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Non vedo, non sento, non parlo

Ultimo Aggiornamento: 29/10/2016 20:29
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Post: 3.284
Giudice*****
10/10/2016 23:40
 
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Mi piaci così come sei
Mi piaci così come sei di Leonie.1979 (Susy)


Valutazione


Titolo:
Il titolo è semplice e molto dolce e anticipa al lettore l’andamento da commedia romantica presente in tutta la storia. Inoltre mi piace che riprenda una delle frasi più importanti del racconto, sottolineandola così che non possa in nessun modo passare inosservata.



Sviluppo della scimmietta:
La scimmietta “non sento” della tua protagonista viene sviluppata molto accuratamente durante tutta la storia. Ho apprezzato che ti sia soffermata su particolari anche tecnici – come l’apparecchio acustico, il linguaggio dei segni e il fatto che dopo aver parlato a lungo abbia la gola secca perché non c’è abituata – perché hanno reso la storia molto più realistica.
Inoltre hai descritto con dovizia di particolari quello che prova Bea, come vede e vive la sua situazione e come invece reagisce agli imput di chi le sta intorno.



Uso dell’immagine:
L’immagine è usata ottimamente: è descritta con dovizia di particolari e inoltre ha una notevole importanza all’interno della storia, durante la quale si presenta più volte – in forma di pensiero astratto o fotografia fisica.



Caratterizzazione dei personaggi:
Bea, la tua protagonista, è una ragazza dolce e sensibile, con una gran forza d’animo ma una personalità molto fragile. So che queste ultime due cose sembrano in contrasto, ma non è così, perché mentre Bea affronta con coraggio la sua vita senza suoni, andando dritta per la sua strada, tende ad essere molto dipendente dal parere delle persone a lei vicine, tanto da farsi influenzare: lo vediamo in misura minore quando si vergogna del suono della sua voce e della sua risata perché pensa risulti sgradita a chi le sta accanto, ma soprattutto è presente nella seconda parte della storia, quando per colpa delle parole degli amici di Axel stava rinunciando alla sua felicità.
Questa cosa credo sia molto significativa per la sua caratterizzazione: Bea si convince di aver preso una decisione per il bene di Axel, perché lui “merita di meglio”… mentre in realtà vuole inconsciamente proteggere se stessa, perché è così insicura che dentro di sé non crede di meritare un ragazzo come lui, e preferisce all0ntanarlo prima di affezionarsi troppo per non rischiare di rimanerci troppo male in futuro.
È un comportamento non proprio positivo, certo, ma mi è piaciuto perché è assolutamente naturale: sono in molti a nascondersi dietro “è per il suo bene” mente in realtà proteggono se stessi, e il fatto che anche Bea sia caduta in questa trappola la rende molto umana e verosimile.
Per quanto riguarda la sordità, mi è piaciuto come tu abbia sottolineato che Bea non la vede – generalmente – come un problema: lei “nella sua piccola bolla di silenzio era felice”, e quindi odia essere compatita dalle persone. Questo denota un cipiglio caparbio e orgoglioso che la tua protagonista, purtroppo, per il resto della storia nasconde sotto uno spesso strato di insicurezza. Il che è un peccato, perché magari se avessi dato un po’ più di risalto a questo lato forte del suo carattere la sua personalità sarebbe venuta fuori più articolata e meglio strutturata, dandole più spessore.

Axel ci viene presentato come un ragazzo spigliato e alla mano, simpatico senza essere sbruffone e con una grande sensibilità e intelligenza che gli permettono di non fermarsi alle apparenze, ma di andare oltre. In particolare è molto bella la scena del loro primo incontro, quando Axel scopre la sordità di Bea e non si comporta come nessuna delle persone che lei aveva incontrato prima, ma continua invece a trattarla come una normalissima ragazza della sua età (a cui sta facendo il filo).
I suoi pregi permeano tutto il racconto, sia al passato che al presente, e il quadro che ne esce fuori è di un ragazzo gentile, simpatico, dolce, con una spiccata profondità emotiva che gli consente una forte empatia… insomma, un ragazzo perfetto. Troppo, perfetto, in effetti: capisco che questi sono i pensieri di Bea e quindi sono soggettivi, ma secondo me sarebbe stato meglio inserire anche qualche difetto per completare la sua caratterizzazione e renderlo più realistico.

La terza figura cardine della storia (forse anche più di Axel), è la sorella di Beatrice: Rita.
Anche questo personaggio è tratteggiato esclusivamente con note positive, ma al contrario di Axel questa scelta mi è sembrata plausibile, perché oltre al fatto che il punto di vista è di Bea (e che lei stravede per sua sorella), dobbiamo tener presente che, di fatto, Rita compare solo in un lasso temporale ristretto nel quale assume esclusivamente il ruolo di amica/confidente, quindi inserire forzatamente altri tratti avrebbe comportato il rischio di dare un quadro generale sfocato e confuso.

Due personaggi che invece brillano per la loro assenza sono i genitori di Bea e Rita: di loro sappiamo soltanto che non si sono ancora rassegnati alla sordità di Bea (e questo mi è piaciuto, perché l’ho trovato – purtroppo – molto verosimile) e che non si sono accorti del suo malumore.
In questo caso, quindi, le pochissime informazioni tratteggiano una caratterizzazione completamente negativa e ingiustificata, perché nulla nella tua storia lascia presagire che siano cattive persone o anche semplicemente che Bea abbia con loro un cattivo rapporto.
Non è obbligatorio parlare approfonditamente di tutti i personaggi, sono d’accordo, ma dal momento che li tiri in ballo (e non li citi di sfuggita come invece hai fatto per il marito e i figli di Rita) poi è necessario soffermarti a dare qualche pennellata di colore anche a loro, altrimenti nella lettura se ne avverte la mancanza.



Stile e trama:
Mi dispiace dirlo, ma questa storia presenta davvero moltissimi errori sia di grammatica che di sintassi, tanto che sono stata a lungo indecisa se escluderla o meno dal contest perché “troppo sgrammaticata” (eventualità che avevo preannunciato nel bando).
Non lo dico per cattiveria, credimi, ma in poco più di 5000 parole ho riscontrato più di 100 errori (e solo perché a un certo punto ho smesso di segnarli tutti), e questo mi ha dato l’impressione – sicuramente sbagliata – che tu a questa storia non ci tenessi affatto: hai consegnato per prima e avevi ancora parecchio tempo a disposizione per ricontrollarla ed eliminare molti degli errori che ci sono (alcuni proprio dovuti a una mancata rilettura), ma non l’hai fatto. Perché?

Ti segnalo alcuni degli errori più comuni che si ripercuotono per tutta la storia:
- Mancanza della virgola prima e dopo un vocativo, per chiudere un’incisiva e prima di un “ma” avversativo.
- Virgola inserita tra elementi che non andrebbero divisi (a meno di non introdurre un’incisiva), come soggetto /predicato e predicato/complemento oggetto.
- Mancato punto fermo al termine di discorsi diretti (è indifferente che sia interno o esterno alle virgolette, ma deve obbligatoriamente esserci), e qualche volta anche al termine di frasi indirette.
- Mancato accento al pronome personale riflessivo “sé”.
- Verbi al passato remoto alla prima persona scritti come se fossero alla terza: “annuì” anziché “annuii”, “capì” anziché “capii” ecc.
- Il verbo essere alla terza persona singolare presente scritto con l’apostrofo anziché con l’accento: E’ anziché È
- Lo spazio lasciato prima dei puntini di sospensione (devono essere attaccati alla parola che li precede esattamente come ogni altro segno di punteggiatura).
- Mancato accento per il “sì” avverbio di affermazione.

Ci sono inoltre alcuni pezzi della narrazione in cui passi improvvisamente dal passato al presente.
Esempio:
Un gruppo di ragazzi sembrava discutere piuttosto animatamente, me ne rendevo conto dai loro gesti, anche se non potevo sentire quello che dicevano.
Non sono troppo lontana da loro, e se prendessi l'apparecchio acustico dallo zaino, potrei anche cercare di capire cosa dicono.


E alcune volte passi dalla prima alla terza persona e viceversa:
- Axel? Ma come faceva ad avere il mio numero?
[…]
Quando ho scaricato l'app sul mio telefono ricordi? Penso di aver anche memorizzato il mio numero. Pensi di denunciarmi?
Può darsi - digitò Bea scoprendosi a sorridere mentre incrociava le gambe e si sedeva meglio sul letto - potresti essere un maniaco ed io sono solo una povera ragazza innocente.

- Bea arrossì e fu felice che lui non la vedesse. Sapeva bene che stava scherzando, ma quelle parole le fecero un certo effetto.
Bea? Sei ancora lì?
Si 
E' una faccina quella?
Si 

Adesso sorridevo ancora di più e non riuscivo a evitarlo.


A questo proposito, ti consiglio anche di segnalare in qualche modo la presenza di dialoghi via SMS per differenziarli dalla narrazione lineare: potresti cambiare carattere, aggiungere virgolette alte o mettere il corsivo… qualunque cosa, basta che si capisca a quale contesto appartengono, altrimenti generi confusione nel lettore.

Ti ho elencato solo i principali, ma ce ne sono anche altri… ti consiglio vivamente di ricorreggere tutta la storia, perché questi numerosi errori, purtroppo, hanno notevolmente influito sulla fluidità della lettura, impedendo al lettore di godere appieno di una storia che, invece, ha un buon potenziale.

Errori a parte, il tuo stile mi è piaciuto: è semplice e senza tanti fronzoli, e permette al lettore di seguire sempre il filo logico della narrazione senza difficoltà. L’ho trovato particolarmente adeguato al contesto, perché rendi l’idea della semplice complicatezza di una storia d’amore adolescenziale, senza calcare la mano su quel “difetto” di Bea che, in fondo, prima di tutto è “soltanto” una ragazza innamorata.

Ho molto apprezzato anche che tu abbia utilizzato un lessico perlopiù semplice e quotidiano: la tua protagonista è una ragazza di sedici anni, e dal momento che gran parte della storia è scritta in prima persona aggiungere costruzioni o vocaboli più ricercati avrebbe stonato enormemente, rendendo la narrazione innaturale.

Dovresti però fare attenzione alla sintassi, perché se da un lato le frasi semplici e perlopiù brevi favoriscono un’immediata comprensione, dall’altra i numerosi punti fermi rischiano di interrompere la fluidità della lettura, rendendo il testo frammentato
Un esempio calzante è la descrizione iniziale: Il bianco della neve intorno quasi abbagliava, ma era bellissimo. Il pupazzo di neve al centro sorrideva con quella buffa carota a formare il naso. Le mani sembrano sul punto di abbracciare chi si avvicinava e tutto l'insieme di quel bellissimo pupazzo di neve era una gioia per gli occhi e per il cuore.

La struttura della tua storia è particolare, e mi è piaciuta la tua scelta di iniziare nel presente, con quella foto che inizialmente il lettore non capisce cosa significhi ma che invece è estremamente importante per Bea: quest’alternanza continua di presente e passato aggiunge brio e originalità ad un racconto che invece narra la semplicità di una storia d’amore come tante, eppure diversa da tutte le altre.

La sordità di Bea si amalgama alla perfezione al filo narrativo della storia, e il lettore la percepisce chiaramente in ogni scena senza però farsene un problema… almeno fino a quando non scopre il perché la protagonista è così affranta: in quel momento si apre come una crepa nel mondo di Bea, e in quello del lettore di conseguenza.
Crepa che viene immediatamente sanata da Rita, che si affretta a riportare la sua sorellina sul sentiero che aveva sempre percorso, ma che per eccessiva timidezza o insicurezza stava abbandonando: il suo non sentire non è un problema per chi le sta accanto e le vuole bene, e non deve permettere che quello che dicono gli altri influenzi la sua vita.

Ti faccio però un appunto: tu hai detto che Bea frequenta una scuola per non udenti… ma in Italia scuole del genere non esistono più da molti anni, adesso i non udenti (come i non vedenti e altri) frequentano la scuola insieme a tutti gli altri e, se necessario, viene loro affiancato un insegnante di sostegno.

Lo sviluppo della storia con Axel è davvero ben descritto, spontaneo ma anche molto romantico: il primo incontro alla fermata, i messaggi la sera per commentare il film, il pupazzo di neve… piccoli frammenti di una relazione dolce e tenera che pian piano diventa sempre più importante per entrambi.

Infine, sono felice che tu abbia deciso di dare a Bea e Axel una seconda possibilità: dopotutto è normale litigare e poi fare pace, quando si è innamorati… senza contare l’estrema dolcezza di Axel, che nonostante non sappia perché Bea l’ha lasciato le chiede comunque un appuntamento chiarificatore proprio nel luogo del loro primo incontro.
E pensare che Bea voleva lasciarselo sfuggire… menomale che esistono le sorelle maggiori!



Gradimento personale:
La tua è una storia davvero molto dolce, e mi è piaciuto molto come tu sia riuscita a descrivere con poche e chiare pennellate questo amore ancora acerbo, ma che promette di diventare sempre più grande.
E sono convintissima che, revisionandola per eliminare gli errori, migliorerà ancora di più.



La mia pagina EFP
La mia pagina giudice

Tratto da "Cara Mathilda" di Susanna Tamaro

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Post: 3.284
Giudice*****
10/10/2016 23:42
 
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Falling from the sky, achieving freedom
Falling from the sky, achieving freedom di iaia86@


Valutazione


Titolo:
Onestamente non mi piace la scelta di dare a storie in italiano titoli (specie se titoli lunghi) in lingua straniera senza motivi particolari (legati ad esempio alla trama): secondo me questo cambiamento non aggiunge nulla, anzi, mi infastidisce proprio… ma questo ormai è risaputo, e non mi ci soffermo oltre.
Il significato del titolo invece mi è piaciuto molto: è davvero molto particolare, poetico e malinconico al punto giusto per incuriosire il lettore e invogliarlo a leggere la storia.



Sviluppo della scimmietta:
La trama della tua storia è molto corposa, ricca di informazioni e colpi di scena, e la scimmietta “non parlo” passa inevitabilmente in secondo piano: con tutti i problemi che ci sono, il fatto che qualcuno sia senza voce non è qualcosa di cui preoccuparsi più di tanto.
Inoltre, il tuo protagonista è molto più turbato dalle cirostanze in cui ha perso la voce, che dalla perdita in sé… anche se ho apprezzato che abbia trovato da solo un modo alternativo per comunicare con quei pochi che gli stanno veramente a cuore.
A conti fatti, anche se avrei preferito che ti fossi soffermata di più su di lui e su quello che prova per questa mancanza, direi che comunque hai rispettato le indicazioni del contest.



Uso dell’immagine:
L’immagine è descritta accuratamente (mi ha colpita che tu abbia citato persino quel pezzettino di filo spinato che si vede ai margini della pozza) e ben contestualizzata all’interno della storia.



Caratterizzazione dei personaggi:
In questa storia ci sono davvero tanti personaggi (molti di più della media delle storie relativamente brevi che sono abituata a leggere), compresi due protagonisti. Iniziamo proprio da uno di loro, il primo che viene presentato.

Nel prologo Nijem è un ragazzino di soli dodici anni, tanto spaventato da quel futuro che altri avevano scelto per lui da volergli sfuggire – e tanto sveglio e determinato da riuscirci.
In questa prima parte si toccano quasi con mano i sentimenti misti di paura e speranza del protagonista, e inoltre mi è piaciuto molto come hai sottolineato (quando sbarra un solo accesso alla stanza dei paracaduti per poi fuggire dall’altro) che, nonostante le apparenze, Nijem rimane un ragazzino di dodici anni, e come tale ha ancora “l’innocenza della sua età”.

Quando lo ritroviamo nel secondo capitolo sono passati ben tredici anni. Ormai Nijem è un giovane uomo che di innocente non ha più nulla, ancora provato da quella fuga che gli è costata la voce e una gamba. È evidente che adesso è abituato a lottare per la sopravvivenza, e anche che questa lotta l’ha reso cinico e apparentemente insensibile alle sofferenze altrui.
Una cosa che mi ha lasciato perplessa è la sua collezione di mandibole, non per il dettaglio macabro in sé (questi son gusti), ma perché nonostante sia una cosa non da poco la butti lì come se niente fosse, senza spiegare il perché sia nata quest’insana mania (che tra l’altro, visto che ne ha soltanto due, si potrebbe presumere essere recente… oppure no?). Senza contare che poi la citi un’unica altra volta (nella descrizione di lui dal punto di vista di Iaria) e mai più. Sinceramente questo non mi è piaciuto, avrei preferito qualche spiegazione in più su questa sua “collezione” – oppure che non l’avessi proprio tirata in ballo.
Invece ho molto apprezzato la sua reazione quando si rende conto che la donna che ha appena portato al suo rifugio altri non è che la soldatessa che tredici anni prima l’ha privato della voce: questa improvvisa scoperta riporta a galla tutta la paura di un Nijem ragazzino, e ho trovato estremamente naturale che si sia fatto prendere momentaneamente dal panico visto tutto il carico emotivo che gli è piombato addosso.

Vederlo nel terzo capitolo attraverso gli occhi di Iaria inizialmente disorienta un po’, perché sembra quasi più bestia che uomo. Un “selvaggio”, come lo descrive lei stessa, e un nemico… eppure anche dietro questa patina di diffidenza e paura vediamo il vero Nijem, quello che, nonostante le apparenze e con modi decisamente poco ortodossi, si adopera per salvare la vita di quegli estranei senza chiedere nulla in cambio.

Nel quarto capitolo sembra un uomo completamente diverso: una volta tornato in un ambiente sicuro ha abbassato le sue difese, e quindi lo vediamo più rilassato, tanto da concedersi qualche minuto per ammirare il cielo attraverso una pozzanghera, perdendosi nei suoi pensieri.
Inoltre, per la prima volta dal prologo, ritroviamo un’ombra di quell’ingenuità che aveva da ragazzino nelle sue reazioni impacciate agli approcci di Richard: nonostante sia un uomo, ormai, sappiamo dalle parole di Mariat che finora non aveva avuto esperienze in campo sentimentale (probabilmente troppo concentrato sul fuggire al passato e lottare per un futuro incerto), quindi è verosimile che questa sua esuberanza l’abbia colto di sorpresa.
Mi ha colpito positivamente anche il modo in cui risalta il contrasto tra il Nijem che abbiamo visto finora e quello che si rapporta con Vasna e Mariat: con loro tutti i suoi muri crollano, e finalmente riusciamo a intravedere quegli aspetti quotidiani (come le amichevoli prese in giro e i rimproveri bonari) che finora ci erano preclusi.
Ultimo ma non ultimo, ho trovato molto verosimile la reazione sconvolta di Nijem quando scopre, dalle parole di Iaria, che sua madre era perfettamente consapevole del destino a cui l’aveva mandato incontro e da cui era fuggito… anzi, era d’accordo con loro, con i suoi aguzzini.

Nel quinto capitolo torna il Nijem guerriero, e nel sesto lo vediamo combattivo anche se frastornato: è distrutto dalla morte dei suoi amici, e dentro di sé vorrebbe avere più tempo per piangerli e magari dar loro degna sepoltura… ma la vita ormai l’ha forgiato abbastanza da sapere che in battaglia non può permettersi cose del genere, e per quanto dura possa essere deve alzare la testa e andare avanti, combattendo con tutto se stesso per cercare di sopravvivere.
Il capitolo si chiude con Nijem che decide di seguire Iaria per aiutarla a recuperare suo figlio. È una decisione controversa, questa, e mi ha positivamente colpito che abbia deciso di tornare nei luoghi che popolano i suoi incubi non tanto per aiutare lei, ma soprattutto perché vuole fare tutto il possibile per risparmiare ad altri ragazzi innocenti le sue stesse sofferenze. Mi è piaciuto perché se avesse deciso di esporsi così tanto solo per Iaria sarebbe sembrato forzato… insomma,va bene che ormai sono alleati, ma si conoscono da pochissimo tempo mentre per tredici lunghi anni l’ha vista come il demone che gli ha rubato la voce, e rischiare la vita per una persona del genere non l’avrei trovato verosimile.
Anche la sua reazione di fronte alle capsule di crioconservazione mi è piaciuta molto: un misto di angoscia per ciò che gli ricordano e impotenza perché, nonostante tutti i suoi sforzi, non riesce ad aprirle… per concludere con la risolutezza di chi accetta i suoi limiti, grato di essere almeno riuscito a salvare una di quelle vittime inconsapevoli.


Iaria la intravediamo al termine del prologo e della folle corsa di Nijem verso la libertà (anche se lo scopriamo soltanto in un secondo momento che si tratta proprio di lei) e poi nel primo capitolo la troviamo tredici anni dopo… esattamente come l’avevamo lasciata: è una soldatessa, è fiera di esserlo ed è brava in quello che fa.
Le è stato affidato il comando della missione e lei esegue gli ordini, seria e professionale: non si perde d’animo nonostante i nemici siano numericamente superiori, anzi, sprona perfino i suoi compagni ad attaccare per spianare la strada alla loro flotta.
Tuttavia, quando le cose volgono al peggio, la maschera cade e anche lei mostra il suo lato più umano: è in questo momento che si capisce quanto ancora tenga al padre di suo figlio (nonostante lei lo neghi con tutta se stessa), e anche ovviamente al suo equipaggio; è in questo momento che si lascia veramente andare, e urla tutto il suo dolore e la sua disperazione mentre cerca invano di scaricarle su chi le ha causate tramite il bazooka.

Quando riprende i sensi, nel capitolo tre, lo fa a causa di un urlo disumano, in un luogo a lei sconosciuto e con una ferita potenzialmente mortale al fianco… e nonostante tutto (forse per l’addestramento o forse per una sua personale straordinaria forza d’animo) riesce a mantenere il sangue freddo, tanto da ingaggiare una lotta impari con quello che crede suo nemico per raggiungere l’unica sua possibilità di salvezza.
Mi è piaciuto molto come, non appena riesce a mettersi in piedi dopo il brusco intervento di Nijem, si prodighi ad aiutare Vince: nonostante l’apparente freddezza Iaria è molto affezionata al suo equipaggio, e in questo frangente traspare in ogni gesto e parola che rivolge al compagno ferito.

Nel capitolo quattro non sappiamo granché di lei, se non che i suoi compagni l’ammirano e la rispettano (ma questo già era evidente nella prontezza e nella fiducia con cui sia Richard che Vince eseguivano i suoi ordini)… e che, alla fine, capisce la vera identità dello sconosciuto che li ha salvati. Capisce che quel giovane uomo è lo stesso che proprio lei ha cercato di uccidere tredici anni prima, perché così le avevano ordinato.

È una svolta importante che si ripercuote anche nel quinto capitolo, in cui Iaria si ritrova suo malgrado a mettere in discussione tutto ciò in cui aveva creduto fino a quel momento, e questo anche e soprattutto grazie a (o a causa di) Nijem, che a soli dodici anni ha avuto la forza di ribellarsi a quel sistema che a lei sembrava perfetto, ma forse invece… tanto perfetto non è.
Dopotutto lei stessa ha scoperto che sulla terra si può vivere tranquillamente, mentre le avevano sempre detto il contrario… ed è per quello che aveva accettato di offrire suo figlio per quel progetto che comincia a sembrarle sempre più assurdo.
Il dialogo con Vasna è molto toccante e profondo, ed è bello che le due donne riescano a parlare col cuore in mano di argomenti anche delicati, perché un sincero scambio di opinioni è alla base di ogni solida relazione… e loro hanno una relazione, a quanto pare, ma il lettore può intuirlo soltanto dalla frase “La sacralità insita in quella frase la fece rabbrividire, non la mano che lenta ma decisa si infilava sotto la sua blusa.”, perché fino a quel momento (e poi anche dopo) il loro rapporto è presentato né più né meno che alla stregua di un’affettuosa amicizia.
E, ti dirò, probabilmente l’avrei apprezzato di più. Non fraintendere, mi piacciono molto le coppie fem-slash ben sviluppate, ma in questo caso il voler sottolineare con quell’unica frase che tra loro c’è un qualcosa di tipo romantico mi è parso forzato, e avrei preferito che tu avessi magari lasciato le cose in sospeso, lasciando al lettore la facoltà di vederci ciò che preferiva.
Nella la disperazione di Iaria per la sua morte (che sarebbe stata ugualmente naturale in ogni caso, perché non ci si dispera solo per la perdita di un’amante, ma anche per quella di un’amica) e nella conseguente follia omicida vediamo la rinascita del comandante Keeric, che si affida al suo istinto di soldatessa per riuscire a sopravvivere in quella battaglia impari in cui si è ritrovata coinvolta suo malgrado.
E poi, al termine del capitolo, i ruoli di comandante e di madre si fondono, ed è una donna nuova quella che sta al comando dello Spec-T diretta all’AlphaDue: finalmente ha capito che non è quello il mondo in cui vuole far crescere suo figlio, ed è disposta a combattere con le unghie e con i denti per riuscire a sottrarlo al suo destino.

È sempre questa fusione di madre e comandante ad accompagnarci per tutto l’ultimo capitolo, durante la corsa sfrenata per salvare Nathan, e che alla fine sacrifica la propria vita senza rimpianto, consapevole di essere riuscita nel suo intento: dare a suo figlio la possibilità di vivere libero su quella Terra che l’ha tanto affascinata nel breve periodo in cui ha avuto modo di abitarci.


Due parole anche sui personaggi secondari principali (perdonami il gioco di parole), perché ciascuno, a modo suo, è stato fondamentale per lo sviluppo della trama:
- Richard: è un uomo forte e determinato, leale con gli amici e con una gran forza d’animo; è consapevole di essere stato fortunato a ricevere una seconda occasione dalla vita (grazie alla crioconservazione) ed è ben deciso a sfruttarla il più possibile.
- Vince: nonostante la sua giovane età è un valoroso soldato che nei momenti cruciali sa dare prova di sangue freddo e prontezza di spirito; anche lui è affezionato ai suoi compagni, e nella missione iniziale era disposto a rischiare la vita per tentare di salvare almeno la loro.
- Vasna: una giovane donna molto più matura di quanto si direbbe dalla sua età, leale (e spesso materna) con gli amici e altruista anche con gli sconosciuti; ha fatto dell’aiutare il prossimo la sua missione di vita, ed è stata disposta a morire per non venir meno ai suoi principi.
- Mariat: spensierato e incline allo scherzo, è l’unico (oltre a Richard) che riesce a far comportare Nijem come il venticinquenne che è con battutine e provocazioni; tuttavia nel momento del bisogno dimostra di saper essere un leader valido e leale, che nonostante fosse consapevole del pericolo ha rifiutato di tradire Iaria e gli altri, perdendo la vita.



Stile e trama:
Il tuo stile è fluido ed eterogeneo, con dialoghi quotidiani, minuziose descrizioni fisiche, resoconti di battaglie e altro ancora.
Il lessico è ricercato (senza però scadere nell’eccessivo) ed è sempre ben contestualizzato; la sintassi è ben curata, ricca di coordinate (prevalentemente per asindeto) che facilitano la lettura e rendono il testo sempre di immediata comprensione.

Ho però notato due errori ricorrenti che, in alcuni punti, interrompono la fluidità della lettura:
- Tendi ad andare a capo molto spesso, a volte anche dove non ce ne sarebbe bisogno (la regola vuole che si vada a capo – iniziando così un nuovo paragrafo – quando il discorso precedente è concluso e si cambia argomento). Es. In fondo, lui era solamente un ragazzino di dodici anni a cui molti dei complotti terrestri erano preclusi.
Neanche sapeva se fossero stati i suoi genitori a volerlo in quel luogo o se loro si fossero opposti a quello che lui aveva subito come un rapimento.
Aveva fatto buon viso a cattivo gioco, rispettando le regole e conformandosi al volere dei suoi aguzzini; questo finché non era arrivato il suo turno
- In molti casi unisci molte frasi semplici tramite punto fermo, e il testo risulta come frammentato. Es. Fu in quel momento che lo vide. Sul polso della sua mano brillava un bracciale a tecnologia micronica (3). Uguale a quello che indossava sempre sua madre.
- O, ancora peggio, si rischia “l’effetto elenco”, specie se tutte le frasi iniziano con un verbo. Es. Posò due dita sulla giugulare del soldato assodando il fatto che fosse vivo. Gli diede uno sguardo complessivo e notò immediatamente il grumo sanguinolento che era diventato il suo piede destro. Lo afferrò con forza sotto le ascelle, sollevandolo e iniziando a trascinarlo verso il suo rifugio a più o meno un chilometro di distanza.

Altri errori sporadici che ho notato sono l’eccesso di virgole in alcuni periodi (Poco più distante da dove si trovavano loro due, potè – ndg: poté – scorgere i capelli ramati della donna, che ora sapeva chiamarsi Iaria, che riposava apparentemente tranquilla sul lettino che le perteneva.) o, al contrario, troppo poche (Avrebbe voluto fargli presente che non lo aveva fatto per loro ma per se stesso e che non era il primo di quegli esseri che uccideva e che solo per colpa di quel dannato sostegno da manutenzionare la situazione si era capovolta.)


La trama è davvero originale e molto complessa… tanto che cercare di svilupparla in così (relativamente) poche parole non le ha certo giovato. In tutta onestà, ho avuto come l’impressione di leggere il riassunto (per quanto articolato e ben scritto) di una storia molto più corposa: sono presenti tutti i punti salienti della trama, ma manca gran parte dei dettagli, dei gesti quotidiani e di tutte le piccole cose di contorno che sembrano inutili, ma in realtà sono indispensabili.
Ad esempio servono per una più completa caratterizzazione dei personaggi, e poi sono necessari per rallentare un po’ laddove ce ne sia di bisogno, perché se è vero che nei tratti dove viene descritta la fuga o la battaglia è giusto che il ritmo della narrazione sia frenetico, nel resto della storia invece sarebbe stato meglio se le cose fossero andate con un po’ più di calma, per così dire: gli eventi si susseguono uno dietro l’altro quasi senza respiro, e il tutto risulta tanto affrettato che il lettore si ritrova come sballottato da una parte all’altra, il che gli impedisce di godersi appieno la storia.

Inoltre ci sono alcune questioni che in questa storia hai dato per scontate ma che, secondo me, non lo sono, e avrebbero invece avuto bisogno di qualche spiegazione in più. Ti faccio alcuni esempi:
- L’imboscata in cui Iaria, Richard e Vince cadono nel primo capitolo: chi li stava attaccando e perché? L’imboscata è per definizione qualcosa di programmato, il che lascia presupporre che i nemici sapevano che li avrebbero trovati lì, quindi cos’è successo? C’è stata una fuga di notizie o una qualche spia interna?
- Perché il governo del cielo vuol far credere a tutti che sulla Terra non si può vivere? Ed è una menzogna totale o effettivamente ci sono dei problemi? C’è una qualche guerra in corso tra cielo e Terra?
- Questo “Progetto Ripopolazione Terra”, con conseguente crioconservazione dei ragazzi, è davvero volto al bene futuro della razza umana, o c’è qualcos’altro sotto?
- Cos’è questa “città di controllo” in cui si sono rifugiati Nijem e gli altri? E che significa che loro sono “l’ultimo baluardo della resistenza”, come dice Vasna a Iaria?

Un’ultima cosa negativa e poi passo a parlarti di ciò che mi è piaciuto (perché non farti ingannare: la tua storia mi è piaciuta molto, è solo che ho preferito darti tutti i bocconi amari all’inizio per togliermi il pensiero).
Il finale non mi ha affatto convinta: dopo tutta quella lunga corsa per la sopravvivenza (e in generale la lunga corsa che è stata da inizio storia per arrivare qui) mi è parsa una chiusura troppo brusca, adatta magari al finale di capitolo ma non al finale vero e proprio; si avverte distintamente che manca qualcosa, come se il testo fosse incompleto.
Ora, io sono andata a guardare la storia pubblicata online e ho letto l’epilogo e so che in effetti il testo che mi hai mandato è veramente incompleto… ma se avessi dovuto dare un voto alla storia che mi hai presentato, avrei considerato il tuo finale insufficiente per i motivi che ti ho spiegato.


Ok, detto questo passiamo alla parte piacevole della valutazione.

Ho apprezzato moltissimo questa storia perché, errori a parte, l’ho trovata molto ben scritta e, soprattutto, molto originale.

Già nel prologo il lettore si ritrova catapultato nel vivo dell’azione, ed è partecipe di tutta la paura e l’emozione di questo piccolo protagonista in fuga verso la libertà.

Mi è piaciuta anche la tua scelta di raccontare come il protagonista maschile ha perso la voce, e anche e soprattutto quella di fare in modo che i due protagonisti fossero legati da un evento così negativo: solitamente (almeno nelle storie che ho letto io) se in una storia ci sono più protagonisti essi sono legati da sentimenti positivi quali amicizia e/o amore, mentre invece qui non sei caduta nel solito cliché.

L’ho trovato un particolare molto originale e inoltre, dando modo al lettore di entrare nella mente di entrambi, hai creato un interessante contrasto nella caratterizzazione: sia Iaria che Nijem sono personaggi positivi, ma entrambi vengono percepiti dall’altro, in un primo momento, come dei nemici, e quindi in modo totalmente negativo.

La storia tra Nijem e Richard aggiunge un tocco di romanticismo che non guasta mai, a mio parere, e anche se in un primo momento credevo che fosse stata troppo “frettolosa” (si conoscono, un paio di giorni dopo c’è il primo bacio e dopo un mese o poco più Nijem sente di essere innamorato), ad una seconda rilettura mi sono detta che… beh, ci sta. Dopotutto siamo in una situazione paradossale, e non è strano che in queste circostanze i rapporti interpersonali (siano di amore o di semplice amicizia) subiscano una notevole accelerata rispetto a quelli nati in un contesto quotidiano e privo di pericoli.

Richard stesso aggiunge un ulteriore punta di originalità ad una storia già originale di per sé: scoprire che in realtà lui è vissuto sulla Terra moltissimi anni prima ed è arrivato in questo tempo soltanto grazie alla crioconservazione inizialmente destabilizza, ma al contempo dà al lettore modo di vedere la cosa attraverso un secondo punto di vista, il che non guasta mai.

Infine, mi è piaciuto moltissimo il messaggio che si evince nel finale: un singolo uomo è apparentemente impotente di fronte a forze più grandi di lui, ma se nel suo piccolo riesce a cambiare la vita anche soltanto di un’unica persona è già una vittoria.



Gradimento personale:
Questa storia mi è piaciuta molto sia per la sua originalità sia per il modo in cui hai strutturato la narrazione (l’alternanza dei due punti di vista l’ha resa molto più dinamica e intrigante), ma continuo a credere che forzandola in un numero limitato di parole tu le abbia come tarpato le ali, impedendole di sviluppare al meglio tutte le sue potenzialità.



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Tratto da "Cara Mathilda" di Susanna Tamaro

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10/10/2016 23:44
 
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Il luccichio del buio
Il luccichio del buio di Lady Io


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Titolo:
Il titolo è davvero molto bello, criptico e poetico come tutta la storia; il suo significato aleggia nell’aria per tutto il racconto, ma viene messo nero su bianco solo alla fine, e questo mi piace moltissimo.



Sviluppo della scimmietta:
Nonostante la brevità della storia, la scimmietta “non vedo” è sviluppata molto bene: la cecità della tua protagonista è il fulcro attorno a cui ruota tutto il suo racconto, il motore che l’ha spinta a percepire la realtà in modo diverso e che ha cambiato il suo modo di pensare al futuro.



Uso dell’immagine:
Come tutto, in questa storia, anche l’immagine ha una doppia valenza fisica e metaforica: è descritta fisicamente con tutte quelle bolle di sapone colorate, e metaforicamente rappresenta la speranza della Terra di poter un giorno essere di nuovo pura, e magari di tornare a vedere.



Caratterizzazione dei personaggi:
La tua storia ha un’unica, grande protagonista: la Terra.
Questa personificazione del nostro pianeta si racconta ad una fittizia adolescente, parlandole proprio come farebbe una vecchia nonna con la sua nipotina, e attraverso le sue parole ci aiuta a conoscerla.

È una Terra stanca, quella che parla. Stanca e amareggiata, perché la sua amata creatura le ha tolto una delle cose più preziose: la vista.
Eppure, nonostante tutto, lei non riesce a odiare l’uomo, proprio come un genitore non riesce (“dovrebbe riuscire”? Dice la parte caustica del mio cervello) a odiare suo figlio nonostante gli abbia complicato la vita.

Mi è piaciuto molto questo connubio agrodolce di amore e sofferenza, perché rende questa tua protagonista estremamente verosimile e realistica… la rende umana, anche se – tecnicamente – umana non lo è.

Ho apprezzato anche il suo modo di descrivere la propria cecità, e quell’amarezza mista a sconforto che assale in particolare coloro che sono nati con la vista, ma l’hanno persa in un secondo momento.

Ma questa Terra non vuole piangersi addosso, ed è riuscita a trovare in questa sua nuova condizione un lato positivo che la rende meno tragica: dal momento che non riesce più a vedere ha imparato ad ascoltare e ad avvalersi dell’immaginazione per godersi quelle piccole grandi cose cui prima non riusciva a far caso.

E infine, questa Terra stanca, preoccupata e saggia, rivela a Ramona un’ultima sfaccettatura: le rivela il suo più grande sogno, la speranza che quello stesso uomo che l’ha fatta ammalare si adoperi per riuscire a guarirla, una bolla di sapone alla volta.



Stile e trama:
Questa storia è un unico, grande monologo della protagonista; è la storia di una nonna per la sua nipotina, e come tale presenta un lessico quotidiano ma con una sfumatura più ricercata, proprio come ci apparerebbero oggi i discorsi di una signora d’altri tempi.

La sintassi è semplice e pulita, ricca di coordinate e con un’alternanza di frasi brevi ad altre più corpose che danno alla storia un ritmo pacato e costante dall’inizio alla fine.

L’inizio di questo soliloquio è particolare e coglie il lettore di sorpresa, lasciandolo un po’ spaesato: sono tutte cose vere, certo, ma qual è il senso?

È solo in un secondo momento che inizia a capire, e quando finalmente trova la sua risposta – quando cioè scopre la vera identità della narratrice – tutto quanto assume un significato completamente diverso: prima erano parole vuote su un passato così lontano da non sembrare quasi reale… dopo diventano i ricordi di una lunga, lunghissima vita.

Ho trovato questo espediente molto carino perché l’effetto sorpresa rende la tua storia ancora più particolare, e questo la aiuta a rimanere bene impressa nella mente del lettore.

Il messaggio di denuncia che traspare da ogni frase non è certo qualcosa di nuovo, ma il modo in cui hai scelto di raccontarlo è riuscito a dargli un’interpretazione originale che ho apprezzato moltissimo.

Come ho pure apprezzato questo finale metaforico e molto poetico, un’immagine serena che sottolinea la speranza per un futuro migliore.



Gradimento personale:
Di questa storia mi ha colpito soprattutto la semplicità con cui sei riuscita a raccontare eventi di una portata non indifferente senza renderli mai pesanti, riuscendo a catalizzare l’attenzione del lettore dalla prima frase e conducendolo per mano fino alla fine.




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10/10/2016 23:46
 
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The dark side of love
The dark side of love di Lady.EFP (_MiledyStar_)


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Titolo:
Personalmente non mi piacciono molto i titoli in lingua straniera, a meno che non ci sia un motivo particolare per non utilizzare l’italiano (e in questo caso non ne trovo), inoltre devo ammettere che non è dei più originali.
Tuttavia è comunque accattivante, attira l’attenzione del lettore e lo lascia in sospeso fino alla fine, quando finalmente si chiarisce che cos’è questo “lato oscuro” che tira le fila di tutta la storia.



Sviluppo della scimmietta:
In questa tua storia lo sviluppo della scimmietta “non vedo” è piuttosto carente: si intuisce nell’ultima parte, ma se non fosse stato per le domande retoriche “Quante volte ho fatto finta di non sapere di chi fosse quel corpo nascosto da un sottile velo candido? / Quante volte mi sono comportato come una di quelle stupide scimmiette che si mettono le mani sugli occhi pur di non accettare le ovvietà della vita?”l’argomento della cecità metaforica sarebbe potuto facilmente passare inosservato.
È vero che la storia è molto breve, ma avrei preferito che tu ti fossi soffermata un po’ di più su quello che doveva essere il punto di forza della tua storia, e che invece è soltanto accennato.



Uso dell’immagine:
L’immagine è ben utilizzata e il luogo presente in essa è contestualizzato ottimamente nella storia: è descritto all’inizio, in quel sogno/incubo del protagonista, viene messo da parte per un po’ e poi, quando il lettore non ci pensava più, rientra in scena per il gran finale.



Caratterizzazione dei personaggi:
In questa breve storia, l’unico personaggio ad avere una qualche caratterizzazione è il protagonista, Drew… ma anche di lui riusciamo a capire ben poco.

Nella prima parte della storia lo vediamo come un uomo molto suggestionabile, che nonostante cerchi di convincersi che il suo incubo non ha fondamento ne è comunque spaventato; capiamo anche che è fidanzato con un ragazzo presumibilmente più giovane di lui e di cui è molto innamorato.

È anche un medico, a quanto pare, e per qualche motivo quando si trova davanti il corpo senza vita del suo ragazzo lascia intendere al lettore che quel sogno iniziale non è stato l’unico, ma ce ne sono stati altri che gli hanno dato indizi che lui non ha voluto ascoltare.

La parte che secondo me lo caratterizza meglio, dandogli profondità, è quella riflessione finale davanti alla lapide di James: qui Drew si rende conto che la rabbia per quell’uomo che ha amato è ormai svanita, e riesce in qualche modo non a perdonarlo (questo non sarebbe verosimile), ma almeno a comprenderlo e a rassegnarsi per la morte di quel ragazzo che, come dice lui stesso, è stato e sempre sarà l’altra metà del suo cuore.



Stile e trama:
Lo stile è fluido e la sintassi ben curata, ricca di frasi brevi che danno un ritmo incalzante al racconto ma con alcuni periodi più corposi che rallentano la lettura nei punti giusti, consentendo al lettore di riprendere metaforicamente fiato prima di rigettarsi a capofitto nella storia.

Anche il lessico è adeguato al contesto: è il vocabolario che potrebbe tranquillamente avere un uomo come Drew, e dato che la storia è scritta in prima persona questo particolare è molto importante.

Per quanto riguarda la trama, invece, iniziano le dolenti note.

Nonostante il sogno vero e proprio rappresenti soltanto le poche righe dell’inizio, tutta la storia sembra un unico, grande delirio onirico: le vicende si susseguono senza alcuna logica apparente, una serie di immagini ed emozioni vive ed intense che però il lettore non riesce a capire perché c’è un retroscena che gli viene completamente taciuto e che gli impedisce di seguire il filo logico della trama.

Perché (ad esempio) non basta dire “Axel è morto per me” e poi lasciar intendere, nelle battute finali, che è stato ucciso dall’ex del protagonista per rendere chiara la situazione, al contrario: un’affermazione così netta genera solo ulteriore confusione, se non si conosce il ragionamento che l’ha portata alla luce.

Inoltre un appunto tecnico: i diversi paragrafi, in particolare se tra essi c’è un salto temporale (che sia di poche ore o di mesi non fa differenza), vanno separati in qualche modo per permettere al lettore di capire graficamente che si sta passando da una scena all’altra… esattamente come hai fatto tra la scena della telefonata e quella del riconoscimento del cadavere (e davvero non capisco perché hai inserito un separatore soltanto lì).
Es. Non mi resta altro da fare che tornare a dormire e non pensare più a quello stupido sogno... in fondo non è altro che questo: un sogno.
Sento suonare il cellulare, mi allungo sul comodino e rispondo senza neppure controllare chi mi stia chiamando alle tre del mattino.

In questa parte il logico collegamento che fa il lettore è che la scena del cellulare che suona sia avvenuta poche ore dopo il sogno, invece andando avanti scopre che sono passati come minimo alcuni giorni e questo lo destabilizza.

La trama di base sarebbe interessante, anche se non originale (l’ex che uccide l’attuale compagno non è proprio una cosa nuova), ma secondo me non è sviluppata bene: la storia di per sé è molto breve, e in questo poco spazio tu inizi col raccontare il sogno di Drew, subito dopo arriva quella telefonata che lascia presagire il peggio, il riconoscimento del cadavere, il funerale e la riflessione finale di Drew davanti alle lapidi dei due uomini che ha amato.

Mi sono piaciuti particolari come la riflessione di Drew sul fatto che Axel quando dorme dimostri la sua giovane età mentre da sveglio vuole a tutti i costi “fare l’adulto”, e anche quando si chiede se è stato giusto seppellire Axel e James nello stesso giorno: sono piccole cose che però aiutano non poco il lettore ad immedesimarsi nella testa del protagonista – e quindi nella sua storia.

Avrei preferito, che parti del genere fossero la regola, e non l’eccezione: concedere al lettore più spiegazioni, o anche solo un’infarinatura generale condita di altri piccoli dettagli come questi, gli avrebbe permesso di seguire senza fatica il filo narrativo e, di conseguenza, di apprezzare molto di più il racconto.

Nelle tue note hai detto di aver provato a descrivere come si sente una persona quando si vede crollare il mondo sotto i piedi. Ebbene, se vuoi saperlo i pensieri di Drew rendono abbastanza bene l’idea perché sono molto toccanti e verosimili, ma se fossero stati inseriti in un contesto più chiaro sarebbero stati di gran lunga più efficienti.

Sono convinta che questa storia abbia veramente un buon potenziale, ma così com’è adesso non riesce ad esprimerlo: è come se fosse soltanto rozzamente intagliata nella roccia – tanto per rimanere in tema con quel parco che è così importante per la trama – da uno scultore volenteroso che poi, per qualche motivo, ha deciso di lasciarla incompleta, con i tratti abbozzati e troppe domande senza risposta.



Gradimento personale:
Mi dispiace dirlo, ma allo stato attuale questa storia non mi è piaciuta molto: ho apprezzato la prima parte, in particolare la dolcissima scena di Axel e Drew, ma poi ho perso il filo del discorso e questo mi ha impedito di godermi il resto del racconto.




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Tratto da "Cara Mathilda" di Susanna Tamaro

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10/10/2016 23:47
 
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Never knew I was a dancer
Never knew I was a dancer di ikdrugens (madelifje)


Valutazione


Titolo:
Non mi piacciono i titoli in lingua straniera (a meno che non abbiano una qualche motivazione particolare), e ormai non è un mistero. Tuttavia nella tua storia l’inglese si è ritagliato il suo spazio grazie alle canzoni che accompagnano tutto il racconto, quindi alla fin fine non stona poi così tanto.
Tralasciando la lingua, il significato è molto bello e il titolo in generale ha un sapore poetico e malinconico allo stesso tempo, perfetto che la storia che rappresenta.



Sviluppo della scimmietta:
Nella tua storia la scimmietta “non sento” è sviluppata alla perfezione: non solo hai approfondito in maniera molto calzante i pensieri e le emozioni della protagonista – e di chi la circonda – a riguardo, ma la sordità è anche un punto cardine della trama, il che la rende il motore indispensabile attorno a cui ruotano tutti gli avvenimenti.
Mi è piaciuto moltissimo l’amaro contrasto tra ciò che dicono i medici (“lei ci sentiva benissimo”) e i genitori (“tanto è solo una cosa temporanea”) con la cruda realtà dei fatti: Vera è sorda, sa di esserlo e sa anche che con tutta probabilità lo rimarrà per sempre, ma – al contrario del mondo che la circonda – ha accettato questa sua nuova condizione senza lamentarsi… anche perché, in fondo, Margherita era morta e lei non ci sentiva. / Erano pari.



Uso dell’immagine:
L’immagine che hai scelto è descritta nella storia con dovizia di particolari e, inoltre, rappresenta un momento molto significativo della stessa – senza contare che viene ripresa, in piccolo, anche nel finale.



Caratterizzazione dei personaggi:
Vera è la protagonista ufficiale di questa storia: una storia che racconta la sua vita, i suoi pensieri, il suo dolore e il modo che ha scelto per affrontarlo.
È una ragazza come tante altre, con una famiglia normale, un cane che l’adora e piccole inspiegabili fissazioni come l’odio per le penne a gel e la passione per i viaggi in metropolitana.
La cosa che la rende diversa è la sua abitudine di associare le canzoni a particolari situazioni più o meno quotidiane. Quello e l’incidente che l’ha fatta diventare sorda.
Nel modo in cui si rapporta ai dottori vediamo che è una ragazza dal carattere forte, che affronta la vita servendosi di sarcasmo e ironia come protezione dal mondo e, soprattutto, dall’ipocrisia della gente.
Vera è anche introversa e molto orgogliosa, e – al contrario di altri – non sopporta di ispirare pietà nel prossimo… soprattutto se questa pietà è finta come i soldi del Monopoli.
È divorata dal dolore per la perdita della sua migliore amica e soffre anche per quella che alcuni definiscono “sindrome del sopravvissuto”: si sente in colpa per essere ancora viva mentre Margherita non lo è più, tanto che il fatto stesso di aver perso l’udito diventa per lei una giusta punizione, un modo per espiare una colpa che in realtà non ha ma che si sente cucita addosso e non può – non vuole? – mandare via.

C’è anche una seconda protagonista, che non compare mai direttamente ma la cui essenza permea ogni singola parola di questa storia, ed è proprio Margherita.
Margherita che era allegra, Margherita che era stonata, Margherita che capiva Vera come nessun altro era (ed è) in grado di fare.
Margherita che è morta “di una delle morti più stupide della storia” (e per questo ancora più difficile da accettare), che ha spezzato il cuore della sua migliore amica e si è portata via il suo udito.
[Ma è solo temporaneo.]

E poi c’è il cugino Gianni, che nonostante non conoscesse Margherita e fosse estraneo a tutta la vicenda della sua morte (o forse proprio grazie a questo) riesce a dare a Vera un appoggio di cui, anche se non lo ammette, ha davvero bisogno.
È una persona semplice e genuina, concreta. Lui non parla per frasi fatte né dà a Vera una qualche consolazione vuota e sterile… però c’è. C’è e rimane fermo ad aspettare che Vera abbia finito di sfogarsi, e in fondo è tutto quello che le serve.

I personaggi di contorno sono appena abbozzati, eppure tutti, a modo loro, contribuiscono a rendere questa storia completa:
- I dottori che continuano a ripetere che Vera tornerà a sentire, ma non si sbilanciano mai nel dire quando.
- La mamma che vuole così disperatamente credere ai dottori che non si sforza nemmeno di imparare a dovere il linguaggio dei segni, perché “tanto è temporaneo”.
- La nonna che è sempre attenta alle apparenze e aiuta Vera a comportarsi in modo adeguato in pubblico.
- Il papà, che forse è quello che assomiglia di più a Vera e che, senza dire niente a nessuno, accetta questa nuova condizione di sua figlia e le dà il suo silenzioso appoggio con quel primo libro sul linguaggio dei segni.
- Gli altri (amici, parenti, vicini, compaesani), che non perdono occasione di parlare della storia di “quella ragazza che è morta e la sua amica che non ci sente” e fanno ipotesi su quando e se tornerà a sentire.



Stile e trama:
Lo stile è semplice e colloquiale, con una sintassi curata costituita quasi esclusivamente da periodi secchi o costituiti da poche coordinate, prevalentemente per asindeto.
Anche il lessico, e i modi di dire, e tutta l’intera struttura della storia rimandano a un racconto familiare, fatto in confidenza: il racconto di una ragazza che prima ci sentiva, ma ora non più.

La storia inizia con la notizia che Vera non ci sente (a dispetto di ciò che dicono i medici), ed è su questo che il lettore focalizza la propria attenzione: segue Vera nella sua vita quotidiana, osservando le reazioni della gente che non sa come rapportarsi a lei, e guardandola seduta sul sedile della metropolitana con le cuffie nelle orecchie.
Viene anche a scoprire questa sua vecchia mania di associare le canzoni alle situazioni, e mi è piaciuto come questo dettaglio apparentemente fine a se stesso venga poi invece ripreso più volte nel corso della storia.

E intanto il tempo passa, ma i dottori continuano a ripetere che è tutto temporaneo, che va tutto bene, e l’amarezza di queste parole vuote colpisce a fondo e lascia il segno.

L’incontro con Gianni è casuale e naturale come tutti gli incontri casuali della vita quotidiana, e anche in questo caso c’è una svolta nelle aspettative: quello che sembrava destinato a rimanere un caso isolato diventa un abitudine.
Gianni non è qualcuno con cui Vera abbia un rapporto profondo, ma dopotutto anche nella vita succede così: certe volte conosci una persona da sempre ma non ci hai mai davvero parlato, poi all’improvviso un giorno come tanti scatta qualcosa e, dal nulla, si crea un legame inaspettato.

Scoprire cosa è successo a Margherita è stato un colpo al cuore, veramente. Perché l’attenzione era così concentrata su Vera e sul suo non sentire che non mi sarei mai aspettata che ci fosse altro dietro la cinica ironia con cui guarda al mondo.

Il tempo passa ancora, e con la festa della parrocchia, a quasi un anno dall’incidente, si ha un punto di svolta nel suo modo di porsi di fronte al mondo perché di fronte a quei palloncini che le ricordano così tanto Margherita tutti gli argini che aveva eretto per difendersi crollano, e per la prima volta lascia che tutti la vedono per ciò che è: una ragazza sorda che ancora soffre per quella perdita che nessun altro potrà mai colmare.
Ma la cosa più straordinaria di questa scena, più dei palloncini, più della contrastante atmosfera di festa che non viene minimamente scalfita e più di tutta quella normalità che Vera sente così estranea… è che finalmente si accetta per quello che è.
Accetta di essere sorda [l’ha già fatto], accetta di essere triste e accetta che gli altri la vedano piangere, pur continuando a fregarsene di ciò che potrebbero o non potrebbero pensare di lei (non è importante, loro non sono importanti).

La scena finale al cimitero è quasi surreale, nonostante tutti i dettagli concreti (le dita gelate, la pompa di plastica per gonfiare i palloncini e la neve che cade sempre più forte) che la tengono ben ancorata alla realtà. È surreale perché questa stravagante decisione che ha preso Vera appare senza senso a tutti fuorché a lei stessa… ma, allo stesso tempo, proprio per questo è assolutamente perfetta.
Perché Margherita era l’unica che la capiva veramente, quindi è giusto trovarsi lì, da sola con lei, a salutarla con quella canzone di cui non ricorda la melodia ma che è legata a loro, a ciò che erano e al rapporto che avevano. Forse cantare a squarciagola e ballare fino a non aver più fiato sono come una cerimonia, un qualcosa che faccia da tramite tra quello che è stato prima, con Margherita, e quello che è adesso senza di lei.
Forse, è un modo per ricominciare a vivere.



Gradimento personale:
Sono arrivata alla fine della tua storia con le lacrime agli occhi, l’accenno di un sorriso sulle labbra e un pensiero fisso in testa: “mi piacerebbe saper scrivere così”.
Non so quanto possa valere, per te, ma ti assicuro che non è qualcosa che mi capita tutti i giorni… ed è anche il complimento più sincero e calzante che mi viene in mente, quindi non ho davvero altro da aggiungere.





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Tratto da "Cara Mathilda" di Susanna Tamaro

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10/10/2016 23:49
 
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Il segreto delle parole
Il segreto delle parole di MaryScrivistorie (Mary_la scrivistorie)


Valutazione


Titolo:
Il titolo è apparentemente semplice ma in realtà pregno di mistero e significati nascosti… un po’ come tutta la storia. Per questo trovo che, oltre ad essere molto intrigante, sia perfetto per questo racconto.



Sviluppo della scimmietta:
La scimmietta “non parlo” è sviluppata davvero molto bene in questa tua storia estremamente introspettiva: non solo hai analizzato attentamente i pensieri e le emozioni del protagonista, – e di chi gli sta intorno – ma hai anche descritto con cura come questa incapacità di parlare abbia influito sul suo modo di vedere il mondo e di rapportarsi con esso.



Uso dell’immagine:
L’immagine è ben inserita nella storia, è descritta con dovizia di particolari e, inoltre, è usata per rappresentare uno dei personaggi principali del racconto. Direi che hai fatto un ottimo lavoro.



Caratterizzazione dei personaggi:
Il tuo protagonista è l’uomo attraverso i cui occhi osserviamo tutta la storia e, per una volta, è proprio lui ad essere sotto esame.
È un uomo schivo e introverso, così bramoso di conoscenza – di qualsiasi tipo di conoscenza – da ricercarla nelle storie dei Viaggiatori che incontra alla stazione, soprattutto da quando il suo vecchio precettore è andato in pensione, “privandolo di quel poco di cultura che gli era concessa”.
Eppure, a dispetto di quest’ultima affermazione, il suo modo di comunicare (essendo la storia in prima persona attribuisco a lui sia vocabolario che struttura sintattica, non me ne avere) lascia intendere di lui che sia un uomo estremamente colto, oltre che un buon osservatore; inoltre, per sua stessa ammissione, trova molto affascinanti i libri e il sapere che essi racchiudono… e forse è per questo che è rimasto tanto affascinato da quella giovane scrittrice.
Ma andiamo con ordine.
Del tuo misterioso protagonista sappiamo anche che è un timido sognatore, molto più avvezzo ad osservare la scena da dietro le quinte che a recitare lui stesso lo spettacolo, che è perfettamente a suo agio con il proprio mutismo ma che, qualche volta, si ritrova segretamente a sperare di poter dare voce a tutte quelle parole che gli premono in fondo alla gola e lottano invano per poter uscire.
È anche altruista, a modo suo, perché rifiuta di avvicinarsi alla donna che tanto lo attira per evitarle “l’anatema che gli era stato lanciato e che finiva con il portare alla dannazione anche chi gli stava vicino”… ma più probabilmente, secondo me, è solo un semplice codardo. Non è un dramma, significa solo che è un umano e, come tale, vittima inconsapevole di quella paura strisciante che lo blocca al suo posto e gli impedisce di fare quel salto nel vuoto che sarebbe farsi avanti con la bella sconosciuta.

E adesso parliamo proprio di lei, di questa sosia di Marilyn Monroe.
La prima immagine che abbiamo di lei è quella di una donna elegante e tanto nervosa da sembrare sull’orlo di una crisi di nervi che sfoga la sua angoscia riversandola su carta.
È una scrittrice timida ed educata, che nonostante l’iniziale perplessità accetta ben volentieri il sostegno di quella signora estranea che, per qualche motivo, si è dimostrata interessata a lei e al motivo del suo malessere.
È anche una buona osservatrice, a quanto pare, perché nonostante sia presa dal discorso si rende conto che l’uomo che la stava osservando da lontano non si perde una sua sola parola, e ne rimane abbastanza intrigata da racimolare il coraggio necessario ad avvicinarlo subito prima di andare via, sia pure con una fugace carezza.

Degli altri personaggi di contorno, quello più importante per la storia è Mrs Rockfeller.
Donna anziana, giornalista pettegola e “avida di scandali”, si dimostra invece un prezioso sostegno per il nostro protagonista: nonostante altri si fossero accorti del suo interesse per la nuova Viaggiatrice, soltanto lei ha scelto di intervenire in suo aiuto e di farle tutte quelle domande che a lui sono precluse.

Di contorno ci sono una madre superstiziosa, un fratello malato e scontroso, una fidanzata scomparsa e tanti altri personaggi che calpestano i pavimenti di quella stazione in cui il nostro protagonista passa così tanto tempo, immerso nelle vite degli altri.



Stile e trama:
Lo stile è estremamente introspettivo e la sintassi molto articolata, costituita da frasi secche come da periodi anche piuttosto lunghi che però non arrivano mai al secondo grado di subordinata e consentono al lettore di seguire il filo del discorso senza fatica.

Il lessico è ricercato, anche per il contesto cui la storia appartiene, e dal momento che la storia è scritta in prima persona è per questo che ho ipotizzato (non a torto, spero), che il tuo protagonista abbia una notevole cultura.

La storia è ricca di descrizioni fisiche minuziose come anche di metafore e altre figure retoriche, e nel complesso la narrazione si mantiene sempre ad un livello piuttosto elevato.

Non è il mio genere, lo confesso (preferisco stili più semplici), ma è comunque godibile… fatta eccezione per alcuni casi in cui – secondo me – la narrazione punta troppo in alto, finendo col disorientare il lettore.
Ti faccio un esempio:
Ero tuttavia più concentrato nell’adorazione delle sue iridi ultraterrene: sembravano elargire all’umanità scorci di meteore diurne e di stelle invisibili, sembravano emettere effluvi della sua aura lunare, sembravano invitarmi ad avventurarmi in quell’oltre magnifico che lei aveva già ampiamente assaporato.
Tristezza. Quella stessa profondità ‒ che pareva evocare il suggello di un antico giuramento stretto con la luna ‒ era però intrisa di avvilimento: barlumi di desolazione sembravano aleggiarle attorno, quasi come se il suo sconforto non avesse eguali e la sua sofferenza fosse destinata a protrarsi per un tempo.

A parte il fatto che nell’arco di due periodi (tre se contiamo anche quel “Tristezza.”) hai usato il verbo “sembravano” ben quattro volte, l’eccesso di figure retoriche ha reso questa parte piuttosto pesante.
Ovviamente è un parere personale, ma credo che, mentre una metafora da sola serva ad esaltare il concetto, inserirne molte tutte insieme faccia loro perdere di efficacia, contribuendo solo ad appesantire la lettura.

Un altro punto in cui (sempre secondo me, ovvio) ti sei dilungata troppo è questo:
Ascoltai il suono del vento che le lambiva dolcemente la pelle scoperta; ascoltai le carezze di quella voce morbida e vellutata, tintinnante come campane argentate; ascoltai il calore che diffondevano le sue labbra ad ogni suo sospiro d’esitazione; ascoltai il suo tono accorato spezzato dalla brezza che era più forte di lei; ascoltai la favola dischiusa finalmente dalla sua anima introversa.
Non fraintendere, mi piace molto questo poetico uso di ascoltare, ma sarebbe stato meglio limitarlo a due o tre esempi perché, come per le figure retoriche, il troppo stroppia, anche se è una cosa bella.

Un’ultima cosa, perché davvero questa non posso tacerla: ti consiglio vivamente di eliminare quel “chiassoso frastuono” (nella frase “il chiassoso frastuono di un espresso in arrivo…”): chiassoso e frastuono sono entrambi sinonimi di rumore (l’uno aggettivo e l’altro sostantivo), ed è esattamente come leggere “rumoroso rumore”… il che da piuttosto fastidio, in effetti.

Comunque, salvo alcune eccezioni, la lettura procede fluida dall’inizio alla fine, placida come un fiume e, come lui, ricca di dettagli che vengono proposti al lettore: immagini, suoni, odori e perfino sapori, è tutto descritto meticolosamente in questa storia e, chiudendo gli occhi, si ha come l’impressione di essere proprio lì, in quella stazione di Londra insieme al nostro misterioso protagonista.

La trama, a dispetto dello stile che la racconta, è semplice ma non scontata, con quel piccolo grande colpo di scena finale che coglie il lettore di sorpresa almeno quanto il protagonista stesso e lo fa sperare, come lui, in un possibile futuro incontro.

Il finale mi piace moltissimo, anche perché – da amante della lettura e della scrittura – non potevo non apprezzare questo sincero elogio alle parole.
Tuttavia, nonostante sia calzante con il significato più profondo della tua storia, non mi sembra collegato bene con la stessa: quella frase della ragazza “ho ancora da scoprire il segreto delle parole” (che poi è quella da cui la poesia prende spunto) risuona forzata e innaturale, come pure forzata risulta l’ultima frase “il segreto delle parole esigeva impaziente di essere rivelato”; entrambe danno come l’impressione di essere state inserite con l’unico scopo di introdurre e giustificare la poesia finale, e la naturalezza e verosimiglianza della narrazione ne risente.



Gradimento personale:
Da brava romantica non ho potuto non apprezzare la dolce delicatezza con cui hai raccontato la nascita di questo amore d’altri tempi, fatto di sguardi, parole non dette e un’unica, indimenticabile carezza mentre nell’aria aleggia la promessa di un futuro incontro.




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10/10/2016 23:51
 
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La notte in cui la bambina che profumava d'inchiostro incontrò il ragazzo che profumava di legno
La notte in cui la bambina che profumava d'inchiostro incontrò il ragazzo che profumava di legno di _only_hope_


Valutazione


Titolo:
Il titolo è decisamente particolare e molto intrigante, invoglia il lettore a leggere la storia per cercare di scoprire chi sono questa bambina e questo ragazzo e, soprattutto, perché mai la prima profumi d’inchiostro e il secondo di legno. Davvero molto bello ed estremamente azzeccato.



Sviluppo della scimmietta:
Hai descritto davvero molto bene i pensieri e le emozioni di Luciana, esponendo al lettore quel contrasto agrodolce tra come lei stessa si percepisce e come invece è vista dagli altri.
Lo sviluppo della scimmietta “non vedo” è accurato e anche molto originale: ho apprezzato molto che ti sia concentrata sugli aspetti positivi (e forse un po’ romanzati) di questa mancanza, – come il maggiore sviluppo degli altri sensi – aggiungendo al contempo alcune note più crude e realistiche che derivano principalmente dal mondo “esterno” alla biblioteca in cui vive la tua piccola protagonista.



Uso dell’immagine:
L’immagine che hai scelto è ben contestualizzata nella storia; inoltre la scena rappresentata (con l’ombrello – descritto attraverso Federico – che cade nella pozzanghera) viene citata ben due volte nel racconto.



Caratterizzazione dei personaggi:
La tua protagonista è una bambina allegra e vivace, con un carattere molto forte. Non si lascia abbattere dalla mancanza della vista ma, probabilmente anche grazie a chi le sta intorno, riesce ad accettare con serenità questa sua condizione, concentrandosi sugli aspetti positivi anziché su quelli negativi.
Ovviamente, però, un po’ di rimpianto c’è, e mi è piaciuto che nonostante l’atmosfera positiva della storia tu abbia inserito la malinconia di qualche sporadico pensiero a cui si abbandona Luciana. Ad esempio quando Federico le parla di quelle persone che, nonostante siano cieche, riescono a vedere qualche colore: dapprima si lascia prendere dall’entusiasmo per quella nuova possibilità, ma in un secondo momento si costringe a tornare coi piedi per terra perché sa bene che, purtroppo, lei non è tra quei fortunati.
Un altro tratto importantissimo di Luciana è il suo amore per i libri e tutto ciò che è loro connesso. Potrebbe sembrare strano, dato che non può leggerli, ma invece questo sentimento risulta soltanto genuino e molto naturale.

Federico è un po’ il secondo protagonista, e il suo personaggio è molto interessante: inizialmente presentato un po’ come “il nemico”, quello che odia i libri e che li maltratta, durante la storia ha una bellissima evoluzione.
Si scopre di lui che a causa della sua iperattività non diagnosticata si è trovato male a scuola e forse è per questo che odia i libri, perché sono legati a ricordi spiacevoli. Si scopre anche che fa il falegname e che, come Luciana, non riesce a dormire la notte.
Ma, soprattutto, si scopre quel lato sensibile ed empatico che tende – volontariamente o meno – a nascondere. Quello che lo porta a voler risollevare il morale di Luciana in modo davvero molto dolce, raccontandole quei colori che lei non riesce a vedere in modo tale che possa almeno collegarli a qualcosa che le è familiare.

La mamma è… beh, è una mamma, in tutto e per tutto. Ama profondamente sua figlia e crede in lei e nelle sue capacità, senza mai farla sentire un peso ma anzi affidandole piccole commissioni per darle importanza.
In un altro contesto sarebbe sembrato strana la sua decisione di lasciar andare via sua figlia con uno sconosciuto di notte, ma l’atmosfera quasi fiabesca che permea tutta la storia rende tutto più semplice, e anche il lettore non si pone troppi interrogativi a riguardo. Tanto più che poi, quando Luciana è in ritardo, Barbara stessa si ritrova a pentirsi di quella sua decisione impulsiva, rimuginandoci sopra e disperandosi fino a quando la piccola non torna sana e salva.



Stile e trama:
Lo stile è fluido e colloquiale, con un lessico quotidiano e una sintassi semplice ma molto curata, ricca di coordinate per asindeto che consentono sempre un’immediata comprensione.

Tutta la storia (o quasi) è narrata dal punto di vista di una bambina, ed è molto bello che i toni del racconto richiamino da vicino quelli di una fiaba: ad esempio i libri parlano e pensano, hanno dei sentimenti che possono essere feriti e sanno raccontare molte storie a chi è in grado di starli a sentire.
Inoltre nel modo in cui Luciana descrive i profumi c’è sempre un che di mistico e magico, qualcosa che magari non è proprio realistico, ma a nessuno importa perché è comunque perfetto così.

Della fiaba riprende anche il concetto di “impresa”, e quindi vediamo la nostra piccola protagonista partire in missione con quel “nemico” che improvvisamente è diventato un compagno di avventura/sventura.

Durante il viaggio Luciana e Federico, lasciati da parte i propri dissapori, iniziano pian piano a conoscersi e a lasciarsi conoscere, in un crescendo di confidenza che li porta a voler condividere con l’altro parte del proprio mondo: Luciana invita Federico a prestare attenzione agli odori e alle storie che essi raccontano, e lui in cambio le insegna a “vedere” i colori proprio attraverso gli odori.

Non mancano certo gli imprevisti, ma alla fine, come in ogni fiaba che si rispetti, i due protagonisti torneranno vincitori nel corpo e nello spirito: non solo sono riusciti a recuperare il libro, ma hanno acquisito una nuova consapevolezza di sé e dell’altro che li ha fatti crescere dentro.

È davvero molto tenera l’amicizia che nasce tra Federico e Luciana, e il finale non può non strappare un sorriso al lettore: quell’abbraccio improvviso e sincero, in netto contrasto con la litigata che avevano avuto una manciata di ore prima, è la giusta conclusione di questa una lunga notte di avventure che, in così poco tempo, li ha cambiati entrambi.



Gradimento personale:
Mi è piaciuta moltissimo questa storia che, nonostante parli di un argomento delicato come la cecità, lo fa con la delicata dolcezza di un racconto per bambini; inoltre è molto bello il messaggio di fondo, quello che invita sempre a guardare “il bicchiere mezzo pieno”, perché anche in una situazione del genere possono esserci aspetti positivi.




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10/10/2016 23:52
 
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Perfezione d'un pesce
Perfezione d'un pesce di Rhona


Valutazione


Titolo:
Questo titolo è davvero singolare; già dall’introduzione – non appena si sa che il protagonista è muto – il lettore intuisce quella metafora che lo collega alla storia, e lo apprezza anche per questo. Io personalmente l’ho apprezzato anche di più alla fine del racconto, perché i pesci non sono utilizzati soltanto come scusa per questa bella metafora, ma sono anche ben presenti lungo tutta la stesura.



Sviluppo della scimmietta:
Nella tua storia la scimmietta “non parlo” si sviluppa in un’atmosfera intima e familiare, arricchendosi di tutti i pensieri, le emozioni e le paure di un uomo prima, e di un padre poi.
A tal proposito, mi ha positivamente colpita l’entrata in scena di questa figlia con lo stesso deficit del protagonista, e anche come sei riuscita ad intrecciare i problemi simili eppure totalmente diversi delle due figure: hai sottolineato che Loris si sente più vicino a Léona che agli altri suoi figli, e ho trovato questo dettaglio molto realistico, perché credo sia naturale che condividere un qualcosa di così grande, che ti rende in qualche modo “diverso” dal resto del mondo, porti a stringere un rapporto privilegiato, rispetto ai “normali”.



Uso dell’immagine:
L’immagine è utilizzata veramente molto bene, perché non soltanto l’acquario compare fisicamente nella storia, ma è il fulcro di quella metafora che dà anche il titolo alla storia stessa, e attorno alla quale ruota il messaggio del racconto.



Caratterizzazione dei personaggi:
Il tuo protagonista è un tranquillo uomo di mezz’età, innamorato di sua moglie e dei suoi tre figli.
Di lui sappiamo che è un meccanico come suo padre (uomo che ammirava e amava moltissimo, anche se non è mai riuscito a dimostrarglielo come avrebbe voluto), che vive nella stessa cittadina di quando era ragazzo e che è muto dalla nascita.
Loris non si è mai fatto fermare dal proprio mutismo, non se ne preoccupa e ha un carattere abbastanza forte da sapere che non è qualcosa di cui vergognarsi – o di cui chiedere scusa, come gli ha insegnato suo padre.
Non gli pesa la sua vita di forzato silenzio, ma invece il mutismo di sua figlia è un enorme fardello che si porta dentro: sa di essere la causa di questo deficit, perché è da lui che Léona ha preso la malformazione alle corde vocali, e il senso di colpa continua a tormentarlo lento e costante, perché come ogni padre vorrebbe solo il meglio per sua figlia, ma proprio a causa sua invece lei al meglio non potrà aspirare (o così lui crede).

Léona è il secondo personaggio più importante della storia.
È un’allegra ragazza di diciassette anni, che ama andare a nuotare con le amiche, che adora il suo cane e ne è adorata di rimando, che sbuffa quando deve esercitarsi al pianoforte e che è imbarazzata dalle dimostrazioni di affetto dei suoi genitori.
È muta anche lei, come suo padre, e come lui non ritiene il proprio mutismo fonte di problemi: è semplicemente la sua natura, e lo accetta come tale.

Di Eloi ed Etienne non sappiamo praticamente nulla (anche perché non sono mai presenti nella scena), mentre Audrey ci viene presentata come una donna solare e molto bella; ama chiacchierare e cantare con quella che Loris definisce “la voce dei suoi sogni”, ed è anche molto colta.

Un personaggio secondario ma molto importante è il padre di Loris: un uomo semplice ma con solidi principi, che gli ha insegnato a non farsi mettere i piedi in testa e a non vergognarsi mai di ciò che è, perché essere muti non è né una colpa né tantomeno qualcosa di cui ci si debba scusare.
Secondo me, probabilmente è soprattutto merito suo, se Loris è riuscito a vivere serenamente la sua condizione.



Stile e trama:
Sia lo stile che la trama hanno un’impronta semplice, quotidiana e colloquiale: la sintassi è ricca di coordinate, i periodi – che siano più o meno lunghi – si susseguono sempre con estrema chiarezza e il lessico è quello di tutti i giorni, perfetto per raccontare questo spaccato di vita familiare.

La routine di fine giornata inizia con il viaggio in scooter fino a casa, dove Loris viene accolto prima dal cane e poi dalla sua famiglia. È solo quando inizia a parlare a gesti con Lunettes che il lettore si accorge del suo mutismo, e questo particolare apparentemente banale secondo me è invece molto interessante: come dice lo stesso Loris, la sua è una condizione niente affatto evidente, e che in situazioni in cui non è necessario parlare passa tranquillamente inosservata.

Ho apprezzato molto la cura dei dettagli per quanto riguarda il linguaggio dei segni e tutto ciò che gli è connesso, compreso l’accenno alla comunità della provincia e ai nomi che Loris e sua figlia hanno nel linguaggio dei segni. In tutta onestà, sono felice di ammettere di aver imparato qualcosa di nuovo, perché proprio non avevo idea che potesse esistere quest’eventualità.

Il ricordo della nascita di Léona – e della conseguente scoperta del suo mutismo – accompagna il lettore fino al primo confronto padre-figlia.
E, di nuovo, l’unica cosa che risalta all’occhio è la normalità di tutta la scena: domande e risposte, sbuffi e risatine; tutto perfettamente naturale, proprio come dev’essere.

Il ricordo dei problemi che ha avuto Loris in passato per colpa di persone che non comprendevano né lui né il suo deficit arriva in punta di piedi e in punta di piedi se ne va, lasciandosi dietro solo il messaggio del padre: “non ti azzardare mai più a scusarti per essere muto”.

Una parte importante in questa storia è dedicata agli acquari, grande passione di Loris e molto apprezzati anche da Léona. Inizialmente vengono presentati di sfuggita, come un semplice ornamento, ma con lo scorrere della narrazione assumono sempre più importanza.

E alla fine, grazie a sua figlia, Loris finalmente riesce a mettere a tacere quel senso di colpa che lo coglie ogni volta che quella vocina dentro di lui gli dice che è colpa sua se la sua bambina è così, è colpa sua se avrà la vita più difficile degli altri.

Perché nonostante la sua giovane età Léona ha già imparato ad accettarsi per come è, come e forse anche più di quanto abbia mai fatto suo padre, e grazie a lei Loris impara finalmente che, nella loro imperfezione, loro sono perfetti. Proprio come i pesci.



Gradimento personale:
Questa storia apparentemente semplice racchiude un intero microcosmo di emozioni, pensieri e ricordi: è uno spaccato di vita familiare tanto realistico da essere commovente, e mi è davvero piaciuta moltissimo.




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10/10/2016 23:53
 
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Colpo di Fulmine
Colpo di Fulmine di Alice_Stillmann


Valutazione


Titolo:
Il titolo non è molto originale, ma di certo attira l’attenzione del lettore.
Inoltre mi è piaciuto molto che tu gli abbia dato una doppia valenza, letterale e metaforica:
- I tuoni (e quindi i fulmini veri) sono importanti perché rappresentano sia la paura più grande di Cristina sia il motore di quello che è stato il primo incontro tra i due protagonisti.
- Metaforicamente, ovviamente, si ha questa storia che ancora non è d’amore ma ci somiglia tanto e che inizia in modo repentino e del tutto inaspettato.


Sviluppo della scimmietta:
La scimmietta “non sento” è ben sviluppata: hai descritto accuratamente i pensieri, le paure e le emozioni del tuo protagonista, hai parlato di come lui vede se stesso e di come invece è visto dal mondo.
L’unica pecca, secondo me, sta nella scelta di far comunicare il tuo protagonista sempre e solo attraverso quelle parole che ormai non può più sentire: è vero che molti non udenti – soprattutto quelli che non lo sono dalla nascita – riescono a parlare anche fluentemente, ma è vero anche che per loro è uno sforzo non indifferente e avrei trovato opportuno che il tuo protagonista (e magari anche qualcuno di quelli che gli sono più vicini, come ad esempio il fratello) avesse imparato anche il linguaggio dei segni.


Uso dell’immagine:
L’immagine che hai scelto è molto ben utilizzata perché non solo i fulmini compaiono fisicamente nel racconto in più occasioni, ma sono anche motivo di profonda riflessione del protagonista (senza contare il “colpo di fulmine” vero e proprio che scatta tra Giulio e Cristina).


Caratterizzazione dei personaggi:
Lo stile di questa storia è incentrato prevalentemente nel narrare lo svolgersi delle azioni e i discorsi diretti: non c’è molto spazio per l’introspezione, e la caratterizzazione dei personaggi ne risente.

Nonostante sia l’indiscusso protagonista, di Giulio non sappiamo moltissimo: conosciamo la sua passione per i film muti in bianco e nero, che aiuta suo zio con vari lavori, ha un ottimo rapporto con suo fratello e con il proprio deficit.
È infatti diventato sordo a diciotto anni, ma si è impegnato molto e ora legge ottimamente le labbra e comunica sempre e solo attraverso le parole (anche se ti ho già detto quanto questo mi stoni).
Dopo l’incontro con Cristina, improvvisamente Giulio vede nella sua sordità un ostacolo insormontabile, e questo lo spinge inizialmente ad allontanarsi da lei.
È un ragazzo apparentemente forte, ma che dietro questa maschera nasconde una gran paura di soffrire e rimanere scottato. O almeno, secondo me è per questo che ha allontanato Cristina.

Lei, Cristina, è una ballerina bravissima, con una passione sfrenata per la danza e per la musica… e una gran paura dei tuoni.

Riccardo è un ragazzo tranquillo e gentile, un bravo fratello maggiore che cerca come può di aiutare il suo fratellino e vuole soltanto la sua felicità.

Lo zio è un uomo tranquillo, che vuol bene ai suoi nipoti ma che, forse per colpa dell’età, non riesce ancora a capire che per comunicare con Giulio è del tutto inutile alzare la voce o mimare le parole rendendosi ridicolo.


Stile e trama:
Prima di cominciare, ci tengo a farti notare alcuni errori presenti nella tua storia.

Errori grammaticali (sono solo due perché questi si ritrovano molto spesso, ma purtroppo ce ne sono anche altri quindi ti consiglio di ricontrollarla):
- Utilizzi E’ al posto di È; è un errore molto grave, perché il verbo essere alla terza persona singolare presente vuole l’accento, non l’apostrofo.
- Molto spesso nei passati remoti commetti l’errore di utilizzare la terza persona anziché la prima: “aprì” anziché “aprii”, “uscì” anziché “uscii” ecc.
- Parole come “finchè”, “perchè” e simili sono scritte con l’accento sbagliato: la dicitura corretta è “finché”, “perché” ecc.

Oltre a questo, un altro punto dolente sono i dialoghi… non per quello che ci scrivi, ma proprio per il modo in cui sono introdotti.
Ti faccio un esempio pratico riportando uno stralcio della tua storia.
<< Chi sei? >> chiesi: << Mi chiamo Cristina>>, rispose ancora un po' scossa: << Giulio, piacere di conoscerti>> dissi tendendole amichevolmente la mano: << Che ci fai qui a quest'ora Cristina?>>.
Il modo corretto invece è questo qui sotto.
<< Chi sei? >> chiesi.
<< Mi chiamo Cristina>>, rispose ancora un po' scossa.
<< Giulio, piacere di conoscerti>> dissi tendendole amichevolmente la mano.
<< Che ci fai qui a quest'ora Cristina?>>

Come puoi vedere ho eliminato i due punti e, soprattutto, sono andata a capo a fine periodo.

La mancanza di a capo è un altro errore piuttosto grave nella tua storia, perché crea l’effetto “muro di testo” che non solo scoraggia un possibile lettore, ma rischia anche di confondere quello che decide di cimentarsi nell’impresa.
La regola generale (che non vale per i dialoghi, di quelli ti ho parlato prima) è: bisogna andare a capo ogni qualvolta si presenta un netto cambio di argomento.
Ecco un piccolo esempio di come cambierebbe la tua storia (in meglio).
Versione originale:
Sbuffai, odiavo quel posto, ogni volta che entravo lì dentro respiravo tutti i sogni e le speranze che quei giovani ballerini riponevano inutilmente nel ballo. Mi facevano pena. Presi un taxi e mentre mi portava a destinazione guardai fuori. L'intensità della pioggia era aumentata e non accennava a smettere mentre lampi accecanti illuminavano la strada di tanto in tanto. Arrivai finalmente al palazzo che ospitava la palestra.
Versione corretta:
Sbuffai, odiavo quel posto, ogni volta che entravo lì dentro respiravo tutti i sogni e le speranze che quei giovani ballerini riponevano inutilmente nel ballo. Mi facevano pena.
Presi un taxi e mentre mi portava a destinazione guardai fuori. L'intensità della pioggia era aumentata e non accennava a smettere mentre lampi accecanti illuminavano la strada di tanto in tanto.
Arrivai finalmente al palazzo che ospitava la palestra.


Detto questo, passiamo alla valutazione vera e propria.

Lo stile è diretto e colloquiale, con una sintassi semplice ricca di coordinate prevalentemente per asindeto.
A tal proposito, ho notato che tendi a utilizzare la virgola indiscriminatamente, anche quando invece sarebbero necessari altri segni di punteggiatura per favorire la scorrevolezza della narrazione.
Es.
- Alzai gli occhi al soffitto, quella ragazza si comportava troppo da bambina e stavo cominciando a innervosirmi, ma sfogarmi con lei non sarebbe servito a nulla. --> Due punti o punto e virgola.
- Il volto era serio, come se stesse dormendo, era la sonnambula più bella che avessi mai visto. --> Punto fermo o punto e virgola.

Il lessico è quotidiano, semplice, perfetto per una storia in prima persona: utilizzare termini ricercati avrebbe minato la verosimiglianza del racconto.

Il ritmo della narrazione è costante e sostenuto, prosegue tranquillo dall’inizio alla fine senza intoppi né brusche accelerazioni, e questo contribuisce a rendere piacevole la lettura che scorre fluida attraverso tutto il racconto.

Dopo una rapida introduzione, la storia entra subito nel vivo presentando la seconda protagonista: Cristina.
Il primo incontro di Cristina e Giulio è molto dolce e romantico, quasi da commedia americana, ed è subito evidente che tra i due c’è un certo feeling.
Mi è piaciuto come Giulio, nonostante non riuscisse a sentire quei tuoni che spaventavano tanto Cristina, sia riuscito a mettersi nei suoi panni e l’abbia spronata a combattere la sua paura affidandosi alla sua grande passione per la musica.
E poi c’è la scena in cui Cristina si abbandona alla musica e balla illuminata solo dai lampi… è un’immagine veramente splendida, davvero, mi è piaciuta tantissimo.
Purtroppo però questo primo incontro termina in modo molto brusco, perché per la prima volta da tanto tempo Giulio, dopo averla vista danzare, si ritrova a vedere un grosso ostacolo nella propria sordità, e ne è così sconvolto da sentire la necessità di allontanarsi subito da lei.
Personalmente, ritengo che questa reazione (anche se forse un po’ esagerata, ma d’altro canto ognuno reagisce a modo suo a scoperte del genere) sia comprensibile.

Invece trovo assurdo che, al secondo incontro, Giulio scappi esattamente allo stesso modo ed esattamente per lo stesso motivo, e cioè “io non sento il rumore dei tuoni, non capisco la tua fobia e quindi non posso aiutarti a superarla”.
In tutta sincerità, credo che tu ci abbia calcato un po’ troppo la mano: è una cosa verissima, non dico di no, e durante il loro primo incontro come ho già detto è anche verosimile che questa improvvisa considerazione l’abbia sconvolto al punto da andarsene in tutta fretta… ma secondo me non è qualcosa di così significativo da poter condizionare la vita di qualcuno.
Avrei trovato più sensato che la allontanasse semplicemente perché i loro mondi (quello di lei pieno di musica, quello di lui sempre silenzioso) sono troppo diversi, anziché tirare di nuovo fuori lo stesso discorso quando nessuno durante il secondo incontro aveva parlato dei tuoni, e Cristina di certo non aveva preteso da lui che fosse il suo “salvatore”.
Inoltre tutta la scena sembra troppo teatrale: considera che questi due ragazzi si sono visti un’unica volta, quindi utilizzare toni così forti (“credi davvero che di te mi importi qualcosa?”) e tirare in ballo argomenti così pesanti (“non ero un eroe, un salvatore”) rende il tutto un po’ forzato agli occhi del lettore.

Subito dopo torna in scena Riccardo, che avevamo incontrato brevemente prima del secondo incontro con Cristina.
Si vede subito che il rapporto tra Riccardo e Giulio è molto stretto: si vogliono bene e si aiutano a vicenda… e Riccardo, da bravo fratello maggiore, si sente in diritto/dovere di fargli una bella lavata di capo quando viene a sapere che Giulio ha allontanato malamente Cristina.
E forse è anche grazie a lui che Giulio finalmente si decide a mettere da parte le sue paure e farsi avanti… o forse invece è perché la paura che Cristina possa partire per l’America senza che lui abbia avuto la possibilità di chiarirsi lo spaventa più di tutto il resto (anche se non lo ammette nemmeno con se stesso).

Quando finalmente Giulio si decide ad andare da Cristina le cose iniziano a risolversi per il meglio: lei lo rassicura sul fatto che la sua sordità non è assolutamente un problema, e che nonostante non possa capire la sua paura Giulio è l’unico che può aiutare lei a superarla.
Come ti ho già detto non condivido la scelta di continuare sulla strada del superamento di questa fobia, ma dal momento che ne hai fatto una costante direi che non c’è molto da aggiungere.

Il fatto che il giorno della famosa prova di Cristina ci sia una tempesta coi controfiocchi non è certo originale, ma secondo me fa parte di quei cliché che se ben utilizzati (come in questo caso) non vengono mai a noia… proprio come la folle corsa di Giulio per andare da lei, per darle il supporto morale che le ha promesso il giorno in cui si sono riconciliati.
È davvero molto dolce e tenera la scena di Giulio che coccola e consola una Cristina sull’orlo di una crisi di “panico da tuoni”, e quando alla fine, come nella più classica delle commedie, lei riacquista fiducia in se stessa e lo bacia, è impossibile non sorridere di gioia riflessa.

Ora però devo farti un appunto antipatico: la scena di Giulio che spenge tutte le luci per mostrare ai presenti quant’è bella Cristina che balla al chiarore dei fulmini è molto suggestiva, sono d’accordo (dopotutto io stessa ho amato quell’immagine, nel loro primo incontro)… ma è completamente folle e assolutamente inverosimile. Insomma, secondo te con in palio una borsa di studio per l’America, e quindi con fior fiore di giudici e personalità rilevanti in sala – con tanto di servizio d’ordine e forse persino qualche poliziotto – gli avrebbero permesso di fare una cosa del genere? E, in caso fosse comunque riuscito a raggiungere gli interruttori, non credi che la reazione più realistica sarebbe stato fermare tutto per capire cosa stesse succedendo e riportare la situazione alla normalità?
Capisco le licenze poetiche, davvero, ma questa scena non può essere inserita in un contesto realistico come quello in cui tu hai ambientato la storia, perché non è verosimile.

A parte questa piccola parentesi, il gran finale con tutto il palazzetto che applaude la splendida esibizione di Cristina forse non è molto originale, ma non importa: in fondo i lieto fine si assomigliano un po’ tutti, e ci piacciono così come sono.



Gradimento personale:
Questa storia mi ha lasciato opinioni contrastanti, ma nel complesso direi che mi è piaciuta: adoro sia la danza che il romanticismo, e leggere una storia che mette insieme queste due mie passioni mi ha fatto molto piacere.




[Modificato da rhys89 11/10/2016 00:03]

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10/10/2016 23:59
 
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Discorso post-risultati
Eccomi di nuovo qui ^^
Spero che le valutazioni siano di vostro gradimento... ma adesso è il momento di assegnare i premi speciali per quelle storie che, a mio personalissimo parere, si sono distinte tra le altre.

Ho deciso di consegnarne 3, i "premi scimmietta":
- Il Premio Scimmietta "non vedo" è assegnato a La notte in cui la bambina che profumava d'inchiostro incontrò il ragazzo che profumava di legno, di _only_hope.
- Il Premio Scimmietta "non sento" è assegnato a Never knew I was a dancer di ikdrugens (madelifje).
- Il Premio Scimmietta "non parlo" è assegnato a Perfezione d'un pesce di Rhona.

Ciascun premio speciale consiste nel banner personalizzato per la storia in questione.

Bene, direi che ora è davvero tutto, quindi vi saluto e vi lascio la parola.

A presto!
rhys89

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11/10/2016 00:30
 
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Re: The dark side of love
rhys89, 10/10/2016 23.46:

The dark side of love di Lady.EFP (_MiledyStar_)


Valutazione


Titolo:
Personalmente non mi piacciono molto i titoli in lingua straniera, a meno che non ci sia un motivo particolare per non utilizzare l’italiano (e in questo caso non ne trovo), inoltre devo ammettere che non è dei più originali.
Tuttavia è comunque accattivante, attira l’attenzione del lettore e lo lascia in sospeso fino alla fine, quando finalmente si chiarisce che cos’è questo “lato oscuro” che tira le fila di tutta la storia.



Sviluppo della scimmietta:
In questa tua storia lo sviluppo della scimmietta “non vedo” è piuttosto carente: si intuisce nell’ultima parte, ma se non fosse stato per le domande retoriche “Quante volte ho fatto finta di non sapere di chi fosse quel corpo nascosto da un sottile velo candido? / Quante volte mi sono comportato come una di quelle stupide scimmiette che si mettono le mani sugli occhi pur di non accettare le ovvietà della vita?”l’argomento della cecità metaforica sarebbe potuto facilmente passare inosservato.
È vero che la storia è molto breve, ma avrei preferito che tu ti fossi soffermata un po’ di più su quello che doveva essere il punto di forza della tua storia, e che invece è soltanto accennato.



Uso dell’immagine:
L’immagine è ben utilizzata e il luogo presente in essa è contestualizzato ottimamente nella storia: è descritto all’inizio, in quel sogno/incubo del protagonista, viene messo da parte per un po’ e poi, quando il lettore non ci pensava più, rientra in scena per il gran finale.



Caratterizzazione dei personaggi:
In questa breve storia, l’unico personaggio ad avere una qualche caratterizzazione è il protagonista, Drew… ma anche di lui riusciamo a capire ben poco.

Nella prima parte della storia lo vediamo come un uomo molto suggestionabile, che nonostante cerchi di convincersi che il suo incubo non ha fondamento ne è comunque spaventato; capiamo anche che è fidanzato con un ragazzo presumibilmente più giovane di lui e di cui è molto innamorato.

È anche un medico, a quanto pare, e per qualche motivo quando si trova davanti il corpo senza vita del suo ragazzo lascia intendere al lettore che quel sogno iniziale non è stato l’unico, ma ce ne sono stati altri che gli hanno dato indizi che lui non ha voluto ascoltare.

La parte che secondo me lo caratterizza meglio, dandogli profondità, è quella riflessione finale davanti alla lapide di James: qui Drew si rende conto che la rabbia per quell’uomo che ha amato è ormai svanita, e riesce in qualche modo non a perdonarlo (questo non sarebbe verosimile), ma almeno a comprenderlo e a rassegnarsi per la morte di quel ragazzo che, come dice lui stesso, è stato e sempre sarà l’altra metà del suo cuore.



Stile e trama:
Lo stile è fluido e la sintassi ben curata, ricca di frasi brevi che danno un ritmo incalzante al racconto ma con alcuni periodi più corposi che rallentano la lettura nei punti giusti, consentendo al lettore di riprendere metaforicamente fiato prima di rigettarsi a capofitto nella storia.

Anche il lessico è adeguato al contesto: è il vocabolario che potrebbe tranquillamente avere un uomo come Drew, e dato che la storia è scritta in prima persona questo particolare è molto importante.

Per quanto riguarda la trama, invece, iniziano le dolenti note.

Nonostante il sogno vero e proprio rappresenti soltanto le poche righe dell’inizio, tutta la storia sembra un unico, grande delirio onirico: le vicende si susseguono senza alcuna logica apparente, una serie di immagini ed emozioni vive ed intense che però il lettore non riesce a capire perché c’è un retroscena che gli viene completamente taciuto e che gli impedisce di seguire il filo logico della trama.

Perché (ad esempio) non basta dire “Axel è morto per me” e poi lasciar intendere, nelle battute finali, che è stato ucciso dall’ex del protagonista per rendere chiara la situazione, al contrario: un’affermazione così netta genera solo ulteriore confusione, se non si conosce il ragionamento che l’ha portata alla luce.

Inoltre un appunto tecnico: i diversi paragrafi, in particolare se tra essi c’è un salto temporale (che sia di poche ore o di mesi non fa differenza), vanno separati in qualche modo per permettere al lettore di capire graficamente che si sta passando da una scena all’altra… esattamente come hai fatto tra la scena della telefonata e quella del riconoscimento del cadavere (e davvero non capisco perché hai inserito un separatore soltanto lì).
Es. Non mi resta altro da fare che tornare a dormire e non pensare più a quello stupido sogno... in fondo non è altro che questo: un sogno.
Sento suonare il cellulare, mi allungo sul comodino e rispondo senza neppure controllare chi mi stia chiamando alle tre del mattino.

In questa parte il logico collegamento che fa il lettore è che la scena del cellulare che suona sia avvenuta poche ore dopo il sogno, invece andando avanti scopre che sono passati come minimo alcuni giorni e questo lo destabilizza.

La trama di base sarebbe interessante, anche se non originale (l’ex che uccide l’attuale compagno non è proprio una cosa nuova), ma secondo me non è sviluppata bene: la storia di per sé è molto breve, e in questo poco spazio tu inizi col raccontare il sogno di Drew, subito dopo arriva quella telefonata che lascia presagire il peggio, il riconoscimento del cadavere, il funerale e la riflessione finale di Drew davanti alle lapidi dei due uomini che ha amato.

Mi sono piaciuti particolari come la riflessione di Drew sul fatto che Axel quando dorme dimostri la sua giovane età mentre da sveglio vuole a tutti i costi “fare l’adulto”, e anche quando si chiede se è stato giusto seppellire Axel e James nello stesso giorno: sono piccole cose che però aiutano non poco il lettore ad immedesimarsi nella testa del protagonista – e quindi nella sua storia.

Avrei preferito, che parti del genere fossero la regola, e non l’eccezione: concedere al lettore più spiegazioni, o anche solo un’infarinatura generale condita di altri piccoli dettagli come questi, gli avrebbe permesso di seguire senza fatica il filo narrativo e, di conseguenza, di apprezzare molto di più il racconto.

Nelle tue note hai detto di aver provato a descrivere come si sente una persona quando si vede crollare il mondo sotto i piedi. Ebbene, se vuoi saperlo i pensieri di Drew rendono abbastanza bene l’idea perché sono molto toccanti e verosimili, ma se fossero stati inseriti in un contesto più chiaro sarebbero stati di gran lunga più efficienti.

Sono convinta che questa storia abbia veramente un buon potenziale, ma così com’è adesso non riesce ad esprimerlo: è come se fosse soltanto rozzamente intagliata nella roccia – tanto per rimanere in tema con quel parco che è così importante per la trama – da uno scultore volenteroso che poi, per qualche motivo, ha deciso di lasciarla incompleta, con i tratti abbozzati e troppe domande senza risposta.



Gradimento personale:
Mi dispiace dirlo, ma allo stato attuale questa storia non mi è piaciuta molto: ho apprezzato la prima parte, in particolare la dolcissima scena di Axel e Drew, ma poi ho perso il filo del discorso e questo mi ha impedito di godermi il resto del racconto.







Ciao e grazie mille per il tuo giudizio.
Sono felice di essere riuscita a descrivere al meglio l'immagine, avevo paura di non riuscirci, mi dispiace non essere riuscita a trasmettere l'idea metaforica della scimmietta che non vede. Solo ora che me lo fai notare tu visto che non mi ero resa conto che nella storia tra il risveglio di Drew a causa dell'incubo e la telefonata dall'ospedale ho fatto intendere diversamente dalla mia idea... grazie comunque per il giudizio, appena posso la rivedo e la faccio betare.
Grazie ancora
Baci

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11/10/2016 09:26
 
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Grazie per la tua valutazione accurata, seguirò i tuoi consigli
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11/10/2016 16:04
 
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Ciao, rhys. L'idea del valutare senza una classifica, mi fa sentire più una persona che un numero e questo è molto positivo.
La tua valutazione mi è piaciuta, ti ho trovata precisa ed esaustiva.
C'è da dire che quasi non ricordavo la storia per quanto fosse lontana, il che ovviamente non vuole essere un rimprovero, poiché è una cosa che comprendo: la vita è fatta di imprevisti. Ciò per cui ti biasimo è innanzitutto il fatto che ad agosto sei scomparsa, lasciando la scaletta intatta e dicendo di avere problemi solo quando sono state richieste tue notizie. Inoltre anche settembre è stato problematico per te, questo non può che dispiacermi, ma avrei preferito che tu abbandonassi il contest. Il motivo è che la tua vita privata è molto più importante di un paio di valutazioni e credo che qualsiasi sia il provvedimento che prende il forum in certi casi, avresti dovuto lasciar perdere. Sinceramente da una parte vorrei lodarti per aver comunque portato a termine il contest, dall'altra trovo che sarebbe stato non soltanto comprensibile ma quasi anche ammirevole se tu, comprendendo che la tua vita privata non ti permetteva il proseguimento, avessi rinunciato. Avresti avuto del tempo in più per riposare e magari in futuro, se ti andava, lasciarci dei commenti, quando le cose si sarebbero sistemate.
Hai fatto una scelta, comunque vada e mi fa piacere che tu abbia saputo rispettare il tuo ultimatum.
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11/10/2016 21:28
 
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Re: Re: The dark side of love
Lady.EFP, 11/10/2016 00.30:


Ciao e grazie mille per il tuo giudizio.
Sono felice di essere riuscita a descrivere al meglio l'immagine, avevo paura di non riuscirci, mi dispiace non essere riuscita a trasmettere l'idea metaforica della scimmietta che non vede. Solo ora che me lo fai notare tu visto che non mi ero resa conto che nella storia tra il risveglio di Drew a causa dell'incubo e la telefonata dall'ospedale ho fatto intendere diversamente dalla mia idea... grazie comunque per il giudizio, appena posso la rivedo e la faccio betare.
Grazie ancora
Baci



Grazie per aver risposto! [SM=g27987]
Mi dispiace che il giudizio non sia stato molto positivo, ma sono felice che tu l'abbia apprezzato comunque ^^

A presto!
rhys89

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11/10/2016 21:29
 
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Re:
Leonie.1979, 11/10/2016 09.26:

Grazie per la tua valutazione accurata, seguirò i tuoi consigli



Grazie per aver risposto! [SM=g27987]

A presto!
rhys89

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11/10/2016 21:34
 
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Re:
Lady Io, 11/10/2016 16.04:

Ciao, rhys. L'idea del valutare senza una classifica, mi fa sentire più una persona che un numero e questo è molto positivo.
La tua valutazione mi è piaciuta, ti ho trovata precisa ed esaustiva.
C'è da dire che quasi non ricordavo la storia per quanto fosse lontana, il che ovviamente non vuole essere un rimprovero, poiché è una cosa che comprendo: la vita è fatta di imprevisti. Ciò per cui ti biasimo è innanzitutto il fatto che ad agosto sei scomparsa, lasciando la scaletta intatta e dicendo di avere problemi solo quando sono state richieste tue notizie. Inoltre anche settembre è stato problematico per te, questo non può che dispiacermi, ma avrei preferito che tu abbandonassi il contest. Il motivo è che la tua vita privata è molto più importante di un paio di valutazioni e credo che qualsiasi sia il provvedimento che prende il forum in certi casi, avresti dovuto lasciar perdere. Sinceramente da una parte vorrei lodarti per aver comunque portato a termine il contest, dall'altra trovo che sarebbe stato non soltanto comprensibile ma quasi anche ammirevole se tu, comprendendo che la tua vita privata non ti permetteva il proseguimento, avessi rinunciato. Avresti avuto del tempo in più per riposare e magari in futuro, se ti andava, lasciarci dei commenti, quando le cose si sarebbero sistemate.
Hai fatto una scelta, comunque vada e mi fa piacere che tu abbia saputo rispettare il tuo ultimatum.



Grazie per aver risposto! [SM=g27987]
So che non mi sono comportata correttamente con voi e che vi ho fatto aspettare a lungo, e capisco che tu possa biasimarmi, ma è proprio per questo che alla fine mi sono fatta quasi violenza per riuscire a terminare questo contest: ho "subito" io stessa l'abbandono di molti giudici in contest a cui partecipavo, e poi è sempre un casino immenso trovare un giudice sostitutivo, senza contare che il metodo di valutazione cambia di volta in volta e quindi per voi ci sarebbero stati problemi su problemi. Per questo, e solo per questo, io non ho abbandonato il contest, perché in tutta sincerità avrei pure potuto usare la wild card e lasciarvi in alto mare senza nemmeno l'ombra di un provvedimento da parte dell'amministrazione. Sarebbe stato mio diritto. Invece non l'ho fatto, per correttezza nei vostri confronti. E in tutta sincerità non mi ha fatto piacere sapere che per te "sarebbe stato non soltanto comprensibile ma quasi anche ammirevole se tu, comprendendo che la tua vita privata non ti permetteva il proseguimento, avessi rinunciato."

Comunque peace & love, spero che in ogni caso il giudizio ti abbia soddisfatto.

A presto!
rhys89

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14/10/2016 14:19
 
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Re: Falling from the sky, achieving freedom
rhys89, 10/10/2016 23:42:

Falling from the sky, achieving freedom di iaia86@


Valutazione


Titolo:
Onestamente non mi piace la scelta di dare a storie in italiano titoli (specie se titoli lunghi) in lingua straniera senza motivi particolari (legati ad esempio alla trama): secondo me questo cambiamento non aggiunge nulla, anzi, mi infastidisce proprio… ma questo ormai è risaputo, e non mi ci soffermo oltre.
Il significato del titolo invece mi è piaciuto molto: è davvero molto particolare, poetico e malinconico al punto giusto per incuriosire il lettore e invogliarlo a leggere la storia.



Sviluppo della scimmietta:
La trama della tua storia è molto corposa, ricca di informazioni e colpi di scena, e la scimmietta “non parlo” passa inevitabilmente in secondo piano: con tutti i problemi che ci sono, il fatto che qualcuno sia senza voce non è qualcosa di cui preoccuparsi più di tanto.
Inoltre, il tuo protagonista è molto più turbato dalle cirostanze in cui ha perso la voce, che dalla perdita in sé… anche se ho apprezzato che abbia trovato da solo un modo alternativo per comunicare con quei pochi che gli stanno veramente a cuore.
A conti fatti, anche se avrei preferito che ti fossi soffermata di più su di lui e su quello che prova per questa mancanza, direi che comunque hai rispettato le indicazioni del contest.



Uso dell’immagine:
L’immagine è descritta accuratamente (mi ha colpita che tu abbia citato persino quel pezzettino di filo spinato che si vede ai margini della pozza) e ben contestualizzata all’interno della storia.



Caratterizzazione dei personaggi:
In questa storia ci sono davvero tanti personaggi (molti di più della media delle storie relativamente brevi che sono abituata a leggere), compresi due protagonisti. Iniziamo proprio da uno di loro, il primo che viene presentato.

Nel prologo Nijem è un ragazzino di soli dodici anni, tanto spaventato da quel futuro che altri avevano scelto per lui da volergli sfuggire – e tanto sveglio e determinato da riuscirci.
In questa prima parte si toccano quasi con mano i sentimenti misti di paura e speranza del protagonista, e inoltre mi è piaciuto molto come hai sottolineato (quando sbarra un solo accesso alla stanza dei paracaduti per poi fuggire dall’altro) che, nonostante le apparenze, Nijem rimane un ragazzino di dodici anni, e come tale ha ancora “l’innocenza della sua età”.

Quando lo ritroviamo nel secondo capitolo sono passati ben tredici anni. Ormai Nijem è un giovane uomo che di innocente non ha più nulla, ancora provato da quella fuga che gli è costata la voce e una gamba. È evidente che adesso è abituato a lottare per la sopravvivenza, e anche che questa lotta l’ha reso cinico e apparentemente insensibile alle sofferenze altrui.
Una cosa che mi ha lasciato perplessa è la sua collezione di mandibole, non per il dettaglio macabro in sé (questi son gusti), ma perché nonostante sia una cosa non da poco la butti lì come se niente fosse, senza spiegare il perché sia nata quest’insana mania (che tra l’altro, visto che ne ha soltanto due, si potrebbe presumere essere recente… oppure no?). Senza contare che poi la citi un’unica altra volta (nella descrizione di lui dal punto di vista di Iaria) e mai più. Sinceramente questo non mi è piaciuto, avrei preferito qualche spiegazione in più su questa sua “collezione” – oppure che non l’avessi proprio tirata in ballo.
Invece ho molto apprezzato la sua reazione quando si rende conto che la donna che ha appena portato al suo rifugio altri non è che la soldatessa che tredici anni prima l’ha privato della voce: questa improvvisa scoperta riporta a galla tutta la paura di un Nijem ragazzino, e ho trovato estremamente naturale che si sia fatto prendere momentaneamente dal panico visto tutto il carico emotivo che gli è piombato addosso.

Vederlo nel terzo capitolo attraverso gli occhi di Iaria inizialmente disorienta un po’, perché sembra quasi più bestia che uomo. Un “selvaggio”, come lo descrive lei stessa, e un nemico… eppure anche dietro questa patina di diffidenza e paura vediamo il vero Nijem, quello che, nonostante le apparenze e con modi decisamente poco ortodossi, si adopera per salvare la vita di quegli estranei senza chiedere nulla in cambio.

Nel quarto capitolo sembra un uomo completamente diverso: una volta tornato in un ambiente sicuro ha abbassato le sue difese, e quindi lo vediamo più rilassato, tanto da concedersi qualche minuto per ammirare il cielo attraverso una pozzanghera, perdendosi nei suoi pensieri.
Inoltre, per la prima volta dal prologo, ritroviamo un’ombra di quell’ingenuità che aveva da ragazzino nelle sue reazioni impacciate agli approcci di Richard: nonostante sia un uomo, ormai, sappiamo dalle parole di Mariat che finora non aveva avuto esperienze in campo sentimentale (probabilmente troppo concentrato sul fuggire al passato e lottare per un futuro incerto), quindi è verosimile che questa sua esuberanza l’abbia colto di sorpresa.
Mi ha colpito positivamente anche il modo in cui risalta il contrasto tra il Nijem che abbiamo visto finora e quello che si rapporta con Vasna e Mariat: con loro tutti i suoi muri crollano, e finalmente riusciamo a intravedere quegli aspetti quotidiani (come le amichevoli prese in giro e i rimproveri bonari) che finora ci erano preclusi.
Ultimo ma non ultimo, ho trovato molto verosimile la reazione sconvolta di Nijem quando scopre, dalle parole di Iaria, che sua madre era perfettamente consapevole del destino a cui l’aveva mandato incontro e da cui era fuggito… anzi, era d’accordo con loro, con i suoi aguzzini.

Nel quinto capitolo torna il Nijem guerriero, e nel sesto lo vediamo combattivo anche se frastornato: è distrutto dalla morte dei suoi amici, e dentro di sé vorrebbe avere più tempo per piangerli e magari dar loro degna sepoltura… ma la vita ormai l’ha forgiato abbastanza da sapere che in battaglia non può permettersi cose del genere, e per quanto dura possa essere deve alzare la testa e andare avanti, combattendo con tutto se stesso per cercare di sopravvivere.
Il capitolo si chiude con Nijem che decide di seguire Iaria per aiutarla a recuperare suo figlio. È una decisione controversa, questa, e mi ha positivamente colpito che abbia deciso di tornare nei luoghi che popolano i suoi incubi non tanto per aiutare lei, ma soprattutto perché vuole fare tutto il possibile per risparmiare ad altri ragazzi innocenti le sue stesse sofferenze. Mi è piaciuto perché se avesse deciso di esporsi così tanto solo per Iaria sarebbe sembrato forzato… insomma,va bene che ormai sono alleati, ma si conoscono da pochissimo tempo mentre per tredici lunghi anni l’ha vista come il demone che gli ha rubato la voce, e rischiare la vita per una persona del genere non l’avrei trovato verosimile.
Anche la sua reazione di fronte alle capsule di crioconservazione mi è piaciuta molto: un misto di angoscia per ciò che gli ricordano e impotenza perché, nonostante tutti i suoi sforzi, non riesce ad aprirle… per concludere con la risolutezza di chi accetta i suoi limiti, grato di essere almeno riuscito a salvare una di quelle vittime inconsapevoli.


Iaria la intravediamo al termine del prologo e della folle corsa di Nijem verso la libertà (anche se lo scopriamo soltanto in un secondo momento che si tratta proprio di lei) e poi nel primo capitolo la troviamo tredici anni dopo… esattamente come l’avevamo lasciata: è una soldatessa, è fiera di esserlo ed è brava in quello che fa.
Le è stato affidato il comando della missione e lei esegue gli ordini, seria e professionale: non si perde d’animo nonostante i nemici siano numericamente superiori, anzi, sprona perfino i suoi compagni ad attaccare per spianare la strada alla loro flotta.
Tuttavia, quando le cose volgono al peggio, la maschera cade e anche lei mostra il suo lato più umano: è in questo momento che si capisce quanto ancora tenga al padre di suo figlio (nonostante lei lo neghi con tutta se stessa), e anche ovviamente al suo equipaggio; è in questo momento che si lascia veramente andare, e urla tutto il suo dolore e la sua disperazione mentre cerca invano di scaricarle su chi le ha causate tramite il bazooka.

Quando riprende i sensi, nel capitolo tre, lo fa a causa di un urlo disumano, in un luogo a lei sconosciuto e con una ferita potenzialmente mortale al fianco… e nonostante tutto (forse per l’addestramento o forse per una sua personale straordinaria forza d’animo) riesce a mantenere il sangue freddo, tanto da ingaggiare una lotta impari con quello che crede suo nemico per raggiungere l’unica sua possibilità di salvezza.
Mi è piaciuto molto come, non appena riesce a mettersi in piedi dopo il brusco intervento di Nijem, si prodighi ad aiutare Vince: nonostante l’apparente freddezza Iaria è molto affezionata al suo equipaggio, e in questo frangente traspare in ogni gesto e parola che rivolge al compagno ferito.

Nel capitolo quattro non sappiamo granché di lei, se non che i suoi compagni l’ammirano e la rispettano (ma questo già era evidente nella prontezza e nella fiducia con cui sia Richard che Vince eseguivano i suoi ordini)… e che, alla fine, capisce la vera identità dello sconosciuto che li ha salvati. Capisce che quel giovane uomo è lo stesso che proprio lei ha cercato di uccidere tredici anni prima, perché così le avevano ordinato.

È una svolta importante che si ripercuote anche nel quinto capitolo, in cui Iaria si ritrova suo malgrado a mettere in discussione tutto ciò in cui aveva creduto fino a quel momento, e questo anche e soprattutto grazie a (o a causa di) Nijem, che a soli dodici anni ha avuto la forza di ribellarsi a quel sistema che a lei sembrava perfetto, ma forse invece… tanto perfetto non è.
Dopotutto lei stessa ha scoperto che sulla terra si può vivere tranquillamente, mentre le avevano sempre detto il contrario… ed è per quello che aveva accettato di offrire suo figlio per quel progetto che comincia a sembrarle sempre più assurdo.
Il dialogo con Vasna è molto toccante e profondo, ed è bello che le due donne riescano a parlare col cuore in mano di argomenti anche delicati, perché un sincero scambio di opinioni è alla base di ogni solida relazione… e loro hanno una relazione, a quanto pare, ma il lettore può intuirlo soltanto dalla frase “La sacralità insita in quella frase la fece rabbrividire, non la mano che lenta ma decisa si infilava sotto la sua blusa.”, perché fino a quel momento (e poi anche dopo) il loro rapporto è presentato né più né meno che alla stregua di un’affettuosa amicizia.
E, ti dirò, probabilmente l’avrei apprezzato di più. Non fraintendere, mi piacciono molto le coppie fem-slash ben sviluppate, ma in questo caso il voler sottolineare con quell’unica frase che tra loro c’è un qualcosa di tipo romantico mi è parso forzato, e avrei preferito che tu avessi magari lasciato le cose in sospeso, lasciando al lettore la facoltà di vederci ciò che preferiva.
Nella la disperazione di Iaria per la sua morte (che sarebbe stata ugualmente naturale in ogni caso, perché non ci si dispera solo per la perdita di un’amante, ma anche per quella di un’amica) e nella conseguente follia omicida vediamo la rinascita del comandante Keeric, che si affida al suo istinto di soldatessa per riuscire a sopravvivere in quella battaglia impari in cui si è ritrovata coinvolta suo malgrado.
E poi, al termine del capitolo, i ruoli di comandante e di madre si fondono, ed è una donna nuova quella che sta al comando dello Spec-T diretta all’AlphaDue: finalmente ha capito che non è quello il mondo in cui vuole far crescere suo figlio, ed è disposta a combattere con le unghie e con i denti per riuscire a sottrarlo al suo destino.

È sempre questa fusione di madre e comandante ad accompagnarci per tutto l’ultimo capitolo, durante la corsa sfrenata per salvare Nathan, e che alla fine sacrifica la propria vita senza rimpianto, consapevole di essere riuscita nel suo intento: dare a suo figlio la possibilità di vivere libero su quella Terra che l’ha tanto affascinata nel breve periodo in cui ha avuto modo di abitarci.


Due parole anche sui personaggi secondari principali (perdonami il gioco di parole), perché ciascuno, a modo suo, è stato fondamentale per lo sviluppo della trama:
- Richard: è un uomo forte e determinato, leale con gli amici e con una gran forza d’animo; è consapevole di essere stato fortunato a ricevere una seconda occasione dalla vita (grazie alla crioconservazione) ed è ben deciso a sfruttarla il più possibile.
- Vince: nonostante la sua giovane età è un valoroso soldato che nei momenti cruciali sa dare prova di sangue freddo e prontezza di spirito; anche lui è affezionato ai suoi compagni, e nella missione iniziale era disposto a rischiare la vita per tentare di salvare almeno la loro.
- Vasna: una giovane donna molto più matura di quanto si direbbe dalla sua età, leale (e spesso materna) con gli amici e altruista anche con gli sconosciuti; ha fatto dell’aiutare il prossimo la sua missione di vita, ed è stata disposta a morire per non venir meno ai suoi principi.
- Mariat: spensierato e incline allo scherzo, è l’unico (oltre a Richard) che riesce a far comportare Nijem come il venticinquenne che è con battutine e provocazioni; tuttavia nel momento del bisogno dimostra di saper essere un leader valido e leale, che nonostante fosse consapevole del pericolo ha rifiutato di tradire Iaria e gli altri, perdendo la vita.



Stile e trama:
Il tuo stile è fluido ed eterogeneo, con dialoghi quotidiani, minuziose descrizioni fisiche, resoconti di battaglie e altro ancora.
Il lessico è ricercato (senza però scadere nell’eccessivo) ed è sempre ben contestualizzato; la sintassi è ben curata, ricca di coordinate (prevalentemente per asindeto) che facilitano la lettura e rendono il testo sempre di immediata comprensione.

Ho però notato due errori ricorrenti che, in alcuni punti, interrompono la fluidità della lettura:
- Tendi ad andare a capo molto spesso, a volte anche dove non ce ne sarebbe bisogno (la regola vuole che si vada a capo – iniziando così un nuovo paragrafo – quando il discorso precedente è concluso e si cambia argomento). Es. In fondo, lui era solamente un ragazzino di dodici anni a cui molti dei complotti terrestri erano preclusi.
Neanche sapeva se fossero stati i suoi genitori a volerlo in quel luogo o se loro si fossero opposti a quello che lui aveva subito come un rapimento.
Aveva fatto buon viso a cattivo gioco, rispettando le regole e conformandosi al volere dei suoi aguzzini; questo finché non era arrivato il suo turno
- In molti casi unisci molte frasi semplici tramite punto fermo, e il testo risulta come frammentato. Es. Fu in quel momento che lo vide. Sul polso della sua mano brillava un bracciale a tecnologia micronica (3). Uguale a quello che indossava sempre sua madre.
- O, ancora peggio, si rischia “l’effetto elenco”, specie se tutte le frasi iniziano con un verbo. Es. Posò due dita sulla giugulare del soldato assodando il fatto che fosse vivo. Gli diede uno sguardo complessivo e notò immediatamente il grumo sanguinolento che era diventato il suo piede destro. Lo afferrò con forza sotto le ascelle, sollevandolo e iniziando a trascinarlo verso il suo rifugio a più o meno un chilometro di distanza.

Altri errori sporadici che ho notato sono l’eccesso di virgole in alcuni periodi (Poco più distante da dove si trovavano loro due, potè – ndg: poté – scorgere i capelli ramati della donna, che ora sapeva chiamarsi Iaria, che riposava apparentemente tranquilla sul lettino che le perteneva.) o, al contrario, troppo poche (Avrebbe voluto fargli presente che non lo aveva fatto per loro ma per se stesso e che non era il primo di quegli esseri che uccideva e che solo per colpa di quel dannato sostegno da manutenzionare la situazione si era capovolta.)


La trama è davvero originale e molto complessa… tanto che cercare di svilupparla in così (relativamente) poche parole non le ha certo giovato. In tutta onestà, ho avuto come l’impressione di leggere il riassunto (per quanto articolato e ben scritto) di una storia molto più corposa: sono presenti tutti i punti salienti della trama, ma manca gran parte dei dettagli, dei gesti quotidiani e di tutte le piccole cose di contorno che sembrano inutili, ma in realtà sono indispensabili.
Ad esempio servono per una più completa caratterizzazione dei personaggi, e poi sono necessari per rallentare un po’ laddove ce ne sia di bisogno, perché se è vero che nei tratti dove viene descritta la fuga o la battaglia è giusto che il ritmo della narrazione sia frenetico, nel resto della storia invece sarebbe stato meglio se le cose fossero andate con un po’ più di calma, per così dire: gli eventi si susseguono uno dietro l’altro quasi senza respiro, e il tutto risulta tanto affrettato che il lettore si ritrova come sballottato da una parte all’altra, il che gli impedisce di godersi appieno la storia.

Inoltre ci sono alcune questioni che in questa storia hai dato per scontate ma che, secondo me, non lo sono, e avrebbero invece avuto bisogno di qualche spiegazione in più. Ti faccio alcuni esempi:
- L’imboscata in cui Iaria, Richard e Vince cadono nel primo capitolo: chi li stava attaccando e perché? L’imboscata è per definizione qualcosa di programmato, il che lascia presupporre che i nemici sapevano che li avrebbero trovati lì, quindi cos’è successo? C’è stata una fuga di notizie o una qualche spia interna?
- Perché il governo del cielo vuol far credere a tutti che sulla Terra non si può vivere? Ed è una menzogna totale o effettivamente ci sono dei problemi? C’è una qualche guerra in corso tra cielo e Terra?
- Questo “Progetto Ripopolazione Terra”, con conseguente crioconservazione dei ragazzi, è davvero volto al bene futuro della razza umana, o c’è qualcos’altro sotto?
- Cos’è questa “città di controllo” in cui si sono rifugiati Nijem e gli altri? E che significa che loro sono “l’ultimo baluardo della resistenza”, come dice Vasna a Iaria?

Un’ultima cosa negativa e poi passo a parlarti di ciò che mi è piaciuto (perché non farti ingannare: la tua storia mi è piaciuta molto, è solo che ho preferito darti tutti i bocconi amari all’inizio per togliermi il pensiero).
Il finale non mi ha affatto convinta: dopo tutta quella lunga corsa per la sopravvivenza (e in generale la lunga corsa che è stata da inizio storia per arrivare qui) mi è parsa una chiusura troppo brusca, adatta magari al finale di capitolo ma non al finale vero e proprio; si avverte distintamente che manca qualcosa, come se il testo fosse incompleto.
Ora, io sono andata a guardare la storia pubblicata online e ho letto l’epilogo e so che in effetti il testo che mi hai mandato è veramente incompleto… ma se avessi dovuto dare un voto alla storia che mi hai presentato, avrei considerato il tuo finale insufficiente per i motivi che ti ho spiegato.


Ok, detto questo passiamo alla parte piacevole della valutazione.

Ho apprezzato moltissimo questa storia perché, errori a parte, l’ho trovata molto ben scritta e, soprattutto, molto originale.

Già nel prologo il lettore si ritrova catapultato nel vivo dell’azione, ed è partecipe di tutta la paura e l’emozione di questo piccolo protagonista in fuga verso la libertà.

Mi è piaciuta anche la tua scelta di raccontare come il protagonista maschile ha perso la voce, e anche e soprattutto quella di fare in modo che i due protagonisti fossero legati da un evento così negativo: solitamente (almeno nelle storie che ho letto io) se in una storia ci sono più protagonisti essi sono legati da sentimenti positivi quali amicizia e/o amore, mentre invece qui non sei caduta nel solito cliché.

L’ho trovato un particolare molto originale e inoltre, dando modo al lettore di entrare nella mente di entrambi, hai creato un interessante contrasto nella caratterizzazione: sia Iaria che Nijem sono personaggi positivi, ma entrambi vengono percepiti dall’altro, in un primo momento, come dei nemici, e quindi in modo totalmente negativo.

La storia tra Nijem e Richard aggiunge un tocco di romanticismo che non guasta mai, a mio parere, e anche se in un primo momento credevo che fosse stata troppo “frettolosa” (si conoscono, un paio di giorni dopo c’è il primo bacio e dopo un mese o poco più Nijem sente di essere innamorato), ad una seconda rilettura mi sono detta che… beh, ci sta. Dopotutto siamo in una situazione paradossale, e non è strano che in queste circostanze i rapporti interpersonali (siano di amore o di semplice amicizia) subiscano una notevole accelerata rispetto a quelli nati in un contesto quotidiano e privo di pericoli.

Richard stesso aggiunge un ulteriore punta di originalità ad una storia già originale di per sé: scoprire che in realtà lui è vissuto sulla Terra moltissimi anni prima ed è arrivato in questo tempo soltanto grazie alla crioconservazione inizialmente destabilizza, ma al contempo dà al lettore modo di vedere la cosa attraverso un secondo punto di vista, il che non guasta mai.

Infine, mi è piaciuto moltissimo il messaggio che si evince nel finale: un singolo uomo è apparentemente impotente di fronte a forze più grandi di lui, ma se nel suo piccolo riesce a cambiare la vita anche soltanto di un’unica persona è già una vittoria.



Gradimento personale:
Questa storia mi è piaciuta molto sia per la sua originalità sia per il modo in cui hai strutturato la narrazione (l’alternanza dei due punti di vista l’ha resa molto più dinamica e intrigante), ma continuo a credere che forzandola in un numero limitato di parole tu le abbia come tarpato le ali, impedendole di sviluppare al meglio tutte le sue potenzialità.






Wow! Che bellissima valutazione/recensione! Dettagliata, senza lasciar sfuggire nulla! Davvero grazie mille per l'impegno, visto e considerato anche il fatto che hai avuto casini.
Ti rispondo rapidamente ad alcune cose! Per quanto riguarda il titolo, sono abituata a scrivere in 3 lingue, quindi quando prendo in considerazione un titolo, spesso è nella lingua che uso di più in quel momento. Poi ci sono delle situazioni in cui delle parole di una lingua mi sembrano molto più pertinenti al mio pensiero di quelle in un'altra. Non penso che quel titolo in italiano avrebbe avuto lo stesso effetto. Avrei potuto cercare un'alternativa, ma forse non avrebbe avuto la stessa forza.
La collezione di mandibole ha tutta una side story nella mia testa che purtroppo in così poche parole non sono riuscita ad inserire.
Alla fine, credo che la pecca maggiore della storia sia che voleva essere un romanzo, ed invece avevo parole a sufficienza per un racconto lungo. Avevo tante, tantissime cose ancora da dire e raccontare e che sono rimaste impigliate nella mia mente senza poter essere espresse.
Chissà, magari riuscirò a riprendere le fila della storia e svilupparla in modo più convincente, sia per me che per i lettori!
Per quanto riguarda la relazione tra Vasna e Iaria, a causa dei tagli che ho dovuto fare alla storia per farla partecipare al contest, tutta la parte (ed era anche abbastanza dettagliata!) del modo in cui nasce e si sviluppa il loro rapporto è andata alle ortiche; avevo infatti pensato di eliminare il loro rapporto dalla versione che ho inviato a te, ma evidentemente ho dimenticato di cancellare la parte della mano sotto la blusa, causando solo un'enorme confusione! Comunque se vuoi puoi leggere il capitolo postato, che è l'integrale!
Io sono convinta che in momenti di "pericolo", come dici anche tu, tutte le emozioni vengano accelerate; per questo ho voluto dare la possibilità alla coppia Nijem/Richard di nascere.
Sono contentissima che la storia ti sia piaciuta, nonostante "tagli ed errori vari"! Se riuscirò a svilupparla meglio ti farò sapere [SM=g27988]

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Scendete per vedere il resto XD

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16/10/2016 19:21
 
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Ci sono, ci sono! Ciao!
Innanzitutto mi scuso per il ritardo con cui rispondo: ho letto il giudizio qualche giorno fa in un momento di pausa tra una lezione e l'altra in uni con il sorriso che si allargava sempre di più, ma poi tra un impegno e l'altro mi sono scordata di rispondere...
Comincio dicendoti un grande GRAZIE. Il giudizio dettagliato è valso tutta l'attesa, davvero.
Questa storia è nata come una sfida (mettere assieme due contest così diversi è stata un po' un'impresa, così come sostituire il più possibile le descrizioni visive con quelle uditive/tattili/olfattive), ma alla fine ne è venuto fuori uno dei miei lavori migliori (se non il migliore): ne sono davvero soddisfatta. Senza contare che mi sono davvero affezionata a Lucianina e a Federico.
Sul titolo mi è venuto il dubbio che fosse un po' troppo lungo, ma se attira l'attenzione penso che lo lascerò così.
Mi ha affascinata il paragone che hai fatto con la struttura della fiaba: io scrivo, ma sono i lettori che arricchiscono il tutto.
Anche nell'attenta analisi dei personaggi non ti è sfuggito nulla: sono loro, li hai colti alla perfezione.
Nello stile la mia sintassi semplice e il lessico quotidiano non sono sempre visti come punti di forza, ma sono ormai il mio tratto distintivo: felice che tu lo abbia trovato adatto.
Grazie ancora, e grazie anche per il "premio scimmietta": per poco non mi sono messa a saltellare in mezzo all'aula piena di gente xD
Gio

EDIT: potrei avere il giudizio come recensione? *-*
[Modificato da _only_ hope_ 16/10/2016 19:27]
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29/10/2016 20:18
 
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Mi dispiace moltissimo essere sparita in questi giorni, ma sono stata lontano dal forum per un po'. Comunque ora vado subito a rispondere alle vostre risposte (?) e a lasciare la valutazione a chi me l'ha richiesta.

Per correttezza lo specifico anche qui: se volete la valutazione come recensione alla storia scrivetemelo in discussione e provvederò a lasciarvela.

A presto!
rhys89

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29/10/2016 20:20
 
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Mi piacerebbe moltissimo avere la valutazione come recensione! Grazie!

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Scendete per vedere il resto XD

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29/10/2016 20:23
 
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Re: Re: Falling from the sky, achieving freedom
iaia86@, 14/10/2016 14.19:




Wow! Che bellissima valutazione/recensione! Dettagliata, senza lasciar sfuggire nulla! Davvero grazie mille per l'impegno, visto e considerato anche il fatto che hai avuto casini.
Ti rispondo rapidamente ad alcune cose! Per quanto riguarda il titolo, sono abituata a scrivere in 3 lingue, quindi quando prendo in considerazione un titolo, spesso è nella lingua che uso di più in quel momento. Poi ci sono delle situazioni in cui delle parole di una lingua mi sembrano molto più pertinenti al mio pensiero di quelle in un'altra. Non penso che quel titolo in italiano avrebbe avuto lo stesso effetto. Avrei potuto cercare un'alternativa, ma forse non avrebbe avuto la stessa forza.
La collezione di mandibole ha tutta una side story nella mia testa che purtroppo in così poche parole non sono riuscita ad inserire.
Alla fine, credo che la pecca maggiore della storia sia che voleva essere un romanzo, ed invece avevo parole a sufficienza per un racconto lungo. Avevo tante, tantissime cose ancora da dire e raccontare e che sono rimaste impigliate nella mia mente senza poter essere espresse.
Chissà, magari riuscirò a riprendere le fila della storia e svilupparla in modo più convincente, sia per me che per i lettori!
Per quanto riguarda la relazione tra Vasna e Iaria, a causa dei tagli che ho dovuto fare alla storia per farla partecipare al contest, tutta la parte (ed era anche abbastanza dettagliata!) del modo in cui nasce e si sviluppa il loro rapporto è andata alle ortiche; avevo infatti pensato di eliminare il loro rapporto dalla versione che ho inviato a te, ma evidentemente ho dimenticato di cancellare la parte della mano sotto la blusa, causando solo un'enorme confusione! Comunque se vuoi puoi leggere il capitolo postato, che è l'integrale!
Io sono convinta che in momenti di "pericolo", come dici anche tu, tutte le emozioni vengano accelerate; per questo ho voluto dare la possibilità alla coppia Nijem/Richard di nascere.
Sono contentissima che la storia ti sia piaciuta, nonostante "tagli ed errori vari"! Se riuscirò a svilupparla meglio ti farò sapere [SM=g27988]



Grazie per aver risposto! [SM=g27987]

Sì, capisco che per chi usa abitualmente più lingue il confine tra "italiano" e "straniero" sia talmente labile da essere inesistente, ma più che altro quella del titolo è una fissa mia: mi piace che sia nella stessa lingua in cui è scritta la storia, a meno che non ci siano motivi particolari che richiedano il contrario.
Ma questa è solo un'opinione personale, grazie per avermi spiegato il tuo punto di vista ^^

Ho anche capito il perché di quell'unico piccolo accenno alla fem-slash... quasi quasi mi vado a leggere la storia online, perché adesso sono curiosa!

E per quanto riguarda il resto, le tue parole mi confermano l'impressione che già avevo avuto: c'è la base per una storia molto più lunga e articolata, ma avendola "ingabbiata" in un numero ristretto di parole non è riuscita a spiccare il volo.
Te lo dico sinceramente: se mai trovassi tempo/voglia di rimetterci mano e trasformarla nel romanzo che doveva essere... beh, volerei a comprarlo, perché le premesse sono assolutamente fantastiche, e credo che ne varrebbe davvero la pena [SM=g27989]

A presto!
rhys89

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29/10/2016 20:28
 
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Re:
_only_ hope_, 16/10/2016 19.21:

Ci sono, ci sono! Ciao!
Innanzitutto mi scuso per il ritardo con cui rispondo: ho letto il giudizio qualche giorno fa in un momento di pausa tra una lezione e l'altra in uni con il sorriso che si allargava sempre di più, ma poi tra un impegno e l'altro mi sono scordata di rispondere...
Comincio dicendoti un grande GRAZIE. Il giudizio dettagliato è valso tutta l'attesa, davvero.
Questa storia è nata come una sfida (mettere assieme due contest così diversi è stata un po' un'impresa, così come sostituire il più possibile le descrizioni visive con quelle uditive/tattili/olfattive), ma alla fine ne è venuto fuori uno dei miei lavori migliori (se non il migliore): ne sono davvero soddisfatta. Senza contare che mi sono davvero affezionata a Lucianina e a Federico.
Sul titolo mi è venuto il dubbio che fosse un po' troppo lungo, ma se attira l'attenzione penso che lo lascerò così.
Mi ha affascinata il paragone che hai fatto con la struttura della fiaba: io scrivo, ma sono i lettori che arricchiscono il tutto.
Anche nell'attenta analisi dei personaggi non ti è sfuggito nulla: sono loro, li hai colti alla perfezione.
Nello stile la mia sintassi semplice e il lessico quotidiano non sono sempre visti come punti di forza, ma sono ormai il mio tratto distintivo: felice che tu lo abbia trovato adatto.
Grazie ancora, e grazie anche per il "premio scimmietta": per poco non mi sono messa a saltellare in mezzo all'aula piena di gente xD
Gio

EDIT: potrei avere il giudizio come recensione? *-*



Grazie per aver risposto! [SM=g27987]

Sì, il titolo è molto strano, ma a me personalmente ha affascinato molto... ha come un retrogusto di romanzo mistico/filosofico, non so se mi spiego (probabilmente no, ma vabbè). In ogni caso a me piace un sacco ^^"

Il paragone con la fiaba è stato spontaneo e immediato soprattutto per la presenza di una bambina come protagonista, ed è una cosa che mi ha colpito molto positivamente: è una storia insolita, che nella sua apparente semplicità descrive tutto un mondo ancora da scoprire.

Il premio è meritatissimo, ma temo che dovrai aspettare un po' per riceverlo perché al momento non ho tempo di mettermi a fare banner... ti manderò un mp quando lo pubblicherò qui in discussione [SM=g27988]

A presto!
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29/10/2016 20:29
 
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Re:
iaia86@, 29/10/2016 20.20:

Mi piacerebbe moltissimo avere la valutazione come recensione! Grazie!



L'ho visto ora xD
Vado subito a lasciartela ^^

a presto!
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