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Serbava queste cose, meditandole... (Lc.2,19)

Ultimo Aggiornamento: 21/04/2024 10:34
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07/07/2019 13:35
 
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«Andate»

Dr. Josef ARQUER
(Berlin, Germania)


Oggi, fissiamo il nostro sguardo in alcuni che, tra la moltitudine, hanno cercato di avvicinarsi a Gesù che sta parlando mentre contempla i campi traboccanti di spighe: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi:Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe» (Lc 10,2). Repentinamente, fissa lo sguardo su di loro e va segnalando alcuni, uno per uno: tu, tu e tu; fino a settanta due…

Meravigliati, gli sentono dire di andare di due in due, verso tutti i popoli e luoghi dove Egli andrà. Qualcuno forse avrà risposto: -Ma, Signore, io sono venuto solamente per ascoltarti, perché è così bello quello che dici!

Il Signore li mette in guardia sui pericoli che li minacceranno. «Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo ai lupi». E, usando immagini solite nelle parabole, aggiunge: «Non portate borsa ne bisaccia, ne sandali» (Lc 10,3-4). Interpretando il linguaggio espressivo di Gesú: -Lasciate da parte i mezzi umani. Io vi mando e questo è sufficiente. Sebbene vi sentiate lontani, continuate a sentirvi vicini a me, io vi accompagno.

Diversamente dai Dodici, chiamati dal Signore perché restino vicini a Lui, i settentadue ritorneranno subito alle loro famiglie ed al proprio lavoro. E vivranno lì quello che avevano scoperto presso Gesù: dare testimonio, ognuno dal proprio posto , semplicemente aiutando quelli che ci circondano ad avvicinarsi a Gesù.

L’avventura finisce bene: «I settanta due tornarono molto contenti» (Lc 10,17). Seduti attorno a Gesù, dovettero raccontarGli le esperienze di quel paio di giorni in cui scopersero la bellezza di essere testimoni.

Considerando oggi quel lontano episodio, vediamo che non è un semplice ricordo storico. Dobbiamo sentirci chiamati in causa: possiamo sentirci presso Cristo, presente nella Chiesa e adorarlo nell’Eucaristia. Il Papa Francesco ci incoraggia a «portare Gesù all’uomo, a portare questi all’incontro di Gesù, Via, Verità e Vita, realmente presente nella Chiesa e contemporaneo in ogni uomo.
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08/07/2019 10:46
 
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La tua fede ti ha salvata»

Rev. D. Antoni CAROL i Hostench
(Sant Cugat del Vallès, Barcelona, Spagna)


Oggi, la liturgia della Parola ci invita ad ammirare due magnifiche manifestazioni di fede. Così straordinarie che conquistarono e commossero il cuore di Gesù provocando —immediatamente— la sua risposta. Il Signore non si lascia vincere in generosità.

« Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano sopra di lei ed essa vivrà» (Mt 9,18). Quasi potremmo dire che con fede risoluta “obblighiamo” a Dio. A Lui piace questa specie di obbligazione. Anche l’altra testimonianza di fede nel Vangelo di oggi è impressionante: «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita» (Mt 9,22).

Si potrebbe affermare che Dio, addirittura, si lascia “manipolare” di buon grado dalla nostra buona fede. Quello che non ammette è che lo tentiamo con sfiducia. Questo fu il caso di Zaccaria, che chiese una prova all‘arcangelo Gabriele: «Ma Zaccaria disse all’angelo: Come posso conoscere questo?» (Lc 1,18). L’arcangelo non arretrò di un passo «Io sono Gabriele che sto al cospetto di Dio (...).Ed ecco, sarai muto e non potrai parlare fino al giorno in cui queste cose avverranno, perché non hai creduto alle mie parole, le quali si adempiranno a loro tempo» (Lc 1,19-20). E così fu.

E’ Lui stesso che vuole “obbligarsi” e “legarsi” con la nostra fede: «Ebbene io vi dico: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto» (Lc 11,9). Lui è nostro Padre e non vuole negare nulla di ciò che conviene ai suoi figli.

Però è necessario manifestargli con fiducia le nostre richieste; la fiducia e la connaturalità con Dio richiedono tatto: per aver fiducia di qualcuno, dobbiamo conoscerlo; e per conoscerlo dobbiamo frequentarlo. Così «la fede fa germogliare la preghiera, e la preghiera —quando germoglia— raggiunge la fermezza della fede» (Sant’Agostino). Non dimentichiamo la lode che meritò Santa Maria: «E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore!» (Lc 1,45).
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09/07/2019 10:27
 
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«Pregate (...) il signore della messe perché mandi operai nella sua messe!»

Rev. D. Joan SOLÀ i Triadú
(Girona, Spagna)


Oggi, il Vangelo ci racconta la guarigione di un indemoniato muto provocando reazioni diverse nei farisei e nella folla. Mentre i farisei, di fronte alla prova innegabile di un miracolo, la attribuiscono a poteri demoniaci —«Egli scaccia i demoni per opera del principe dei demoni» (Mt 9,34)— la folla è stupita: «Non si è mai vista una cosa simile in Israele!» (Mt 9,33). San Giovanni Crisostomo, commentando questo passaggio, dice: «Quello che veramente infastidiva i farisei è che consideravano Gesù superiore a tutti, non solo quelli che già esistevano, ma a anche a tutti quelli che erano esistiti prima».

Gesù non era preoccupato per l'ostilità dei farisei. Lui rimaneva fedele alla sua missione. Inoltre, Gesù, di fronte alla evidenza che le guide d’Israele, invece di prendersi cura e pascere il gregge, quello che facevano era smarrirlo, ebbe pietà di quelle folle stanche e sfinite, come pecore senza pastore. Che le moltitudini vogliono e apprezzano una buona guida è stato dimostrato con le visite pastorali di San Giovanni Paolo II a tanti paesi del mondo. Quante moltitudini si sono raccolte intorno a lui! Come ascoltavano la sua parola, soprattutto i giovani! Anche se il Papa non riduceva il messaggio del Vangelo, ma lo predicava in tutta la sua intensità.

Tutti noi, «se fossimo coerenti con la nostra fede, —dice san Josemaría Escrivá— guardando intorno e contemplando lo spettacolo della storia e del mondo, non potremo evitare di sentire che sorgono nei nostri cuori gli stessi sentimenti che animarono quelli di Gesù Cristo», e ciò ci condurrebbe ad una generosa opera apostolica. Però è evidente la disparità che esiste fra le moltitudini che attendono la predicazione della Buona Nuova del Regno e la scarsezza di operai. La soluzione è data da Gesù alla fine del Vangelo: pregate il signore della messe perché mandi operai nella sua messe (cf. Mt 9,38).
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10/07/2019 08:31
 
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«Predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino»

Rev. D. Fernando PERALES i Madueño
(Terrassa, Barcelona, Spagna)


Oggi, il Vangelo ci mostra Gesù inviando i suoi discepoli in missione: «Questi dodici Gesù li inviò dopo averli così istruiti» (Mt 10,5). I dodici discepoli formano il “Collegio Apostolico”, vale a dire “missionario”; la Chiesa, nel suo pellegrinaggio terreno, è una comunità missionaria, da quando si è originata nel compimento della missione del Figlio e lo Spirito Santo d'accordo con le determinazioni di Dio Padre. Nello stesso modo in cui Pietro e gli altri Apostoli costituiscono un unico Collegio Apostolico istituito dal Signore, così il Romano Pontefice, successore di Pietro, e i Vescovi, successori degli Apostoli, conformano un'unità sulla quale ricade il dovere di annunziare il Vangelo per tutta la terra.

Tra i discepoli inviati in missione troviamo quelli ai quali Cristo ha conferito un posto prominente e una responsabilità maggiore, come Pietro; e altri come Taddeo, di chi quasi non abbiamo notizie; tuttavia, i vangeli ci comunicano la Buona Notizia, non sono stati scritti per soddisfare la curiosità. Noi, da parte nostra, dobbiamo pregare per tutti i vescovi, per quelli noti e per quelli meno noti, e vivere in comunione con tutti: «Come Gesù Cristo segue il Padre, seguite tutti il vescovo e i presbiteri come gli apostoli» (Sant'Ignazio di Antiochia). Gesù non cercò persone istruite, ma semplicemente disponibili, capaci di seguirlo fino alla fine. Questo mi insegna che anch'io, come cristiano, devo sentirmi responsabile di una parte dell'opera di salvazione di Gesù. Allontano il male?, Dò aiuto ai miei fratelli?

Come l'opera è nel suo inizio, Gesù si affretta a circoscrivere l’apostolato dei discepoli ordinando loro: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d'Israele. E strada facendo, predicate che il Regno dei Cieli è vicino» (Mt 10,5-6). Oggi si deve fare ciò che si può, con la certezza che Dio chiamerà tutti i pagani e i samaritani in un’altra fase della attività missionario missionaria.
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11/07/2019 08:06
 
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«Noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?»

Dom Josep ALEGRE Abate di Santa Mª de Poblet
(Tarragona, Spagna)


Oggi, in occasione della festa di San Benedetto, la Liturgia della Parola trasmette, con frasi di Gesù Cristo, la speranza che ci deve inondare quando abbiamo lasciato tutto per stare con Lui. «parleremo oggi di un uomo veramente insigne, degno di ogni venerazione. Si chiamava Benedetto questo uomo e fu davvero benedetto di nome e di grazia. Fin dai primi anni della sua fanciullezza era già maturo e quasi precorrendo l'età con la gravità dei costumi, non volle mai abbassare l'animo verso i piaceri. Se l'avesse voluto avrebbe potuto largamente godere gli svaghi del mondo, ma egli li disprezzò come fiori seccati e svaniti». "Così inizia San Gregorio Magno parlando della vita di di San Benedetto. E così inizia Benedetto a compiere il Vangelo che la Chiesa ci offre oggi, il giorno della sua festività: lasciare tutto per seguire il Maestro.

Per seguire Gesù, dobbiamo lasciare quello che non ha coerenza e abbracciare la vera sapienza, che muove i cuori e apre le porte dell'immortalità, diversa dalla sapienza di questo mondo, che di solito chiude e indurisce i cuori, condannandoli alla sterilità e la morte, che rende l'uomo infelice, perché il suo cuore è fatto per la vita, per Dio, e acquieta soltanto nelle fontane della vita, nell'abbraccio di Dio.

Il percorso scelto da San Benedetto è quindi il modo di meritare ed ascoltare le parole di Gesù: «Quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni...» (Mt 19,18). Questo nuovo mondo comincia a delinearlo chi nella propria vita prende la saggezza del Regno, perché ha il divino Spirito che scruta ogni cosa e scorge le vie del Signore. E così diventa creditore a ricevere ed ereditare la vita eterna che viene anticipata in questo mondo con il fatto di seguire e conoscere il Signore Gesù, che afferma chiaramente: «Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo» (Gv 17,3). E 'ciò che fece San Benito... E tu?
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14/07/2019 07:42
 
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«Un Samaritano, (...) ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite (...) lo caricò sulla sua cavalcatura...»

Rev. D. Llucià POU i Sabater
(Granada, Spagna)


Oggi, ci domandiamo: «E chi è il mio prossimo?» (Lc 10,29). Raccontano che dei giudei si erano incuriositi all’accorgersi che il loro rabbino spariva alla vigilia del sabato. Sospettarono che avesse un secreto, forse con Dio, e affidarono a uno l’incarico di seguirlo... e così lo fece Quest’uomo, pieno di emozione, lo seguì fino a un misero sobborgo, dove vide il rabbino spazzare e rassettare la casa di una donna: era paralitica; la serviva e le preparava un pranzo speciale per la festa. Quando la spia tornò, i giudei gli chiesero: «Dov’è andato? In cielo tra le nuvole e le stelle?» «No! rispose la spia; è salito molto più in alto».

Amare gli altri con opere è salire sulla vetta; è dove si manifesta l’amore. Non far finta di non vedere!: è lo stesso Cristo che, nei poveri, alza la Sua voce per suscitare la carità dei Suoi discepoli», afferma il Concilio Vaticano II in un documento.

Fare la parte del buon samaritano significa cambiare i progetti («arrivò con lui»), significa dedicare tempo («si prese cura di lui»)... Questo ci porta a prendere in considerazione anche la figura del locandiere, come disse Giovanni Paolo II: «Che cosa avrebbe potuto fare senza di lui? In realtà, il locandiere, restando nell’anonimato, svolse la maggior parte del lavoro. Tutti possiamo attuare come lui, svolgendo il proprio lavoro con spirito di servizio. Ogni lavoro offre l’opportunità, più o meno diretta, di aiutare chi ne ha bisogno (...). Il compiere fedelmente i propri doveri professionali è già praticare l’amore verso le persone e la società».

Lasciar tutto per accogliere chi ne ha bisogno (il buon samaritano) e svolgere bene il lavoro per amore (il locandiere), costituiscono le due forme di amare che ci corrispondono: «Chi (...) ti sembra che fù prossimo? `Chi ha avuto compassione di lui´ Gesù gli disse;«Va’ e anche tu fa’ così» (Lc 10,36-37).

Accorriamo alla Vergine Maria e Lei –che è esemplare- ci aiuti a scoprire i bisogni materiali e spirituali degli altri!
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15/07/2019 08:42
 
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Chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me»

Rev. D. Valentí ALONSO i Roig
(Barcelona, Spagna)


Oggi, Gesù ci offre una miscela esplosiva di raccomandazioni; è come uno di quei banchetti di moda dove i piatti sono piccole “razioni” da assaggiare. Si tratta di consigli profondi e duri da digerire, destinati ai suoi discepoli nel bel mezzo di un processo di formazione e preparazione missionaria (cf. Mt 11,1). Per degustarli, dobbiamo contemplare il testo in gruppi separati.

Gesù incomincia facendo conoscere l’effetto del suo insegnamento. Oltre agli effetti positivi, evidenti nella azione del Signore, il Vangelo evoca i contrattempi e gli effetti secondari della sua predicazione: «i nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa» (Mt 10,36). Questo è il paradosso di vivere nella fede: la possibilità di affrontarsi gli uni contro gli altri, compresi quelli più vicini a noi, quando non capiamo chi é Gesù, il Signore, e non lo capiamo come il Maestro della comunione.

In un secondo momento, Gesù ci chiede di occupare il massimo grado nella scala dell’amore: «chi ama padre o madre più di me...» (Mt 10,37), «chi ama figlio o figlia più di me...» (Mt 10,37). Così, ci propone lasciarci accompagnare da Lui come in presenza di Dio, poiché «chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato» (Mt 10,40). L’effetto di vivere accompagnati dal Signore, accolto nella nostra casa, è godere della ricompensa dei profeti e dei giusti, perché abbiamo ricevuto a un profeta e un giusto.

La raccomandazione del Maestro finisce per dar valore ai piccoli gesti di aiuto e di appoggio per chi vive nella compagnia del Signore, ai suoi discepoli, che siamo tutti i cristiani. «E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo...» (Mt 10,42). Da questo consiglio nasce una responsabilità: riguardo al prossimo, dobbiamo essere coscienti del fatto che chi vive con il Signore, chiunque essi sia, deve essere trattato come tratteremmo il Signore. Dice San Giovanni Crisostomo: «se l’amore fosse sparso dappertutto, nascerebbero da lui un’infinità di beni».
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18/07/2019 08:51
 
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Venite a me, voi tutti che siete affaticati (...), e io vi ristorerò»

P. Julio César RAMOS González SDB
(Mendoza, Argentina)


Oggi, d’innanzi a un mondo che ha deciso di voltare le spalle a Dio, di fronte a un mondo ostile al cristianesimo e ai cristiani, ascoltare Gesù (che è chi ci parla nella liturgia o nella lettura personale della Parola), ci da conforto, allegria e speranza nel bel mezzo della lotta quotidiana «Venite a me, voi tutti che siete affaticati (...), e io vi ristorerò» (Mt 11,28-29).

Conforto, perché queste parole contengono la promessa del sollievo che proviene dall’amore di Dio. Allegria, per far sì che il cuore manifesti nella vita, la certezza nella fede di questa promessa. Speranza, perché camminando in un mondo così avverso a Dio, noi, che crediamo in Cristo, sappiamo che non tutto termina con un fine, ma che molti “finali” furono “gli inizi” di cose molto migliori, come lo dimostrò la sua risurrezione.

Il nostro fine, come inizio di una trasformazione nell’amore di Dio, è quello di rimanere sempre con Cristo. La nostra meta è quella di andare inevitabilmente verso l’amore di Cristo, “giogo” di una legge che non si basa nella limitata capacità della volontà umana, bensì nell’eterna volontà salvatrice di Dio.

In questo senso Benedetto XVI in una delle sue Catechesi ci dice: «Dio ha un proposito con noi e per noi, e questo proposito si deve trasformare in ciò che desideriamo e che siamo. L’essenza del cielo si fondamenta in che la volontà divina si compia senza riserve, o per esprimerlo in altro modo dove si compie la volontà di Dio, c’è la salvezza. Gesù stesso è il, “cielo” nel senso più vero e profondo della parola, in Lui è chi e attraverso di chi si compie pienamente la volontà di Dio. I nostri propositi ci allontanano dalla volontà di Dio e ci convertono in pura “terra”. Però Lui ci accetta, ci attrae verso di Sé e, in comunione con Lui, conosciamo la volontà di Dio». Che così sia, allora.
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19/07/2019 08:24
 
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«Misericordia io voglio e non sacrifici»

Rev. D. Josep RIBOT i Margarit
(Tarragona, Spagna)


Oggi, il Signore si avvicina al seminato della tua vita, per raccogliere frutti di santità. Troverà carità, amore a Dio e amore agli altri?. Gesù, che corregge la casistica meticolosa dei rabbini, che faceva insopportabile la legge del riposo sabatico: dovrà ricordarti che a Lui solo interessa il tuo cuore, la tua capacità di amare?

«Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare in giorno di sabato» (Mt 12,2). Lo dissero convinti, questo è l’incredibile. Come si può proibire di fare il bene, sempre? Qualcosa ti ricorda che non ci sono scuse per non aiutare agli altri. La carità vera rispetta le esigenze della giustizia, evitando l’arbitrarietà o il capriccio, ma impedisce la rigorosità, che uccide lo spirito della legge di Dio, che è un invito costante ad amare, a darsi agli altri.

«Misericordia io voglio e non sacrificio» (Mt 12,7). Ripetilo molte volte, per inciderlo nel tuo cuore: Dio, ricco in misericordia, ci vuole misericordiosi. «Quanto vicino è Dio a chi confessa la sua misericordia! Si; Dio non va lontano dai contriti di cuore» (Sant’Agostino). E che lontano sei da Dio quando permetti che il tuo cuore si indurisca come una pietra!

Gesù Cristo accusò i farisei di condannare gli innocenti. Grave accusa. E tu? Ti interessi davvero per le cose degli altri? Li giudichi con affetto, con simpatia, come chi giudica a un amico o a un fratello? Cerca di non perdere l’orizzonte nella tua vita.

Chiedi alla Madonna che ti faccia misericordioso, che tu sappia perdonare. Sii benevolo. E se scopri nella tua vita qualche particolare discordante in questa disposizione di fondo, adesso è il momento per rettificare, esprimendo qualche proposito efficace.
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21/07/2019 08:57
 
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«Di una cosa sola c’è bisogno»

Rev. D. Bernat GIMENO i Capín
(Barcelona, Spagna)


Oggi, vediamo un Gesù tanto divino come umano: è stanco del viaggio e accetta l’invito di questa famiglia che tanto ama, a Betania. Approfitterà l’opportunità per farci sapere qual’è “la cosa più importante”.

Nell’atteggiamento di queste due sorelle si sogliono vedere riflessi i due modi di vivere la vocazione cristiana: la vita attiva e la vita contemplativa. Maria, «seduta ai piedi del Signore», Marta, impegnata in molte occupazioni, sempre servendo e contenta, ma stanca (cf. Lc 10,39-40.42). -«Calma»,le dice Gesù, «E’ importante quello che fai, ma è necessario che riposi, ed è ancora più importante che riposi stando con me, osservandomi ed ascoltandomi» Due modelli di vita cristiana che dobbiamo coordinare e integrare: vivere tanto la vita di Marta come quella di Maria. Dobbiamo stare attenti alla Parola del Signore, e vigilanti, giacchè il frastuono ed il da fare di ogni giorno –frequentemente, occulta la presenza di Dio; perchè la vita e la forza di un cristiano restano fermi e crescono solo se resta unito alla vera vite, da dove procede la vita, l’amore, la voglia di continuare ad andare avanti...e di non guardare indietro.

La maggior parte degli uomini è stata chiamata ad essere come “Marta”. Non dobbiamo, però, dimenticare che il Signore vuole che siamo sempre di più come “Maria”: Gesù ci ha chiamati anche a “Scegliere la parte migliore” e a non permettere che nessuno ce la tolga.

Egli ci ricorda che la cosa più importante non è quello che possiamo fare, ma la Parola di Dio che illumina la nostra vita, e, così, per mezzo dello Spirito Santo, le nostre opere vengono impregnate del Suo amore.

Riposare nel Signore solo è possibile se godiamo della Sua presenza reale nell’Eucaristia. Preghiera davanti al tabernacolo!: è il tesoro più grande che abbiamo i cristiani. Ricordiamo il titolo dell’ultima enciclica di Giovanni Paolo II: `La Chiesa vive dell’Eucaristia´. Il Signore ha molte cose da dirci, molte di più di quanto possiamo pensare. Cerchiamo, dunque, momenti di silenzio e di pace per incontrarci con Gesù e, in Lui, riincontreremo noi stessi. Gesù ci invita oggi a fare un’elezione: scegliere «la parte migliore» (Lc 10,42).
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22/07/2019 07:15
 
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«Maria di Màgdala andò ad annunciare ai discepoli: Ho visto il Signore!»

Rev. D. Antoni CAROL i Hostench
(Sant Cugat del Vallès, Barcelona, Spagna)


Oggi celebriamo con gioia a Santa Maria Maddalena. Con gioia e profitto della nostra fede, perché il suo itinerario bene potrebbe essere il nostro. La Maddalena veniva da lontano (cfr. Lc 7,36-50) e arrivò molto lontano ... Infatti, all'alba della Resurrezione, Maria cercò Gesù, il Gesù risorto, ed incontrò il padre di Gesù, il "Padre nostro". Quella mattina, Gesù Cristo gli scoprì il più grande della nostra fede: che era una figlia di Dio.

Nel viaggio di Maria Maddalena scopriamo alcuni aspetti importanti della fede. In primo luogo, noi ammiriamo il suo coraggio. La fede, anche se è un dono di Dio, richiede coraggio da parte del credente. Naturale in noi è andare verso il visibile, verso quello che si può afferrare con la mano. Dal momento che Dio è essenzialmente invisibile, la fede «ha sempre qualcosa di rischiosa ruttura e di salto, perché implica il coraggio di vedere la autenticità di quello reale in ciò che non si vede» (Benedetto XVI). Maria vedendo il Cristo risorto "vede" anche il Padre, il Signore.

D'altra parte, il “salto della fede” «si raggiunge con ciò che la Bibbia chiama conversione o pentimento: solo colui che cambia la riceve» (Papa Benedetto XVI). Non fù questo il primo passo di Maria? Non deve essere questo anche un passo frequente nella nostra vita?

Nella conversione di Maria Maddalena c’era molto amore: ella non ha risparmiato profumi per il suo Amore: L’Amore! Ecco un altro "veicolo" della fede, perché né ascoltiamo, né vediamo, né crediamo in cui non amiamo. Nel Vangelo di Giovanni appare chiaramente che «credere è ascoltare e, allo stesso tempo, vedere (...)». All'alba, Maria Maddalena rischia per il suo amore, ascolta il suo amore (basta che senta "Maria" per riconoscerlo) e conosce il Padre. «La mattina di Pasqua (...), a Maria Maddalena che vede Gesù, è chiesta di contemplarlo nel Suo cammino verso il Padre, fino raggiungere la piena confessione: 'Ho visto il Signore' (Gv 20,18 )» (Papa Francesco).
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23/07/2019 08:04
 
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«Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere»

Rev. D. Joan Ant. MATEO i García
(La Fuliola, Lleida, Spagna)


Oggi, celebriamo la festa di Santa Brigida. Una calorosa mattina del 23 luglio 1373, a Roma, mentre Pietro di Alvastra celebrava la Messa nella sua cella, Brigida rendeva la sua anima al suo Signore, mentre borbottava: «Signore, nelle tue mani consegno il mio spirito», nello stesso momento il sacerdote ha sollevato l'Ostia.

Aveva 70 anni e concludeva una vita di fedeltà alla volontà di Dio, allo stesso modo come lo aveva fatto la profetessa Anna, figlia di Fanuele: «era molto vecchia; dopo sette anni di matrimonio era rimasta vedova ed a quel tempo aveva ottantaquattro anni. Ella non s’allontanava mai dal tempio, dove rimaneva giorno e notte, adorando Dio, pregando e spesso digiunando» (Lc 2,36-37).

La vita di Santa Brigida è affascinante: figlia, moglie, madre di otto figli, vedova, principessa e consigliere del re, religiosa, fondatrice ... E soprattutto, moglie amata da Gesù alla cui affidò segreti celestiali e la addentró nell’l'amore rivelato nella Sua Passione. Giovanni Paolo II la ha elencato tra le Patrone d’Europa. Come Anna, Brigida servì il Signore nello stato sposato e vedovo. Come Anna, era in attesa del Signore giorno e notte.

Dio gli si era manifestato e lei accolse docilmente il designo divino nella sua vita. Fu uno strumento fedele che ebbe una forte influenza nel rinnovamento dell'Europa del suo tempo. Tutto un esempio attuale per noi. Anche noi aspettiamo che l'Europa sia liberata delle sue schiavitù e venga riflussato il sangue cristiano. Dio conta su di noi per farlo. Se siamo strumenti fedeli, Lui fare grandi cose per mezzo di noi. Ascoltiamo la voce di Dio nel silenzio e nella preghiera. Digiuniamo di tante cose superflue e inutili. Che il Signore sia la nostra ricchezza. E non perdiamo mai l'illusione di amare Dio e crescere nella santità.

«Sii benedetto, Signor mio Gesù Cristo, per aver redento le anime col tuo sangue prezioso e con la tua santissima morte, e per averle misericordiosamente ricondotte dall'esilio alla vita eterna» (Santa Brígida).
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24/07/2019 06:26
 
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«Il seminatore uscì a seminare»

P. Julio César RAMOS González SDB
(Mendoza, Argentina)


Oggi, Gesù —mediante gli scritti di Matteo— ci introduce nei misteri del Regno, usando questa sua formula così caratteristica di presentarci il suo svolgimento con l'aiuto di parabole.

Il seme è la parola proclamata, e il seminatore è Lui stesso. Lui non cerca di seminare nel miglior terreno per assicurarsi la miglior raccolta. Lui è venuto affinché tutti «abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza» (Gv 10,10). Per questo, non risparmia nel cospargere manciate generose di seme, sia «sulla strada» (Mt 13,4), come «in luogo sassoso» (v. 5) o «sulle spine» (v. 7), e finalmente «sulla terra buona» (v. 8).

Così, il seme sparso con generose manciate produce l’aliquota di fecondità che le possibilità “toponimiche” ammettono. Il Concilio Vaticano II ci dice: «La parola del Signore è paragonata appunto al seme che viene seminato nel campo: quelli che lo ascoltano con fede e appartengono al piccolo gregge di Cristo, hanno accolto il regno stesso di Dio; poi il seme per virtù propria germoglia e cresce fino al tempo del raccolto» (Lumen gentium, n.5).

«Quelli che lo ascoltano con fede», ci dice il Concilio. Tu sei abituato ad ascoltarla, o a leggerla e forse chissà, anche a meditarla. In consonanza con l’intensità con cui presti ascolto alla fede, così sarà la prospettiva della fruttificazione. Anche se questo viene, in certo modo, garantito per la forza vitale della Parola-seme, non è minore la responsabilità che tu hai nell’ascoltarla attentamente. Per questo, «chi ha orecchi intenda» (Mt 13,9).

Chiedi oggi al Signore l'ansia del profeta: «Quando le tue parole mi vennero incontro, le divorai con avidità; la tua parola fu la gioia e la letizia del mio cuore, perché io portavo il tuo nome, Signore, Dio degli eserciti» (Ger 15,16).
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24/07/2019 06:26
 
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«Il seminatore uscì a seminare»

P. Julio César RAMOS González SDB
(Mendoza, Argentina)


Oggi, Gesù —mediante gli scritti di Matteo— ci introduce nei misteri del Regno, usando questa sua formula così caratteristica di presentarci il suo svolgimento con l'aiuto di parabole.

Il seme è la parola proclamata, e il seminatore è Lui stesso. Lui non cerca di seminare nel miglior terreno per assicurarsi la miglior raccolta. Lui è venuto affinché tutti «abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza» (Gv 10,10). Per questo, non risparmia nel cospargere manciate generose di seme, sia «sulla strada» (Mt 13,4), come «in luogo sassoso» (v. 5) o «sulle spine» (v. 7), e finalmente «sulla terra buona» (v. 8).

Così, il seme sparso con generose manciate produce l’aliquota di fecondità che le possibilità “toponimiche” ammettono. Il Concilio Vaticano II ci dice: «La parola del Signore è paragonata appunto al seme che viene seminato nel campo: quelli che lo ascoltano con fede e appartengono al piccolo gregge di Cristo, hanno accolto il regno stesso di Dio; poi il seme per virtù propria germoglia e cresce fino al tempo del raccolto» (Lumen gentium, n.5).

«Quelli che lo ascoltano con fede», ci dice il Concilio. Tu sei abituato ad ascoltarla, o a leggerla e forse chissà, anche a meditarla. In consonanza con l’intensità con cui presti ascolto alla fede, così sarà la prospettiva della fruttificazione. Anche se questo viene, in certo modo, garantito per la forza vitale della Parola-seme, non è minore la responsabilità che tu hai nell’ascoltarla attentamente. Per questo, «chi ha orecchi intenda» (Mt 13,9).

Chiedi oggi al Signore l'ansia del profeta: «Quando le tue parole mi vennero incontro, le divorai con avidità; la tua parola fu la gioia e la letizia del mio cuore, perché io portavo il tuo nome, Signore, Dio degli eserciti» (Ger 15,16).
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25/07/2019 08:06
 
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«Potete bere il calice che io sto per bere?»

Mons. Octavio RUIZ Arenas Segretario del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione
(Città del Vaticano, Vaticano)


Oggi, l’episodio che ci narra questo frammento del Vangelo ci colloca di fronte ad una situazione che si ripete con molta frequenza nelle diverse comunitá cristiane. Infatti Giovanni e Giacomo sono stati molto generosi nell’abbandonare la loro casa e le loro reti per seguire Gesú.Hanno ascoltato che il Signore annuncia un Regno e che offre la vita eterna; non riescono, però, a capire ancora quello che realmente promette il Signore e, perció, la loro madre va a chiedere qualcosa di buono, ma resta nelle semplici aspirazioni umane: «Dí che questi miei figli siedano uno alla tua destra ed uno alla tua sinistra nel tuo regno» (Mt 20,21).

Allo stesso modo, noi ascoltiamo e seguiamo il Signore, come fecero i primi discepoli di Gesú, ma non sempre riusciamo a capire perfettamente il Suo messaggio e ci lasciamo trascinare da interessi personali o ambizioni nella Chiesa. Dimentichiamo che all’accettare il Signore, dobbiamo affidarci fiduciosamente e pienamente in Lui, che non possiamo pensare di raggiungere la gloria senza aver accettato prima la croce.

La risposta che dá loro Gesú mette precisamente l’accento su quest’aspetto:per essere partecipi del Suo Regno, quello che importa è accettare di bere dal Suo stesso «calice» (cf.Mt 20,22), essere, cioè, disposti a dare la propria vita per amore a Dio e dedicarci a servire i nostri fratelli, con lo stesso atteggiamento misericordioso che ebbe Gesú. Il Papa Francesco, nella sua prima omelia, ricalcava che per seguire Gesú, bisogna camminare con la croce, perché, «quando camminiamo senza croce, quando confessiamo un Cristo senza croce, non siamo discepoli del Signore».

Quindi, seguire Gesú, esige, da parte nostra, una grande umiltá. Fin dal battesimo, siamo stati chiamati ad essere testimoni Suoi per trasformare il mondo. Questa trasformazione, però, l’otterremo solo se siamo capaci di servire gli altri con spirito di grande generositá e slancio, ma sempre colmi di gioia perché stiamo seguendo il Signore e lo rendiamo presente con la nostra vita.
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27/07/2019 12:04
 
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«Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme»

Rev. D. Manuel SÁNCHEZ Sánchez
(Sevilla, Spagna)


Oggi, consideriamo una parabola che è l’occasione per riferirsi alla vita della comunità nella quale si mischiano continuamente il bene e il male, il Vangelo e il peccato. L’atteggiamento logico sarebbe quello di mettere fine a questa situazione, così come pretendono i domestici: «Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla?» (Mt 13,28). Però la pazienza di Dio è infinita, aspetta fino all’ultimo momento —come un buon Padre— la possibilità del cambiamento: «Lasciate che l'una e l'altro crescano insieme fino alla mietitura» (Mt 13,30).

Una realtà ambigua e mediocre, però in essa cresce il Regno. Si tratta di sentirsi chiamati a scoprire i segni del Regno di Dio per potenziarlo. E, dall’altro lato, di non favorire nulla che porti ad accontentarsi della mediocrità. Ciò nonostante, il fatto di vivere in un miscuglio di bene e male non deve impedirci di avanzare nella nostra vita spirituale; il contrario sarebbe convertire il nostro grano in zizzania. «Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania?» (Mt 13,27). È impossibile crescere in un altro modo, né possiamo cercare il Regno in nessun altro luogo al di fuori di questa società nella quale viviamo. Il nostro compito sarà quello di far sì che nasca il Regno di Dio.

Il Vangelo ci chiama a non dar credito ai “puri’’, a superare gli aspetti del puritanismo e dell’intolleranza che si possano trovare nella comunità Cristiana. Si trovano facilmente atteggiamenti di questo tipo in tutti i gruppi, per quanto cerchino di essere sani. Messi di fronte ad un ideale, tutti abbiamo la sensazione di pensare che alcuni lo abbiano raggiunto, e che altri ancora siano lontani. Gesù constata che tutti quanti siamo in cammino, assolutamente tutti.

Vigiliamo per non lasciare che il maligno si intrometta nelle nostre vite, cosa che succede quando ci adeguiamo al mondo. Sant’ Angela della Croce diceva che «non bisogna dare ascolto alle voci del mondo, che in tutti i luoghi si fa questo o quello; noi sempre lo stesso, senza inventare variazioni e seguendo la maniera di fare le cose che sono un tesoro nascosto; sono queste che ci apriranno le porte del Cielo». Che la Santissima Vergine Maria ci conceda adeguarci solamente all’amore.
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28/07/2019 08:42
 
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«Gesù si trovava in un luogo a pregare... “Signore, insegnaci a pregare”»

Abbé Jean GOTTIGNY
(Bruxelles, Belgio)


Oggi, Gesù in preghiera ci insegna a pregare. Badiamo bene a quello che il suo atteggiamento ci presenta. Gesù prova, in molte occasioni, il bisogno d’incontrarsi faccia a faccia con Suo Padre. Luca nel suo Vangelo, insiste su questo punto.

Di che cosa parlavano quel giorno? Non lo sappiamo. Invece, in un’altra occasione, c’è arrivato un frammento di conversazione tra Suo Padre e Lui. Quando venne battezzato nel Giordano, mentre stava pregando; «...venne una voce dal cielo:”Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento» (Lc 3,22). E’ la parentesi di un dialogo teneramente affettuoso.

Quando nel Vangelo di oggi, uno dei discepoli, osservando il Suo raccoglimento, Lo prega che insegni loro a parlare con Dio, Gesù risponde: «Quando pregate, dite:Padre, santificato sia il Tuo nome...» (Lc 11,2). La preghiera consiste in un dialogo filiale con questo Padre che ci ama con follia. Non definiva Teresa di Avila la preghiera quale “intima relazione di amicizia”: «trovandoci molte volte da soli con chi sappiamo che ci ama»?

Benedetto XVI considera «significativo che Luca colloca il Padrenostro nel contesto della preghiera personale dello stesso Gesù.. In questo modo, Lui ci rende partecipi della Sua preghiera; ci trasporta all’interno del dialogo intimo dell’amore trinitario; in altre parole, innalza le nostre miserie umane fino al cuore di Dio».

E’ significativo che, nel linguaggio comune, la preghiera che Gesù ci ha insegnato possa sintetizzarsi in queste due sole parole: «Padre nostro». La preghiera cristiana è eminentemente filiale.

La liturgia cattolica colloca questa preghiera sulle nostre labbra, nel momento in cui ci prepariamo a ricevere il Corpo ed il sangue di Gesù. Le sette domande che vengono formulate e l’ordine in cui sono segnalate ci danno un’idea della condotta che dobbiamo osservare al ricevere la Comunione Eucaristica.
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29/07/2019 06:03
 
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Tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno»

Rev. D. Antoni CAROL i Hostench
(Sant Cugat del Vallès, Barcelona, Spagna)


Oggi anche noi —indaffarati come al solito per tante cose— dobbiamo ascoltare, come il Signore ci ricorda che «C’è bisogno di poche cose, o meglio di una sola» (Lc 10,42): l’amore, la santità. È il punto di vista, che non dobbiamo perdere mai, malgrado i nostri impegni quotidiani.

Perché “occupati” lo saremo se obbediamo le indicazioni del Signore: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela» (Gn 1,28). La terra!, il mondo!: ecco qui il nostro luogo di incontro con il Signore. «Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno» (Gv 17,15). Si, il mondo è un “altare” per noi e per donarci a Dio e agli altri.

Siamo del mondo, però non dobbiamo essere mondani. Ben altro, siamo chiamati ad essere —una bella espressione di Papa Giovanni Paolo II— “sacerdoti della creazione”, “sacerdoti” del nostro mondo, di un mondo che amiamo con passione.

Ecco la questione: il mondo e la santità; l’attività giornaliera e l’unica cosa necessaria. Non sono due realtà contrarie: dobbiamo procurare la coerenza di entrambe. E questa coerenza si deve produrre —in primo luogo— nel nostro cuore, che è dove si possono unire cielo e terra, perché nel cuore umano è dove può nascere il dialogo fra il Creatore e la creatura.

È necessaria, dunque, la preghiera. «il nostro è un tempo di continuo movimento, che spesso sfocia nell’attivismo, col rischio facile del “fare per fare”. Dobbiamo resistere a questa tentazione cercando di “essere” prima di “fare”. Ricordiamo proprio il rimprovero di Gesù a Marta: Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c'è bisogno (Lc 10,41-42)» (Giovanni Paolo II).

Non c’è opposizione fra l’essere e il fare, però si c’è un ordine di priorità, di precedenza: «Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta» (Lc 10,42).
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30/07/2019 13:40
 
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Spiegaci la parabola della zizzania nel campo»

Rev. D. Iñaki BALLBÉ i Turu
(Terrassa, Barcelona, Spagna)


Oggi, per mezzo della parabola della zizzania e del grano, la Chiesa ci invita a meditare sulla convivenza del bene e del male. Il bene e il male nel nostro cuore; il bene e il male che vediamo negli altri e quello che vediamo nel mondo.

«Spiegaci la parabola» (Mt 13,36), chiedono a Gesù i suoi discepoli. E noi, oggi, possiamo fare il proposito di prestare più attenzione alla preghiera personale, al rapporto quotidiano con Dio. —Signore, possiamo dirGli, spiegami perché non progredisco sufficientemente nella mia vita interiore. Spiegami come posso esserti più fedele, come posso cercarti nel mio lavoro, o attraverso questa circostanza che non capisco, o non voglio. Come posso essere un valido apostolo. La preghiera è questo, chiedere “spiegazioni” a Dio. Com’è la mia preghiera? E`sincera? E`costante? E`fiduciosa?

Gesù Cristo ci invita ad avere gli occhi fissi nel cielo, la nostra dimora eterna. Spesso viviamo come impazziti per la fretta e non ci fermiamo quasi mai a pensare che un giorno —lontano o no, non lo sappiamo— dovremo render conto a Dio della nostra vita, di come abbiamo fatto fruttare le qualità che ci ha dato. E il Signore ci dice che alla fine dei tempi ci sarà una scelta. Il Cielo ce lo dobbiamo guadagnare sulla terra, nel tran tran quotidiano, senza aspettare situazioni che forse non arriveranno mai. Dobbiamo vivere eroicamente la consuetudine, ciò che apparentemente non ha nessuna trascendenza. Vivere pensando all’ eternità e aiutare gli altri a pensarci: paradossalmente, «si sforza per non morire l’uomo che deve morire; e non si sforza per non peccare l’uomo che deve vivere eternamente» (San Giuliano di Toledo).

Raccoglieremo ciò che abbiamo seminato. Bisogna lottare per dare il 100%. E che quando Dio ci chiami al Suo cospetto possiamo presentarGli le mani piene: di atti di fede, di speranza, di amore. Che si concretizzano in cose molto piccole e in piccole vittorie, che vissute quotidianamente, ci fanno più cristiani, più santi, più umani.
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01/08/2019 13:17
 
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nestri e buttano via i cattivi»

Rev. D. Ferran JARABO i Carbonell
(Agullana, Girona, Spagna)

Oggi, il Vangelo rappresenta un richiamo vitale alla conversione. Gesù non ci risparmia la cruda realtà: «Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente» (Mt 13,49-50). L’avvertimento è chiaro! Non possiamo rimanere indifferenti.

Ora dobbiamo scegliere liberamente: o cerchiamo Dio e il bene con tutte le nostre forze, o mettiamo la nostra vita sull’orlo del precipizio della morte. O stiamo con Cristo o stiamo contro di Lui. Convertirsi, significa, in questo caso, scegliere liberamente di far parte dei giusti e condurre una vita degna come figli. Tuttavia, incorporiamo , la esperienza del peccato: vediamo il bene che dovremmo fare e contrariamente procediamo nel male; come possiamo dare una vera unità alle nostre vite? Noi da soli non possiamo far molto. Solamente se ci mettiamo nelle mani di Dio possiamo riuscire a compiere il bene e far parte dei giusti.

«Per il fatto di non essere sicuri di quando verrà il nostro giudice, dobbiamo vivere ogni giorno come se ci dovessero giudicare il giorno dopo» (San Geronimo). Questa frase è un invito a vivere con intensità e responsabilità l’essere cristiano. Non si tratta di aver paura, ma di vivere nella speranza questo tempo che è di grazia, elogio e gloria.

Cristo ci insegna il cammino verso la nostra propria glorificazione. Cristo è il cammino dell’uomo, quindi, la nostra salvezza, la nostra felicità e tutto quello che possiamo immaginare avviene attraverso di Lui. E se tutto lo abbiamo in Cristo, non possiamo non amare la Chiesa che lo rappresenta nel suo corpo mistico. Contro le visioni puramente umane di questa realtà è necessario recuperare la visione divino-spirituale: e nulla meglio di Cristo e il compimento della sua volonta!
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02/08/2019 07:19
 
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Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua»

Rev. D. Jordi POU i Sabater
(Sant Jordi Desvalls, Girona, Spagna)

Oggi, come ieri, parlare di Dio a chi ci conosce da sempre è difficile. Nel caso di Gesù, san Giovanni Crisostomo dice: «Quelli di Nazareth lo ammirano, ma questa ammirazione non li porta a credere ma ad essere gelosi, è come se dicessero: 'Perché lui e non io?'». Gesù conosceva bene quelli che, piuttosto che ascoltarlo, si scandalizzavano. Erano parenti, amici, vicini di casa che stimava, ma sono proprio loro quelli che non riceveranno il suo messaggio di salvezza.

Noi, -che non possiamo fare miracoli e non abbiamo la santità di Cristo-, non provocheremo l'invidia (anche se a volte può accadere se davvero cerchiamo di vivere cristianamente). In ogni modo, succede spesso, come a Gesù, che coloro che amiamo e apprezziamo sono quelli che meno ci ascoltano. In questo senso, dobbiamo ricordare anche che i difetti si vedono di più che le virtù, e che coloro che sono stati con noi per anni possono dire nel suo interno: -Tu che stavi facendo (o fai) questo o quello, che cosa vuoi insegnare a me?

Predicare o parlare di Dio tra la gente del nostro paese o famiglia è difficile, ma necessario. Inutile dire che quando Gesù va a casa sua è preceduto dalla fama dei suoi miracoli e della sua parola. Forse abbiamo bisogno anche noi, un po', di stabilire una certa fama di santità al di fuori (e dentro) di casa prima di "predicare" quelli di casa nostra.

San Giovanni Crisostomo aggiunge nel suo commento: «Guarda, ti prego, nella gentilezza del Maestro; non li punisce per no ascoltarlo, piuttosto dice con dolcezza: Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua» ( Mt 13,57). E' chiaro che Gesù sarebbe partito triste, ma continuerebbe a pregare affinché la sua parola di salvezza fosse ben accolta da i suoi. E noi (che niente avremo da perdonare o ignorare), chissà se dovremmo pregare affinché la parola di Gesù venga a coloro che amiamo, ma che non vogliono ascoltare.
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03/08/2019 06:32
 
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Al tetrarca Erode giunse notizia della fama di Gesù»

Rev. D. Joan Pere PULIDO i Gutiérrez
(Sant Feliu de Llobregat, Spagna)

Oggi, la liturgia ci invita a contemplare un’ingiustizia: la morte di Giovanni il Battista; e allo stesso tempo, scoprire nella parola di Dio la necessità di una testimonianza chiara e concreta della nostra fede per colmare di speranza il mondo.

Vi invito a riflettere sul personaggio del tetrarca Erode. Realmente per noi, è un controtestimone, però ci aiuterà a rivelare alcuni aspetti importanti per la nostra testimonianza di fede nel mondo. «il tetrarca Erode ebbe notizia della fama di Gesù» (Mt 14,1). Questa affermazione indica un’attitudine apparentemente corretta, però poco sincera. È la realtà che oggi possiamo trovare in tante persone e chissà anche in noi stessi. Molti hanno sentito parlare di Gesù, però chi è Lui realmente?; che implicazione personale ci unisce a Lui?

Per primo, è necessario dare una risposta corretta; quella del tetrarca Erode non è che un’informazione vaga: «Costui è Giovanni il Battista risuscitato dai morti» (Mt 14,2). Indubbiamente ci manca la affermazione di Pietro davanti alla domanda di Gesù: «Voi chi dite che io sia? Rispose Simon Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16,15-16). E questa affermazione non da luogo alla paura o all’indifferenza, ma apre la porta ad una testimonianza fondamentata nel Vangelo della speranza. Cosi è stato definito da San Giovanni Paolo II nella sua Esortazione apostolica La Chiesa in Europa: «Con tutta la Chiesa, invito ai miei fratelli e sorelle nella fede ad aprirsi in maniera constante e fiduciosa a Cristo e a lasciarsi lasciarsi rinnovare da Egli, annunciando col vigore della pace e l’amore a tutte le persone di buona volontà: chi incontra il Signore, incontra la verità, scopre la vita e riconosce il Cammino che conduce a questa».

Che oggi sabato, la Vergine Maria, la Madre della speranza, ci aiuti a scoprire veramente a Gesù e a dare una vera testimonianza di Lui ai nostri fratelli.
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05/08/2019 08:06
 
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Alzò gli occhi al cielo»

Rev. D. Xavier ROMERO i Galdeano
(Cervera, Lleida, Spagna)

Oggi, il Vangelo esplora le nostre “tasche mentali”... Per questo, come nei tempi di Gesù, possono emergere le voci dei prudenti per soppesare se vale la pena tale argomento. I discepoli vedendo che si faceva tardi e che non sapevano come soddisfare tutta quella folla riunita in torno a Gesù, esposero una soluzione adeguata: «perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare» (Mt 14,15). Non pensavano che il loro Maestro e Signore fosse a rompere questo ragionamento cosi prudente, dicendogli dicendogli: «date loro voi stessi da mangiare» (Mt 14,16).

Un detto popolare dice: «Chi lascia al Signore fuori dai suoi conti, non sa contare». Ed è vero, i discepoli, e nemmeno noi, sappiamo contare, perché dimentichiamo spesso la somma più importante: Dio stesso fra di noi.

I discepoli fecero bene i conti , calcolarono con esattezza il numero dei pani e dei pesci, però dividendoli mentalmente fra tanta gente, il risultato era quasi uno zero periodico; per cui decisero di optare per un realismo prudente: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci!» (Mt 14,17). Non si resero conto che Gesù —vero Dio e vero Uomo— era fra di loro!

Parafrasando a San Giuseppe Maria, non sarebbe male ricordare che: «Nelle imprese di apostolato, sta bene —è un dovere— che consideri i tuoi medi terreni (2+2=4), ma non dimenticare mai che devi contemplare un’altra addizione: Dio+2+2...». L’ottimismo cristiano non si fondamenta sull´assenza di difficcoltà, di resistenza e di errori personali, ma in Dio che ci dice: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).

Sarebbe bello che tu ed io, davanti alle difficoltà, prima di emettere una sentenza di morte all’audacia e all’ottimismo dello spirito cristiano, contassimo con Dio. Magari potremmo ripetere con San Francesco quella geniale preghiera: «Là, dove c’è l'odio io porti l'amore»; cioè, lì dove i numeri non escono sappia contare con Dio
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06/08/2019 09:40
 
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Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne (...)»

Rev. D. Antoni CAROL i Hostench
(Sant Cugat del Vallès, Barcelona, Spagna)

Oggi, meditando la Trasfigurazione, intuiamo la situazione dell'uomo nel cielo. Quello che ci interessa di più è contemplare la reazione spontanea degli "interlocutori terreni" di quella scena. Anche in questo caso, si tratta di Simon Pietro che ha preso la parola: «Maestro, è bello per noi stare qui» (Lc 9,33). E 'meraviglioso vedere che, soltanto vedendo il Corpo di Cristo in stato glorioso, Pietro si sente completamente felice: non manca a lui niente d’altro.

«Facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia». La reazione di Pietro mostra il dinamismo più autentico dell’amore: egli non pensa più al suo proprio benessere; egli vuole mantenere quella situazione di profonda felicità, cercando il bene degli altri (in questo caso, interpretata in un modo molto umano: con delle tende!). E 'la manifestazione più chiara del vero amore: sono felice perché ti faccio felice; Sono felice dando me stesso per la tua felicità.

E 'anche molto rivelatore che Simone intuitivamente riconosce Mosè ed Elia. Pietro, naturalmente, aveva sentito parlare di loro, ma non li aveva mai visti (avevano vissuto secoli prima!) E invece li riconosce subito (come se li avessi conosciuti da sempre). Ecco qui un segno dell'elevato grado di conoscenza dell'uomo nel Cielo: contemplare Dio "faccia a faccia", proporzionerà un’inimmaginabile aumento della sua conoscenza (un coinvolgimento molto più profondo nella Verità). In breve, «La "divinizzazione" nell’altro mondo", indicata dalle parole di Cristo, apporterà allo spirito umano una tale "gamma di esperienza" della verità e dell’amore che l’uomo non avrebbe mai potuto raggiungere nella vita terrena» (San Giovanni Paolo II).

Infine, Simone, vedendo Mosè ed Elia, non solo li conosce al momento, ma anche li ama subito (pensa a fare una tenda per ciascuno di essi). San Pietro, Papa (il primo della Chiesa), ma pescatore, esprime questo amore in modo semplice; Santa Teresa, suora, ma Dottoressa (della Chiesa) ha espreso in modo profondo la logica dell'amore: "Il contento di contentare l'altro eccede il mio contento."
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07/08/2019 07:13
 
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Donna, grande è la tua fede!»

Rev. D. Jordi CASTELLET i Sala
(Sant Hipòlit de Voltregà, Barcelona, Spagna)

Oggi, sentiamo spesso espressioni come “non c’è più fede”, e si esprimono così persone che richiedono di ricevere nelle nostre comunità il battesimo per i loro figli o la catechesi dei bambini o il sacramento del matrimonio. Questo modo di esprimersi denuncia una visione negativa del mondo, indica la convizione che qualsiasi tempo passato fù migliore dell’attuale e che siamo alla fine di una epoca nella quale non c’è niente di nuovo da dire, e nemmeno niente di nuovo da fare. Evidentemente, si tratta di persone giovani che, in maggioranza, vedono con un po’ di tristezza che il mondo è molto cambiato in comparazione alla generazione dei loro genitori, che chissà vivevano una fede più popolare, alla quale questi giovani non hanno saputo adattarsi. Questa esperienza li lascia insoddisfatti e senza capacità di reazione quando, in effetto, forse sono all’inizio di una nuova era della quale sarebbe conveniente approfittarne.

Questo brano del vangelo cita l’attenzione di quella madre cananea che chiede una grazia per sua figlia, riconoscendo in Gesù il Figlio di Davide: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide. Mia figlia è crudelmente tormentata da un demonio» (Mt 15,22). Il Maestro rimane sorpreso: «Donna, grande è la tua fede!», e non può fare altro che agire in suffragio di quelle persone: «Ti sia fatto come desideri» (Mt 15,28), anche se sembra che loro non entrino nei suoi progetti. Nonostante tutto, nella realtà umana si manifesta la grazia di Dio.

La fede non è patrimonio di alcuni, e non è neppure proprietà di quelli che si credono buoni o di quelli che lo sono stati, che esibiscono una etichetta sociale o ecclesiale. L’azione di Dio precede l’azione della Chiesa e lo Spirito Santo sta già attuando in persone dalle quali non avremmo mai sospettato che ci potessero portare un messaggio da parte di Dio, una richiesta in beneficio dei più bisognosi. Dice San Leone: «Amati miei, la virtù e la saggezza della fede cristiana sono l’amore a Dio e al prossimo: non trasgredisce nessun obbligo di pietà chi cerca di dare gloria a Dio e aiuta suo fratello».
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09/08/2019 06:07
 
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Non abbiate paura»

Rev. D. Fidel CATALÁN i Catalán
(Terrassa, Barcelona, Spagna)

Oggi celebriamo la festa di Santa Teresa Benedetta della Croce, Edith Stein, patrona d'Europa. Lei visse con coraggio la sua conversione dal giudaismo alla Chiesa cattolica, e affrontò coraggiosamente il martirio durante la Seconda Guerra Mondiale. In diverse occasioni, il Vangelo si riferisce alla frase "Non abbiate paura". Nella maggior parte dei casi, accade in momenti di particolare importanza. Ricordiamo, soltanto come significativa mostra l'Annunciazione alla Vergine Maria, Madre di Dio.

Questa espressione indica un'esortazione positiva più che un atteggiamento negativo. I testi immediatamente precedenti di Matteo (che abbiamo letto nei giorni precedenti) hanno mostrato la missione non senza difficoltà e persecuzioni dei discepoli. Il testo di oggi è piuttosto un invito a un'autentica speranza. Il vero discepolo dev’essere un’impavido, una persona senza paura.

Dietro a questi termini può essere trovato ciò che la Chiesa conosce con il nome di "timore santo di Dio", che è uno dei sette doni dello Spirito Santo. Il vangelo di oggi ci presenta alcune caratteristiche di questo dono. Non è la paura stessa, ma il modo di vivere il nostro rapporto con Dio.

Se Lui, che è Padre, veglia sugli esseri umani in modo più sublime della cura provvidente degli uccelli (cfr Mt 10,29.31), il rapporto instaurato con la creatura eccellente è ancora più forte. Il timore di Dio porta a vivere questo rapporto con rispetto, fiducia, responsabilità e l’obbligo di chi sa che Gesù stesso lo riconoscerà davanti al Padre.

Il vero discepolo viene animato da questo rapporto che ha senso se è autentico. E la vera autenticità è misurata dalla parte umana, perché la parte divina è già presente ampiamente. I santi aiutano a esprimere e vivere questo rapporto basato nel timore di Dio. Oggi, la memoria di Santa Teresa Benedetta della Croce lo fa presente. Lei cercò, e una trovato, rimase in questo rapporto fondante.
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10/08/2019 08:13
 
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«Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore»

Rev. D. Antoni CAROL i Hostench
(Sant Cugat del Vallès, Barcelona, Spagna)

Oggi la Chiesa —mediante la liturgia eucaristica che celebra il martire romano San Lorenzo— ci ricorda che «c’è una testimonianza di coerenza che ogni cristiano deve essere disposto a dare ogni giorno, anche a costo di sofferenze e di grandi sacrifici» (S. Giovanni Paolo II).

La legge morale è santa e inviolabile. Questa affermazione, certamente, contrasta con l’ambiente relativista che impera nei nostri giorni, dove con facilità ognuno di noi adatta le esigenze etiche alla propria comodità personale o alle proprie debolezze. Non sentiamo nessuno che dica: —Io sono immorale; —Io sono incosciente; —Io sono un bugiardo... Qualsiasi persona che dicesse ciò si squalificherebbe immediatamente.

Ma la domanda definitiva sarebbe: di quale morale, di quale coscienza e di quale verità stiamo parlando? È evidente che la pace e la sana coesistenza sociale non possono basarsi su una “morale alla carta”, dove ognuno va dove gli pare, senza tener conto delle inclinazioni e delle aspirazioni che il Creatore ha disposto nella nostra natura. Questa “morale”, lontano dal condurci per «il giusto cammino» verso i «pascoli erbosi» che il Buon Pastore desidera per noi (cf. Sal 23,1-3), ci spingerebbe inevitabilmente verso le sabbie mobili del “relativismo morale”, dove assolutamente tutto si può negoziare e giustificare.

I martiri sono testimoni inappellabili della santità della legge morale: ci sono esigenze di amore fondamentali che non ammetteranno mai eccezioni né adattamenti. Infatti, «nella Nuova Alleanza si trovano numerose testimonianze di seguaci di Cristo che (...) accettarono le persecuzioni e la morte anziché fare il gesto idolatrico di bruciare incenso davanti alla statua dell’Imperatore» (S. Giovanni Paolo II).

Nell’ambiente della città di Roma sotto l’imperatore Valeriano, il diacono «san Lorenzo amò Cristo nella vita, imitò Cristo nella morte» (Sant’Agostino). Ed è successo sempre più spesso che «chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna» (Gv 12,25). La memoria di san Lorenzo, fortunatamente per noi, rimarrà per sempre come un esempio che per seguire Cristo vale la pena dare la vita, anziché ammettere frivole interpretazioni del suo cammino.
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12/08/2019 17:49
 
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Mentre si trovavano insieme in Galilea»

P. Joaquim PETIT Llimona, L.C.
(Barcelona, Spagna)

Oggi, la liturgia ci offre diversi spunti da sottoporre alla nostra considerazione. Tra questi potremmo soffermarci su qualcosa che è presente lungo tutto il testo: l’atteggiamento familiare di Gesù con i suoi.

Ci dice san Matteo che Gesù con i discepoli «si trovavano insieme in Galilea» (Mt 17,22). Potrebbe sembrare qualcosa di scontato, ma il fatto di menzionare che si trovavano insieme ci indica come l’evangelista vuole sottolineare la vicinanza di Cristo. Poi apre loro il Cuore per rivelare il cammino della sua Passione, Morte e Risurrezione, ovvero, qualcosa che Gesù porta ben dentro di sè e che non vuole che ignorino proprio coloro che tanto ama. Poi il testo descrive l’episodio del contributo delle tasse, e anche qui l’evangelista ci lascia intravedere l’atteggiamento di Gesù, che si pone alla pari di Pietro, nel contrapporre i figli (Gesù e Pietro) esenti dal versare il tributo, e gli estranei obbligati ad esso. Cristo, infine, dice loro come conseguire i soldi necessari per pagare non solo per Lui ma per entrambi e non essere, così, motivo di scandalo.

In tutti questi profili scopriamo una visione fondamentale della vita cristiana: il grande desiderio di Gesù di restare al nostro fianco. Dice il Signore nel libro dei Proverbi: «la mia gioia è vivere con gli uomini» (Prov 8,31). Come cambia, questa realtà, il nostro modo di interpretare la vita spirituale. Talvolta prestiamo l’attenzione e l’accento solo su ciò che facciamo, come se questo fosse la cosa più importante! La vita interiore, invece, si deve concentrare su Cristo, sul suo amore per noi, sul suo dono totale fino alla morte per me, nella sua costante ricerca del nostro cuore. Giovanni Paolo II lo esprimeva perfettamente in uno dei suoi incontri con i giovani: il Papa esclamò ad alta voce: «Guardate a Lui!».
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13/08/2019 08:35
 
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«Il Padre vostro celeste non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli»

Rev. D. Valentí ALONSO i Roig
(Barcelona, Spagna)

Oggi, il Vangelo ci svela nuovamente il cuore di Dio. Ci fa capire con quali sentimenti il Padre del cielo attua in relazione ai suoi figli. Il richiamo più fervoroso è per i più piccoli, quelli ai quali nessuno presta attenzione, quelli che non giungono al luogo dove tutti arrivano. Sapevamo che il Padre, come Padre nella sua bontà, ha predilezione per i figli più piccoli, ma oggi ci rendiamo conto di un’altro desiderio del Padre, che si converte in un obbligo per noi: «se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel Regno dei Cieli» (Mt 18,3).

Quindi, ci rendiamo conto che il Padre valuta non tanto “essere piccoli”, ma “farsi piccoli”. «Chiunque diventerà piccolo (...), sarà il più grande nel Regno dei Cieli» (Mt 18,4). Per questo, possiamo capire qual’è la nostra responsabilità in quest’azione di impiccolirsi. Non si tratta tanto del fatto di essere stato creato piccolo o semplice, con più o meno limitazioni o con più o meno capacità, come di saper prescindere dell’eventuale grandezza di ognuno di noi per rimanere all’altezza dei più umili e semplici. La vera importanza per ognuno di noi risiede nel rassomigliarsi ad uno di questi piccoli che Gesù stesso presenta in tutta la sua sembianza.

Finalmente, il Vangelo rafforza ancora di più la lezione di oggi. Ci sono, e molto vicino a noi!, dei “piccoli” che con frequenza vediamo più abbandonati di altri: quelli che sono come pecore smarrite; il Padre li cerca e, quando li trova, si compiace perché può farli rientrare “all’ovile” per non perderli più. Forse, se identificassimo questi “piccoli” che ci circondano come pecore che il Padre cerca e ricupera, piuttosto che come pecore smarrite, saremmo preparati per vedere più frequentemente e più da vicino il volto di Dio. Come dice san Asterio di Amasea: «La parabola della pecora smarrita ed il pastore, ci insegna che non dobbiamo diffidare frettolosamente degli uomini, ne venir meno nell’aiutare quelli che si trovano in rischio».
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14/08/2019 08:47
 
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«Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo (...) Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro»

Rev. D. Pedro-José YNARAJA i Díaz
(El Montanyà, Barcelona, Spagna)

Oggi, in questo breve brano evangelico, il Signore ci insegna tre atteggiamenti, che spesso sono ignorati.

Comprendere e avvertire l'amico o il collega. Fargli vedere, in discreta intimità («fra te e lui solo»), chiaramente («ammoniscilo»), il suo comportamento erroneo affinché possa raddrizzare il cammino della sua vita. Chiedendo l'aiuto di un amico, se il prima tentativa non ha funzionato. Se anche questo atto non realizza la conversione e se il suo peccato scandalizza, non dobbiamo esitare a esercitare la denuncia profetica e pubblica, che ai nostri giorni può essere una lettera al direttore di una pubblicazione, una manifestazione, uno striscione. Questo modo di agire diventa esigenza per quello che la mette in pratica, ed è spesso sgradevole e scomoda. Pertanto, è più facile scegliere quello che erroneamente chiamano “carità cristiana”, che normalmente si tratta di una pura evasione, comodità, vigliaccheria , falsa tolleranza. Infatti, «la stessa pena è riservata a coloro che fanno il male e a quelli che lo consentono» (San Bernardo).

Ogni cristiano ha il diritto di chiedere da noi preti il perdono di Dio e della sua Chiesa. Lo psicologo, in un dato momento, può lenire lo stato d'animo, lo psichiatra può ottenere con un atto medico vincere un trastorno endogeno. Entrambi sono molto utili, ma non sufficienti in alcuni casi. Solo Dio può perdonare, cancellare, dimenticare, polverizzare distruggendo il peccato personale. E la sua Chiesa legare e slegare atteggiamenti, trascendendo il giudizio in Cielo. E quindi godere di pace interiore e di cominciare ad essere felice.

Nelle mani e le parole del sacerdote c’è il privilegio di prendere il pane e che il Gesù Eucaristico sia realmente presenza e cibo. Qualsiasi discepolo del regno può unirsi ad un altro, o meglio, a molti, e con fervore, Fede, coraggio e Speranza, immergersi nel mondo e farlo diventare vero corpo del Gesù-Mistico. E nella sua compagnia andare da Dio Padre che ascolterà le preghiere, perché suo Figlio si impegnò «Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro» (Mt 18,20).
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