Nuova Discussione
Rispondi
 

Serbava queste cose, meditandole... (Lc.2,19)

Ultimo Aggiornamento: 24/03/2024 09:21
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
12/01/2019 09:33
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Lui deve crescere; io, invece, diminuire»

Rev. D. Antoni CAROL i Hostench
(Sant Cugat del Vallès, Barcelona, Spagna)


Oggi ci sorprendiamo vedendo Gesù e il Battista battezzando “parallelamente”. Diciamo, “parallelamente”, è vero ma questo accade solo apparentemente perché Giovanni Battista rimanda a Gesú, che è il Messia, il “nuovo Mosè”, il Profeta tanto atteso, Colui che viene per darci a Dio. «Che ha portato [Gesù]? La risposta è molto semplice: Dio. Ha portato Dio» (Benedetto XVI).

In consecuenza e immediatamente Giovanni chiarisce il senso del battesimo: in realtà si tratta di una purificazione, ma «si distingue dalle abituali abluzioni religiose» di quel tempo, e –come confermò papa Benedetto- deve essere il compimento concreto di un cambio che determina, in un modo nuovo e per sempre tutta la vita». Così dunque, il battesimo cristiano implica un cambio così radicale, come nascere di nuovo fino al punto di convertirci in un nuovo essere.

Purificazione, certamente però per spogliarci dell’ “uomo vecchio”, morire a noi stessi e, -per mezzo della grazia- nascere a una vita nuova: la vita divina, qualcosa che «nessuno può prendersi qualcosa, se non gli è stata data dal cielo» (Gv 3,27). Il Concilio II di Orange insegnò che «amare Dio è esclusivamente un dono di Dio. Egli stesso che, senza essere amato, ama, ci concesse che lo amassimo. Fummo amati quando tuttavia Gli eravamo sgradevoli, perché ci venisse concesso un qualcosa affinché potessimo esserGli grati».

Ecco, dunque, il compito per la santità: approfondire nell’umiltà per aprir passo all’azione di Dio e lascarLo fare. L’importante non è tanto quello che io faccia, ma quello che Lui faccia in me: « Egli deve crescere;io, invece, diminuire» (Gv 3,30). E la nostra gioia sarà tanto più completa quanto più sparisca il proprio io e più presente si faccia lo Sposo nei nostri cuori e nelle nostre azioni.
OFFLINE
13/01/2019 09:25
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento»

+ Rev. D. Joan BUSQUETS i Masana
(Sabadell, Barcelona, Spagna)


Oggi contempliamo Gesù già adulto. Il bambino del Presepio si fa uomo completo, maturo e rispettabile, e arriva il momento nel quale deve lavorare nell’opera che il Padre le ha confidato. È così come lo troviamo nel Giordano nel momento di iniziare questo lavoro: uno in più nella fila di quei contemporanei suoi che andavano ad ascoltare Giovanni e a chiedergli il bagno del battesimo, come segno di purificazione e rinnovazione interiore.

Lì, Gesù è scoperto e segnalato per Dio: «stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento» (Lc 3,21-22). È la fase preparatoria del gran cammino che è disposto a intraprendere e che lo porterà fino alla Croce. Ê il primo atto della sua vita pubblica, la sua investitura come Messia.

È anche il preludio del suo modo di fare: non agirà con violenza, ne con gridi e asprezze, ma con silenzio e soavità. Non taglierà la canna spaccata, ma l’aiuterà a mantenersi forte. Aprirà gli occhi ai ciechi e libererà i prigionieri. I segni messianici che descriveva Isaia, si compieranno in Lui. Noi siamo i beneficiari di tutte queste cose perché, come leggiamo oggi nella carta di san Paolo: «Egli ci ha salvati non in virtù di opere di giustizia da noi compiute, ma per sua misericordia mediante un lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo, effuso da lui su di noi abbondantemente (...) perché giustificati dalla sua grazia diventassimo eredi, secondo la speranza, della vita eterna» (Tit 3,5-7).

La festa del battesimo di Gesù deve aiutarci a ricordare il nostro proprio Battesimo e gli impegni assunti per noi dai nostri genitori e padrini al presentarci nella Chiesa per farci discepoli di Gesù: «Il Battesimo ci ha liberato da tutti i mali, che sono i peccati, però con la grazia di Dio dobbiamo compiere tutto il bene» (San Cesareo di Arles).
OFFLINE
14/01/2019 08:47
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Convertitevi e credete al vangelo»

Rev. D. Joan COSTA i Bou
(Barcelona, Spagna)


Oggi, il Vangelo ci invita alla conversione. «Convertitevi e credete nel Vangelo» (Mc 1,15). Convertirsi, a che cosa? Forse sarebbe meglio dire: a chi? A Cristo! Così l’indicò Lui: «Chi ama padre e madre più di me, non è degno di me» (Mt 10,37).

Convertirsi significa accogliere riconoscenti il dono della fede e renderlo operativo mediante la carità. Convertirsi vuol dire riconoscere Cristo quale unico signore e re dei nostri cuori, dei quali può disporre. Convertirsi implica scoprire Cristo in tutti gli avvenimenti della storia umana, anche della nostra storia personale, coscienti che Lui è l’origine, centro e fine di tutta la storia, e che per Lui tutto è stato redento, e in Lui raggiunge la sua pienezza. Convertirsi suppone vivere di speranza perché Lui ha vinto il peccato, il maligno e la morte, e l’Eucaristia ne è la garanzia.

Convertirsi comporta amare Nostro Signore al di sopra di tutto, qui sulla terra, con tutto il nostro cuore, con tutta la nostra anima e con tutte le nostre forze. Convertirsi presuppone consegnarGli la nostra intelligenza e la nostra volontà, in modo tale che la nostra condotta faccia reale il motto episcopale del Santo Padre, Giovanni Paolo ll, `Totus tuus´cioè `Tutto tuo´, o mio Dio! e tutto è: tempo, qualità, beni, illusioni, progetti, salute, famiglia, lavoro, ristoro, tutto. Convertirsi richiede, allora, amare la volontà di Dio in Cristo, al di sopra di tutto e godere riconoscenti, di tutto ciò che avviene da parte di Dio, includendo contraddizioni, umiliazioni, malattie, e scoprirle quali tesori che ci consentono di esprimere più pienamente il nostro amore verso Dio!`se Tu lo vuoi così, così lo voglio anch'io!´

Convertirsi esige, così, come per gli apostoli Simone, Andrea, Giacomo e Giovanni, lasciare «immediatamente le reti e seguire Lui» (Cf. Mc 1,18), all’ascoltare la Sua voce. Convertirsi, è che Cristo lo sia tutto in noi.
OFFLINE
15/01/2019 09:01
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Erano stupiti del suo insegnamento, perché insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi»

+ Rev. D. Antoni ORIOL i Tataret
(Vic, Barcelona, Spagna)


Oggi, primo martedì del tempo ordinario, san Marco ci presenta Gesù insegnando nella sinagoga e immediatamente commenta: «Erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come chi ha autorità, e non come gli scribi» (Mc 1,21). Questa osservazione iniziale è impressionante. Infatti, il motivo dell’ammirazione di quelli che ascoltavano, da una parte, non è la dottrina, ma il maestro; non quello che viene spiegato, ma Colui che lo spiega; e, d’altra parte, non precisamente il predicatore, visto globalmente, ma specificamente rimarcato: Gesù insegnava «con autorità», cioè, con potere legittimo e irresistibile. Questa particolarità resta poi riaffermata per mezzo di una chiarissima contrapposizione: «non lo faceva come gli scribi».

In un secondo tempo, la scena della curazione dell’uomo possesso da uno spirito maligno aggiunge, al motivo dell’ammirazione personale, un fattore dottrinale: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità» (Mc 1,27). Dobbiamo notare tuttavia che il qualificativo non è tanto di contenuto come di singolarità: la dottrina è «nuova». Ecco un altro motivo di discordanza: Gesù comunica qualcosa di inaudito (mai come adesso questo qualificativo acquista un valore così importante).

Aggiungiamo una terza avvertenza. L’autorità proviene, inoltre, non solo dal fatto che Gesù «financo gli spiriti immondi gli obbediscono». Ci troviamo di fronte ad una contrapposizione così intensa come le due precedenti. All’autorità del Maestro e alla novità della dottrina, bisogna aggiungere il potere sugli spiriti del male.

Fratelli! Dalla fede sappiamo che questa liturgia della parola ci rende contemporanei dell’evento che abbiamo appena ascoltato e che stiamo commentando. Domandiamoci con umile riconoscenza: Sono convinto che nessun altro uomo ha parlato mai come Gesù, che è la Parola di Dio Padre? Mi considero ricco di un messaggio che non ha nessun paragone? Mi rendo conto della forza liberatrice che Gesù ed i Suoi insegnamenti hanno sulla vita umana e, più concretamente , nella mia vita? Mossi dallo Spirito Santo, diciamo al nostro Redentore: Gesù-vita, Gesù-dottrina, Gesù-vittoria, fa che, come si compiaceva il grande Ramón Lull al dire:`Viviamo in continua “meraviglia” di Te!´(possiamo anche noi ripetere spesso questa frase di fede e d’amore!).
OFFLINE
16/01/2019 09:35
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Al mattino si alzò quando ancora era buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto e là pregava»

Fray Josep Mª MASSANA i Mola OFM
(Barcelona, Spagna)


Oggi, vediamo con chiarezza come Gesù divideva la Sua giornata. Una parte la dedicava alla preghiera e un’altra alla Sua missione di predicare con parole e con opere. Contemplazione e azione. Preghiera e lavoro. Stare con Dio e stare con gli uomini.

In effetti vediamo Gesù dedicato anima e corpo alla Sua missione di Messia e di Salvatore: cura gli ammalati, come la suocera di san Pietro e molti altri, consiglia chi è triste, espelle demoni, predica. Tutti Gli portano i loro ammalati e indemoniati. Tutti vogliono ascoltarlo; «Tutti ti cercano» (Mc 1,37), gli dicono i discepoli. Sicuro che doveva avere spesso un’attività così faticosa che quasi non Lo lasciava nemmeno respirare.

Gesù, però, si procurava anche momenti di solitudine per dedicarsi alla preghiera: «Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava» (Mc 1,35). In altri punti dei Vangeli, vediamo Gesù dedicato alla preghiera in altre ore, e perfino a notte inoltrata. Sapeva distribuire il tempo saggiamente, affinché la Sua giornata avesse un equilibrio ragionevole di lavoro e preghiera.

Noi diciamo frequentemente: -Non ho tempo! Siamo occupati con il lavoro domestico, con il lavoro professionale, e con gli innumerevoli impegni che caricano la nostra agenda. Con frequenza ci consideriamo esonerati dalla preghiera giornaliera. Facciamo un mucchio di cose `importanti´, questo sì, però corriamo il rischio di dimenticare la cosa più `necessaria´: la preghiera. Dobbiamo creare un equilibrio per poter fare le une senza trascurare le altre.

San Francesco lo imposta così: «Bisogna lavorare fedelmente e devotamente, senza spegnere lo spirito della santa preghiera e della devozione; a tale spirito devono servire le altre cose temporali».

Forse dovremmo organizzarci un po’ meglio. Disciplinarci, “dominando” il tempo. Ciò che è importante deve essere incluso ma ancora di più ciò che è necessario.
OFFLINE
17/01/2019 09:10
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Se vuoi, puoi guarirmi! (...). Lo voglio, guarisci!»

Rev. D. Xavier PAGÉS i Castañer
(Barcelona, Spagna)


Oggi, nella prima lettura leggiamo: «Oggi, se udite la sua voce non indurite i vostri cuori» (Ebr 3,7-8). E lo ripetiamo insistentemente in risposta al Salmo 94. In questa breve citazione, si trovano due cose: un anelito e una avvertenza. Entrambe conviene non dimenticarle mai.

Durante il nostro tempo giornaliero di preghiera, desideriamo e chiediamo di ascoltare la voce del Signore. Ma, forse, con troppa frequenza, ci preoccupiamo di riempire questo tempo con parole che noi vogliamo dirGli, e non lasciamo tempo per ascoltare quello che il Buon Dio vuole comunicarci. Vegliamo, dunque, per aver cura del silenzio interiore che, -evitando le distrazioni e concentrando la nostra attenzione- ci apre uno spazio per accogliere gli affetti, ispirazioni... che il Signore, certamente, vuole suscitare nei nostri cuori.

Un rischio che non possiamo dimenticare, è il pericolo che il nostro cuore –con il passar del tempo- si indurisca. A volte i colpi della vita possono convertirci, incluso senza renderci conto, in una persona più diffidente, insensibile, pessimista, disperata... Bisogna chiedere al Signore che ci renda coscienti di questo nostro possibile deterioramento interno. La preghiera è la opportunità per dare uno sguardo sereno alla nostra vita e a tutte le circostanze che la circondano. Dobbiamo leggere i diversi avvenimenti alla luce del Vangelo, per scoprire in quali aspetti abbiamo bisogno di una autentica conversione.

Voglia il Cielo che la nostra conversione la chiediamo con la stessa fede e fiducia con cui il lebbroso si presentò davanti a Gesù!: «In ginocchio gli diceva «Se vuoi, puoi curarmi!» (Mc 1,40). Lui è l’unico che può rendere possibile quello che, per noi stessi, risulterebbe impossibile. Lasciamo che Dio agisca con la Sua grazia in noi, perché il nostro cuore sia purificato e, docile alla Sua azione, giunga ad essere ogni giorno di più un cuore a immagine e somiglianza del cuore di Gesù. Lui, con fiducia, ci dice: «Lo voglio, sii purificato» (Mc 1,41).
OFFLINE
18/01/2019 09:09
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati(...). Alzati, prendi il tuo lettuccio e va’ a casa tua»

Rev. D. Joan Carles MONTSERRAT i Pulido
(Cerdanyola del Vallès, Barcelona, Spagna)


Oggi, vediamo di nuovo il Signore circondato da una moltitudine: «Si radunarono tante persone che non vi era più posto neanche davanti alla porta» (Mc 2,2). Il Suo cuore si disfa di fronte alle necessità degli altri e procura loro tutto il bene che può fare: perdona, insegna e sana allo stesso tempo. Certamente, offre aiuto d’indole materiale (nel caso di oggi lo fa sanando da una malattia di paralisi), ma –nel fondo- cerca ciò che è meglio e più importante per ciascuno di noi: il bene dell’anima.

Gesù Salvatore vuole lasciarci una speranza certa di salvezza; Lui è, perfino, capace di perdonare i peccati e di avere compassione della nostra debolezza morale. Anzitutto dice perentoriamente: «Figlio, ti sono perdonati i tuoi peccati» (Mc 2,5). Poi, Lo contempliamo, unendo al perdono dei peccati –che offre generosamente e senza stancarsi- un miracolo straordinario, “palpabile” con i nostri occhi fisici. Quasi a modo di una garanzia esterna, direi, per aprirci gli occhi della fede, dopo aver dichiarato il perdono dei peccati al paralitico, gli sana la paralisi: «`Dico a te, (...): alzati, prendi la tua barella e va a casa tua´. Quello si alzò e subito prese la sua barella, sotto gli occhi di tutti se ne andò» (Mc 2,11-12).

Questo miracolo possiamo riviverlo noi frequentemente nella Confessione. Nelle parole della assoluzione che pronuncia il ministro di Dio («Io ti assolvo nel nome del Padre, e del Figlio e dello Spirito Santo») Gesù ci offre di nuovo –in un modo discreto- la garanzia esterna del perdono dei nostri peccati, garanzia equivalente alla curazione spettacolare che realizzò con il paralitico di Cafarnao.

Adesso iniziamo un nuovo tempo ordinario. A noi credenti viene ricordato l’urgente bisogno che abbiamo dell’incontro sincero e personale con Gesù Cristo misericordioso. Egli ci invita in questo tempo a non rilassarci e a non trascurare il necessario perdono che Lui ci offre nella sua casa, la Chiesa.
OFFLINE
19/01/2019 11:53
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori»

Rev. D. Joaquim MONRÓS i Guitart
(Tarragona, Spagna)


Oggi, nella scena che ci presenta san Marco, vediamo Gesù che insegnava e come tutti venivano ad ascoltarLo. E’ chiaro il grande desiderio di adottrinarsi, allora come adesso, perché il peggior nemico è l’ignoranza. Tant'è vero che è diventata classica l’espressione: «Smetteranno di odiare quando smetteranno d’ignorare».

Passando da quelle parti, Gesù vide Levi, figlio di Alfeo, seduto dove riscuotevano le tasse e, al dirgli: «seguimi», lasciò tutto e se ne andò con Lui. Con questa prontezza e generosità realizzò un grande “affare”. Non solamente l’ “affare del secolo”, ma anche quello dell’eternità.

Bisogna considerare da quanto tempo l’affare di riscuotere i tributi per i romani è finito e, invece, Matteo –oggi più conosciuto con il suo nuovo nome che quello precedente di Levi-, continua ad accumulare benefici con i suoi scritti per essere diventato una delle dodici colonne della Chiesa. Succede così quando si segue senza indugi il Signore. Lo disse Lui: «Chiunque avrà lasciato casa, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna» (Mt 19,29).

Gesù, accompagnato dai Suoi apostoli, accettò il convito che Matteo Gli offerse a casa sua, assieme agli altri esattori di imposte e peccatori. I farisei, quali spettatori del lavoro altrui, fanno presente ai discepoli che il loro Maestro pranza con gente che essi qualificano di peccatori. Il Signore li sente e difende la Sua forma abituale di trattare le anime: «Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mt 2,17). Tutta l’umanità ha bisogno del Medico divino. Tutti siamo peccatori e, come dirà san Paolo: «Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio» (Rom 3,23).

Rispondiamo con la stessa prontezza con la quale Maria rispose sempre alla sua vocazione redentrice.
OFFLINE
20/01/2019 08:53
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

C’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli»

Rev. D. Enric PRAT i Jordana
(Sort, Lleida, Spagna)


Oggi, possiamo contemplare gli effetti beneficiosi della presenza di Gesù e di Maria sua Madre, nel cuore degli avvenimenti umani, come nel caso che ci occupa: «Il terzo giorno vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù, Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli» (Gv 12,1-2).

Gesù e Maria, con un’intensità diversa, fanno presente Dio in qualsiasi luogo dove siano, e dove c’è Dio, lì c’è amore, grazia e miracolo. Dio è il bene, la verità, la bellezza, l’abbondanza. Quando il sole distende i suoi raggi nell’orizzonte, la terra si illumina e riceve calore, e ogni vita lavora per produrre il suo frutto. Quando lasciamo che Dio si avvicini, il bene, la pace e la felicità crescono sensibilmente nei cuori, chissà freddi o addormentati fino allora.

La mediazione che Dio ha scelto per essere presente tra gli uomini e comunicarsi profondamente fra di loro è Gesù Cristo. L’opera di Dio arriva al cuore del mondo per l’umanità di Gesù Cristo e secondariamente, per la presenza di Maria. Non immaginavano i fidanzati di Cana chi avevano invitato alle loro nozze. L’invito si doveva probabilmente a qualche vincolo di amicizia o di parentela. In quei momenti Gesù non aveva ancora fatto nessun miracolo e l’importanza della sua figura era sconosciuta.

Egli accettò l’invito perché è a favore delle relazioni umane, principali e sincere, si sentì attratto dall’onestà e buona disposizione di quella famiglia. Così Gesù fece presente Dio in quella celebrazione famigliare. Questo, «a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui» (Gv 2,11). Lì, il Messia «Apri il cuore dei discepoli alla fede grazie all’intervento di Maria, la prima credente» (Giovanni Paolo II).

Approssimiamoci anche noi all’umanità di Gesù cercando di conoscere e amare di più e in modo progressivo la sua traiettoria umana ascoltando la sua parola, crescendo in fede e fiducia fino a vedere in Egli il volto del Padre.
OFFLINE
22/01/2019 08:03
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato!»

Rev. D. Ignasi FABREGAT i Torrents
(Terrassa, Barcelona, Spagna)


Oggi, come ieri, Gesù se la deve vedere con i farisei, che hanno deformato la Legge di Mosè, conservando le minuzie e dimenticando lo spirito che la conforma. I farisei, infatti, accusano i discepoli di Gesù di contravvenire il sabato (cf. Mc 2,24). D’accordo alla loro casistica opprimente, cogliere spighe corrisponde a “mietere”, e trebbiare significa “battere”: questi lavori di campagna –e una quarantina in più che si potrebbero aggiungere- erano proibiti il sabato, giorno di riposo. Come sappiamo già, i pani dell’offerta dei quali ci parla il Vangelo, erano dodici pani che ogni settimana si disponevano nel tavolo del santuario, come un’omaggio delle dodici tribu d’Israele al suo Dio e Signore.

Il comportamento di Abiatar è lo stesso che oggi ci insegna Gesù: i precetti della Legge che hanno meno importanza devono cedere davanti ai più importanti; un precetto cerimoniale deve cedere davanti a un precetto di legge naturale; il precetto del riposo del sabato non si trova, pertanto, al di sopra delle elementari necessità di sopravvivenza. Il Concilio Vaticano II, ispirandosi nel brano che commentiamo, e per sottolineare che la persona deve stare al di sopra delle questioni economiche e sociali, dice: «L’ordine sociale e il suo conseguente sviluppo, devono subordinarsi in ogni momento al bene della persona, perché l’ordine delle cose deve sommetersi all’ordine delle persone e non al rovescio. Lo stesso Signore, lo avvertì quando disse che il sabato è stato fatto per l’uomo, e non l’uomo per il sabato (cf. Mc 2,27)».

Sant’Agostino ci dice: «Ama e fa quello che vuoi». ¿L’abbiamo capito bene, o ancora l’ossessione per quello che è di secondo ordine affoga l’amore che bisogna mettere in tutto quello che facciamo? Lavorare, perdonare, correggere, andare a messa la domenica, curare gli ammalati, compiere i comandamenti..., ¿lo facciamo perché è un obbligo o per amore a Dio? Speriamo che queste considerazioni ci aiutino a vivificare tutte le nostre opere con l’amore che il Signore ha messo nei nostri cuori, precisamente per potere amare Lui.
OFFLINE
23/01/2019 09:17
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla?»

Rev. D. Joaquim MESEGUER García
(Sant Quirze del Vallès, Barcelona, Spagna)


Oggi, Gesù ci insegna che bisogna fare il bene in ogni momento: non vi è un tempo per fare il bene e un altro per trascurare l’amore al prossimo. L’amore che ci viene da Dio ci guida alla Legge suprema, che Gesù ci ha lasciato nel comandamento nuovo: «che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato» (Gv 13,34). Gesù non abroga o critica la Legge di Mosè, poiché Lui stesso compie i precetti e frequenta la sinagoga il sabato; ma ciò che Gesù critica è la ristretta interpretazione della legge da parte dei Maestri e dei Farisei, una interpretazione che lascia poco spazio alla misericordia.
Gesù è venuto a proclamare il Vangelo della salvezza, ma i suoi avversari, lontani dal lasciarsi convincere, cercano pretesti contro di Lui: «C'era un uomo che aveva una mano inaridita, e lo osservavano per vedere se lo guariva in sabato per poi accusarlo» (Mc 3,1-2). Allo stesso tempo possiamo vedere l’azione della grazia e constatiamo la durezza di cuore di uomini orgogliosi che pensano di essere in possesso della verità. Si rallegrarono i farisei al vedere quel povero uomo con la salute ristabilita? No, al contrario, si offuscarono ancora di più, a tal punto di andare a trattare con gli erodiani –loro nemici naturali- per cercare di perdere Gesù. Curiosa alleanza!
Con questa sua azione, Gesù libera anche il sabato dalle catene con le quali scribi e farisei lo avevano legato, e ripristina così il suo vero significato: giorno di comunione tra Dio e l’uomo, giorno di liberazione dalla schiavitù, giorno di salvezza dalle forze del maligno. Sant’Agostino ci dice: «Chi ha la coscienza in pace, è tranquillo, e questa stessa tranquillità è il sabato del cuore». In Gesù, il sabato si apre già al dono della domenica.
OFFLINE
24/01/2019 07:36
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Lo seguì molta folla dalla Galilea. Dalla Giudea e da Gerusalemme, dall’Idumea e da oltre il Giordano e dalle parti di Tiro e Sidòne»

Rev. D. Melcior QUEROL i Solà
(Ribes de Freser, Girona, Spagna)


Oggi, tuttavia recente il battesimo di Giovanni nelle acque del fiume Giordano, dovremmo ricordare l’aspetto il senso della conversione del nostro proprio battesimo. Tutti siamo stati battezzati in un solo Signore, in una sola fede, «un solo Spirito in un solo corpo» (1Cor 12,13). Ecco qui l’ideale di unità: formare un solo corpo, essere, in Cristo, una sola cosa, affinché il mondo creda.

Nel Vangelo di oggi vediamo come «molta folla dalla Galilea e pure altre grandi masse di genti procedenti da altri luoghi (cf.Mc 3, 7-8) si avvicinano al Signore che lì accoglie e cerca il bene di tutti, senza eccezioni. Questo dobbiamo averlo molto presente durante l’ottavario per l`unità dei cristiani.

Rendiamoci conto di come, nel trascorso dei secoli, i cristiani ci siamo divisi in cattolici, ortodossi, anglicani, luterani ed in una lunga sfilza di confessioni cristiane. Peccato storico contrario ad una delle note essenziali della Chiesa: l’unità.

Cerchiamo quindi di atterrare nella nostra realtà ecclesiastica di oggi. Quella della nostra diocesi ,della nostra parrocchia.; quella del nostro gruppo cristiano. Siamo realmente una sola cosa? In realtà, la nostra relazione di unità è motivo di conversione per quelli che vivono lontano dalla Chiesa? «Che tutti siano una sola cosa, (...) perché il mondo creda» (Gv 17,21), così Gesù prega il Padre. Questa è la sfida. Che i pagani vedano come si trattano quelli che formano parte di un gruppo di credenti che, riuniti dallo Spirito Santo, nella Chiesa di Cristo, costituiscono un solo cuore ed una sola anima (cf. At 4,32-34).

Ricordiamo che, quale frutto dell’Eucarestia –oltre all’unione di ognuno di noi con Gesù- bisogna far risaltare l’unità dell’assemblea, giacché ci nutriamo dello stesso Pane per formare un solo corpo. Perciò quello che i sacramenti significano e la grazia che contengono, esigono da noi gesti di comunione verso gli altri. La nostra conversione è verso l’unità trinitaria (e questo è un dono che viene dall’alto) e il nostro lavoro santificatore non può ovviare i gesti di comunione, di comprensione, di accoglienza e di perdono verso gli altri.
OFFLINE
25/01/2019 09:11
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura»

Rev. D. Josep GASSÓ i Lécera
(Ripollet, Barcelona, Spagna)


Oggi, la Chiesa celebra la festa della Conversione di San Paolo, apostolo. Il breve frammento del Vangelo secondo San Marco raccoglie una parte del discorso con riguardo alla missione che il Signore risuscitato conferisce. Con l’esortazione a predicare in tutto il mondo va unita la tesi che la fede ed il battesimo sono requisiti necessari per la salvezza. «Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato» (Mc 16,16). Cristo garantisce, inoltre, che ai predicatori verrà data la facoltà di effettuare prodigi o miracoli con cui dovranno sostenere e confermare la loro predicazione missionaria (cf. Mc 17,18). La missione è grande -«Andate in tutto il mondo»-, ma non mancherà l’appoggio del Signore «...Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).

La preghiera `colletta´ di oggi, propria della festa, ci dice: «Oh Dio, che, con la predicazione dell’Apostolo San Paolo, portasti a tutti i popoli la conoscenza della verità, concedici, al celebrare oggi la sua conversione, che, seguendo il suo esempio, possiamo camminare verso di Te, quali testimoni della tua verità». Una verità che Dio ci ha concesso di conoscere e che tante e tante anime desidererebbero possedere: abbiamo la responsabilità di trasmettere, fin dove ci sia possibile, questo meraviglioso patrimonio.

La Conversione di San Paolo è un grande avvenimento: egli passa da perseguitore a convertito; ossia a servitore e difensore della causa di Cristo. Molte volte, forse, anche noi stessi facciamo da “persecutori”; come San Paolo, dobbiamo trasformarci da “persecutori” a servi e difensori di Gesù Cristo.

Con Santa Maria, riconosciamo che l’Altissimo, si è `fissato´ anche in noi e ci ha scelti per partecipare della missione sacerdotale e redentrice del Suo Figlio divino. `Regina Apostolorum´ Regina degli Apostoli, prega per noi! Rendici coraggiosi per dare testimonianza della nostra fede cristiana nel mondo in cui dobbiamo vivere!
OFFLINE
26/01/2019 09:31
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«È fuori di sé»

Rev. D. Antoni CAROL i Hostench
(Sant Cugat del Vallès, Barcelona, Spagna)


Oggi, vediamo che gli stessi parenti di Gesù osano dire di Lui che «E’ fuori di se» (Mc 3, 21). Ancora una volta si compie l’antico proverbio «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua» (Mt 13,57). Non c’è nemmeno bisogno di dire che questo lamento non “macchia” Maria Santissima, perché dal primo all’ultimo momento –quando Lei si trovava ai piedi della Croce- si sostenne saldamente nella fede e fiducia verso Suo Figlio.

Dunque, e noi? Esaminiamoci! Quante persone vivono accanto a noi, che abbiamo a portata di mano, sono luce per la nostra vita, e noi...? Non è necessario andar lontano: pensiamo al Papa Giovanni Paolo II: quanti lo seguirono, e... allo stesso tempo, quanti lo giudicarono “testardo-antiquato”, geloso del suo “potere”? E’ possibile che Gesù –duemila anni dopo- resti ancora sulla Croce per la nostra salvezza e che noi, di sotto, continuiamo a dire: «Scendi e crederemo in te» (cf. Mc 15,32)?

O viceversa. Se ci sforziamo per configurarci con Cristo, la nostra presenza non risulterà per quelli con cui conviviamo per motivi di parentela, lavoro, ecc. Peggio ancora, a qualcuno ciò risulterà fastidioso, perché sarà per lui un rimorso di coscienza. Ci è già stato garantito!: «Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi» (Gv 15,20). Dietro le loro beffe, vorranno occultare la loro paura; mediante i loro giudizi negativi, faranno una pessima difesa della propria “pigrizia”.

Quante volte accusano noi cattolici di essere “esagerati”? Dobbiamo rispondere che non lo siamo, perché in tema di amore è impossibile esagerare. Però sì, che è vero che siamo “radicali”, perché l’amore è così: “totalizzante”: «o tutto o niente»; «o l’amore uccide l’io o l’io distrugge l’amore».

E’ questa la ragione per cui il Santo Padre ci parlò di “radicalismo evangelico” e di “non aver paura”: «Nelle questioni del Regno non c’ è tempo per guardare indietro e, meno ancora per lasciarci trasportare dalla pigrizia» (San Giovanni Paolo II).
OFFLINE
27/01/2019 09:06
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

In modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto»

Rev. D. Bernat GIMENO i Capín
(Barcelona, Spagna)


Oggi, cominciamo ad ascoltare la voce di Gesù attraverso l’evangelista che ci accompagnerà in tutto il tempo ordinario proprio del ciclo “C”: San Luca. Che «tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto» (Lc 1,4), scrive Luca al suo amico Teofilo. Se questa è la finalità dello scritto,dobbiamo prendere coscienza dell’importanza che costituisce il fatto di meditare il Vangelo del Signore –parola viva e, perciò, sempre nuova- ogni giorno.

Quale parola di Dio, Gesù ci viene presentato come un Maestro, giacché «insegnava nelle sinagoghe» (Lc 4,15). Comincia come qualsiasi predicatore: leggendo un testo della Scrittura, che precisamente oggi si compie... La parola del profeta Isaia si sta compiendo; non solo, tutta la parola, tutto il contenuto delle Scritture, tutto ciò che avevano annunciato i profeti arriva a concretizzarsi e a compiersi in Gesù. Non è indifferente credere o no in Gesù, perché è lo stesso “Spirito del Signore” che Lo ha consacrato e lo ha inviato.

Il messaggio che vuole trasmettere Dio all’umanità, mediante la Sua Parola è una buona notizia per gli abbandonati, un annunzio di libertà per gli schiavi e gli oppressi, una promessa di salvazione. Un messaggio che colma di speranza l’umanità intera. Noi, figli di Dio in Cristo per mezzo del battesimo, anche noi siamo stati consacrati e partecipiamo nella Sua missione: portare questo messaggio di speranza a tutta l’umanità.

Meditando il Vangelo che dà `solidità alla nostra fede´ vediamo che Gesù predicava in modo diverso degli altri maestri: predicava come chi ha autorità (cf. Lc 4,32). Ed è così, perché predicava con opere, con l’esempio, dando testimonio, fino ad offrire la propria vita. Così dobbiamo fare anche noi, non possiamo fermarci solo alle parole: dobbiamo concretizzare il nostro amore a Dio e ai fratelli con opere. Ci possono aiutare le Opere di Misericordia –sette spirituali e sette corporali- che ci propone la Chiesa, che, come una madre, orienta il nostro cammino.
OFFLINE
28/01/2019 10:41
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo, non avrà perdono in eterno»

Rev. D. Vicenç GUINOT i Gómez
(Sant Feliu de Llobregat, Spagna)


Oggi, leggendo il Vangelo del giorno, non finiamo di stupirci –“È allucinante” come si direbbe in gergo popolare-, «Gli scribi, che erano discesi da Gerusalemme», vedono la compassione di Gesù verso la gente ed il Suo potere con cui favorisce gli oppressi, e, nonostante tutto, Gli dicono che «Costui è posseduto da Belzebu e scaccia i demoni per mezzo del capo dei demoni» (Mc 3,22). Realmente si rimane sorpresi vedendo fino a che punto può arrivare la cecità e la malizia umana e in questo caso, da persone dotte. Hanno davanti a loro la Bontà personificata, Gesù, l’umile di cuore, l’unico Innocente, e non se ne accorgono. Si suppone che loro sono gli esperti, quelli che conoscono le cose di Dio per aiutare il popolo e, invece non solo non Lo riconoscono, ma addirittura Lo accusano di diabolico.

Con questo panorama, verrebbe voglia di voltargli le spalle dicendo: «Addio per sempre!». Ma il Signore sopporta con pazienza questo giudizio temerario nei Suoi riguardi. Come ha affermato Giovanni Paolo II, Lui «è un testimone insuperabile di amore paziente e di umile mansuetudine». La Sua condiscendenza senza limiti Lo muove, perfino, a cercare di scuotere i loro cuori per mezzo di parabole e di argomenti ragionevoli. Sebbene, alla fine, nota, con la Sua autorità divina, che questa cecità di cuore è una ribellione contro lo Spirito Santo e che non troverà perdono (cf. Mc 3,39). E non perché Iddio non voglia perdonare, ma perchè, per essere perdonati, bisogna riconoscere prima il proprio peccato.

Come annunciò il Maestro, è lunga la lista dei discepoli che anche hanno sofferto l’incomprensione quando agivano con le migliori intenzioni. Pensiamo, per esempio, a santa Teresa di Gesù, quando cercava di avviare ad una maggior perfezione le sue suore.

Non ci meravigliamo, perciò, se, nella nostra vita, si presentano queste contraddizioni. E’ un indizio che stiamo sulla buona strada. Preghiamo per queste persone e chiediamo al Signore che ci dia pazienza.
OFFLINE
29/01/2019 08:55
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre»

Rev. D. Josep GASSÓ i Lécera
(Ripollet, Barcelona, Spagna)


Oggi, contempliamo Gesù –in una scena assai concreta, e allo stesso tempo, compromettente- circondato, com’è, da una moltitudine di gente della popolazione. I familiari più prossimi a Gesù sono arrivati da Nazaret a Cafarnaum. Ma, dovuto alla quantità di gente, restano fuori e lo fanno chiamare. Gli dicono: «Ecco, tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle stanno fuori e ti cercano» (Mc 3,31).

Nella risposta di Gesù, come vedremo, non c’è nessun motivo di rifiuto verso i suoi familiari. Gesù si era allontanato da loro per seguire la chiamata divina e dimostra adesso che anche internamente ha rinunciato a loro: non per indifferenza nei sentimenti o per disprezzo dei vincoli familiari, ma perché appartiene `completamente´a Dio Padre. Gesù Cristo ha realizzato personalmente in Sé stesso quello che precisamente chiede ai suoi discepoli.

Al posto della Sua famiglia terrena, Gesù ha scelto una famiglia spirituale. Lancia uno sguardo sugli uomini seduti attorno a Sé e dice loro; «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre» (Mc 3 ,34-35). San Marco, in altri momenti del Suo Vangelo, riferisce di altri sguardi di Gesù attorno a Sé.

Gesù ci vuole dire, forse, che sono suoi parenti solamente quelli che ascoltano attentamente la Sua parola? No! Non sono suoi parenti quelli che ascoltano la Sua parola, ma quelli che ascoltano e compiono la volontà di Dio: questi sono suo fratello, sua sorella e sua madre.

Quello che Gesù fa è esortare quelli che si trovano lì seduti –e tutti- ad entrare in comunione con Lui, nel compimento della volontà divina. Vediamo, però, allo stesso tempo, nelle Sue parole, una lode a Sua Madre, Maria, la sempre beata, per aver creduto.
OFFLINE
30/01/2019 08:47
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Il seminatore semina la Parola»

Rev. D. Antoni CAROL i Hostench
(Sant Cugat del Vallès, Barcelona, Spagna)


Oggi, ascoltiamo dalle labbra del Signore la “Parabola del seminatore”. La scena è assolutamente attuale. Il Signore non smette di “seminare”. Anche ai nostri giorni è una moltitudine quella che ascolta Gesù per mezzo del Suo Vicario –il Papa-,dei Suoi ministri e... dei Suoi fedeli laici: a tutti i battezzati Cristo ha conferito una partecipazione alla Sua missione sacerdotale. C’è “fame” di Gesù. Mai come adesso la Chiesa era stata così cattolica, giacché sotto le Sue “ali” ospita uomini e donne dei cinque continenti e di tutte le razze. Egli ci mandò in tutto il mondo (cf. Mc 16,15) e, malgrado le ombre del panorama, è diventato reale il comandamento di Gesù.

Il mare, la barca e le spiagge vengono sostituiti da stadi, schermi e moderni mezzi di comunicazione e di trasporto. Ma Gesù è oggi lo stesso di ieri. Nemmeno ha cambiato l’uomo e la sua necessità di insegnare per poter amare. Anche oggi c’è chi –per grazia o per gratuita scelta divina: è un mistero!- riceve e capisce più direttamente la Parola. Così come ci sono molte anime che hanno bisogno di una spiegazione più descrittiva e più graduale della Rivelazione.

In ogni caso, sia agli uni come agli altri, Dio chiede`frutti di santità.´Lo Spirito Santo ci aiuta in questo, ma non esclude la nostra collaborazione. In primo luogo, è necessaria la`diligenza´. Se uno risponde parzialmente, cioè se si mantiene sul`margine´ del cammino senza entrare completamente in esso, resterà vittima facile di Satana.

Secondo, la `perseveranza nella preghiera´ -il dialogo-,per approfondire nella conoscenza e nell’amore verso Gesù: «Santo senza preghiera...? –Non credo in questa santità» (San Giuseppe Maria).

Infine lo `spirito di povertà e di distacco´ eviterà che “anneghiamo” per il cammino. Le cose chiare: «Nessuno può servire a due padroni...» (Mt 6,24). In Maria Santissima troveremo il miglior modello di corrispondenza alla chiamata di Dio.
OFFLINE
31/01/2019 09:35
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

«Viene forse la lampada per essere messa sotto il moggio o sotto il letto?»

Rev. D. Àngel CALDAS i Bosch
(Salt, Girona, Spagna)


Oggi, Gesù ci spiega il segreto del Regno. Usa perfino una certa ironia per mostrarci che la “energia” interna che possiede la Parola di Dio –la sua propria– la forza espansiva che deve estendersi nel mondo intero, è come la luce, e che questa luce non può «essere messa sotto il moggio o sotto il letto» (Mc 4,21).

Possiamo forse immaginare che grado di stupidità umana sarebbe collocare una candela accesa sotto il letto? Cristiani, con la luce spenta o con la luce accesa ma con la proibizione di illuminare! Questo succede quando non mettiamo al servizio della fede la pienezza delle nostre conoscenze e del nostro amore. Risulta decisamente contro natura ripiegarsi egoisticamente su noi stessi, limitando la nostra vita all’ambito dei nostri interessi personali! Vivere sotto il letto! Assenti dello spirito in modo grottesco e tragico!

Il vangelo –al contrario– è un santo slancio di Amore appassionato che vuole comunicarsi che ha bisogno di “dirsi”, che porta con sé una esigenza di crescita personale, di maturità interna, e di servizio agli altri. «Se dici: “Basta!”, sei morto», dice sant’Agostino. E san Josemaría: «Signore, che io abbia peso e misura in tutto… meno nell’Amore».

«‘Se uno ha orecchi per ascoltare, ascolti!’. Diceva loro: ‘Fate attenzione a quello che ascoltate’» (Mc 4,23-24). Ma che vuol dire ascoltare? Cosa dobbiamo ascoltare? Questa è la grande domanda che ci dobbiamo porre. È l’atto di sincerità verso Dio che ci esige sapere cosa realmente vogliamo fare. E per saperlo bisogna ascoltare: si deve stare attenti alle insinuazioni di Dio. Bisogna introdursi nel dialogo con Lui. E la conversazione mette fine alle “matematiche della misura”: «Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi; anzi, vi sarà dato di più. Perché a chi ha, sarà dato; ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha» (Mc 4,24-25). Gli interessi accumulati da Dio nostro Signore sono imprevedibili e straordinari. Ed è questo un modo di stimolare la nostra generosità.
OFFLINE
01/02/2019 09:34
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno (...) Il terreno produce spontaneamente»

Rev. D. Jordi PASCUAL i Bancells
(Salt, Girona, Spagna)


Oggi, Gesù parla alla gente di un’esperienza molto vicina alle loro vite: « un uomo che sparge il seme nella terra; (...) il seme germoglia e cresce; (...) La terra produce spontaneamente, prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga» (Mc 4, 26-28). Con queste parole si riferisce al Regno di Dio, che consiste nella «santità e grazia, verità e vita, giustizia, amore e pace» (Prefazio per la Solennità di Cristo Re), che Gesù è venuto a portare. Questo Regno deve essere realtà, in primo luogo, in ognuno di noi, e poi nel nostro mondo.

Nell’anima di ogni cristiano, Gesù ha seminato –per mezzo del Battesimo- la Grazia, la Santità, la Verità... Dobbiamo far crescere questo seme in modo che fruttifichino le buone opere: di servizio, carità, cortesia, generosità, di sacrificio per adempiere bene in ogni istante il nostro dovere e per rendere felici coloro che ci circondano, di preghiera costante, di perdono e comprensione, di sforzo per riuscire a crescere in virtù, di gioia...

Così, questo Regno di Dio –che ha inizio in ciascuno di noi- si estenderà alla nostra famiglia, al nostro paese, alla nostra società, al nostro mondo. Perché chi vive così, «cos’altro fa se non preparare il cammino al Signore (...) in modo che penetri in lui la forza della Grazia, che lo illumini la luce della verità, raddrizzi le vie che conducono a Dio?» (San Gregorio Magno).

Il seme inizia piccolo, come «un granellino di senapa che, quando viene seminato per terra, è il più piccolo di tutti i semi che sono sulla terra; ma appena seminato cresce e diviene il più grande di tutti gli ortaggi» (Mc 4, 31-32). Ma la forza di Dio si diffonde e cresce con sorprendente vigore. Come nei primi tempi del cristianesimo, così anche oggi Gesù ci chiede di diffondere il Suo Regno in tutto il mondo.
OFFLINE
02/02/2019 08:08
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza»

Rev. D. Lluís RAVENTÓS i Artés
(Tarragona, Spagna)


Oggi, sopportando il freddo dell’inverno, Simeone aspetta l’arrivo del Messia. Cinquecento anni prima, quando si cominciava a costruire il Tempio, ci fu una penuria tale che i costruttori si scoraggiarono. Fu allora quando Aggeo profetizzò: «La gloria futura di questa casa sarà più grande di quella di una volta, dice il Signore degli eserciti; in questo luogo porrò la pace» (Agg 2,9); e aggiunse «Affluiranno qui le ricchezze di tutte le genti» (Agg 2,7). Frase che ammette diversi significati: «il più apprezzato» diranno alcuni, «il desiderato da tutte le nazioni», affermerà san Geronimo.

A Simeone «lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore» (Lc 2,26), ed oggi, «mosso dallo Spirito», è salito al Tempio. Lui non è levita, nè scriba, nè dottore della Legge, è solo un povero uomo «giusto e pietoso che aspettava la consolazione d’Israele» (Lc 1,25). Ma lo Spirito soffia lì dove vuole (cf. Gv 3,8).

Adesso comprova con sorpresa che non c´è stata nessuna preparazione; non si vedono bandiere nè ghirlande, nè scudi da nessuna parte. Giuseppe e Maria attraversano lo spiazzo portando il Bambino tra le braccia. «Alzate, o porte, la vostra fronte, alzatevi, soglie antiche, ed entri il re della gloria!» (Sal 24,7), canta il salmista.

Simeone si fa avanti, con le braccia tese per salutare la Madre, riceve il Bambino e benedice Dio dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele» (Lc 2,29-32).

Dice poi a Maria: «e anche a te una spada trafiggerà l’anima!» (Lc 2,35). «Madre, -dirò rivolgendomi alla Vergine- quando arriverà il momento di andare alla casa del Padre, portami tra le tue braccia, come portavi Gesù, perché anch’io sono figlio tuo e bambino!».
OFFLINE
03/02/2019 09:15
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Nessun profeta è bene accetto nella sua patria»

P. Pere SUÑER i Puig SJ
(Barcelona, Spagna)


Oggi, in questa quarta domenica del tempo ordinario, la liturgia continua a presentarci Gesù parlando nella sinagoga di Nazaret. Si unisce al Vangelo di domenica scorsa in cui Gesù leggeva nella sinagoga la profezia di Isaia: «Lo spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a proclamare ai prigionieri la liberazone (...)» (Lc 4,18-19). Gesù, al finire la lettura, afferma, senza reticenze, che questa profezia si compie in Lui.

Il Vangelo commenta che la gente di Nazaret si meravigliava che dalle Sue labbra uscissero quelle parole di grazia. Il fatto che Gesù fosse ben conosciuto dai nazareni, poiché era vissuto fra di loro durante l’infanzia e la gioventù, non facilitava la loro predisposizione ad accettare che fosse un profeta. Ricordiamo la frase di Natanaele: «Da Nazaret può venire qualcosa di buono?» (Gv 1,46). Gesù rimproverava la loro incredulità, ricordando che: «Nessun profeta è benaccetto nella sua patria» (Lc 4,24). E pone a loro l’esempio di Elia e di Eliseo che fecero miracoli per i forestieri ma non per i loro concittadini.

D’altra parte la reazione dei nazareni fu violenta. Volevano precipitarlo nel vuoto. Quante volte pensiamo che Dio deve svolgere le Sue azioni salvatrici adeguandosi ai nostri grandiloquenti criteri! Ci offende che Lui si valga di ciò che noi consideriamo cose di poco conto. Vorremmo un Dio spettacolare. Ma questo è proprio del tentatore che dall’alto della cima dice; «Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù di qui» (Lc 4,9). Gesù si è rivelato come un Dio umile: il Figlio dell’uomo «non è venuto a farsi servire, ma per servire» (Mc 10,45).ImitiamoLo! Non è necessario, per salvare le anime, essere grandi come San Francesco Saverio. L’umile Teresa del bambino Gesù è una sua pari, quale patrona delle missioni.
OFFLINE
04/02/2019 08:52
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Esci, spirito impuro, da quest’uomo!»

Rev. D. Ramon Octavi SÁNCHEZ i Valero
(Viladecans, Barcelona, Spagna)


Oggi, ci troviamo con un frammento del Vangelo che può suscitare un sorriso a più di una persona. Immaginare circa duemila maiali precipitando giù dalla montagna, risulta uno spettacolo un po’ comico. In verità, però, è che ai porcai non dovette sembrare una situazione gradevole, si arrabbiarono molto e chiesero a Gesù che se ne andasse dal loro territorio.

L’atteggiamento di quei porcai, anche se umanamente potrebbe sembrare logico, risulta francamente riprovevole: avrebbero preferito vedere i propri animali a salvo, anziché la guarigione dell’indemoniato. Ossia anteporre i beni materiali, che ci procurano soldi e benessere, alla vita degna di un uomo che non è dei “nostri”. Perché colui che si trovava dominato da uno spirito maligno era solamente una persona che «continuamente, notte e giorno, fra le tombe e sui monti, gridava e si percuoteva con pietre» (Mc 5,5).

Noi frequentemente corriamo il pericolo di afferrarci a quello che è nostro, e ci affliggiamo quando perdiamo quello che è solo materiale. Così, per esempio, il contadino si dispera quando perde un raccolto, sebbene l’abbia assicurato, o chi gioca in borsa, che ha la stessa attitudine, quando le sue azioni perdono parte del loro valore. Molto poco invece si rattristano vedendo la fame e l’insicurezza di tanti esseri umani, alcuni dei quali vivono accanto a noi.

Gesù antepose sempre le persone, perfino prima delle leggi e dei poderosi del suo tempo. Noi, invece, troppe volte, pensiamo solo a noi stessi ed in quelli che crediamo possano offrirci felicità, sebbene l’egoismo non apporta mai la felicità. Come direbbe il vescovo brasiliano Helder Camara: «L’egoismo è la fonte più infallibile d’infelicità per se stessi e per quelli che ci circondano».
OFFLINE
06/02/2019 08:09
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani?»

Rev. D. Miquel MASATS i Roca
(Girona, Spagna)


Oggi, il Vangelo ci fa vedere Gesù che va alla sinagoga di Nazareth, il paese dove era cresciuto. Il sabato è il giorno dedicato al Signore ed i giudei si riuniscono per ascoltare la Parola di Dio. Gesù va ogni sabato alla sinagoga e lì insegna, non come gli scribi ed i farisei, ma come chi ha autorità (cf.Mc 1,22).

Anche oggi Dio ci parla per mezzo della Scrittura. Nella sinagoga si leggono le Scritture e, dopo, una persona competente si incarica di commentarle, segnalandone il senso ed il messaggio che Dio mediante loro vuole trasmettere. Viene attribuita a sant’Agostino la seguente riflessione: «Così come nella preghiera noi parliamo con Dio, nella lettura è Dio che ci parla».

Il fatto che Gesù, Figlio di Dio, sia conosciuto tra i suoi compaesani, per il suo lavoro ci offre una prospettiva insospettàbile per la nostra vita ordinaria. Il lavoro professionale di ognuno di noi è un mezzo di incontro con Dio ed è, perciò, una realtà santificabile e santificatrice. Sono parole di san José María Escrivà: «La vostra vocazione umana è parte, e parte importante, della vostra vocazione divina. Questa è la ragione, per la quale, dovete santificarvi, contribuendo contemporaneamente alla santificazione degli altri, dei vostri simili, precisamente al santificare il vostro lavoro ed il vostro ambiente: questa professione o impiego che riempie i vostri giorni che dà fisionomia peculiare alla vostra personalità umana, che è il vostro modo di stare al mondo; questa casa, questa famiglia vostra; e questa nazione in cui siete nati ed amate».

Il passaggio evangelico termina dicendo che Gesù «non poteva compiere nessun prodigio (...) e si meravigliava della loro incredulità» (Mc 6,5-6). Anche oggi il Signore ci chiede maggior fede in Lui per realizzare cose che superano le nostre possibilità umane. I miracoli svelano il potere di Dio e il bisogno che abbiamo di Lui nella nostra vita quotidiana.
OFFLINE
06/02/2019 08:09
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani?»

Rev. D. Miquel MASATS i Roca
(Girona, Spagna)


Oggi, il Vangelo ci fa vedere Gesù che va alla sinagoga di Nazareth, il paese dove era cresciuto. Il sabato è il giorno dedicato al Signore ed i giudei si riuniscono per ascoltare la Parola di Dio. Gesù va ogni sabato alla sinagoga e lì insegna, non come gli scribi ed i farisei, ma come chi ha autorità (cf.Mc 1,22).

Anche oggi Dio ci parla per mezzo della Scrittura. Nella sinagoga si leggono le Scritture e, dopo, una persona competente si incarica di commentarle, segnalandone il senso ed il messaggio che Dio mediante loro vuole trasmettere. Viene attribuita a sant’Agostino la seguente riflessione: «Così come nella preghiera noi parliamo con Dio, nella lettura è Dio che ci parla».

Il fatto che Gesù, Figlio di Dio, sia conosciuto tra i suoi compaesani, per il suo lavoro ci offre una prospettiva insospettàbile per la nostra vita ordinaria. Il lavoro professionale di ognuno di noi è un mezzo di incontro con Dio ed è, perciò, una realtà santificabile e santificatrice. Sono parole di san José María Escrivà: «La vostra vocazione umana è parte, e parte importante, della vostra vocazione divina. Questa è la ragione, per la quale, dovete santificarvi, contribuendo contemporaneamente alla santificazione degli altri, dei vostri simili, precisamente al santificare il vostro lavoro ed il vostro ambiente: questa professione o impiego che riempie i vostri giorni che dà fisionomia peculiare alla vostra personalità umana, che è il vostro modo di stare al mondo; questa casa, questa famiglia vostra; e questa nazione in cui siete nati ed amate».

Il passaggio evangelico termina dicendo che Gesù «non poteva compiere nessun prodigio (...) e si meravigliava della loro incredulità» (Mc 6,5-6). Anche oggi il Signore ci chiede maggior fede in Lui per realizzare cose che superano le nostre possibilità umane. I miracoli svelano il potere di Dio e il bisogno che abbiamo di Lui nella nostra vita quotidiana.
OFFLINE
07/02/2019 08:47
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due (...) Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse»

+ Rev. D. Josep VALL i Mundó
(Barcelona, Spagna)


Oggi, il Vangelo parla della prima delle missioni apostoliche. Cristo invia i dodici a predicare a curare ogni sorta di ammalati e a preparare i cammini della salvazione definitiva. Questa è la missione della Chiesa e, anche quella , di ogni cristiano. Il Concilio Vaticano II affermò che «la vocazione cristiana implica, come tale, la vocazione all’apostolato. Nessun cristiano ha una funzione passiva. Per cui, chi non cercasse la crescita del corpo sarebbe, perciò stesso, inutile per tutta la Chiesa, come per se stesso».

Il mondo attuale ha bisogno –come diceva Gustavo Thibon- di un “supplemento di anima” per poterlo rigenerare. Solamente Cristo, con la Sua dottrina, è medicina per le malattie di tutto il mondo. Questo ha le sue crisi. Non si tratta soltanto di una parziale crisi morale o di valori umani: è una crisi dell’insieme; e l’espressione più precisa per definirla è quella di una “crisi dell’anima”.

I cristiani, con la grazia e la dottrina di Gesù, ci troviamo in mezzo alle strutture temporali per vivificarle e dirigerle verso il Creatore: «Che il mondo, per la predicazione della Chiesa, ascoltando possa credere, credendo possa sperare e sperando possa amare» (Sant’Agostino). Il cristiano non può fuggire da questo mondo. Così, come scriveva Bernanos «Ci hai lanciato in mezzo alla massa, in mezzo alle moltitudini, come lievito; riconquisteremo palmo a palmo, l’universo che il peccato ci ha carpito; Signore, Te lo restituiremo esattamente come lo ricevemmo in quel primo mattino di tutti i tempi, in tutto il suo ordine e in tutta la sua santità».

Uno dei segreti consiste nell’amare il mondo con tutta l’anima e vivere con amore la missione affidata da Cristo agli Apostoli e a tutti noi. Detto con parole di San Giuseppe Maria, «l’apostolato è amore di Dio, che trabocca, dando sé stessi agli altri (...). E l’ansia di apostolato è l’espressione precisa, adeguata e necessaria della vita interiore». Questo dev'essere il nostro testimonio giornaliero tra gli uomini e nel trascorso di tutte le epoche.
OFFLINE
08/02/2019 09:00
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Il re Erode sentì parlare di Gesù, perché il suo nome era diventato famoso»

Rev. D. Ferran BLASI i Birbe
(Barcelona, Spagna)


Oggi, in questo brano di Marco, ci parla del prestigio di Gesù –conosciuto per i Suoi miracoli ed insegnamenti-. Era tale questo prestigio, che, per alcuni, si trattava del parente e precursore di Gesù, Giovanni il Battista, che sarebbe risuscitato fra i morti. E così lo voleva immaginare Erode, che lo aveva fatto uccidere. Però questo Gesù era molto di più degli altri uomini di Dio: più di quel Giovanni; più di qualunque profeta che parlavano nel nome dell’Altissimo: Lui era il Figlio di Dio fatto uomo, Perfetto Dio e Perfetto Uomo. Questo Gesù –presente tra noi-, come uomo ci può capire e, come Dio, ci può concedere tutto quello di cui abbiamo bisogno.

Giovanni, il precursore, che era stato mandato da Dio prima di Gesù, con il suo martirio Lo precede anche nella Sua passione e morte. E’ stata anche una morte ingiustamente inflitta ad un uomo santo, da parte del tetrarca Erode, certamente controvoglia, poiché lo apprezzava e lo ascoltava con rispetto. Ma, dopo tutto, Giovanni era stato chiaro e determinato verso il re, quando gli rimproverava la sua condotta meritevole di disapprovazione, perché non gli era lecito aver preso Erodia come sposa, la moglie di suo fratello.

Erode aveva accondisceso alla richiesta rivoltagli dalla figlia di Erodia, spinta da sua madre, quando in un banchetto –dopo la danza che aveva compiaciuto il re- davanti agli invitati, giurò alla danzatrice dargli ciò che gli avesse chiesto. «Che cosa devo chiedere?» domanda a sua madre che le risponde: «La testa di Giovanni il Battista» (Mc 6,24). Così il reuccio fa esecutare il Battista. Era quello un giuramento che in nessun modo lo obbligava, giacché si trattava di una cosa assolutamente ingiusta, contraria alla giustizia e alla coscienza.

Ancora una volta, l’esperienza insegna che una virtù deve essere unita a tutte le altre, e che tutte devono crescere organicamente, come le dita di una mano. Ma l’esperienza insegna anche che quando si incorre in un vizio, segue poi la processione degli altri.
OFFLINE
09/02/2019 09:51
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’. Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare»

Rev. D. David COMPTE i Verdaguer
(Manlleu, Barcelona, Spagna)


Oggi, il Vangelo ci presenta una situazione, una necessità ed un paradosso che sono molto attuali.

Una situazione. Gli Apostoli sono “stressati”: «Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare» (Mc 6,31). Frequentemente anche noi ci vediamo coinvolti nelle stesse situazioni. Il lavoro esige buona parte delle nostre energie; la famiglia, dove ogni membro vuole palpare il nostro amore; le altre attività nelle quali ci siamo impegnati, che ci fanno bene e, alla volta, beneficiano agli altri...Volere è potere? Forse è più ragionevole riconoscere che non possiamo tutto quello che vorremmo.

Una necessità. Il corpo, la testa, il cuore reclamano un diritto: il riposo. In questi versicoli abbiamo un manuale frequentemente ignorato, sul riposo. Lì risalta la comunicazione. Gli Apostoli «Gli riferirono tutto quello che avevano fatto» (Mc 6,30). Comunicazione con Dio, seguendo il filo dal più profondo del nostro cuore. Quale sorpresa! Troviamo Dio che ci aspetta. E aspetta trovarci con le nostre stanchezze.

Gesù dice loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto e riposatevi un po’» (Mc 6,31). Nel progetto di Dio c’è un posto per il riposo! Anzi, la nostra esistenza, con tutto il suo peso, deve riposare in Dio. Lo scoprì l’irrequieto Agostino: «Ci hai creati per te ed il nostro cuore è inquieto fino a quando non riposi in Te». Il riposo di Dio è creativo; non è “anestesico”; incontrarci con il Suo amore centra il nostro cuore ed i nostri pensieri.

Un paradosso. La scena del Vangelo finisce “male”: i discepoli non possono riposare. Il progetto di Gesù fallisce: sono abbordati dalla gente. Non hanno potuto “staccare”. Noi, frequentemente, non riusciamo a liberarci dai nostri doveri (figli, coniuge, lavoro...): sarebbe come tradirci! E’ imprescindibile, allora, trovare Dio in queste realtà. Se c´è comunicazione con Dio, se il nostro cuore riposa in Lui, riusciremo a relativizzare tensioni inutili...e la realtà –spoglia di chimere- mostrerà meglio l’impronta di Dio. In Lui, troveremo il nostro riposo.
OFFLINE
10/02/2019 09:12
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Sulla tua parola getterò le reti»

Rev. D. Blas RUIZ i López
(Ascó, Tarragona, Spagna)


Oggi, il Vangelo ci offre il dialogo semplice e allo stesso tempo profondo tra Gesù e Simone Pietro, dialogo che potremmo far nostro: tra le acque burrascose di questo mondo, ci sforziamo a nuotare controcorrente, cercando la buona pesca di un annuncio del Vangelo che ottenga una risposta fruttuosa...

Ed è allora quando ci cade addosso, inevitabilmente, la dura realtà; le nostre forze non sono sufficienti. Abbiamo bisogno di qualcos'altro: la fiducia nella Parola di Colui che ci ha promesso di non lasciarci mai soli. «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma su la tua parola getterò le reti» (Lc 5,5). Questa risposta di Pietro la possiamo capire meglio se la relazioniamo con le parole di Maria alle nozze di Canà: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela» (Gv 2,5). Ed è compiendo fiduciosi nella volontà del Signore, quando il nostro lavoro risulta proficuo.

E, tutto questo nonostante la nostra condizione di peccatori: «Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore» (Lc 5,8). Sant’Ireneo di Lione scopre un aspetto pedagogico nel peccato: chi è cosciente della sua natura di peccatore è capace di riconoscere la sua condizione di creatura, e, questa riflessione ci colloca di fronte all’evidenza di un Creatore che ci supera.

Soltanto chi, come Pietro, ha saputo accettare la sua limitazione, è in condizione di ammettere che i frutti del suo lavoro apostolico non sono suoi ma di Colui del quale è stato uno strumento. Il Signore chiama gli Apostoli ad essere pescatori di uomini, ma il vero pescatore è Lui: Il buon discepolo non è superiore alla rete che raccoglie la pesca, e, questa rete solo risulta effettiva se agisce come lo fecero gli Apostoli: abbandonando tutto e seguendo il Signore (cf. Lc 5,11).
OFFLINE
10/02/2019 09:12
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Sulla tua parola getterò le reti»

Rev. D. Blas RUIZ i López
(Ascó, Tarragona, Spagna)


Oggi, il Vangelo ci offre il dialogo semplice e allo stesso tempo profondo tra Gesù e Simone Pietro, dialogo che potremmo far nostro: tra le acque burrascose di questo mondo, ci sforziamo a nuotare controcorrente, cercando la buona pesca di un annuncio del Vangelo che ottenga una risposta fruttuosa...

Ed è allora quando ci cade addosso, inevitabilmente, la dura realtà; le nostre forze non sono sufficienti. Abbiamo bisogno di qualcos'altro: la fiducia nella Parola di Colui che ci ha promesso di non lasciarci mai soli. «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma su la tua parola getterò le reti» (Lc 5,5). Questa risposta di Pietro la possiamo capire meglio se la relazioniamo con le parole di Maria alle nozze di Canà: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela» (Gv 2,5). Ed è compiendo fiduciosi nella volontà del Signore, quando il nostro lavoro risulta proficuo.

E, tutto questo nonostante la nostra condizione di peccatori: «Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore» (Lc 5,8). Sant’Ireneo di Lione scopre un aspetto pedagogico nel peccato: chi è cosciente della sua natura di peccatore è capace di riconoscere la sua condizione di creatura, e, questa riflessione ci colloca di fronte all’evidenza di un Creatore che ci supera.

Soltanto chi, come Pietro, ha saputo accettare la sua limitazione, è in condizione di ammettere che i frutti del suo lavoro apostolico non sono suoi ma di Colui del quale è stato uno strumento. Il Signore chiama gli Apostoli ad essere pescatori di uomini, ma il vero pescatore è Lui: Il buon discepolo non è superiore alla rete che raccoglie la pesca, e, questa rete solo risulta effettiva se agisce come lo fecero gli Apostoli: abbandonando tutto e seguendo il Signore (cf. Lc 5,11).
Nuova Discussione
Rispondi
TUTTO QUELLO CHE E' VERO, NOBILE, GIUSTO, PURO, AMABILE, ONORATO, VIRTUOSO E LODEVOLE, SIA OGGETTO DEI VOSTRI PENSIERI. (Fil.4,8) ------------------------------------------
 
*****************************************
Feed | Forum | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra | Regolamento | Privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 19:48. Versione: Stampabile | Mobile - © 2000-2024 www.freeforumzone.com