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Milan: sarà la volta buona dell('addio)a cessione?

Ultimo Aggiornamento: 28/06/2019 13:12
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06/06/2015 09:01
 
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L'avrò immaginata, nik. :D
Certo che se iniziano già ora i problemi, questo nuovo stadio si farà tra dieci anni...







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06/06/2015 12:59
 
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L’edizione odierna de La Gazzetta dello Sport fa il punto sul progetto stadio. Secondo la rosea, l’ingresso di Mister Bee in società mette le ali al sogno milanista di costruire il nuovo impianto al Portello. Nel corso del vertice di ieri ad Arcore, si è deciso di impegnare una buona fetta dei 500 milioni (tra i 150 e i 200) previsti per la cessione del 48% delle quote nella costruzione della futura arena rossonera. Soldi che potrebbero attrarre Fondazione Fiera Milano. Ieri - scrive la Gazza - il Milan ha rispettato la scadenza per la consegna in busta chiusa dell’offerta per ottenere i suoli con la concessione del diritto di superficie, indicando il cronoprogramma dei lavori. Adesso manca davvero poco: martedì il comitato esecutivo di Fondazione Fiera sceglierà la proposta vincitrice.



Dopodiché, bisognerà convincere gli altri concorrenti (interessati anche loro agli stessi terreni per i quali il Milan ha presentato l'offerta) a lasciare il suolo attiguo.
[Modificato da fabreezer 06/06/2015 13:00]







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08/06/2015 19:55
 
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Stadio al Portello: per il progetto del Milan c’è il rush finale
Fondazione Fiera Milano riceve le offerte dai tre finalisti. Martedì la scelta
Non è più tempo di commissioni, incontri, manovre politiche finalizzate - più o meno esplicitamente - a condizionare decisioni private: da oggi, il percorso che porterà alla scelta del vincitore con il quale riqualificare la fiera al Portello imbocca l’ultima curva. La presentazione dell’offerta per l’affitto dei suoli, che Fondazione Fiera Milano dovrà ricevere in busta chiusa dai finalisti, tra i quali lo stadio urbano immaginato dal Milan con Arup, segna l’avvio del rush finale di una partita che avrà effetti inevitabili sul futuro del Meazza e nella quale può giocare un ruolo il piano d’innovazione strutturale di San Siro indispensabile (e in via di attuazione) per permettere a Milano di ospitare la finale Champions 2016. Un gioco casuale d’intrecci ha voluto che gli step-chiave di questa storia s’incastrassero in calendario l’uno dietro l’altro. Si parte oggi, martedì il verdetto: Milano mette piede nei cinque giorni decisivi.
LA UEFA Il punto nevralgico è il polo fieristico al Portello, di proprietà di Fondazione, sul quale è in corso un bando per raccogliere le proposte per riqualificarlo: è su questa area, proprio di fronte a Casa Milan, che i rossoneri hanno lanciato la scommessa sul futuro, è da qui che l’a.d. Barbara Berlusconi sogna di aprire la nuova era del club attraverso la costruzione dello stadio di proprietà. Quando e se il Milan traslocherà nella sua nuova casa (obiettivo: entro il 2019), l’Inter di Thohir potrà trasformare il Meazza nel suo impianto esclusivo, garantendo al Comune proprietario gli investimenti strutturali per assicurarne il mantenimento degli standard d’eccellenza, prospettiva sulla quale ad aprile è nato un patto col Milan. Prima, però, si dovrà sbloccare il Portello, per il quale i rossoneri corrono col Magnete di Prelios e la Milano Alta di Vitali. Entro oggi i 3 finalisti devono presentare le loro offerte, perché Fondazione non vende i suoli ma ne concede il diritto di superficie. Da settimane, Fondazione è trincerata nel silenzio più assoluto, si è isolata rispetto al caos generato in città su questo tema, per poter decidere con serenità. Tempi stretti, non ci sarà da attendere tanto: martedì pomeriggio il Comitato esecutivo di Fondazione incoronerà il vincitore. Il giorno prima, lunedì mattina, a Milano due ispettori della Uefa si sederanno al tavolo con il Comune, il Milan e l’Inter: dalla Uefa è atteso l’ok definitivo al piano dei lavori (da 32,5 milioni avviato nel 2012) in corso al Meazza in vista della Champions e finanziato da Inter e Milan. I club hanno confermato lealmente con il Comune gli impegni fino al 2016, ma per il dopo-Champions hanno altri piani e vorranno separarsi. Decisione sul Portello permettendo, ovvio.



Qualcuno mi spiega come questa cosa va ad incidere sullo stadio di proprietà?
Invece, qualcuno che è di Milano mi potrebbe dire se fare lo stadio nel quartiere Portello è la soluzione ideale?
Se sì, perché?
Se no, perché?
Si parla di altre soluzioni come l'area dell'Expo, lo Scalo Farini e la caserma Perrucchetti.
Quali sarebbero i vantaggi/svantaggi nel farlo sorgere in queste altre aree?
[Modificato da fabreezer 09/06/2015 11:41]







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10/06/2015 16:07
 
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carlofesta.blog.ilsole24ore.com/2015/06/07/le-tante-domande-senza-risposta-dellaccordo-bee-berlusconi-sul-milan-e-quei-480-milioni-in-cerca-...







Lo sai che mi diceva Lady D nel 79 prima di conoscere Carlo?
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10/06/2015 16:13
 
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Fondo Doyen


Tra mister Bee e il signor B. c’era dunque il fattore D. Che sta per Doyen Sport Investments, il nome del più potente fondo d’investimento che commercia in diritti economici di calciatori, ma non soltanto. La notizia è di oggi e dissolve uno dei dubbi più insistenti intorno alla possibile scalata alla proprietà del Milan da parte del finanziare thailandese Bee Taechaubol: chi si muove dietro di lui? La risposta è arrivata oggi, riportata dalla Gazzetta dello Sport. A condividere quest’avventura con mister Bee è il fondo che ha sede legale a Malta, e fa capo al più ampio e misterioso Doyen Group, una holding con sede legale a Istanbul e braccio finanziario a Londra dove ha sede la Doyen Capital LLP. A proposito di Doyen Group, mettetevi il cuore in pace: ogni domanda sui suoi finanziatori è destinata a rimanere inevasa. Le sole notizie di cui si è a conoscenza riconducono ai ricchi imprenditori turchi Tevfik Arif (di origine kazaka nonché socio di Donald Trump) e Fettah Tamince. Quanto alle attività del Doyen Group, le informazioni sono state modificate nel corso del tempo. Nel periodo in cui il nome di questa holding prese a essere associato al mondo del calcio, quando a ottobre 2011 si venne a sapere di un vasto piano di sponsorizzazioni ai club della Liga spagnola e di rastrellamento di giovani calciatori delle canteras, Doyen Group aveva un sito web attivo e un portafoglio di campi d’investimento estremamente variegato: hospitality, infrastrutture, idrocarburi, energia e gas naturali, metalli, e la coppia sport & entertainment. Ma da oltre un anno la presentazione della holding è stata modificata. Il sito web si riduce a una homepage statica, e lì si legge che i campi d’azione sono stati ridotti a quattro: la generica voce commodities, finanza, edilizia (“inclusi hotel e real estate”, come viene specificato), e sport & entertainment. In compenso sono molto sviluppati i siti e le attività di Doyen Sport Investments e della fresca Doyen Global. La prima si occupa di investimenti in diritti economici sui calciatori, scommettendo sulla loro futura rivendita e speculandoci sopra. La seconda è nata nel 2013 per merito soprattutto di Simon Oliveira, il principale artefice della trasformazione di David Beckham da semplice calciatore in brand globale, e Matthew Kay, ex dirigente del colosso Creative Artists Agency (CAA), un’agenzia globale che detiene le procure di molte fra le più importanti star contemporanee della musica e dello spettacolo. Doyen Global lavora sui diritti d’immagine, e attraverso questo strumento si è annessa personaggi del mondo del calcio quali Diego Simeone, Januzaj, Neymar. L’agenzia si porta in dote anche l’esperienza in materia di gestione dell’immagine di personaggi sportivi ai tempi in cui Kay lavorava con CAA, e la sua agenzia di allora stringeva accordi in materia con la Gestifute di Jorge Mendes per la gestione dei brand di Cristiano Ronaldo e José Mourinho. Sul web è ancora possibile trovare notizie in proposito, datate luglio 2008, ma ormai son cose passate. I rapporti fra Mendes e Doyen si sono deteriorati dopo un periodo iniziale di alleanza, e un recente sgarbo di calciomercato fatto dal fondo maltese al superbroker portoghese ne è testimonianza. Lo scorso novembre Doyen ha soffiato Douglas Coutinho dell’Atletico Paranaense a Deco, ex calciatore brasiliano naturalizzato portoghese del Porto e del Barcellona. Deco è il rappresentate in Brasile di Mendes, e quell’intromissione di Doyen è un segnale del fatto che al di là degli interessi in comune fra le due parti (a cominciare dal controllo di Radamel Falcao), l’alleanza s’avvia a rompersi. Si marcia separati.

E Doyen si muove continuando a mietere diritti economici e a stringere accordi coi club. La partnership con l’Atletico Madrid ha fatto storia, così come quella col Siviglia. E in Portogallo il legame coi tre club storici è stato molto solido, sia pure con percorsi diversi. I risultati di queste partnership? Ottimi per il fondo, per i club non altrettanto. A questi ultimi tocca valorizzare i calciatori controllati dal fondo e cederli immediatamente quando la loro quotazione si alza, percependo molto meno di quanto potrebbero se disponessero per intero dei diritti economici. È anche per questo che da agosto del 2014 è in atto un conflitto fra lo Sporting Lisbona e Doyen a proposito della cessione dell’argentino Marcos Rojo al Manchester United. Una cessione determinata dalle pressioni fatte dal calciatore, che a Lisbona non voleva più rimanere. Il sospetto era che a aizzare il calciatore fosse Doyen, proprietario del 75% dei diritti economici sul calciatore e interessato a mettere a frutto il suo buon rendimento ai mondiali brasiliani di poche settimane prima. Lo Sporting cedette alle pressioni lasciando andare via Rojo, ma restituì a Doyen solo i 3 milioni dell’investimento iniziale e non il 75% dei 20 milioni spuntati per la cessione ai Red Devils. La controversia fra le due parti è ancora in corso. Bisogna tenere conto anche di episodi come questo quando si guarda al modo in cui i fondi d’investimento si rapportano ai club. Anche per non dar retta alle versioni dei fatti come quella diffusa oggi da Carlo Laudisa sulla Gazzetta dello Sport, laddove si dice che Doyen ha finanziato “operazioni che hanno fatto la fortuna di Porto e Benfica”. Non so di quali fortune parli Laudisa, ma per chiarire le idee anche a lui cito come esempio una “fortuna” regalata da Doyen al Porto. La scorsa estate i Dragoes hanno acquistato dal Granada della famiglia Pozzo il franco-algerino Yacine Brahimi per 6,5 milioni, dandone comunicazione all’autorità di borsa portoghese come da obbligo per le società quotate. Due giorni dopo il club ha comunicato alla stessa autorità di borsa (la CMVM) di avere ceduto un 80% di Brahimi a Doyen per 5 milioni. Si è fatto subito fatto notare che l’ottanta per cento di 6,5 milioni sarebbe 5,2 milioni: dunque in soli due giorni il Porto ci ha rimesso 200 mila euro. Ma non è ancora tutto. A settembre scorso il periodico algerino Le Buteur ha pubblicato la notizia di una clausola di recompra tra Porto e Doyen. Il club può ricomprarsi da Doyen la quota di Brahimi per 8 milioni. Capito? Dunque, rifacendo i calcoli, un giocatore comprato da un club a 6,5 può essere ricomprato dallo stesso club a 9,7, cifra che è la somma dei seguenti saldi: gli 1,5 milioni della differenza fra l’acquisto dal Granada e la vendita di 80% a Doyen (6,5 milioni – 5 milioni), più gli 8 milioni a Doyen per la recompra, più i 200 mila euro spariti in due giorni. Il tutto senza che il giocatore si sia mai mosso dal Porto. Quando parli delle “fortune del Porto” intendi questo, caro Laudisa? A me sembra invece che siamo davanti a un meccanismo molto simile a quello dei subprime.

A ogni modo, dobbiamo tornare ai giorni nostri e all’ipotizzato sbarco di Doyen al Milan. Uno sbarco che viene da lontano. Precisamente, risale a un weekend di luglio 2013. Allorché, in un hotel di Taormina di proprietà di Antonino Pulvirenti, presidente e proprietario del Catania che faceva gli onori di casa assieme al suo vicepresidente argentino Pablo Cosentino (che a sua volta aveva appena rimesso la licenza da agente Fifa, e si apprestava a far sprofondare il Catania dalla serie A alle soglie della Lega Pro), si diedero convegno Claudio Lotito, Enrico Preziosi, Adriano Galliani, e il portoghese Nelio Lucas. Quest’ultimo, noto a pochi, era già il CEO di Doyen Sport Investments. Quasi tutta la stampa italiana non capì per niente il senso di quel meeting, soffermandosi soprattutto sulle orrende foto di Adriano Galliani che faceva il morto in piscina. Il senso fu un po’ più chiaro quasi un anno dopo, quando Lucas annunciò a Marco Bellinazzo del Sole 24 Ore l’intenzione di Doyen d’investire 200 milioni in Italia. In calciatori, o in altro?

Una risposta giunta adesso, giusto nel periodo in cui la Fifa prova a mettere al bando fondi e TPO. Chi ha la bontà di seguirmi sa che scrissi molto in anticipo del modo in cui i fondi si stanno attrezzando per aggirare il divieto: comprando i club. Ma mai avrei pensato che potessero mirare così in alto. Perché un conto è acquistare società della B portoghese o della C spagnola. Altro è dare la scalata a uno dei più gloriosi club al mondo, entrando nella proprietà. Un atto di forza, persino di arroganza, quello di pensare che un club come il Milan possa diventare un mero strumento per condurre operazioni di speculazione finanziaria attraverso la compravendita di calciatori. E ancora non sappiamo l’ipotesi di un ingresso di Doyen nella proprietà del Milan sia soltanto di un rumor o se la cosa possa andare davvero a segno. Però l’ipotesi è già più che sufficiente, e sposta una spanna in avanti il livello della contaminazione. Soprattutto, lancia un segnale definitivo sulla decadenza del calcio italiano, ormai ridotto a terreno di caccia per gli attori dell’economia parallela del calcio globale. Se persino un club con la storia, la gloria e il peso del Milan può essere scalabile da un fondo d’investimento che commercia calciatori, ciò significa che il calcio di questo paese è definitivamente scaduto al livello di provincia nell’assetto globale del pallone. Senza nessuno strumento d’autodifesa, e senza che da chi ha la responsabilità di governare il movimento giunga un segnale di reazione.








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10/06/2015 16:44
 
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Re:
Sarebbe bello se ad analizzare quell'articolo fosse uno che ha studiato di economia, in modo da capire per bene le conseguenze a cui si andrebbe incontro.
Io, da ignorante in materia, ho capito questo: il Milan diventerebbe la pu**tana della Doyen.








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10/06/2015 16:55
 
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...che in genere non fanno una bella fine [SM=x3065266]
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10/06/2015 19:26
 
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Parlandone in relazione al mercato

Il Milan compra jackson dal porto a 35milioni
Il Milan rivende jackson al fondo che glie lo lascia in prestito per 2-3 anni

È come lavorano il porto è L atletico madrid (che ora ha un bel po' di buffi) da un po' di anni
Vedi falcao

Na jungla
Platini infatti vorrebbe togliere questi fondi se non ho capito male
[Modificato da flavioti 10/06/2015 19:28]







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10/06/2015 23:41
 
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Quotando da internet


La Doyen presta soldi ad altissimo tasso di interesse per l'acquisto di calciatori o per rifinanziare un debito...
per farla breve è come farsi finanziare da uno strozzino.




sta spiegando tutto un'avvocatessa ora su sportitalia,
i fondi di investimento non possono più partecipare all'acquisizione dei cartellini
ma entrano direttamente nelle società (es. milan) per perseguire sempre gli stessi fini.

quindi se trovano lo stratagemma giusto i 100-150 mln ci sono, il milan diverrebbe un club "parcheggio" della doyen,
per piazzare e rivendere dopo uno-due anni i calciatori








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11/06/2015 00:19
 
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interessante che si parli di questo argomento allora gli occhi e le orecchie ce le avete eppure scrivete mica niente di una squadra che da media classifica spagnola improvvisamente negli ultimi 4 anni vince la liga arriva in finale di champions e si afferma grazie alle fantastiche mani di un allenatore proveniente da una esperienza italiana al catania con relativo esonero eppure si ritrova improvvisamente con una serie di giocatori in ascesa che improvvisamente tutti insieme spuntano nella rosa e che altrettanto misteriosamente provengono tutti o quasi dallo stesso fondo di investimento che compartecipa alla compravendita in maniera molto subdola ora che arriva in italia e spende uno sproposito per "aiutare" una squadra blasonata in difficolta' qualcuno si rende conto che non siamo piu' solo terra di conquista ma anche discarica di classe ricicliamo e nel frattempo magari un paio de trofei ce li mettiamo pure tanto c'e' le roi avec plaisir







"E quanno more er prete,
sonàno le campane,
piangono le puttane
e i loro protettori;
ma quando moro io
non voglio gesù cristi
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11/06/2015 00:24
 
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Re:
grizzly 62, 11/06/2015 00:19:

interessante che si parli di questo argomento allora gli occhi e le orecchie ce le avete eppure scrivete mica niente di una squadra che da media classifica spagnola improvvisamente negli ultimi 4 anni vince la liga arriva in finale di champions e si afferma grazie alle fantastiche mani di un allenatore proveniente da una esperienza italiana al catania con relativo esonero eppure si ritrova improvvisamente con una serie di giocatori in ascesa che improvvisamente tutti insieme spuntano nella rosa e che altrettanto misteriosamente provengono tutti o quasi dallo stesso fondo di investimento che compartecipa alla compravendita in maniera molto subdola ora che arriva in italia e spende uno sproposito per "aiutare" una squadra blasonata in difficolta' qualcuno si rende conto che non siamo piu' solo terra di conquista ma anche discarica di classe ricicliamo e nel frattempo magari un paio de trofei ce li mettiamo pure tanto c'e' le roi avec plaisir





Doyen Sports Investments (DSI) is a private equity fund dedicated primarily, among other activities, to provide an alternative, significant and growing source of funding for football clubs and sports associations.We are a subsidiary of the multinational "The Doyen Group" (www.doyen-group.com), a holding with stakes in several companies, moving billions of dollars around the world in activities such as oil and gas, mining, energy, accommodation, construction, trading, retail, etc.Spain has worked as an entry point into the sports market through Atlético Madrid, Getafe and Sporting de Gijón due to the brilliance and quality of Spanish football. Our support has quickly reached other Spanish teams, as well as many other clubs around the world, especially in Portugal and Brazil.Doyen Sports is currently the most recognised private investment fund in the football sector working closely with many teams, including: Atlético Madrid, Benfica, Granada, Porto, Santos, Sevilla, FC Twente and Valencia. We are proud to have contributed to the increased competitiveness of several teams, promoting the success of several clubs in the national and international scene.DSI's large investment capacity allows the privilege of working with the biggest and richest clubs in the world.








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11/06/2015 00:52
 
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cosa noti nell articoletto che hai postato flavie'?
te lo dico io che hanno squadre di seconda e terza fascia tranne l'atletico che hanno pompato negli ultimi tre anni
che hanno squadre sopratutto spagnole o portoghesi
e ti spiego il calcio inglese e tedesco ripartisce gli utili in senso inverso prendono di piu' le neopromosse rispetto alle grandi quindi e' piu' difficile "aiutare" le squadre di seconda e terza fascia di questi campionati il milan sarebbe il loro primo vero "salto di qualita'" e naturalmente e' meno rischioso da noi considerando che siamo il quarto quinto campionato d'europa se va tutto come deve tenteranno la scalata al dortmund alla fine di quest'anno







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11/06/2015 08:26
 
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Galliani e gli amici della Doyen che l'Uefa vuole fuorilegge (fonte: Panorama)
Ufficialmente stanno parlando di Ola John, esterno offensivo olandese, classe 1992 che nell'ultima stagione con il Benfica ha giocato tanto (34 presenze tra campionato e coppe europee) e segnato pochissimo: 2 gol. Per questo Adriano Galliani sta trascorrendo la sua estate insieme a Nelio Lucas, proprietario del fondo brasiliano Doyen Sports Investment che detiene una quota importante del cartellino del giocatore valutato dal Benfica 30 milioni di euro. Ufficialmente è così, ma le domande sono troppe per non pensare che i discorsi tra il Milan e la Doyen possano riguardare anche altro.

Cosa serve un esterno d'attacco a una squadra che giocherà con trequartista e due punte? Ha senso immaginare una trattativa su cifre impossibili in un'estate all'insegna del 'arriva qualcuno solo se parte qualche giocatore'? Anche andasse in prestito Niang alla Sampdoria, non è Ljajic il vero obiettivo del Milan? Domande ad oggi senza risposte se non nel frettoloso "sono amici" con cui Galliani ha liquidato l'incontro a Forte dei Marmi con Nelio Lucas. Il terzo in meno di un mese dopo Taormina e Milano. Troppi per pensare a una semplice chiacchierata informale.

COS'E' LA DOYEN - E' un fondo globale di investimento nato in Brasile e con sedi europee a Londra e Istanbul. Si occupa di investimenti in molti settori: miniere, metalli, real estate, infrastrutture e, negli ultimi anni, anche di sport e intrattenimento con sede legale a Malta. Di cosa si occupa? Lo scopo è "garantire una fonte alternativa per il finanziamento dei club calcistici" come si legge sul sito internet della società.

Come? Sponsorizzazioni (metodo classico utilizzato in Spagna con Getafe e Sporting Gjon) oppure intermediazioni nella compravendita di calciatori, finanziando l'acquisto e trattenendo per sé una parte del cartellino. E' così che nell'estate 2012 il Benfica ha potuto ingaggiare Ola John e lo Sporting Lisbona ha comprato Labyad e Rojo lasciando alla DSI rispettivamente il 35% e il 75% dei diritti economici.

L'elenco dei giocatori controllati dalla Doyen è lungo: Radamel Falcao è la punta di diamante, poi ci sono Reyes, Negredo, Kondogbia, Botta, Josè Angel (passato dalla Roma), Diawara e Felipe Anderson. Anche l'ultimo colpo della Lazio fa capo a Nelio Lucas e, infatti, Lotito ha penato non poco per portarlo a Roma arrivando a minacciare la denuncia alla Fifa contro il fondo che si opponeva all'accordo con il Santos dopo averlo fatto saltare in gennaio.

IL MODELLO DELLA TPO - Doyen non è l'unico fondo presente sul mercato internazionale. Anzi, ci sono autentiche multinazionali trasversali come Dis (quella che aveva in mano il 40% del cartellino di Neymar), Quality Football Ireland (di cui è consulente il potentissimo Jorge Mendes, agente di Mourinho e Falcao), Soccer Invest Fund e tanti altri. Il modello è quello della 'Third Party Ownership' (TPO) ovvero la posibilità per terze parti rispetto a società ed atleta di avere quote del cartellino.

I club hanno il vantaggio di dividere l'investimento con il fondo, arrivando a giocatori altrimenti irraggiungibili per costi in periodi di crisi, sfruttando l'impatto sul fatturato oltre al beneficio tecnico. Il fondo ci guadagna muovendo gli atleti in un vortice di operazioni sempre al rialzo. Un po' come investire in Borsa. Un giro d'affari che il sito brasiliano Sport Business stima in 3 miliardi di euro all'anno e che secondo una recente inchiesta di Bloomberg consente redditività del 50% a chi investe. Una miniera d'oro che tiene in piedi il calcio brasiliano dove circa il 90% dei giocatori di serie A è legato ad accordi con i fondi.

PLATINI: "METTERE AL BANDO I FONDI" - L'Uefa è fortemente allarmata per lo sbarco dei fondi in Europa. Le prime avvisaglie c'erano state nel 2006 con la vicenda delle cessioni di Tevez e Mascherano arrivarono al West Ham grazie all'intermediazione di quattro società rappresentate dal potente Kia Joorabchian. Ne scaturì una battaglia legale conclusa con nuove regole per vietare le TPO in Inghilterra. In Germania e Italia sono formalmente vietate (da noi solo società calcistiche possono avere il possesso di un cartellino), mentre in Portogallo i fondi sono attivi e la Spagna si sta muovendo per legalizzarli per cercare di aiutare i club in crisi economica.

La posizione ufficiale dell'Uefa è per il bando assoluto. Nel dicembre 2012 è arrivato lo stop alle TPO e nel marzo scorso il segretario generale, Gianni Infantino, ha ribadito l'assoluta contrarietà. Perché? Il sospetto è che sia un modo per aggirare le regole del fair play finanziario che pretende che i club debbano fare con le proprie forze e spendere in proporzione a quanto guadagnano. Poi c'è il timore che gli interessi dei fondi possano contaminare la regolarità sportiva delle competizioni. Se un fondo ha giocatori in più squadre chi garantisce che non abbia conflitti di interesse?

Infine c'è la stabilità del mercato. I fondi guadagnano spostando i calciatori e questo non garantisce continuità alle squadre oltre alla valutazione che sia "poco etico" che un ente economico abbia i diritti su un essere umano. Una sorta di schiavitù moderna. La Fifa è preoccupata allo stesso modo, ma è alle prese con una realtà ormai consolidata tanto che i principali club brasiliani hanno scritto una lettera ufficiale annunciando che l'eventuale bando dell'Uefa causerebbe la bancarotta dell'intero sistema del Paese che ospiterà il Mondiale nel 2014.

I PROGETTI DI DOYEN - Tornando a Nelio Lucas e alla sua estate italiana, i contatti con il Milan sono iniziati a Taormina con la mediazione di Pulvirenti e alla presenza anche di Lotito e Preziosi. La Doyen si sta allargando e nelle scorse settimane ha acquisito i diritti di immagine di Neymar, appena passato al Barcellona. Il bando dell'Uefa non sembra spaventare il fondo che cerca di allargare i suoi interessi in Europa. Galliani sta certamente cercando di capire come funziona e Ola John è la scusa per conoscere meglio gli "amici" della Doyen. Difficile che si possano progettare operazioni in stile-Benfica visto che la Figc non le consente. Ma i servizi del fondo sono molteplici. Una frontiera da esplorare per cercare di colmare il gap che ci divide dal resto d'Europa.




Attento Milan: il fondo ripiana-debiti rischia di mandarti a fondo (fonte: Libero Quotidiano)
Continuano le voci su investimenti esteri nel Milan. Un nuovo partner per Bee Taechaubol, nella trattativa che vedrebbe passare i rossoneri nelle mani del magnate thailandese. Secondo la Gazzetta dello Sport, mister Bee potrebbe puntare sul sostegno economico della «Doyen Sports», il fondo di investimento in mano al portoghese Nelio Lucas. Il problema è che la Fifa ha deciso che i contratti siglati, a partire dal 1° maggio, saranno vincolati solamente ad un club e ad un giocatore. Il sistema usato dal fondo Doyen infatti prevede elevatissimi tassi d’interesse sulle cifre che i debitori (le società di calcio) devono restituire al fondo, che in precedenza ha ripianato il passivo dei club. Per fare un esempio Doyen è detentore del cartellino di Falcao: nell’estate del 2013, con la cessione dell’attaccante al Monaco, dei 60 milioni di euro complessivi del costo del cartellino, l’Atletico ha visto solo spiccioli, tutto è andato nelle tasche del fondo.

[Modificato da fabreezer 11/06/2015 08:34]







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Uno schifo.
Scopri un calciatore e lo compri, dividendolo con la Doyen o chi per essa.
Quando il giocatore inizia a diventare forte, viene sottoposto ad una serie di trasferimenti (imposti dalla Doyen) in modo da generare guadagno.
Quindi, è la Doyen stessa a decidere il corso di una squadra e di un giocatore.
Entusiasmo sotto i piedi perché siamo diventati una squadretta svenduta dal pappone nano a papponi peggiori di lui.







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Re:
fabreezer, 11/06/2015 08:30:

Uno schifo.
Scopri un calciatore e lo compri, dividendolo con la Doyen o chi per essa.
Quando il giocatore inizia a diventare forte, viene sottoposto ad una serie di trasferimenti (imposti dalla Doyen) in modo da generare guadagno.
Quindi, è la Doyen stessa a decidere il corso di una squadra e di un giocatore.
Entusiasmo sotto i piedi perché siamo diventati una squadretta svenduta dal pappone nano a papponi peggiori di lui.




no fabri non fare il tifoso becero berlusca tenta di ripianare i debiti in poco tempo e senza perderci poi vendera' una squadra riassestata e magari anche di nuovo in champions doyen non ha interesse a diventare proprietario quindi fra tre anni il valore del milan sara di nuovo portato allo standard di forbes e poi vendera' ricavandoci non mi pare uno scandalo







"E quanno more er prete,
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piangono le puttane
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non voglio gesù cristi
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11/06/2015 09:03
 
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Quindi, questo Mr Bee è solo uno che sta aiutando il nano a traghettare economicamente il Milan?
Praticamente, il "vero" e nuovo presidente del Milan sarà un altro e verrà deciso tra qualche anno?
Comunque, mi fa schifo questo calcio, perché si passa più tempo a parlare di questioni economiche che non di tattica e tecnica.







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11/06/2015 10:33
 
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Pero nei vostri discorsi non quadra una cosa.

se la doyen ci comorasse sti giocatori per rivenderli fra 3 anni e.generare un utile.. non dovrebbe comprare giovani?

Come fai a generare utili da martinez e ibra cje fra 3 anni avranno 33/34 anni? E pagati cmq una cifra spropositata?







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11/06/2015 11:15
 
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roby, pensa solo al fatto che Felipe Anderson della Lazio e Morata appartengono proprio alla Doyen...







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working closely with many teams, including: Atlético Madrid, Benfica, Granada, Porto, Santos, Sevilla, FC Twente and Valencia


ma il Granada è dei Pozzo, giusto?
[Modificato da VerbalKint 11/06/2015 11:58]









Verbal Kint: the greatest trick the devil ever pulled was convincing the world he didn't exist.
Verbal Kint: Keaton always said, "I don't believe in God, but I'm afraid of him." Well, I believe in God -
- and the only thing that scares me is Keyser Soze.
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Re:
VerbalKint, 11/06/2015 11:58:


working closely with many teams, including: Atlético Madrid, Benfica, Granada, Porto, Santos, Sevilla, FC Twente and Valencia


ma il Granada è dei Pozzo, giusto?


:sisi:

Insieme al Watford se non sbaglio :mmm:








We are the champions
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And we'll keep on fighting
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Re: Re:
grizzly 62, 11/06/2015 08:42:




no fabri non fare il tifoso becero berlusca tenta di ripianare i debiti in poco tempo e senza perderci poi vendera' una squadra riassestata e magari anche di nuovo in champions doyen non ha interesse a diventare proprietario quindi fra tre anni il valore del milan sara di nuovo portato allo standard di forbes e poi vendera' ricavandoci non mi pare uno scandalo




Si ma tra qualche anno chi lo compra un Milan sano e in Europa? Costerebbe tantissimo e gli sceicchi in Italia non comprano.

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Re: Re: Re:
MAK'80, 11/06/2015 12:12:



Si ma tra qualche anno chi lo compra un Milan sano e in Europa? Costerebbe tantissimo e gli sceicchi in Italia non comprano.




Io, da ignorante in materia economica, avevo ragionato così.
Il Milan è un brand che, potenzialmente, vale tanto quanto uno United o Real Madrid.
Comprarlo ora che è svalutato rappresenta un affare perché, qualora dovesse tornare ai vertici del calcio, aumenterebbe esponenzialmente il suo valore e, quindi, chi ha fatto questa operazione ci guadagnerebbe più soldi nell'immediato rispetto a quelli guadagnati sul lungo periodo da coloro che acquistano un Milan già in auge.
Quadra come ragionamento?
[Modificato da fabreezer 11/06/2015 12:26]







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Re: Re: Re: Re:
fabreezer, 11/06/2015 12:24:



Io, da ignorante in materia economica, avevo ragionato così.
Il Milan è un brand che, potenzialmente, vale tanto quanto uno United o Real Madrid.
Comprarlo ora che è svalutato rappresenta un affare perché, qualora dovesse tornare ai vertici del calcio, aumenterebbe esponenzialmente il suo valore e, quindi, chi ha fatto questa operazione ci guadagnerebbe più soldi nell'immediato rispetto a quelli guadagnati sul lungo periodo da coloro che acquistano un Milan già in auge.
Quadra come ragionamento?




Come ragionamento quadra... almeno per me che sono ignorante in materia... [SM=x35338]
Il mio dubbio era rivolto a chi rivendi... sceicchi a parte non vedo molti possibili acquirenti per un Milan sano e competitivo in un ipotetico domani. Chi ha tanti soldi non investe in Italia.
Chi ha tanti soldi vuole poi la possibilità di fare altri investimenti e acquisti qui, tra immobili e spazi... cosa che tra burocrazia e disponibilità comunali/statali, viene negata.
E allora vanno nei posti dove permettono loro di farlo.
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Ma in Inghilterra hanno tutta questa possibilità di fare movimenti "extra-calcistici"?







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Re:
fabreezer, 11/06/2015 14:48:

Ma in Inghilterra hanno tutta questa possibilità di fare movimenti "extra-calcistici"?




Tra le 20 squadre più ricche al mondo ben 8 stanno in Inghilterra. Sono inglesi 14 delle prime 30 squadre.
C'è un movimento globale, squadre come Everton e Newcastle hanno un fatturato simile a quello di Inter e Napoli, ed inoltre hanno tutte uno stadio di proprietà.
Un altro mondo rispetto all'Italia, dove non ci sono investimenti e le entrate sono influenzate dai magheggi politici di Galliani e Lotito.
[Modificato da VerbalKint 11/06/2015 15:30]









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11/06/2015 18:51
 
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Guardate i diritti tv della premier del prox anno
L ultima in classifica prende quasi come la juve







Lo sai che mi diceva Lady D nel 79 prima di conoscere Carlo?
Arberto, quanno baci tu non c'hai na lingua c'hai n pennello mortacci tua
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11/06/2015 18:54
 
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Re:
flavioti, 11/06/2015 18:51:

Guardate i diritti tv della premier del prox anno
L ultima in classifica prende quasi come la juve



Qualche settimana fa avevo visto tutte le voci di entrata dei vari campionati e squadre mondiali e proprio i campionati esteri (in primis quello inglese e quello tedesco, se non ricordo male) spiccavano proprio per avere una media spettatori altissima (sempre sold out, praticamente), ma introiti televisivi molto bassi.
È cambiato tutto?







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17/06/2015 21:24
 
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"Attaccare... e attaccheremo!"

[Modificato da fabreezer 17/06/2015 21:28]







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19/02/2018 07:36
 
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www.corriere.it/dataroom-milena-gabanelli/cassaforte-che-ha-comprato-milan-era-gia-vuota/2ee58002-1344-11e8-bbf7-75f50a916419-...

"
DATAROOM
La cassaforte che ha comprato il Milan era già vuota
di Milena Gabanelli e Mario Gerevini

shadow
26
Siamo a Shenzhen nel sud della Cina, 10 milioni di abitanti a ridosso di Hong Kong. Ci sono un imprenditore, due banche e un tribunale: il cinese è titolare di una holding insolvente, le banche creditrici gli hanno fatto causa e il tribunale ha stabilito che, per saldare i debiti, il patrimonio della holding vada all’asta. Una storiella orientale apparentemente insignificante se il cinese con il patrimonio all’asta su Taobao (eBay cinese) non fosse Yonghong Li, l’imprenditore che ha pagato 740 milioni alla Fininvest per comprarsi il Milan.

L’ordine è arrivato dal tribunale del distretto di Futian: «Vendete all’asta il 2 febbraio» (data poi rinviata) la partecipazione (11,39%) che la cassaforte di Li possiede nella società di packaging Zhuhai Zhongfu, quotata alla Borsa di Shenzhen. Valore circa 60 milioni, ma il ricavato andrà a risarcire le banche.

Pochi giorni fa, inoltre, la China Securities Regulatory Commission, la Consob di Pechino, ha comunicato l’avvio di indagini per presunti illeciti sul mercato commessi dalla holding che si chiama «Shenzhen Jie Ande»: ha tenuto nascoste per mesi la sentenza e l’insolvenza.
IL DOCUMENTO
+
Il Milan e la cassaforte vuota
In sostanza, mentre era inseguito dai creditori in patria, il 48enne finanziere residente dal ’94 a Hong Kong chiudeva in Italia, sotto i riflettori di mezzo mondo, una delle più costose acquisizioni calcistiche della storia, accreditandosi (e accreditato) come un grande e ricchissimo imprenditore dai mille interessi. Ma molto riservato. La sua credibilità, storia e consistenza patrimoniale l’ha riassunta in un documento consegnato alle parti nella trattativa e fatto circolare dagli uomini di Li, anche di recente, senza modifiche. Tra gli asset fondamentali, oltre alle famose e fantomatiche miniere di fosfato, c’è anche l’11,39% di Zhuhai Zhongfu, detenuto tramite la cassaforte Jie Ande.


Occhio alle date: quella partecipazione era dal 2015 in pegno, cioè in garanzia, alla Jiangsu Bank a fronte di un prestito. Soldi mai più rimborsati tant’è che nel maggio 2016 la banca fa causa alla holding di Li, a quel punto già insolvente, e il 7 febbraio 2017 il tribunale del popolo di Futian ordina che il pacchetto in pegno vada all’asta. Parte immediato il ricorso della holding Jie Ande. Intanto a Milano, il 13 aprile 2017, il cinese di Hong Kong chiude con Fininvest (600 milioni di plusvalenza consolidata) l’acquisto da 740 milioni del Milan, dopo aver fatto «girare» centinaia di milioni off-shore e con un prestito da 300 milioni (a tassi fino all’11% con scadenza 15 ottobre prossimo) del fondo americano Elliott.
Le credenziali? Tutto ok
A metà maggio, dall’altra parte del mondo, il tribunale respinge il ricorso della holding di Li (gestita da un prestanome) confermando la vendita coattiva a favore della Banca Jiangsu. A default conclamato a Shenzhen, il nuovo proprietario del Milan presenta a giugno in Lega Calcio le credenziali su onorabilità e solidità. Tutto a posto. Il Milan è iscritto al campionato, e parte una faraonica campagna acquisti da 200 milioni.

Chiesta la liquidazione per bancarotta
Sotto Natale, l’amministratore delegato del Milan, Marco Fassone, è a caccia di 3-400 milioni per rifinanziare il prestito da 300 milioni del fondo Elliott, quando il tribunale cinese fissa al 2 febbraio l’asta di giudiziale. Senonché l’8 gennaio arriva un’altra tegola per il povero Li: a inseguirlo è la Banca di Canton, a cui non ha pagato i debiti, e che chiede la liquidazione per bancarotta della holding Jie Ande. Nel frattempo dall’Italia lo avvisano delle notizie di presunte inchieste per riciclaggio, poi smentite, sulla compravendita del Milan. Li rompe il silenzio e garantisce che tutto si è svolto «con la massima trasparenza, regolarità e correttezza». A Shenzhen l’asta su Taobao del 2 febbraio viene rinviata, perché c’è la richiesta di liquidazione per bancarotta della Banca di Canton che si accavalla alle pretese risarcitorie della Banca di Jiangsu. A Milano è tutto tranquillo, perché in ogni caso «i soldi sono arrivati» e Li «ha rispettato tutti gli impegni».


L’operazione impossibile
«Non abbiamo riscontrato nulla di pregiudizievole a carico di mister Li Yonghong che dispone di adeguate risorse finanziarie per realizzare l’operazione», scriveva a Fininvest il suo advisor finanziario, Marco Samaja, capo di Lazard Italia. Oggi sappiamo che mister Li ha esibito sul tavolo della trattativa le credenziali di una sua società-cassaforte che era già da tempo insolvente. Ha barato? E può un oscuro finanziere, sconosciuto in Cina e altrove, che mai si è occupato di calcio neppure a livello amatoriale e che presenta tra i suoi “gioielli” una holding quasi fallita per pochi milioni non restituiti, impegnarsi da solo in un’operazione da un miliardo (campagna acquisti e aumenti di capitali compresi)? Non bisogna essere un banchiere della Rothschild per rispondere che non e’ possibile. Eppure lui ce l’ha fatta, con la Rothschild come consulente. E da Rothschild, dove è vicepresidente della controllata inglese, viene il consigliere di amministrazione del Milan Paolo Scaroni, ex numero uno di Eni ed Enel e buon amico di Berlusconi.

I tre volti di Mister Li
A questo punto i casi sono tre: 1) Li è realmente molto ricco, finora ha tenuto nascosto il suo vero tesoro che forse non può far emergere, e non paga i debiti perché è distratto; 2) Ha fregato tutti ed è un mitomane; 3) Si è prestato a interpretare la parte in un gioco più grande di lui nel quale i soldi e le garanzie non sono suoi; 4) l’importante è che il Milan non finisca su Taobao"










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