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IL LIBERO ARBITRIO : al di là della materialità

Ultimo Aggiornamento: 04/06/2022 10:37
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17/10/2020 17:05
 
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Negare coscienza e libero arbitrio e accorgersi che è una tesi inaccettabile



Robot uomoLa filosofia materialista sta progressivamente abbandonando la strumentalizzazione dell’evoluzione biologica, preferendo concentrarsi sulle neuroscienze. Secondo gli esponenti del riduzionismo convincersi e convincere che gli esseri umani sono solamente delle macchine complesse, determinate unicamente da forze materiali, è una strada più efficace per ridurre l’eccezionalità dell’essere umano.


L’irriducibilità dell’uomo è infatti un fattore molto scomodo per chi vorrebbe negare il Creatore, per questo da decenni è in corso un tentativo di screditare la coscienza, l’anima e il libero arbitrio attraverso la strumentalizzazione delle scienze neurologiche. Senza coinvolgere la creazione da parte di un Essere personale è molto difficile parlare dell’uomo come agente morale capace di compiere scelte responsabili. Meglio teorizzare macchine prive di libertà, condizionate unicamente dagli antecedenti biologici. E’ evidente che l’anti-fattualità è uno degli ostacoli, certamente uno dei principali, a queste tesi: nessuno arriverà mai a concepirsi davvero così perché questa descrizione dell’essere umano è contraria all’esperienza che abbiamo di noi stessi e delle persone che ci stanno attorno.


Sopratutto, non regge alla prova dell’esperienza nemmeno nei loro sostenitori. Un esempio particolarmente chiaro è il filosofo Galen Strawson che ha affermato spavaldamente che «l’impossibilità della libera volontà e della responsabilità morale possono essere dimostrate con assoluta certezza». Salvo poi riconoscere che «ad essere onesti non posso davvero accettare me stesso in questo modo, e non perché sono un filosofo. Come filosofo affermo l’impossibilità del libero arbitrio ma non posso convivere con questo. Per quanto riguarda gli scienziati, essi possono affermare le stesse cose nei loro camici bianchi, ma sono sicuro che, proprio come il resto di noi, quando sono nel mondo, sono convinti della radicale realtà del libero arbitrio». La realtà corre da una parte mentre le teorie che vorrebbero spiegarla dicono tutt’altro. Ma quale affidabilità hanno queste spiegazioni? Non rivelano semplicemente l’ostinazione dei filosofi materialisti nel cercare di teorizzare una visione del mondo che non si adatta al mondo reale?


Un altro esempio è il prof. Edward Slingerland che nel libro What Science Offers the Humanities si è identificato come un imperturbabile materialista riduzionista, sostenendo che il materialismo darwiniano porta logicamente alla conclusione che gli esseri umani sono dei robot illusi di avere una volontà autonoma o coscienza. Tuttavia, anche lui ha ammesso che è impossibile credervi, «nessuno agirebbe più se ad un certo punto avesse la sensazione di non essere libero. Noi siamo costituzionalmente incapaci di sperimentare noi stessi e gli altri come dei robot». Saremmo dunque dei robot progettati, non si sa da chi, come o perché, «per non credere che siamo robot». La soluzione esposta da Slingerland è quella di continuare a mentire a noi stessi: «abbiamo bisogno del trucco del vivere con una coscienza duale, coltivando la possibilità di identificare gli esseri umani simultaneamente in due descrizioni: come sistemi fisici e come persone». La soluzione è vivere una dicotomia mentale. Slingerland parla della propria figlia, scrivendo: «In un importante e inestirpabile livello di me stesso, l’idea di mia figlia come una semplice e complessa robot che trasporta i miei geni alla generazione successiva è sia bizzarra che ripugnante» (p. 307). Una tale visione riduzionista «ispira in noi una sorta di resistenza emotiva e persino repulsione», tanto che quando ascoltiamo qualcuno che afferma queste cose lo «etichettiamo come “psicopatico” e giustamente cerchiamo di identificarlo e nasconderlo per proteggere il resto di noi».


Come è stato fatto notare, si tratta di ciò che George Orwell definì “bipensiero”: quando una visione del mondo non riesce a spiegare tutta la realtà, i teorici cosa fanno? Solitamente lo riconoscono e ritirano le loro convinzioni. Eppure ci sono persone che non si arrendono così facilmente e preferiscono sopprimere le cose che la loro visione del mondo non riesce a spiegare. O, per facilitare le cose, aderiscono al motto degli ideologi: “Se i fatti contraddicono le teorie, tanto peggio per i fatti. Cosa possiamo altrimenti dire quando qualcuno ci spinge ad adottare una visione che egli stesso ammette essere bizzarra e ripugnante?


Un altro esempio è il prof. Marvin Minsky del MIT, secondo cui il cervello umano “non è altro che” (parola chiave del materialismo scientista) «un computer di tre chili circondato da carne». Ovviamente, i computer non hanno il potere di scelta e dunque nemmeno gli esseri umani. Sorprendentemente, però, Minsky chiede: «Questo significa che dobbiamo abbracciare la moderna visione scientifica e mettere da parte l’antico mito della scelta volontaria? No. Non possiamo farlo. Non importa se il mondo fisico non fornisce spazio per la volontà libera, non possiamo rinunciarvi. Siamo praticamente costretti a mantenere questa convinzione, anche se sappiamo che è falsa». Falsa, ovviamente, secondo la visione materialista del mondo. Questo è un incredibile caso di bipensiero orwelliano: Minsky dice che le persone sarebbero “costrette a mantenere” la convinzione del libero arbitrio, anche quando la loro visione del mondo dice loro che “è falsa”. Ancora una volta: il filosofo riduzionista fa un’esperienza di se stesso che è oggettivamente contraria alla sua tesi precostituita, perciò sostiene di sapere che tale esperienza è falsa (vivremmo dunque una indignitosa vita basata sul costante autoinganno di noi stessi) ma è costretto da se stesso a reputarla veritiera (“tanto peggio per i fatti”, dicevamo).


Infine l’ultimo esempio è Rodney Brooks, anch’egli professore emerito al MIT. Un essere umano, ha scritto nel libro Roboticist (Pantheon Books 2002), non è altro che un «grande sacco di pelle pieno di biomolecole». E’ difficile considerare così le persone, eppure -ha scritto- «quando guardo i miei figli mi costringo a guardar loro come delle macchine». Anche se, ovviamente, «non li tratto in questo modo ma interagisco con loro ad un livello completamente diverso. Hanno il mio amore incondizionato, il più lontano possibile da ciò che si conclude da un’analisi razionale». Brooks considera dunque “razionale” una visione del mondo in cui gli esseri umani sono “sacchi di pelle piene di biomolecole” e considera “irrazionale” l’amore ai propri figli. Come è possibile conciliare una tale e straziante dissonanza cognitiva? «Io sostengo due insiemi di credenze incoerenti», ha concluso, rinunciando alla speranza di raggiungere un’unica e coerente visione de mondo pur di non abbandonare le sue tesi.


Tutto ciò che il paradigma riduzionista e materialista non riesce a spiegare viene gettato via, compresi gli ideali su cui è fondata la società umana: la libertà morale, la dignità umana, l’amore verso i figli. In realtà le loro tesi sono completamente reversibili: non siamo noi che facciamo un’esperienza falsa costretti a ritenerla vera, ma è il loro “io” più profondo che ha repulsione per queste teorie perché sa benissimo essere false. Ma è meglio convivere con questa incoerente dicotomia piuttosto che ammettere ciò che la realtà ci mostra: siamo esseri liberi e morali. Chi vuole studiare il mistero dell’uomo dev’essere coerente, altrimenti non potrà evitare queste contraddizioni.

fonte UCCR


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