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RACCONTI BIBLICI PER RAGAZZI (Testo e immagini)

Ultimo Aggiornamento: 08/06/2017 15:33
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16/01/2017 21:02
 
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Davide, re d'Israele, era un uomo buono e retto, che fa­ceva quello che piace al Si­gnore; e anche quando commetteva qualche peccato, subito chiede­va perdono al Signore. Non così i suoi figli, che erano spesso violenti ed egoisti. Assalonne era uno di loro: era giovane, bello e coraggioso, e si era attirato le sim­patie di molti; ma il suo cuore era pieno d'inganni. Una volta Assalonne ritenne di essere stato offeso da suo fratello Amnon. Allora, senza manifestare la sua ira, invitò Amnon a un banchet­to e ordinò ai propri servi di ucci­derlo. Poi fuggì, per non incorrere nel castigo di Davide. Assalonne aveva un amico pres­so il re: Ioab, il comandante dell'e­sercito. Dopo tre anni Ioab si rese conto che il re aveva smesso di piangere il figlio ucciso, e allora ot­tenne da lui il permesso che Assa­lonne tornasse nel paese d'Israele, ma senza presentarsi al re. Assalon­ne però tanto fece e tanto insistette, che Davide accettò di rivederlo lo perdonò e lo baciò. Da allora il giovane, dandosi arie di grande ricchezza e potenza, cir­condato dai suoi uomini andò a mettersi alla porta della città. Quan­do qualcuno arrivava in città per presentarsi a ricevere giustizia, As­salonne lo chiamava e gli diceva: «Tu sei nel giusto, ma nessuno rico­nosce i tuoi diritti; nessuno ascolta le tue ragioni da parte del re. Ah, se fossi nominato io giudice d'Israele! Allora sì, tutti quelli che hanno subi­to torti riceverebbero giustizia». Poi gli porgeva la mano, lo ab­bracciava e lo baciava, fingendosi addolorato per lui. In questo modo crescevano nel paese le simpatie per il giovane Assalonne. Giunto il momento opportuno, Assalonne si presentò a Davide e gli chiese: «Lasciami andare a Ebron, perché ho promesso al Signore di offrirgli sacrifici in quella città». In realtà egli aveva ben altra intenzio­ne; infatti portò con sé alcuni personaggi in vista del regno e mandò messaggeri in tutte le tribù, ad an­nunciare che egli era il nuovo re in Ebron.

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Quando andarono a riferire a Da­vide che Assalonne aveva ordito una congiura, si era proclamato re e aveva un numeroso seguito, Davide disse: «Presto, fuggiamo, altrimenti nessuno di noi sfuggirà dalle mani di Assalonne». Subito Davide lasciò la reggia, circondato dalle guardie e dagli amici fedeli, e buona parte del po­polo di Gerusalemme andò con lui. Egli prese la via del deserto; nella valle di Cedron si fermò, e attese che tutti coloro che lo seguivano passassero davanti a lui. Vide allora venire anche il sacerdote Zadok con i leviti che portavano l'Arca del Si­gnore. Ma Davide gli ordinò: «Ri­porta l'Arca in città! Se il Signore e con me, mi farà tornare a rivederla; se invece il Signore non vuole che torni, sia fatta la sua volontà». Davide si avviò poi su per il mon­te degli Ulivi; saliva piangendo, con il capo coperto e a piedi scalzi in se­gno di grande dolore. Lungo il cammino un uomo lo insultò, e le guardie avrebbero voluto ucciderlo. Ma Davide le trattenne dicendo: «Il mio stesso figlio tenta di togliermi la vita: che cosa sono al confronto gli insulti di questo sconosciuto? Lasciatelo stare: forse Dio guarderà ciò che devo subire e mi ricambierà con un bene maggiore». Intanto Assalonne era entrato a Gerusalemme e si era installato nel­la reggia. I suoi consiglieri gli sugge­rirono poi di inseguire Davide, per uccidere lui e tutti coloro che stava­no con lui. Assalonne li ascoltò, radunò l'e­sercito e si mise all'inseguimento. Anche Davide si preparò alla bat­taglia. Radunò coloro che gli erano rimasti fedeli, li organizzò in tre gruppi e, davanti a tutti, ordinò ai capi di trattare con riguardo il gio­vane Assalonne, suo figlio. La battaglia si svolse nella foresta di Efraim, e i soldati di Davide riu­scirono a prevalere su quelli di As­salonne, i quali si diedero alla fuga. Anche Assalonne fuggì, cavalcando un mulo. A un tratto il mulo si infilò tra i rami bassi di un grande albero, e la testa di Assalonne rimase impi­gliata tra i rami. Il mulo passò oltre, mentre Assalonne rimase sospeso tra cielo e terra. Un uomo lo vide e andò ad av­vertire Ioab, il capo dell'esercito. «Perché non l'hai ucciso all'istante?» gli chiese Ioab, e l'altro rispose: «Ho sentito con le mie orecchie il co­mando del re, di risparmiare la vita di suo figlio». Ma Ioab non lo stette a sentire: andò, e uccise Assalone. Davide stava seduto sulla porta della città, quando giunse un mes­saggero ad annunciare la vittoria. «E il giovane Assalonne, sta bene?» chiese Davide. L'altro rispose: «Sia­no come quel giovane tutti i nemici del re!» Davide, allora, comprese che suo figlio era morto. Grande fu il suo dolore: egli fu scosso da un tremito e pianse. Diceva tra le lacrime: «As­solonne, figlio mio! Fossi morto io invece di te, figlio mio Assalonne!» E così la vittoria si tramutò in lut­to; tutti erano tristi per il dolore del re, che piangeva il figlio anche se lo aveva tradito.
2 Samuele 13-19
 1
IL SIGNORE E’ IL  MIO PASTORE Salmo 22
Re Davide continuò per tutta la vita a comporre poesie, che cantava ac­compagnandosi con la cetra. Ascol­ta questo salmo - così si chiamano le sue composizioni - pieno di felici­tà per la protezione che il Signore manifesta a chi si rivolge a lui con fiducia. «Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla; su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino, per amore del suo nome.»
 









 
2
UNA PROFEZIA PER DAVIDE 2 Samuele 7
Davide viveva in pace a Gerusa­lemme, dove aveva fatto trasporta­re l'Arca dell'Alleanza. Un giorno chiamò il profeta Natan e gli disse: ('Ecco: io sto in un bel palazzo, mentre l'Arca del Signore è ancora sotto una tenda. Voglio costruire una casa, cioè un grande tempio, anche per il Signore». Natan, che come tutti i profeti parlava a nome di Dio, gli disse: «Non preoccuparti di costruire un tempio: il Signore non te l'ha chie­sto. Anzi, egli ti fa una promessa. Il tempio lo costruirà tuo figlio Salomone, che sarà re dopo di te; e an­che dopo Salomone a Gerusalem­me regneranno i tuoi discendenti. Il tuo trono sarà stabile per sempre». Davide allora si recò davanti al­l'Arca, alla presenza del Signore, e disse: «Chi sono io, Signore, perché tu mi colmassi di tanti favori? E questo è parso ancora poco ai tuoi occhi: ecco che garantisci la mia di­scendenza anche per un lontano avvenire. Tu sei davvero grande Si­gnore Dio!» La profezia si è avverata con Gesù, discendente di Davide e figlio di Dio: egli è il Re dell'universo, e il suo regno è senza fine: il suo trono è stabile per sempre.









 
 
3
LA RICONOSCENZA DI DAVIDE Salmo 138
Dio conosce a fondo il cuore del­l'uomo: Davide lo sa, e così canta la sua riconoscenza: «Signore, tu mi scruti e mi conosci, tu sai quando mi seggo e quando mi alzo, quando cammino e quando riposo, Dove andare lontano da te? Se salgo in cielo, là tu sei, se scendo negli abissi, eccoti. Se prendo le ali dell'aurora per abitare all'estremità del mare, là mi guida la tua mano. Per te le tenebre sono luce e la notte è chiara come il giorno.»







 
4
PER AMORE DI GIONATA 2 Samuele 4; 9
Davide regnava a Gerusalemme, amato e rispettato dai sudditi e te­muto dai nemici. Egli era potente, ma non dimenticava chi gli aveva fatto del bene. In particolare non di­menticava Gionata, figlio del re Saul; non dimenticava la promessa che gli aveva fatto, di trattare con riguardo i suoi discendenti. Ma ne esistevano ancora? Il re fece compiere indagini per saperlo, e gli riferirono che uno solo dei figli di Gionata era sopravvissuto. Si chiamava Merib-Baal; era ormai un uomo, ed era storpio di entrambi i piedi: aveva cinque anni quando giunse la notizia della sconfitta di Saul e Gionata; la nutrice l'aveva preso in braccio per fuggire, ma nella fretta il bambino era caduto ed era rimasto storpio. Quando Davide lo mandò a chia­mare, Merib-Baal si presentò pieno di paura, perché temeva che Davi­de volesse vendicare su di lui il male ricevuto da Saul. Ma il re gli disse: «Non temere! Voglio trattarti con benevolenza, per amore di Gionata tuo padre. Ti restituisco tutti i campi della tua famiglia che ti sono stati tolti, e d'ora in poi tu mangerai sempre alla mia tavola. Per amore di Gionata!»







 
5
SALOMONE E’ CONSACRATO RE 1 Re 1-2
Il re Davide si era fatto molto vec­chio, e il suo figlio maggiore, Ado­nia, pensò di approfittarne per pro­clamarsi re. I personaggi principali del regno erano dalla sua parte, e così molti del popolo. Già da lungo tempo, però, re Davide aveva deciso che alla sua mor­te il suo posto doveva essere preso da un altro figlio, Salomone. Il pro­feta Natan allora mandò la madre di Salomone da Davide, a ricordar­gli la promessa e a rivelargli i progetti di Adonia. Al sentire di Adonia, Davide chia­mò il profeta Natan e il sacerdote Zadok e disse loro: «Prendete subi­to la mia guardia, fate salire Salo­mone sulla mia mula e scendete alla fonte Ghicon: là consacrerete Salomone come re; poi farete suo­nare le trombe, e griderete: Viva il re Salomone!» Così fu fatto, e così Salomone di­venne re del popolo d'Israele. Sen­tendosi poi vicino alla morte, Davi­de chiamò a sé Salomone e gli dis­se: «Sii forte e mostrati uomo. Osserva la legge del Signore, e riu­scirai in tutte le tue imprese!» Poi il grande re Davide morì; Sa­lomone prese il suo posto, e il suo regno divenne prospero e potente, perché il Signore era con lui.










 
6
IL SOGNO DI SALOMONE Re 3
Il re Salomone si recò a Gabaon, ad offrire un grande sacrificio di rin­graziamento al Signore. E il Signore quella notte gli apparve in sogno e gli disse: «Chiedimi quello che desi­deri da me». Salomone rispose: «Tu, mio Si­gnore, sei stato tanto buono con me da farmi divenire re al posto di mio padre Davide. Ma io sono come un ragazzo, privo di esperien­za per governare bene il tuo popo­lo. Concedimi di essere saggio.» Al Signore piacque questa richie­sta, e rispose a Salomone: «Tu non mi hai chiesto una lunga vita, né la ricchezza, né la sconfitta dei tuoi ne­mici, ma mi hai chiesto la saggezza per governare degnamente il mio popolo: ecco, io ti dono un cuore saggio e intelligente, e ti dono an­che quello che non hai chiesto. Ti dono, insieme con la saggezza, la ricchezza e la gloria e una lunga vita». Salomone si svegliò, tornò a Ge­rusalemme e si recò davanti all'Arca dell'Alleanza, alla presenza del Si­gnore. Offrì altri sacrifici al Signore, e il Signore mantenne le sue pro­messe: Salomone regnò per qua­rant'anni, e il suo regno fu saggio, ricco e glorioso.







 
7
IL GIUDIZIO DI SALOMONE 1 Re 3
Salomone era un re molto saggio, tanto che le sue sentenze divennero famose in tutto il mondo. Una volta si presentarono a lui due donne. La prima disse: «Noi abitiamo nella stessa casa, e a cia­scuna di noi è nato un bambino a pochi giorni di distanza l'uno dall'al­tro. Una notte il bambino di questa donna morì; allora ella lo sostituì con il mio: il bambino che ora ella porta in braccio è il mio!» La seconda donna, però, prote­stava e diceva: «No: il bambino è mio. Il tuo è quello che è morto!» Allora Salomone fece portare una spada e ordinò alle guardie «Tagliate in due il bambino, e datene metà ciascuno alle due donne!» A quelle parole, la prima donna disse: «No, mio signore, non ucci­dere il bambino: preferisco che sia dato alla donna che lo tiene in braccio, piuttosto che muoia!» La seconda donna, invece, diceva: «Va bene, sia diviso: non sia né mio né tuo». Di proposito il saggio re Salomone aveva dato quell’ordine non voleva mettere a morte il bambino, ma sapeva che la vera madre avrebbe preferito perderlo piuttosto che vederlo morire. E fece dare piccolo alla madre vera.






 
8
UNA CASA PER IL SIGNORE 1Re 5-6
Salomone regnava in pace sul po­polo d'Israele, e ritenne giunto il momento di realizzare quello che già era stato il desiderio di suo pa­dre Davide: costruire una dimora stabile per il Signore. Fino a quel momento l'Arca del­l'Alleanza, sopra la quale era l'invi­sibile presenza di Dio, era collocata sotto una tenda, che era stata spo­stata molte volte dal deserto del Si­nai fino a Gerusalemme. Ora il Si­gnore avrebbe avuto una casa sta­bile in mezzo al suo popolo, un tempio degno di lui. Per questo Salomone mandò ambasciatori a Chiram, re del Liba­no, che a suo nome gli dissero: «Tu sai che Davide mio padre non ha potuto edificare un tempio al nome del Signore a causa delle guerre che i nemici gli mossero da tutte le parti. Ora che il Signore mi ha dato pace da ogni parte, ho deciso di edificare un tempio al suo nome. Ordina, dunque, che si taglino per me cedri e abeti del Libano». Quando Chiram udì queste paro­le, mandò a dire a Salomone: «Ho ascoltato il tuo messaggio: farò quanto tu desideri riguardo al le­gname di cedro e al legname di abete. I miei servi lo caleranno dal Libano al mare; io lo metterò in mare su zattere fino al punto che tu mi indicherai. Là io lo scaricherò e tu lo prenderai». Dopo questi accordi, Salomone chiamò migliaia e migliaia di operai del suo popolo e li mandò a cavare pietre dai monti e chiamò al suo servizio abili architetti. E nell'anno quarto del suo regno, sopra il colle che stava a nord della città di Geru­salemme, vale a dire il monte Sion, diede inizio ai lavori. La costruzione del tempio durò sette anni; e risultò magnifica, tanto da divenire famosa non solo tra il popolo d'Israele, ma anche presso i popoli stranieri.
 
9
IL TEMPIO SUL MONTE SION 1 Re 6-7
Il tempio che Salomone innalzò al Signore sul monte Sion, a Gerusa­lemme, era imponente e magnifico. Altissime e spesse muraglie soste­nevano da ogni lato un'immensa spianata, lunga quasi cinquecento metri e larga duecentocinquanta. Al centro della spianata era il san­tuario, tutto di marmo adorno d'oro, di bronzo e di legni preziosi come il cedro del Libano. Ai lati del santuario vi erano ampi cortili, tutti lastricati in marmo e cir­condati da solenni portici su colon­ne pure di marmo.





   10
IL SANTUARIO DEL TEMPIO 1 Re  6
La parte principale del grande tem­pio costruito da Salomone era il santuario. Esso si innalzava al di so­pra delle altre costruzioni del tem­pio, e poteva essere visto da lonta­no in tutto il suo splendore. Esso era composto di tre stanze: l'atrio, il Santo, e il Santo dei Santi. Nel Santo si trovava un grande cande­labro a sette bracci e una mensa su cui erano posti dodici pani, tanti quanti erano le tribù del popolo d'I­sraele. Nel Santo vi era anche un piccolo altare d'oro, l'altare dei pro­fumi, su cui veniva bruciato l'incenso.

[Modificato da Credente 08/06/2017 15:33]
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