio di sperimentare di più con la punteggiatura, la quale è caratterizzata da una forte presenza di virgole, e quindi di coordinate alla principale e/o coordinate alle subordinate. Adatta il tono alla circostanza, definisci il tuo modo di approcciarti alle diverse scene ed emozioni. A volte cambi l’uso della punteggiatura, un esempio è il momento in cui Archie parla della sua famiglia dove spezzi bene le frasi, oppure ho notato una maggiore cura negli attacchi di ogni scena, dove le idee sono più chiare e la mente è più fresca (e dico questo perché è una sensazione che ho sperimentato più volte, avere un’idea chiara di come iniziare e poi perdermi nello sviluppo della scena) ma molto spesso invece in altre scene ti muovi in maniera più lineare. Ovviamente, devi trovare un equilibrio, non tutto deve diventare frasi spezzate e periodi elaborati. Serve solo un “abbellimento” delle sequenze narrative e riflessive.
Questo mi fa subito passare a commentare un altro punto critico: il narratore. È un narratore poco definito che passa dal voler sorvolare la scena come uno onnisciente a calarsi nell’occhio del personaggio. Basti pensare alla prima scena del terzo capitolo, la più emblematica. Il lettore scopre lentamente cosa è successo alla stessa velocità con cui ne diventa consapevole il personaggio POV. Poi però salti da un pov all’altro e a volte inserisci informazioni che il personaggio non può conoscere, come quando durante il “POV” di Archie hai detto che i regolatori erano ben organizzati con una pattuglia che li aspettava a terra, mentre il giovane lo apprende attraverso le parole di Cameron. In questo modo quindi non solo un’informazione viene data due volte, ma c’è una mal gestione del narratore, confuso nella sua forma. Un narratore confuso comporta altri errori, di conseguenza, come la tendenza a utilizzare molto spesso pronomi e nomi e complementi di specificazione, e questo sporca la fluidità del periodo. Un esempio:

- Ogni volta che usava quel comando accompagnandolo con un tocco sul rispettivo tatuaggio, un regolatore cessava ogni movimento e cadeva al suolo o precipitava se si trovava in volo. Ciò comportò un calo costante dei loro inseguitori. Lo stormo alla fine si ridusse a una decina di uomini in divisa, ma ciò li legittimò a rispondere a tono agli attacchi. La corsa dei quattro maghi divenne ancora più travagliata, soggetta a lampi e zampilli da parte dei regolatori. → Ci sono ben quattro riferimenti agli inseguitori, più uno stesso termine ripetuto due volte. Una possibilità sarebbe: - Ogni volta che usava quel comando accompagnandolo con un tocco sul rispettivo tatuaggio, un regolatore cessava di muoversi, cadeva al suolo o precipitava nel vuoto. Gli inseguitori diminuirono costantemente fino a ridursi a una decina, ma questo li legittimò a rispondere a tono agli attacchi. La corsa, quindi, si fece più travagliata, con lampi e zampilli che volavano loro contro da ogni direzione. (Considera che si può tenere il soggetto sottinteso di chi corre perché sottintendo l’uso di un narratore POV, attraverso cui gli occhi la scena deve venire filtrata.)

Una volta deciso meglio il narratore e aggiustato il taglio della narrazione, quindi, è possibile riconsiderare le sequenze riflessive. Ce n’è sono parecchie, che nel loro complesso aiutano a conoscere la retrospezione dei personaggi, non sono pesanti, ma in punti di passaggio – come per esempio durante le battute composte, in cui c’è il problema POV – risultano “invadenti”.
Per il resto, ho apprezzato l’equilibrio tra le varie sequenze che compongono la storia: descrizioni, dialoghi e narrazione si alternano molto bene, avvicendandosi nel testo con il giusto ritmo. La struttura scelta, quindi, risulta ben bilanciata.
Infine le tematiche. Hai sviluppato molto bene il tema dell’amicizia e del coraggio, hai inserito una sottilissima nota d’infatuazione (mi è sembrata di leggerla tra le righe) ma soprattutto hai dato una buona evoluzione di ciò che potrebbe essere la reazione di ognuno di noi di fronte a un pericolo o alla perdita della libertà. I rapporti umani sono il motore di questa storia, non solo per le interazioni, ma come base da cui trarre ispirazione anche per la strutturazione della magia. Ed ecco un altro tema molto importante, che tu hai saputo benissimo usare a più livelli: ciò che siamo e ciò che vorremmo essere. Di solito si dice sii te stesso, non puoi combattere la tua vera natura, ma il messaggio che hai voluto lanciare tu apre molte bellissime riflessioni e dona una nota di colore alla trama. Per ultimo ma altrettanto protagonista, il conflitto con la società e la ribellione. Trovo che non sia irrilevante che coloro che si ribellano al regime sono tutti giovani ragazzi, poco più che adolescenti. Questo permette di interpretare la storia con due diverse chiavi di lettura: la prima, quella del conflitto tra genitori e figli, la crescita, il trovare il proprio posto nel mondo; il secondo è la ribellione del diverso a un regime che lo vuole strutturare secondo un preciso stampo di umano. In entrambi i casi, vediamo che esistono diverse sfumature. Complimenti!


Originalità, Ambientazione e Trama: 13.5/15

Si direbbe che tu abbia preso spunto da diverse opere per creare il tuo mondo: Harry Potter, X-men, Shadowhunters sono quelli che mi sono balzati in mente mentre leggevo. Si potrebbe dire anche che la struttura del tuo mondo magico è una cosa già vista, ma non è tanto l’elemento originalità assoluto che valuto, ma la personalità con cui si possono ancora oggi, in un genere che sembra sviscerato e che offre un po’ sempre le stesse cose, trovare una nuova chiave di lettura. Ed è andando avanti con la storia che si scopre la personalità di questo mondo. I maghi possiedono due poteri: uno innato e uno da coltivare, un’abilità che può essere affinata. Ed è un po’ il dibattito di sempre che riguarda il talento di ognuno di noi: una cosa la sai fare dalla nascita o è l’esperienza e il lavoro duro a renderti esperto? Forse servirebbe un po’ di entrambe, eppure l’una senza l’altra farebbe ben poco, non si è mai completi. E cosa alla fine è più importante? Io direi la scelta di ognuno di noi, di perseguire con le proprie forze ciò che si vuole essere, senza per questo rinnegare ciò che si è. Una personalità che porta con sé un bellissimo messaggio.
L’ambientazione è generica, dettagliata; credo che si senta la mancanza di un nome. Forse non l’ho notato io, ma mi sembra che tu non indichi alcun luogo preciso, ma ne descrivi diversi, come la concessionaria, la casa dei Savage, l’edificio abbandonato e il faro sulla spiaggia. Mi sembra di capire che il mondo di partenza sia comunque il nostro, per questo ti consiglio (e il consiglio vale anche se il mondo è del tutto inventato) di dare nei nomi ai luoghi, perché questo darà più definizione. Dai un nome alle cose, e queste prenderanno vita: è una lezione che ho imparato anche questa leggendo e torna sempre utile. Il lettore può anche non conoscere il luogo, ma conoscerne il nome glielo renderà più reale. Per il resto, le descrizioni sono chiare e puntuali e delineano molto bene lo sfondo delle varie scene. Inoltre non mancano i dettagli che rendono il tutto tridimensionale.
Il contesto da te creato è spiegato attraverso le vicende vissute dei vari personaggi, ed è attraverso loro quindi che mettiamo insieme i pezzi. È una tecnica che apprezzo perché risolve il problema dell’infodump. Quindi scopriamo pian piano che il mondo magico convive con quello non magico e che la loro esistenza viene nascosta e regolata da questa polizia di regolatori: un sistema piuttosto rigido che si basa, abusandone a volte, su veri e propri riformatori che rieducano i ribelli e i criminali. A questo si ricollega un altro importantissimo messaggio: la lotta contro la conformità. Hai messo su un mondo in cui chi comanda vorrebbe controllare persino il modo di essere del singolo, dove il diverso viene prima emarginato e poi costretto a piegarsi alla conformità di pensiero e azione. Persino tra i maghi c’è timore del compagno più prossimo e il sistema teme la ribellione di questi individui (è il caso in particolare di Cameron). Sulle basi di questo contesto, quindi, la tua storia mette insieme quattro individui completamente diversi tra loro, ognuno con la propria storia, che hanno una cosa in comune: non trovare un proprio posto nella società. Ed è attraverso liti, conflitti, cooperazione, e dolore anche, che se ne creano uno tutto loro.
Sei stata davvero brava a creare un intreccio che si andasse a distinguere dalla fabula, ben gestito tra l’altro, che ti ha permesso di incuriosire il lettore, il quale fino alla fine può appassionarsi ai piccoli segreti ancora da svelare, come il potere del padre di Wyatt o il modo in cui funzionano i poteri, o ancora a metà del testo il fatto che i regolatori li avessero già individuati e che non è stata la bravata di Wyatt a condurli da loro. Insomma, lo sviluppo è stato curato in maniera intelligente, non ci sono buchi di trama e ogni filo che hai usato si va a intrecciare alla fine. Tutti i nodi vengono al pettine.
Un commento lo voglio fare sulla scelta dell’incipit: non solo gioca su una frase di apertura che incuriosisce il lettore a chiedersi cosa di così straordinario spinge il personaggio a guardare sempre la stessa cosa, ma delinea fin da subito che tipo di magia vedrà in atto in questa storia.
E infine l’epilogo, che li riporta dove tutto è iniziato, dove la loro famiglia si è formata, dove hanno conosciuto forse la prima sensazione di normalità. L’unico consiglio che ti do, ed è molto personale: io avrei fatto in modo di accennare a questa spiaggia da qualche parte, forse durante la prima conversazione tra Cameron e Linda (perché Linda mi sembra la più emotiva, come Archie, ma al suo fianco c’è Cameron che mi pare più portato ad ascoltare rispetto a Wyatt) giusto per creare un senso di familiarità con questa scena, così che quando Cameron dice “al faro sulla spiaggia” anche il lettore ha un sentore di cosa sta parlando. Ovviamente non devi svelare tutti i segreti, solo un riferimento, come l’eco di un nome conosciuto ma la cui memoria si è persa nei ricordi.
Per quanto riguarda i generi trattati, il fanatsy è centrale nella sua accezione più urban, credo. Hai delineato un mondo parallelo al nostro, dove alla normalità di accompagna l’originalità del singolo. Anche azione e sentimento sono protagonisti attraverso le scene e i personaggi, hai sfruttato davvero bene questi due generi. Per ultimo, il soprannaturale mi ha trovato un po’ in dubbio. Forse per errore mio, ma con esso io intendo qualcosa che vada contro ogni cosa spiegabile in un mondo normale, come miracoli o spiriti e cose così. Credo che in questo caso bastasse il genere fantasy, perché alla magia del tuo mondo tu dai una spiegazione logica, valida all’interno di ciò che hai creato. Questo è solo un piccolo appunto che comunque non intacca il punteggio.


Titolo, Introduzione e impaginazione: 9.75/10

Il titolo è un colpo di genio, soprattutto perché il suo riferimento alla trama, o meglio alla magia, è sottile. All’inizio non avevo capito, tanto che mi sembrava del tutto fuori contesto, inadatto a una storia di genere fantasy; poi ho saputo dargli un senso. Si deve interpretare secondo la sua accezione in campo psicologico, o meglio questo è quello che ho fatto io. L’incanto è quella magia inspiegabile che regola il mondo dei maghi e che separa l’essere dalla volontà, l’abilità dalla vocazione; ed è davvero un incanto, qualcosa da ammirare perché esalta la libertà di scelta che ha ognuno di noi. Ho trovato i sottotitoli più semplici, ma anch’essi legati alla sfera tematica e metaforica: il primo legato al personaggio di Wyatt e al suo non riuscire a distaccarsi dal padre, dal legame famigliare, dal lasciarsi alle spalle l’incapacità di capire e farsi capire e accettare; il secondo è una metafora sia di prigionia, legato alla loro fuga, sia al senso di una casa e quindi di una famiglia, che si ricollega al tema principale; il terzo è una risoluzione perfetta che ben si addice a tutti e quattro i personaggi, laddove ognuno di loro sente finalmente il legame forte creatosi tra di loro.
L’introduzione è semplice eppure cattura. Grande colpo lo fanno le frasi senza articoli che sono sempre più incisive e creano un effetto di forza, imprimono tono alla pagina. È un’introduzione che non vuole narrare, ma vuole attrare; non vuole spiegare, ma incuriosire. E per questo motivo è vincente. Ha il giusto tono, presenta tutte le tematiche (amicizia, ribellione, conflitto). Inoltre racchiude anche la verità che ognuno di loro, ma Wyatt in modo particolare, insegue da una vita.
L’impaginazione va benissimo: rientri dei capoversi, una buona interlinea, testo giustificato. L’unico difetto è che mi pare che tu non abbia utilizzato L’interruzione di pagina per separare i capitoli; in questo modo, il titolo del secondo è finito alla fine dell’ultima pagina del primo.


Caratterizzazione dei personaggi: 17/20

Ciò che mi ha colpito nel tuo modo di caratterizzare i personaggi è che ognuno di loro ha un aspetto del proprio carattere, una specie di demone interiore o un non-chiuso del proprio passato, con cui deve imparare a convivere. L’unica mancanza generale è che nessuno di loro, mi sembra, viene mai descritto. Sono anche io uno di quegli autori che non danno molto peso alle caratterizzazioni fisiche dettagliate e sempre onnipresenti, ma è importante per un lettore che si affaccia alla tua storia per la prima volta avere la capacità di vedere, sia lo scenario sia i personaggi. Soprattutto in una storia che non si basa su dei generi prettamente introspettivi, l’elemento visivo è importante. Quindi sarebbero bastati dei piccoli dettagli, dei tratti peculiari, che li rendessero visibili. Al contrario, invece, nella tua storia si hanno delle presenze forti, ben definite, ma invisibili, a parte il momento in cui Wyatt assume le sembianze di una donna dai capelli lisci e neri. Non servono intere sequenze descrittive, ma a volte basta sfruttare la scena stessa, come quando Wyatt vede la sua immagine frammezzata nello specchio o quando Linda osserva Cameron in quei secondi prima di imprimere a fuoco il tatuaggio.
Per il resto, hai fatto davvero un buon lavoro di stratificazione, ovvero nessuno dei personaggi è solo quel che sembra. Per esempio, ho avuto l’impressione che Cameron avesse in sé un lato oscuro, come se gli servisse meno di una scusa per attuare la sua vendetta, in lui c’è molto rancore e voglia di non farsi più piegare dalla società. Questo l’ho imputato al fatto che l’etichetta di fuorilegge non l’ha ottenuta per qualcosa che ha fatto ma per il potere che ha e di cui non ha colpa. È la paura cieca che gli altri provano nei suoi confronti a renderlo un emarginato, e questa ingiustizia lo ha allontanato sempre più da sentimento di unione, avvicinandolo al rancore, all’odio e al cinismo. Inoltre lui è anche colui che dei tre avrebbe preferito convivere con i rimorsi piuttosto che rischiare la vita sua e degli altri per salvarne uno, la vita gli ha insegnato a pensare prima di tutto a se stesso, perché non ha mai avuto nessuno che si occupasse di lui. Alla fine è stato salvato dall’amicizia, per ben due volte.
Sotto la maschera, poi, si percepiscono certi segreti, come l’interesse sentimentale che Linda prova nei confronti di Cameron o il “dolore” (o inibizione) del signor Savage, il quale possiede una vocazione che lo porta a manipolare e primeggiare sugli altri, ma che lascia intendere possedere un’abilità innata opposta, che lo rende piuttosto recettivo alla sensibilità altrui. Alla luce di questo, ben si spiegano le parole che rivolge al figlio – saresti stato un perfetto regolatore, tu – e anche le varie esitazioni che mette in atto lungo la storia.
Wyatt con i suoi poteri è emblematico: il potere innato ne esalta la natura fredda, la vocazione la capacità camaleontica, essere chi vuole essere. Credo che questo rappresenti perfettamente la sua storia: destinato a essere uno spietato regolatore, con le emozioni prigioniere, ma lottare per essere libero, per far sentire la sua voce.
Il personaggio di Archie è quello più timido e innocente. Lui rappresenta l’amicizia vera, profonda, disinibita, che non chiede nulla in cambio. Sembra quello più facilmente manipolabile – notare la sua esitazione alle parole del signor Savage quando erano nell’appartamento – eppure non c’è tentennamento quando apre il portale. Lui è quello che sente più di tutti la mancanza della sua famiglia, che prova il dolore più puro. Al contrario Wyatt, come Cameron, si porta dentro un demone che lo divora da dentro, che lo rende irrequieto.
In questo bilanciato quartetto di personaggi, ciò che si sente è la mancanza di alcune informazioni inerenti le figure di Linda e Archie. Credo che parte della loro storia sia ancora da raccontare, e anche quella di Cameron seppure più facilmente riassumibile in quell’unica accusa. Mancano dei pezzi nella loro caratterizzazione, che sono rimasti oscuri e che li renderebbero completi, più centrati.
L’ultimo dettaglio che ho notato, e che la struttura della narrazione ha evidenziato fin da subito, è la distinzione all’interno di questo gruppo di due più piccoli, formati da Archi e Wyatt il primo e Cameron e Linda il secondo. Questa divisione interna esalta la predilezione a certi comportamenti, come le scene iniziali in cui Cameron e Linda preparano incantesimi insieme o Wyatt che chiede aiuto solo ad Archie, ma anche altri in cui si cerca un punto d’incontro, come quando Wyatt chiede di parlare a Cameron da soli, come due capi distinti. A fare da collante è Linda, non solo con i suoi poteri ma anche con la sua personalità. Lei è il personaggio di mezzo, la più taciturna, la più fragile (non a caso sia Cameron sia Wyatt hanno l’istinto di proteggerla) ma anche la più empatica per certi versi, la più sensibile alla presenza degli altri. Lei rappresenta la fiducia, secondo me, o il coraggio, quella scintilla di coscienza che risveglia la parte migliore degli altri.


Gradimento personale: 4/5

Uno dei miei libri preferiti è Mistborn, di Brandon Sanderson. In questo libro, lo scrittore ha saputo creare un mondo particolare con un nuovo tipo di magia, secondo me studiato nel dettaglio e con una solida base. Ciò che fanno i personaggi sono rivisitazioni di cose già viste – volare, spostare gli oggetti, vedere nel passato e nel futuro, diventare più forte, acuire i sensi – eppure basta un unico dettaglio e tutto sembra nuovo, diverso. Anche tu hai agito nello stesso modo, portando alla base della magia un insegnamento vecchissimo che hai fatto tuo e che hai riproposto come un binario da poter percorrere in entrambi i sensi. Alla fine ti chiedi: sei destinato a essere prigioniero della tua natura o puoi essere ciò che vuoi con l’impegno? E un altro messaggio, questo molto vicino alla nostra passione: il talento è innato o può essere coltivato? Sono due domande a cui ognuno di noi può dare una propria risposta, e da quella risposta partirà la nostra vita. I tuoi personaggi hanno trovato la loro. Ho trovato questo piccolo segreto che si svela solo nel finale davvero molto bello, credo che tu l’abbia capito ormai. In particolare non mi stancherò mai di Cameron e Wyatt: entrambi incarnano un ruolo di leader, ma hanno una storia diversa alle spalle, quasi opposta; questo dovrebbe renderli rivali eppure è anche un punto in comune da coltivare, che li lega ulteriormente. Questa dualità del loro rapporto, la prima non esclude l’altra, mi piace tantissimo e penso che tu l’abbia saputa esprimere molto bene. L’unico incoraggiamento che ti do riguarda lo stile: leggi, scrivi, butta i tuoi pensieri come vengono; e poi leggi ad alta voce e trova l’intonazione giusta per far brillare ogni frase, parola, passaggio.
In definitiva, la storia mi è piaciuta, l’ho trovato con una grande personalità, ho apprezzato tantissimo l’uso del greco al posto del solito latino, e i tuoi personaggi si sono fatti amare, perché nascondono piccoli segreti, anche il più cattivo tra loro. Anche dei pregi e dei difetti che li rendono davvero umani, ed è stato un piacere conoscerli. E poi io apprezzo tantissimo quando una storia ha un messaggio riflessivo da lasciare al lettore, su cui riflettere ancora e ancora. Ed è questo il caso, in cui non arriva solo l’evoluzione di un tema, qualcosa di bello o triste o solo emozionante, ma c’è l’elemento su cui i lettori possono dire la loro, confrontarsi. Davvero brava!
Una cosa che tengo a dire riguarda la punteggiatura dei dialoghi. La tua nota mi ha fatto sorridere, perché tu sai quanta pignoleria metto in atto con la punteggiatura e ho apprezzato tantissimo la tua precisione in merito. Ciò a cui tengo è il rassicurarti del fatto che la coerenza di tale scelta l’ho carpita tranquillamente durante la lettura. Il che vuol dire che scelto un metodo e applicandolo costantemente si forma comunque una specie di patto silenzioso e istintivo con il lettore che scivola nella lettura adattandosi alle decisioni dell’autore. L’importante è rispettare il patto. Con il tempo ho imparato ad aprirmi di più ai diversi stili altrui, e anche per questo devo ringraziare la possibilità di indire contest entrando in relazione con tutti voi partecipanti.


Punto Categoria: 5/5

Un discorso detto di getto, sul momento, appassionato. Ecco la categoria che hai scelto. Di dialoghi ce ne sono molti e in più di uno c’è racchiuso un grande messaggio, ma credo che il cuore della categoria sia racchiuso nelle parole che Linda pronuncia in nome del coraggio e dell’amicizia, rispondendo a Cameron; e di conseguenza, tutta la conversazione che da lì nasce e che si conclude con la promessa che il mago fa agli amici: non torno senza di lui. Lì c’è la forza e l’ardimento che richiedeva questa categoria, l’emozione e la passione che dovevano trasparire dai dialoghi. Sei stata bravissima.
Inutile aggiungere – ma per necessità lo faccio – che anche i punti bonus hai guadagnato, vista la centralità dell’elemento fantastico. Hai creato ad hoc, e con un messaggio di fondo, una nuova tipologia di magia che mi ha intrigato molto, soprattutto per l’insegnamento che fornisce. Complimenti!

Punteggio: 71.25/90


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13/01/2019 00:48
 
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Quarta Classificata e Vincitrice del Premio "Le meraviglie dell'universo"

Il tempo delle alte fiamme

di Yonoi







Grammatica: 12.5/15

La grammatica è ottima, ma ho trovato qualche imperfezione di punteggiatura che spezza il legame sintattico all’interno delle frasi e qualche frase da rivedere. Inoltre è da rivedere totalmente il metodo che utilizzi per i dialoghi.
Di seguito, gli errori trovati:

ed anzi → -0.5 la d eufonica è meglio limitarla tra vocali uguali
Là, il silenzio era così assordante, e talmente presente → -0.8 La virgola non va posta tra coordinati, come in questo caso
Forse tutta la rabbia che ci portavamo addosso proprio come le zanzare appiccicate al sudore, nasceva → La virgola non va posta tra soggetto e verbo
Quella sera richiamai indietro il soldato:
-“Lascialo in pace, andiamocene”- → -0.8 O utilizzi i trattini o le virgolette alte. In ogni caso devi usare una punteggiatura. Io personalmente la uso al di fuori dei dialoghi, tranne quando la battuta non è seguita da un verbo dicendi.
ad eseguire → togli la d
non si arrendeva ai miasmi delle latrine, né alla decomposizione spaventosa dei morti → In questo caso, la virgola è posta tra coordinati e va tolta
porzioni extra di hamburger servire dal cuciniere → -0.1 servite
che la monaca fiammeggiante aveva compiuto sulla piazza del mercato → -0.3 nella piazza
Io m’inoltravo nella foresta come in un enigma, e mi auguravo solo che anche gli altri →
si faticava a vedere la luce del giorno, non una sola foglia, né un ramo di palma chiudeva la vista del cielo → lo stesso come sopra
ed anzi cominciavo → lo stesso come sopra
I nostri animali uccisi dalle vostre rappresaglie, e da quelle degli altri → lo stesso come sopra
Soltanto la mitezza, e la malinconia che scavava rughe profonde, erano esattamente le stesse → ho capito che effetto volevi ottenere, ma siccome il verbo regge sia mitezza sia malinconia l’inciso non dev’esserci. In alternativa puoi cambiare leggermente la frase.


Stile: 18/20

Lo stile è piacevole, semplice quanto serve per una narrazione in prima persona che sa essere un tutt’uno con il personaggio narrante, scevro di figure retoriche se non la classica similitudine, adatto secondo me a un testo che vuole colpire soprattutto per la sua tematica, con l’obiettivo di raggiungere tutti. È uno stile pulito, sobrio, che comunque sa coinvolgere.
Utilizzi molto le similitudini, in alcuni punti si sente quasi un sovraccarico di questo espediente. Ti consiglio di limitarlo un po’ in certi punti. Per esempio:

- Era il tempo delle alte fiamme, e io avevo l’impressione di vederle dappertutto: ardevano le foreste, le palme esplodevano come fuochi artificiali, piegavano il capo lasciando cadere i loro rami come lingue di brace. Sulle sponde del fiume si specchiavano i salici, i canneti come colonne che reggevano il cielo accendevano torrenti di fiamme. Gli arbusti del sottobosco si appiccavano il fuoco a vicenda, lanciandosi i lapilli come in una staffetta. → Forse è un effetto voluto, ma ho reputato eccessivo aggiungere un paragone a ogni complemento. Si attira troppo l’attenzione sulle similitudine e si distoglie l’attenzione del lettore dalla scena reale. La similitudine serve a spiegare, o ad arricchire certo, quelle sensazioni difficile da capire o quelli elementi ed eventi che non tutti hanno conosciuto e provato su di sé.

La punteggiatura è stata un mezzo tallone d’Achille. Hai piegato le regole cercando di personalizzare il testo, di dare una precisa intonazione alla lettura, riproducendo il ritmo del parlato. In alcuni punti è riuscito, in altri ti sei spinta un po’ oltre, secondo me. Ma ciò che più si nota è l’abuso dei due punti, davvero eccessivo; nel loro caso, l’intonazione che acquista il testo è distorta e appesantita. Ricordo che il loro utilizzo va usato, oltre che con le consuete numerazioni ed elenchi, per dividere una subordinata che esplicazione della principale, o per sostituire certi tipi di congiunzione, come il perché, o ancora per esporre quanto presentato dalla reggente.
Ti riporto alcuni passaggi:

- In quel mondo irreale, una cupola verde su un cielo sempre uguale, avevamo camminato fuori dal tempo, anche noi ridotti ad ombre: senza riuscire più a intercettare le comunicazioni radio e smarrendo persino le ultime ragioni del perché ci trovavamo lì, tra colonie di farfalle grandi come elicotteri, moscerini appiccicati al sudore e lucciole che di notte disegnavano strani segnali in codice, e di nuovo il timore che a piombarci addosso fossero ancora gli altri. → I due punti non sono necessari, sarebbe meglio una virgola o, se vuoi creare un effetto, un punto fermo. Se metti i due punti qui, la pausa così lunga spezza la fluidità della narrazione e confonde il senso che ha la seconda parte.

- L’idea di ritornare non suscitò, lì per lì, neppure un’ombra di entusiasmo: a un tratto il nostro mondo, quello in cui esistevano città e volti noti, pareva così distante, come se non fosse mai esistito per davvero. → Qui invece sono perfetti, perché i due punti sostituiscono una congiunzione esplicativa, mettendo in evidenza la seconda parte e la ragione del mancato entusiasmo.

- […]tramonti di fiamme: si trattava di un tempio, a prima vista un cumulo di rovine nel cuore della foresta. → Qui invece vanno bene, ma trovo che la subordinata diventerebbe più incisiva senza “si tratta di”.

Si tratta, come puoi vedere, di piccole accortezze, soprattutto quella nella terza citazione, che renderebbero alcuni passaggi più chiari e incisivi. Abusi anche del capoverso, spezzando molto la narrazione in alcuni punti. Ti consiglio di limitare l’espediente di isolare con il capoverso una singola frase solo quando la vuoi rendere protagonista, far risaltare; al contrario, invece, tutte le frasi si eguagliano e il testo risulta troppo lento.
La narrazione sa variare. Non usi mai strutture ripetitive e tutte uguali tra loro, nelle descrizioni non sembra mai di leggere la lista della spesa e, laddove è necessario attirare l’attenzione, l’inversione dei sintagmi è un colpo di abilità. I toni, grazie a questo, sono sempre molto espressivi, infondono il ritmo di una storia che vuole commuovere, colpire per la tranquillità con cui affronta certi temi. Trovo comunque che a caratterizzare lo stile siano periodi lunghi, nei quali però il flusso del discorso non si smarrisce mai; li trovo perfetti per un testo introspettivo, dai significati profondi, che non vuole colpire ma avvolgere. Il tono narrativo, quindi, è perfettamente il linea con il contesto.
Il lessico è semplice, molto lineare, ed è più facile quindi percepire maggiormente l’utilizzo di alcuni vocaboli, come luna e foresta. Ripeti molto spesso, nella seconda parte, il soggetto della monaca, giovane e altri con cui ti riferisci a lei, e questo ha l’effetto di rallentare e rendere ripetitivo i paragrafi. Anche qui probabilmente è un effetto voluto, ma a una lettura esterna sembra, secondo me, superfluo e tediante. Non ti serve, il fulcro, l’icona più forte è sempre vivida nella mente del lettore.
Il narratore in prima persona è gestito in maniera abile. Ha carattere e personalità e imprime alla narrazione un punto di vista coerente, che sa mostrare l’ambientazione generale attraverso particolari e sensazioni; inoltre usi molto bene la focalizzazione e l’introspezione, rendendo la vicenda vivida e reale, come se il lettore la vivesse in prima persona. I dettagli abbondono e non sono mai noiosi, anzi sono emblema di una cultura a cui hai saputo essere molto fedele.
Nel testo si evidenziano una predilezione di sequenze descrittive, che hanno il potere di limitare senza farne sentire la mancanza di quelle narrative. I dialoghi sono inseriti in maniera ponderata e solo quando servono, lasciando alla voce narrante il compito di presentare eventi e interazioni. È un testo, quindi, che risulta molto introspettivo e visivo, ma non per questo perde di equilibrio. Hai fatto un ottimo lavoro.
È difficile parlare delle tematiche, perché sono tante e davvero importanti, soprattutto non hanno come obiettivo l’analisi della complessità dell’uomo ma la riflessione sociale e culturale e l’interazione dell’uomo con esse. E ti faccio i complimenti per la delicatezza, la cura e il rispetto con cui lei hai trattato, non esimendo il lettore però da immagini visive forte, simbolo di un pezzo di storia che ha lasciato profonde cicatrici e che avrebbe dovuto insegnare più di quanto l’uomo è stato capace di apprendere alla fine, purtroppo. E credo che questo messaggio – la ritrovata consapevolezza e l’insegnamento appreso dal sergente contrapposta all’indifferenza di molti altri – sia altrettanto impresso nell’epilogo quanto la compassione e l’esaltazione della bellezza.
Emblematiche sono state le citazioni poste all’inizio delle varie scene, le quali si sono fatte carico di interpretare il messaggio e arricchirlo con un pezzo di racconto. Un complimento dovuto invece va a queste parole:

- Distruggere il mandala non serve a rendere inutile il lavoro di mesi. Durante questo tempo, il mandala della Saggezza ha svolto la sua funzione di insegnamento. Ci ha anche aiutato ad acquistare la pazienza necessaria per realizzarlo. Ma noi sappiamo che la vita è cambiamento: ricordarci di questo ci aiuta a non attaccare il cuore alle cose che passano, ad accoglierle quando vengono e a lasciarle andare quando è giunto il momento
Complimenti!


Originalità, Ambientazione e Trama: 15/15

Non so se posso parlare di originalità, ma sicuramente posso parlare di una forte personalità della storia. Non è un racconto che passa inosservato o che può lasciare indifferenti. Lo sfondo della guerra non fa che esaltare la ricerca della compassione, della comprensione e delle risposte di una vita che ha del meraviglioso e del terribile. Questa storia ci ricorda quanto piccoli ed effimeri siamo in questo mondo, e quanto nonostante ciò possiamo fare, nel bene o nel male. Una singola persona può cambiare le sorti di molti, e non importa se il suo gesto sembrerà futile, spazzato l’attimo dopo dal passaggio di altri: la compassione rimane.
Una cosa che risalta è l’invisibilità, o mancanza di un volto, degli “altri”; così come nel finale sfocato è il volto del “noi”. Sono termini che indicano una comunità, un’unione che però è anche una divisione dal resto. Il nemico non acquista mai un volto, diventa un fantasma da cacciare e ricacciare; la guerra non è mai attiva, eppure la gente muore, soffre, piange. Questo perché morte, sofferenza e ingiustizia è tutto ciò che la guerra alla fine lascia. Non le serve un altro volto, un simbolo. “Gli altri” diventano quei volti sofferenti, innocenti, indifesi che fino a metà storia il “noi” si è rifiutato di guardare negli occhi, di ascoltare. Il nemico è l’insensibilità, l’indifferenza, ed è questo che viene cacciato, minacciato da quella voce degli “altri” che riecheggia nella foresta.
L’ambientazione è perfetta, e non posso che farti i miei complimenti. Si nota la cura e lo studio che hai fatto prima di scrivere, il rispetto che hai della materia che tratti, l’amore ma soprattutto l’ammirazione per una cultura che ha del magico, del surreale, dell’impossibile per chi vive tra cemento e ipocrisie. I riferimenti alla guerra del Vietnam sono pochi e ben dosati, fungono da coordinate e si limitano a fare da sfondo a un Paese fatto di colori, natura e un’interazione con il cuore dell’universo che non può essere compreso con uno sguardo. È una cultura diversa che tu fai conoscere cercando di farlo prima dall’esterno e poi intrufolandoti all’interno, senza mai diventare maestra, ma personaggio e lettore apprendono sempre insieme, la loro consapevolezza cammina alla stessa velocità. Hai curato tantissimo i templi, le città, la società, dal mercato ai mestieri, al cibo, alle piante. Ciò che risalta in qualche modo però sono i colori. Sì, i colori della vita, della varietà, della commistione di più elementi con un profumo unico e indescrivibile, che tu associ all’incenso, simbolo della sacralità.
L’incipit è ciò che di più lontano può esserci dallo spirito che pervade la fine: ambito militare, denso di sentimenti di smarrimento e apatia, perdizione, cupi. L’irrealtà e la meraviglia di quel mondo però non tardano ad arrivare, e quando lo fanno il contatto avviene quasi con spavento, terrore e soprattutto incomprensione. La scena del tempio, con i monaci che non fuggono e le statue che sembrano ammonirli vengono quindi mal interpretati e suscitano sentimenti di inadeguatezza, proprio come accade quando un animo scuro conosce per la prima volta la luce, la gentilezza. Si vergogna. Credo che questa sia la parola adatta per esprimere il disagio e l’incapacità del protagonista di attaccare quel luogo. Lo abbandona con un tarlo in testa.
Il secondo incontro è con My Lai, ed è qui che si sente la forza interiore di questo mondo, che soffre senza reagire, senza averne sostanzialmente i mezzi. I deboli soccombono. Anche qui c’è un’incomprensione, ma è quasi una difesa della mente umana stavolta, perché l’orrore che lui sa di aver contribuire ad attuare lo trasforma in rabbia e indignazione. C’è anche la sensazione di una diversa velocità con cui ci si approccia alla vita: gli insegnamenti buddhisti richiedono meditazione e pazienza e soprattutto accettazione. Il protagonista in questo frangente non è ancora pronto, e non lo sarà fino a quando il bisogno di avere delle risposte, di trovare un senso alla sua vita non arriva alla sua ultima possibilità.
Il finale e l’epilogo sono l’emblema del doppio gusto di questo viaggio: la distruzione e la bellezza, o rinascita. È un viaggio che sembra lineare, ma che attraversa un sali e scendi di morte e rinascita della vita che il protagonista aveva vissuto fino a quel momento.
I generi sono ambedue trattati con regolarità, senza mai dominare con forza. Il dramma della guerra e il contesto storico fanno entrambi da sfondo a una ricerca interiore e a un messaggio di vita che colpiscono.


Titolo, Introduzione e impaginazione: 8.25/10

Io credo che con questo titolo tu abbia voluto omaggiare quegli eventi aventi simbolo il maestro Thich Quang Duc: il periodo in cui monaci e laici si davano fuoco, in una protesta silenziosa e non violenta, recitando dei mantra. Impressione esaltata dalla centralità che vuoi dare all’evento di My Lai, ripetendo più volte “monaca fiammeggiante”. L’evento, in questa storia, che segna il turbamento e il cambiamento e fa da molla per il protagonista, non è il solo aspetto importante da tenere conto in questo viaggio fatto da simboli, incontri e luoghi sacri.
Ho trovato il titolo attinente anche perché può rivolgersi perfettamente anche alle fiamme che loro scagliano contro gli altri, ai bombardamenti e alla distruzione, denso di un potere speciale; e quindi dal doppio significato. Anche il tono del titolo non è incisivo, ma è melodioso, “morbido” come la tua storia. Tuttavia trovo che non riesca a racchiudere il cuore di questo viaggio, in cui è il personaggio a essere protagonista. Ho la sensazione che li manchi qualcosa, centralità ecco.
L’introduzione, invece, gioca con frasi brevi, incisive, che hanno la funzione di ripercorrere con sintesi le tappe di questo viaggio. Mi ha colpito perché non usi mai frasi verbali, giochi con un elenco di luoghi, scene e immagini che non possono che colpire e intrigare; inoltre questa scelta stilistica nell’introduzione prelude a toni densi di riflessione, avverte il lettore che sta addentrandosi in un viaggio prima di tutto spirituale. Ciò che manca è l’aggiunta di un estratto del brano, che in questo caso avrebbe dato corpo e fluidità a un’introduzione comunque forte e decisa.
L’impaginazione è molto buona: il testo è giustificato, ma hai un po’ esagerato con l’interlinea e il rientro dei capoversi, entrambi molto accentuati. Se la prima comunque rende il testo più limpido, pulito e godibile visivamente, la seconda ha l’effetto di sbilanciare l’equilibrio della colonna.


Caratterizzazione dei personaggi: 20/20

È una storia che non fa sentire la mancanza dell’effetto visivo del personaggio, forse perché si assume il compito di essere veicolo di una più ampia schiera di persone, emblema di una società e di un mondo. Il non dare una descrizione fisica alle persone non le priva in questo caso di caratterizzazione, ma le rende versatili: chiunque, o comunque in tanti, possono essere i loro prestavolto. È ciò che ognuno di loro rappresenta a essere fondamentale.
Detto questo, non ci sono moltissimi personaggi da valutare: il giornalista è lo specchio di una società che si abitua sempre più alla violenza, che trae profitto dalla sofferenza altrui e che smette di essere protagonista del proprio destino; la monaca fiammeggiante è l’emblema di un livello dell’anima e dello spirito quasi incomprensibili per noi e per il protagonista, la sua compassione, che vuole accogliere e comunicare, avvertire e salvare, ha il potere di punire; persino il monaco che diventa poi suo compagno di noviziato è l’emblema di una cultura sacra e particolare, di un uomo che accoglie la religiosità e gli insegnamenti di pazienza dopo aver visto e conosciuto l’odio e le altre forme di reazione. Anche il protagonista, in un certo qual modo, è un guscio di cui ognuno di noi può esserne il cuore. Le emozioni che prova sono la conseguenza lineare e verosimile di chi, invischiato in una guerra che è fatta di propaganda, minacce e poca chiarezza, di false ideologia e soprattutto richiede indifferenza, si ritrova, a un passo dal tornare a casa, a entrare in contatto con eventi unici, che hanno del sacro e dell’intenso. Il silenzio che pervade parte di questi contatti ha da comunicare più di mille parole. Il personaggio è un uomo che ha grande spirito di osservazione, è un uomo attento che ha fatto la sua piccola carriera ma che dalle parole del giornalista si scopre essere e quindi vivere in una dimensione innocente, illusa del mondo, è giovane ma allo stesso tempo ha già conosciuto la cupezza della guerra. Si scopre, ed è una consapevolezza che arriva in un secondo tempo, smarrito in un orrore più grande di lui, a cui non era preparato e il cui fine non riesce ad acciuffare. Un orrore che diventa insostenibile nel momento in cui lo guarda con gli occhi dell’innocenza e della compassione. Il senso di smarrimento diventa rabbia, una rabbia che vuole proteggerlo dai sensi di colpa e dalla sua piccolezza e stoltezza. Il personaggio cresce e si evolve attraverso queste esperienze, diventa sempre più riflessivo, si lascia attraversare dalle bellezze spaventose di un mondo di cui adesso ha bisogno, perché è l’unico che può dargli la pace e la redenzione, che può insegnargli a vivere veramente.
Parlando così, potrebbe sembrare quindi che i personaggi che abbiano seguito in questa storia non siano stati ben caratterizzati o che non abbiamo personalità, o ancora che siano dei meri stereotipi; invece è proprio questa particolare scelta che fai a renderli così vicini al lettore. La semplice evoluzione delle emozioni del protagonista è facilmente comprensibile e adattabile alla natura più elementare di ognuno di noi, a patto che decida di farsi sconvolgere e inorridire e si decida a cercare le risposte alle proprie domande. I tuoi personaggi hanno la forza dei simboli, il protagonista soprattutto è il compagno perfetto per l’anima di tutti noi.


Gradimento personale: 4.75/5

Questa storia è densa di sacralità. Io non ho parole per esprimerti quanto mi ha dato. A un certo punto, e non ricordo più quale (scusami!) ho sentito le lacrime e il bruciore agli occhi. Sembrerebbe assurdo, visto che non è una storia densa di pathos o di incisività, non vuole colpire come un muro, ma entra dentro come l’acqua che non può essere tenuta fuori da nessuno tipo di muro, che non può essere confinata a una sola forma e che non può essere raccolta tra le mani, per quanto strettamente intrecciate siano. A commuovermi (questa è la parola corretta) è stato il modo in cui sei riuscita a farmi vivere sulla pelle questo mondo magico, colorato, dalla cultura profonda e spirituale; è un viaggio fatto di insegnamenti, da paesaggi dolci e dai profumi intensi e avvolgenti. Il modo in cui sei riuscita a farmi sentire la cultura e questa religione è stato… non lo so spiegare.
L’unico punto che mi è mancato è la presenza di un cast più presente e partecipe alla storia. Il viaggio riflessivo è molto personale, è vero, ma mi sarebbe piaciuto avere modo di contrapporre il protagonista a personaggi diversi, anche del suo stesso plotone, qualcosa che desse maggior corpo alle facce con cui è stato in missione e che penso abbiano comunque contato qualcosa per lui. Invece, nessuno dei tuoi personaggi, a parte la monaca fiammeggiante, ha un nome o un volto. Un altro aspetto che mi è mancato è la possibilità di retrospezione, ovvero elementi del suo passato, del mondo che si è lasciato alle spalle, in modo da dare profondità alle differenze. Sembra quasi essere un personaggio senza legami, e credo che avere qualche dettaglio, seppur generale, della sua vita, non avrebbe impedito al lettore di immedesimarsi.


Punto Categoria: 3/5

Cos’è l’arte se non comunicazione? All’inizio pensavo che avessi inteso la categoria in maniera piuttosto coraggiosa, e non per questo non avrebbe avuto senso o non avrebbe conquistato il mio favore: il tempio, il silenzio dei monaci e l’insegnamento silenzioso di My Lai. Io credo che la forza della categoria sia espressa soprattutto da loro, dall’armonia che trasuda da quei luoghi in mezzo alla foresta o dalla visione di quelle fiamme. La compassione è un’arte che andrebbe coltivata. Il silenzio colpisce il protagonista, parla una lingua a cui neanche con i suoi pensieri riesce a darle un suono ma che il cuore e l’anima comprendono.
Ma non di meno acquista valore e soprattutto corpo attraverso il mandala. Simbolo di armonia, un insegnamento, portatore di un messaggio, ma anche della verità più assoluta del mondo: lo scorrere, il fluire, il cambiamento. Ciò che tutto questo ha da comunicare, protagonista e lettore apprendono, assimilano e imparano. E quando il momento quest’arte si distrugge, torna alla polvere e al mondo, torna al suo dio. La libertà e la pace che si acquisiscono così sono il fine di un’arte effimera quanto eterna.
Per quanto riguarda i punti bonus, non ho riscontrato un mestiere insolito; per cui non te li posso assegnare.

Punteggio: 81.5/90


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Post: 2.256
Giudice*****
13/01/2019 00:53
 
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Terza Classificata

Quella perfetta contraddizione chiamata John Watson

di Koa_







Grammatica: 13.8/15

Il testo è pulito e pressoché perfetto. Tolti due imprecisioni opinabili, l’unica penalità che hai avuto è stata quella riguardante la virgola tra soggetto e verbo, questione su cui noi ci siamo già confrontati in altre occasioni. Conosco e accetto la tua decisione nell’utilizzare un certo metodo; in questo caso, però, ho dovuto seguire una scaletta uguale per tutti e agire di conseguenza.
Di seguito, gli errori che ho trovato:

e portandolo al silenzio della strada, che brulica di un silenzio opprimente. → -0.3 “Che brulica di un silenzio opprimente” dovrebbe riferirsi alla strada, ma sintatticamente sembra riferirsi in questo caso al silenzio stesso. Una soluzione sarebbe scrivere “portandolo sulla strada”.
Il tuo sussultare pericolosamente a ogni pensiero che riguarda lui, ti getta addosso una fastidiosa tristezza → -0.8 Ho sottratto la penalità generale per via della virgola tra soggetto e verbo.
Hai un bisogno viscerale di musica e tanto che, respirare, non sembra nemmeno così necessario. → Anche qui l’inciso è superfluo e separa il soggetto dal verbo.
Non ti rendi neanche conto di come l’attesa di sentirti intonare qualcosa, gli stia deformando i tratti del volto → Virgola tra soggetto e verbo
non permetti ad altro ti tormentarti → -0.1 “di” tormentarti
Vibra e s’agitano, i suo occhi → -0.2 “Vibrano” ERRORE ANNULLATO
invitandolo a farlo quel passo che sta per compiere → In questo caso non ho sottratto punti perché credo che si possa considerare un rafforzativo, una scelta stilistica per marcare il bisogno, l’ansia, l’attesa per quel gesto che entrambi vogliono che venga compiuto.


Stile: 19/20

Lo stile è elegante, raffinato, in alcuni punti melodioso e vibrante, come se la musica di Sherlock si propagasse anche sulla narrazione (come, ad esempio, il pezzo in cui descrivi l’effetto che ha su John il vederlo afferrare il violino, o ancora il pezzo in cui esalti le intenzione e i desideri di Sherlock, il suo desiderio di voler essere ammirato, quando parli del suo modo di suonare e della sua dichiarazione). Questo è dato dall’uso personale e sicuro che hai dello spazio narrativo, del ritmo e delle pause, nonché dell’uso che fai della punteggiatura per arricchire e armonizzare il testo.
È difficile sezionare le varie parti dello stile in questa storia, perché proprio per la bravura nell’armonizzare il tutto è praticamente impossibile parlare di un aspetto senza toccare e parlare degli altri, per me. A questo devi aggiungere il fatto che io ho ascoltato la musica che hai inserito: prima, dopo e durante la lettura. La prima cosa che mi viene in mente da dire è che la melodia viaggia su due binari, più una fase mezzana, ed entra in contatto con il testo in due modi differenti: uno è l’emozione malinconica che mi ha suscitato l’ascoltarla e che ricalca l’andazzo libero, reso con periodi lunghi e da una punteggiatura più “semplice e basilare”, e molto introspettivo dell’inizio, un tono soffuso, meditabondo, di preludio, che sembra quasi un monologo solitario che circonda Sherlock; l’altro è il ritmo struggente, l’evoluzione della musica, il vibrare di alcune note ma anche (perdonami, non intendendomi di musica sono tutte impressione che vanno a orecchio e sensazioni, scusa anche il linguaggio per niente tecnico che utilizzo) il ritmo spezzato, un colpo d’archetto a incalzare l’altro, che ripercorre proprio il ritmo enfatico, esaltante marcato di quei pezzi che ti dicevo su, dove la narrazione acquista un ritmo melodioso, più importante, le frasi sono spezzate da punti e fai un uso maggiore di elisioni. Il senso malinconico iniziale di musica e testo, quindi, diventa struggente e rivelatore nella seconda parte, dove c’è un crescendo di vibrati e pause seppure lievi, melodioso, una liberazione di quello spirito che si dimena nell’inizio, prigioniero.
E la divisione tra le due parti – senso malinconico e il crescendo di struggimento – è proprio quella parola: suonare. Posta a capoverso, a un terzo della storia, segna la svolta e il cambio di marcia, una marcia che comunque cresce a ritmo moderato, una consapevolezza a cui il lettore arriva prima del personaggio, proprio grazie alla scelta del narratore in seconda persona. Questo, infatti, è stata una scelta ben ponderata, che si adatta bene al genere introspettivo, e che allo stesso tempo permette al narratore di commentare il protagonista ma dare una prospettiva anche sulle reali emozioni degli altri personaggi.
La punteggiatura, ma anche e soprattutto l’uso particolare di apostrofi, hanno reso il testo un’unica cosa con il brano, da leggere a più livelli e da apprezzare in più modi. Ho apprezzato tantissimo il modo sapiente e distintivo che hai nello spezzare le frasi nei momenti di esaltazione e ammirazione di qualcosa; in questo caso, quando ammiri John che si ferma, o Sherlock che suona, o il loro amore che si palesa. Pause e punti che agitano la narrazione, la rendono palpitante, mentre gli apostrofi utilizzati in maniera elegante, piegando le regole narrative a volte, come quando usi l’apostrofo anche davanti ai plurali, ammorbidiscono i suoni, i passaggi tra le parti delle frasi. Infine, i puntini di sospensione e i punti esclamativi che fanno sospirare, spalancare gli occhi, balzare. Mentre l’inizio malinconico e prettamente introspettivo si accompagna a frasi più lunghe e una punteggiatura più semplice.
Gli altri aspetti che definiscono questo stile sono le immagini visive che fanno contesto e le ripetizioni finali, dove il nome di John non diventa mai di troppo, anzi. Anche le similitudini, pur senza averne trovate di originali o particolari, abbelliscono senza mai rendere lo stile baroccheggiante, un po’ come quell’abbellimento di cui il narratore parla mentre Sherlock suona, che è sempre semplice e spontaneo, mai di troppo.
Il poco spazio dato ai dialoghi chiarisce il taglio prettamente introspettivo dato alla storia, eppure anche se poche le battute rendono perfettamente bene quello che è il modo di esprimersi e le emozioni provate dai personaggi del fandom in questo contesto.
L’unico “difetto” forse sono alcuni dei pezzi di passaggio, introspettivi, che rallentano un po’ l’evoluzione della narrazione nella seconda parte, come se il fluire degli eventi sedimentasse troppo, facendo aspettare un po’ per l’arrivo della nota più alta. Secondo me, l’introspezione dopo “suonare” andava smorzata un po’ da qualcosa che desse respiro e corpo al contesto, che fosse una descrizione in più o poche frasi narrative che accompagnassero il passaggio tra la prima parte e la seconda.


Originalità, Ambientazione e Trama: 13/15

Credo che l’originalità sia data dalla tua predilezione di far correre alla stessa velocità un brano su una musica. Questo tocco multisensoriale stimola e arricchisce l’arte che maneggi. Il testo diventa quasi interattivo ed ermetico, nascondendo in sé un ulteriore magia. Detto questo, ho trovato questa storia ricca di una sua personalità, data da diversi elementi, come la particolare atmosfera che aleggia al 221b di Baker Street, che non vuole stupire ma avvolgere con delicatezza, e il modo in cui la musica acquista un nome solo dopo che Sherlock ha finito di suonare, mentre prima era una melodia fatta da note di sentimento, pensieri turbinanti e palpitazioni di due cuori.
L’ambientazione è limitata all’essenziale, poche coordinate che si appoggiano sulla conoscenza che ha il lettore sull’ambiente in questione per fargli capire in che modo la scena si sviluppa. Ho apprezzato che una parte del mondo esterno venga presentata all’inizio grazie a Sherlock che guarda fuori dalla finestra, e quelle poche battute creano quasi una bolla privata dentro la stanza del loro appartamento. Avrei visto bene qualche accenno in più per aiutare visivamente il lettore, ma nel complesso non se ne sente la mancanza, anche perché le scene si svolgono sempre con quel taglio introspettivo che le fa apparire come lampi, vissuti in prima persona dal personaggio sì, ma sono panni che il lettore può facilmente vestire e provare su di sé.
Non c’è un intreccio particolarmente complesso e la trama si sviluppa in un’unica scena. Ciò non toglie che si possono distinguere bene le tre parti del testo: un incipit che ha il compito di chiarire luogo, contesto e atmosfera della storia; uno sviluppo in cui le emozioni e le intenzioni dei personaggi si rincorrono e si fraintendono per poi ritrovarsi e una conclusione semplice ma scoppiettante.
Per quanto riguarda i generi che hai deciso di trattare, direi che non posso che farti i complimenti: tutti e tre i generi sono protagonisti, e seppure l’introspezione è ciò che spicca subito all’occhio non ha l’effetto di coprire il romantico o il malinconico. Anzi, fa da cornice e da chaperon per gli altri due generi, creando una co-presenza in diversi punti.


Titolo, Introduzione e impaginazione: 9/10

Sono dell’idea che i titoli lunghi funzionino solo con certi tipi di generi, come quelli introspettivi e sentimentali in cui i protagonisti sono i sentimenti e le relazioni tra i personaggi, mentre prediligo titoli brevi per quelle storie che hanno come generi qualcosa di più attivo in cui protagonisti sono la trama e le azioni dei personaggi. Quindi apprezzo la scelta di un titolo lungo, in questo caso. Entrando nello specifico, poi, trovo che questo sia un perfetto per il tipo di storia e sentimento trattato, perché mette subito in risalto un caposaldo della storia, ovvero l’adorazione di Sherlock nei confronti del difetto normale che ha John. Per un uomo logico e razionale come Sherlock, la contraddizione è una debolezza fastidiosa, e per chi fa poi il suo lavoro diventa un’arma per smascherare gli altri. In John, invece, essa diventa un modo per affascinare e confondere la razionalità di Sherlock. L’accostamento di “perfetta” e “contraddizione, quindi, presuppone un certo grado di fascino e venerazione di questo aspetto del personaggio. Ottimo per una storia permeata da così tanto amore.
Introduzione breve per una storia breve. Direi che anche qui hai fatto un ottimo lavoro, perché chiarisci sia la tematica che il contesto della storia, ma allo stesso tempo giochi sulla curiosità del lettore, stuzzicandolo con “un certo sentimento” e dosi bene le informazioni che dai. Inoltre sei riuscita a trasmettere un’atmosfera magica attraverso di essa. Un particolare che ho apprezzato è la sintetizzazione che fai in questo pezzo: “immerso nel caotico ordine che contraddistingue mente e cuore”. Rende perfettamente la stravagante e scoppiettante mente di Sherlock Holmes, che riesce a mantenere una parvenza di ordine e razionalità anche quando è confuso e preda dei suoi dubbi e sentimenti.
All’impaginazione, invece, manca il testo giustificato che avrebbe reso il brano più pulito e ordinato. Anche i rientri dei capoversi mancano, e privano il testo di eleganza. Consiglio anche di non adoperare gli spazi vuoti tra i paragrafi, a meno che non si debba segnalare un salto temporale o un cambio scena o di POV.


Caratterizzazione dei personaggi: 20/20

Essendo personaggi di un fandom, più che la loro caratterizzazione è mio compito valutarne l’IC.
Ho trovato il tuo Sherlock perfettamente in linea con il personaggio della serie tv, e qui rischio di perdermi in sviolinate e lodi. Allora, la prima cosa che ho apprezzato è il modo in cui possiede la scena: non solo la mente vivace, ma anche il suo modo di agire, questo suo fare all’improvviso una mossa che fa sobbalzare tutti, lettore compreso. Ed è tutto racchiuso in quel “suonare” così netto e secco. Sherlock passa dalla malinconia e apatia più totale, questo suo starsene lì, immobile e triste, a fissare fuori dalla finestra, disperato quasi, a prendere vita e prima ancora che qualcuno possa aver capito eccolo lì con il suo stradivari in mano, teso come una corda di violino anch’egli, per suonare e farsi ammirare e mostrare tutto il suo talento, e anche qualcosa di più direi. Altro particolare perfettamente IC che mi ha colpito è nel finale, quando lui cerca di riprendere il controllo e di rincatenare, quasi in imbarazzo, i suoi sentimenti con quel suo verso esitante; eppure eccolo lì, quasi indifferente, con la risposta pronta, sempre perfetta e posata. Mi sembra quasi di vederlo, alto ed elegante, sicuro di sé, eppure con il caos dentro le iridi, felice e scombussolato allo stesso tempo. Così ingenuo, innocente, indifeso pure; ed euforico. Poi ovviamente ci sono i dettagli, quelli che approfondiscono la sua caratterizzazione, come il suo volersi mettere in mostra, il suo desiderio di sentirsi ammirato, di ricevere le lodi di John, ma anche la sua attitudine ad attirare l’attenzione e a fare gesti eclatanti. Infine c’è anche la sua insicurezza emotiva e la sua solitudine, quella certezza atavica e sbagliata che ha di non poter essere amato o compreso, di non essere in grado di esprimere se stesso e di potersi relazionare con gli altri.
E poi c’è John: John che sembra essere il più posato e tranquillo dei due ma che erutta come un vulcano, con questo fiume di parole incontrollate; John che per quanto arrabbiato o concentrato altrove, non può fare a meno di calamitare sempre verso Sherlock, di pendere dalle sue labbra (o, in questo caso, dita); John che non trattiene niente e libera quella sua risata isterica, quasi a rivelare tutta la tensione accumulata fino a quel momento; John che non ha paura di confessare ciò che prova e di dimostrare quel che ha dentro, un John che soffre la normalità e la tranquillità forse ancora più di Sherlock.
Ultimo dettaglio: i dialoghi. Hai la capacità, anche quando le battute sono due stentate, di riuscire a imprimere le loro voci sul foglio. Il loro modo di esprimersi, di muoversi, di comportarsi.
Complimenti davvero per la caratterizzazione dei personaggi, vivi e tridimensionali in questa storia.


Gradimento personale: 4.5/5

È una storia incantevole. Voglio innanzitutto ringraziarti per aver proposto una storia in questa categoria. Era una delle mie preferite e desideravo tanto leggere una storia che sfruttasse l’arte come forma di espressione per confessare un sentimento. E devo doppiamente ringraziarti perché tu lo hai saputo fare in maniera magistrale. Adoro il modo in cui hai fatto cantare il testo, soprattutto con quei volteggi finali che hanno fatto palpitare parole e cuore. Una delle scene che ho più apprezzato è il momento in cui, anche se Sherlock non lo guarda direttamente, sa che l’attenzione di John è tutta per lui, perché John ha smesso di battere sui tasti del computer. Adoro anche il fatto che nonostante le paure e i dubbi e la certezza di non essere ricambiato, Sherlock non si ferma (o forse non ci riesce, e alla fine manda le sue paure e le conseguenze al diavolo) e mi piace l’immagine di lui che osserva John attraverso il riflesso nella finestra.
Per i miei gusti, la parte introspettiva è molto dominante e a volte di troppo, nel senso che alcuni pensieri potevano anche non esserci o potevano anche essere più brevi, ma è un dettaglio che emerge soprattutto se confrontato con la seconda parte, che io ho preferito. Avrei preferito anche più descrizioni, qualcosa che mi permettesse di entrare più nella concretezza della vicenda, e ovviamente questo è un particolare correlato al taglio della storia. Sono gusti, è importante sottolinearlo, che poco hanno a che vedere con le tue scelte.
Per il resto, davvero, ho solo potuto apprezzare.


Punto Categoria: 3.5/5

Per quanto riguarda i punti categoria li hai guadagnati appieno. Non so più dirti quanto ho adorato la commistione tra brano musicale e testo narrativo, quanto tu sia stata brava a far cantare il testo. Più nel concreto, poi, posso solo avere avuto soddisfazioni nel modo in cui, nella trama, il sentimento d’amore che prova Sherlock sia rivelato dalla scelta istintiva e inarrestabile di questo brano. Il bisogno di suonare è partito come un bisogno personale e per se stesso, per poi tramutarsi in una confessione sfacciata che non lascia vie di fuga a nessuno dei due.
Per quanto invece riguarda i punti bonus, ho avuto qualche difficoltà. Sicuramente Sherlock fa una lavoro particolare, fuori dagli schemi, ma qui non lo vediamo in azione, è solo accennato all’inizio. Per questo motivo, non ho potuto assegnarti i punti extra completi. Avrei voluto che il lavoro fosse parte integrante della trama, che avesse una sua funzione attiva, ecco.

Punteggio: 82.8/90

[Modificato da Nirvana_04 17/01/2019 11:51]

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Post: 2.256
Giudice*****
13/01/2019 00:55
 
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Seconda Classificata

I never can say goodbye

di Setsy







Grammatica: 14.1/15

Il testo è pressoché ottimo, privo di errori ortografici; devi stare attenta però a non perdere di vista il soggetto della frase, perché in più di un’occasione hai fatto confusione.
Di seguito, gli errori che ho trovato:

ammirando il colore che assume alla luce della Luna. → -0.1 “Luna” va scritto in minuscolo.
Stefan si pulisce l’angolo delle labbra sporche di sangue col dorso della mano, fissandolo con
cupidigia, aspirandone il profumo delizioso → -0.3 In questo modo Stefan fissa l’angolo delle labbra (impossibile fisicamente da fare), mentre io credo che volessi intendere che fissa il sangue.
La presa sulla spalla di Stefan è inutilmente forte e salda, non può sentire alcun tepore o vicinanza
che lo conforti, → -0.3 Lo stesso qui, il soggetto è “presa”, ma nella seconda principale diventa Stefan. In questo caso non credo funzioni il soggetto sottinteso, perché si crea confusione a una prima lettura.
nessun altra. → -0.2 Manca l’apostrofo


Stile: 18.5/20

Lo stile di questa storia è piacevolissimo, con picchi sublimi e struggenti che lasciano il segno, ma pecca quasi ingenuamente negli aspetti più tecnici, se così vogliamo dire, come il capoverso e la struttura di certi dialoghi.
La punteggiatura è ottima, con pause che aiutano e fluidificano la lettura. Inoltre ho trovato azzeccata la struttura paratattica data per asindeto e dolcemente ripetitiva delle frasi, perché è proprio questa struttura a fornire un tono malinconico e dolce allo stesso tempo alla narrazione, perfettamente in linea con il contesto. Il testo quindi risulta molto espressivo e coinvolgente. Consiglio spassionato ma che non pesa, ci sono alcuni frangenti in cui avrei evitato la virgola, per esempio quando isoli l’avverbio, o frasi, per esempio:

- A volte è bello essere invisibile, pensa Damon, mentre si appoggia con sollievo con la fronte sull’incavo del collo di Stefan, ti permette di non essere l’unico adulto della situazione, di placare questa mancanza così innaturale, perché la carne e il sangue che sono tuoi non dovrebbero essere divisi da te stesso. → Avrei tolto quella tra “Damon” e “mentre” per rendere più immediata, vista la mancanza di virgolette alte, visivamente la divisione della battuta composta.

Una cosa che non ho capito: quello che racchiudi tra questi simboli (ʻʼ) sono pensieri o dialoghi? Perché poi utilizzi questi (“”) che dovrebbero essere dialoghi. Solo che poi proprio nella frase sopra segnalata non usi alcun simbolo, eppure si evince chiaramente che sono pensieri. Forse qui sopra gli hai dimenticati.
Serve un po’ più di attenzione con i capoversi, in alcuni punti ti consiglierei di utilizzarli in maniera differente. Come nel caso in cui battuta e pensieri di Damon si susseguono, ma tu mandi a capo i pensieri. Avrei visto meglio la continuazione diretta, senza capoverso, primo per far capire subito che è lo stesso personaggio a pensare e a parlare, e secondo per rendere meglio la continuità tra battuta e pensiero che segue. Un altro appunto è nel finale, dove invece il capoverso manca e la battuta di Stefan è incollata con quella di Damon; lo stesso per la battuta finale di Damon che forma un unico blocco. So che hai avuto qualche difficoltà con i capoversi per via della formattazione, spero di non averti svantaggiato io. Controllando alla consegna, ho notato solo che vi era la presenza dei capoversi, ma non ho guardato se ne mancava qualcuno; anche perché poteva essere dovuto a una tua scelta. Comunque si tratta di piccole accortezze di labor limer.
Un’altra scelta vincente è stata quella della narrazione al presente, perché ha reso la scena ancora più vicina e immediata per il lettore, una scelta azzeccata per un testo struggente in cui la tematica principale è la separazione e la perdita, sentimenti forti resi ancora più reali dal tempo verbale. Il narratore onnisciente è stato usato con maestria: non ci sono sbavature o focus che confondono. Il passaggio di attenzione tra un personaggio all’altro è fluido e piacevole e ti permette di far vivere i due personaggi e la vicenda da ogni possibile prospettiva, senza mai mancare l’effetto generale che solo un narratore esterno può dare al lettore.
Ho apprezzato tantissimo il linguaggio e il registro linguistico che hai utilizzato: curato, adatto a personaggi come Damon e Stefan che hanno vissuto in più secoli, ma mai reso arzigogolato o pesante. Anzi, hai scelto con abilità termini che hanno arricchito ed esaltato alcune immagini. Termini come “gramaglie” si accostano molto bene ai loro personaggi; soprattutto in Damon poi, dove l’eleganza e l’educazione ricevuta nella sua vita da umano si mischiano alla sua cultura più moderna e giovanile e sarcastica. Non mancano quindi riferimenti più frizzanti e un lessico meno formale, che poi viene esaltato da descrizioni poetiche e ben approfondite, curate nei dettagli.
Ho trovato i dialoghi un po’ troppo complessi, più da narrazione che di un individuo che parla, ma solo nella prima parte, dove forse hai aggiunto qualche dettaglio di troppo o potevi usare un ritmo diverso che rendesse più fluido il tutto. Mentre nella seconda, seguivano con più naturalezza il flusso di pensieri dei personaggi, adattandosi molto bene alle loro caratterizzazioni. Hai raggiunto il culmine in descrizioni e narrazioni: poetiche, eleganti, coerenti con il contesto, dense di atmosfera, fluide e coinvolgenti.
Ho trovato un perfetto equilibrio tra le varie parti narrative: descrizioni, narrazione e dialoghi si alternato con armonia e la narrazione non manca di effetti visivi, introspettivi e contestuali.
Per concludere, la tematica dell’amore fraterno e della perdita, che qui vanno perfettamente di pari passo. Ho trovato ben bilanciato il modo in cui la negazione, il dolore e la sopraffazione del lutto riescano a evolversi nel finale, dove il dolore si unisce all’orgoglio e alla voglia di onorare il sacrificio dell’altro.


Originalità, Ambientazione e Trama: 15/15

Bellissimo omaggio e rivisitazione della scena in cui Damon fa visita alla tomba di Alaric. Ciò che ho apprezzato maggiormente è il modo in cui hai “rielaborato” certi elementi, come per esempio quello della battuta “sulla data sbagliata incisa sulla lapide” o il riferimento di occuparsi dei “bambini”, oppure qualcosa di più sottile come il fattore “liquido”: se non sbaglio, Damon in quella scena beve del whisky (o comunque qualcosa, non mi intendo di alcolici), mentre qui troviamo Stefan sporco di sangue, ebbro della sua ultima bevuta da una vena (credo che sia l’emblema di ciò che piaccia di più ai due fratelli, perché forse il whisky piace a Damon tanto se non più di sangue, penso che siano di più le scene in cui è con un bicchiere in mano che quelle in cui affonda i denti in una vena). Insomma analogie che rendono omaggio sì, ma che non hanno l’effetto di far dire “scena già vista”. Anche perché hai capovolto il finale: mentre Damon se ne va sconsolato, rimproverando Alaric, Stefan alza la testa e dimostra di essere diverso nel fratello, promettendo di fare del suo meglio per renderlo orgoglioso.
L’ambientazione ha il potere di creare sia atmosfera che contesto. Sei stata brava a bilanciare questi due elementi e non far sentire la mancanza di qualcosa al lettore. Abbiamo perfettamente chiara la scena – poco prima dell’alba, in un cimitero, vicino a una lapide circondata da erba alta, in una notte calda – ma riusciamo anche a inserire, senza aver bisogno della didascalia nell’introduzione, in che punto inserire la storia, ovvero dopo il crollo dell’Altra Parte, poco prima che la luce inghiotti lui e Bonnie (qui il momento è traslato di un po’). Sappiamo che Elena è distrutta dal suo dolore e che Caroline cerca di mantenere il controllo della situazione aiutando Stefan a non ricadere nel vortice dello Squartatore. Hai dato coordinate precise e puntuali, disseminandole con cura nel testo, in modo piacevole. Grande cura nei dettagli, complimenti!
L’incipit crea un parallelismo senza tempo, in cui passato e presente di Stefan si fondono e si intersecano in maniera quasi inscindibile. Questo ti permette di mostrare le diverse facce di Damon e il filo conduttore che invece rappresenta quello di Stefan. Molto bene il modo in cui hai reso lo scorrere dei due binari delle due reale, quello dei vivi e quello dei morti. Questo intreccio di dialogo è stato davvero ben costruito, tra l’altro in una maniera in cui il lettore può dire “sì, Stefan conosce abbastanza il fratello da poter indovinare la sua reazione e ciò che vorrebbe da lui”, mentre dal suo canto l’invisibilità di Damon gli conferisce la possibilità di calare la maschera. Nella parte finale c’è quasi un passaggio di consegne, dove si fa sentire anche il periodo maldestro in cui l’assenza di Alaric ha costretto Damon a fare da solo il babysitter.
I generi segnati nelle note sono presenti, ma non tendono a monopolizzare la scena. Soprattutto il fluff, che di per sé fa sempre pensare a qualcosa di estremamente mieloso, qui è stato usato in modo delicato, tanto che non mina alla credibilità dei personaggi perché è stemperato dal giusto grado di autoironia e sarcasmo. L’elemento triste invece è qualcosa di onnipresente dall’inizio alla fine e si adatta a ogni pezzo della narrazione, avvolge come una coperta, colorandosi di sfumature piene di disperazione nell’inizio e di sfumature reazionali nella fine, dove c’è quasi una catarsi.


Titolo, Introduzione e impaginazione: 7.5/10

Sai che per mio gusto e per fattori più tecnici, come il fatto che non ho gradi abilità nelle lingue, prediligo titoli in italiano, ma che a volte concordo sul fatto che quelli stranieri siano più melodiosi o più appropriati alle circostanze. In questo caso, però, non è così.
Trovo il titolo poco melodioso, quasi scoordinato al suono (e forse è dovuto alla mia pessima pronuncia). Credo che, seppur attinente, sarebbe stato più struggente se scritto in italiano. È un titolo importante, denso di sentimento, fluido e adatto a un testo che comunque si presenta introspettivo ed emozionante, con l’attenzione concentrata in una scena e in una precisa tematica.
L’introduzione presenta secondo me un errore: la disposizione delle informazioni. La prima cosa che interessa un lettore sconosciuto è sapere che tipo di storia e trama troverà al di là del titolo. Le prime parole quindi devo subito attirare l’attenzione, costringere l’avventuriero a interessarsi a quelle cento parole scarse in cui l’autore ripone l’anima della sua storia, dev’essere accattivante, sintetica, con il giusto numero d’informazioni, chiara nelle tematiche e nei generi trattati. Deve indirizzare il lettore verso ciò che può piacergli oppure non incontrare il suo interesse. Ti consiglio quindi di invertire l’ordine nell’introduzione, mettendo prima l’introduzione vera e proprio, e dopo le altre informazioni più tecniche.
Detto questo l’introduzione è semplice, dà il giusto numero di informazioni al lettore senza svelare la trama o la scena clou della storia. Serba il segreto più grande, ovvero questo dialogo speciale tra i due fratelli.
L’impaginazione infine è perfetta, il testo giustificato e i rientri dei capoversi presente. Il testo non risulta né troppo schiacciato né si perde svolazzante nella pagina.


Caratterizzazione dei personaggi: 20/20

Essendo personaggi di un fandom, più che la loro caratterizzazione è mio compito valutarne l’IC.
Damon e Stefan. Due fratelli, diversi ma legati indissolubilmente da un amore che ha più di un secolo per assumere tutte le sfumature e accezioni possibili. Amore tradito, amore ferito, amore profondo, amore invidioso, amore geloso, amore leale, amore pieno di sostegno, amore denso di sacrificio. E credo che ci siano proprio tutti all’interno di questa storia, chi come protagonista e chi come riferimento concreto. Mi riferisco all’amore ferito, quello che incarna innanzitutto Damon con la frase “Sei in gramaglie[…]Io sono sempre stato a lutto, Stef.” Questo dà una visione sia fisica che caratteriale dei due personaggi: Damon che ha sempre vestito di nero acquista un significato più profondo, non è solo bello ed elegante, ma è in lutto, e questo dà profondità alla sua vera natura, una natura che ha amato profondamente la madre, che ha subito le pressioni di un padre e ha combattuto contro il dolore per un fratello che non ha saputo proteggere fino in fondo e che adesso sta vivendo senza di lui. Ne approfitti qua e là anche per inserire riferimenti fisici dei due, riferimenti che non sono mai pesanti o noiosi, ma sono inseriti con naturalezza nella narrazione con un determinato effetto, uno di questi è quando Damon fissa il fratello, sembra quasi cercare di imprimersi la sua immagine nella mente.
In Damon trova spazio anche l’amore egoista e l’amore leale, in quella contraddizione che solo lui può avere, quella leggera sfumatura in cui augura la felicità alle persone più importanti della sua vita, ma allo stesso tempo è troppo profondo il suo istinto possessivo per avere la forza di vederla nascere questa felicità. Chissà cosa farebbe insorgere in lui… forse un po’ di sarcasmo in più. E poi c’è l’amore pieno di sostegno, che però è bidirezionale. Damon trova conforto sulla spalla del fratello, mentre Stefan lo cerca nei ricordi di lui.
Un aspetto che li accomuna e li caratterizza è questo loro pensare sempre al passato: se Stefan però pensa al lato familiare, perché è la famiglia, il legame di sangue la cosa più forte in lui, Damon pensa a quello sentimentale, che è poi la causa della loro storia di vampiri. Questo fa emergere la loro diversa natura: più innocente e fragile di Stefan, più passionale e “virile” ma anche egocentrica quella di Damon. Mette in risalto anche le loro diverse debolezze: Stefan non può sopravvivere da solo, è troppo sincero e la sua natura lo porta a essere molto intransigente e testardo nella sua visione di vita; mentre Damon non ha il controllo sui suoi istinti, la sua voglia di proteggere gli altri, ma anche di averli, di vivere, quel suo concedersi i piaceri della vita, lo portano a dover riparare ai suoi stessi sbagli.
E poi ci sono i dettagli, quei comportamento visivi: Damon che vuole prenderlo a pugni e abbracciarlo allo stesso tempo; Damon sarcastico, Damon serio e composto, Damon emotivo quando nessuno lo vede; e Stefan sul filo della lama, Stefan che cerca di staccarsi dalla realtà con il dolore che lo sommerge, Stefan che stringe i denti e si aggrappa a un’unica sensazione, cancellando il resto, per andare avanti, che domina i suoi istinti, si prefissa l’ennesimo obiettivo da rispettare a regime, ovvero rendere il fratello fiero di lui.
Anche nel finale abbiamo l’esaltazione di un altro loro aspetto: se Stefan riesce a tirarsi in piedi e a vivere nel ricordo, Damon non riesce a lasciar andare, trattiene ogni possibile sentimento, si aggrappa con unghie e con denti, anche quando ogni possibilità è persa.
Davvero un IC perfetto e a tutto tondo, dove anche il loro modo di parlare è preciso, sembra di sentire le loro voci. All’inizio c’è qualche frase di troppo, ma quell’intoppo di espressività te l’ho già segnato nello stile. Basta pensare a questa frase “I giorni sono giusti fratello, peccato che l’anno sia leggermente diverso” e ricordare quale frase utilizza Damon nella scena con Alaric. Il modo di parlare di Damon è fluido, con frasi lunghe, piene d’incisi e parentetiche. Di che segue un filo di pensiero, di che ne tira fuori un’altra. Il suo parlare è istintivo, si fa “distrarre” dai suoi sensi. Mentre quello di Stefan, come nella frase sopra detta, è sempre ponderato, controllato, il suo sarcasmo è pieno d’amarezza, ha un tono cupo e sconsolato. E questa caratterizzazione di linguaggio si ripercuote anche nel resto del dialogo. Ben fatto, davvero!


Gradimento personale: 5/5

Ti piace vincere facile? Parlami dei fratelli Salvatore. In realtà è una lama a doppio taglio, perché più una cosa piace e più si rischia di non renderla bene. E anche un piccolissimo dettaglio può rovinare tutto. Ma tu sei una garanzia e quando si parla di dar vita a questi due non ti smentisci mai. Ogni dettaglio che sopra ho analizzato in tecnica, espressività e stile mi è piaciuto, mi ha entusiasmato. Il tono che hai sfruttato mi ha coinvolto, l’atmosfera che hai saputo creare mi ha incantato. E i fratelli Salvatore sono più belli e teneri che mai.
Mi è piaciuta l’immagine contrapposta dell’alba nascente, che per loro vampiri è il simbolo più triste, perché è la notte il regno di fantasmi e vampiri. In questo caso, la luce dell’alba ha un doppio potere, perché è anche il momento dell’addio, in cui, mi sembra di capire, la luce dell’Altra Dimensione trascinerà via Damon e Bonnie. Mi è piaciuto il fatto che tu abbia usato due diversi sensi per i due fratelli: Stefan si concentra sul suono delle voci nei suoi ricordi, mentre Damon pensa ai profumi. Il diavolo si annida nei dettagli, e in questo caso sei stata tu a tendermi delle trappole, piazzando così tante decodificazioni di questa lettura che mi hanno totalmente rapito.
Infine mi ha sciolto il finale, così struggente, forte, con un Damon determinato, sempre sicuro di sé, focoso. Sembra quasi infiammare l’aria con quella sua ultima promessa, più oscura per certi versi di quella determinata e ingenua del fratello. Davvero bellissima storia, complimenti.


Punto Categoria: 3/5

Per la categoria “Parole d’amore” non potevo chiedere di meglio dell’amore fraterno, un amore che qui incarna ogni possibile aspetto: il sacrificio, la dignità di sé, il legame, la diversità, la ricerca del bene e del meglio per l’altro, fino a cedere la cosa più bella di sé (mi riferisco a quando augura, un po’ ingenuamente, a Stefan ed Elena di tornare insieme e di amarsi ancora, di essere felici). Ma il fulcro dovevano essere le parole, e io credo che sia proprio da questo dialogo che sembra unilaterale (tra i due solo Damon può sentire l’altro) ma che riesce a incastrarsi alla perfezione, soprattutto nel finale, dimostrando anche l’affinità che c’è tra questi due fratelli. È dai dialoghi che può quindi essere estratto il succo del loro rapporto: Damon che protegge il fratello più piccolo, Damon che si sacrifica e dona l’amore della sua vita, Damon che scherza e incoraggia, Damon che saluta con l’ennesima promessa; e poi c’è Stefan che ha bisogno del fratello maggiore, Stefan che soffre e Stefan che tira su la testa e a muso duro lotta in onore del fratello. Non sono state parole d’amore, ma vere e proprie incisioni imperiture su una lastra di pietra. Complimenti!
Per quanto invece riguarda l’elemento bonus, non mi è parso di riscontrarlo, quindi non ho potuto assegnare i due punti extra.

Punteggio: 83.1/90


OFFLINE
Post: 2.256
Giudice*****
13/01/2019 00:59
 
Quota

Prima Classificata

Meditazioni sul caso Katie Bell

di Ester.EFP







Grammatica: 12.2/15

La grammatica è ottima, gli errori che ho trovato sono per lo più refusi che possono sfuggire alla rilettura della propria storia. Consiglio inoltre l’uso della d eufonica solo tra vocali uguali.
Di seguito, gli errori trovati:

qusi per contratto → -0.1 quasi
ad Hogwarts → -0.5 senza la d
«Sbaglio o questo» e indico me e lui «È un segreto?» → -0.2 Consiglio una virgola dopo “sbaglio”, l’errore tuttavia è la maiuscola all’interno della battuta composta.
«Questo» dice e ripete il mio gesto «Non esiste se non ti lasci baciare». → -0.2 Lo stesso qui, “non esiste” va in minuscolo, perché è la continuazione della frase che sta nella prima battuta.
ed io lo stringo ancora più forte → togli la d
Si, chiaro → -0.1 sì va accentato
Che interesse ha il Signore Oscuro ad uccidere → togli la d (Nel testo ne sono presenti altri, ma non le ho riportate qui)
Per il mio Signore e per il mio amore ho fatto quel dovevo → -0.3 quel che dovevo
L’infermeria è quasi deserta → -0.1 Negli altri casi, “Infermeria” lo hai scritto con la maiuscola, quindi anche qui devi utilizzarla.
Draco ho portato compagnia → -0.2 Mettere una virgola per separare il vocativo
Io, invece, inizio a pensare che sia sotto qualcosa → -0.3 ci sia sotto qualcosa
Pansy non sa legge il volto di Draco, → -0.1 leggere
si fece più intento → -0.1intenso
«Come puoi non capire, Daphne?» continuò, mentre pian piano la sua posa compassata si smontava.
«La guerra ha messo a nudo quello che non potrò mai essere. Non sarò mai come mio padre, o come te: nessuno di voi è riuscito ad insegnarmi come affrontare la paura, come avere coraggio,[…] → -0.2 Queste due battute sono pronunciate dallo stesso personaggio, non serve andare a capo
Anche lui udì quella voce e allora parlò più in fretta «Io non ti ho voluta Daphne → -0.4 mancano i due punti che introducono la battuta. E anche qui manca la separazione del vocativo


Stile: 19/20

Lo stile è semplice, pulito e scorrevole. Allo stesso tempo, però, non risulta banale, semplicistico o vuoto. Anzi, la scorrevolezza della narrazione viene arricchita con naturalezza da un lessico pulito e puntuale, mai troppo elaborato o aulico, che esprime molto bene le emozioni dei personaggi. I toni tragici e folli del finale arricchiscono di maturità la vita dei personaggi post guerra, ritraendo un contesto e delle interazioni più adulte, senza per questo far sentire il discostamento dal fandom.
Prima di concentrarmi nel dettaglio sui pregi, però, vorrei spendere due parole sugli unici due difetti che ho notato: un aspetto della punteggiatura e alcune scelte espressive.
Abusi dei due punti, nel brano ce ne sono ben 77; tolti quelli presenti per introdurre i dialoghi, sono davvero un numero considerevole, non tutti sono necessari. Ricordo che l’uso dei due punti è da limitarsi in presenza di esplicative (ovvero per chiarire il significato di una proposizione), numerazioni, elenchi e/o per sostituire alcune congiunzioni; invece tu li usi come sostitutivi di altri segni d’interpunzione. In questo modo, il tono della narrazione ne risente, viene distorto. Per esempio:

- Ci somigliamo tutti, noi rampolli purosangue, da giovani: è la vita che poi prende pieghe inaspettate e ci porta in luoghi in cui non saremmo mai voluti giungere. ¬→ Qui poteva andare benissimo un punto-virgola, una pausa più leggera del punto (ma va bene anche il punto), ma che separasse in maniera più netta il filo logico delle due frasi.

- Di certo ho molti difetti, ma la timidezza non rientra tra questi: volevo Draco e ho fatto in modo di farmi desiderare da lui. → Questo invece è un esempio in cui sono usati in maniera perfetta, dando un’intonazione decisa e superba alla frase. La seconda, infatti, chiarisce il senso della prima parte, mostrando dove voleva andare a parare il discorso della prima.

Detto questo, trovo che la punteggiatura e i periodi più o meno lunghi conferiscano un tono costante e uniforme al testo, ma non per questo monocorde. Sei stata brava, infatti, a usare espedienti come l’asindeto per imprimere alla narrazione le giuste pause, il giusto ritmo; molto bene anche la variazione della struttura sintattica. Non abbondi con la complessità, ma frasi in cui inverti l’ordine dei complementi o inserisci incisi danno carattere e scorrevolezza al testo, impedendo di renderlo ripetitivo. L’uso delle proposizioni temporali caratterizzano il testo, ma non lo appesantiscono, mentre limiti l’uso di aggettivi e gerundi che renderebbero la lettura più corposa di quanto serva.
Per quanto riguarda alcune scelte espressive, l’invocazione “perdio” pensata e detta da una purosangue mi sembra inappropriata: non credo che esista il concetto di divinità tra i maghi, tanto che di solito esclamano “per la barba di Merlino”. L’argomento non è trattato mai all’interno dei libri, se non come tematica, quindi non posso averne la certezza; ma ho sempre pensato che la religione fosse un argomento prettamente babbano e che quindi mal si associa al personaggio di Daphne.
Trovo invece appropriato l’utilizzo di altre espressioni, come la già sopracitata “Merlino” anche lungo la narrazione: rendono più tangibile a pelle il mondo di Harry Potter e conferiscono personalità e carattere alla prima persona narrante.
Il narratore in prima persona è stato gestito davvero bene, la “voce” di Daphne e del modo in cui narra diventa elemento di caratterizzazione del personaggio, poiché hai saputo infonderle personalità, usando espressioni mai complesse, evitando frasi incisive e graffianti ma che aiutano più a caratterizzare un narratore esterno e che poco si addicano a una narrazione “parlata” in prima persona, intervallate qua e là da espressioni colloquiali, aggiungendo commenti privati e soggettivi e soprattutto filtrando ogni aspetto della storia attraverso la sua mente. Non hai comunque paura di inserire metafore davvero belle, soprattutto nel finale, per sottolineare la drammaticità e il dolore del momento. L’introspezione è portata in alto da immagini visive e di pensiero profonde, che sanno toccare il cuore di chi legge.
I due tempi verbali non hanno reso confuso il testo, anzi trovo che questa decisione abbia reso il “narrato” più vivo e diretto, facile per il lettore immedesimarsi. Approvo, tuttavia, la scelta di raccontare il finale con la voce del presente narrativo, e quindi con il passato remoto visto che in questo caso la storia diventa un ricordo, perché ti ha permesso di creare un bellissimo effetto di focalizzazione, rivelando la situazione attuale a cui gli eventi hanno relegato Daphne. Il gioco dei due tempi verbali è indispensabile per l’effetto sorpresa finale. L’unico punto che mal si amalgama a questo equilibrio è lo scambio di battute in corsivo, precedente all’incipit, che fa un po’ da “terzo tempo”, ma che è suonato un po’ come un intruso, una nota solitaria che spicca perché non appartiene a nessuno dei due “giocatori”. A mio parere, non era necessario, ciò che dicono lo sintetizza benissimo Daphne poche frasi prima, ed è un punto che ribadisce più volte; non porta neanche un’aggiunta alla sua caratterizzazione, perché la paura di apparire come un ripiego, di essere usata, di essere vista seconda a qualcuno è un elemento che si evince bene anche da altre scene.
Le descrizioni sono poche ma puntuali. Giochi con il lettore che conosce già questo mondo e ti bastano pochi accenni per ricreare la scenografia. La narrazione invece abbonda, a ragione, di introspezione e opinioni personali, di retrospettiva e analisi. I dialoghi sono ben bilanciati all’interno del testo, le confidenze di Draco li rendono poi protagonisti della loro interazione e del dramma che si consuma.
Infine, le tematiche: discriminazione, ambizione, amore, coraggio, conflitto interiore, capacità di cambiare; e l’omicidio. Quest’ultimo è l’unico tema che muove la trama, mentre tutti gli altri sono interni ai personaggi; eppure, è legato a doppio filo con tutti gli altri. Perché è l’omicidio la sostanziale differenza tra Daphne e Draco: lei non ha paura di sporcarsi le mani, forse perché non ha avuto come Draco la possibilità di fallire; mentre Draco non è disposto a smarrire se stesso, arrivando a empatizzare con la brutalità di tale azione. Tutti i temi sono trattati con delicatezza, con un filo di pensiero profondo, che invita a riflettere, primo fra tutti l’amore. Daphne rifiuta di dargli importanza, arrivando a mentire a se stessa e al lettore, accompagnando il sentimento con desideri di gloria e di potere.


Originalità, Ambientazione e Trama: 15/15

L’originalità della storia non passa inosservata, anche in mezzo alle tante varianti che ho letto sul triangolo amoroso Daphne/Draco/Astoria. Ho trovato soprattutto originale sia il coinvolgimento di Daphne durante il periodo del sesto anno sia il finale che hai assegnato a questo personaggio. L’originalità poi trova corpo nella personalità con cui hai sfruttato la trama originale, partendo dai particolari come le ragazze che facevano da palo a Draco quando si trovava nella Stanza delle Necessità fino alla sua permanenza in Infermeria.
L’ambientazione è data da piccoli dettagli, ma soprattutto dalla scioltezza con cui ti muovi nel mondo di Hogwarts, anche il maniero dei Malfoy è riconoscibile grazie ai particolari e a certi riferimenti (come la presenza dei pavoni o l’atmosfera solita di ombre e compostezza che tu hai trasformato in occasione del matrimonio). La scenografia, poi, non è niente senza un contesto chiaro, e la guerra è sempre presente negli occhi di Draco, nei pensieri di Daphne (che in qualche strano modo mi ha ricordato il personaggio di Natasha in Guerra e Pace, sia per quanto riguarda il modo in cui lo sfondo della guerra influisce sulla sua vita, sia per il secondo fine che si muove di pari passo con l’amore, sia per l’ingenuità con cui si aggrappano entrambe a questo sentimento).
Ciò che colpisce è il modo in cui hai intrecciato gli elementi di una fabula semplice da riassumere – Daphne, chiusa ad Azkaban, racconta a un giornalista della Gazzetta del Profeta delle ragioni che l’hanno spinta a uccidere Kate Bell. Lei e Draco, durante il sesto anno, hanno una storia segreta. Lei lo supporta mentre lui cerca di assolvere al compito datogli dal Signore Oscuro, riponendo in quella relazione tutti i suoi piani di gloria e amore del futuro. Piani che sono nati già rotti dal primo fallimento di Draco e che si rivelano nel momento in cui quest’ultimo, finita la guerra, prende in sposa la storia di lei – creando un climax con un idillio che si consuma tra amore e dolore, che affonda le sue radici nelle debolezze e nelle cupe ambizioni, fino al culmine in Infermeria, per poi racchiudere nel finale una rivelazione dopo l’altra, una stocca dopo l’altra. A rendere completa la storia sono le cornici che fanno da sfondo alla loro relazione, come il caso Bell, la guerra che muove le azioni di Draco e in parte di Daphne e l’elemento un po’ a sorpresa del giornalista, o anche la rivelazione finale del luogo in cui Daphne si trova.
L’incipit si apre con una verità assoluta: la loro storia non è mai esistita veramente. Ed è una frase importantissima, perché giustifica il non detto, i segreti, questo tassello di missing moment che tu hai creato. Inoltre ha la capacità di delineare molto bene il clima di sussurri, bugie, piani oscuri e ambizioni nascoste dietro i loro visi. Ho trovato geniale il fatto che tu abbia interrotto la narrazione degli eventi del sesto anno proprio quando la relazione tra Daphne e Draco aveva toccato il picco più alto, con quello struggente bisogno tra di loro che già profumava di tragedia, eppure non per questo ha perso di passione e sincerità. Per un attimo, il lettore è davvero portato a credere in questa relazione e nella perfezione di questa coppia. Il finale riporta drasticamente l’attenzione sul titolo e sul personaggio innocente e all’apparenza marginale di Kate. È un finale che sa sorprende per più ragioni e che avvicina ancora di più il lettore a questo personaggio tutto d’un pezzo, ma soprattutto alla fine amara di un amore nato nell’oscurità, vissuto su due diversi binari, ma non per questo meno autentico o doloroso.
I generi trattati – drammaticità, introspettivo, romantico – sono egualmente importanti e tu li fondi sapientemente imprimendo a ogni scena la dose giusta di tutti e tre. Il dramma di questa relazione, dell’evoluzione di Draco così come la tragica fine di Daphne, è mostrato attraverso un’introspezione profonda e realistica, complessamente umana. Allo stesso tempo il genere romantico non è mai estremizzato, e comunque risulta ben chiaro che è il motore della tragedia. Perché è l’amore che nasce tra questi due, vissuto in maniera così diversa e per scopi e bisogni differenti, che dà spazio alla tragedia e alla vena di pazzia che aleggia di sottofondo.


Titolo, Introduzione e impaginazione: 9.75/10

Sembra uno dei titoli della Rowling. È più una sensazione questa, ma ho avuto l’impressione che potesse benissimo mischiarsi tra i titoli di uno dei libri della saga: semplice, lineare, incisivo, privo di articoli che lo introducono, si concentra sul dettaglio che muove la vicenda, lo sfondo, più che sui protagonisti.
A un certo punto della storia, prima del gran finale, mi è sorta la domanda: perché un titolo simile, se la vicenda Bell inizia e finisce nella prima scena? E ovviamente la storia ha risposto puntualmente: il caso Bell è stato l’inizio della fine, è stato il dettaglio su cui Daphne si è fissata, su cui ha gettato le colpe del suo fallimento, della sua perdita. Il caso Bell diventa la chiave di lettura per capire la storia tra Draco e Daphne; e dietro la morte di un’innocente si nasconde un segreto basato su un rapporto disperato, malato, che si nutre dei difetti e delle peggiore esperienze dei protagonisti.
È un titolo che potrebbe passare inosservato, gioca quasi a toni bassi, eppure si fa ricordare; non grida, non si fa bello, ma è inusuale quanto basta per non essere dimenticato.
L’introduzione si mantiene sullo stesso tono: semplice, lineare, pulita, sfrutta il personaggio protagonista, sintetizzando le emozioni che poi si stendono tra le pagine trovando il loro perché e accenna alla trama sempre e solo attraverso gli effetti che essa ha su Daphne. La frase finale prima dell’estratto mi ha incuriosito, potrebbe essere lo stesso Jonhatan Elliot a pronunciarla, dando l’impressione che l’introduzione sia parte integrante del suo articolo. Infine, apprezzo la presenza dell’estratto, anch’esso concentrato sul personaggio femminile.
L’impaginazione è pulita, il testo giustificato rende il testo impostato e composto. L’unica cosa che manca è il rientro dei capoversi che avrebbe impedito l’effetto visivo del “mattone”.


Caratterizzazione dei personaggi: 20/20

In questa storia, valuterò la caratterizzazione di Daphne (tenendo conto dei pochi elementi che di lei conosco) e l’IC di Draco.
Si respira aria di maturità, si respira l’aria di un’adolescenza tormentata su cui lei vuole fondare il suo futuro, ma che lui vuole dimenticare. La prima cosa che ho notato è l’evoluzione quindi di Draco che si contrappone alla staticità del personaggio di Daphne. La seconda è la paura che provano. Sì, perché entrambi temono qualcosa. Ma se Daphne teme la disfatta, Draco teme di perdere se stesso. La sicurezza di Daphne si contrappone allo smarrimento di Draco, equilibrio che poi si inverte nel finale, in cui Draco riesce a scendere a patti con la nuova realtà, mentre Daphne rimane il pallido fantasma di ciò che è stato ucciso, o sopito, con la fine della guerra.
Sono personaggi “cattivi”, eppure questo non li rende privi di sentimenti. Anzi, tu ti assumi il compito di dare una motivazione e un punto di vista ai loro desideri, ai loro ideali, al loro modo di concepire la società e le interazioni, pur non esimendoli da emozioni quali la paura, la fragilità e l’amore.
La prima persona narrante giustifica la mancanza di descrizioni fisiche del personaggio femminile, che in questo caso (con un fandom alle spalle e un genere introspettivo a muovere la vicenda) non penalizza la percezione che il lettore ha di esso. Daphne è un personaggio statico, che non cresce e non impara. La sofferenza e il conflitto di Draco non la toccano se non in misura della viltà che paventa. Al contrario conquista per la sua determinazione e per la forza, supportata da un velo di pazzia, con cui affronta l’atto dell’omicidio. Una forza che comunque odora di ingenuità, perché lei non ha avuto la possibilità di Draco di essere posta davanti al dolore per tale atrocità, non ha la possibilità di fermarsi o di tornare indietro. Il fallimento, che lei non contempla e non conosce se non come distruzione dei suoi sogni, decreta in qualche modo la sua perdizione. Daphne ama in una maniera opportunistica, ma non per questo meno sincera o totale; anzi, è l’ambizione che la spinge a dare tanta importanza alla sfera sentimentale. Anche questa tendenza è emblema dell’educazione e dei valori con cui è stata cresciuta. È una purosangue, totalmente votata agli ideali di sua madre e del Signore Oscuro, e Draco è colui con cui quei valori lei può rispettare, dimostrando di essere fedele. Non a caso, il suo interesse matura quando lui incarna l’oscurità e la superiorità. L’amore non è puro desiderio e bisogno di lui, ma incarna il futuro che lei vuole, la gloria che ricerca; ed è per questo che la rottura con Draco fa crollare tutto il suo mondo. Daphne, inoltre, è totalmente succube delle sue emozioni, delle passione così come dei sogni che nutre. Parte con l’idea di prendere e finisce per dare tutto. Non ha freni, la sua razionalità è sempre costruita su una vena di pazzia e ossessione. Daphne inoltre è egoista, a tal punto che in lei sentimenti puri e oscuri si miscelano e convivono. Come per esempio l’amicizia con Pansy: sembra sincera, leale, qualcosa a cui lei tiene, eppure questo non le impedisce di tradirla, di raccontarle bugie, di fare qualcosa che sa la ferirebbe. Il clima di segretezza doveroso assume anche connotati di innocenza, di chi vede il mondo come il teatro in cui brillare. Daphne non vuole neanche essere usata o vista come inferiore a qualcun altro, e questa è caratteristica essenziale. Daphne gioca nell’ombra, non diventando mai veramente protagonista della guerra e degli eventi, se non nel finale; lei vuole essere colei che ha supportato il servo più fedele, lei è la donna che incarna la perfetta moglie. E in questo suo combattimento io ho visto un’incarnazione della figura femminile più vecchia, in linea con la società magica in cui lei vive, conservativa e protezionista, patriarcale soprattutto (da considerare, infatti, è la figura di suo padre che ha completamente il controllo del suo futuro facendola sposare con un Macmillan).
Fai percepire anche molto bene la caratteristica predominante delle varie famiglie, dando una netta distinzione: i Malfoy, così pallidi e arroganti, tronfi e superbi; i Greengrass, talmente puri da sembrare innocenti, ma composti, a modo, fondano sulla loro reputazione la purezza della loro famiglia. Daphne sembra quindi agli occhi di Draco una che non si sporcherebbe mai le mani.
Per finire, Daphne è anche arrogante, per certi versi. La convinzione di essere nel giusto, l’attaccamento ai suoi ideali le impediscono di ricercare la causa delle sue sfortune dentro di lei. Ha quindi bisogno di un capro espiatorio, trovando nel caso Kate l’inizio e la fine dei suoi guai.
Un personaggio quindi che risulta inserito perfettamente nel contesto e che curi sia a livello caratteriale, sia comportamentale, sia sociale che psicologica. Il lettore può benissimo capire la complessità dei meccanismi su cui si basano i suoi ragionamenti e le sue azioni, arrivando a immedesimarsi con lei.
E finalmente passo a commentare l’IC di Draco.
Di lui dai indicazioni fisiche, soffermandoti sul pallore della pelle, gli occhi grigi e i capelli di un biondo slavato, incolore. Di lui è sempre chiaro l’aspetto, sia quello poco interessante tipico dei Malfoy, con quell’aria di superiorità e sufficienza, sia l’aspetto malato e trasandato che mostra al sesto anno, per finire con l’aria da adulo fatto e finito, perfetto e per bene nel suo completo e nella cura del suo corpo. Questo caratteristica non solo caratterizza lui, ma rafforza la caratterizzazione di lei, evidenziando quanto importante sia l’impressione e l’apparenza per lei: sempre perfetta, sempre composta, all’altezza del suo rango, senza scandali a rovinare la reputazione.
Anche il carattere di Draco è perfettamente IC; aggiungo però che tu hai saputo tenere conto della crescita del personaggio, sfumando tale personalità attraverso le esperienze che lui accumula e le consapevolezze di sé che acquista. Draco è arrogante, insensibile alle pene altrui, non si fida mai di nessuno, freddo, disgustato dalla debolezza degli altri; ma è anche vile, incapace di uccidere, smarrito tra gli insegnamenti ricevuti e la sua natura così incapace di perseguirli. Draco si scopre troppo attaccato alla sua umanità per togliere la vita, incapace di scendere a patti con un atto così atroce e irreversibile. È un personaggio che ha bisogno sempre di un seguito: se prima però c’erano Tyger e Goyle a farli da spalla, a difenderlo dalle ripercussioni della sua superbia, al sesto anno si trova da solo a dover far fronte a un compito più grande di lui. Non ci sono protezioni: se fallisce, ne pagherà direttamente le conseguenze. Il bisogno di non fallire che nasce da più intenzioni – salvare la sua famiglia, riscattare il loro nome, servire le cause a cui è sposato, dimostrare di non essere secondo a nessuno – si scontra con i suoi limiti. Si smarrisce, e in questa confusione e in mezzo al pantano di paure, l’unico punto saldo è Daphne. Un personaggio che si abbassa al suo livello, si inginocchia sul pavimento del bagno per sostenerlo ma che non può veramente proteggerlo. Non è uno scudo, solo una spalla a cui aggrapparsi, ferito e spezzato. Lui va avanti, subisce le conseguenze; la spalla resta indietro. Diventa lo specchio, il legame con il suo passato, la parte peggiore e debole di se stesso. Draco dimostra, come Daphne, di essere estremamente egoista, rifuggendo ciò che non può servire con tutte le sue forze, rifuggendo il dolore e gli ideali di una vita, preferendovi la pace e la tranquillità di una nuova vita, rispettabile ma piena di cicatrici. Draco cammina sempre con un segreto in tasca, è un dettaglio di cui ho la convinzione: Draco mente, imbroglia Harry al primo anno, conosce il segreto del padre e quello di Sirius al quinto, al sesto cela la sua natura e la sua missione. Da adulto nasconde alla moglie la parte più oscura e infida di sé.
Draco ama con disperazione, ama con la forza di chi ha bisogno di aiuto; l’amore per lui è sfogo e consolazione. Fin quando è a scuola, al sesto anno, quell’amore diventa un’ancora di salvezza. Nel mondo adulto, però, è una zavorra, Daphne conosce il sedicenne e lo costringerebbe a essere quel sedicenne.
Anche il suo comportamento è canon: il modo in cui tratta Daphne; il modo in cui sfrutta la loro relazione, sia per i suoi scopi sia per il suo bisogno; lo smarrimento nello sguardo, il suo crollare a forze più grandi; ma anche il suo modo di parlare sempre arrogante e insensibile, la risata nervosa, l’istinto violento che lo spinge a stringere la bacchetta, l’istinto a scegliere la via più semplice, il modo in cui si obbliga ad asseconda la richiesta di Daphne. Hai fatto un lavoro curato, completo e profondo, non lasciando indietro nulla.
Per finire vorrei spendere le ultime parole per le voci dei personaggi. Mentre per Daphne ti faccio i complimenti per il modo in cui hai saputo esprimere attraverso le sue parole e i suoi pensieri la sua personalità, per Draco devo concentrarmi di più sulla capacità che hai avuto nel cercare di imprimere alle sue battute l’intonazione giusta, quella che abbiamo imparato a riconoscere nei libri. Posso dire che c’è una differenza sostanziale tra il Draco sedicenne e quello adulto: per due terzi del racconto, le battute di Draco sono piene di arroganza, superbia, ma anche folle timore e smarrimento. Mi ricorda moltissimo sia il Draco del primo anno che quello del sesto. Nell’ultima parte, invece, si aggiunge un nuovo tassello, quello dell’amarezza e del peso degli anni. Le battura di Draco si fanno più lunghe, ma vengono allo stesso tempo ammorbidite da toni più sensibili, e mi riferisco quando ammette di averla amata; ciononostante non perdono affatto quella nota di durezza o superiorità. Quindi anche nel suo aspetto più maturo, Draco è più che riconoscibile.


Gradimento personale: 5/5

Questa storia mi ha sorpreso. Ho letto diverse Draco/Daphne in questi anni passati su Efp, ho avuto modo di amare le mille caratterizzazioni diverse date a questo personaggio marginale; eppure, adesso che ho letto la tua, ho avuto l’impressione che ognuna delle precedenti si basasse su un filo più irrazionale di pazzia (il che non le rendeva meno belle o con qualche mancanza di caratterizzazione, ma più macabre e folli, oscure in un modo tutto loro, ecco), in un’atmosfera più dark, più particolare e personale. La tua Daphne, invece, s’incastra alla perfezione con il mondo di Harry Potter. Vuoi i toni più razionali, la retrospezione più affine con gli elementi dell’opera originale, vuoi che hai creato un missing moment che in più di un punto mi ha fatto dire “e quest’informazione dove l’ha presa?” tanto era plausibile e ben amalgamata nella trama e nel contesto generale, il tuo personaggio, anzi i tuoi personaggi, mi hanno trasportato di nuovo tra i libri, aggiungendo un tassello perfetto nell’immaginario originale. Mi hai convinto, mi c’hai fatto credere! Ti dirò di più: coinvolgimento ed emozioni al massimo in quel finale pieno di colpi di scena. Ma ciò che più mi ha entusiasmato è stato il modo in cui la storia di lei mi ha colpito, quella mentalità complessa e a tratti contorta, perfettamente umana, che l’ha resa reale, viva, tangibile. Ho provato pena per lei, tanta se non di più di quella provata dal giornalista. L’infrangimento dei sogni, dei piani della vita, la delusione d’amore, il dolore di una verità scottante, e quel ragionamento folle tanto quanto logico. Un’altra cosa che ti devo assolutamente riconoscere, e per la quale mi levo il cappello, è il modo in cui hai caratterizzato Draco. Se con Daphne hai potuto giocare con la caratterizzazione, con lui invece ti sei dovuta attenere alle informazioni che la Rowling ci ha dato e ha disseminato nell’opera. Anche di lui ho letto varie versioni, ognuna delle quali, vuoi per la brevità o per il taglio della storia, si concentrava solo su un determinato aspetto del personaggio, quello che in quel momento l’autore voleva far risaltare. Il tuo Draco, invece, è completo, forse perché lo hai ripreso attraverso gli occhi di un personaggio che lo ha conosciuto nella sua evoluzione e che gli sta accanto proprio nel momento in cui c’è la sua massima espressione e avviene il cambiamento più radicale, ma è stato bello davvero. È un Draco più adulto, ma non manca di nulla, ed è protagonista finalmente.
Mi ha sorpreso sì, questa storia, perché non pensavo che potesse spingermi a tanta ammirazione, e sappi che l’ammiro davvero tanto.
Qui aggiungo di cuore, poi, i miei complimenti per uno stile coinvolgente, che nella sua semplicità così naturale e scorrevole mi ha incantato. È stata una lettura che, un giorno o l’altro, riaffronterò con gusto e tranquillità, perché è una di quelle con cui ci si può lasciar trasportare; e la voglia di rivivere tutto attraverso gli occhi di Daphne è davvero tanto. Bravissima!


Punto Categoria: 4.5/5

Per quanto riguarda i punti della categoria, li conquisti appieno. Ci sono tante piccole verità in questa storia, non ultima quella a cui Daphne si aggrappa per “cambiare” il suo passato, quell’errore che gli ha rovinato la vita, ovvero la consapevolezza che la mancata morte di Katie Bell ha impedito a Draco di diventare lo spietato e ambizioso uomo purosangue che era destinato a essere. Secondo il pensiero di Daphne, la morte lo avrebbe indurito, forgiato, mentre quella porta lasciata aperta dal fallimento ha lasciato spazio a rimorso, paura e viltà.
Ma la verità più scottante, quella che si legge tra le righe e che viene accennata sin dall’inizio, è quella pronunciata da Draco: Daphne non gli avrebbe permesso di purificarsi dagli errori del passato, non gli avrebbe permesso di crescere, non gli avrebbe permesso di chiudere quel capitolo doloroso della sua vita; Daphne è l’amore focoso e disperato di un sedicenne, e lui è cresciuto. Questa verità, che in realtà viene rivelata quando il cambiamento di trama è già in atto è comunque sconvolgente per Daphne e tangibile a tal punto che conquista comunque il lettore.
Per quanto riguarda i punti bonus, ovvero la morte di un personaggio importante ai fini della trama non ti ho assegnato il punteggio pieno per il semplice motivo che la morte è “un’informazione” presentata dal personaggio e non è presente la scena in sé. In altre parole “volevo” leggere della morte del codesto personaggio. Detto questo, ho dato comunque più della metà dei punti perché la morte di Katie ha in ogni caso variato parte del destino di Dahpne (forse non ha rimediato come voleva lei, ma l’ha portata laddove non sarebbe altrimenti finita).

Punteggio: 85.45/90


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Post: 2.256
Giudice*****
13/01/2019 01:07
 
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Grazie!
A tutti!
Grazie a Setsy per il tifo, sempre energica; grazie a Koa per la puntualità con cui ha subito risposto al mio post "pre crisi", è la prima volta che partecipava a un mio contest e non volevo assolutamente dare una brutta impressione (e lo stesso vale per yonoi, Vodia e Gabrielle e Ester, che si sono beccati i miei "lenzuoloni"); grazie alla gentilezza e alla presenza costante molang, paziente e comprensione; e grazie a mistery, perché il tuo messaggio non me lo aspettavo e mi ha dato davvero una spinta in più. Sei stato... unico, lo posso dire? Grazie anche a SSJD che con forza aveva da prima gridato alla calma... ehm, la calma non mi appartiene, come puoi vedere, sono un caso perso. In questo momento sto tremando, ho tremato per tutto il tempo della pubblicazione. Ho persino avuto una mezza crisi perché avevo temuto di aver perso un pezzo di valutazione (un incubo).


Allora!
Volevo fare un bel discorso, in cui vi ricordavo il mio stato di folle, vi chiedevo comprensione e vi ricordavo che ogni protesta o dubbio può essere espressa liberamente, perché mi piace dialogare e confrontarmi. Volevo anche intitolare il prepost "Lenzuoloni", uno degli omaggi che mi ha fatto la cara Setsy, ma non ho potuto.
Vi avverto ora che le valutazioni sono venute fuori di diversa lunghezza, ma voglio garantire che non per la fretta ma per la varietà di lunghezza delle vostre storie. Credo che siano più o meno proporzionate, storie e valutazioni. Inoltre non ho potuto non assegnare un premiuccio speciale a uno di voi.
Grazie ancora per tutto. E aprite pure il bombardamento.
[Modificato da Nirvana_04 13/01/2019 01:08]

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Post: 5.640
Giudice*****
13/01/2019 01:20
 
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Posso bombardarti con pasticcini a forma di pipistrello vampiro?😂
sono buoni,morbidi, con la panna: te li hanno cotti Stefan e Damon, che sai, "le loro origini italiane lo impongono".
Grazie di essere qui, stanca e distrutta, di sicuro, ma presente come un angelo per noi
Grazie del lenzuolo King Size: dopo aver letto di Damon (oh, che fine gioco di parole ^^) serviva, sai, lui usa il 3 piazze: buon per chi ci "dorme" ù__ù
Graize della tua generosa valutazione, non credo ancora al secondo posto con tutte le stupende storie che ci sono nel contest. Damon e Stefan sono i miei cocchini, ecco, speravo sì nel punteggio IC, ma solo in quello XD
Grazie delle indicazioni in grammatica. Sono tutte vere, purtroppo, tranne forse i ' ' e " ". Uso i primi per i pensieri che il personaggio vorrebbe dire a voce alta, ma non lo fa, i secondi per i dialoghi. Ma posso aver dimenticato, eh, giuro che devo controllare... E l'impaginazione col giustificato non mi risucirà mai del tutto, lo so😭, sballa da sola
Grazie per esserti dimostrata una certezza, cosa della quale non ho dubitato per un secondo

Complimenti a tutti, le storie sono davvero belle, le ho lette quasi tutte, ora finirò

Nirvana-sama, posso ricevere il lenzuolone, vero? quando puoi
sono felice, emozionata, sollevata di vederti in forma.... again!!!
baci, baci
Setsy
p.s ed è solo il primo: mannaggia a me e i titoli in inglese che per telefilm pop trovo più consoni: chissà se potevo tradurre...per te suonava bene? "Non ti dirò mai addio" mi pare pesante, non so. Solo per sapere per il tuo gusto, per curiosità, fuori dalla valutazione.
ps 0.2 del mattino: più che altro è il titolo di una nota canzone, però allegra, quindi non voleo né tradurlo, né citarla perchè il testo è fuori luogo, ho solo "usato" la popolarità
ri-baciiiii!!!!💟



[Modificato da Setsy 13/01/2019 13:42]
13/01/2019 10:01
 
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Ciao, sono anzitutto molto contenta che tu sia riuscita a finire le recensioni in tempo per la mezzanotte (non che per me sarebbe cambiato qualcosa se ti fossi presa un giorno in più), perché avevo capito che ci tenevi molto a non fare tardi. E sono anche contenta del risultato ovviamente, un terzo posto fa sempre piacere.

La prima cosa che mi sento di dire è che credo siano tra le valutazioni migliori che abbia mai ricevuto, e non per complimenti fatti (specifichiamo), ma per come la valutazione è stesa, in maniera approfondita e argomentando. Sono d'accordo su gran parte delle cose che hai detto, tengo solo a specificare un paio di punti. Ma in linea generale hai rimarcato due dei miei difetti e il primo riguarda proprio lo stile. In realtà questa storia l'ho scritta più di due anni fa, quasi tre ormai. In una maniera che posso dire non appartenermi più, la ripubblicai perché ero convinta che era un peccato perderla e lasciarla a marcire nel mio computer. Sapevo che sarei stata penalizzata per quelle scelte di stile, di cui peraltro tu conosci tutte le motivazioni, ma ti posso dire che sto smettendo di usare la punteggiatura in questo modo. E infatti, rileggendolo adesso che so di essere cambiata, tantissime cose mi stonano. Sto cercando di cambiare modo di usarle, ma uscire dal proprio stile è difficilissimo e questo è un limite che mi sono imposta di dover superare e di certo un grande mio difetto. L'altro difetto è indubbiamente l'uso dell'introspezione, ci cado dentro perché è la mia comfort-zone e mi ci trovo benissimo e il più delle volte esagerando e preferendola a discapito di un focus sull'ambientazione o sull'azione che si svolge nella scena, anche questo lo so benissimo purtroppo e ci dovrò lavorare seriamente prima o poi. Perché sai bene quanto esiga da me stessa e quanto i miei difetti mi diano fastidio. Quindi sulla grammatica e lo stile non ho davvero nulla da dire, eccetto forse questa correzione:




Vibra e s’agitano, i suo occhi → -0.2 “Vibrano”



Quel vibra non è riferito agli occhi, ma a Sherlock e infatti va letto come un tutt'uno con la frase precedente: " L’impegno che metti nella melodia lo riempie di stupore. Vibra e s’agitano, i suo occhi." Alla fine della prima frase il punto di vista di John si concentra sulle espressioni di Sherlock, è lui che si riempie di stupore, lui che vibra e soltanto alla fine sono i suoi occhi che si agitano. Ma è una cosa da niente comunque.


Due parole sull'impaginazione invece. Se vai a guardare, il giustificato è presente nella pubblicazione su Efp, ma non nel file word che ti ho inviato tramite mail e questo perché io non riesco a lavorare su un testo se il giustificato è inserito. Lo inserisco soltanto quando devo creare l'html, mi dà fastidio invece su word ed è per questo che lì non c'è. Certo, avrei potuto inserirlo all'ultimo prima di inviarti la mail, ma ho preferito totale onestà e mostrarti il testo così com'era. Quindi diciamo che concordo sul suo uso, e infatti non c'è mia storia in cui non ci sia. Per quel che riguarda i rientri, non li uso mai perché non mi trovo affatto e sinceramente nemmeno mi piacciono. Li ho usati pochissime volte e in situazioni in cui ci stavano (come la storia che hai betato tu, per esempio) qui non ci stavano affatto perché la suddivisione dei paragrafi di fatto non esiste, in quanto spesso c'è una parola soltanto o una singola riga e poi si va subito a capo. E questa è una di quelle cose che sono vere soltanto nella mia testa e che capisco solo io, da un po' di tempo a questa parte sto iniziando a rendermi conto anche di questo e infatti, così come per lo stile, sto iniziando a cambiarlo o a farci più attenzione. Non so nemmeno come riuscire a spiegare i criteri con cui vado a capo, ma ti posso dire che la suddivisione in paragrafi segue sempre l'andamento del testo, come le cose vengono dette e quali frasi o concetti voglio enfatizzare, ma in questo caso la colpa è soprattutto della musica. Ti sarai accorta che è praticamente al centro di tutto, e qui mi fa piacere che tu abbia letto la storia ascoltando il brano, non lo faceva quasi nessuno ed è per questo che ho smesso di scrivere questa storie perché senza musica si perde più della metà del significato della storia. Come dicevo, la suddivisione in paragrafi segue il ritmo della melodia e il senso è da ricercare lì. Non chiedermi una spiegazione più approfondita di questa perché non sarei in grado di dartela credo.


Credo di aver finito con le precisazioni. Più in generale posso dirti che mi fa piacere che la storia ti sia piaciuta, questo non è mai scontato e soprattutto con questa in particolare. Per quel che riguarda il titolo, io non sono per "titoli lunghi" o "titoli corti", sono per titoli che secondo me funzionano. Se uno funziona e nella mia testa credo che abbia un senso, allora lo uso indipendentemente dalla lunghezza. Però, in effetti, mi rendo conto che questo è particolarmente lungo e molto più dei miei standard soliti. Sull'attinenza al pacchetto, guarda, lo sapevo che sarei stata penalizzata per il lavoro di Sherlock e di sicuro se la storia l'avessi scritta da zero avrei impostato le cose in maniera diversa, ma ho voluto comunque iscriverla al contest perché l'attinenza c'era (e trovare attinenza con storie edite non è mai un cosa semplice).

In sostanza, ti ringrazio di nuovo per la valutazione così approfondita. Che, come dicevo, è una gioia per chi partecipa a un contest perché spesso per i miei gusti sono troppo scarne, quindi ben vengano i lenzuoli e poi, come dicevi, questo era il primo contest tuo a cui partecipavo, quindi direi che è andata bene. Per quanto riguarda le cose tecniche, vorrei la valutazione come recensione e poi, per la recensione premio, scegli tu quello che vuoi, il mio profilo lo conosci... ho una storia nuovissima su Chiamatemi Anna, se ti va di leggere quella, altrimenti vedi tu.

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Post: 693
Giudice****
13/01/2019 10:19
 
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Cara Nirvana, buona domenica!
Accidenti che giudizi! Ci credo che hai avuto bisogno di tempo per stilarli!
Grazie per tutte le dritte e tutto ciò che mi hai fatto notare e che andrebbe migliorato nel mio testo. Quando avrò tempo cercherò di sistemare al meglio la mia OS.
Mi lasceresti il giudizio come rece?
Cosí posso risponderti al meglio!
L'unica cosa, sono un LUI.
Scusa, volevo sanare il dubbio che é venuto anche a te...
Alla prox e grazie!
Ssjd

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Post: 5.640
Giudice*****
13/01/2019 13:38
 
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Ti rendi conto che sono stata così contenta di vederti tornare che per la prima volta in 8 (perchè col 2019 sono otto!!!) anni di contest è la prima volta che mi scordo di chiedere i premi?
*roba mai vista, signore e signori!*
ovviamente: fai tu, ma se per caso conoscessi Shadowhunters ho una storia nuova nuova e orfanella, cioè 0 recensioni, ma solo se ti piace e ti va, davvero
kiss kiss, vado a fare un giro al cimitero, non si sa mai...❤
p.p.s della risposta alla valutazione: credevo che la trama semplice mi avrebbe penalizzata, ero pronta a trovarmi in basso nella classifica per quello, giuro. Parlavo ieri con molang💗, è testimone *^*
E quoto ancora la cara Koa__💗; le tue valutazioni sono un giorno di festa nazionale, non ti sfugge nulla!*-*
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Post: 2.875
Giudice*****
13/01/2019 13:43
 
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e grazie a mistery, perché il tuo messaggio non me lo aspettavo e mi ha dato davvero una spinta in più. Sei stato... unico, lo posso dire?



❤❤
Sei troppo gentile!!! Ho solo detto una mezza frase...

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Post: 711
13/01/2019 15:08
 
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Cara Nirvana,
complimenti per l’impeccabile lavoro svolto, e grazie infinite per avermi assegnato addirittura un premio speciale.
È la prima volta che partecipo a un tuo contest, ma già ero a conoscenza del tuo stile di valutazione: grazie infinite per le osservazioni preciseed esaurienti, che mi serviranno per migliorare i racconti prossimi e per revisionare a dovere questo in particolare.
Il tuo "lenzuolone", che desidero assolutamente avere come recensione alla storia, mi sarà estremamente utile. Intanto, grazie ad osservazioni già ricevute a riguardo in un altro contest, ho già provveduto ad aggiornare i dialoghi di altre storie: come sempre, si tratta di occasioni per migliorare.
Conoscendoti, anche se fino ad ora non ci siamo mai incontrati, ci tenevo veramente ad avere la tua valutazione.
Ancora grazie infinite per l’impegno e per aver colto tutte le sfumature che intendevo trasmettere al lettore.
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Giudice*****
14/01/2019 12:04
 
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Re:
Setsy, 13/01/2019 01.20:

Posso bombardarti con pasticcini a forma di pipistrello vampiro?😂
sono buoni,morbidi, con la panna: te li hanno cotti Stefan e Damon, che sai, "le loro origini italiane lo impongono".
Grazie di essere qui, stanca e distrutta, di sicuro, ma presente come un angelo per noi
Grazie del lenzuolo King Size: dopo aver letto di Damon (oh, che fine gioco di parole ^^) serviva, sai, lui usa il 3 piazze: buon per chi ci "dorme" ù__ù
Graize della tua generosa valutazione, non credo ancora al secondo posto con tutte le stupende storie che ci sono nel contest. Damon e Stefan sono i miei cocchini, ecco, speravo sì nel punteggio IC, ma solo in quello XD
Grazie delle indicazioni in grammatica. Sono tutte vere, purtroppo, tranne forse i ' ' e " ". Uso i primi per i pensieri che il personaggio vorrebbe dire a voce alta, ma non lo fa, i secondi per i dialoghi. Ma posso aver dimenticato, eh, giuro che devo controllare... E l'impaginazione col giustificato non mi risucirà mai del tutto, lo so😭, sballa da sola
Grazie per esserti dimostrata una certezza, cosa della quale non ho dubitato per un secondo

Complimenti a tutti, le storie sono davvero belle, le ho lette quasi tutte, ora finirò

Nirvana-sama, posso ricevere il lenzuolone, vero? quando puoi
sono felice, emozionata, sollevata di vederti in forma.... again!!!
baci, baci
Setsy
p.s ed è solo il primo: mannaggia a me e i titoli in inglese che per telefilm pop trovo più consoni: chissà se potevo tradurre...per te suonava bene? "Non ti dirò mai addio" mi pare pesante, non so. Solo per sapere per il tuo gusto, per curiosità, fuori dalla valutazione.
ps 0.2 del mattino: più che altro è il titolo di una nota canzone, però allegra, quindi non voleo né tradurlo, né citarla perchè il testo è fuori luogo, ho solo "usato" la popolarità
ri-baciiiii!!!!💟







E chi mai potrebbe rifiutare?! <3
Devo ringraziare voi per la fiducia e la pazienza. Solo l'idea di dover cedere un mio contest mi faceva saltare tutti i nervi. Ci tengo troppo a ciò che faccio e mi piace fare le cose fino in fondo. Ma - non è uno scherzo né un'esagerazione - ogni volta che programmo qualcosa, puntualmente arrivano mille e più problemi e imprevisti.
La storia può anche essere di qualche anno fa, ma io l'ho trovata non solo molto bella ma anche scorrevole e molto piacevole da leggere.
C'è un periodo composto in cui Damon pensa che a volte è bello essere invisibili. Mi ha confuso trovarlo senza le virgolette, perché fino a quel momento avevo fatto la distinzione esattamente come me l'hai spiegata tu, tutto qui.
Sul titolo non ti crucciare troppo, si tratta molto di gusti e di interpretazioni. Il titolo in inglese non lo trovo fluido alla pronuncia, in italiano mi piace di più "Non ti dirò mai addio", è più immediato visivamente per ricollegarlo all'ultima battuta di Damon, ma sembra avere qualcosa di troppo, manca di leggerezza come dici tu. Forse avrei cercato di giocare un po' di più con le parole, lasciare il semplice "Non ti dirò addio" o renderlo più minaccioso, più altisonante come per esempio "Non ci sarà mai un addio" o "non ci sarà mai un addio tra noi", ma il secondo forse è troppo lungo... "Nessun addio" sembra il titolo di una canzone pop, meglio di noXD
Credo sia più facile giudicare che dare un'idea valida [SM=g27995]

Rispondo qui anche all'altro tuo commento.
Otto anni di contest e sei ancora qui a combattere con i giudici? Mi levo il cappello.
Shadowhunters ho visto il film e letto il primo libro (il film non mi ha fatto impazzire, l'unica cosa buona era Magnus, del libro devo decidermi a comprare il secondo volume, ma in giro vendono solo la trilogia completa e a me scoccia ritrovarmi con una copia in più del primo). So che esiste anche la serie, ma sta in coda dietro a un po' di roba (devo ancora vedere L'attacco dei Giganti e Chiamatemi anna). Dopo tutti sti preamboli, per me va benissimo. I personaggi mi piacciono e mi piacerebbe leggerla. Una prima infarinatura ce l'ho comunque, non parto ignorante del tutto, dovrei riuscire a capire il contesto, tu che dici? Basta la conoscenza del primo volume? Non ho paura degli spoiler, faccio parte di quella insana ed emarginata categoria che non sa resistere e deve sempre sapere (e si diverte e spiattellare agli altriXD).
La trama semplice non è sinonimo di "non c'è trama", e poi io cerco di valutare il modo in cui viene strutturata, in modo in cui si esprime, se ci sono buchi, se è priva di originalità. Una trama complessa a volte perde di più perché lascia qualcosa in sospeso o ci sono contraddizioni o lascia troppe domande. Insomma, è una lama a doppio taglio.
Questo contest è stato concluso grazie a voi partecipanti: avete dovuto fare anche da supporter e cheerleader, e io non so davvero come ringraziarvi. Ci provo davvero a entrare fino in fondo nelle storie per capirle e dare un parere sincero e completo. Ma qualcosa sfugge sempre, sta tranquilla;D
Grazie, Setsy [SM=g27998]

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Post: 2.256
Giudice*****
14/01/2019 12:35
 
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Re:
Koa__, 13/01/2019 10.01:

Ciao, sono anzitutto molto contenta che tu sia riuscita a finire le recensioni in tempo per la mezzanotte (non che per me sarebbe cambiato qualcosa se ti fossi presa un giorno in più), perché avevo capito che ci tenevi molto a non fare tardi. E sono anche contenta del risultato ovviamente, un terzo posto fa sempre piacere.

La prima cosa che mi sento di dire è che credo siano tra le valutazioni migliori che abbia mai ricevuto, e non per complimenti fatti (specifichiamo), ma per come la valutazione è stesa, in maniera approfondita e argomentando. Sono d'accordo su gran parte delle cose che hai detto, tengo solo a specificare un paio di punti. Ma in linea generale hai rimarcato due dei miei difetti e il primo riguarda proprio lo stile. In realtà questa storia l'ho scritta più di due anni fa, quasi tre ormai. In una maniera che posso dire non appartenermi più, la ripubblicai perché ero convinta che era un peccato perderla e lasciarla a marcire nel mio computer. Sapevo che sarei stata penalizzata per quelle scelte di stile, di cui peraltro tu conosci tutte le motivazioni, ma ti posso dire che sto smettendo di usare la punteggiatura in questo modo. E infatti, rileggendolo adesso che so di essere cambiata, tantissime cose mi stonano. Sto cercando di cambiare modo di usarle, ma uscire dal proprio stile è difficilissimo e questo è un limite che mi sono imposta di dover superare e di certo un grande mio difetto. L'altro difetto è indubbiamente l'uso dell'introspezione, ci cado dentro perché è la mia comfort-zone e mi ci trovo benissimo e il più delle volte esagerando e preferendola a discapito di un focus sull'ambientazione o sull'azione che si svolge nella scena, anche questo lo so benissimo purtroppo e ci dovrò lavorare seriamente prima o poi. Perché sai bene quanto esiga da me stessa e quanto i miei difetti mi diano fastidio. Quindi sulla grammatica e lo stile non ho davvero nulla da dire, eccetto forse questa correzione:




Vibra e s’agitano, i suo occhi → -0.2 “Vibrano”



Quel vibra non è riferito agli occhi, ma a Sherlock e infatti va letto come un tutt'uno con la frase precedente: " L’impegno che metti nella melodia lo riempie di stupore. Vibra e s’agitano, i suo occhi." Alla fine della prima frase il punto di vista di John si concentra sulle espressioni di Sherlock, è lui che si riempie di stupore, lui che vibra e soltanto alla fine sono i suoi occhi che si agitano. Ma è una cosa da niente comunque.


Due parole sull'impaginazione invece. Se vai a guardare, il giustificato è presente nella pubblicazione su Efp, ma non nel file word che ti ho inviato tramite mail e questo perché io non riesco a lavorare su un testo se il giustificato è inserito. Lo inserisco soltanto quando devo creare l'html, mi dà fastidio invece su word ed è per questo che lì non c'è. Certo, avrei potuto inserirlo all'ultimo prima di inviarti la mail, ma ho preferito totale onestà e mostrarti il testo così com'era. Quindi diciamo che concordo sul suo uso, e infatti non c'è mia storia in cui non ci sia. Per quel che riguarda i rientri, non li uso mai perché non mi trovo affatto e sinceramente nemmeno mi piacciono. Li ho usati pochissime volte e in situazioni in cui ci stavano (come la storia che hai betato tu, per esempio) qui non ci stavano affatto perché la suddivisione dei paragrafi di fatto non esiste, in quanto spesso c'è una parola soltanto o una singola riga e poi si va subito a capo. E questa è una di quelle cose che sono vere soltanto nella mia testa e che capisco solo io, da un po' di tempo a questa parte sto iniziando a rendermi conto anche di questo e infatti, così come per lo stile, sto iniziando a cambiarlo o a farci più attenzione. Non so nemmeno come riuscire a spiegare i criteri con cui vado a capo, ma ti posso dire che la suddivisione in paragrafi segue sempre l'andamento del testo, come le cose vengono dette e quali frasi o concetti voglio enfatizzare, ma in questo caso la colpa è soprattutto della musica. Ti sarai accorta che è praticamente al centro di tutto, e qui mi fa piacere che tu abbia letto la storia ascoltando il brano, non lo faceva quasi nessuno ed è per questo che ho smesso di scrivere questa storie perché senza musica si perde più della metà del significato della storia. Come dicevo, la suddivisione in paragrafi segue il ritmo della melodia e il senso è da ricercare lì. Non chiedermi una spiegazione più approfondita di questa perché non sarei in grado di dartela credo.


Credo di aver finito con le precisazioni. Più in generale posso dirti che mi fa piacere che la storia ti sia piaciuta, questo non è mai scontato e soprattutto con questa in particolare. Per quel che riguarda il titolo, io non sono per "titoli lunghi" o "titoli corti", sono per titoli che secondo me funzionano. Se uno funziona e nella mia testa credo che abbia un senso, allora lo uso indipendentemente dalla lunghezza. Però, in effetti, mi rendo conto che questo è particolarmente lungo e molto più dei miei standard soliti. Sull'attinenza al pacchetto, guarda, lo sapevo che sarei stata penalizzata per il lavoro di Sherlock e di sicuro se la storia l'avessi scritta da zero avrei impostato le cose in maniera diversa, ma ho voluto comunque iscriverla al contest perché l'attinenza c'era (e trovare attinenza con storie edite non è mai un cosa semplice).

In sostanza, ti ringrazio di nuovo per la valutazione così approfondita. Che, come dicevo, è una gioia per chi partecipa a un contest perché spesso per i miei gusti sono troppo scarne, quindi ben vengano i lenzuoli e poi, come dicevi, questo era il primo contest tuo a cui partecipavo, quindi direi che è andata bene. Per quanto riguarda le cose tecniche, vorrei la valutazione come recensione e poi, per la recensione premio, scegli tu quello che vuoi, il mio profilo lo conosci... ho una storia nuovissima su Chiamatemi Anna, se ti va di leggere quella, altrimenti vedi tu.





Ciao!
Quando ho finito l'ultima valutazione, ho notato di aver superato la mezzanotte, ma ci tenevo a lasciarle subito, anche perché domenica non avrei potuto dedicare abbastanza tempo e per revisionare tutte le valutazioni mi sarebbero serviti altri due giorni. Impensabile, per me. E poi sono una persona piuttosto testarda: se mi impunto, è la fine.
La predilezione dell'introspezione non è sbagliata, può essere benissimo maggiore alle altre diverse sequenze, va solo bilanciata quel tanto che basta a dare un attimo respiro alla narrazione. Conosco le difficoltà a scendere a patti con il proprio stile - ogni volta che mi rileggo è come sprofondare in un pozzo - credo sia qualcosa che proviamo un po' tutti. Posso solo dirti che quei difetti che all'autore - a te, in questo caso - sembrano enormi, macchie nelle proprie storie, non valgono neanche un terzo di quei pregi e quelle sfumature che poi colpiscono il lettore.
Quando si pretende molto da se stessi e si vuole migliorare, cosa giusta secondo me, bisogna sempre ricordarsi anche i punti di forza, in modo da non perdere mai di vista i grandi passi fatti prima, le conquiste già ottenute. Aiutano a non demoralizzarsi, a mantenere la calma. Io cerco di dare consigli, ma sono io che prima di tutti crollo quando devo revisionare; quindi, tranquilla.
Riguardo alla frase, ora ho capito. A portarmi fuori strada è stata la virgola, che pareva suggerire un'inversione di soggetto in riferimento a entrambi i verbi coordinati. Posso suggerire
"L’impegno che metti nella melodia lo riempie di stupore: vibra, e s’agitano i suo occhi"? I due punti rendono meglio l'esplicativa, la virgola, in questo caso prima della "e", indica conseguenza, posteriorità dell'agitarsi rispetto al vibrare; e segnala il cambio di soggetto.
Per l'impaginazione, non preoccuparti troppo. So che è una mia mania, che gli altri possono condividere o meno, a volte sento di darle troppo peso [SM=g27995]
Sai, invece, quanto apprezzo e ho già avuto modo di apprezzare i tuoi testi con la musica di sottofondo, il modo in cui sai farli scorrere alla stessa velocità. Io non ho molto orecchio, e forse qualcosa la perdo per strada, ma anche con la mia scarsa conoscenza sappi che l'insieme colpisce, e tanto.
E' qualcosa che ho notato: è più facile e naturale accostare titoli lunghi a storie introspettive e che si concentrano maggiormente sulle interazioni tra personaggi; mentre in generi più definiti, come fantasy e azione, o comunque storie più dinamiche, i titoli corti o più brevi riescono a trasmette la stessa incisività.
Grazie per aver apprezzato il mio lavoro. Sono felice che tu sia soddisfatta.
Passerò presto a lasciare le valutazioni a tutti/e. La storia che mi hai segnalato va più che bene. Conosco l'anime e presto voglio iniziare anche la serie.
Grazie ancora per essere rimasta fino alla fine. [SM=g27998]

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Giudice*****
14/01/2019 12:48
 
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Re:
SSJD, 13/01/2019 10.19:

Cara Nirvana, buona domenica!
Accidenti che giudizi! Ci credo che hai avuto bisogno di tempo per stilarli!
Grazie per tutte le dritte e tutto ciò che mi hai fatto notare e che andrebbe migliorato nel mio testo. Quando avrò tempo cercherò di sistemare al meglio la mia OS.
Mi lasceresti il giudizio come rece?
Cosí posso risponderti al meglio!
L'unica cosa, sono un LUI.
Scusa, volevo sanare il dubbio che é venuto anche a te...
Alla prox e grazie!
Ssjd





Buon Lunedì!
Non sai che imbarazzo. Avrei voluto andare a controllare dall'ultimo mio contest a cui hai partecipato, ma affrettandomi per finire le valutazioni ho dovuto desistere. Adesso aggiusto tutti quei "a/o".
Avrei voluto occuparmi con calma di questo contest, ma fattori esterni me lo hanno impedito. Sono comunque felice di aver potuto ripagare la vostra fiducia, ci tenevo a commentare con impegno e in modo completo.
Certo, la lascio al più presto. Grazie per aver partecipato e per il sostegno.
A presto! [SM=g27985]

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Post: 2.256
Giudice*****
14/01/2019 12:50
 
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Re:
mystery_koopa, 13/01/2019 13.43:


e grazie a mistery, perché il tuo messaggio non me lo aspettavo e mi ha dato davvero una spinta in più. Sei stato... unico, lo posso dire?



❤❤
Sei troppo gentile!!! Ho solo detto una mezza frase...




Anche mezza parola fa la differenza, a volte. Grazie [SM=g27985] E spero nella prossima occasione :D

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Post: 2.256
Giudice*****
14/01/2019 12:59
 
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Re:
yonoi., 13/01/2019 15.08:

Cara Nirvana,
complimenti per l’impeccabile lavoro svolto, e grazie infinite per avermi assegnato addirittura un premio speciale.
È la prima volta che partecipo a un tuo contest, ma già ero a conoscenza del tuo stile di valutazione: grazie infinite per le osservazioni preciseed esaurienti, che mi serviranno per migliorare i racconti prossimi e per revisionare a dovere questo in particolare.
Il tuo "lenzuolone", che desidero assolutamente avere come recensione alla storia, mi sarà estremamente utile. Intanto, grazie ad osservazioni già ricevute a riguardo in un altro contest, ho già provveduto ad aggiornare i dialoghi di altre storie: come sempre, si tratta di occasioni per migliorare.
Conoscendoti, anche se fino ad ora non ci siamo mai incontrati, ci tenevo veramente ad avere la tua valutazione.
Ancora grazie infinite per l’impegno e per aver colto tutte le sfumature che intendevo trasmettere al lettore.



Ciao yonoi. La tua ambientazione e la cura che hai avuto dovevano essere riconosciute assolutamente.
A volte, mentre le stilo, cerco di sintetizzare pensando che a leggere cinque pagine di valutazioni uno si può annoiare, ma poi mi vengono altri dettagli e aspetti da commentare e ne esce fuori un mezzo mostro. Potrei dire che la colpa è vostra che inserite così tanti riferimenti e messaggi e particolari, ma la colpa è mia che non so stare in silenzio. E' quasi un pavoneggiarsi, [SM=g27995] : voglio dimostrare di aver capito più cose possibili. Mi piace quando mi dicono "hai capito ciò che volevo dire" o "sono felice che hai notato questo dettaglio", mi piace sapere di aver compreso fino in fondo il testo, di non aver perso nessuna intenzione o sfaccettatura dell'autore. Mi piace leggere, insomma, vivere la storia.
Lascio presto la valutazione. Il premio speciale ti dà diritto a una recensione; se vuoi, puoi indicarmi una preferenza.
Ancora grazie per aver partecipato e i meriti che mi hai dato. Spero di aver ripagato l'attesa e le aspettative [SM=g27995]
A presto!

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Post: 711
14/01/2019 13:12
 
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Ciao ancora, Nirvana, e ancora grazie per avermi accordato un premio speciale. Una valutazione così ampia io la considero un meraviglioso riconoscimento per il lavoro che ho svolto, e che è sempre arduo.
Per la recensione, non ho preferenze; scegli pure quello che preferisci sulla mia pagina. A presto!😍
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Post: 5.640
Giudice*****
14/01/2019 13:58
 
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buongiorno, Nirvana-sama
evvivaaaaa!!!! Shadowhunters telefilm, sì! ^^
eccola: efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3815299&i=1

spoiler del pezzetto di trama della II stagione, se ti fa comodo


l'orfanotrofio delle fiction ti ringrazia, e per l'altra fai pure tu, come concordato
bacissimi, sei una donna innaffondabile! *^*
[Modificato da Setsy 14/01/2019 14:06]
14/01/2019 15:57
 
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Re: Re:
Nirvana_04, 14/01/2019 12.35:


Conosco le difficoltà a scendere a patti con il proprio stile - ogni volta che mi rileggo è come sprofondare in un pozzo - credo sia qualcosa che proviamo un po' tutti. Posso solo dirti che quei difetti che all'autore - a te, in questo caso - sembrano enormi, macchie nelle proprie storie, non valgono neanche un terzo di quei pregi e quelle sfumature che poi colpiscono il lettore.
Quando si pretende molto da se stessi e si vuole migliorare, cosa giusta secondo me, bisogna sempre ricordarsi anche i punti di forza, in modo da non perdere mai di vista i grandi passi fatti prima, le conquiste già ottenute. Aiutano a non demoralizzarsi, a mantenere la calma. Io cerco di dare consigli, ma sono io che prima di tutti crollo quando devo revisionare; quindi, tranquilla.




Hai perfettamente ragione, il problema è proprio questo. Io so di dover fare dei cambiamenti perché è già da un po' che mi hanno fatto notare che non va bene il modo in cui scrivo, e che ha tantissimi problemi, ma al contrario del passato non si tratta di limature o di piccole cose, si tratta letteralmente di pensare in un modo diverso e di abituarsi a scrivere in una maniera che non mi appartiene per davvero. Quando ho scritto la favola, come ben sai, ho fatto una fatica immane e alla fine ero esausta e non ne potevo più di scrivere così. Qui è esattamente la stessa cosa, solo che quella era una storia di cinque capitoli che iniziava a finiva, qui si tratta di un cambiamento permanente. E in questo caso però i pregi che uno ha o pensa di avere non servono a molto, perché si tratta di rivedere anche quelli e di stabilire se uno ha davvero dei pregi oppure no. E, credimi, io sono in questo tunnel da mesi ormai e non ne vedo l'uscita. Anzi, più partecipo ai contest, più ricevo valutazioni e più il tunnel si allunga e io non so davvero come uscirne. Sto impostando una storia in questi giorni e neanche è iniziata e già io mi sono incasinata... quindi non sono in una bella situazione. Ma sì, naturalmente tutto è d'aiuto, questo è chiaro e questa valutazione lo sarà senz'altro, così come lo sono le tue recensioni e i tuoi betaggi.
[Modificato da Koa__ 14/01/2019 15:59]
14/01/2019 16:41
 
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*Guarda la grammatica...*
*Guarda lo stile...*

Nirvana, sappi che se vuoi farmi causa hai tutta la mia comprensione. 😂
Chissà che incubi che ti ho fatto venire per correggere la mia storia. Ho capito che la maggior parte - se non totalità - dei miei problemi deriva dalla forma.
Sicuramente mi studierò e rifletterò a lungo su ciascuna delle tue segnalazioni, d'altro canto mi ero anche preparata a questa catastrofe. 😅
Non nego che ancora una volta mi ero ridotta all'ultimo per scrivere la storia, con tanto di revisione sommaria e superficiale, e nessuna possibilità di editare a dovere. Con questo però non voglio giustificarmi e nascondere le mie lacune, che ci sono e tu hai la capacità di scovarle come un segugio. 👀
Il narratore “ballerino” è stato un esperimento che sicuramente non ripeterò più. 🤣

Ti ringrazio sentitamente per tutti i consigli, soprattutto l'incoraggiamento sul leggere, scrivere e rileggere per la cura dei dettagli. Ne sono consapevole, eppure certe volte sentirselo dire da altri è più incisivo e motivante.

Confermo la mancanza di un nome alla città. Ho preso ispirazione da quello che poteva essere il contesto di una grande metropoli, inserendoci la magia; non ho voluto né ambientare la storia in una città esistente né fornire un nome, perché ho sempre paura di cadere nel banale o rovinare l'atmosfera col nome sbagliato. Credo comunque che d'ora in poi imparerò ad azzardare anche su questo, soprattutto alla luce della tua spiegazione.

Per quanto riguarda l'interruzione di pagina, mi vergogno un po' a dirlo, ma finché non mi ha aperto gli occhi Shilyss, non sapevo manco cosa fosse o come funzionasse. 🤣

Per il resto, cosa devo dire? Hai colto tutto il possibile immaginabile da questo storia, anche quegli elementi che ho appena appena accennato. Tutte le tematiche, le dinamiche interne del gruppo, il funzionamento del mondo magico, tutto. Sei anche riuscita a spiegare tutti questi temi a parole meglio di come avrei mai potuto fare io.

In ultimo, hai citato proprio Brandon Sanderson e qui ammetto di essermi ispirata alle sue tre leggi per poter rendere la magia in questa storia credibile, fallibile e limitata. Perché anche la magia deve avere le sue regole, giusto?

Quindi! Sono contentissima per questa tua valutazione che sicuramente mi darà - nuovamente, dopo l'altro tuo contest - modo di crescere e imparare.
Ti chiedo gentilmente di poter ricevere il lenzuolone come recensione alla storia. 😁
Spero tanto che presto, quando gli impegni ti lasceranno un po' di respiro, avrai il tempo e l'occasione per indire un nuovo contest. Magari è presto per dirlo e ti stai ancora riprendendo da quest'ultimo, ahahah. Però io ci sarò e non è una minaccia. 🤣

Tanti complimenti a tutti gli altri partecipanti!
Una menzione speciale a Setsy, con la quale ho assistito alla pubblicazione dei risultati in diretta e... il delirio, dico solo questo! 😂💕

Ancora grazie di cuore per la valutazione, per la cura, precisione e onestà che ci hai messo, e per aver indetto questo magnifico contest.
A una prossima occasione, Nirvana-sama!! 🤩💖
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