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Serbava queste cose, meditandole... (Lc.2,19)

Ultimo Aggiornamento: 24/03/2024 09:21
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09/02/2022 09:22
 
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«Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro»

Rev. D. Norbert ESTARRIOL i Seseras
(Lleida, Spagna)
Oggi, Gesù ci insegna che tutto quello che viene da Dio è buono. E’ piuttosto la nostra intenzione non retta ciò che può contaminare quello che facciamo. Perciò Gesù dice: «Non c’è nulla fuori dall’ uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro» (Mc 7,15). L’esperienza dell’offesa a Dio è una triste realtà. E facilmente, il cristiano scopre questa impronta profonda del male e vede un mondo schiavo del peccato. La missione che Gesù ci affida è quella di pulire –con l’aiuto della Sua grazia- tutte le contaminazioni che le cattive intenzioni degli uomini hanno introdotto in questo mondo.

Il Signore ci chiede che tutta la nostra attività umana venga svolta bene: Lui spera che in tale attività mettiamo forza, ordine, scienza, competenza, ansietà di perfezione, non aspirando ad altro che a restaurare il progetto creatore di Dio, che ha fatto tutto bene per il bene dell’uomo: «Purezza d’intenzione. –L’avrai se, sempre ed in tutto, cerchi solamente di far piacere a Dio» (San Josemaría).

Solo la nostra volontà può rovinare il progetto divino, per cui bisogna essere vigilanti affinché questo non succeda. Molte volte intervengono la vanità, l’amor proprio, lo scoraggiamento per mancanza di fede, l’impazienza al non ottenere i risultati attesi, ecc. Perciò ci avvertiva San Gregorio Magno: «Non lasciamoci ingannare da una lusinghiera prosperità, perché è un viaggiatore sciocco colui che si ferma per strada a contemplare un bel paesaggio dimenticando il punto di arrivo».

Converrà, perciò, stare attenti all’offrire le nostre azioni, conservare la presenza di Dio e riflettere con frequenza la nostra filiazione divina, in modo tale, che tutto il nostro giorno –con preghiera e lavoro- prenda forza e cominci nel Signore e che tutto quello che abbiamo cominciato per Lui giunga a termine.

Possiamo fare grandi cose se riflettiamo che ognuno dei nostri atti umani è corredentore quando è unito agli atti di Cristo.
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10/02/2022 09:04
 
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Andò e si gettò ai suoi piedi... Ella lo supplicava di scacciare il demonio da sua figlia»

Rev. D. Enric CASES i Martín
(Barcelona, Spagna)
Oggi, ci viene mostrata la fede di una donna che non apparteneva al popolo eletto, ma che aveva fiducia in che Gesù avrebbe potuto curare sua figlia. Infatti quella madre era pagana «di lingua greca e di origine siro-fenicia. Ella le supplicava di scacciare il demonio da sua figlia» (Mc 7,26). Il dolore e l’amore la spingono a chiedere con insistenza, senza badare ne a disprezzi, ne a indugi ne a indegnità. E ottiene quello che chiede, infatti «Tornata a casa sua, trovò la bambina coricata sul letto e il demonio se n’era andato» (Mc 7,30).

Sant’Agostino dice che molti non ottengono quello che chiedono perché sono «aut mali, aut male, aut mala». O sono cattivi, e la prima cosa che dovrebbero chiedere è di essere buoni; oppure chiedono in una forma impropria, senza costanza, invece di farlo con pazienza, con umiltà, con fede e per amore; oppure chiedono cose disonorevoli, che se fossero ottenute, sarebbero dannose all’anima o al corpo o agli altri. Bisogna, dunque, cercare di chiedere correttamente. La donna siro-fenicia è una buona madre, sa chiedere bene («venne e si prostrò ai Suoi piedi» e chiede una cosa buona («che scacciasse da sua figlia il demonio»).

Il Signore ci invita ad usare con perseveranza la preghiera di richiesta. Indubbiamente esistono altri generi di preghiere –di adorazione, di riparazione, la preghiera di ringraziamento- ma Gesù insiste perché usiamo con molta più frequenza la preghiera di richiesta.

Perché? I motivi potrebbero essere molti: perché abbiamo bisogno dell’aiuto divino per raggiungere il nostro fine; perché esprime speranza e amore; perché è un grido di fede. Esiste, però, una preghiera che non è presa molto in considerazione. Dio vuole che le cose siano un po’ come noi vogliamo. In questo modo, la nostra richiesta –che è un atto libero- unita alla libertà onnipotente di Dio, fa che il mondo sia come lo vuole Lui ed un po’ come lo vogliamo noi. Così meraviglioso è il potere della preghiera!
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11/02/2022 09:02
 
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«Ha fatto bene ogni cosa»

+ Rev. D. Joan MARQUÉS i Suriñach
(Vilamarí, Girona, Spagna)
Oggi, il Vangelo ci presenta un miracolo di Gesù: restituì l’udito e districò la lingua a un sordomuto. La gente rimase stupita e diceva: «Ha fatto bene ogni cosa» (Mc 7,37).

Questa è la biografia di Gesù fatta dai suoi contemporanei. Una biografia breve e completa. Chi è Gesù? E’ colui che ha fatto bene ogni cosa. Nel doppio senso della parola: nel che e nel come, nella sostanza e nel modo. E’ Colui che ha fatto solamente opere buone è Colui che ha fatto bene le buone opere, in un modo perfetto, compiuto. Gesù è colui che fa tutto bene, perché solo fa buone azioni, e ciò che fa, lo lascia terminato. Non lascia niente incompiuto; e non aspetta a compierlo più tardi.

-Anche tu cerca di completare adesso tutto quello che fai: la preghiera, le relazioni con i familiari e le altre persone, il lavoro, l’apostolato, l’assiduità nella tua formazione spirituale e professionale, etc. Sii esigente con te stesso e prudentemente cerca di esserlo pure verso quelli che dipendono da te. Non permettere lavori fatti alla meno peggio. Non piacciono a Dio e danno fastidio al prossimo. Non assumere questo atteggiamento solo per compiacere, ne perché questa forma di procedere ti dia più reddito, anche umanamente; no! Perché a Dio non sono le opere non buone ne quelle ”buone” fatte male. La Sacra Scrittura afferma che «sono perfette le sue opere» (Dt 32,4). Il Signore, per mezzo di Mosè, dice al popolo d’Israele; «Non offrite nulla con qualche difetto, perché non sarebbe gradito» (Lev 22,20). Chiedi l’aiuto materno della Vergine Maria. Come Gesù, anche Lei fece bene ogni cosa.

San Josemaría ci offre il segreto per ottenerlo: «Fa quello che devi fare e concentrati in quello che fai» E’ questo il tuo modo di agire?
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12/02/2022 08:52
 
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«Non hanno da mangiare»

Rev. D. Carles ELÍAS i Cao
(Barcelona, Spagna)
Oggi, tempo di ostilità e di ansietà, anche Gesù ci chiama per dirci che sente «compassione per la folla» (Mc 8,2). Oggi con la crisi di pace che si soffre, può crescere la paura, l’apatia, il ripiego alla banalità ed all’evasione: « Non hanno da mangiare».

Il Signore chi chiama? Dice il testo: «i discepoli» (Mc 8,1), -cioè sta chiamando me- affinché non se ne vadano digiuni, per dar loro qualcosa. Gesù ha avuto compassione –questa volta in terra di pagani- perché hanno fame.

Ah! e noi –rifugiati nel nostro piccolo mondo- diciamo di non poter far niente. «Come riuscire a sfamarli di pane qui, in un deserto?» (Mc 8,4). Da dove prenderemo una parola di speranza sicura e forte, sapendo che il Signore sarà con noi ogni giorno, fino alla fine dei tempi? Come dire ai credenti ed agli increduli che la violenza e la morte non risolvono niente?

Oggi il Signore ci domanda, semplicemente, quanti pani abbiamo. Quelli che ci sono, di questi ha bisogno. Il testo dice «sette», un numero simbolico per i pagani come il numero dodici lo era per il popolo giudeo. Il Signore vuole raggiungere tutti –perciò la Chiesa vuole riconoscersi dalla sua cattolicità- e chiede il tuo aiuto. Offri la tua preghiera: è un pane! Offri la tua Eucarestia vissuta: è un altro pane. Offri la tua decisione di riconciliazione con i tuoi, con quelli che ti hanno offeso: è un altro pane. Offri la tua riconciliazione sacramentale con la Chiesa: è un altro pane ancora! Offri il tuo piccolo sacrificio, il tuo digiuno, la tua solidarietà: è un altro pane! Offri al Signore il tuo amore alla Sua Parola che ti offre forza e conforto: è un altro pane! OffriGli, infine, qualunque cosa Egli ti chieda, sebbene tu pensi che sia solo un semplice pezzo di pane.

Come ci dice san Gregorio di Nissa: «chi condivide il suo pane con i poveri diventa parte di Colui che, per noi, volle essere povero. Il Signore fu povero, non aver, dunque, paura della povertà».

Pensieri per il Vangelo di oggi
«“Spezzare il pane” per il Signore vuol dire la manifestazione del mistero dell'Eucaristia. La sua azione di grazie rappresenta la gioia che gli provoca la salvezza del genere umano. La consegna del pane ai suoi discepoli perché lo ripartiscano vuol dire che ha trasmesso agli Apostoli l'incarico di affidare alla sua Chiesa il fondamento della vita» (San Beda il Venerabile)

«Questo miracolo non va rivolto soltanto a saziare la fame di un giorno, ma è un segno di ciò che Cristo intende compiere per la salvezza di tutta l'umanità donando la sua carne e il suo sangue» (Francesco)

«Frazione del pane, perché questo rito, tipico della cena ebraica, è stato utilizzato da Gesù quando benediceva e distribuiva il pane come capo della mensa, (…). Da questo gesto i discepoli lo riconosceranno dopo la sua risurrezione, e con tale espressione i primi cristiani designeranno le loro assemblee eucaristiche (...)» (Catechismo della Chiesa Cattolica, nº 1.329)
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13/02/2022 08:50
 
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Rallegratevi in quel giorno ed esultate»

Rev. D. Enric RIBAS i Baciana
(Barcelona, Spagna)
Oggi riviviamo le beatitudini e le “sventure”: « Beati voi...», se ora soffrite nel mio nome; "Guai a voi...", se ridete adesso. La fedeltà a Cristo e al suo Vangelo ci fa essere respinti, derisi dai media, odiati, come Cristo fu odiato e appeso alla croce. C'è chi pensa che ciò sia dovuto ad una mancanza di fede da parte di alcuni, ma forse —tutto sommato— è dovuto alla mancanza di ragione. Il mondo non vuole pensare o essere libero; vive immerso nel desiderio di ricchezza, di consumo, di indottrinamento libertario che si riempie di parole vane e vuote dove si oscura il valore della persona e si schernisce l'insegnamento di Cristo e della Chiesa, poiché — oggi — è l'unico pensiero che va certamente controcorrente. Nonostante tutto, il Signore Gesù ci ispira coraggio: «Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e v’insulteranno e respingeranno il vostro nome come scellerato, a causa del Figlio dell’uomo (...). La vostra ricompensa è grande nei cieli» (Lc 6, 22,23).

San Giovanni Paolo II, nell'enciclica Fides et ratio, diceva: “E la fede che provoca la ragione a uscire da ogni isolamento e a rischiare volentieri per tutto ciò che è bello, buono e vero”. L'esperienza cristiana nei suoi santi ci mostra la verità del Vangelo e di queste parole del Santo Padre. Di fronte a un mondo che si compiace del vizio e dell'egoismo come fonte di felicità, Gesù mostra un'altra via: la felicità del Regno di Dio, che il mondo non può comprendere, che odia e rifiuta. Il cristiano, in mezzo alle tentazioni offerte dalla "vita facile", sa che la via è quella dell'amore che Cristo ci ha indicato sulla croce, la via della fedeltà al Padre. Sappiamo che in mezzo alle difficoltà non possiamo scoraggiarci. Se cerchiamo veramente il Signore, rallegriamoci e sussultiamo di gioia (cfr Lc 6,23).

Pensieri per il Vangelo di oggi
«La Misericordia vuole che tu sia misericordioso, la Giustizia vuole che tu sia giusto, perché il Creatore brilli nella sua creatura e l'immagine di Dio risplenda, come riflessa nello specchio del cuore umano» (San Leone Magno)

«Il Discorso della montagna è diretto a tutto il mondo, nel presente e nel futuro e si può capire e vivere soltanto seguendo Gesù, camminando con Lui» (Benedetto XVI)

«La beatitudine promessa ci pone di fronte a scelte morali decisive. Essa ci invita a purificare il nostro cuore dai suoi istinti cattivi e a cercare l'amore di Dio al di sopra di tutto (…)» (Catechismo della Chiesa Cattolica, nº 1.723)
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14/02/2022 08:20
 
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«Il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé (...) dove stava per recarsi»

+ Fray Josep Mª MASSANA i Mola OFM
(Barcelona, Spagna)
Oggi, è la festa dei santi Cirillo e Metodio, fratelli nel sangue e Patroni d' Europa. Furono missionari ed evangelisti in una gran parte della geografia europea. Prepararono testi liturgici in lingua slava, scritti in caratteri chiamati più tardi “cirillico”.

Il Vangelo si collega con questi grandi missionari, poiché Gesù, inviato dal Padre e dallo Spirito- attorno suo formò missionari e gli inviò. Egli mandò i dodici apostoli e i settantadue discepoli. Il primi potrebbero rappresentare sacerdoti e consacrati a Dio con i voti religiosi. Chi sarebbero i settantadue discepoli? Tutti i cristiani. Gesù ci manda tutti quanti. Ognuno di noi è un messaggero, uno dei suoi missionari.

Forse dovremmo ripeterci più spesso che Gesù ci invia (tanto se siamo dei dodici come dei settantadue). Ciascuno nel suo appezzamento e sul compito specifico della missione che ci è affidata.

Qual’è la nostra missione e il messaggio che portiamo da parte di Gesù? Dobbiamo annunciare il Regno e proclamare la pace «Pace a questa casa!; e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”». (Lc 10, 5-9 ). San Francesco lo riassumeva in due parole «¡Pace e Bene!». E, quando siamo missionari? Quando la nostra vita a casa, nel lavoro e ovunque, porta la pace e la bontà di un cuore riconciliato. Si tratta di una testimonianza che dobbiamo dare, a volte con le parole, e sempre con il nostro comportamento di cristiani.

I Santi Cirillo e Metodio hanno riconosciuto che questa vocazione e missione sono un dono di Dio. Cirillo espresso questo pregando: «E' tuo dono infatti l' averci scelti a predicare il Vangelo del tuo Cristo, a incitare i fratelli alle buone opere e a compiere quanto ti è gradito».

Speriamo che, per l' intercessione dei santi Patroni d' Europa, siamo missionari fedeli di Cristo!
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15/02/2022 08:00
 
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Guardatevi dal lievito dei farisei»

Rev. D. Juan Carlos CLAVIJO Cifuentes
(Bogotá, Colombia)
Oggi, -ancora una volta- vediamo la sagacia del Signore. Il suo agire è stupefacente, in quanto è diverso dalla gente comune, è originale. Egli viene di fare dei miracoli e si muove in un’altra zona dove la Grazia di Dio deve anche arrivare. In questo contesto di miracoli, a un nuovo gruppo di persone in attesa per Lui, è quando gli avverte: «Fate attenzione, guardatevi del lievito dei farisei e dal lievito di Erode!» (Mc 8,15), perché loro –i farisei e quelli di Erode- non vogliono che la Grazia di Dio sia conosciuta, piuttosto diffondono nel mondo del lievito cattivo, seminando discordia.

La fede non dipende di opere, dato che “una fede che noi stessi possiamo determinare non è affatto una fede” (Benedetto XVI). Invece, sono le opere che dipendono dalla fede. Avere una vera e autentica fede comporta una fede attiva, dinamica; non una fede condizionata e che rimane solo sulla parte esterna, nelle apparenze, che divaga... La nostra fede deve essere vera. Bisogna vedere attraverso gli occhi di Dio e non con gli occhi dell’uomo peccatore: «Non capite ancora e non comprendete? Avete il cuore indurito?» (Mc 8,17).

Il regno di Dio nel mondo si espande come quando appare collocata una misura di lievito nella massa; che cresce non si sa come. Così deve essere la fede autentica, crescendo nell’amore di Dio. Quindi, niente e nessuno ci distraggono dal vero incontro con il Signore e dal suo messaggio salvifico. Il Signore non perde occasione per insegnare e lo fa ancora oggi: “Liberiamo l’idea falsa che la fede non ha nulla da dire agli uomini di oggi” (Benedetto XVI).

Pensieri per il Vangelo di oggi
«Scagliate via da voi, dunque, il cattivo lievito, ormai vecchio e acido, e trasformatevi nel nuovo, che è Gesù Cristo. Impregnatevi del sale di Cristo affinché nessuno si corrompa tra di voi poiché dal vostro odore sarete qualificati» (Sant’Ignazio di Antiochia)

«Gesù, denunciando il “lievito” di Erode, smaschera una delle sfaccettature della tentazione peccaminosa: l’apparenza di realismo. Quando si prendono le decisioni è quando emerge la domanda: cosa veramente conta nella mia vita?» (Benedetto XVI)

«Come il lievito nella pasta, così la novità del Regno deve fermentare la terra per mezzo dello Spirito di Cristo. Deve rendersi evidente attraverso l'instaurarsi della giustizia nelle relazioni personali e sociali, economiche e internazionali; né va mai dimenticato che non ci sono strutture giuste senza uomini che vogliono essere giusti» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2832)
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16/02/2022 09:21
 
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«Fu guarito e da lontano vedeva distintamente ogni cosa»

Rev. D. Joaquim MESEGUER García
(Rubí, Barcelona, Spagna)
Oggi, attraverso un miracolo, Gesù ci parla del processo della fede. La guarigione del cieco in due fasi mostra che la fede non è sempre una illuminazione istantanea, ma frequentemente richiede un itinerario che ci avvicini alla luce e ci faccia vedere chiaramente. Senza dubbio il primo passo della fede –iniziare a vedere la realtà alla luce di Dio– è già un motivo di allegria, come dice San Agostino: «Una volta sanati gli occhi, che possiamo avere di più valore, fratelli? Gioiscano quelli che vedono questa luce che è stata fatta, quella che brilla dal cielo o quella che viene da una torcia. E come si sentono disgraziati quelli che non possono vederla!».

All’arrivare a Betsàida portano un cieco a Gesù perché gli imponga le mani. È significativo che Gesù lo porti fuori; non ci indicherà questo che per ascoltare la Parola di Dio, per scoprire la fede e vedere la realtà in Cristo, dobbiamo uscire da noi stessi, da spazi e tempi rumorosi che ci annegano e abbagliano per ricevere l’autentica illuminazione?

Ormai fuori del villaggio, Gesù «dopo avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese: «Vedi qualcosa?» (Lc 8,23). Questo gesto ci ricorda il Battesimo: Gesù non ci unge più con saliva, ma bagna tutto il nostro essere con l’acqua della salvezza e, nel trascorso della vita, ci chiede quello che vediamo alla luce della fede. «Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente» (Lc 8,25); questo secondo momento ci ricorda il sacramento della Cresima, nel quale riceviamo la pienezza dello Spirito Santo per arrivare alla maturità della fede e a vedere più chiaramente. Ricevere il Battesimo, e dimenticare però la Cresima ci porta a vedere, si, però solo a metà.
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17/02/2022 09:21
 
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La gente, chi dice che io sia? (...) Ma voi, chi dite che io sia?»

Rev. D. Joan Pere PULIDO i Gutiérrez
(Sant Feliu de Llobregat, Spagna)
Oggi, continuiamo ad ascoltare la Parola di Dio aiutati dal Vangelo di San Marco. Un Vangelo che ha uno scopo ben chiaro: scoprire chi è questo Gesù di Nazaret. Marco ci ha offerto, con i suoi testi, la reazione di diversi personaggi di fronte a Gesù: i malati, i discepoli, gli scribi e i farisei. Oggi interpella direttamente ciascuno di noi: «Ma voi, chi dite che io sia?» (Mc 8,29).

Certamente noi che ci chiamiamo cristiani abbiamo il dovere fondamentale di scoprire la nostra identità per dar ragione della nostra fede, cercando di essere buoni testimoni con la vita. Questo dovere ci obbliga a trasmettere un messaggio chiaro e comprensibile ai nostri fratelli e sorelle che possono trovare in Gesù una Parola di Vita che dia senso a tutto ciò che pensano, dicono e fanno. Ma in questa testimonianza dobbiamo cominciare ad essere noi stessi consapevoli del nostro incontro personale con Lui. Giovanni Paolo II, nella sua Lettera apostolica “Novo millennio ineunte”, ci scrisse: «La nostra testimonianza sarebbe insopportabilmente povera, se noi per primi non fossimo contemplatori del suo volto».

San Marco, con questo testo, ci offre un buon cammino per contemplare Gesù. In primo luogo, Gesù ci chiede cosa dice la gente di Lui; e potremmo rispondere, come i discepoli: Giovanni il Battista, Elia, un personaggio importante, buono, attraente. Una risposta buona, senza dubbio, ma ancora lontana dalla Verità di Gesù. Egli ci chiede: «Ma voi, chi dite che io sia?» (Mc 8,29). È la domanda della fede, del coinvolgimento personale. Troveremo la risposta solo nell’esperienza del silenzio e della preghiera. È il cammino di fede che fa Pietro e che dobbiamo fare anche noi.

Fratelli e sorelle, sperimentiamo nella preghiera la presenza liberatrice dell’amore di Dio presente nella nostra vita. Egli continua a fare alleanza con noi con chiari segni della sua presenza, come con quell’arcobaleno messo sulle nubi promesso a Noè
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18/02/2022 08:13
 
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«Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua»

+ Rev. D. Joaquim FONT i Gassol
(Igualada, Barcelona, Spagna)
Oggi, il Vangelo ci racconta di due temi complementari: la nostra croce quotidiana e il suo frutto, cioè, la vita in maiuscola, soprannaturale ed eterna.

Ci mettiamo in piedi per ascoltare il Santo Vangelo come segno divoler seguire i suoi insegnamenti. Gesù ci dice di rinnegare noi stessi, una chiara espressione di non perseguitare "il capriccio del gusto" -come viene indicato nel salmo- o le "ricchezze ingannevoli", come dice San Paolo. Prendere la propria croce è accettare le piccole mortificazioni che ogni giorno troviamo lungo la strada.

Ci possono aiutare le parole che Gesù pronunciò nel sermone sacerdotale del Cenacolo: «Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto» (Gv 15,1-2). Un contadino felice avendo cura del grappolo d’uva che deve riuscire un alto grado! Sì, vogliamo seguire il Signore! Sì, sappiamo che il Padre ci può aiutare a dare molto frutto nella nostra vita terrena e godere posteriormente dell’eternità.

San Ignazio guidava San Francesco Saverio con le parole del testo di oggi: «Infatti quale vantaggio c’è che un uomo guadagni il mondo intero e perda la propria vita?» (Mc 8,36). Così riuscì ad essere il patrono delle missioni. Nello stesso modo, leggiamo l’ultimo canone del Codice di Diritto Canonico (n. 1752): «(...) avendo presente la salvezza delle anime, che deve sempre essere nella Chiesa legge suprema», che il detto popolare ha tradotto così: "Chi cerca la salvezza di un'anima, assicura la salvezza della propia" L'invito è chiaro.

Maria, Madre della Divina Grazia ci tende la mano per avanzare in questo senso.
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19/02/2022 09:01
 
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«Ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto»

Rev. D. Xavier ROMERO i Galdeano
(Cervera, Lleida, Spagna)
Oggi, il Vangelo della trasfigurazione ci presenta un enigma decifrato. Il testo evangelico di San Marco è colmo di segreti messianici, di momenti precisi nei quali Gesù proibisce che si dia a conoscere quello che ha fatto. Oggi ci troviamo davanti a uno dei tanti esempi.

Così Gesù «Ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti» (Mc 9,9).

In cosa consiste questo segreto messianico? Si tratta di sollevare un po’ il velo per scoprire che cosa vi sia nascosto sotto, ma questo avverrà solo e totalmente verso la fine dei giorni di Gesù, alla luce del Suo mistero Pasquale. Oggi lo vediamo chiaro in questo Vangelo: la trasfigurazione è un momento, un assaggio di gloria per svelare ai discepoli il senso di quel momento di intimità.

Gesù aveva annunciato ai suoi discepoli l’imminenza della Sua passione, ma, vedendoli così impressionati a causa della tragica fine imminente, spiega loro con fatti e parole come avverrà la fine dei suoi giorni: dei giorni di passione, di morte, ma che concluderà con la risurrezione. Ecco l’enigma decifrato. San Tommaso D’Acquino dice: «Perché una persona percorra correttamente la sua strada, è necessario che conosca prima, in qualche modo, dove si dirige».

Anche la nostra vita di cristiani ha una meta svelata dal Nostro Signore Gesù Cristo: godere eternamente di Dio. Questa meta, però, non è esenta da momenti di sacrifici e di croce. Con tutto ciò, dobbiamo ricordare il messaggio vivo del Vangelo di oggi: in questo vicolo che sembrerebbe cieco, qual’è frequentemente la vita, per la nostra fedeltà a Dio, vivendo immersi nello spirito delle Beatitudini, si screpolerà il finale tragico, godendo di Dio eternamente.
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20/02/2022 08:38
 
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«Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso»

Rev. D. Jaume AYMAR i Ragolta
(Badalona, Barcelona, Spagna)
Oggi, nel Vangelo, il Signore ci chiede per ben due volte di amare i nemici. E dà poi tre concrezioni positive su questo comando: fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. Si tratta di una direttiva che sembra difficile da raggiungere: come non amare coloro che ci amano? Inoltre, come possiamo amare coloro che conosciamo con certezza che ci vogliono male? Venire ad amare in questo modo è un dono di Dio, ma dobbiamo essere pronti a esso. Certamente, amare i nostri nemici è la cosa umanamente più saggia: il nemico amato sarà disarmato, l'amore può essere la condizione che dia possibilità per non essere più nemico. Allo stesso modo, Gesù continua: «A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l'altra» (Lc 6:29). Potrebbe sembrare eccessiva mansuetudine. Ma, cosa fece Gesù dopo essere schiaffeggiato nella sua passione? Certamente non decise di contrattaccare, ma rispose con fermezza tale, piena di carità, che sicuramente fece riflettere quel servo inbestialito: «Se ho parlato male, dimostrami dov'è il male; ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?». ( Gv 18,22-23).

In tutte le religioni esiste una massima d'oro: «Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te stesso». Gesù è l'unico che formula in modo positivo: «Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro» (Lc 6,31). Questa regola d’oro è il fondamento di ogni morale. Commentando questo versetto, San Giovanni Crisostomo ci istruisce: «C'è di più, perché Gesù non ha detto solo: 'Desiderate tutto il bene per gli altri' ma 'fate del bene agli altri'»; Così la massima d'oro proposta da Gesù non può diventare un semplice desiderio, ma deve tradursi in opere
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21/02/2022 08:07
 
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Credo; aiuta la mia incredulità!»

Rev. D. Antoni CAROL i Hostench
(Sant Cugat del Vallès, Barcelona, Spagna)
Oggi, contempliamo –ancora una volta!- il Signore richiesto dalla gente («accorsero a salutarlo») e, allo stesso tempo, Lui, interessandosi per le persone, sensibile ai loro bisogni. In primo luogo, quando sospetta che qualcosa succede, si preoccupa per il problema.

Interviene uno dei protagonisti, cioè, il padre di un ragazzo che è posseduto da uno spirito maligno: «Maestro, ho portato da te mio figlio, che ha uno spirito muto. Dovunque lo afferri, lo getta a terra ed egli schiuma, digrigna i denti e si irrigidisce» (Mc 9,17-18).

E’ terribile il male che può arrivare a fare il Diavolo!, una creatura senza carità. Signore, -dobbiamo pregare!-: «Liberaci dal male». Non si capisce come sia possibile che ai nostri giorni , delle persone dicano che il Diavolo non esiste o altre che gli rendono qualche forma di culto... E’ assurdo! Dobbiamo ricavare una lezione da tutto questo: non si può scherzare con il fuoco!

«Ho detto ai tuoi discepoli di scacciarlo, ma non ci sono riusciti» (Mc 9,18). Quando Gesù sente queste parole, prova un dispiacere. Se ne addolora, soprattutto, per la mancanza di fede... Manca la fede perché devono `pregare di più´ «Questa specie di demoni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera» (Mc 9,29).

La preghiera è il dialogo “intimista” con Dio. Giovanni Paolo II ha affermato che «la preghiera implica sempre una specie di “ricettacolo” con Cristo in Dio. Solamente in simile`nascondiglio´agisce lo Spirito Santo. In un ambiente intimo di ricettacolo si pratica l’assiduità amichevole con Gesù; partendo dalla quale, prende origine lo sviluppo della fiducia in Lui, cioè, l’aumento della fede.

Questa fede, però, che muove montagne ed espulsa gli spiriti maligni («tutto è possibile per chi crede!») è soprattutto un dono di Dio. La nostra preghiera, in ogni caso, ci predispone a ricevere il dono. Questo dono, però, dobbiamo chiederlo con insistenza: «Credo; aiuta la mia incredulità!» (Mc 9,24). La risposta di Cristo non si farà supplicare!
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22/02/2022 09:38
 
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«E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa»

Rev. D. Antoni CAROL i Hostench
(Sant Cugat del Vallès, Barcelona, Spagna)
Oggi, celebriamo la Cattedra di San Pietro. Fin dal IV secolo, con questa celebrazione si vuole far risaltare il fatto che –come un dono di Gesù Cristo per noi- l’edificio della sua Chiesa si appoggia sul Principe degli Apostoli, il quale gode di un aiuto divino particolare per eseguire questa missione. Così lo manifestò il Signore in Cesarea di Filippo: «Io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa» (Mt 16,18). In effetti, «soltanto Pietro è scelto perché sia preposto all'economia divina, che chiama tutte le genti alla salvezza, e sia il capo di tutti gli Apostoli e di tutti i padri della Chiesa» (San Leone Magno).

Fin dall’inizio, la chiesa si ha beneficiato del ministero petrino in modo tale che san Pietro e i suoi successori hanno presieduto la carità, sono stati fonte di unità e, molto specialmente, hanno avuto la missione di confermare nella verità i loro fratelli.

Gesù, una volta risorto, confermò questa missione a Simone Pietro. Lui, che profondamente pentito aveva già pianto la sua triplice negazione davanti a Gesù, ora fa una triplice manifestazione d’amore: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene» (Gv 21,17). Allora, l’Apostolo vide con sollievo come Gesù Cristo non si disdisse di lui e, per tre volte, lo confermò nel ministero che le era stato annunciato prima: «Pasci le mie pecore» (Gv 21, 16.17).

Questa potestà non è per merito proprio, come neanche lo fu la dichiarazione di fede di Simone in Cesarea: «Perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli» (Mt 16,17). Si, si tratta di un’autorità con potestà suprema ricevuta per servire. È per questo che il Romano Pontefice, quando sigla i suoi scritti, lo fa sempre con il seguente titolo onorifico: Servus servorum Dei.

Si tratta, per tanto, di un potere per servire la causa dell’unità fondata sulla verità. Facciamo il proposito di pregare per il Successore di Pietro, di prestare attento dono alle sue parole e di ringraziare Dio per questo grande regalo
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23/02/2022 08:42
 
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«Chi non è contro di noi è per noi»

Rev. D. David CODINA i Pérez
(Puigcerdà, Gerona, Spagna)
Oggi sentiamo un rimprovero all'apostolo Giovanni, che vede persone fare del bene nel nome di Cristo, senza far parte del gruppo dei suoi discepoli: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demoni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva» (Mc 9,38). Gesù ci dà la corretta visione che dobbiamo avere verso queste persone: accoglierle ed ampliare il nostro punto di vista, con umiltà verso noi stessi, compartendo sempre un comune legame di comunione, una stessa fede, la stessa orientazione, cioè camminare insieme verso la perfezione dell'amore a Dio e al prossimo.

Questo modo di vivere la nostra vocazione di "Chiesa" ci invita a rivedere con pace e serietà la coerenza con cui viviamo questa apertura di Gesù Cristo. Mentre ci siano "altri" che ci “molestano” perché fanno le nostre stesse cose, questo è un chiaro indizio che l'amore di Cristo non ci impregna in tutta la sua profondità, e ci richiederà la "umiltà" di accettare che non esauriamo "tutta la saggezza e l'amore di Dio ". In definitiva, accettare che siamo coloro che Cristo sceglie per annunciare tutti come l'umiltà è la via per avvicinarci a Dio.

Gesù operò così dalla sua Incarnazione, quando ci avvicina al massimo la maestà di Dio nella piccolezza dei poveri. Crisostomo dice: "Cristo non si accontentò di soffrire la croce e la morte, ma volle anche diventare povero e pellegrino, vagare errante e nudo, volle essere buttato in carcere e subirne le debolezze, per ottenere da te la conversione». Se Cristo non ha lasciato passare nessuna occasione affinché viviamo l'amore con gli altri, cerchiamo di non perdere l'occasione di accettare colui che è diverso da noi nel modo di vivere la propria vocazione nel formar parte della Chiesa, perché «chi non è contro noi è per noi» (Mc 9,40).
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24/02/2022 09:40
 
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Chiunque vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa»

Rev. D. Xavier PARÉS i Saltor
(La Seu d'Urgell, Lleida, Spagna)
Oggi, il Vangelo proclamato, diventa un po`difficile da capire dovuto alla durezza delle parole di Gesù: «Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala (...).se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via» Mc 9,43.47). È che Gesù è molto esigente con quelli che sono i suoi seguaci. Semplicemente Gesù vuole ribadire che dobbiamo saper rinunciare alle cose che ci danneggiano, anche se sono cose molto piacevoli, ma che possono essere motivo di peccato e vizio. San Gregorio lascerà scritto «che non dobbiamo desiderare le cose che soddisfanno solo le necessità materiali e peccaminose». Gesù esige radicalità. Altrove nel Vangelo dice anche: «Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà» (Mt 10,39).

D'altra parte, questa esigenza di Gesù vuole essere una esigenza di amore e di crescita. Non resteremo senza la sua ricompensa. Ciò che darà senso alla nostre cose deve essere sempre l'amore: dobbiamo arrivare a saper dare un bicchiere d'acqua a chi ne ha bisogno, e non per interesse personale, ma per amore. Dobbiamo scoprire Gesù Cristo nei più bisognosi e poveri. Gesù solo denuncia severamente e condanna coloro che fanno il male e scandalizzano, quelli che allontanano i più piccoli dal bene e dalla grazia di Dio.

Finalmente, tutti noi dobbiamo superare la prova del fuoco. È il fuoco della carità e dell’amore che ci purifica dai nostri peccati, per poter essere il sale che dà il buon sapore dell’amore, del servizio e della carità. Nella preghiera e nell'Eucaristia è dove i cristiani troviamo la forza della fede e del buon gusto del sale di Cristo. Non rimarremo senza ricompensa!
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25/02/2022 09:59
 
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«Egli insegnava loro, come era solito fare»

Rev. D. Miquel VENQUE i To
(Solsona, Lleida, Spagna)
Oggi, Signore, vorrei pregare un momento per ringraziarTi per il Tuo insegnamento. Insegnavi con autorità e lo facevi sempre che ti lasciavamo, approfittavi tutte le occasioni: è chiaro!, lo capisco Signore, la tua missione fondamentale era trasmettere la Parola del Padre. E lo facesti.

-Oggi, usando Internet ti dico: Parlami, perché voglio fare un momento di preghiera, come un discepolo fedele. In primo luogo, vorrei chiederti di aiutarmi a essere capace di imparare ciò che insegni e, in secondo luogo, sapere insegnarlo. Riconosco che è molto facile cadere nella trappola di farti dire cose che Tu non hai detto, e con malefico coraggio, cerco di farti dire ciò che mi piace. Ammetto che forse sono più duro di cuore di quelli che ascoltavano.

-Conosco il tuo Vangelo, il Magistero della Chiesa, il Catechismo, e ricordo le parole di Giovanni Paolo II nella Lettera alle famiglie: " Il progetto dell'utilitarismo, fondato su di una libertà orientata in senso individualistico, ossia una libertà senza responsabilità, costituisce l'antitesi dell'amore ". Signore, spezza il mio cuore ansioso di felicità utilitaristica e fammi entrare nella tua verità divina, della quale ho tanto bisogno.

-In questo luogo di visione, come dalla cima della cordigliera, capisco che Tu dica che l’amore matrimoniale è definitivo, che l'adulterio -oltre ad essere peccato come tutto reato grave fatto a te, che sei il Signore della Vita e dell’Amore- è un cammino sbagliato verso la felicità: « Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei " (Marco 10,11).

Mi ricordo di un giovane che diceva, "Padre, il peccato promette molto, no da nulla e ruba tutto." Che ti capisca, buon Gesù, e che lo sappia spiegare: Ciò che Tu hai unito, l'uomo non lo può separare (cfr Mc 10,9). Fuori da qui, fuori dalle tue traiettorie, non troverò la vera felicità. Gesù, insegnami di nuovo!

Grazie, Gesù, sono duro di cuore, ma so che hai ragione.
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27/02/2022 09:36
 
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«L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene»

Dr. Johannes VILAR
(Köln, Germania)
Oggi c'è sete di Dio, c'è una frenesia di trovare un senso nella propria esistenza e nelle proprie azioni. Il boom dell'interesse esoterico lo dimostra, ma le teorie auto redentrici non servono. Per mezzo del profeta Geremia, Dio si rammarica che il suo popolo abbia commesso due mali: hanno abbandonato Lui, sorgente di acqua viva, e si é scavato cisterne, cisterne piene di crepe, che non trattengono l'acqua (cfr Ger 2,13).

C'è chi vaga in mezzo a pseudofilosofie e pseudoreligioni —ciechi guidando altri ciechi (cfr Lc 6,39)— finché, scoraggiati, come sant'Agostino, con la propria fatica e la grazia di Dio, si convertono, perché scoprono la coerenza e la trascendenza della fede rivelata. Nelle parole di san Josemaría Escrivá, «La gente ha una visione piatta, attaccata alla terra, a due dimensioni. —Quando vivrai la vita soprannaturale otterrai da Dio la terza dimensione: l'altezza e, con essa, il rilievo, il peso e il volume».

Benedetto XVI ha illuminato molti aspetti della fede con testi scientifici e pastorali ricchi di suggerimenti, come la sua trilogia "Gesù di Nazaret". Ho osservato quanti acattolici si orientano ai suoi insegnamenti (e a quelli di san Giovanni Paolo II). Questo non è casuale, perché non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né albero cattivo che produca un frutto buono (cfr Lc 6,43).

Si potrebbero fare grandi passi nell'ecumenismo, se ci fosse più buona volontà e più amore per la Verità (molti non si convertono per pregiudizi e legami sociali, che non dovrebbero essere un freno, ma lo sono). In ogni caso, ringraziamo Dio per questi doni (Giovanni Paolo II non ha esitato ad affermare che il Concilio Vaticano II è il grande dono di Dio alla Chiesa nel XX secolo); e preghiamo per l'Unità, la grande intenzione di Gesù Cristo, per la quale Egli stesso pregó nella sua Ultima Cena.
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28/02/2022 08:00
 
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«Va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri (...); e vieni! Seguimi!»

P. Joaquim PETIT Llimona, L.C.
(Barcelona, Spagna)
Oggi, la liturgia ci presenta un vangelo sul quale è difficile rimanere indifferenti se viene affrontato con sincerità di cuore.

Nessuno può mettere in dubbio le buone intenzioni di quel giovane che si avvicinò a Gesù per porGli una domanda: "Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?" (Mc 10,17). Per quello che ci riferisce Marco, è chiaro che quel cuore aveva bisogno di qualcos'altro, infatti è facile supporre che –buon israelita- conosceva bene la legge, ma dentro di lui c'era un’inquietudine, un bisogno di andare oltre e, quindi, chiede una spiegazione a Gesù.

Nella nostra vita cristiana, dobbiamo imparare a superare questa visione che riduce la fede a una mera questione di compimento. La nostra fede è molto di più. Si tratta di un impegno di cuore verso Qualcuno, che è Dio. Quando si mette il cuore in qualcosa, ci mettiamo anche la vita e, nel caso della fede, superiamo così il conformismo che sembra oggi condizionare l’esistenza di tanti credenti. Chi ama non si conforma con dare qualsiasi cosa. Chi ama cerca un rapporto personale, stretto, approfitta i dettagli e sa scoprire in tutto un’occasione per crescere nell'amore. Chi ama si dà.

In realtà, la risposta di Gesù alla domanda del giovane è una porta aperta alla donazione totale per amore: "Va, vendi quello che hai e dallo ai poveri (...), poi vieni e seguimi" (Mc 10,21). Non si tratta di lasciare senza motivo. È un lasciare che è dare se stesso e un dare se stesso che è una genuina espressione dell’amore. Apriamo, quindi, i nostri cuori all'amore-dono. Viviamo il nostro rapporto con Dio in questa chiave. Orare, servire, lavorare, superarsi, sacrificarsi... sono tutti modi di donarsi e pertanto cammini d'amore. Che il Signore trovi in noi non solo un cuore sincero, ma anche un cuore generoso e aperto alle esigenze dell'amore. Perché -con parole di Giovanni Paolo II- "l'amore che viene da Dio, amore tenero e sponsale, è fonte di esigenze profonde e radicali".
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01/03/2022 09:51
 
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«Non c’è nessuno che abbia lasciato casa (...) per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva (...) cento volte tanto (...) e la vita eterna nel tempo che verrà»

Rev. D. Jordi SOTORRA i Garriga
(Sabadell, Barcelona, Spagna)
Oggi, come quel padrone che andava in piazza ogni mattina a cercare lavoratori per la sua vigna, il Signore cerca discepoli, seguaci, amici. Il Suo invito è universale. E’ un’offerta affascinante! Il Signore ci dà fiducia. Pone, però, una condizione per essere Suoi discepoli, condizione che può scoraggiarci; bisogna lasciare «casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del vangelo»(Mc 10,29).

Non c’è contropartita? Non c’è compenso? Questo ci apporterà dei benefici? Pietro a nome degli Apostoli, ricorda al Maestro: «Noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito» (Mc 10,28), quasi volesse dire: che beneficio otterremo da tutto questo?

La promessa del Signore è generosa; «già al presente cento volte (...) e nel futuro la vita eterna» (Mc 10,30). Lui non si lascia vincere in generosità. Però aggiunge: “Con persecuzioni”. Gesù è realista e non vuole ingannarci. Essere Suoi discepoli, se lo siamo veramente, ci porterà difficoltà, problemi. Ma Gesù considera le persecuzioni e le difficoltà come un premio, giacchè ci aiutano a crescere, se le sappiamo accettare e vivere come un’occasione per guadagnare in maturità e in responsabilità. Tutto quello che è motivo di sacrificio ci fa rassomigliare a Gesù che ci salva con la sua morte sulla Croce.

Stiamo sempre in tempo per rivedere la nostra vita ed avvicinarci di più a Gesù. Questi tempi, e tutto il tempo, ci permettono –per mezzo della preghiera e dei sacramenti- di verificare se, tra i discepoli che Lui cerca, ci siamo noi, e vedremo pure quale deve essere la nostra risposta a questa chiamata. Accanto alle risposte radicali (come quella degli Apostoli) ve ne sono altre. Per molti, lasciare “casa, fratelli, sorelle, madre, padre...”vorrà dire tutto quello che ci impediva di vivere in profondità l’amicizia verso Gesù e, conseguentemente, essere Suoi testimoni di fronte al mondo. E questo è urgente, non ti sembra?
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02/03/2022 09:45
 
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State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro»

Pbro. D. Luis A. GALA Rodríguez
(Campeche, Messico)
Oggi, iniziamo il nostro itinerario verso la Pasqua, e il Vangelo ci ricorda i doveri fondamentali del cristiano, non solo come preparazione verso un tempo liturgico, ma come preparazione verso la Pasqua Eterna: «State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre che è nei cieli» (Mt 6,1). La giustizia, della quale parla Gesù, consiste nel vivere d’accordo ai principi evangelici, senza dimenticare che «se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli» (Mt 5,20).

La giustizia ci porta all’amore, espresso nell’elemosina e in opere di misericordia: «Mentre fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra» (Mt 6,3). Non è che si debbano nascondere le opere buone, ma che non si deve pensare nella lode umana al compierle, né desiderare nessun altro bene. In altre parole, devo fare l’elemosina in modo tale che neppure io abbia l’impressione di star facendo qualcosa di buono che meriti una ricompensa da parte di Dio e lode da parte degli uomini.

Benedetto XVI diceva insistentemente che aiutare i bisognosi è un dovere di giustizia ancor prima di essere un atto di carità: «La carità va oltre la giustizia (...), però mai manca di giustizia, che ci porta a dare al prossimo quello che è “suo”, cioè quello che tocca a lui,» in virtù della sua persona ed al suo agire. Non dobbiamo dimenticare che non siamo proprietari assoluti dei beni che possediamo, ma solo amministratori. Cristo ci ha insegnato che l’autentica carità è quella che non si limita a “dare” l’elemosina, ma quella che ci porta a “dare noi stessi”, che si offre a Dio quale culto spirituale (cf.Rom 12,1) Questo sarà il vero gesto di giustizia e di carità cristiana, «e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà» (Mt 6,4).
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03/03/2022 09:25
 
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«Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua»

+ Fray Josep Mª MASSANA i Mola OFM
(Barcelona, Spagna)
Oggi, è il primo giovedì di Quaresima. Abbiamo ancora fresche le ceneri che la Chiesa ci poneva ieri sulla fronte, e che ci introducevano in questo tempo santo, che è un percorso di quaranta giorni. Gesù, nel Vangelo ci indica due rotte: la “Via crucis” che Lui ha percorso, ed il nostro cammino, seguendo Lui.

Il Suo sentiero è il “Cammino della croce” e della morte, ma anche quello della Sua glorificazione: «Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, (...) venire ucciso e risorgere il terzo giorno» (Lc 9,22). Il nostro sentiero, essenzialmente, non è differente da quello di Gesù, e ci indica qual’è il modo di seguirLo: «Se qualcuno vuole venire dietro a me...» (Lc 9,23).

Abbracciato alla Sua Croce, Gesù seguiva la volontà del Padre, noi, caricando la nostra sulle spalle, lo accompagniamo nella Sua “Via Crucis”.

Il cammino di Gesù, viene sintetizzato in tre parole: sofferenza, morte, risurrezione. Il nostro sentiero, viene anch'esso costituito da tre aspetti (due atteggiamenti e l’essenza della vocazione cristiana): negare noi stessi, prendere ogni giorno la croce e accompagnare Gesù.

Se qualcuno non nega sé stesso e non prende la croce, vuole riaffermarsi ed essere sé stesso, vuole «salvare la sua vita», come dice Gesù. Ma, volendo salvarla, la perderà. Invece, chi cerca di non evitare la sofferenza e la croce, per Gesù, salverà la sua vita. E’ il paradosso di seguire Gesù: «Che giova all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso?» (Lc 9,25).

Questa parola del Signore che chiude il Vangelo di oggi, scosse il cuore di San Ignazio e ne provocò la sua conversione: «Che succederebbe se io facessi quello che fece san Francesco e quello che fece san Domenico?». Voglia il Cielo che, in questa Quaresima, la stessa parola aiuti a convertire anche noi!
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05/03/2022 10:45
 
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«Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano»

Rev. D. Joan Carles MONTSERRAT i Pulido
(Cerdanyola del Vallès, Barcelona, Spagna)
Oggi, vediamo come avanza la Quaresima e l’intensità della conversione alla quale il Signore ci chiama. L’immagine dell’apostolo ed evangelista Matteo risulta molto rappresentativa per chi possiamo pensare che, a causa del nostro istoriale, o per i peccati personali o situazioni complicate, è difficile che il Signore si fissi in noi per collaborare con Lui.

Dunque, Gesù Cristo, per toglierci da ogni dubbio ci mette come primo evangelista l’ “esattore delle imposte” Levi, al quale, senza preamboli dice: «Seguimi» (Lc 5,27). Con lui fa esattamente il contrario di ciò che una mentalità “prudente” farebbe, se volessimo sembrare “politicamente corretti”. Levi –invece- veniva da un ambiente dove pativa il rifiuto di tutti i suoi compatrioti, giacché veniva giudicato, solamente per il fatto di essere pubblicano, collaborazionista dei romani e, possibilmente, defraudatore per le “provvigioni”, colui che opprimeva i poveri al riscuotere le imposte, infine, un peccatore pubblico.

Quelli che si consideravano perfetti non potevano assolutamente pensare che Gesù non solo non li chiamasse a seguirlo, ma nemmeno che si sedessero alla stessa mensa.

Ma, con questo atteggiamento di sceglierlo, Nostro Signore Gesù Cristo ci dice che piuttosto è di questo tipo di gente di cui Gli piace servirsi per estendere il suo Regno; ha scelto i malvagi, i peccatori, quelli che non sono creduti giusti: «Quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti» (1Cor 1,27). Sono questi quelli che hanno bisogno del medico, e soprattutto, sono quelli che capiranno che gli altri hanno bisogno di loro.

Dobbiamo, quindi, evitare di pensare che Dio voglia espedienti puliti e immacolati per servirlo. Tale espediente lo preparò solo per Nostra Madre. Per noi, invece, soggetti della salvazione di Dio e protagonisti della Quaresima, Dio vuole un cuore pentito ed umiliato. Precisamente «Dio ti ha scelto debole per darti il suo proprio potere» (Sant’Agostino). E’ questo il tipo di gente che, come dice il salmista, Dio non disdegna.
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06/03/2022 08:21
 
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«Era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo»

P. Josep LAPLANA OSB Monje de Montserrat
(Montserrat, Barcelona, Spagna)
Oggi, Gesù, «pieno di Spirito Santo» (Lc 4,1), si inoltra nel deserto, lontano dalla gente, per sentire in modo immediato e sensibile la sua dipendenza assoluta dal Padre. Gesù si sente assalito dalla fame e questo momento di debolezza viene approfittato dal Maligno, per tentarlo con l’intenzione di distruggere il nucleo stesso dell’identità di Gesù come Figlio di Dio: la sua adesione sostanziale e incondizionale al Padre. Con lo sguardo posto in Cristo, vincitore del male, i cristiani oggi ci sentiamo stimolati ad addentrarci nel cammino della Quaresima. Ci spinge a questo il desiderio di autenticità, essere pienamente quelli che siamo, discepoli di Gesù, e con Lui, figli di Dio. Per questo vogliamo approfondire la nostra adesione intensa a Gesù e al suo programma di vita che è il Vangelo: «Non di solo pane vivrà l’uomo».(Lc 4,4).

Come Gesù nel deserto, armati con la saggezza delle Scritture, ci sentiamo chiamati a proclamare in questo mondo consumista che l’uomo è disegnato a scala divina e che solo potrà colmare la sua ricerca della felicità quando spalanchi le porte della sua vita a Cristo, Redentore dell’uomo. Ciò significa vincere le molteplici tentazioni che vogliono rimpicciolire la nostra vocazione umana-divina. Con l’esempio e con la forza di Gesù tentato nel deserto, smaschereremo le troppe bugie sull’uomo che ci vengono dette sistematicamente da tutti i mass media e dall’ambiente pagano in cui viviamo.

San Benedetto, dedica il capitolo 49 della sua “Santa Regola” a “la Quaresima dei Monaci” ci esorta a «e similmente in questo santo tempo, ripari a tutte le negligenze degli altri tempi (...), e diamo opera all’orazione col pianto, alla lettura, alla compunzione del cuore e all’astinenza, (...) affinché ciascuno offerisca a Dio, di propria volontà e con letizia di Spirito Santo ”(...) ed aspetti con gaudio di spirituale desiderio la Santa Pasqua.».
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07/03/2022 07:56
 
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Tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me»

Rev. D. Joaquim MONRÓS i Guitart
(Tarragona, Spagna)
Oggi, ci viene ricordato il giudizio finale, «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria e tutti gli angeli con Lui» (Mt 25,31), e ci rimarca che dare da mangiare, bere, vestire... diventano opere d’amore per un cristiano, quando, al realizzarle, si sa scorgere in esse lo stesso Cristo.

Dice San Giovanni della Croce: «Alla fine ti giudicheranno sull’amore. Impara ad amare Dio come Dio vuol essere amato e lascia la tua propria condizione». Il non fare una cosa che bisogna fare, a favore degli altri figli di Dio e fratelli nostri, suppone lasciare Cristo senza questi particolari di un amore dovuto: è un peccato di omissione.

Il Concilio Vaticano II, nella “Gaudium et spes”, spiegando le esigenze della carità cristiana, che dà senso alla ”chiamata assistenza sociale”, dice: «Nella nostra epoca, urge specialmente l’obbligo di approssimarci a qualunque uomo sia e di servirlo con affetto, sia che si tratti di un anziano abbandonato da tutti o di un bambino nato da un’unione illegittima e che si vede esposto a pagare, senza ragione, il peccato che lui non ha commesso, o di chi ha fame e appella alla nostra coscienza, ricordandoci le parole del Signore: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40).

Ricordiamo che Cristo vive nei cristiani... e ci dice: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).

Il Concilio Lateranense IV definisce il giudizio finale quale verità di fede: «Gesù Cristo verrà alla fine del mondo per giudicare vivi e morti e per dare a ciascuno, d’accordo alle sue opere, tanto ai reprobi come agli eletti (...) per ricevere secondo le loro opere, buone o cattive:quelli, con il diavolo al castigo eterno, questi, con Cristo alla gloria eterna».

Chiediamo a Maria che ci aiuti nelle azioni, servendo Suo Figlio nei nostri fratelli.
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09/03/2022 09:52
 
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«Come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione»

Fr. Roger J. LANDRY
(Hyannis, Massachusetts, Stati Uniti)
Oggi, Gesù ci dice che il segno che darà alla “generazione malvagia” sarà Lui stesso come il “segno di Giona” (cf.Lc 11,30). Allo stesso modo di Giona che permise che lo lanciassero dal bordo della nave per calmare la tempesta che minacciava di farli naufragare e così salvare la vita dell’equipaggio-, allo stesso modo Gesù permise che lo lanciassero dal bordo della vita per calmare le tempeste del peccato che mettono a repentaglio le nostre vite. «Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell’uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra prima di abbandonare la tomba» (Mt 12,40).

Il segno che Gesù darà ai “malvagi” di ogni generazione è la Sua morte e risurrezione. La Sua morte, liberamente accettata, è il segno dell’incredibile amore di Dio verso di noi: Gesù diede la Sua vita per salvare la nostra. E la Sua risurrezione dai morti costituisce il segno del Suo potere divino. Si tratta del segno più poderoso e commovente decisamente dato mai.

Ma, inoltre, Gesù è pure il segno di Giona, in un altro senso. Giona fu un immagine ed un mezzo di conversione. Quando nella sua predizione: «Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta» (Gion 3,4) , mette sull’avviso i niniviti pagani, costoro si convertono, giacché tutti loro – dal re fino ai bambini e agli animali vengono coperti di invoglia e ceneri. Lungo questi quaranta giorni di Quaresima abbiamo Qualcuno molto «più grande di Giona» (Lc 11,32) predicando a tutti noi la conversione: lo stesso Gesù. Conseguentemente, la nostra conversione dovrebbe essere altrettanto convincente.

«Giacché Giona era un servo», San Giovanni Crisostomo scrive, parlando di Gesù Cristo, «ma io sono il Maestro; lui fu gettato alla balena, ma io risuscitai tra i morti; e, mentre lui minacciava la distruzione, Io sono venuto a predicare la Buona Nuova e il Regno».

La settimana scorsa, il Mercoledì delle Ceneri, ci siamo coperti di ceneri, ed ognuno ha ascoltato le parole del primo discorso di Gesù Cristo: «Pentitevi e credete nel Vangelo» (Mc 1,15). La domanda che dobbiamo rivolgerci è: -abbiamo già risposto con una profonda conversione come quella dei niniviti ed abbiamo abbracciato quel Vangelo?
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10/03/2022 08:16
 
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Chiunque chiede riceve, e chi cerca trova»

Rev. D. Joaquim MESEGUER García
(Rubí, Barcelona, Spagna)
Oggi, Gesù ci parla della necessità e del potere della preghiera. Non possiamo capire la vita cristiana sprovvista di una relazione con Dio, e in questa relazione, la preghiera occupa un posto centrale. Mentre viviamo in questo mondo, i cristiani ci troviamo in un cammino di pellegrinaggio, ma la preghiera ci avvicina a Dio, ci apre le porte del Suo amore immenso e ci anticipa già le delizie del cielo. Per questo, la vita cristiana è una richiesta e una continua ricerca: «Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto» (Mt 7,7), ci dice Gesù.

Contemporaneamente, la preghiera va trasformando il cuore di pietra in un cuore di carne: «Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele chiedono!» (Mt 7,11). La sintesi migliore di quanto possiamo chiedere a Dio, si trova nel `Padrenostro´: «Venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra» (Mt 6,10). Quindi non possiamo chiedere nella preghiera qualunque cosa, ma solo quello che sia veramente un bene. Nessuno desidera un male per se stesso; per questo non possiamo volerlo per gli altri.

C´è chi si lagna di non essere ascoltato da Dio, perché non vede risultati immediati o perché pensa che Dio non lo ami. In simili casi, sarà opportuno ricordare il consiglio di San Geronimo: «E’ certo che Dio da a chi chiede, che chi cerca trova e a chi chiama gli si apre; si vede chiaramente che chi non ha ricevuto, chi non ha trovato e neppure gli hanno aperto, è perché non ha chiesto bene, non ha cercato bene e non ha bussato bene alla porta». Chiediamo, dunque, a Dio, in primo luogo, che faccia diventare buono il nostro cuore, come quello di Cristo Gesù.
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11/03/2022 08:27
 
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Lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello»

Fr. Thomas LANE
(Emmitsburg, Maryland, Stati Uniti)
Oggi, il Signore, parlandoci di quello che avviene nei nostri cuori, ci invita alla conversione. Il comandamento dice «Non ucciderai» (Mt 5,21), ma Gesù ci ricorda che vi sono altre forme per togliere la vita agli altri. Questo può accadere albergando nel nostro cuore un’ira eccessiva verso il prossimo o non trattandolo con rispetto o insultandolo («imbecille», «rinnegato» cf.Mt5,22).

Il Signore ci invita ad essere `persone integre´; «Lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va prima a riconciliarti con il tuo fratello» (Mt 5,24), cioè che la fede che professiamo nella celebrazione liturgica dovrebbe influire sulla nostra vita giornaliera ed interessare la nostra condotta. Perciò, Gesù ci chiede di riconciliarci con i nostri nemici. Un primo passo nel cammino della riconciliazione è`pregare per i nostri nemici´, come Gesù richiede. Se questo ci risulta difficile, allora, sarebbe bene ricordare e rivivere, nella nostra immaginazione, la figura di Gesù morendo per quelli, verso i quali sentiamo fastidio. Se siamo stati gravemente offesi, preghiamo perché venga cicatrizzato il doloroso ricordo e per ottenere la grazia di poter perdonare. E, mentre preghiamo, chiediamo al Signore che retroceda con noi nel tempo e nel luogo dove è avvenuto l’affronto –sostituendola con il Suo amore- perché, in questo modo possiamo sentirci liberi per poter perdonare.

Ricordiamo le parole di Benedetto XVl, «se vogliamo presentarci davanti a Lui, dobbiamo anche metterci in cammino per incontrarci con gli altri. Perciò è necessario imparare la grande lezione del perdono; non lasciare annidare nel cuore il tarlo del risentimento, ma aprire il cuore alla magnanimità di saper ascoltare l’altro, aprire il cuore alla comprensione, alla possibile accettazione delle sue scuse ed alla generosa offerta delle proprie».
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12/03/2022 08:21
 
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«Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano»

Rev. D. Joan COSTA i Bou
(Barcelona, Spagna)
Oggi, il Vangelo ci esorta all’amore più perfetto. Amare è volere il bene dell’altro, e in questo si basa la nostra relazione personale. Non amiamo per cercare il nostro bene ma per quello della persona amata, e, così facendo, cresciamo come persone. L’essere umano, affermò il Concilio Vaticano ll «non può trovare la sua pienezza se non nella donazione sincera di se stesso agli altri» A questo si riferiva santa Teresa del Bambino Gesù quando chiedeva di fare della nostra vita un olocausto.´L’amore è la vocazione umana. Tutta la nostra condotta, perché sia veramente umana, deve esprimere la realtà del nostro essere, realizzando la vocazione all’amore. Come ha scritto san Giovanni Paolo ll, «l’uomo non può vivere senza amore. Egli resta per se stesso un essere incomprensibile; la sua vita è priva di senso se non gli si rivela l’amore, se non si incontra con l’amore, se non lo sperimenta e lo assimila, se non partecipa vivamente in esso».

L’amore ha il suo fondamento e la sua pienezza nell’amore di Dio in Cristo. La persona è invitata ad un dialogo con Dio. Uno esiste per l’amore di Dio che ci creò e per l’amore di Dio che ci conserva, «e solo può dirsi che si vive nella pienezza della verità, quando liberamente si riconosce quest’amore e ci si affida totalmente al Creatore» (Concilio Vaticano ll): questa è la ragione più alta della sua dignità. L’amore umano deve, perciò, essere custodito dall’Amore divino, che ne è la fonte; in Esso trova il suo modello e lo porta alla pienezza. Per tutto ciò, l’amore, quando è veramente umano, ama con il cuore di Dio e abbraccia incluso i nemici. Se non è così uno non ama veramente. Conseguentemente, l’esigenza del dono sincero di se stesso, diventa un comandamento divino.: «Voi dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.» (Mt 5,48).
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13/03/2022 09:27
 
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«Gesù (...) salì sul monte a pregare»

Rev. D. Jaume GONZÁLEZ i Padrós
(Barcelona, Spagna)
Oggi, seconda domenica di Quaresima, la liturgia della Parola ci porta invariabilmente l’episodio evangelico della Transfigurazione del Signore. Quest’anno con i tratti caratteristici di San Luca.

Il terzo evangelista è chi sottolinea più intensamente Gesù orante, il Figlio che è unito permanentemente al Padre per mezzo della preghiera personale, a volte intima, nascosta; altre volte alla presenza dei Suoi discepoli, colma di gioia dello Spirito Santo.

Fissiamoci, dunque, che Luca è l’unico dei sinottici che inizia la narrazione di questo rapporto così: «Gesù (...) salì sul monte a pregare» e, pertanto, è pure colui che specifica che la trasfigurazione del Maestro avvenne «mentre pregava» (Lc 9,29). Non è questo un fatto secondario.

La preghiera viene presentata quale contesto idoneo, naturale, per la visione della gloria di Cristo; quando Pietro, Giovanni e Giacomo si svegliarono, «videro la sua gloria» (Lc 9,32). Ma non solo quella di Lui, ma pure la gloria che Dio aveva manifestato nella Legge ed i Profeti.; costoro erano «apparsi nella gloria» (Lc 9,31). Effettivamente, anche loro trovano il loro splendore, quando il Figlio parla al Padre nell’amore dello Spirito. Così nel cuore della Trinità, la Pasqua di Gesù, «il suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme» (Lc 9,31) è il simbolo che manifesta il progetto di Dio, da sempre, portato a tèrmine nel seno della storia d’Israele, fino al compimento definitivo, nella pienezza dei tempi, nella morte e risurrezione di Gesù, il Figlio incarnato.

È bene ricordare, in questa Quaresima e sempre, che solo se lasciamo affiorare lo Spirito di pietà nella nostra vita, stabilendo con il Signore una relazione familiare inseparabile, potremo godere della contemplazione della Sua gloria. E’ urgente che ci lasciamo impressionare dalla visione del volto del Trasfigurato. Alla nostra vivenza cristiana forse ci sono troppe parole e c’è mancanza di stupore, quello che fece di Pietro e dei suoi compagni, testimoni autentici del Cristo vivente.
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