| | | OFFLINE | Post: 2 | Registrato il: 03/05/2018 | Città: TORINO | Età: 33 | Sesso: Femminile | Utente Junior | |
|
04/05/2018 12:03 | |
Hello, world!
Inizio con il chiedere scusa in principio. Anche se il bg di Aeden è appositamente molto semplice, ho preferito inserirlo in forma di racconto narrato, più che di riassunto, perché mi trasmette l'impressione (magari anche illusoria, ma non ditemelo che ci rimango male) di far passare meglio i concetti. Non ho potuto, per ovvie ragioni, inserire tutto, sennò a Natale dell'anno prossimo siamo ancora qua, quindi, se c'è qualcosa che non si capisce o non è spiegato bene, sono a disposizione per qualsiasi chiarimento.
Mi sembra di aver detto tutto, quindi riporto la candidatura.
Ringrazio per l'attenzione.
....Non mi odiare troppo forte, che poi mi fischiano le orecchie al lavoro.
Prologo
Aelric non aveva nulla da invidiare a nessuno, nel suo villaggio. Nato all'alba di una rigida giornata invernale e cresciuto in un luogo tendenzialmente inospitale e freddo, aveva avuto modo, più e più volte, di mettere alla prova la propria tempra.
Tra i suoi coetanei maschi, era il più veloce. Forte, quel tanto che bastava per portare a termine una battuta di caccia senza troppe difficoltà. Aveva un notevole acume strategico, quando si trattava di creare trappole per prede di grosse dimensioni. Era un'ottima risorsa per il villaggio stesso, soprattutto per quanto riguardava le scorte invernali.
Al suo ventesimo inverno, Aelric era decisamente piacente. I capelli biondi, gli occhi verdi e quel volto pregno di un'accogliente ed equilibrata serietà - che lo avrebbe reso un ottimo padre di famiglia -, avevano già fatto sospirare e sognare la maggior parte delle ragazze della piccola comunità. Ma, come spesso capita quando si è molto consapevoli del proprio bell'aspetto e delle proprie potenzialità, si diventa anche molto selettivi, quasi pretenziosi. Nonostante il numero delle ragazze della comunità fosse, per ovvie ragioni, relativamente esiguo, nessuno dei suoi coetanei aveva avuto difficoltà nel trovare moglie. Ma lui, ignorando le insistenze dei suoi genitori, si limitò ad attendere. Cacciava, gozzovigliava con gli amici e lasciava che il tempo scorresse, incurante e scevro di qualsiasi preoccupazione.
Fu in una tarda sera d'estate, dove il sole faticava a tramontare, che un rivolo di eccitazione attraversò gli animi dei compaesani: una carovana di artisti nomadi si stava avvicinando.
Rimasero tutti sorpresi, perché il loro Villaggio era l'ultimo centro abitato, prima che si aprisse una landa desolata di ghiaccio, neve e crepacci. Raramente le carovane si spingevano fino a lì.
Tuttavia, una volta appurate le reciproche intenzioni, il Capovillaggio decise di accogliere i nuovi giunti, offrendosi di condividere il cibo con loro, in cambio dell'intrattenimento che potevano regalare.
Quella sera stessa, attorno al falò perennemente acceso, c'era chi danzava, chi beveva, chi mangiava, chi parlava, suonava o cantava. Le ragazze della compagnia facevano gli occhi dolci ai giovani del villaggio, sotto gli occhi imbronciati delle varie mogli, e viceversa.
E fu quando la sera cominciò a diventare tarda e il cielo a scurirsi, che la temperatura, anziché farsi più rigida, aumentò. Una figura femminile uscì dal retro del carro della carovana - o così parve -, avvicinandosi al fuoco e iniziando la sua danza sotto il ritmo di una melodia studiata.
Aelric depositò lo sguardo su di lei, così come fece la quasi totalità degli uomini e delle donne lì radunati. Gli occhi verdi del giovane cacciatore sfiorarono quella pelle ambrata, quei capelli lunghi, che parevano avere in loro la tonalità della notte e del fuoco, insieme. Le palpebre socchiuse rivelavano ciglia lunghe, nere, che sfumavano e rendevano poco preciso il colore delle iridi. Le labbra erano colme di quella pienezza sensuale. Il corpo era celato, in un finto pudore, da veli trasparenti che lasciavano intravedere la forma perfetta dei seni, dei fianchi, delle gambe e del corpo intero.
A Aelric bastò posare lo sguardo su di lei, per decidere.
Si alzò in piedi e, avvicinatosi a lei, allungò la mano per prendere la sua. Il contatto gli trasmise una sensazione di calore intenso, che fu, da solo, in grado di infiammargli il sangue. La danzatrice si voltò, interrompendo ogni movimento, apparentemente sorpresa. Senza rifiutare il contatto, osservò Aelric negli occhi, per una lunga manciata di secondi. Poi gli sorrise, facendogli mancare il respiro. Lei si avvicinò, accettandolo come suo compagno di danza. Gli portò le braccia attorno al collo e gli sfiorò l'orecchio con le labbra. Sussurrò qualcosa, in una lingua che non sembrava nemmeno lontanamente appartenente a quel mondo. Aelric aggrottò la fronte, stringendola a sé con desiderio - troppo, per potersi rendere oggettivamente conto che la pelle della donna era troppo calda, per il freddo rigido della notte -, aprendo la bocca giusto per dirle che non poteva comprendere quel tipo di linguaggio. Ma venne immediatamente avvolto da un forte profumo di incenso e mirra. Un aroma esotico. Ultraterreno, quasi. Gli offuscò i sensi e, mentre si muoveva in quella danza sensuale, lasciandosi guidare, sentì se stesso rispondere qualcosa, in quella medesima lingua.
Non seppe mai che cosa rivelò, in quel frangente. Né gli interessò indagare in merito.
Il Concepimento
La carovana rimase lì al villaggio per tre giorni.
Stranamente, nessuno degli abitanti sembrava ricordare la figura della danzatrice. Anche gli artisti parvero perplessi, quando Aelric, il mattino dopo, chiese di vederla. Dissero che non c'era nessuno di corrispondente alla descrizione, tra di loro. Tutti ammisero di ricordare qualcuno che aveva danzato vicino al fuoco, la sera prima, ma nessuno riuscì a richiamare alla mente le fattezze del soggetto.
Avvertendo già un principio di disperazione più che avanzato, Aelric chiese di poter controllare il carro. Ma, anche se gli artisti glielo permisero, non trovò nulla che testimoniasse la presenza della donna.
Era scomparsa.
Ma, quella notte, tornò.
Quando il cielo sfumò in quel nero più profondo, lei riemerse, con la sua bellezza mistica, con le stesse modalità.
Gli parlò. Gli fece domande.
E lui risponde, pur non avendo idea di che cosa stesse dicendo, disinteressandosene, ipnotizzato dalla semplice presenza della controparte. Si fece abbastanza vicino da poter cogliere la sfumatura delle iridi. Erano di una tonalità calda, simile al miele, caratterizzate da una scintilla che, per quanto si sforzasse di interpretare, non riusciva a comprendere appieno. Le toccò i capelli, scoprendone la morbidezza perfetta e il colore simile al rame, come se in essi fiammeggiasse un fuoco inestinguibile. Lei era troppo. Semplicemente troppo, di tutto.
E lui la voleva, disperatamente.
Quella notte, lei lo fece allontanare dal fuoco, guidandolo in una zona molto più appartata rispetto al centro del villaggio. Quella stessa notte - quando la luna raggiunse il suo punto più alto -, si unirono in quella danza primordiale, quasi più antica del mondo stesso, più e più volte di quanto Aelric stesso riuscì a ricordare, a posteriori.
Fu solo quando il buio della notte cominciò a lasciare il passo al chiarore dell'alba, che la danzatrice fece per alzarsi da quello che era stato il loro giaciglio, tutta la notte.
In quell'occasione, furono sussurrate poche parole, per la prima volta, in lingua comune.
«...Chi sei? Dimmelo, ti prego.»
La danzatrice, per nulla sensibile al freddo mattutino, nonostante il suo corpo nudo, osservò l'umano in volto per un lungo istante, prima di rispondere.
«...Suriah.»
«...Suriah...Suriah, rimani con me. Ti prenderò in moglie. Avremo dei figli. E…ti proteggerò, non dovrai più viaggiare con una carovana di artisti, per vivere...»
Suriah fissò Aelric in viso, nella luce crescente dell'alba.
Nessuna espressione specifica gli alterò il bel viso.
Poi gli sorrise e l'uomo smise di capire ogni cosa, accogliendo solo le ultime parole:
«Aspettami. Sempre.»
Quando Aelric riprese la cognizione di ciò che lo circondava, si sentì stremato e Suriah era sparita.
La terza sera, Suriah non ricomparve.
Non la vide più per molto tempo.
I mesi successivi videro il decadimento di un uomo che era stato preso a modello, fino a quel momento.
Insensibile alle parole di incoraggiamento dei compaesani – che pur non comprendevano cos'avesse afflitto, improvvisamente, il loro migliore cacciatore -, riuscì a sopravvivere all'assenza di Suriah solo per il vago senso di responsabilità che provava ancora verso il suo villaggio.
Ci mise diversi mesi a uscire dalla sua apatia. E, quando sbirciò oltre la cortina di sofferenza che lo attanagliava, vide che molte cose erano cambiate. In primo luogo, i suoi genitori erano venuti a mancare e lui aveva solo un vago ricordo del rito funebre, prima dell'uno, poi dell'altro.
La rivide una sera di bufera.
Era da solo, nella stessa casa in cui aveva abitato fin da bambino. Seduto al tavolaccio di legno, ne osservava le venature senza vederle. Il pensiero fisso sulla sua Ossessione.
Rimase in quella posizione fino a quando, al naso, non gli arrivò un aroma che pensava di non risentire mai più, in tutta la sua vita. Girandosi di scatto, la vide.
Era lei, in piedi, in mezzo alla stanza. Non si domandò come potesse essere entrata - magari aveva semplicemente aperto la porta e lui non l'aveva nemmeno sentita -, ma la guardò, nutrendosi di quella bellezza perfetta e invariata con tale ingordigia da non prestare minimamente attenzione a ciò che teneva tra le braccia. Suriah sorrideva, con quello stesso bagliore negli occhi ambrati, che pareva voler illuminare tutta la stanza.
Gli tese il fagotto.
Aelric lo prese e lo guardò. Avvolto in un involto di pelle animale, c'era un neonato dormiente.
«Si chiama "Aeden"» Suriah pronunciò quel nome come se si trattasse di una definizione specifica.
L'uomo studiò il bambino per un lungo istante, mentre la mente si congelava nello shock, nel momento in cui realizzò.
«Che cosa ti fa pensare che non lo abbandonerò nel bosco non appena te ne andrai...di nuovo?»
La donna ascoltò l'astio e il dolore nelle parole di Aelric e sembrò rimanerne indifferente. Si avvicinò al cacciatore e, immediatamente, l'aria si fece più calda.
«Non lo farai, perché…è nostro figlio.» Parlandogli, gli sfiorò il viso con la mano, facendogli alzare lo sguardo su di lei «...Ed è l'unico legame che ti resta, con me...»
Non ci furono minacce. Quando una mente è già soggiogata, non c'è motivo di abbassarsi a tanto. Quella notte, Aelric si unì a Suriah un'ultima volta, ma lei non tornò più.
Si lasciò dietro un bambino che aveva i suoi stessi occhi ambrati.
L'infanzia e la Rivelazione (per il padre)
Aeden si dimostrò essere subito un bambino estremamente vivace, pregno di una curiosità talvolta pericolosa, se non contenuta. Allattato dalle balie, crebbe in fretta e non fece fatica a farsi ben volere dai bambini del villaggio. Nel complesso, palesò un carattere piuttosto normale, se si eccettuava l'iperattività.
L'unico che non lo accettò mai fu suo padre, con il quale portò avanti un rapporto un po' schizofrenico, basato su odio e amore. Repulsione e Ossessione.
Per quanto fosse figlio suo, Aeden non aveva ereditato una virgola, da lui. Fisicamente, ricordava spaventosamente sua madre, soprattutto quando il colore dei capelli e degli occhi cominciò a stabilizzarsi. Da lui non aveva ereditato neanche l'abilità nella caccia e ogni speranza di potergli insegnare qualcosa venne spazzata via quando divenne chiaro che il bambino aveva problemi seri di vista.
Fu il Maestro Thielard - l'unico maestro del villaggio - a occuparsi, come di consueto, del suo bagaglio culturale. Aeden non si mostrò tanto dotato nel leggere e nello scrivere, quanto nel parlare. Imparò a parlare prestissimo e non ci fu più verso di farlo tacere.
«...Probabilmente, è solo stupido.» disse Aelric, rancoroso, parlando con il Maestro. Erano seduti accanto, nella piazzetta del Villaggio. Il Maestro osservava i bambini giocare e schiamazzare. Aelric si limitava a ingollare vino su vino, come, ormai, era consuetudine.
«Aeden non è stupido.» Il Maestro osservò il cacciatore «Non hai notato?»
Il cacciatore lo fissò con aria vuota. Si era imbruttito, si era appesantito e faceva venire il dubbio che avesse conservato anche solo un quarto dell'acume per il quale era tanto famoso.
«E' distratto. Sembra tranquillo, forse un po' vivace...ma ci sono dei momenti in cui la sua energia...vibra.»
Aelric non disse nulla, fissando il figlio sgambettare con i suoi amici.
«E' figlio di quella donna a cui hai accennato. Suriah, vero?» continuò il Maestro «Ci ho pensato molto e...credo di aver capito cosa sia successo.»
«E' successo che sua madre è una puttana e io mi sono visto piombare addosso un figlio di cui lei non aveva voglia di occuparsi. Non so nemmeno se è mio per davvero.»
Il Maestro ascoltò l'odio fremente di passione, percepibile nelle parole di Aelric.
«...Io non credo che le creature come lei possano occuparsi di un figlio, nemmeno volendo. Non sono fisicamente portate a farlo. Hai visto su Suriah i segni di un parto recente?»
Il cacciatore lo guardò, offuscato dal vino. In effetti, quando la donna gli era apparsa, quella notte, sembrava solo un po' stanca, ma poteva affermare con certezza che la sua linea era perfetta e non aveva alcun tipo di caratteristica che potesse far risalire a un parto. Tantomeno recente.
«Una donna splendida, che nessuno di noi ricorda con esattezza. Strano, no? La incontravi solo di notte e all'alba spariva. Le hai parlato e non ricordi che cosa le hai detto.» Thielard aggrottò la fronte «Sono creature rare, da incontrare. Antiche quanto il mondo e molto potenti per il semplice concetto che incarnano. Ha riversato su di te il suo potere. Ti ha ammaliato, ha soggiogato la tua mente.»
«Perché proprio io?» sibilò Aelric, con odio e sopraffazione.
«Perché eri il candidato ideale, in quel momento. Ti ha fatto delle domande. Ti avrà spinto a tirare fuori delle verità, di te, di cui nemmeno tu sei consapevole. Sono...creature che raggiungono il culmine del loro potere di notte. Ammaliano gli uomini o le donne, giacciono con loro, si nutrono delle loro energie sessuali e, con i maschi più adatti, secondo le loro esigenze, capita che mettano al mondo dei figli. Non è cosa semplice e, per quanto non sia una cosa così rara, non lo fanno a cuor leggero. Suriah è sparita, perché una gravidanza è una condizione delicata per...per loro. Molte delle loro energie accumulate, vengono assorbite dal bambino che hanno in grembo e questo le rende molto vulnerabili.»
Aelric fece una smorfia «Perché nessuno l'ha vista, a parte me?»
«L'abbiamo vista tutti, Aelric. Ma non l'abbiamo vista come l'hai vista tu. Ricordo di una donna che danzava. Ricordo che aveva movenze ricercate, ma se cerco di richiamare alla mente il viso, non ci riesco. Forse il suo potere ha fatto sì che tu la vedessi dotata di una bellezza sovrannaturale. Forse è sempre stata tra gli artisti della carovana, ma tu non riuscivi a riconoscerla, di giorno, chi lo sa.»
Il Cacciatore rimase in silenzio, osservando il figlio cadere a terra e sbucciarsi un ginocchio. Lo vide scoppiare a piangere, ma non si alzò per consolarlo. Disse solo una parola: «...Demone.»
Il Maestro lo guardò, ma non disse nulla.
«Era un...demone, vero? E lui è...un demone? O cosa cazzo è?»
«Lui è tuo figlio. Ed è anche figlio di sua madre. Quindi...non so in quale quantitativo, ma credo che abbia ereditato almeno una parte dell'istinto di Suriah. Se così non fosse, non si sarebbe preoccupata di metterlo al mondo.»
«Questi demoni di cui mi hai parlato...sono solo femminili?»
Thielard sospirò «No. Ma tuo figlio non è un demone.» disse, osservando Aeden smettere di piangere in autonomia, alzarsi e tornare a giocare come se nulla fosse. «Non ti ha mai chiesto di sua madre, vero?»
«No.»
«Perché sa che ti fa soffrire. Non dirgli nulla. Ha già di cui preoccuparsi per te, è inutile caricarlo di un peso che non capirebbe nemmeno. Con un po' di fortuna, può anche darsi che la sua natura non si manifesti.»
«Non lo voglio. Non lo voglio con me. Mi farà impazzire. Somiglia troppo a lei. A volte ha anche il suo stesso profumo. Questo profumo che...» Thielard lo guardò con un'ombra di preoccupazione, impensierito dalla precarietà mentale dell'uomo. Aelric si interruppe, estraendo qualcosa dalla tasca. Un pezzo di tessuto morbido, con sopra scritto qualcosa.
«Questo era nelle coperte in cui era avvolto, quando me l'ha consegnato...ha ancora una traccia di profumo, sopra.» Mormorò, permettendo al Maestro di prenderlo in mano per esaminarlo.
Sopra c'era scritto qualcosa, in una grafia raffinata.
Il Maestro assorbì la scritta, ammutolendosi. Era uno studioso che, prima di arrivare in quel villaggio, aveva girato il mondo. «...Credevo si scrivesse "Aiden". La pronuncia è quasi identica. Che cos-» si interruppe, nel momento stesso in cui la sua mente realizzò il gioco di parole insito in quel nome.
Aeden scelse quel momento per farsi andare di traverso una delle biglie con le quali stava giocando con i suoi amichetti. Emise un verso orribile e, ancora prima che il Maestro si rendesse conto della situazione, Aelric era balzato in piedi e lo aveva raggiunto, imprecando contro l'idiozia del figlio, ribaltandolo senza tanti complimenti e cercando di fargli sputare il corpo estraneo. Il Maestro li raggiunse, osservando la scena, rassicurato dal fatto che il padre, per quanto sofferente e pieno di rancore, non aveva desiderio di vedere suo figlio morto «...Tralasciando l'aspetto fisico, non capisco come tu possa dubitare che sia tuo figlio. E' la tua copia sputata, a livello di incoscienza.» considerò, beccandosi un'occhiataccia.
Adolescenza e Schiavitù
Aelric, forse, non uccise suo figlio, ma non si fece scrupoli eccessivi a venderlo, non appena ne ebbe la possibilità. Quando suo figlio compì sei estati (non conoscendo il giorno esatto della nascita, gli venne attribuita la data del concepimento), lo portò con sé nel viaggio che era solito fare per andare a vendere il pellame che aveva cacciato ai paesi vicini, più a sud. Non partì con l’intenzione di disfarsene, in realtà. Ma quando gli si avvicinò uno zingaro - palesemente artista saltimbanco -, capo di una Compagnia, qualcosa, nella sua mente, si ruppe definitivamente. Sotto gli occhi brillanti e pieni di quella incomprensibile fiducia tipica dei bambini, prese, con mani tremanti, il sacchetto di monete che gli venne porto – il guadagno non fu molto, notevolmente abbassato dalla vista difettosa - . E non fece nulla quando gli staccarono, non senza fatica, Aeden di dosso, risolvendosi a prenderlo in braccio per semplificare le cose. Osservò con innaturale distacco l'orrore e il dubbio dipinti negli occhi del bambino, considerando di non aver mai visto un'espressione simile sul volto di Suriah. Rimase immobile, guardandoli scomparire tra la folla del mercato, ascoltando il pianto disperato di suo figlio e i suoi richiami che pregavano la sua semplice presenza.
In mano, un sacchetto con qualche moneta. Poche, tutto sommato.
Il valore della vita di suo figlio.
Una volta appurato, a sue spese, che la sua libertà era stata limitata drasticamente, Aeden cominciò a comprendere come funzionava la convivenza nella Compagnia.
La "Compagnia" non era altro che un gruppo di soggetti che utilizzavano la facciata di artisti saltimbanchi per coprire il traffico di schiavi in cui erano coinvolti. Non avevano sede in nessuna città particolare e non si trattava di una organizzazione criminale estesa. Per questo era particolarmente difficile collegarla a sparizioni di bambini o ragazzi. Anche perché, probabilmente, a ben pochi importava smascherare questo genere di soprusi.
Dopo aver sbuffato, essersi lamentato adeguatamente - ma mai troppo, per i suoi gusti -, aver pianto fino a farsi bruciare la gola e gli occhi, essersi rotolato a terra in preda a crisi isteriche, aver digiunato, aver messo a dura prova i nervi di chiunque lo circondasse (schiavi e schiavisti) ed essersele prese in ogni modo possibile e aver ricevuto minacce di ogni genere - alcune anche avveratesi -, a distanza di un mese, cominciò a placarsi, forse raggiungendo anche la consapevolezza che suo padre non sarebbe mai più tornato a prenderlo e che non avrebbe mai più visto la sua casa.
Gli venne tolta la sua identità e gli venne consegnato un nuovo nome con cui si sarebbe presentato da quel giorno in avanti: Ezra.
Lo accettò.
Mentre si sforzava di cominciare a capire seriamente le regole della Compagnia e di fare amicizia con gli altri bambini o ragazzi nelle sue condizioni, cominciò, prevedibilmente, a sviluppare una personalità ansiosa. Iniziò a soffrire di parasonnie che, se non altro, gli permisero di accedere più facilmente a quel lato inconscio, di lui, che racchiudeva l'Ars.
Fu proprio questo elemento a salvarlo da una rivendita: non appena i suoi schiavisti si accorsero delle sue capacità - per quanto acerbe -, lo tennero con loro, cominciando ad addestrarlo, nel tentativo di renderlo proficuo, dato che fastidioso lo era di natura. Parecchie distorsioni, slogature e fratture più tardi, fu chiaro che la sua attitudine principale erano i giochi di prestigio e non l’acrobazia. Non era tanto portato al contorsionismo, ma si dimostrò subito svelto di mano, aiutato anche dall'Ars, che venne affinata in tal senso.
Il Retaggio di Suriah
Considerato che molti dei bambini che non si rivelavano abili in niente venivano rivenduti, fu una fortuna, per lui, riscoprire l'Ars. Se così non fosse stato, non sarebbe diventato un elemento prezioso per la Compagnia e sarebbe stato venduto a una delle tante case del piacere (considerate le sue difficoltà di vista, c'era ben poca scelta).
Tuttavia, se prima non faceva troppa difficoltà a mantenersi concentrato, con il passare degli anni, la sua attenzione ebbe un tracollo improvviso e considerevole. Nonostante la giovanissima età - circa undici estati -, divenne immediatamente evidente che la sua distrazione primaria cominciarono ad essere le persone. Donne o uomini, non aveva importanza. Si scoprì a sciogliersi volentieri, sotto le lusinghe e, ancora di più, sotto l'effetto del contatto fisico, di qualsiasi tipo. In alcune condizioni, bastava che lo si sfiorasse anche senza intenzione, per scatenare nel suo corpo reazioni che non comprendeva. Incapace di rifiutare quel tipo di impulso, lo assecondò inconsapevolmente, avvicinandosi ai ragazzini e alle ragazzine che erano con lui, nella compagnia. Spesso seguiva le femmine, quando andavano a lavarsi. Faceva scorrere le dita sui loro corpi, mentre dormivano, cercando di capire come fossero fatte e cos'avessero, di diverso, da lui. Poi si sentiva in colpa e allora smetteva. Cominciò a flirtare, letteralmente, con chi capitava, senza nemmeno sapere cosa stesse facendo, vinto da una necessità impellente, di cui non sapeva che farsene, né come placare. Il mancato sfogo delle sue esigenze influì sul suo atteggiamento, facendolo diventare nervoso, esplosivo e tendenzialmente isterico.
E, com'era prevedibile, in breve tempo, il capo della Compagnia, si stancò.
«Adesso mi hai proprio rotto...»
Afferrando Aeden per un braccio, lo trascinò per le vie della città in cui si trovavano, fino ad arrivare ad una struttura che il ragazzino non aveva mai degnato di uno sguardo. Una volta dentro, lo piantò in asso, andando a parlare con una signora vestita elegantemente, che lo accolse. Una volta spiegata la sua intenzione, la donna posò lo sguardo su Aeden e parve molto perplessa.
«...Ci vorrà qualcuno di molto esperto...» furono le sue uniche parole «E ti costerà molto.»
Disinteressato alla tecnica di pagamento che non prevedeva soldi, Ezra si sentì prendere dall'ansia all'idea di poter essere nuovamente venduto. Aveva capito che genere di posto fosse quello. Vincendo l'umiliazione che gli bruciava sulle guance, si attaccò ai pantaloni del Capo «Rheid, non lasciarmi qui, per favore, non lo faccio più...» blaterò, senza neanche sapere che cosa avesse fatto di male, con esattezza.
Rheid lo guardò come se fosse stupido. Un'occhiata che era abituato a ricevere. Poi rise, con sincero divertimento e un briciolo di sadismo
«Non ti lascio qua, piccolo infoiato, mi servi. Ma te la faccio passare, la voglia. E non te lo taglio solo perché potresti essere un'ottima rivendita futura.» Aeden lo fissò, tendenzialmente annichilito. Ma non disse nulla, anche perché venne trascinato di nuovo, quasi di peso, nei meandri della Casa, fino a raggiungere una stanza privata, con un telo a celarne l'ingresso. La donna che lo aspettava oltre, era abbigliata con strati di tessuti leggerissimi e trasparenti. Quando lo vide, aggrottò la fronte, infastidita, per poi fissare Rheid. Poi la sua padrona.
«...Cosa ci dovrei fare con questo qui? E' uno scherzo? Non ha neanche i peli.» partì subito all'attacco con il modo di fare di chi lavora lì dentro da abbastanza tempo da poterselo permettere. La sua voce si intrecciò con quella di Aeden.
«Ma è vecchia!»
Gli occhi della prostituta scintillarono di rabbia e indignazione «Bamboccio...»
La voce della Padrona intervenne con sufficiente decisione da sedare l'animo della donna «Lorraine, ti occuperai di questo...ragazzo. Ovviamente non è una richiesta. E tu...» disse, rivolgendosi improvvisamente a Aeden, soppesandolo per un attimo «...da solo non troveresti nemmeno il buco. Credi che sia così semplice? Lorraine è un'esperta di prime volte e costa molto.»
«Lei costa molto?» ribatté il ragazzino, con sorprendente acidità. Sapeva di essere ingiusto. Lorraine non era brutta ma era effettivamente avanti con gli anni. E lui era ormai sopraffatto dall'ansia.
La Padrona del Bordello lo studiò con aria critica, prima di rivolgersi all’uomo.
«Se dovessi stancarti, non farlo fuori. Vendilo a me. Imparano presto a tenere la bocca chiusa, qui.»
Comunque, nulla di ciò che disse impedì a Rheid e alla Proprietaria di piantarlo lì, con quella donna.
Una volta soli, Lorraine osservò il ragazzino, ancora allibita. Era lì, immobile, con le braccia incrociate e lo sguardo che lampeggiava di paura, ma teneva il mento alto, in segno di sfida. C'era qualcos'altro, nel suo sguardo, che non riusciva a capire. Vide il suo corpo tremare appena. Sospirando, si alzò dalla sedia «Beh...avvicinati, mica ti mang-» Non riuscì a finire la frase, che se lo ritrovò attaccato addosso. Abbassò lo sguardo e lo vide allungarsi contro di lei, portando le mani ad afferrare la veste, sulle spalle.
«...Posso vedere?» le chiese, in un soffio.
E lei, con un cenno del capo, scrollò le spalle, permettendogli di farle giù la veste, scoprendo il corpo nudo. Lo sguardo con il quale la osservò non era del tutto innocente, ma la perplessità che si disegnò sul suo viso poco dopo era perfettamente in linea con quel poco di innocenza infantile che gli restava.
Poi, lui la abbracciò. La avvolse con le braccia, stringendola con forza sorprendente, per un ragazzino così esile. Lo sentì respirare il suo profumo. Lo sentì rilassarsi gradualmente. E lo sentì parlare, con le labbra premute contro la sua pelle «...Lorraine...ho bisogno di te...insegnami...aiutami...»
Lorraine rabbrividì a quella che sembrava, a tutti gli effetti, una richiesta d'aiuto e che suonava quasi come una bestemmia sulla bocca di quello che era poco più di un bambino.
Lo aiutò.
A partire da questo episodio, la traccia di Suriah esplose nel suo sangue, inevitabilmente, come se fosse stato scoperchiato un vaso di Pandora. Quando cercò di parlare della sua esperienza con i suoi compagni schiavi, scoprì con disappunto che a loro ancora non interessavano ancora quel genere di cose. Lo guardarono straniti, forse anche con una forma di disgusto causata dall'incomprensione.
Si sentì in colpa. Sporco. Diverso.
Da quel giorno, ogni volta che gli era possibile, cominciò a frequentare i vari bordelli, non sempre per sfogare i propri impulsi, quanto più per apprendere, senza poterne fare a meno. Era benvoluto dalle ragazze e dai ragazzi, che accoglievano il suo arrivo con curiosità e sollievo, senza fargli pagare il tempo che passava con loro. Studiò i misteri dei corpi femminili e maschili. Imparò la sottigliezza di modulare la voce, di ammorbidire l'espressione. Imparò a mostrarsi arrendevole, poco pericoloso.
Il picco ormonale tipico dell'adolescenza arrivò precocemente e trasformò rapidamente il suo corpo, pur senza ovviare alla bassa statura e all'esilità, causate dallo scarso nutrimento. Trovò un nuovo equilibrio che gli permise di affrontare l'adolescenza senza eccessivi scossoni, nonostante il suo corpo divenisse sempre più recettivo. Imparò a stare dietro ai suoi istinti, ai suoi ritmi, cercando di gestire il più rapidamente possibile situazioni limite, senza portarle all'esasperazione.
Spaccato a metà tra un desiderio vibrante e una colpa subdola, entrò nella vita adulta.
Situazione Attuale
Aeden ha girovagato per Aengard molto a lungo con la Compagnia, ha fatto diversi incontri, sia con persone normali che con streghe sotto mentite spoglie, ma l'incontro che ha portato a un cambiamento drastico nella sua vita, è stato quello con Kaderin, alle Colline Ventose. Dato che era momentaneamente muto a causa di un incantesimo, non sapeva scrivere e le sue doti artistiche lasciavano molto a desiderare, Kaderin risolve i problemi di comunicazione applicandogli il Marchio Demoniaco, ovviando al piano verbale con la telepatia.
Il Marchio crea un legame intenso. Quando si ritrovano, a Conca del Tuono, ha modo di conoscere anche Xante, dal quale viene minacciato di morte. Kaderin decide - una volta venuta a conoscenza anche della situazione di schiavitù - di sfruttare il Marchio, ordinandogli di lasciare Conca e dirigersi a Dirhae, dove chiederà protezione e rimarrà per tutto il tempo, fino a quando non cesserà l'effetto del Marchio stesso.
Così avviene. A Dirhae, tuttavia, incontra nuovamente Xante, che lo accoglie in Magione Camelia. Da quel momento in poi, in seguito a diverse vicissitudini, entra a far parte del Clan, ritrovando una famiglia.
Una concisa ma chiara presentazione del genitore demone che possa donare un'idea della genesi; le ragioni che hanno spinto il demone a concepire
Suriah è un demone della Lussuria. Per tratteggiarne il carattere (nonché la modalità di azione), mi sono rifatta alla figura delle Succubus. Non ho dato questa definizione, nella storia, semplicemente perché, non essendoci una demonologia chiara, su Legacy, preferisco non “incasellarla” in qualcosa che potrebbe andare in conflitto con futuri aggiornamenti razziali.
Suriah non è unica nel suo genere, ma incarna un aspetto specifico della Lussuria, ovvero quello che porta a provare piacere nel dolore (per semplicità, lo si può definire uno stampo masochistico, ma non è la definizione più corretta, trattandosi di un demone). Aelric non era consapevole di questa caratteristica perché non ha avuto modo di coglierla.
I demoni della sua stirpe si nutrono dell’energia sessuale – e vitale - che traggono dalle loro vittime durante gli amplessi. Se non riescono a calibrare bene le loro capacità o se sono particolarmente affamati, possono arrivare anche ad uccidere.
Per loro natura, non sono fisiologicamente portati a occuparsi di eventuali figli (per capirci: non hanno la montata lattea e non si sviluppa in loro nessun tipo di istinto materno), portandoli necessariamente ad affidarli a qualcuno.
Non sono conosciuti per essere particolarmente violenti, perché non hanno bisogno di esserlo. Chiunque si imbatta in loro, difficilmente riesce a non rimanere soggiogato dalla loro Essenza. L’aspetto fisico viene implementato di particolari specifici e soggettivi, in modo da renderle inevitabilmente bellissime agli occhi delle vittime.
Suriah, nello specifico, è un demone molto antico e, per questo motivo, mi sono riservata di non scrivere il genere di domande che ha rivolto a Aelric, in quanto preferirei vedere come si svolgono le cose ongame, per Aeden. Non vorrei scrivere che voleva lasciargli un retaggio specifico nel sangue, rischiando poi di influenzare il gioco in determinate direzioni, quindi, se possibile, lascerei aperta questa porta, in vista di eventuali risvolti futuri.
Ad ogni modo, questo genere di demoni tende a concepire in maniera mirata con il semplice scopo di lasciare la loro impronta nel mondo attraverso figli che non potranno sottrarsi alla natura che gli è stata data. Alcuni di questi rampolli, tra l’altro, possono risultare particolarmente dotati, al punto da riuscire ad aprirsi le porte per posizioni particolarmente di spicco nella società in cui vivono.
Concludo la descrizione affrontando il rapporto "madre-figlio/e": questo tipo di demoni - quindi anche Suriah - non vede i propri figli come tali, bensì come un’emanazione di loro stessi. Sono più una proprietà di cui, tendenzialmente, si compiacciono. Non essendoci, in loro, il concetto di "madre", non avrebbero problemi a giacere con la prole.
Una descrizione di cosa è (per il candidato) un Mutaforma e e quali dovrebbero essere i tratti distintivi del suo comportarsi.
Il Mutaforma, per me, è un personaggio che ha una duplice natura non di poco conto. Può essere più o meno contrastante con l'indole che ha il pg di base, ma credo che sia una delle razze più difficili da muovere, a prescindere dalla scelta. Quando si unisce una natura umana a una di stampo demoniaco, si creeranno sempre - secondo me, almeno - delle discrepanze, per l'appunto, tra le due essenze. A meno che il personaggio non sia già stato impostato per essere un mutaforma fin dalla creazione, credo che questo sia inevitabile. Ed è anche molto difficile da gestire. E' difficile, a volte, delineare o far capire a chi legge quali sono le sfumature umane e quali potrebbero non esserlo. Non è semplice giocare un contrasto mentale.
In parole povere, vedo questa razza come una delle più complicate, che prevede due elementi fondamentali: una capacità stilistica (propriamente di scrittura) di tinteggiare le sfumature caratteriali e, conseguente alla prima, la cognizione di ciò che è il proprio pg. Che non è una cosa scontata. Certamente, sono elementi necessari in tutte le razze, ma, in questa in particolare (sempre a mio parere, eh), se manca, lascia una sensazione di incompletezza o di vuoto.
Motivo per cui si ritiene il pg proposto adatto a far parte della razza Mutaforma; Prospettive di sviluppi di gioco in seguito ad un eventuale cambio razza, cosa cambierebbe del suo stato attuale e cosa comporterà per la psiche del Personaggio.
Unisco le due domande e faccio un discorso unico.
Premetto che Aeden non è un pg nato allo scopo di essere inserito in una Razza Speciale. A dirla proprio tutta, schiettamente, è un pg che ho voluto creare per puro divertimento e non avrei mai previsto il tipo di sviluppo e di coinvolgimento che ha avuto che, onestamente, mi ha colto molto di sorpresa.
Detto ciò, Aeden era nato per rimanere umano e il bg che avrebbe da umano sarebbe in tutto e per tutto simile a quello che ho scritto, con l'ovvia eliminazione di ogni traccia demoniaca. Per spiegare il motivo per cui ritengo che potrebbe funzionare, come Mutaforma, devo necessariamente a fare un rapido excursus sulla sua psiche. Giuro che sarò rapida.
Aeden, in termini umani sempre, è affetto da Ipersessualità (o dipendenza sessuale). E' una psicopatologia che ha tendenze autodistruttive e che si può innestare su personalità particolarmente ansiose (utilizzano il sesso come strategia efficace per tenere sotto controllo ansia e nervosismo). La mente di un soggetto ipersessuale si fonda su quattro convinzioni cardine (ovviamente inconsce): 1. ritenersi una persona "cattiva" o comunque meritevole di essere punita; 2. ritenere che nessuno possa amarlo per quello che è; 3. pensare che i propri bisogni non possano essere soddisfatti dipendendo da altri; 4. ritenere il sesso la condizione più importante per la sua esistenza.
Sostanzialmente, Aeden cerca di creare legami intensi con le persone, attraverso il rapporto fisico. Senza cadere nel pessimismo cosmico - che poi ci tagliamo le vene -, lui cerca costantemente figure di riferimento e approvazione da parte di queste, provando l'istinto compulsivo di legarle a sé nel modo più stretto che conosce. Ovviamente, questo tipo di relazioni, a lungo andare, tendono a degenerare, alimentando il meccanismo autodistruttivo.
Questa è la parte umana.
Da Mutaforma, se il bg venisse approvato così come è scritto, chiaramente avrebbe tutto un altro retaggio, nel sangue. Manterrei comunque questo lato psicologico umano, perché è coerente con quello è il background di Aeden, ma lo implementerei con la natura proveniente da Suriah. La "semplice" psicopatologia in sé, a questo punto, si incastrerebbe perfettamente in un richiamo molto più primordiale e che potrebbe aprire diversi scenari di gioco.
Non sono una fan dei cambiamenti improvvisi, anche perché Aeden ha un equilibrio psicologico particolare. Per questo motivo, a livello fisico, propriamente, probabilmente non cambierà molto (nel senso che la sensibilità al contatto fisico potrebbe aumentare, ma niente di così eclatante), mentre, a livello mentale, cambierebbe molto. Innanzitutto, dico già con certezza che non è una notizia che Aeden prenderà tranquillamente. Sarà preoccupato. Sarà spaventato.
Probabilmente oscillerà tra momenti di ansia pura a momenti di onnipotenza (sempre inteso come status mentale). Inoltre, considerata la natura di Suriah, il lato "masochistico" si amplificherà, radicandosi nella sua mente in maniera piuttosto significativa. Si tratta di elementi che, tra l'altro, mi permetterebbero di tinteggiare meglio anche il rapporto con Feriy. Una volta che imparerà a comprendere la sua natura (anche solo in parte) e stabilizzarsi con essa, la situazione comincerebbe a rientrare. Ad ogni modo, avere la vicinanza di altri soggetti Mutaforma potrebbe indurlo a diventare più piattoloso di quanto già non sia, quindi a ricercare una costante rassicurazione con la loro vicinanza. Ci sono momenti in cui manifesterà la necessità di avere qualcuno accanto e altre in cui manifesterà una necessità di isolamento per qualche ora. Ovviamente, è un'ipotesi quasi certa, ma pur sempre un'ipotesi, perché dipende tutto da come si svolgerebbero le cose ongame.
A livello caratteriale, il cambiamento, lì per lì, non sarebbe così evidente. Non discendendo da un demone manifestamente violento, il suo retaggio sarà più subdolo. Aeden, già di per sé, riscrive giornalmente il proprio codice morale (questo lo rende un po' evanescente a livello comportamentale, portandolo ad adottare atteggiamenti anche contraddittori), a seconda di ciò che gli succede e del proprio status mentale. Dopo il risveglio, questo fattore si accentuerebbe. Ci saranno cose che tollererà di meno e altre di più. Non saranno cose eclatanti, ma per chi lo conosce, potrebbero essere evidenti.
Marchio
image.ibb.co/kWKbOn/marchio_ok.jpg
Localizzato nella zona del pube. Scarsa mobilità.
....Credo che non si capisca una mazza dell'ultima parte (quando cerco di spiegare qualcosa che ho in mente mi sento molto Aeden). Chiedo venia, se così dovesse essere, e rimango a disposizione, ovviamente, per qualsiasi tipo di domanda.
|