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WAY DOWN IN THE JUNGLE ROOM

Ultimo Aggiornamento: 14/11/2016 09:49
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L'astutamente intitolato "Way down in the Jungle Room" è un'altra antologia tratta da una seduta di registrazione di Elvis a cura della 'RCA/Legacy', che è stata concepita nello stile dell'acclamato "Elvis at Stax" del 2013.
I due CD includono i masters e molte outtakes proveniento dalle sedute di registrazione effettuate da Elvis a Graceland, nella stanza denominata "Jungle Room", a causa del suo particolare arredamento che, appunto, ricordava la jungla. Le recording sessions ebbero luogo dal 2 all'8 febbrao e il 29 e 30 ottobre 1976.

A quei tempi, nessuno avrebbe pensato che questa seduta di registrazione sarebbe passata alla storia come l'ultima di Elvis.
Le canzoni registrate finirono sugli album "From Elvis Presley Boulevard, Memphis, Tennessee" (1976) e "Moody blue" (1977), ambedue pubblicati quando il cantante era ancora in vita.

Il primo dischetto include i 16 masters, in una sequenza che non è quella cronologica ed anche questo contribuisce a rendere 'nuova' questa emissione anche se, personalmente, ritengo l'ordine cronologico come la cosa migliore. Riflettendo meglio, però, l'ordine sembra essere non casuale: una sorta di orma stilistica pare accomunare la canzone che segue e che precede.
I masters sono stati 'trattati' da Vic Anesini e direi che suonano meglio che mai.
Come nella maggior parte dei masters registrati durante gli anni settanta, le canzoni hanno pesantissime sovraincisioni (overdubs) che, invece di abbellire, spesso imprigionano la grandissima voce di Elvis. Nel secondo CD, ove sono presenti solo delle outtakes, tutto ciò (ooviamente) non accade ed anche il loro mixaggio è assolutamente nuovo e, finalmente, sono in ordine cronologico; fanno eccezione la seconda versione di "She thinks I still care" e "For the heart".
Per completezza d'informazione c'è da dire che tutte le outtakes vennero pubblicate in precedenza; in ogni caso mi sento di affermare che non si sono mai ascoltate con questa qualità. Il 'vocal' di Elvis è chiarissimo ed anche tutti gli strumenti risultano molto più dettagliati in questo secondo CD, anche rispetto al compact disc della FTD di ormai parecchi anni fa.
Le outtakes sono state remixate da Matt Ross-Spang (che ha vinto in passato anche un 'Grammy'), usando una camera ed una piastra di riverberazione negli studi 'Sam Phillips Recordings Service' di Memphis. Dal punto di vista 'sentimentale', è stata una bella idea quella di mixare gli ultimi lavori di Elvis negli stessi studi che lo hanno scoperto 22 anni prima.

Oserei dire che questi nuovi mixaggi, oltre ad avere un suono più moderno, hanno anche un sapore 'retro' che può benissimo anche non piacere a tutti gli appassionati: la voce di Elvis è 'al primo posto' e molti 'dettagli' riguardanti la strumentazione ora sono evidenti, rispetto alle emissioni precedenti. Molte outtakes, grazie al nuovo mixaggio, suonano davvero come nuove; nella voce di Elvis c'è molta più eco, potrebbe obiettare qualcuno, e questo è vero ma anche in questo caso siamo in un campo prettamente soggettivo; ritengo una 'bestemmia musicale', ad esempio, i remixes di Spancox, quello della 'Nike' e la recente emissione sinfonica. Ogni dibattito è aperto !

La cosa che 'salta all'orecchio' è che non è stato rafforzato nulla artificialmente, come ad esempio era stato fatto nel famoso CD, best seller, "Elv1s 30 #1 hits" del 2002. Ovviamente queste cose si notano ad un attento ascolto con un impianto hi-fi e non certamente con un computer o tramite i maledetti MP3...

In alcune outtakes possiamo ascoltare dialoghi che prima d'ora non avevamo mai sentito (lo so, non è nulla di sconvolgente, ma questo è !). Personalmente la ritengo una cosa simpatica ed il fatto che siano stati lasciati questi dialoghi in una pubblicazione come questa, diretta al 'grosso pubblico', la trovo davvero positiva in quanto rivela parte dell'essere umano-Elvis.

Nell'immediato, una delusione mi era sovvenuta: perché, fra le outtakes, non ce n'è una di "He'll have to go" ? Si tratta di una canzone che a me piace molto anche se non è certamente memorabile ma, la voce piena e calda di Elvis e quel sound da 'juke box', ed il fatto che sia stata l'ultima in assoluto ad essere stata registrata in studio, me l'hanno fatta restare impressa. Riflettendoci e scartabellando fra i miei 'files', ho notato che non esiste nessuna versione alternativa di questo pezzo. Non è dato a sapersi quale sia stata la take usata dai tecnici per il master (forse la prima ed unica ? Nemmeno quelli della 'Venus' hanno emesso un'outtake...); Elvis registrò la sua parte vocale su una base pre-registrata e la take 2 della parte ritmica fu usata per il master. Ad oggi, quindi, esiste sono il 'rough mix master', disponibile nel CD della FTD del 2000 “The Jungle Room sessions” (e nel suo doppio vinile del 2009), e nel doppio CD, sempre della FTD, "Moody blue" (2013). La stessa label underground "Venus" ha inserito questo mixaggio 'grezzo' del master nel suo CD del 2011 “Welcome to the Jungle-Way down”.
Io, al posto di una delle due outtakes di "For the heart", avrei inserito questo 'rough mix master' di "He'll have to go".

Tirando le somme: grandissimo doppio CD ad un prezzo economico (il che, non guasta mai !), confezione in digipack con libretto di 24 pagine e suono al super-top.
Chi avesse ancora qualche dubbio, se lo tolga. Lo acquisti ! Lasciate perdere i download gratuiti: se pensiamo alle colossali sciocchezze che magari abbiamo negli scaffali e a quelle che ancora oggi stanno proliferando, vale la pena di investire una ventina di euro (o meno, a seconda del negozio) per sostenere queste pubblicazioni che, una volta tanto, sono fatte davvero come si deve !

E sto aspettando la versione in vinile che è stata posticipata a fine mese, per gustarmelo ancora, con una tracklist diversa. Ma soprattutto: mi sembrerà di ringiovanire di 25 anni, quando inserivo un 'nuovo' disco sul piatto... Il fascino che solo il vinile, con le sue splendidie copertine, sa dare...
[Modificato da marco31768 06/10/2018 21:19]
08/08/2016 20:09
Post: 9.953
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meravigliosa recensione..sulla quale nulla potrei obiettare..trovandomi d'accordo sul 100% di quanto scritto

grazie Marco


08/08/2016 20:27
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Straordinaria recensione, ti rinnovo anche qui i miei complimenti Marco.
13/08/2016 20:15
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Grazie, Bruno e Roberto.

Ho letto 'in giro' pareri anche negativi sul mixaggio del secondo CD ma, come ho scritto, de gustibus...
A me è piaciuto molto.
13/08/2016 21:31
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Di Sebastiano Cecere

Inserisco, con molto piacere, questa recensione di Sebastiano Cecere che mi ha spedito ieri sera. Lo ringrazio molto: è sempre un piacere leggerlo !


Si, a quasi quarant’anni dalla scomparsa, Elvis gode proprio di ottima salute.
Passato il disastro artistico dello scorso anno con il disco/pasticcio con l’orchestra inglese (cosa c’entravano lei e tutti
gli “ospiti” con Elvis rimane un punto di domanda…), WAY DOWN IN THE JUNGLE ROOM rimette a posto un po’ di tasselli
della discografia di Elvis, rimasti per troppo tempo in disordine e colpevolmente ignorati e, peggio, trattati male,
soprattutto da una buona fetta degli ammiratori più incalliti. Fortunatamente chi mi conosce è testimone che io non ho
mai fatto parte di quel gruppo, secondo me un po’ troppo influenzato da alcune gabbie mentali (la serie “A” di Elvis
sono ELVIS IS BACK, MEMPHIS 69 e -forse- la SUN; tutto il resto viene dopo), da quello che si scriveva in quei mesi del
1976/77 e, soprattutto e forse inevitabilmente, da quello che purtroppo è successo ad agosto 1977.
L’aspetto negativo di queste sedute (i due segmenti di febbraio ed ottobre 1976 raggruppati) dalle quali nasce questo
album, risiede essenzialmente nell’incapacità mostrata dal gruppo di Elvis a trovargli canzoni buone ed originali (a parte
NEVER AGAIN tutto il resto è cover) a distanza di ben un anno dalle ultime registrazioni professionali. Ma questo è un
argomento che ho discusso molte volte e del quale attribuisco maggior parte della responsabilità proprio a Elvis. Punto!
Ma per venire alle sedute del 1976, pur non avendo a che fare con materiale nuovo, Elvis lo trattò (come sempre quando
era in forma) proprio come se esso lo fosse e, a dispetto di quanto sostenuto da molti e -affar loro- continueranno a
farlo, esattamente come con le esibizioni live di quei mesi, diede forti segnali di rinnovata vivacità artistica e sempre di
grande versatilità, soprattutto nelle registrazioni di febbraio.
Queste sedute hanno prodotto alcune delle cose più interessanti della produzione Elvis degli anni settanta (WAY DOWN
per prima, e subito dietro MOODY BLUE, FOR THE HEART e HURT) spesso celebrate con entusiasmo senza sapere che
arrivano proprio dal periodo cosiddetto più nero di Elvis (probabilmente, molti tra coloro che le ascoltano e trasmettono
per radio cambierebbero immediatamente e beceramente il loro giudizio se lo sapessero), ed alcune interpretazioni che
rimangono tra le sue cose migliori (DANNY BOY, NEVER AGAIN, SHE THINKS I STILL CARE, PLEDGING MY LOVE, IT’S EASY FOR YOU) dove continuava ad avere completo controllo del melisma e soprattutto che ce lo mostrano rilassato e
divertito a fare musica, cioè registrare dischi professionali nel salotto di casa sua: solo lui poteva fare una cosa del
genere (non per nulla era il RE!) e in tal senso è assolutamente imperdibile e, giustamente consegnato ai posteri con
questo disco, il momento in cui una registrazione viene interrotta per ben due volte, perché prima suona un telefono e
poi perché abbaia un cane (cose impensabili in ciò che rimane della discografia moderna), sottolineata da fragorose
risate che dimostrano come in quei giorni non si stesse assolutamente celebrando il funerale artistico di Elvis!
Oltre ad Elvis e ai musicisti, c’è da dare grande merito ai suoi formidabili fonici: un ascolto attento delle outtake (e subito
dopo dei master) evidenzia come fu difficile realizzare un’ottimale ripresa degli strumenti e soprattutto delle voci,
specialmente proprio quella di Elvis, in condizioni professionali quasi impossibili (il salotto di un’abitazione privata!).
Inquadrando le due sedute del 1976 come un unico lavoro e considerato che furono le ultime di Elvis, rimane quanto
mai premonitrice (considerato il titolo in termine assoluto) l’interpretazione di THE LAST FAREWELL.
Infine, ancora una volta bisogna rendere merito a Roger Seamon ed Ernst Jorgensen (le menti dietro la produzione
artistica di Elvis negli ultimi venti anni) per l’ottimo lavoro che stanno facendo nei confronti del così chiamato “grande
pubblico”: oltre ad aver fatto una grandiosa opera con le incisioni degli anni Cinquanta, passo dopo passo hanno fatto
ben intendere al mondo intero che la carriera di Elvis è andata ben oltre il 31 dicembre 1969, con gli strepitosi ELVIS AT
STAX
, MADISON SQUARE GARDEN, ALOHA FROM HAWAII e adesso WAY DOWN IN THE JUNGLE.
Proprio per questo acquisterò questo disco e vi invito a fare altrettanto: se avete accolto con entusiasmo quello modesto
dello scorso anno con l’orchestra, bisogna assolutamente appoggiare questo!

Caro Elvis… complimenti e 100 di questi ̶a̶n̶n̶i̶ dischi!
Sebastiano Cecere – 16 Agosto 2016
[Modificato da marco31768 14/08/2016 18:06]
14/08/2016 18:06
Post: 6.121
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Fantastico "Way Down In The Jungle Room"!!!

Un piacere ascoltare Elvis in queste session
che adoro...favolosi anche gli approfondimenti
di Marco e Sebastiano...Grazie [SM=g8431]

23/09/2016 21:27
Post: 20.740
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Dall'amico Marco Lofino
Una bellissima disanima di queste due recording sessions.
Tratto dalla sua pagina Facebook Viva Elvis
Grazie del bell'articolo e del suo consenso all'inserimento sul forum.


FEBBRAIO 1976: THE JUNGLE ROOM DREAM

(quindici anni di riscoperta e passione nella stanza della giungla)

Quando appena adolescente venni catturato da questa inguaribile passione, nell’ormai lontano 1990, non potevo sapere che Elvis aveva inciso il suo ultimo disco a casa sua, in quella che solo tempo dopo scoprii chiamarsi “the Jungle Room”, la stanza della giungla, luogo di per sé misterioso, mistico, per certi versi anomalo per il nostro gusto italico in materia di arredamento ma al tempo stesso ulteriore emblema di quanto particolare, unico ed inimitabile sia il mito di Elvis anche per aspetti che hanno solo relativamente a che fare con l’aspetto artistico. Ebbene, anche in questo caso, sembrerebbe paradossale, la parte musicale ha un’importanza pregnante, perché in quei giorni del Febbraio del 1976 Elvis portò la musica direttamente a casa sua consegnandoci il suo “testamento musicale” in studio, per quelle che poi purtroppo si rivelarono le sue ultime registrazioni in sala d’incisione.
Da anni abbiamo letto di tutto e di più. Elvis nervoso, insolente, pigro, tanto che Felton Jarvis fu costretto a chiedere la RCA di spostare tutto l’equipaggiamento per poter permettere l’uscita di nuovo materiale in studio che ormai mancava da un anno, ovvero dalla pubblicazione di “Elvis Today”, quello che che a livello di gusto personale ritengo uno dei migliori dischi in studio dell’uomo di Memphis.
Certo è che Felton Jarvis e la RCA stessa avessero uno spasmodico bisogno di nuove uscite e l’unico modo, in quel momento, era quello di permettere ad Elvis il maggior “comfort” raggiungibile cercando di registrare il maggior numero possibile di brani. Di fatto vennero “partorite” un numero canzoni tali da riempire quasi due album, il primo “From Elvis Presley Boulevard” ed il secondo “Moody Blue” uscito quasi un anno dopo.
Col trascorrere degli anni molti dei luoghi comuni e dei falsi miti attorno a queste registrazioni furono smentiti. Si lesse a più riprese di un Elvis di pessimo umore, sempre triste, molte volte addirittura imbronciato per non dire altro. Dopo un ripetuto ed appasionato ascolto mi permetto sommessamente di dire che non sembrerebbe affatto così. Per scoprirlo abbiamo altresì avuto bisogno che venissero pubblicate le takes alternative coi dialoghi di quei giorni di Febbraio all’interno della Jungle Room. Una vera e propria rivelazione per gli appassionati di Elvis, la conferma che poi molto di quello che si scrisse e si continua a scrivere su di lui è spesso condizionato da un pregiudizio ideologico e culturale di cui però parleremo dettagliatamente in altre circostanze più contestualizzate.
La cosiddetta ”ephiphany”, ovvero l’illuminazione vera e propria, avvenne alla fine del 2000 (anno di pubblicazione) , per il sottoscritto nei primi mesi del 2001 allorquando, durante una riunione dell’Elvis Friends Fan Club Italia, entrai in possesso di quel meraviglioso e ormai datato disco della FTD chiamato “The Jungle Room Sessions”. Il mio ed il nostro indimenticabile amico Stefano Bardelli (a cui si deve il titolo di questa pagina, era la sua esclamazione ogni volta che chiudeva i suoi concerti coi Dreamers, il gruppo di cui fu frontman impareggiabile per vent’anni) mi consegnò il disco a fine riunione in quel tiepido sabato pomeriggio di metà marzo del 2001. Ricordo che ero munito di un primordiale lettore cd portatile con cui mi ascoltai tutto il disco in metropolitana nel tragitto che mi conduceva dal Memphis Cafè , sede storica delle riunioni dell’Elvis Friends Fan Club Italia, alla mia abitazione. Fu come una porta che si apriva. Era , fuori dal tempo e dallo spazio, quella che mi conduceva cuore ed anima dritto alla Jungle Room.
Chi ama Elvis è smanioso e curioso di recuperare cose nuove. Ed all’epoca, ovvero quindici anni fa, c’erano ancora tantissime cose da scoprire. Ad esempio le takes alternative da quelle sessions che non erano precedente state pubblicate da nessuno, nemmeno dai più pionieri fra i pionieri artigiani del disco “Import”, tanto per farla breve non erano usciti in nessuna etichetta bootleg all’epoca in voga, Fort Baxter, Bilko e Rock Legends che dir si voglia per citarne solo tre.
Non avrei mai immaginato all’ascolto di vivere quelle registrazioni come se fossi lì con Elvis ed i suoi musicisti. Non è un’esagerazione, chi ama Elvis veramente sa benissimo quello che voglio dire. Se ci si isola in cuffia, magari al buio e con l’atmosfera giusta ed il silenzio adeguato attorno (perché è così che va ascoltato Elvis “bene” a mio modesto avviso) si cattura l’atmosfera magica, misteriosa e quasi familiare delle “Jungle Room Sessions”.
“Ragazzi non mi abbandonate all’inizio” si sente Elvis dire chiedendo quasi con dolcezza di essere aiutato dalla sua band. E poi il telefono che squilla dopo le prime note della terza take di “Bitter They Are, Harder They Fall”, risate in sottofondo (si sente anche quella di J.D Sumner) ed Elvis che chiede di interrompere la registrazione e di sparare al telefono oltre che al cane (in tono chiaramente scherzoso) . Tutto questo in un’atmosfera rilassata ed intima. Oggi, a distanza di anni, ne resto ancora meravigliato da non farci quasi più caso. All’epoca, all’oscuro di tutte queste registrazioni inedite, ne rimasi folgorato ed estasiato. Percepivo il clima, il “mood”, l’atmosfera delle leggendarie session della jungle Room. Lo sentivo estremamente vicino a me. E poi tutti gli altri brani. Non volevo finisse mai. Elvis che ride e scherza durante la take 3 di Moody Blue interrompendola a metà circa modificando le parole con qualche parolaccia qua e là e giustifacandosi col suo solito proverbiale, immancabile nonché unico sense of humour “(it’s italian, it’s italian version”) seguito da una frase che era solito ripetere in sala d’incisione ( “I hate to read”, “odio leggere”). Mi sentivo in studio con Elvis se non per il fatto che in studio non ero, ma ero a casa sua. Per un ragazzo di venticinque anni assettato di curiosità presleiana, era il massimo possibile raggiungibile, tanto da imparare a memoria addirittura alcuni dialoghi di Elvis, tipo la sua velata incazzatura con Lamar Fike prima di incidere l’undicesima appassionata take di “Never Again” ( “ Lamar just walked in and distrupted the whole room- Lamar è appena entrato ed ha messo a soqquadro tutta la stanza” ).
“The Jungle Room Sessions” ha trasmesso queste sensazioni a tutti noi appassionati di Elvis all’ascolto. Chi ama veramente Elvis si capisce al volo e condivide queste sensazioni non comprensibili da chi va solo in superifice senza entrare a fondo. All’epoca quel disco fu davvero una pietra miliare perché sovvertì molti di quegli stereotipi associati a quel periodo di vita ed artistico di Elvis che magari sarà stato anche di cattivo umore, ma certo non tutti i giorni e forse non nella maggior parte di quel lasso di tempo fra il 2 e l’8 di febbraio del 1976 . Una scoperta, una riscoperta continua, dall’inizio alla fine, quando tutti, lo dico con certezza quasi assoluta, rimanemmo a bocca aperta nell’ascoltare l’ultima parte della prova di “America The Beautiful” (purtroppo il nastro venne inopinatamente cancellato in parte e rimase solo il segmento finale) e il fantastico rock scritto da Jerry Scheff, la trascinante “Fire Down Below” che Elvis avrebbe dovuto incidere dopo aver lasciato alla TCB band l’incombenza di registrare la parte ritmica la notte prima. Era il 29 Ottobre del 1976. La sera successiva Elvis incise solo il superclassico country di Jim Reeves “He’ll Have To Go” in quella che io credo sia una delle sue interpretazioni più calde, direi quasi “invernali” nel senso che va ascoltata raccolti, sotto le coperte, lasciandosi riscaldare dalla voce di Elvis che è puro tepore per chi si lascia avvolgere da questo prodigio.
Ci sono voluti quindici anni affinchè questo materiale di “nicchia” (la FTD è come ben sappiamo un’etichetta della ex RCA creata appositamente per i collezionisti e non per il pubblico generale) venisse pubblicato per tutti e recuperabile nei negozi di dischi. Perché in fondo questo Elvis cosi poco conosciuto dalla critica musicale (forse è la principale ragione per cui non esitano a maltrattarlo, ma anche questo è un altro discorso da non trattare ora) e dal pubblico generale era ora che venisse messo in mostra e fatto scoprire a tutti. La meraviglia non può mai essere nascosta. Fu cosi che la scorsa estate venne finalmente pubblicato in Legacy Edition il bellissimo doppio cd “Way Down In The Jungle Room”
“Way Down In The Jungle Room” è un doppio disco di alto livello, prodotto come si deve, una vera e completa antologia di quelle sessions che racchiude, oltre ai master in qualità audio praticamente perfetta, anche molte takes alternative e dei dialoghi fino a quel momento mai uditi, tanto da poter sentire Elvis citare in uno di essi addirittura Stevie Wonder. Ebbene, dato che si è sempre pensato che Elvis vivesse fuori dal mondo, nel suo isolamento dorato, che non conoscesse i cantanti all’epoca in voga ( Stevie Wonder era già assai famoso nel 1976) tutto questo sa di una ventata di freschezza , un vero e proprio vortice di novità che spazza via anni di coltre fumerea impestata di pregiudizi, preconcetti e false credenze legate a questo periodo della vita artistica e privata del cantante.
La qualità audio è migliorata, come è forse ovvio che sia, rispetto alla precedente emissione di quindici anni prima per collezionisti, con l’aggiunta come già detto di ulteriori dialoghi, si sente Elvis incoraggiare il suo gruppo chiedendo di non enfatizzare troppo eventuali errori. Non citerò tutti i brani perché è bello che chi li ascolta li scopra come una tazza di cioccolata calda da gustare lentamente . Scoprire Elvis così è favoloso. E’ una sorpresa, o meglio non lo è forse per chi già come il sottoscritto lo sapeva, ma per chi non era a conoscenza non mi pare il caso di guastargli la festa. Ci troviamo di fronte ad una vera e propria session d’incisione in studio trasferita a casa sua, in quella magica e leggendaria stanza arredata in stile giungla, forse un po’ kitch per il nostro gusto ma chi può dire cosa è bello o meno, in fondo era casa sua e se la arredava come piaceva a lui. Non sono queste cose che mi hanno mai troppo interessato ed incuriosito. Poi il rumore delle bacchette di Ronnie Tutt , classico incipit prima dell’inizio di una nuova canzone, come nella prima take di “Moody Blue” che non è però la versione “italiana” prima citata. In tutto questo il solito modo di lavorare in studio di Elvis, canzone dopo canzone, take dopo take, i brani cambiano, si modificano nel ritmo e nello spirito. Con questo non vuol dire che Elvis non avesse i suoi momenti “no”. In fondo era a casa sua, erano giorni in cui forse controvoglia fu “costretto” ad incidere dei brani che perlopiù rispecchiavano il suo stato d’animo del periodo, non a caso si sente chiaramente Elvis bacchettare con il dovuto rispetto Glen Hardin (Glen , riferito a Glen Hardin, “ se fai attenzione…” e poi a tutti gli altri in tono semiserio “Ragazzi siete stati troppo tempo in studio di registrazione”) Non dimentichiamo mai quanto professionale e serio fosse Elvis che lasciava spazio allo scherzo e alla battuta ma al tempo stesso esigeva massima serietà e professionalità da tutti i suoi collaboratori, musicisti e non. Anche quando scherzav dopo aver il tentativo fallito della terza take di “Hurt”, con la risata in sottofondo di Kathy Westmoreland.
Lo ribadiremo fino alla nausea, Elvis riteneva il suo un vero e proprio lavoro da svolgere come un vero e proprio dovere, ennesima testimonianza di quanto amasse il suo pubblico che ancor oggi lo ricambia fruendo del suo aspetto più intimo, nascosto (ed ingiustamente omesso per anni) e non per questo meno irresistibile ed emozionante. Possiamo dirlo ora più che mai, amare Elvis è bellissimo ed è una grande fortuna (purtroppo) non per tutti ma per molti. Buon ascolto a tutti voi. Viva Elvis sempre.
13/11/2016 22:01
Post: 10.064
Registrato il: 13/05/2005
Utente Gold
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L'immenso Elvis..

in una spettacolare recensione fatta da un suo grande estimatore con il quale mi congratulo per le sincere e sentite parole che hanno perfettamente descritto e raccontato un Elvis che noi tutti amiamo
e che condivido al 100%

grazie

Bruno

14/11/2016 09:49
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