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Serbava queste cose, meditandole... (Lc.2,19)

Ultimo Aggiornamento: 19/04/2024 08:15
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12/07/2020 09:42
 
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«Il seminatore uscì a seminare»

P. Jorge LORING SJ
(Cádiz, Spagna)

Oggi, consideriamo la parabola del seminatore. Ha una forza e una bellezza speciali perché è parola dello stesso Signore Gesù.

Il messaggio è chiaro: Dio è generoso seminatore, ma la concrezione dei frutti della sua semina dipendono pure –e allo stesso tempo- dalla nostra libera corrispondenza. Che il frutto dipende dal terreno dove cade è un qualcosa che l'esperienza di tutti i giorni ce lo conferma. Per esempio, tra gli allievi di una stessa scuola e di una stessa classe, alcuni finiscono con vocazione religiosa ed altri atei. Hanno ascoltato lo stesso, ma il seme è caduto in differente terreno.

Il buon terreno è il nostro cuore. Da una parte è cosa della natura; ma soprattutto dipende dalla nostra volontà. Ci sono persone che preferiscono godere anziché essere migliori. In esse si compie quello che ci vuol dire la parabola: le cattive erbe (cioè, le preoccupazioni mondane e la seduzione delle ricchezze «soffocano la parola ed essa non dà frutto» (Mt 13,22).

Ma quelli che valorizzano l'essere, ricevono con amore il seme di Dio e lo fanno fruttificare. Sebbene per questo debbano mortificarsi. L'ha già detto Cristo: «In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12,24). Ci avverte pure il Signore che la strada della salvezza è stretta e scomoda (cf. Mt 7,14): quello che vale molto, costa molto. Nessuna cosa di valore si acquista senza sforzo.

Chi si lascia portare dai propri desideri avrà il cuore come una selva selvaggia. Invece gli alberi fruttiferi che vengono podati danno dei frutti migliori. Così le persone sante non hanno avuto una vita facile, ma sono modelli per l'umanità «Non tutti siamo chiamati ad essere martiri, certo, ma sì a raggiungere la perfezione cristiana. Ma la virtù esige una forza che (…) richiede un lavoro lungo e molto diligente, e che non dobbiamo interrompere mai, fino alla morte. Per cui questo può essere denominato come un martirio lento e continuo» (Pío XII)
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