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PdV Quinta partita

Ultimo Aggiornamento: 29/03/2016 14:16
28/11/2014 18:00
 
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The White Walker

La punta della sua piuma scorreva sulla pergamena compiendo piccole volte in successione, atte a formare le increspature del mare stretto. Era il suo tocco personale, lo considerava una firma, un tratto che lo distingueva dagli altri cartografi. I simboli meteorologici avevano per lui una valenza particolare, quasi ad istruire il lettore inesperto o poco colto. Simboli eolici nei pressi di Storm’s End, onde a cuspide attorno a Pike e attorno all’arcipelago delle Sorelle, delle sottili linee verticali ad indicare delle canne attorno Graywater e così via, fino all’estremo nord oltre la barriera, con un immenso albero diga recante un volto piangente. Finì l’ultima onda soddisfatto, poi si fermò ad osservare lei. La sua piuma da scrittura era ormai di un colore giallognolo, distante dal bianco candido di un tempo, ma non lo aveva mai tradito. Sua era stata la compagnia nelle notti in cui aveva forgiato la sua conoscenza e i suoi anelli, sua la scia di sapere che aveva lasciato ai posteri. La piuma era stata da sempre la sua migliore amica, la piuma e i corvi. Si perché se la prima rappresentava il suo intelletto e la sua intimità, i secondi erano stati il mezzo di divulgazione del suo sapere. Fu pensando a queste cose che Maestro Camyl posò la sua piuma e guardò il suo lavoro migliore, quattro anni di lavoro nello studiolo, la mappa dei Setteregni più grande e dettagliata mai realizzata. Sarebbe stata esposta nella sala del Trono di Spade, dove per secoli sovrani e nobili avrebbero potuto apprezzarla, magari senza nemmeno ricordarne l’autore, ma a lui non importava. Un “Maestro della cittadella è il suo sapere” soleva dire il suo maestro Matiel, e lui nel tempo era arrivato a condividerne il pensiero.
Era ancora in contemplazione di quella enorme mappa adagiata sul pavimento del salone quando il suo apprendista entrò di corsa.
“Calma Lothorien, calma… abbiamo notizie?”
“Si, Maestro, gli anziani hanno dichiarato la fine della primavera e l’inizio dell’estate”.
“Bene figliolo, aiutami con i corvi. Ne partiranno molti questa notte”.
Uscendo dalla sala si imbatterono in Maestro Mance. Un inchino di entrambi e un sorriso profondo.
“Ti vedo bene Maestro Camyl, sereno in volto… hai finito il tuo Capolavoro?”
“Si mio caro amico, poco fa. L’inchiostro ha bisogno di qualche ora per asciugare a dovere e poi la mappa può essere spedita al Re”.
“Ottimo, provvederò personalmente al tutto. Sei sempre stato il miglior cartografo della cittadella”.
“Oh smettila, se non fosse stato per Lothorien non sarei riuscito a curare i dettagli e a renderla quello che è”.
Maestro Mance osservò il giovane con attenzione. “Bene Lothorien, un anello nell’arte bellica e uno nell’arte della geografia. Quando vorrai potrai venire da me, per forgiare l’anello in acciaio di Valyria, quello delle arti oscure, sarò lieto di svelartene gli arcani”.
“Sarebbe un onore Maestro”.
“Non esserne onorato, da quel che dicono sei molto dotato, ci si aspetta molto da te… e il cammino è lungo e difficile”. Dopodichè fece un inchino e si congedò salutando il suo vecchio amico.
Appena voltato l’angolo Camyl vide la perplessità nel volto del giovane
“Oh non preoccuparti Lothorien, parla parla ma Mance è un uomo più semplice e disponibile di quello che vuol far credere. Anche lui è stato allievo di Maestro Matiel. Impara tutto quel che puoi da lui, come hai fatto da me e diventerai un ottimo Maestro”.
Lothorien annuì comunque perplesso.
“Su dai, andiamo da Maestro Aemilien per la conferma della decisione dell’assemblea e poi dritti a spedire i corvi con Maestro Lorhen”.
A sentir parlare di Maestro Aemilien l’apprendista si mise a sorridere involontariamente ma Camyl se ne accorse.
“Si figliolo, Aemilien racconterà barzellette con falli e baldracche e tu riderai… basta che leghi i messaggi a quelle bestiole con cura. Ne partiranno molti stanotte… e devono arrivare tutti”.
I due si incamminarono per inviare al mondo la notizia della fine della primavera, senza sapere che sarebbe stata l’estate più corta di sempre.
[Modificato da AXL BARATHEON 29/11/2014 00:12]


Sono stato Mance Ryder, capo dello spionaggio di Robert Baratheon...
Sono stato Eddard Stark, Primo cavaliere di Viserys Targaryen...
Sono stato Robert Baratheon, fatto a pezzi perchè... troppo bello e abile nello scappare di prigione...
Sono stato Salladhor Saan, l'ultimo uomo senza Re...
Sono stato The white walker, colui che cammina nella Notte.
Sono stato Mace Tyrell, il BELLISSIMO!!!

Ed ora sono.... Il Buon Padre





Guardalo negli occhi, fino a che lui, ringhiando, entrerà nei tuoi col suo sguardo... solo allora ti angoscerai... non per paura, bensì per aver compreso il significato della parola fierezza.
07/12/2014 19:34
 
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Condottiero di Eserciti
1 PDV , Lord Gorgyle 


Il sole era prossimo al suo zenit quando il Lord Comandante dei guardiani della notte distolse, dopo una lunga mattinata , lo sguardo dalle sue mappe per guardare fuori.
Il cielo era terso, di un azzurro immacolato e splendente , la Barriera sotto la sua volta celeste scintillava e i raggi solari riflettevano sulla muraglia di ghiaccio i colori dell'arcobaleno, era una giornata splendida, in quei giorni Lord Qorgyle quasi dimenticava i suoi compiti e le preoccupazioni che derivavano dal comando.

Il novecentonovantaseiesimo lord comandante dei guardiani della notte era un uomo di mezza età , con la barba e i capelli neri striati di grigio ,  un dorniano delle sabbie , figlio cadetto della Casa Gorgyle e in virtú di ció aveva una carnagione scura , occhi neri come pozzi profondi , era alto e aveva le spalle larghe , anche se non era di costituzione particolarmente massiccia  ; tutto sommato era in netta contrapposizione con la stragrande maggioranza dei suoi confratelli.
Leyton Gorgyle non era entrato nella Confraternita per sua volontà , era stato come per molti altri a conseguenza della giustizia del re ; quell' uomo dallo sguardo intellegibile era un assassino, tutto per una questione d'amore perduto , di una vendetta e di un odio che aveva in un certo senso spezzato la sua giovane vita.
Da allora innumerevoli volte  nelle sue passeggiate , egli andava vagando , quasi distrattamente, incontro alla sua giovinezza che seppur inconsciamente,  cercava di  rincontrare nei meandri della sua mente e dei suoi ricordi.
All'inizio era stato difficile abituarsi , portato a centinaia e centinaia di leghe dalla sua terra ,  privato del suo futuro di cavaliere e di padre , all'improvviso immerso in un clima terribile e inospitale  dove la neve aveva preso il posto della sabbia  e soprattutto solo. 

Eppure una vita spezzata, come un spada , puó essere riforgiata.

Leyton aveva imparato a conoscere i suoi compagni , a non giudicarli per le loro vite passate , aveva smesso di tormentarsi (almeno in parte) , aveva ricominciato a vivere a poco a poco e così trascorsero gli anni , in cui Gorgyle aveva compreso cosa significasse  indossare il nero , una vita di redenzione ! 
Una vita dedicata a uno scopo , con cui placare i  rimorsi e i propri demoni , da adempire con ferrea  volontà. 
Questa nuova implacabile forza  permise al dorniano , di elevarsi al disopra dei suoi "fratelli" come loro guida.
Da allora gli anni erano trascorsi relativamente tranquilli e sebbene l'organico della confraternita andasse costantemente diminuendo , i bruti non avevano costituito un problema  e i corvi si erano limitati a dare loro la caccia, solo quando essi scalavano la Barriera  o tentavano di attraversare la Baia delle Foche.
I problemi erano arrivati tutti insieme, nell'ultimo anno le nubi avevano cominciato ad addensarsi sui Sette Regni e tutti o quasi , si stavano dimostrando ciechi.

Cinque  mesi prima una numerosa pattuglia era scomparsa , inghiottita dalla Foresta Stregata dove era uscita in missione , per estrarre blocchi di ghiaccio dagli stagni profondi da usare per rinforzare  le base  della Barriera , una questione quasi di routine ,  eppure nessuno aveva fatto ritorno , gli uomini erano  evaporati come la bruma e Lord   Qorgyle si  era ormai convinto che fossero stati in qualche modo sorpresi e sopraffatti dal Popolo Libero , quando qualcuno tornò, dopo che tutte le spedizioni di ricerca avevano fallito.
Garigus Storm arrivò stremato a piedi  , con gli occhi quasi appannati e vitrei  , nessuno fu mai in grado di cavargli fuori qualcosa su cosa era accaduto ai suoi compagni ,ne per dove avesse vagato giorni e giorni ,  solo Lord Leyton dopo notti di interrogatorio ,riuscì a farlo parlare strappandogli frasi sconnesse e brandelli di discorsi. 
Dopo neanche un mese  ,  il povero ranger , uno dei migliori della Confraternita , fu catturato mentre cercava di disertare ; nemmeno un attimo prima che la lama calasse egli pronunciò una parola e mai quello sguardo vuoto lo abbandonò.

Lord Leyton aveva passato giornate intere a cogitare sull'accaduto e infine si era reso conto che negli occhi di Garigus,  non vi era stata assenza ma quel terrore vero e puro che annienta ogni cosa e spegne ogni fiamma , un sentimento che doveva non avergli mai dato tregua ma che non costituiva pazzia , il vecchio Storm non era stato nemmeno un codardo,  da allora il Lord Comandante iniziò a sentire i nascenti tentacoli opprimenti  della paura, attanagliargli le viscere.

Le spedizioni a Nord della Barriera furono drasticamente ridotte quasi a zero , ma i mesi passarono e alla fine in preda alla sua inquietudine Lord Gorgyle aveva mandato fuori i suoi  ranger esploratori , i migliori e più duri.
Il Popolo Libero, negli ultimi decenni diventato assai numeroso,  era in pieno fermento ,  nei rapporti  si parlava di grandi accampamenti all'ombra delle montagne,  i quali  crescevano di giorno in giorno e che non sembravano essere privi di ostilità tra loro,  il Popolo Libero si raggruppava in fazioni.
Dopo grandi fatiche gli uomini di Lord Leyton , anche grazie alle informazioni fornite da Craster, gli avevano dato quattro nomi principali: Tormund  Veleno dei Giganti , Rattleshirt , Dominem e Styr Maknar di Thenn.
I segnali erano inequivocabili,  pretendenti al  vecchio trono, dopo che da più di tre secoli non vi era un Re Oltre la Barriera ; le cose stavano infine per cambiare ma perchè? Cosa aveva scosso l'informale tregua con i bruti?
Jack Bulwer parlava di grandi anelli di fuochi alimentati giorno e notte, certamente una sorta di protezione.
Il popolo libero era inquieto e se stava per unirsi sotto un'unica bandiera , poteva significare una cosa sola , stavano per tornare i giorni di Raymund Barabrossa e dei suoi fratelli ; un attacco imminente stava per essere sferrato e avrebbe fatto tremare la Confraternita fino alle fondamenta.

" siamo troppo pochi  e il nostro nemico troppo numeroso " , a ciò stava pensando lord Gorgyle quando uno dei suoi attendenti , Ser Byam Flint ,  da poco in quel ruolo assieme ad un altro  strano giovane chiamato Eddison Tollet, entrò chiedendo venia per attizzare il fuoco e per informarlo  che  alla Sala Grande   Hobb stava per servire il pranzo.

Alla tavola degli ufficiali si discuteva  animatamente mentre i commensali si cibavano , <" Non va affatto bene mio lord , le metà dei fortini è in rovina , non ho sufficienti costruttori per tenerli in buono stato , già è una stramaledetta sfida con la Barriera e i forti più importanti! " > stava dicendo Othell Yarwyck , <" e allora dovremo vincerla questa sfida e per di più più alzare la posta ,  non importa con che sforzi , ne dove troveremo le risorse , dobbiamo mantenere le nostre strutture in efficenza , ora più che mai .
I forti già in rovina verranno  restaurati e mantenuti in buono stato , a qualsiasi posto. " >, questo rispose senza mezzi termini il Lord Comandante , prima che il giovane Thoren Smallwood prendesse la parola< " io dico di uscire fuori e disperdere quel branco di selvaggi ,  di attaccare gli  accampamenti separatamente  tralasciando solo quello  sull'impervio Pugno dei Primi Uomini ! Quei selvaggi non sono soldati ma solo barbari!! ">, 
a tali parole Lord Leyton scosse la testa prima di replicare <"nel momento in cui usciamo per andare a dargli la caccia , giochiamo un lancio di moneta, ma truccata per la nostra sconfitta, non abbiamo forze sufficienti per sopraffare i bruti, non le avremmo neanche con il doppio dell'organico e di sicuro sarebbe quasi impossibile coglierli di sorpresa, la scieremmo la Barriera sguarnita  e infine sprecheremmo tempo , tempo prezioso">  Lord Qorgyle quardò negli occhi i suoi luogotenenti , il  suo Primo Ranger  Lord Denys Mallister, affettato e pieno di contegno ,  il Capo Attendenti Bowen Marsh , il Primo Costruttore Yarwyck e infine il suo Capo Esploratore , il fin troppo temerario Thoren Smallwood < " abbiamo disperatamente  bisogno di aiuto, quello che dobbiamo fare noi ora è difenderci ,  Casa Stark costituisce la nostra migliore speranza ma sarò onesto dicendovi  che  forse non sarà sufficiente , siamo di fronte a una situazione drastica , ora noi tutti dobbiamo essere uniti , agire con calma e nella sfera del freddo calcolo , in questo momento poggiamo i nostri piedi su una  lastra di ghiaccio  viscido , un solo sussulto e cadremo.
È di fondamentale importanza che i Sette Regni si rendano conto della situazione , cosa che per adesso non è avvenuta , i grandi e lontani Lord ci guardano con indifferenza e ci ignorano.
In questo momento il Reame spende il suo oro e le sue energie per allestire un immane ed opulento torneo ad Harrenhall , ivi manderemo i nostri Corvi Erranti per tentare di scuotere il re e i suoi Lord Protettori.
Se falliremo , allora non resterà che guardare con stoicismo la realtà e prepararci alla fine ,ma se  la nostra sconfitta costerà cara al nemico , tanto da risultarne spezzato , allora avremo in un certo senso vinto e adempiuto al nostro giuramento ; ma potrebbe essere una vittoria vana.
Ricordate che la Barriera ,non è stata costruita per recludere l'accesso dei Sette Regni solamente a degli uomini sanguinari e selvaggi,  oltre il Muro si potrebbero celare,  come nei secoli e millenni passati , cose molto peggiori, cose  di cui oggi dubitiamo l'esistenza ,  perchè le storie sono diventate prima  leggenda  e poi mito.
Vi sono state in passato epoche molto più oscure e drammatiche della nostra ,  minacciate da orrori senza nome.
Siamo quindi di fronte , forse , ad una crisi chiave del nostro Ordine e di questo siate consapevoli  ,  non avremmo certo voluto che questo succedesse durante la nostra guardia , ma in fondo chi lo vorrebbe? Possiamo solo accettare e gestire la cosa , tirare fuori da noi stessi  e dai nostro uomini il meglio."> , scandendo queste parole , Lord Qorgyle guardò lungamente i suoi ufficiali negli occhi.

Molto più tardi , a notte inoltrata , Lord Leyton  sedeva ancora davanti alla sua scrivania , assorto , sognava ad occhi aperti un sole accecante ,  le sabbie torride trasportate dal vento di Dorne, il sorriso di una donna in mezzo a veli di seta scossi dal deserto  ; tutte cose  andate che non sarebbero mai più potute essere.
 Lord Gorgyle dovette infine abbandonare la via dei suoi ricordi , che ormai di rado gli capitava di visitare, per tornare alla realtà.
I bruti potevano essere la miccia di un qualcosa di molto peggiore , se avessero conquistato i tunnel principali e se li avessero lasciati incustoditi nella loro corsa verso Sud , cosa sarebbe potuto passare indisturbato?
Se ciò che aveva confessato e raccontato Garigus Storm era vero , sempre che egli non fosse veramente in preda alla pazzia , allora  la situazione rasentava la disperazione più nera, come avrebbero potuto reggere i cuori dei suoi uomini ad un nemico simile?
Lord Gorgyle non era mai stato un uomo superstizioso  e avrebbe riso con disprezzo o perlomeno, assunto benevola incredulità  riguardo a  certe congetture,  sentimento che alcuni dei suoi luogotenenti , nonostante quello che avevano vissuto nelle loro esperienze alla Barriera , avevano mal celato alla conclusione  del suo discorso riguardo oscuri mali e creature.
Cosa avrebbe pensato allora  Aerys Targaryen , che  non aveva nemmeno mai visto la Barriera? Non gli avrebbe creduto , come del resto gli assennati grandi Lord.
Eppure bisognava tentare , Il Lord Comandante  nonostante tutto era certo che se tale male si fosse dimostrato infine  reale , era proprio per combattere ed arginare esso che i Guardiani della Notte erano stati creati, sin dall'Alba dei Tempi.
Si...  bisognava tentare , la celerità di risposta delle autorità dei Sette Regni poteva essere essenziale, il loro aiuto forse l'unica speranza.
Edd Tollet dormiva in piedi vicino alla porta,  Qorgyle non lo aveva congedato dal servizio in preda alla sua indecisione , tuttavia ormai svanita e con una scossa decisa, il Lord Comandante svegliò il ragazzo <" Edd , trova Yoren e sveglialo , lo voglio qui il prima possibile , devo parlargliene ancora del suo imminente viaggio , sbrigati! ">  il ragazzo , mezzo addormentato annuì "< aye milord , per poco non cascavo dentro il camino svegliandomi, sua signoria dovrebbe desistere dal farmi andare in giro in queste condizioni di notte  , se inciampo e casco , sono così fortunato che cado  in un dirupo e mi ritrovate in Primavera , finisce  che era meglio il  camino ,  vado ma mi sembra di essere un morto che cammina !! ">  a tali parole un brivido gelato attraversò la schiena di Lord Gorgyle.





Ser Richard Horpe

Nella sesta partita Lord Leyton Hightower, Voce di Vecchia Città.

Nella quinta partita LORD Leyton Qorgyle , COMANDANTE DEI GUARDIANI DELLA NOTTE.

Nella quarta partita LORD RODRIK HARLAW IL LETTORE, signore di Harlaw

Nella terza partita ROBB STARK

" credevo che la parte più difficile della guerra fossero le battaglie mi sbagliavo..."
Re Robb Stark


uff non è stato facile trovare una frase con un certo peso di robb

risus abundat in ore stultorum

the winter are coming!!


11/12/2014 23:02
 
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Stannis (I)


"Un torneo...Possibile che Re Aerys abbia vinto la sua ben nota avarizia per finanziare un evento di questa portata, per di più in un castello non direttamente Targaryen?" questo pensava Stannis Baratheon nei suoi alloggi di Capotempesta.
Specialmente se quel castello si chiamava Harrenhal, dove secondo il popolino, tra i bastioni delle sue torri in rovina da secoli, i fantasmi di Harren il Nero e dei suoi figli sono ancora in una tormentosa ricerca del riposo eterno. Harren, un tempo Re delle Isole e dei Fiumi, bruciato vivo dal fuoco dei draghi Targaryen scagliategli contro da Aegon il Conquistatore.
"Deve esserci qualcos'altro sotto, ma cosa? Cosa ha in mente il Re? Che sorpresa riserverà ai suoi ospiti?"
In tutti i Sette Regni era noto che Aerys Targaryen era un personaggio quantomeno eccentrico...
Eccentrico era dire poco...da qualche anno, sussurrandolo a vece tremula, già una buona parte di Approdo del Re aveva iniziato a chiamarlo "Il Re Folle".
Di fronte a suo fratello Robert e ai suoi più fidi consiglieri e guardie del corpo, Stannis non aveva potuto non perorare la causa della partecipazione di una delegazione Baratheon al torneo, nonostante Robert in un primo momento si stesse rifiutando.
Troppo pericoloso diplomaticamente e politicamente offendere Re Aerys non partecipando ad un evento di tal portata, considerando che i Baratheon erano diretti confinanti della Corona, e nella storia anche cadetti discendenti del drago.
"Una qualche figlia del drago che sposò un vecchio lord della Tempesta" disse ad alta voce Stannis, non ricordando però esattamente quale figlia Targaryen nè quale lord. "Maestro Cressen lo sa sicuro" terminando i suoi pensieri.
Una mancata partecipazione al torneo poteva anche per questo sembrare un atto di ribellione, e un modo per giustificare da parte dei Baratheon l'apertura di ostilità volte alla conquista del Trono di Spade, dato che legami di sangue li avrebbero posti ai primi posti nella lista di possibili nuovi sovrani, nel caso Re Aerys e i suoi figli fosserto stati eliminati.
Ma la pretesa al Trono, Stannis ne era certo, non era nei pensieri di Robert, non al momento almeno.
A Robert semplicemente non piaceva che qualcuno gli dicesse cose fare, e per riflesso si proponeva di fare l'esatto contrario.
La cosa che però a Stannis più non piaceva era la decisione di suo fratello di far partecipare anche lui al torneo.
Stannis non era un cavaliere da torneo, nè tantomeno un guerriero vero e proprio.
Certo...si allenava ancora oggi, partecipava alle lezioni di Donald Noye, focoso maestro armi di Capotempesta, sapeva dare di spada, scudo e lancia, sapeva andare a cavallo, ma non poteva minimamente essere paragonato a suo fratello Robert, o a cavalieri della forza, ferocia, destrezza e potenza di Gerold Hightower, Arthur Dayne e Barristan Selmy, tutte cappe bianche della guardia reale di Aerys che avrebbero di certo partecipato alle tenzoni.
"Partecipato...garaggeranno per vincere!" E se per riuscirci avrebbero "casualmente" spezzato qualche costola, o addirittura qualche braccio o qualche gamba a dei poveri malcapitati, non si sarebbero certo fatto scrupoli.
Il secondo figlio di lord Steffon ed erede di Robert, che ancora non era convolato a nozze, preferendo accontentare qualsiasi donna, di lignaggio o del popolino per lui non faceva differenza, gli capitasse a tiro, non temeva di combattere, ma trovava inutile e stupido farlo in un torneo.
Stannis era un abile navigatore, conosceva i mari, i venti e le tempeste, con una forte propensione al comando militare, quello dalle retrovie che forse i più stupidi avrebbero considerato da vigliacchi, preferendo comandanti che combattevano in prima linea fianco a fianco, scudo a scudo, braccio a braccio con i propri uomini. Ma di quei comandanti la maggior parte vivevano solo nelle canzoni, perchè nella realtà morivano in battaglia il più delle volte.
Stannis aveva studiato tutte le più grandi battaglie nella storia dei Sette Regni e non solo. Gli scontri tra i figli della Foresta e i Primi Uomini, tra quest'ultimi e gli Andali, la battaglia tra Joramun, Re dei Bruti, e gli Stark di Grande Inverno, lo scontro nella città libera di Qohor tra Immacolati e Dothraki. E poi le battaglie che sancirono il trionfo della dinastia Targaryen, Pratorosso, Campo di Fuoco, La Guerra dei Re da Nove Soldi...
Era convinto che guidare l'esercito alle spalle, magari dall'alto di un altura o declivio, fosse non meno rischioso, ma soprattutto più pratico e strategico. Dall'altro delle retrovie si poteva studiare meglio l'andamento dello scontro, osservare i propri soldati ma soprattutto studiare i nemici, decidere dove intervenire, quale ala o cuneo rinforzare, dove mandare la cavalleria, dove inviare la riserva, dove mettere al sicuro la logistica e così via.
Era dalle retrovie che per Stannis si vincevano le battaglie, al contrario di suo fratello Baratheon che adorava combattere, comandare l'avanguardia, partecipare ai tornei, soprattutto alle grandi mischie dove poter liberamente prendere gli avversari a mazzate col suo terribile martello da battaglia.
"La sua audacia un giorno lo ucciderà. Ma fino ad allora toccherà a me sorvegliarlo e guardargli le spalle". Stannis non aveva molta simpatia per il suo fratello maggiore, più grande di lui di due anni, e di carattere diametralmente opposto al suo.
Ma Stannis era un uomo dal forte senso di responsabilità, dovere, rispetto per le leggi e per i legami familiari.
"Lo farò per onorare la memoria dei miei genitori".
Lord Steffon Baratheon e sua moglie erano morti anni fa, di ritorno da Volantis, dove erano andati su incarico proprio di Re Aerys per trovare una sposa per suo figlio Rhaegar.
Il viaggio non era andato a buon fine, l'allora lord Baratheon non aveva trovato una donna degna del principe, scrisse nella lettera che anticipò il suo ritorno.
Ma una tempesta come poche Stannis ricordava ancora allora, li colse a poche leghe a largo di Capotempesta, e sotto gli occhi dei due piccoli Baratheon saliti sui bastioni per vedere i genitori di ritorno, mandò la loro ammiraglia a infrangersi sugli scogli intorno al castello.
Il mare non li restituì mai più.
"Fu Re Aerys ad ucciderli" disse Stannis sbattendo il pugno sul tavolino della sua stanza, il tavolino che affacciava su quel mare spesso tempestoso che lui amava e odiava allo stesso tempo. "Non permetterò che uccida altri Baratheon".
[Modificato da CarMelisandre 11/12/2014 23:12]

Lady Catelyn Tully

Nelle precedenti partite

Lady Anya Waynwood

Lord Stannis Baratheon

Lady Asha Greyjoy, Voce di Pyke

Lady Melisandre d'Asshai
Sacerdotessa di R'hllor (sempre nel cuore!!!)
12/12/2014 19:19
 
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Tormund, Orso Bianco
pdv 1


- Il sogno del destino-


“Arghhhh…..birra!!! Birra!!!” Tormund varcò la soglia della tenda comune strepitando, era di umore nero.
Si avvicinò al barile della birra, Stoik gli riempì il boccale e glielo porse.
“Via!!!... Spostati” con malagrazia Tormund spinse via l’uomo poi appoggiò entrambe le mani al barile e vi immerse completamente la testa.
Rimase immerso nel liquido ambrato un tempo che fece preoccupare alcuni presenti, se non fosse stato per il continuo sussultare del suo torace, sintomo che stava bevendo, qualcuno lo avrebbe dato per morto.
Poi emerse in un esplosione di schizzi, la birra schiumosa gli gocciolava dalla barba e dai capelli rossicci, si scrollò come un cane bagnato e si sedette pesantemente sulla panca.
“Tutto bene, Tormund?” chiese Stoik avvicinandosi, nella tenda era calato il silenzio.
“Che io sia maledetto… “ rispose l’uomo, poi strappò di mano il corno pieno di birra che ancora l’altro inspiegabilmente teneva saldamente e lo vuotò in un sol fiato “…ho sognato di nuovo quel fottuto orso! Va a finire che divento pazzo!” così dicendo batté il corno contro il tavolo mandandolo in frantumi.

Erano trascorsi ormai dieci giorni da quando "Dominem grande scudo" il Re Oltre la Barriera era stato ammazzato. Tormun si era recato al Pugno dei Primi Uomini e molti del popolo libero lo avevano seguito senza che lui gli chiedesse qualcosa. Ma dalla notte della morte di Dom aveva iniziato a fare sempre lo stesso sogno, ogni notte sognava l’Orso Bianco. Aveva provato a bere fino a perdere i sensi, a stramazzare dopo essere stato con due donne, una notte era persino andato a letto sobrio, ma nulla…. per qualsiasi cosa provasse l’Orso Bianco tornava a fargli visita.
Anche quando aveva cercato di non dormire per tre giorni di fila e si era addormentato in sella, eccolo lì sempre pronto, l’Orso Bianco si era mostrato. Tormund non ce la faceva più.

“Ho deciso, così non posso andare avanti. Questa qui è una cosa che non capisco, una cosa che c’ho nella testa. Una….” Rimase un istante in silenzio con lo sguardo assente come se cercasse la parola senza successo, poi il suo viso si illuminò “… una confusione mentale. Devo parlare con un guaritore, con uno sciamano, che me la può tirare fuori dalla zucca, altrimenti va a finire che prendo un’ascia e me la spacco da me la testa per strapparci fuori questo maledetto Orso” disse ad Anden lasciando l’accampamento di Pugno per inoltrarsi nella Foresta Stregata.
Dopo una mezza giornata di cammino raggiunse il luogo che stava cercando, in una radura tra gli alti faggi c’era una capanna di legno.
Teschi di animali erano appesi fuori di essa su delle picche. Tormund riconobbe quello di un lupo, qualche uomo, c’era un palo con una corda in cui erano stati infilati dagli occhi dei crani di uccelli, c’era quello di un cervo o un alce o uno stambecco insomma “una cosa da mangiare” si disse tra se Tormund che faticava a ricordare quale fosse e infine vi era quello di un orso.
Si fermò un istante a fissare le ossa sbiancate dell’ orso, “ Spero proprio che il guaritore riesca a uccidere anche il mio di orso” .
Varcò l’ingresso della capanna spalancando la porta, senza bussare o annunciandosi in qualche modo.
L’interno era in penombra, solo delle braci bruciavano ancora al centro della stanza esattamente sotto il buco del camino, l’aria era ammorbata dall’ odore di erbe bruciate e spezie, ai quattro pali di sostegno e dalle travi del soffitto pendevano fili con appeso cose di ogni tipo.
Tormund riconobbe dell’aglio, della salvia, delle lucertole essiccate, faticò a riconoscere il resto.
In un angolo c’era un grande quantitativo di vasi e anfore di argilla tutte sigillate.
Nella stanza c’era anche un giaciglio su cui sedeva immobile un vecchio ad occhi chiusi.
“Benvenuto Tormund, Veleno dei Giganti, Marito di Orse, Re della Birra di Sala fangosa, Padre…”
“Si si, facciamola corta” lo interruppe facendo un cenno di diniego con la mano “ ti ho portato un dono” buttò a terra un sacco che conteneva sei lepri “e sono qui per…”
“So perché sei qui, me lo ha detto il vento”
L’anziano, Tormund lo sapeva, era un rispettato guaritore e un grande veggente, si diceva che era in grado di conversare con gli spiriti e che gli stessi animali lo ascoltassero, si diceva che era potente metamorfo. A Tormund non piacevano molto queste cose magiche, non le temeva certo, ma quello che faceva la magia spesso non lo capiva, lui preferiva brandire un’ascia su un campo di battaglia e macellare i nemici, non era fatto per grandi riflessioni, aveva una mente semplice.
“Dimmi allora me lo puoi ammazzare il Mio Orso Bianco, puoi farmi tornare a dormire di notte?”
L’uomo si alzò in piedi, era coperto solo con un pelliccia di montone e completamente nudo sotto di essa, il suo corpo era dipinto di spirali blu tatuate e di rune di una lingua perduta. Aveva molti spuntoni di osso infilati nelle orecchie e nel naso, indossava una collana di grani rossi e aveva delle piume di uccello attorcigliate nei capelli.
“Non so se posso fare ciò che mi chiedi, prima parlami del tuo sogno, ma ora prepariamo la stanza” così dicendo ravvivò le braci ed andò a prendere delle polveri e delle erbe dai vasi nell’ angolo. Con gesti teatrali li buttò nel fuoco che prima diventò verde e poi iniziò a produrre un fumo bianco dolciastro.
“Magia ..puah” pensò tra sé e sé Tormund.
Lo sciamano intonò una nenia e il fumo sembrò danzare come un serpente alle sue parole.
“Ora siamo pronti, raccontami il sogno e cerca di essere il più chiaro possibile” disse l’uomo tornando a chiudere gli occhi cerulei ormai velati da una patina bianca.

“Beh c’è poco da dire. Vedo un grosso Orso Bianco su una distesa di neve, cioè grosso… normale, perché non è ancora grosso per davvero.
Questo orso cammina verso di me come se mi vede anche se io non sono li, poi ad un certo punto si mette a mangiare la gente, cioè prima la gente non c’era, ma poi arriva e lui se la mangia, tutti è non solo i miei amici, mangia i Thenn, i giganti, i cannibali tutti quelli che stanno ad Aspra Dimora, tutti gli Uomini Liberi e più mangia e più diventa grosso.
Più alto di un albero, più alto di una montagna, che poi divora le persone, ma il suo manto rimane sempre bianco, sempre pulito non c’è neanche una goccia di sangue. Poi quando è diventato alto fino al cielo continua ad avanzare verso Sud e arriva alla Barriera che ormai per lui è diventata come un muretto, quello che i bambini fanno per gioco con la neve, allora ci da una zampata e la butta giù senza fatica e la supera. A questo punto quello si mette a parlare e in Lingua Antica mi chiama per nome." fece un sospiro come se si fosse tolto un peso.
Dimmi vecchio sono diventato pazzo? Cosa mi succederà adesso? correrò nudo nella neve come Ted il Tredenti?”
Il vecchio non rispose per qualche tempo che parve un istante lungo una vita.

“Ora ti dirò cosa significa il tuo sogno.” Prese a parlare con voce calma, “ tu sei un veggente, un metamorfo, Tormund”
“Veggente del mio uccello. Io sono un uomo normale, stupido vecchio, io sono un guerriero, non sono strano, non sono magico.” Lo interruppe Tormund carico di ansia.
“Fa silenzio e ascolta.” Il suo tono non ammetteva repliche, e neppure Tormund, che non accettava ordini da nessuno, seppe cosa rispondere.
“Tu sei l’Orso Bianco. Tu mangi gli Uomini Liberi perché li vuoi tutti dentro di te, vuoi che siano un unico popolo, non più diviso, li mangi per proteggerli. Infatti non vi è sangue ne sofferenza, tu li uccidi, ma rimani bianco, rimani puro, uccidi i tuoi fratelli senza una tua colpa. Una volta che avrai unificato il Popolo, le tue genti, i tuoi figli saranno molti, come un buon padre avrai una forza enorme e li guiderai oltre la Barriera, nel Sud sconfiggendo per sempre i Corvi.
Tormund “Orso Bianco”, tu sarai l’erede di Dominen “Grande Scudo”tu sarai il Re Oltre La Barriera.”
“Ti stai sbagliando vecchio, ne sono sicuro. Io non posso fare il Re, posso bere più di qualunque uomo, picchiare più di molti , cantare più di tanti e il mio uccello è grosso tre volte quello di chiunque altro , ma a me manca la furbizia per fare il Re, a me mi manca la strategia, mi manca il saper fare i piani di conquista, io sono buono a combattere sul campo e a guidare un centinaio di uomini, non sono un Re.” Riprese Tormund titubante.
“Tu non sarai solo un Re, tu sarai il Padre di una grande Armata, tu sarai colui che libererà il popolo dal giogo del vento freddo, tu farai tremare i Sette Regni.”
“A me però non mi interessa mica. Non puoi chiedere all’Orso Bianco di andare a scegliere qualcun altro e di portarsi via anche la magia che mi ha messo addosso?”
“No Tormund, tu sei il prescelto, il solo che può compiere questa impresa, non devi farlo per te, ma per tutti gli uomini liberi.” Continuò l’uomo.
“Ma io mi guardo solo a me, a me interessa solo bere, mangiare, scopare e fare qualche bella rissa. Non sono la balia di nessuno, ho solo due figli, Oregg e quel cucciolo di Torwynd, anche se a dire il vero in qualche altra donna mi sa che il mio seme è maturato.
Non sono io quello che dici te, non sono io che cerchi.” Così dicendo si alzò e uscì dalla capanna mentre il vecchio rimase seduto.

Per altre due notti l’Orso Bianco venne a far visita a Tormund, che in quei giorno era taciturno e scontroso con tutti. Gli uomini gli stavano alla larga. Al tramonto del secondo giorno decise che avrebbe dato ascolto alle parole del vecchio, sarebbe andato incontro al suo destino.
Dormì una notte serena, l’alba portò con sè il vecchio sciamano con in dono una grande pelliccia di orso bianco.

“Sono contento che tu abbia deciso di lottare per il tuo destino” prese a parlare il vecchio una volta entrati nella tenda.
“Speriamo di non doverli uccidere tutti quelli del popolo libero, che se no mi tocca buttarla giù tutta da me la Barriera, spero che qualcuno si unisca alla causa senza dover per forza suonargliele” disse Tormund ancora teso.
“Unirò la mia voce alla tua, Tormund “Orso Bianco” e molti si uniranno alla nostra causa, alla causa del Re.” Così dicendo pose il manto d’orso sulle spalle di Tormund.
“L’indomani manderò degli uomini a parlare ai clan vicini, ed io stesso andrò a parlare con i giganti.
Speriamo che le cose siano più facili del previsto.”

[Modificato da Faccia da cavallo 12/12/2014 21:39]


NEL GIOCO DEL TRONO:
Lord ROBERT BARATHEON




CRONOLOGIA PG:
- Nella seconda partita: Styr un Uomo Libero!!!
- Nella terza partita: Re Jon Arryn, Signore del Nido dell'Aquila,Protettore della Valle e dell'Est. Primo cavaliere, Protettore delle terre della tempesta e signore di Capo Tempesta,Sangue dei Re delle Montagne.
- Nella quarta partita: Tywin Lannister, morto nelle sale del dio Abissale, ultimo Re sul Trono di Spade. Distruttore del mondo.
- Nella quinta partita: Tormund "Orso Bianco" Re Oltre e sopra la Barriera, Gran Maestro Guaritore, uomo libero
- Nella sesta partita: Quellon Greyjoy Sommo Sacerdote,Lord Mietitore delle isole di Ferro, Principe di Lancia del sole, signore di Castel Granito, protettore del Mare(ex protettorato di Dorne) e dell'Occidente


CITAZIONI
"Sono stata Arya di casa Stark, Arya Piededolce, Arya Faccia da cavallo.Sono stata Arry e la Donnola, Squab e Salty, Nan la coppiera, un topo grigio, una pecora, il fantasma di Harrenhal...cat, la gatta...nessuno!"
"Quando cade la neve e soffiano venti ghiacciati, il lupo solitario muore, ma il branco sopravvive"
14/12/2014 15:00
 
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ATTENZIONE: il contenuto di questo pdv è consigliato ad un pubblico adulto.


Rhaella - I


Un raggio di sole insolente si fece strada tra le pesanti tende della stanza, trovando uno spiraglio ed arrivando a colpire il volto della donna che iniziò a svegliarsi.
Aveva la gola secca e quando tentò di deglutire, uno strano sapore dolciastro e ferroso la colpì violentemente allo stomaco causandole qualche conato di vomito.
Una fastidiosa fitta alla testa le annunciò che avrebbe dovuto combattere con l'emicrania per tutto il giorno, ma che comunque era giunto il momento di alzarsi in posizione eretta.
Non fu un'impresa semplice, tuttavia dopo qualche minuto di sforzi si ritrovrò in piedi fuori dalle coperte al centro della stanza.
Barcollò verso il tavolo dove era posta una bacinella piena d'acqua e fu proprio a quel punto che iniziò a sentire freddo. Lentamente abbassò lo sguardo su di sé e si accorse di essere completamente nuda.
In quel momento entrarono due ancelle portando dei sali da bagno e dei sontuosi vestiti puliti.
“A-a-andate via!!!” disse loro con voce incerta e roca, poi non volendo risultare troppo scortese verso chi non ne poteva nulla aggiunse “Vi manderò a chiamare quando avrò bisogno. Grazie”.
Non appena fu di nuovo sola si trascinò davanti al grande specchio della sua stanza ed iniziò ad esaminarsi con cura. Per prima cosa si soffermò sul viso, notando che, a parte i capelli arruffati, in alcuni punti appiccicosi, gli occhi leggermente gonfi e la faccia un poco sporca,non aveva nessun problema. Tirò un enorme sospiro di sollievo, felice del fatto che, qualsiasi cosa fosse successa la notte precedente,avrebbe potuto continuare a mantenere l'apparenza che andasse tutto bene.
Poi, lentamente, come se avesse avuto paura di cosa avrebbe potuto vedere, scese con lo sguardo e si soffermò sul collo. Niente di particolare a parte un paio di macchie violacee. Niente di irrecuperabile pensò, bene. Tuttavia, quando scese ulteriormente con lo sguardo, per poco non le mancò il respiro ed istintivamente portò una mano a coprirsi la bocca. Un grosso segno di morso insanguinato troneggiava sul seno sinistro e scendendo, graffi più o meno profondi sul ventre, due grossi lividi nerastri sui fianchi ed altri morsi nell'interno coscia di entrambe le gambe. Si girò e scostò i capelli per dare un'occhiata alla schiena: ancora morsi e ancora graffi fino al fondoschiena compreso. Si girò di scatto e fissò la sé stessa riflessa nello specchio, si raddrizzò per bene ed uno sguardo di fredda determinazione comparve sul suo volto. A passo spedito e non più malfermo si diresse verso il bagno e la grande vasca piena di acqua bollente che era stata riempita pochi miniti prima dalle sue ancelle. Con cautela ci entrò ed iniziò a strofinare via del sudiciume immaginario dalla sua pelle, poi si dedicò ai capelli e finalmente pensò che poteva prendersi qualche minuto per godersi il piacevole tepore dell'acqua.
Si abbandonò completamente e chiuse gli occhi. Proprio quando aveva raggiunto la pace interiore, i ricordi della sera precedente irruppero nella sua mente come un fiume in piena.

Testo nascosto - clicca qui


E così, dopo aver rivissuto la notte precedente, Rhaella tornò bruscamente al presente, con un forte rumore di porta che veniva violentemente spalancata e dal rumore di passi affrettati e si ritrovò davanti il Lord Comandante Hightower in persona accompagnato da due cappe bianche.
"Mia Signora... Vostra Maestà, state bene? Vi abbiamo sentita urlaere e chiedere aiuto e siamo subito corsi da voi...". La donna non si eraaccorta di avere urlato mentre ricordava la notte precedente. "No io... sto bene, devo essermi addormentata e aver fatto un brutto sogno... mi dispiace avervi disturbato". I tre uomini capirono immediatamente che cosa era successo ed abbassaronoblo sguardo. " Non vi preoccupate Maestà, noi siamo qui per proteggervi... voi urlate e noi accorriamo!". Nel entire quelle parole la Regina scoppiò in una grande risata "Sì certo, certo, lo so!" e si alzò in piedi, lasciando scivolare via l'acqua sopra il suo corpo nudo ed esponendo i segni che le aveva lasciato il Re agli occhi delle Guardie. " Passami quel telo" chiesecon voce inespressiva al Comandante e lui ubbidì prontamente, aiutandola poi ad uscire dalla vasca. Si diresse verso la camera da letto,eguita dai tre uomini. "Mandate a chiamare le mie ancelle" ordinò e Lord Hightower fece un cenno alle due cappe bianche che uscirono dalla stanza. "Mi dispiace..." sussurò alla Regina che gli sorrise "Lo so!" e con un inchino e ne andò pure lui.
Arrivarono le ancelle che aiutarono la Regina a rendersi presentabile: la aiutarono ad indossare l'ampio abito color pervinca ricamato in argento che le avevano portato e le acconciarono i lunghi capelli argentei. Rhaella si guardò allo specchio soddisfatta ed indossò i suoi gioielli preferiti. Era quindi finalmente pronta per andare a fare colazione. A passi spediti si avviò verso la terrazza dove sicuramente era già stato preparato tutto per lei. Durante il tragitto ogni giorno passava davanti ad un ritratto ed ogni giorno passava qualche minuto ad ammirarlo. Gli occhi everi di Visenya Targaryen la fissavano dal dipinto quasi potesse prendere vita da un momento all'altro. Bellissima e ensuale anche in armatura e con la sua Sorella Oscura in mano. Rhaella invidiava disperatamente quella donna, aveva condotto una vita avventurosa che lei non avrebbe mai vissuto. Dopo un ennesimo sospiro decise che si era fermata abbastanzae proeguìverso il gazebo sulla sua terrazza. La colazione era il suo momento preferito della giornata, l'unico in cui le venisse concesso di restare sola senza servitori pronti ad interpretsre ogni suo volere. Non appena giunse alla tavola imbandita chiamò " Balerion! Meleys! Dreamfyre!" e al suono della sua voce tre piccole palledi pelo accorero a strusciarsi e a farsi accarezzare. Balerion era l' unico maschio, più grosso delle altre due femmine, tuttonero e con duemeravigliosi occhiviola. Meleys aveva il pelo rossiccio ed un portamento davvero altezzoso e Dreamfyreera la più piccina, candida come la neve se non fosse stato per un'impertinente macchietta nera sulla testolina. La Regina amava nutrire personalmente i suoi amati felini e così, press una brocca di latte riempì leloro ciotole e tutti insieme fecero colazione mentre una leggera brezza li cullava dolcemente.


Lady Rhaella Targaryen, Regina dei Sette Regni




- Fire and Blood -


Nella quarta partita: Lady Melisandre d'Asshai
14/12/2014 15:35
 
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Myles Toyne I

“Per i sette inferni, dove cazzo siamo’”
Fu questo il primo pensiero di Myles Toyne; “non ricordo più una verga di quello che è successo in questo ultimo mese, devo smetterla di perder tempo a bere”, questo fu il secondo pensiero.
“Andiamo fuori va…magari riesco a ricordarmi come son finito qui” penso uscendo barcollante da una tenda.
Il sole non era alto, il giorno era giovane, “..e io ho i postumi di una sbornia da paura…non può andare avanti così”. Attorno a lui si ergevano alcune tende dorate che scintillavano sotto il sole, spirava vento da nord-est.
“dove diavolo siamo!?”
Erba verde cresceva attorno al campo, nella truppa chi era in grado di stare in piedi poco ci mancava che dormisse, e chi era sveglio non riusciva a stare in piedi dai postumi della sbornia.
“chi diamine è tutta sta truppa?” più camminavo più mi sentivo cadere, più cercavo di ricordare meno capivo…”devo buttare vino e rum a mare”.
“MARE…si il mare c’entra qualcosa…nahua…il mare c’entra sempre…è troppo grande per non c’entrare in questa faccenda” quella maledetta parola mi stava facendo scoppiare la testa…mare…che poi diventò male…e poi mele…”MELE… ho fame…devo mangiare qualcosa…tutto ma non mele senno vomito…Miele…si il miele lo mangio”
“Mi piace li miele…ma dove cazzo lo posso trovare se non sto neanche in piedi”
BAMMM un palo in legno si era messo in mezzo tra me e il miele
“mi scusi signore…non volevo urtarla…sto cercando del miele…dove lo trovo??” il signor palo fu scortese però, non mi rispose…così continuai a girare in cerca di miele.
La botta in testa mi fece più bene che male…ma il canale fu il migliore. Si, si il canale quanto meno mi svegliò…non mi fece tornare la memoria ma mi svegliò.
“Miele…miele…dove sei?...ora vengo a prenderti”…fu pensando al miele che caddi in un piccolo canale…l’acqua era fredda…“cazzo no…l’acqua fredda no”.
Quando mi tirai fuori avevo un dubbio…un dubbio serio...”sto cercando il miele o l’idromele?” “e che cazzo…non sti dubbi…non si può andare avanti così”.
Girai intorno ad una tenda un paio di volte prima di ricordare…”si sto cercando sicuramente l’idromele”…”no, no, un attimo…era il miele” ancora un giro e di sicuro mi viene in mente”…veci almeno altri tre quattro giri prima di decidermi.
“il primo che trovo…vado e il primo che trovo finisce in pancia”.
Non posso dire che quello non fu un inizio con il botto.
Arrivai ad un tavolo sorretto da cavalletti pieno di bottiglie, quasi sicuramente vuote, e mi fermai…“e idromele sia...ora ne prendo una, mi trovo un bell’albero per sedermi e me la bevo tutta”…per fortuna che era vuota...ma quando lo scoprii mi accorsi di essermi già seduto appoggiato ad albero che dividevo con un soldato.
“mi scusi signor soldato…mi son seduto qui…ma mi sa che devo andare a mangiare qualcosa” anche lui fu scortese e non mi rispose, beh stava peggio di me…mi alzai e mi diressi al tavolo dove mi ero procurato quella bottiglia vuota.
BAMMM un ramo mi colpi a tradimento…caddi per terra e decisi di star li a pensare sul da farsi.
Fu cosi che cadde una pera…”mmm…non è una mela…non mi interessa” e la lanciai lontano…”mi sa che non è stata una grande idea” mi alzai e corsi dietro alla pera ce rotolava via.
Il primo morso fu il migliore…la migliore mela che avevo mai mangiato…”per i sette inferi cos’è questo schifo” sputai tutto ma almeno un paio di morsi li avevo già mandati giù…per fortuna.
Passò almeno un’ora da quando mi alzai a quando sputai la mela…
Il sole si era alzato e mi misi a correre, avevo puntato una tenda…e senza cadere ci arrivai; si più o meno senza cadere…un paio di pali in faccia me li presi!
“cazzo…che male”…l’ultimo non era un palo al contrario di quanto credessi.
Era uno sei sergenti…irrinunciabilmente ubriaco da star male…ma almeno lui era in grado di stare in piedi!
“Signore la stavamo cercando…dov’era finito?” un comandante uscito da una tenda vicino mi chiamo accennando ad una riunione che bisognava da fare.
“Arrivo” la mia risposta mi uscì strascicata senza troppa convinzione
“miele…miele…mi farò portale de miele…mi hanno chiamato signore…mi devono portare del miele”.
I pensieri si schiarirono, non molto ma si schiarirono.
Nella tenda il caldo non era così opprimente…ma non posso dire che c’era fresco, alcuni capitani di compagnia iniziarono a tirare fuori mappe carte e altre cose militari. “Stiamo organizzando una guerra cazzo…figo…ma da che parte staremo mai…boh” Pensieri su pensieri.
“mi hanno chiamato signore…sono ad un concilio di guerra…sarò un lord di qualche posto del cazzo…dove cazzo siamo?”
Le carte vennero stese…le pedine vennero posizionate e le sedie portate…venne portato vino, pane nero, frutta e acqua fresca. Tutto ma non il miele.
“portatemi del miele” senza il miele non feci nulla se non annuire e non capire un cazzo.
I generali parlavano, i sergenti rispondevano e io non capivo un cazzo.
“mieleeeee…è arrivato il miele” mi ci buttai sopra…su quello e sul pane…dopo il pane con il miele tutto si risistemò…tranne la memoria. Ripreso iniziai ad ascoltare ma soprattutto a capire:
“le navi dei Lyseiani stanno per tornare indietro, non torneranno più indietro, gli elefanti ce li scordiamo” l’ufficiale finì il discorso mandando a cagare i Lyseiani codardi che ci avrebbero abbandonati di li a poco!
“Dobbiamo risolvere anche la questione della truppa e degli alcolici, è un mese che ogni mattina prima di mezzodì non riusciamo fare un cazzo perché è incora ciucca!”
Fu li che mi venne in mente l’idea geniale. “diamo tutti gli alcolici ai Lyseiani e fanculo la truppa…dobbiamo rimetterci in sesto, sento odore di guerra da qui a breve”.
La maggior parte degli ufficiali mi guardò male ma poi si dissero d’accordo con me.
Fino a metà pomeriggio non facemmo altro che parlare di movimenti di truppe, rifornimenti e ingaggi.
“cazzo sono Myles Toyne, comandante della compagnia dorata, ecco chi cazzo sono” ora chi sapevo chi sono sapevo cosa fare.
“Radunate tuti gli uomini, ci spostiamo, andiamo a cercare qualche buon Lord con l’acqua al culo che ha bisogno di noi”
Uscimmo dalla tenda e il suono di un corno da guerra risuonò nella baia di capo furore. La truppa si mosse e nel giro di nemmeno mezz’ora eravamo in marcia.
I vessilli dorati con i teschi precedevano le compagnie, gli ufficiali controllavano che ognuno dei soldati non avesse alcolici in enorme quantità.
“i Lyseiani saranno felici” pensai.
Mandai a chiamare l’ufficiale pagatore, “Ci serve un ingaggio, ho sentito dire che Lord Whent sta organizzando un torneo, vacci con discrezione, e con discrezione cerca qualche buon ingaggio…Sei il migliore con la diplomazia”.
Lo vidi partire con dieci uomini a cavallo, senza vessilli, senza bandiere, solo con la sua parola che avrebbe trovato un buon lavoro.
“la nostra parola è come oro,
buoni il pane ed il miele dorati,
La nostra guerra era appena iniziata” pensai.





BRYNDE TULLY - THE BLACK FISH
Protettore della marca meridionale, castellano di Delta delle Acque










NEL GIOCO DEL TRONO:
Ex Victarion Greyjoy comandante della flotta di ferro, Lord di Tharth, ammiraglio della flotta del Nord
Styr, Maknar dei Thenn, Signore di Promontorio dei Thenn, un uomo nato libero, morto con dignità e ora governa il promontorio dall'alto del cielo azzurro
Lord Myles Toyne, erede di Acreacciaio Lord Comandante della Compagnia Dorata
14/12/2014 16:01
 
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Condottiero di Eserciti
Ormund Yronwood I


Nel tempio di Lancia del Sole Lord Ormund Yronwood, era inginocchiato davanti all'altare dello Sconosciuto con il capo chino, le mani devotamente giunte in silenziosa preghiera. La fede verso i Sette era un balsamo per il suo animo tormentato, per le sue preoccupazioni. In particolare la sua personale devozione verso lo Sconosciuto era un pilastro portante della sua vita, non temeva questo aspetto dei Sette che Sono Uno come la maggior parte degli uomini. Anzi, per lui era il più rassicurante, il più potente, poiché lo Sconosciuto era sempre con gli uomini e gli rammentava il loro posto nel mondo, insegnava loro una devozione raccolta, l'umiltà, il rigore e la moderazione. Gioisci del momento presente, non chiedere di più di ciò che i Sette ti hanno concesso, perché tutto è polvere sotto lo sguardo dello Sconosciuto. Polvere siamo e polvere ritorneremo. Che vegli su di noi il Re della Polvere, perché noi siamo i suoi sudditi, noi siamo polvere. La preghiera fu appena un sussurro, ma la voce di lord Yronwood fremeva comunque di devozione. Alzò lievemente il capo e i suoi occhi andarono all'altare del Padre. Il Padre, il volto dei Sette che Sono Uno che tutti solevano amare e pregare, provocava invece in lui una sorta di inspiegabile, profonda inquietudine, che lo spaventava. Come suo padre.


Finalmente suo padre era morto, ucciso probabilmente dal veleno sulla lancia di quel principe senza dei, Oberyn Martell. Gli seccava essere in debito con un peccatore, anche se naturalmente il principe ignorava di avergli fatto un piacere. Dopotutto siamo tutti peccatori, pensò Ormund Yronwood, perfino io, che gioisco della morte di mio padre. Avrebbe passato tutta la notte a vegliare, nella cappella del castello, per cercare di espiare quel peccato. Eppure non poteva fare a meno di gioire per la morte di suo padre. Il suo empio padre, un uomo la cui sola esistenza offendeva gli dei. Perché i Sette permettono a uomini simili di calcare la nostra terra?, si chiese, perché suscitino in noi l'orrore per il male, che così sia rifuggito dagli uomini buoni e devoti, come te, mio dolce Orm. Era la risposta che sempre gli dava sua madre, quando scoppiava in lacrime e il suo animo fragile e giovane era sconvolto dalle brutalità del padre. Ma ora quell'animo fragile non esisteva più, al suo posto vi era uno spirito di acciaio, forgiato dalla devozione e da sua madre. La guardò. Ancora alta e slanciata nonostante gli anni, con lunghi capelli bianchi e penetranti occhi neri, Lady Primerose Yronwood, nata Caron, era stata vittima di un'infelice unione matrimoniale che avrebbe dovuto teoricamente ripianare i contrasti fra le casate delle Terre Basse e i nobili dorniani, ma che in pratica aveva prodotto solo una sposa infelice a fianco di un uomo empio. Nella sua infelicità però lady Primerose aveva sempre saputo essere forte e resistente, aveva saputo proteggere Ormund, il loro unico figlio, dalla nefasta influenza di lord Edgar Yronwood, uomo dissoluto, che continuamente offendeva la dignità della moglie con amanti e concubine della peggior schiatta. Sacra è l'unione fra uomo e donna benedetta dai Sette, maledetto sia l'empio che osa violarla, recitò mentalmente. Dunque volse il suo sguardo al cadavere al centro della cappella, l'ormai defunto e poco compianto Edgar Yronwood. In morte, come in vita, rimaneva un uomo forte e gigantesco, robustissimo, tanto che sembrava impossibile giacesse lì, fermo, senza vita. La rottura fra lui e suo padre si era manifestata apertamente quattordici anni fa, quando lord Edgar aveva rifiutato di mandare le sue truppe in aiuto di re Jaehaerys II nella Guerra del Re Novesoldi, anzi, stava addirittura progettando di giungere in aiuto di Maelys il Mostruoso e dei suo alleati senza dei. Ormund, resosi conto che questo gesto sarebbe stato una follia e la rovina della sua casa, aveva radunato alcuni fedeli e aveva abbandonato il castello di Yronwood, alla volta della guerra, ma per combattere a fianco del legittimo re Targaryen, prevenendo così ogni tentativo di tradimento. Da allora non era più tornato al castello fino a quel momento. Ancora vivido era il ricordo di suo padre, che alla sua partenza lo minacciava di diseredarlo e di concedere terre e titoli a uno dei suoi luridi bastardi, peccatori dissoluti e malvagi come suo padre. Ma ora era giunto il tempo dell'avvento della giustizia, era tempo che qualcuno riportasse luce e devozione in quella terra troppo a lungo dominata da un oscuro signore. Lui, Ormund Yronwood, sarebbe stato l'umile servitore dei Sette che avrebbe ristabilito l'ordine da tempo dimenticato, ogni cosa sarebbe stata ricollocata al suo giusto posto. La processione funebre ebbe inizio.

L'ampio cortile del castello era illuminato da poche torce; sopra, nel cielo notturno, la luna non era che un cerchio nero in un mare di stelle. Notte senza luna, il tempo preferito dalla Sconosciuto. Dopo il funerale era stato radunato lì tutto il personale, i soldati e i cortigiani di Yronwood, per presenziare al primo atto di governo del nuovo lord. Al centro erano inginocchiati cinque giovani uomini, ben vestiti e ingioiellati, ma incatenati e con l'aria di chi ha passato una notte scomoda e insonne. Alcune guardie stavano alle loro spalle, sorvegliandoli con attenzione. Tutti erano in attesa. Ormund fece il suo ingresso nel cortile con la madre e un austero seguito. Aveva i capelli biondi tipici degli Yronwood e gli occhi neri di sua madre, il fisico asciutto ma duro messo in risalto dai sobri abiti neri di ottima fattura, non indossati semplicemente per il lutto, ma che costituivano il suo vestiario naturale.Solo agli dei spetta un corredo prezioso, l'uomo non deve ornarsi che con la devozione, recitò mentalmente, l'espressione sul suo viso era fredda e concentrata. Il piccolo corteo si fermò a poca distanza dai prigionieri. Regnava il silenzio. Ormund si fece passere un libro, nero anch'esso con sopra una stella argentea a sette punte incisa sopra. Con calma lo aprì e lesse ad alta voce, con voce ferma e distaccata, quasi indifferente: "Sacra è l'unione fra uomo e donna benedetta dai Sette, maledetto sia l'empio che osa violarla. Che le colpe dei padri sacrileghi ricadano su figli altrettanto sacrileghi, che giunga su di loro la punizione divina dei Sette, che sia spezzata la stirpe maledetta nata da empia unione. Così parlano i Sette Dei, nostri giudici supremi, e in virtù di ciò io, lord Ormund Yronwood, legittimo signore della Casa Yronwood, vi condanno a morte Daeron, Tremond, Gulian, Ulwyk e Lucifer, falsi discendenti e bastardi di Edgar, uomo malvagio, dissoluto e senza fede. Che siano uccisi e i loro averi donati al Credo, così da ripagare in parte il loro neri peccati. Possano i Sette essere misericordiosi nel giudicarvi con equità, tanto è nera la vostra anima." Ormund chiuse solennemente il libro. Rumore di spade sguainate.

"Padre" Una voce alle sue spalle lo riscosse dai suoi pensieri. Lord Yronwood si alzò e si voltò. "Anders" Un raro, sobrio sorriso affiorò sul volto di Ormund. Suo figlio era una delle poche e semplici gioie della sua vita; certo, forse non aveva la sua devozione, però era comunque un giovane rispettoso degli dei, responsabile, di animo nobile, serio e posato. Ormund era fiero di lui ed era contento di essere stato un buon padre, sicuramente migliore del proprio. Non vi sarebbe mai riuscito senza l'iniziale, dolce guida della sua amata sposa, Gwyneth Dalt, donna eccezionale, che riusciva a far breccia con delicatezza nell'armatura di devozione e spiritualità di lord Yronwood. Gli mancava molto. La sua prematura morte era stata una sfida per la sua fede, e nel profondo della sua anima, pur tentando di nasconderlo a se stesso, sentiva di essere in credito con i Sette per questa dolorosissima perdita. Cercava di continuare a farla vivere nei suo ricordi e nei lineamenti di Anders, così simili a lei, pur avendo ereditato i colori degli Yronwood. "Mi avete fatto chiamare, padre?" "Si, Anders. Devo conferire con te su alcune questioni della massima importanza" Lord Yronwood fece una pausa, mentre Anders aspettava in silenzio. "E' giunta una missiva da Approdo del Re, il re convoca la nobiltà del reame ad Harrenhal per un grande torneo. Tu sai come io, e i Sette (che possano proteggerci) non amiamo queste vanità, sopratutto quando nel reame ci sono problemi ben più gravi a cui prestare attenzione. Dopotutto la Perfezione è esclusiva compagna degli Dei, la Distrazione è invece la sposa degli uomini e l'Errore il loro figlio, come ci ricorda septon Ballibar nel suo De Divina Veritate. Comunque, alcuni spettri del passato mi costringono a dover andare personalmente ad Harrenhal, per garantire la sicurezza e il potere della nostra Casa. So che sarebbe stato più consono mandare voi miei figli, giovani e promettenti, e in altre circostanze lo avrei fatto ben volentieri, pur di evitare queste sciocchezze. Me c'è il re, è un torneo reale e questo cambia molte cose. Così hanno voluto i Sette." Fece una pausa, per studiare la reazione di suo figlio, vedere se tradiva delusione o rabbia per questa decisione. Il volto di Anders rimase serio e sereno, nulla indicava in lui il benché minimo interesse per il torneo. Suo figlio era ben consapevole del proprio valore, non aveva certo bisogno di dimostrarlo disarcionando pagliacci in armatura e seta con delle lance giocattolo. No, Anders era interessato alle vere sfide del reame, come si confaceva a un vero lord, non a questi giochetti. Lord Ormund continuò dunque soddisfatto "In ogni caso ho un incarico altrettanto importante, se non di più, per te: Yronwood. E' tempo che impari nella pratica l'arte di essere un lord, dunque durante la mia assenza mi sostituirai nel governo dei possedimenti della nostra Casa. Non è lontano il momento in cui gli Dei mi chiameranno a loro, per allora voglio che il mio erede sia preparato e la successione senza traumi. Confido sarai all'altezza del compito, i Sette mi hanno concesso il migliore dei figli." L'ultima frase lasciò trapelare un sincero affetto paterno nella voce. "Padre, non dite così, i Sette vi concederanno ancora lunghi anni alla guida di Yronwood. Dovete vedere diventare Cletus cavaliere, glielo avete promesso." Queste parole commossero Ormund, in esse vedeva la nobiltà ma anche ancora la giovinezza di suo figlio. "Comunque sono onorato dalla vostra fiducia, cercherò di svolgere al meglio l'incarico che mi avete assegnato. Non vi deluderò." Anders chinò lievemente il capo in segno di rispetto e ringraziamento. "Vai ora, figlio mio, il tuo vecchio padre ti ha trattenuto abbastanza. Tuo cugino Deziel, che farà parte anche lui della delegazione dorniana, vorrà sicuramente salutarti prima delle vostre rispettive partenze. Mi raccomando, prenditi cura di tua sorella Alysanne e scrivi a tuo fratello e tua nonna a Canto Notturno. E onora sempre i Sette." "Come ordinate, padre." Fatto un rispettoso inchino, suo figlio si ritirò, lasciandolo solo. Lord Yronwood tornò a raccogliersi in preghiera, questa volta pieno di speranza.
[Modificato da Lord Charles Tyrell 14/12/2014 19:48]


Lord Ormund Yronwood, Signore di Yronwood e Protettore della Strada della Pietra, il Sangue Reale


Nella IV partita:
lord Lyn Corbray, Signore di Gull Town e Lord Alfiere della Valle, portatore della Signora Sconsolata

Nella III partita:
Willas Tyrell, figlio ed erede di Lord Mace Tyrell



14/12/2014 17:05
 
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RATTLESHIRT 1

Aveva ripreso a nevicare da qualche ora. Rattleshirt si trovava coperto da un manto di candidi fiocchi, mentre seduto contro una pietra ascoltava i rumori della foresta, gli occhi chiusi per favorire la concentrazione. Il viso era contratto dal gelo, lasciando esposti i suoi zigomi rialzati, il naso paonazzo colava muco e la corta barba era cristallizzata ormai da tempo. Il suo pensiero andò alla settimana precendente, quando quel cretino di Henk, il figlioletto di Osha, moglie di lancia di uno dei suoi uomini, aveva rubato il suo elmo.

Un bellissimo cranio di gigante, sapientemente pulito dalle luride carni di quelle bestie dopo una lunga bollitura, era perfetto come protezione per la testa. Ed era ancora migliore per incutere terrore nei suoi nemici, tant'è che presto il popolo libero aveva soprannominato Rattleshirt il "Lord delle Ossa". Conscio che questo nimignolo era portatore di rispetto, ma anche di scherno, dato che il popolo libero non riconosceva alcun titolo nobiliare, Rattleshirt aveva comunque deciso di farlo suo. All'elmo era seguita un'intera armatura, composta dalle ossa dei guerrieri che abbatteva in battaglia, tanto che il suo arrivo era ora annunciato dal tintinnare delle ossa e degli anelli di maglia che le tenevano assieme.
L'unico modo per farsi strada nel popolo libero era mostrare forza, dato che solo la forza era un valore sufficiente a crearsi un seguito. Rattleshirt l'aveva capito da tempo, ed a soli ventidue anni era ora a capo di più di ventimila guerrieri, oltre che ottantamila tra vecchi, bambini e donne. Gli artigli del gelo erano la sua casa, un territorio monutoso ed inospitale, perfino per i canoni del popolo libero. Qui il gelo era perenne, ed il vento che scendeva dai monti lo rendeva solo più in grado di penetrare le carni, fino a raggiungere le ossa. Rattleshirt aveva visto più di uno morire così, addormentato dal freddo. Purtroppo aveva anche visto cosa succedeva a chi moriva in questo modo, ma cercò di allontanare il pensiero da quella orribile stregoneria.

Quel cretino di Henk. Aveva rubato il suo cranio di gigante una mattina, mentre lui era fuori a caccia. Senza dubbio voleva vantarsene con gli altri bambini. Lo avevano trovato in fondo ad una scarpata, entrambi i crani, quello di Henk e quello del gigante, sfracellati su una roccia appuntita. Incidenti di questo tipo capitavano, il territorio era aspro e la minima distrazione poteva causare la morte in questi picchi. Rattleshirt fu contento della morte del bimbo, altrimenti avrebbe dovuto ammazzarlo lui per conservare il rispetto dei suoi uomini. Aveva comunque stuprato Osha davanti a tutti, per ricordarle che i figli dovevano essere educati e controllati, non lasciati vagari per l'accampamento, e soprattutto non nella sua tenda. Riportò alla mente l'immagine della macchia di sangue, e del cranio di gigante spaccato in due.

Un grugnito bestiale ed antico lo riportò nel presente. Rattleshirt aprì gli occhi di scatto, e fissò davanti a sè. Distante trenta o quaranta passi da lui c'era una cascata ghiacciata, parte di un torrente affluente del Fiumelatte. Dietro alla cascata si trovava una grotta, oscura e profonda, come la notte che stava ormai calando. All'interno della grotta riposava un gigante, che Rattleshirt aveva seguito ormai da giorni in attesa della giusta occasione. Era un esemplare vecchio, dal pelo grigio e striato di bianco, ma dalle dimensioni ragguardevoli, almeno dodici piedi di altezza. Ma soprattuto, il cranio era proprio della sua misura.

Non era il primo gigante che stava lasciando gli Artigli del Gelo attraverso il Fiumelatte, Rattleshirt ne era sicuro. Troppe orme avevano trovato i suoi scout, e troppi pochi giganti erano rimasti tra i picchi. Rattleshirt sapeva perché. Tormund detto il veleno dei giganti stava radunando un esercito al pugno dei primi uomini, pronto ad avanzare la sua pretesa come Re oltre la Barriera. Giganti e Mammuth seguivano il suo richiamo, ed addirittura combattevano per lui. Contemporaneamente Styr, il Maknhar di Thenn, si preparava a fare lo stesso più a Nord, forgiando armi ed armature di bronzo per i suoi guerrieri. Rattleshirt non sarebbe certo stato a guardare, ma prima gli sarebbe servito il suo simbolo, un maledetto cranio di gigante da indossare come elmo.

Era ormai giunta la notte, il cielo illuminato solo dalle stelle e da una timida fettina di luce lunare. Rattleshirt decise che era tempo di agire, e si alzo scrollandosi la neve di dosso. Per prima cosa doveva accendere un fuoco, ed aveva già preparato la legna sotto ad un mantello, per evitare che si bagnasse. I giganti non avevano una buona vista, e cercavano di compensare con il fiuto. All'ingresso della caverna regnava il buio più assoluto, ed il vento soffiava a favore di Rattleshirt. La luce delle torce accese avrebbe contribuito ad accecare ed adirare la bestia, ed era esattamente quello che Rattleshirt voleva. Con una tocia accesa in ogni mano si mise tra l'ingresso della grotta, ricavata sotto la cascata, ed il dirupo dove il torrente proseguiva la sua strada.

"Ahhhhhh, Ahhhhhh, Ahhhhhh! Mostrati bestia!" urlò Rattleshirt. Purtroppo non conosceva l'antica lingua, che i giganti ed i Thenn usavano ancora oggi. Ma quello che importava era fare rumore, ed attirare il gigante fuori dalla sua tana. E il mostro non si fece certo attendere. Con un ruggito gutturale ad annunciarlo, Rattleshirt distinse dapprima una mano appoggiarsi sulla roccia mista a ghiaccio, seguita da un braccio innaturalmente lungo e coperto di pelliccia, in grado da solo di stangolare uno dei cavalli dei corvi neri. Poi tutto il corpo si stagliò davanti a Rattleshirt, mostruoso ed imponente. Le gambe, tozze e relativamente corte, sorreggevano un basso ventre immenso, che andava restringendosi in un torso ingobbito ed imbruttito dalla testa che si stagliava al suo centro. Gli occhi del gigante erano fessure, del tutto incapaci di adattarsi alla luce improvvisa. Mentre cercava di farsi scudo con una mano, Rattleshirt scagliò una delle torce verso il gigante, colpendolo su una gamba. I giganti odiavano il fuoco, forse per paura che il loro stesso pelo potesse ardere, o solo forse perché non ne avevano bisogno per sopravvivere all'inverno. In ogni caso questo fu sufficiente per far caricare il gigante verso la seconda torcia, in mano a Rattleshirt, nel tentativo di estinguerla.

Sogghignando soddisfatto della sua arguzia, Rattleshirt attese l'ultimo momento per lanciare la torcia giù per il dirupo alle sue spalle e rotolare di lato, mentre il gigante nella sua stupida ingenuità la seguiva, cadendo. Un volo di un paio di secondi almeno, dovevano esserci quaranta piedi di vuoto prima delle rocce congelate che segnavano la seconda pozza a valle del torrente. Un lamento straziante ma flebile annunciò alla foresta l'inizio dell'agonia del gigante. Rattleshirt sapeva di averlo spezzato, si diresse quindi a recuperare il resto del suo equipaggiamento e la prima delle due torcie. Un arco di legno segnato dal tempo, con cordame di tendini di alce e frecce incendiarie avrebbero finito la bestia da una distanza di sicurezza. L'ascia di bronzo, bottino di una razzia a Thenn, sarebbe stata necessaria a concludere il suo lavoro, una volta che il fuoco si fosse estinto. Sul ciglio del dirupo, il volto illuminato dal fuoco che ardeva ai suoi piedi, Rattleshirt incoccò la prima freccia, e la accese. Sarebbe stata una lunga notte.
[Modificato da Coil. 14/12/2014 17:06]
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IN GIOCO: Lord Quellon Greyjoy



Nella sesta partita, Lord Tywin Lannister, protettore dell'Ovest, tradito con le brache calate come nei libri
Nella quinta partita, Rattleshirt, un uomo libero che ha portato i suoi mammut sulle spiagge di Old Town
Nella quarta partita, Lord Paxter Redwine, sfortunato ammiraglio della flotta ribelle
Nella terza partita, Oberyn Martell
14/12/2014 18:23
 
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Signore dell'Antica Valyria
Lord Tywin
Il corvo

La pergamena era ormai da diverso tempo aperta sul grande tavolo che dominava il centro della vasta sala in cima alla torre Sud dell'immensa rocca. L'uomo si lasciò andare leggermente all'indietro congiungendo i polpastrelli delle mani e appoggiò gli indici sul mento mentre rifletteva su quanto aveva appena letto; un lieve sorriso si accennò sulla sua bocca.

"Un magnifico torneo Mio Signore" esordì l'anziano Maestro della Cittadella che era rimasto in piedi sulla soglia della sala in attesa di conferire con il lord del quale era a servizio.
"Decisamente" fu la sola risposta che si udì
"Lord Whent ha indetto questo magnifico torneo ed ha organizzato.."
"Lord Whent non è in grado di organizzare nemmeno una pisciata in un campo d'erba, figuriamoci un torneo del genere". Questa volta la voce del nobile, generalmente pacata , aumentò di tono lasciando impietrito l'anziano sapiente, incapace di proferire parola alcuna. "Quasi dieci anni fa organizzai un torneo a Lannisport per festeggiare l'anniversario dell'incoronazione del Re e diedi quasi fondo alle nostre casse per pagarne le spese. Lord Whent non ha il conio necessario nemmeno per pagarsi un paio di braghe nuove, come può aver trovato le somme necessarie a questo...questo raduno....a meno che..." l'ultima frase rimase sospesa nell'aria, come spesso accadeva nella mente di Lord Tywin Lannister quando le sue pause significavano profonde riflessioni e analisi degli eventi.

Alcuni anni prima, nell'anno 272 dalla conquista di Aegon, a Lannisport, una delle più grandi città del continente Occidentale, lord Tywin Lannister, Signore di Castel Granito, Scudo di Lannisport e Protettore dell'Ovest aveva organizzato un magnifico torneo come raramente se ne erano visti. Una giostra, una gara di tiro con l'arco, duelli fra spadaccini e la Grande mischia finale avevano per giorni fatto sgolare nobili e cavalieri, eruditi e popolani, avvinti in un'atmosfera di sfarzo, opulenza e gesta cavalleresche. I banchetti al termine delle giornate di scontri lasciavano sgomenti allo stesso modo Lord e plebei che mai avevano visto uno sfoggio così imponente di ricchezza. Fra premi, preparativi, cibarie, l'ingaggio di musici e compagnie di guitti, oltre un milione di dragoni d'oro si era volatilizzato dai forzieri del Leone di Castel Granito. Eppure il torneo di Harrenhal faceva impallidire e relegare quel magnifico evento quasi ad una semplice esibizione campagnola di secondo ordine; premi e costi erano quantomeno il doppio e nessuna casata dei Sette Regni aveva assolutamente la possibilità di spendere simili cifre. Lord Whent era sicuramente un ruffiano, lo ricordava bene quell'uomo, un mediocre signorotto a cui era stato concessa la signoria di una delle dimore più fastose di tutti i 7 Regni, eppure non era mai stato capace di distinguersi in alcunchè; diversamente suo fratello Oswell era confratello giurato delle guardie reali, un guerriero letale che sarebbe potuto diventare tranquillamente lord comandante delle cappe bianche se il destino non avesse generato tanti formidabili campioni durante lo stesso periodo. Ma quel tipo di onori non interessavano a Tywin Lannister, egli era decisamente concreto e conosceva il Re come pochi, dopotutto lo aveva servito per moltissimi anni quale Primo Cavaliere.
Poi qualcosa era cambiato: l'inverno era stato duro, circa due anni era durato ed anche l'Ovest ne era stato flagellato come quasi tutti i sette regni, eccetto Dorne, il cui clima era notevolmente meno esposto alle rigidità invernali. Solamente la sua previdenza aveva permesso alla popolazione, seppur fra diversi stenti, di sopravvivere a quel brutto periodo; i granai erano stati riempiti e immense provviste erano state stipate in ogni deposito e magazzino di Lannisport per permettere di non subire una carestia di proporzioni difficilmente contenibili. Eppure i lutti non erano mancati, le temperature per diverse settimane erano state cosi basse da non permettere alla popolazione di uscire dalle case; come se non bastasse la sempre maggiore richiesta di legna e carbone per riscaldare abitazioni, empori e palazzi aveva fatto impennare i prezzi a livelli osceni costringendo molti a ricorrere a prestiti per procacciarsela; molte donne erano arrivate a vendere anche le proprie parti intime per rimediare un paio di ciocchi, una fascina oppure una semplice manciata di carbone. Gli usurai facevano affari d'oro nonostante vari editti vietassero il prestito ad interesse e stabilissero pene severissime per i contravventori ma le denuncie erano state scarsissime giacchè il popolino preferiva rischiare l'ira dei magistrati cittadini che di rimanere senza legname. Castel Granito aveva messo mano nuovamente ai propri forzieri per acquistare ingentissime quantità di legname e carbone aldilà del mare stretto per rifornire la popolazione a costi contenuti per frenare la speculazione ma le tempeste avevano disperso molti carichi e i rimanenti non erano riusciti ad eludere i pirati delle Stepstones.

"Mio Signore devo comunicare a Lord Whent che casa Lannister non sarà presenti al torneo?". Le parole del canuto maestro interruppero il groviglio di pensieri che si agitava nella mente del Protettore dell'Ovest.
"Ho forse detto questo?", un sorriso increspò le labbra, "Noi andremo, oh si che andremo e adesso portami una penna d'oca un calamaio ed una pergamena. Devo scrivere una lettera ad un caro, vecchio amico" E congedando con un cenno della mano il sapiente, si lasciò andare comodamente sulla sua sedia con i polpastrelli delle mani uniti fra loro.




[Modificato da Emiliano Targaryen 14/12/2014 18:24]


Ser Brynden Tully, il più forte cavaliere del Tridente

Nella seconda partita: Jorah Mormont, da umile cavaliere a Lord Protettore di Alto Giardino.

Nella terza partita: Principe Viserys Targaryen, assassinato da un concilio ristretto di vili e di infami

Nella Quarta partita: Lord Balon Greyjoy, costruttore di bordelli...

Nella Quinta partita: Lord Tywin Lannister, semper fidelis, abbattuto dagli dei.

Nella sesta partita: Ser Denys Arryn, l'unico con le palle che le ha cantate ad un re invertebrato e ad un primo cavaliere doppiogiochista e col carisma di un germoglio di soia

Emiliano Targaryen....l'ultimo dei draghi....

14/12/2014 18:46
 
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Lord Alfiere
Valle di Arryn, Porte della Luna, anno 237 CA




Persino i tiepidi venti autunnali divenivano rigidi e severi sul Nido dell’Aquila. Le ampie sale risuonavano dei preparativi per la smobilitazione generale già ai primi del mese di novembre, e Jon aveva osservato divertito il via vai di servi e il saliscendi delle carrucole che, fissate a potenti corde e argani solidissimi, rendevano possibile a dei comuni esseri umani di abitare le dimore degli dei, rifornendoli di vettovaglie, abiti, e ogni altro genere di comodità.
Suo padre Jasper gli aveva spiegato che, secondo le leggende locali, fra i Sette Regni del continente occidentale la Valle era quello eletto dai Sette Dei a loro dimora e residenza. Essi avevano fatto emergere dalle profondità della terra Sette Picchi di straordinaria altezza e possanza, le cui vette arrivavano a inerpicarsi fra le nuvole. Era lì, in mezzo alle nuvole, che gli dei solevano dimorare.
Il più alto dei Sette Picchi, la Lancia del Gigante, era la principale fra le cime della catena delle Montagne della Luna, una vetta colossale sulla quale nell’Era degli Eroi i Re della Valle avevano edificato il Nido dell’Aquila. Le sale del Nido erano perennemente invase da una leggera foschia; poteva sembrare nebbia di primo acchito, ma in realtà si trattava delle nuvole, le quali condividevano assieme ai Lord della Valle lo scranno del Nido. Spesso aveva sentito dire ai servi ed al Maestro Ebert che quella foschia era in verità l’essenza stessa del Padre, che in quelle aule aveva scelto di risiedere: benedicendo con la sua presenza il trono del Nido, austerità e giustizia da sempre infondeva in chi vi sedeva.
Ogni anno l’esodo massiccio da Cielo, il castello più alto del Nido, verso le Porte della Luna era per Jon motivo di grandissimo divertimento. Forse perché era nato lì, o forse perché il suo sangue era quello delle Aquile e dei Falconi, ma non ricordava di aver mai provato paura durante il percorso di salita e discesa dalla montagna. Ecco perché le espressioni di attendenti, camerieri, ospiti o ambasciatori, che arrivavano trafelati e col cuore in gola, ogni volta che si ritrovavano a dover compiere il percorso in un senso o nell’altro, gli sembrava esilarante. I loro visi contratti, i capelli scarmigliati e gli occhi spauriti, parevano testimoniare che l’uomo non fosse nato per vivere a certe altezze. Eppure a lui il Nido piaceva tanto che, ogni qualvolta doveva abbandonarlo in prossimità dell’inverno, non poteva fare a meno di intristirsi.
Però trovava davvero divertente compiere la discesa da Cielo a Neve, il secondo castello, e poi da Neve a Pietra, il terzo, a dorso dei muli. Li aveva sempre trovati simpatici, testardi e intelligenti come lui.
Gli unici animali capaci di rimanere in equilibrio sui sentieri stretti e arzigogolati della Lancia del Gigante, qualsiasi cavallo si sarebbe schiantato a terra insieme al suo cavaliere in un volo senza fine.
Per abbandonare il Nido, bisognava avventurarsi lungo le rampe di terra e gli appigli scolpiti nella roccia che collegavano la dimora del Lord alle mura del bastione e al terzo castello, Cielo; da lì, si proseguiva nei sotterranei del maniero dove, superato un solido cancelletto, prendeva il via il ripidissimo sentiero fino alle Porte.
Il viaggio era cominciato quella mattina, si scendeva massimo due per volta perché il peso di un convoglio troppo consistente avrebbe potuto far franare il camminamento. Erano ormai arrivati al primo castello, Pietra, e si stavano inoltrando nella foresta che circondava il sentiero.

“Ti ho mai parlato delle Porte della Luna, Jon?”

Gli chiese suo padre, che camminava davanti a lui. Lord Jasper era un uomo alto e imponente, il naso aquilino e i capelli radi sulla testa ma folti sulle tempie. Così scomposte dal vento le ciocche parevano ali spiegate di un attento rapace, i cui occhi tutto scrutavano e tutto coglievano.

“È dove andiamo tutti gli anni, perché l’inverno è insopportabile per un essere umano sul Nido dell’Aquila. Sverniamo alle Porte, dove il Castello è più maestoso e accogliente, riparato dai venti gelidi e rifornito di vettovaglie. Poi, con l’inizio della primavera, torniamo su.”

“Ma c’è molto altro da dire, la loro storia…”

Erano intanto arrivati all’ingresso di Pietra, custodito da una imponente grata di ferro, racchiusa fra due tozzi torrioni circolari dai quali si dipartiva una solida cinta di mura, con massicci rostri d’acciaio sporgenti.

“Fummo noi Arryn a costruire le Porte. All’epoca eravamo ancora i Re della Valle, prima che Aegon il Conquistatore ci domasse con i suoi Draghi. Ora i Draghi sono scomparsi, ma la Corona del Falcone non è tornata.”

Jon percepì nel tono di suo padre una punta di disappunto, ma non ne comprese il motivo.
Appena dopo il cancello, Jon e Jasper arrivarono ai baraccamenti delle stalle. I muli, stremati dalla fatica della discesa, vennero portati a rifocillarsi di acqua e fieno. Il Lord e suo figlio montarono su due cavalli destrieri, bardati con le insegne di Casa Arryn, decisamente cavalcature più consone al loro ingresso alle Porte. Jon si voltò per un momento spostando lo sguardo verso l’alto, dove le Sette Torri bianche e strette che costituivano il Nido si stringevano alla roccia.

“Questo castello non è meno nobile e regale del Nido, figlio mio. Ricordati sempre che se il Nido è inespugnabile, è perché esistono le Porte e soprattutto il loro Castellano. Se le Porte cadono, o se il Castellano è infedele, il Nido è perduto. Tieni sempre a mente questo.”

Jon vedeva ormai le Porte della Luna davanti a sé. Era un robusto maniero squadrato, con un fossato intorno, un ingresso, un vasto cortile interno e grandi e minacciose torri. Era molto più grande del Nido dell’Aquila, ed esprimeva la stessa solenne sensazione di inespugnabilità. Jon era già stato alle Porte innumerevoli volte, e ogni anno rimaneva frastornato da come il chiarore della luna che si specchiava nelle acque del fossato, unita al bagliore delle torce sui bastioni, potesse creare delle sinfonie di colori così inesprimibilmente belle.
Lord Jasper, intanto, proseguiva con il suo racconto.

“Quando Artys Arryn attraversò il Mare Stretto, lasciando le colline degli Andali nell’Essos per lanciarsi alla conquista della Valle, non trovò codardi e imbelli a difenderla. Il Re Grifone e i Primi Uomini opposero una strenua resistenza ai nostri antenati, si batterono con coraggio e indomita fierezza. Devi sempre rispettare questo in un nemico.”

Il sentiero ora si allargava, permetteva a Jon di cavalcare fianco a fianco a suo padre.

“La Leggenda dice che Ser Artys sconfisse il Re Grifone sulla cima della Lancia del Gigante, arrivando a quelle altezze a cavallo di un falco gigante. Ma l’epoca dei falchi giganti e dei draghi è finita, Jon… Oggi nessuno potrebbe volare su in cima, né Artys, né Aegon. Ecco perché, finché sarà protetto dalle Porte della Luna, il Nido dell’Aquila è veramente una fortezza inespugnabile.”

Jon immaginava frotte di invasori schiantarsi contro l’imponente baluardo, mentre dai tre castelli arroccati sulla Montagna una tempesta di frecce si abbatteva sulle loro teste.
Sempre che fossero riusciti a superare la Porta Insanguinata, a custodia della Strada Alta…
Le Porte della Luna si schiusero davanti ai due, mentre una schiera di soldati col vessillo del Falco uscivano dal cortile e si disponevano in parata. Le trombe cominciarono a squillare, e sui torrioni e sui rostri svettarono sventolanti le bandiere della Casata.
Non era un’accoglienza usuale. Non per Lord Jasper, che era un uomo sin troppo pratico e poco avvezzo alle cerimonie inutili.

“Padre, festeggiamo qualcosa? Non ho mai visto un simile spiegamento ad accoglierci nei nostri precedenti inverni.”

“Sì, Jon. Oggi nominerò il nuovo Castellano delle Porte della Luna.”

“Oh, padre! Non vedo l’ora di conoscerlo, hai detto che sulla sua fedeltà e determinazione si fonda la forza del Nido. Sarà uno dei tuoi vassalli più degni!”

“Invero, lo è. Sono molto orgoglioso di lui. È una parte di me, una mia estensione. Il mio sangue e la mia carne. Le ali del mio spirito. Il mio erede. Sei tu, Jon. A te affido le chiavi del mio regno.”

Jon non credeva di aver capito bene. Lui, Castellano? Un bambino?

“Ma padre, io ho solo dodici anni…! Come posso? Non so nulla…”

“Allora impara, Jon. Impara, e cresci. Senza responsabilità, non c’è dovere. Senza dovere, non c’è onore. E senza onore, non puoi volare. Impara a spiccare il volo, Jon. Oggi ti sono spuntate le ali.”
[Modificato da Euron Occhiodicorvo 14/12/2014 20:10]

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Rickard della Casa Stark, Signore di Grande Inverno, Lord Protettore del Nord.

L'inverno sta arrivando
15/12/2014 00:36
 
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STORYLINE 1. IO SONO ORELL L’AQUILA 01

Circa un mese fa. 281 AC. Catena Montuosa degli Artigli del Gelo.

Non molto tempo fa, quando ancora la primavera riempiva di neve gli scuri calanchi della catena montuosa nota come Artigli del Gelo, Orell notò uno segno nel cielo.
Era il primo che vedeva nella sua vita ma era sicuro di averlo visto e non ebbe dubbi su cosa stesse a significare.
Gli anziani della sua gente lo invitavano al Pugno dei Primi uomini, dove si sarebbe svolto un grande incontro, il Grande Moat, universalmente riconosciuto come una delle pochissime assemblee del Popolo Libero, a cui avrebbero partecipato tutti i Metamorfi delle terre libere oltre la Barriera.

A nord della Barriera le notizie viaggiano lentamente, portate più spesso da cadaveri che da emissari vivi. Il motivo è molto semplice: ogni minima distrazione in un mondo selvaggio e pieno di pericoli equivale a morire in modo orribile in fondo a un burrone o a finire nello stomaco di uno dei tanti feroci animali che abitano le terre congelate del Popolo Libero.
I Metamorfi, tuttavia, non hanno questi problemi: essendo la loro schiatta profondamente legata alla natura e al mutare delle stagioni, sono essi stessi legati alla terra su cui camminano e al cielo che li sovrasta. Un segno come la Grande Aurora che abbraccia l’immensa oscurità algida delle terre selvagge indica solo una cosa: è il momento di riunirsi, perché grandi cose sono in movimento.

Orell si era già accorto che le giornate si stavano rivelando più lunghe e che le notti erano meno gelide e le albe più luminose, ovviamente, ma l’Aurora era un segno molto più preciso che non stava sognando, che sarebbe presto giunto il momento di prendere gli aspri sentieri attraverso cui il Clan delle Ossa scendeva dalle montagne che chiamava casa per raggiungere le terre di Tormund, il Veleno dei Giganti, e la collina del Pugno.
Un viaggio, seppur di poco più di tre giorni, attraversando il Passo Skirling, ormai terra di conquista dei Grandi Clan, pericoloso per un qualsiasi uomo normale. Ma la storia ha voluto che Orell nascesse speciale e che avesse al suo fianco una cara amica che vegliava su di lui ad ogni passo.

Un’aquila feroce come nessun’altra era la sua compagna e il suo orgoglio oltre che il primo animale con cui aveva avuto la capacità di mantenere un legame stabile e perfetto.
Ranalla era questo e molto di più, nutrita e rispettata dai membri del Clan delle Ossa per la sua vista aguzza e le sue utilissime capacità di esplorazione, anche e soprattutto in quei territori in cui normalmente un essere umano non avrebbe avuto accesso.
Sarebbe venuto il giorno in cui Orell avrebbe avuto, come tanti nel passato, un esercito di animali assetati di sangue, ovviamente, ma fino ad allora Ranalla lo avrebbe seguito, solitaria e imperscrutabile.

Si dice che un metamorfo non debba mai farsi tentare dagli animali alati: a forza di guardare il mondo dall’alto, con solo le nuvole a fargli compagnia, un metamorfo può allontanarsi dalle cose del mondo e pensare solo a volare.
Molti, negli anni, sono periti facendosi tentare. Troppo azzurro acceca il tuo mondo, troppo azzurro ti porta via la voglia di mangiare, troppo azzurro ti uccide.

Orell amava troppo nutrire il suo corpo umano, bere le schifezze fermentate del suo clan e andare a donne per rimanere tutta la vita dentro Ranalla. Ma se mai la sua vita fosse stata in pericolo e il suo corpo umano fosse stato condannato a morire, in un qualsivoglia antro del mondo, avrebbe preso le ali di Ranalla con molta gioia.

Ma fino ad allora avrebbe avuto la forza di portare avanti il suo pensiero, la sua vocazione. Avrebbe servito il clan con la forza del suo essere e dei suoi animali, sarebbe diventato qualcuno e avrebbe avuto un nome temuto e rispettato.
Sarebbe sorto dalle brume oltre la Barriera con una minaccia per i molli Reami degli uomini del Sud.
Ma prima…il Moat!

*Il Moat? Cos’è? Ci dobbiamo andare?*
*Si, CI dobbiamo andare, tu e io. Viene invocato ogni volta che finisce effettivamente l’inverno. Si prendono decisioni, ci si scambiano informazioni. A volte si medita su chi siano i nuovi probabili Re Oltre la Barriera. E’ il primo a cui partecipo, comunque, quindi devo presentarmici con un Mutaforma anziano, qualcuno che ci sia già stato.*
*E noi con chi ci andiamo?*
*Con la vecchia carampana, no? Conosci qualcun altro?*
*No, su queste Montagne siete solo tu e lei, giusto?*
*Si, una volta eravamo molti, molti di più. Ma pare che il sangue del metamorfo salti delle generazioni. Mio padre non lo era, e nemmeno il padre di mio padre. Dicono che ci sono tribù sulla costa gelata con Mutaforma che si accoppiano con i leoni di mare, in modo da generare creature mezze uomini e mezzi mostri.*
*Ma noi beccheremmo loro gli occhi, no?*
*Come se fossero bacche.*
[Modificato da Albus Lupin 15/12/2014 00:39]
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Nella sesta partita: Bryen Caron, decaduto lord di Nightsong, che perse una gamba per l'ospitalità di casa Greyjoy

Nella quinta partita: Orell l'Aquila-sulla-Barriera. Maestro delle Spie di Re Rhaegar I Targaryen, Lord di Bosco del Re

Nella quarta partita: Lord Vargo della casa Hoat, Lord Protettore del Sud dal suo incredibile seggio di High Garden. Distruttore di Estranei, Difensore della Barriera e Creatore della Strada delle Mani.
Fedele e leale suddito di Re Stannis Baratheon I.

Nella terza partita: Lord Davos Seaworth, Alfiere del Trono di Spade, Signore di Arbor.
Spia e Boia di Re Hoster Tully I.
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STORYLINE 1. IO SONO ORELL L’AQUILA 02

Circa tre settimane fa. 281 AC. Passo del Cranio

“Devo veramente portare quella vecchia pazza al Moat?” la voce di Orell si perse nel silenzio della notte mentre malediceva la sua sfortuna.
“Non bestemmiare, stupido. E’ una degli ultimi figli della Foresta! Conosce vie e vede cose che tu non immagineresti nemmeno durante i tuoi deliri di ubriaco. E devi smettere di bere, fai schifo quando bevi”.
“Puttana” ringhiò il metamorfo, ma la baciò comunque.
“Puttana sarà quella vacca di tua madre, Orell”
“Vero, era una puttana. Però è morta, l’ho uccisa io.”
Per questa ultima affermazione, Orell l’Aquila si prese un ceffone e uno sputo “Brutta piccola stronza..”
“Esci di qui, coglione. Abbiamo finito e tu devi partire, è l’alba.”

“La troietta aveva ragione, Madre Talpa. Anche Ranalla me lo stava comunicando.”
“Ci sono problemi?” chiese la Vecchia.
“Molti. Mi fa male la testa, ultimamente. Ogni tanto mi manca l’aria mentre sono nel mio corpo.”
“La realtà, figlio mio” Madre Talpa chiama tutti *figlio mio* “E’ che stai troppo tempo nel corpo della tua dolce metà. E no” rise “non sto parlando delle mogli di lancia che ti porti nella capanna quando hai le palle piene.”
“Cosa posso fare Madre Talpa?”
“E’ il momento che tu conosca la verità. Il Moat è fatto anche per te. E’ giunta ora che ti trovi una nuova pelle.”
“Io? Una nuova pelle? E Ranalla? Non voglio lasciarla.”
“Ci sono metamorfi, sciocco, che possono avere più di una pelle. Credo che tu possa, lo vedo nel fondo dei tuoi occhi malvagi. Vuoi il potere e ammazzerai diversi uomini per raggiungerlo. Lo vedo. Lo sento.
Ma c’è una cosa, o forse più di una, che devi sapere prima. Ci sono cose in movimento. La Madre..” Orell fece per interromperla ma lei continuò imperterrita dopo un gesto brusco “La Madre, quella Vera, mi ha mostrato una cosa. Una cosa orribile. Devi assolutamente vederla, tutti dovremmo. I Metamorfi dei clan si riuniranno a questo incontro per far si che tutti vengano informati. Succederanno cose molte brutte nei prossimi tempi. Gli Estranei sono tornati, piccolo Orell, hanno già ucciso dei corvi, non più di una settimana fa. Se il nostro popolo non si unirà, perirà. Tutti periremo, io l’ho visto. E periremo per colpa di un Corvo Nero.”
“La Confraternita è con le pezze nere a coprire il suo culo nero. Non potrebbero fermarci se attaccassimo tutti insieme.” Orell alzò le spalle come a far intendere che fosse per lui…
“Hai dimenticato la vecchia legge, moccioso?” La vecchia maledetta si appoggiò al suo bastone, raddrizzò la fottuta schiena e sentenziò, nell’antica lingua, una frase che nel comune corrente oltre la Barriera può essere tradotta come “Il Popolo Libero non attraverserà in pianta stabile la Barriera a meno che non abbia un Re”.
“Ma noi *abbiamo* un Re, vecchia pazza. Il maledetto Dominem Grande Scudo, col cazzo lungo dieci piedi che ti fotte anche se sei nel dono di Brandon. Dominen il Razziatore, Dominem l’uccisore di Corvi, Dominem il Re Oltre la Barriera.” Il Metamorfo sputò a terra, indicando il suo favore verso il nuovo Re.
“Dominem morirà, piccolo stupido” sibilò la vecchia “Morirà di fronte a tutti i Capiclan, senza che nessuno di loro abbia fatto nulla per ucciderlo. Morirà perché deve morire e dalla sua morte, se non faremo QUALSIASI COSA SIA NECESSARIA, verranno piantati i malvagi semi che porteranno il Popolo Libero all’estinzione.”
Orell si voltò lentamente a guardare Madre Talpa “Ne sei certa, vecchia?”
“Quando arriveremo dove dobbiamo, la notizia si sarà già sparsa. Tu berrai quello che devi, vedrai quello che devi, farai quello che devi.”

*Orell, il Passo è davanti a voi.*
*Si, Ranalla, lo vedo. Ci sono problemi?*
*Corvi Umani Morti*

“Madre, ci sono dei Corvi Neri morti, giù dal crinale. State qui un attimo.”
“No, moccioso, io vengo. Quei demoni neri vanno sistemati. Dobbiamo capire cosa li abbia uccisi.”
“Il Passo del Cranio è attualmente disabitato..è solo un passaggio per le greggi che si muovono da nord a sud, no? So che un tempo ci viveva una tribù lontanamente imparentata con il Clan delle Ossa. Credo sia per questo che il passo si chiami Passo del Cranio. Comunque si sono uniti a Rattleshirt quando è iniziato l’inverno. Non avrebbero avuto possibilità da soli. Ora il loro sangue si è mescolato al nostro. E’ un buon sangue, il loro.”
“Ti stai perdendo in chiacchere, giovane Mutaforma. Dà una mano a questa vecchia donna a scendere dove sono i corvi.”
Non senza qualche difficoltà, Orell aiutò Madre Talpa a scendere il pericoloso pendio che li divideva dai cadaveri dei Corvi Neri.
“Non ti ho detto che” sbuffò la vecchia “Dopo il Moat, torni da solo. Io ho da fare.”
“Da fare, Madre?”
“Da fare, da fare. Ci sono cose che devo fare. Prima di morire. Ora: capiamoci qualcosa, si?”

I Ranger erano stati fatti sistematicamente a pezzi e poi erano stati divorati.
“Divorati, diresti, eh? Perché sei nuovo del mestiere. Sono stati assaggiati. Da un grande felino. Non vedi qui, e qui? Tracce di denti lunghi..dammi il tuo pugnale d’osso.
Un grosso felino, si?”
L’anziana mise una mano nella pozza rosata attorno ai cadaveri. “Ieri l’altro. Ma.. E’ ferito, vedi?”. Una piccola scia di gocce di sangue si allontanava, chiaramente visibile, dal luogo del macello. “E’ la tua occasione, credo. Dovresti provare. Devi provare.”

[Modificato da Albus Lupin 15/12/2014 00:39]
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Nella quarta partita: Lord Vargo della casa Hoat, Lord Protettore del Sud dal suo incredibile seggio di High Garden. Distruttore di Estranei, Difensore della Barriera e Creatore della Strada delle Mani.
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STORYLINE 1. IO SONO ORELL L’AQUILA 03

Circa due settimane fa. 281 AC. Passo del Cranio

*ESCI DALLA MIA TESTA*
*VAFFANCULO!*
*ESCI, UMANO*
*NO, SOTTOMETTITI!*



Mezz’ora prima la mano destra gli tremava leggermente e sudava in modo orribile nonostante la giornata fosse incredibilmente fredda. Il sole non scaldava, la neve non si scioglieva: questa era la regola.
“Lancia, devi usare una lancia” e lui l’aveva messa insieme. Non era granchè con la punta di osso che in realtà era il suo pugnale. Ma non poteva certo attaccare la tana di una pantera ombra con un coltello. L’avrebbe fatto a pezzi.
Ma se era una pantera ombra perche non si era mangiata tutto? Sono animali incredibilmente avidi per quanto riguarda il cibo, no?
E allora perché..
“Inutile pensarci” si disse a voce alta.
Ranalla volava in alto nel cielo, forma sicura che si stagliava nell’azzurro.
*Ti sta aspettando, raccoglie la sfida.*

Orell girò l’ultimo angolo di quel sottile sentiero che portava all’ingresso della tana della pantera. Attorno a quell’angusto anfratto c’era ogni sorta di frammento osseo potesse venire in mente al Mutaforma. Frutto di vari anni di alimentazione della bestia.
Il felino estrasse gli artigli retrattili e iniziò quasi istintivamente a sbavare. Il cibo non si consegnava così spesso direttamente all’imboccatura della sua tana.

Il Metamorfo sondò leggermente la mente della creatura, prima di subire il suo assalto rabbioso. La lancia gli dava, come aveva detto Madre Talpa, l’allungo necessario per provare a mettere a segno qualche colpo da distanza di sicurezza. Orell tuttavia era un guerriero mediocre come quasi la totalità di coloro che appartenevano alla schiatta dei metamorfi. Era un esploratore, non un massacratore.
La pantera ombra scartò nuovamente alla sua sinistra, mettendo fuori causa la punta d’osso della lancia. Da quella posizione di vantaggio, artigliò con la zampa sinistra l’interno della coscia del Metamorfo.
Se non fosse stato per le protezioni in pelliccia e cuoio, avrebbe sventrato irrimediabilmente il retro del ginocchio di Orell. Le punte degli artigli graffiarono profondamente l’articolazione e il metamorfo si trovò quasi subito in bocconi a stringere spasmodicamente l’asta della sua arma improvvisata.
Era stata una cazzo di follia! Cosa gli era saltato in mente? Sarebbe morto come uno stupido!
Condividere i propri timori con un’altra creatura può spesso avere effetti spiacevoli. O incredibilmente utili.
Ancora prima di vederla, Orell percepì il fischio della picchiata di Ranalla. La presenza di un nuovo partecipante allo scontro interruppe per un attimo l’assalto della Pantera Ombra.
Gli animali provenienti da regni diversi si fronteggiarono per un attimo lunghissimo, poi l’aquila passò oltre, lasciando una scia insanguinata sul muso del felino. Se non fosse scesa fischiando, probabilmente ora la pantera sarebbe stata cieca o gravemente debilitata e invece se l’era cavata con solo un orecchio in meno. Sbavando di rabbia e dolore, il felino si lanciò contro il metamorfo..ma il suo balzo perse ogni potenza quando la bestia si accorse di avere un ospite inatteso all’interno della propria mente.

*ESCI DALLA MIA TESTA*
*VAFFANCULO!*
*ESCI, UMANO*
*NO, SOTTOMETTITI!*
La Pantera artiglio ripetutamente il terreno, dopo essersi rimessa in piedi. Era totalmente bloccata da quella presenza estranea e maligna nella sua testa. Più forte si dibatteva e più Orell si sentiva come se fosse per essere lanciato fuori dall’orecchio martoriato della bestia.
Fu allora che si aggrappò con i denti allo spirito della Pantera Ombra.
Immediatamente, nella sua testa umana ripercorse tutta la vita della belva, dalla nascita fino a…l’altro ieri.
Sentì paura e l’odore freddo della morte.
Non era stata lei ad uccidere i Guardiani della Notte, si era solo limitata a fare a pezzi quanto era rimasto dal passaggio di un’altra creatura.
*Cos’era?*
*L’orso bianco. Li ha solo uccisi. Non li ha mangiati. Non era un animale. Era come te.*
Orell rientrò nel suo corpo e Ranalla gli si appoggiò con grazia su una spalla, artigliando pelliccia, cuoio, pelle e carne. Il Mutaforma la guardò con occhi stanchi, poi scese per tornare da Madre Talpa.
Il grosso felino si voltò per un attimo verso la sua vecchia tana e la trovò improvvisamente estranea. Dopo aver esitato un attimo si affrettò dietro ad Orell.
[Modificato da Albus Lupin 15/12/2014 00:40]
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STORYLINE 1. IO SONO ORELL L’AQUILA 04

Ieri. 281 AC. Artigli del Gelo

“Ho visto la nostra terra bruciare, Jarl Rattleshirt. A White Tree c’era un enorme insediamento di Guardiani della Notte, una sorta di Barriera in miniatura di legno riparato di un terrapieno di terra battuta e zolle di erba verde. La nostra gente lavorava per queste opere ed era affamata, scarna, senza un capo. In catene. I Corvi Neri si erano presi tutto. Tutto!”
Orell si era portato la mano alla tempia e aveva sbarrato gli occhi, sembrava invecchiato improvvisamente. “E poi ho visto quello che era successo prima. Un giovane Lord sedeva sul Castello Nero e sul suo corpo erano disegnata una spada bianca, di quelle che fanno al sud. Ma lui era nero come la notte. Era stato mandato a Nord da una Capra che veniva da lontano. Talmente lontano che non credo che nemmeno quella terra esista. La capra aveva devastato le nostre terre prima di affliggerci con questo moccioso e la sua spada bianca.
I Thenn stessi, cani traditori, si erano uniti alla capra e alla sua banda da guerra. No. Non era una banda, era un esercito..più grande di tutti i clan del Popolo Libero. Sulle loro bandiere c’era un Teschio e due ossa incrociate e il rombo dei loro cavalli faceva tremare la terra. Poi la capra se n’era andata a Sud, per prendere possesso del suo recinto tra le rose e ci aveva lasciato il ragazzino.”
Rattleshirt continuava ad ascoltare, con gli occhi arrossati dal fumo, socchiusi. “La Capra era il servo di un Re. Un Re di Fiamme e Morte. Il Re governava con il suo pugno di ferro dal Pugno dei Primi Uomini e la sua spada riportava in vita i morti e rischiarava la notte con la luce dei colori del fuoco ma fredda come quella della luna.”
Il capoclan chiese a bassa voce “E perché questa gente sarebbe dovuta venire fin qui?”
“Perché i Corvi Neri erano diventati servi del Nemico, schiavi degli Estranei, Creature della Notte. Avevano abbandonato il loro trespolo sulla Barriera e se ne erano andati a Sud a giocare al gioco del Trono. Su navi con vele rosa e verdi, insieme a un altro servo della Morte. Come ai tempi del Re della Notte.”
“E poi? Dimmi cos’è successo poi.”
“Poi i Corvi volati a sud e i loro schiavi morti sono stati uccisi e bruciati. Il male degli estranei è stato debellato..ma noi non potevamo gioirne. Eravamo tutti morti.”
“Morti?”
“Avevamo assaltato la Barriera…al comando di un Corvo Nero! Ma i Lord del Sud si erano uniti contro di noi e ci avevano massacrato.”
“Uniti sotto un Corvo Nero? Non dire sciocchezze, Orell!”
“Lo giuro sugli Dei dell’Inverno!”
“Certo. E poi?”
“Poi…”
Come poteva dirgli che aveva visto la loro morte? Come poteva dirgli che il Re Oltre la Barriera aveva condotto il suo popolo a Sud solo per vederlo morire e disgregarsi? Come poteva dirgli quello che i Mutaforma si erano detti.
“Dobbiamo fare di tutto per impedire che questo accada. Dobbiamo trovare questo Corvo Nero e ucciderlo. Dobbiamo trovare questo Spada Bianca e ucciderla. Dobbiamo trovare il re delle Fiamme e ucciderlo. Dobbiamo fare in modo che le cose vadano diversamente. A costo di uccidere tutti coloro che hanno permesso che le cose andassero in questo modo.
Ci siamo tutti sottomessi a questo Corvo Nero. Non accadrà. Non deve accadere. Il nostro popolo non può finire in catene. Noi siamo il Popolo Libero.”
“Non succederà, Orell. Ho già un’idea in merito. Se i nostri vicini vogliono la guerra, ora che Dominem è stato sistemato, l’avranno.”

Quella notte, mentre il Clan delle Ossa si preparava, Orell ripercorse la quantità di luoghi e tempi che aveva visitato nel sogno dell’Oltre.
Non avrebbe voluto, ma era stato costretto da Madre Talpa.
Madre Talpa era ora dispersa nelle terre del Popolo Libero..a sistemare chissà cosa, a visionare chissà quale oscuro futuro per la sua gente.
Orell non era certo che l’avrebbe rivista né era sicuro che lui e Rattleshirt sarebbero riusciti a fare tutto quello che era necessario per impedire che l’oscurità inghiottisse la loro gente.
Oscurità e oblio sono terribili per una cultura che racconta le proprie storie a voce. Finire nell’oscurità significa non essere ricordati e non essere ricordati significa che nessuno avrebbe portato il tuo nome in futuro.
Una delle cose che turbava maggiormente il Mutaforma era che proprio un membro della loro schiatta, il sedicente Varamyr Settepelli, era stato l’elemento fondamentale nella caduta dei Corvi Neri nelle tenebre. A lungo aveva sussurrato all’orecchio di un anziano orso parole piene di malvagità, fino a quando l’orso non aveva scelto di asservirsi ai morti.
I Morti e l’orso, come due settimane prima. Se fosse stato un caso o un segno, Orell non sapeva dirlo e, anche se un giorno l’avesse saputo, non era certo che sarebbe stata una buona cosa.
Il male andava fermato. La storia sarebbe stata riscritta. Quello era il suo inizio, quella sarebbe stata la sua storia.
E non si sarebbe fermato fino a che non avesse ucciso tutti coloro che avevano provocato la tragica fine della sua gente.

Lontano, Ranalla volava nel cielo, diretta verso la destinazione del Clan delle Ossa.
*Fuochi!*
[Modificato da Albus Lupin 15/12/2014 00:40]
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Signore della Guerra
Nonostante i Maestri avessero decretato l'inizio dell'estate, il calare della sera aveva portato con sé un vento freddo che si infilava sotto i vestiti, per cui il Principe Lewyn ordinò ai suoi attendenti di accendere un braciere al centro della sua personale tenda, che aveva fatto erigere sulla sommità di una bassa collina, poco fuori le mura dell'imponente Harrenal.
Mentre sorseggiava una coppa di rosso dorniano, seduto sulla sua sedia da campo, ripensò alla giornata appena trascorsa.
Era riuscito ad incontrare il suo vecchio amico Lord Jon Arryn, con il quale aveva scambiato qualche lettera subito prima della partenza per il torneo.
Era stato un incontro piacevole, condiviso con i suoi compagni di viaggio dorniani.
I vessilli al vento, la presenza di lord e cavalieri per il torneo, il suono delle armi e il nitrito dei cavalli, riportò alla sua memoria il tempo in cui conobbe per la prima volta l'onorevole Arryn.
Era stato durante la Guerra dei Re Novesoldi. Si ritrovarono a combattere per caso fianco a fianco, contro pirati predoni e guerrieri senza onore.
L'affinità nel valutare nello stesso modo situazioni e persone li aveva fatti avvicinare, facendogli stringere un legame che nemmeno il tempo e la lontananza avevano affievolito.
Il Principe Lewyn aveva già ricevuto il battesimo del sangue prima di allora, ma fu durante le battaglie sulle Steptones e nelle Terre Contese che comprese davvero cosa significasse la guerra.
Ogni ragazzo sogna battaglie e avventure. E quando il ragazzo diventa uomo e marcia per la guerra, ancora non si rende conto realmente verso cosa sta marciando. Vede i vessilli che garrisono al vento, tamburi che scandiscono la marcia, corni e trombe che suonano la carica e nel cuore c'è solo eccitazione per il fatto di essere parte di quel mondo che si era solo sognato. Poi c'è la foga del combattimento. Ti sembra di non sentire né vedere nulla, solo il tuo prossimo obiettivo, solo il prossimo nemico da abbattere in una danza mortale dove in palio c'è la propria sopravvivenza. Solo quando tutto finisce e ci si guarda intorno si vede la cruda realtà: uomini che gridano, cavalli scalciano e nitriscono sofferenti. L'odore del sangue e del sudore ti riempie le narici. Senti il peso della spada nella mano e quello dell'armatura sulle spalle e ti senti sfinito. Non sai bene se per la stanchezza o per lo scenario di morte intorno a te.
Una volta tornato nel Dorne, Lewyn aveva continuato a migliorare le proprie capacità marziali, allenandosi costantemente con spada, lancia e scudo. Cavalcando e giostrando.
Suo nipote Doran, diversi anni prima, gli aveva dato il compito di occuparsi di una banda di fuorilegge che imperversava sulle montagne di Dorne. Lewyn dimostrò di essere non solo un ottimo guerriero ma anche un buon comandante e condottiero.
Non mi piace uccidere le persone, ma sono abbastanza bravo a farlo. Alla fine uno si deve rassegnare al proprio destino.
Stanco di rimuginare su vecchi ricordi, finì la coppa di vino e si alzo dalla sedia da campo.
Si diresse verso i bauli e gli altri bagagli che erano stati accatastati in un angolo della tenda.
Aprì uno dei bauli e ne tirò fuori una lettera chiusa dal sigillo rosso, sole trafitto da una lancia.
Suo nipote Doran gli aveva detto di leggerla solo quando fosse arrivato ad Harrenal.
Spezzò il sigillo e srotolò la pergamena. Lesse il contenuto. Arrivato alla fine rilesse tutto una seconda volta.
Andò al braciere e vi gettò la lettera, rimanendo ad osservare finché non fu ridotta in cenere.
Alla fine, uno si deve rassegnare al proprio destino.


Ser Arthur Dayne
The Sword of the Morning


«Tutti i cavalieri devono sanguinare.
È il sangue il sigillo della nostra devozione.»
16/12/2014 13:07
 
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Consigliere del Re
Una storia passata, ma sempre presente.


Cavalcava sotto la pioggia, Hoster Tully. Era sempre stato per indole un inguaribile viaggiatore e di certo le gocce di pioggia che gli bagnavano i capelli ramati non erano un problema per lui. Oggi invece, ce n'era un altro di problema. Ben più grosso per giunta.
Il Re Folle aveva indetto un Torneo per chissà quale ragione e il caso volle che nella sua imprevedibile pazzia avesse scelto proprio il castello di Harrenal. Hoster sarebbe stato a casa molto volentieri, ma come Lord Protettore delle Terre dei Fiumi si era sentito in dovere di rispondere alla chiamata e di presenziare alla competizione. D'altra parte la parola Dovere era tra le tre che guidavano la vita di ogni Tully.
Ma ancora prima c'era la parola Famiglia, e per Hoster era impossibile dimenticare.

Ricordava quella notte come se fosse successa la settimana precedente. Era solo con suo padre, e cavalcava con lui verso il più grande castello dei Sette Regni. “Oggi conoscerai tua moglie, e spero che il tuo possa non essere solo un matrimonio di convenienza, ma di vero amore.
Erano state queste le parole pronunciate da suo padre, e Hoster era particolarmente scettico. Aveva sentito dire che Minisa fosse una bellissima ragazza, ma sapeva bene che l'amore non scaturiva da quella caratteristica. La cosa più vicina all'amore che avesse mai provato erano gli sguardi che si era scambiato con una ragazza che lavorava in cucina, per giunta neanche troppo attraente sotto la coltre di fuliggine che le copriva sempre il viso. Ma nonostante quel velo di cenere che le copriva costantemente il volto, riusciva sempre a notare quanto rosse diventassero le guance della ragazza al suo passaggio. Ma mai, mai e poi mai si erano scambiati anche solo una parola...

Appena oltre il maestoso portone del castello, subito Lord Whent fu pronto ad accoglierli. Era uno dei vassalli più potenti di suo padre, e la sua forza era ravvisabile anche nella sua postura. Alto, robusto, con un volto gioviale ed accogliente; era questa l'immagine che Hoster aveva fissato nella mente del suocero. D'altra parte Hoster aveva solo quindici anni all'epoca, e pur sapendo di essere socialmente più importante dell'uomo non sarebbe mai stato capace di guardarlo dall'alto in basso.
Lord Whent li condusse per l'immensa struttura, e quando oltrepassarono la Sala dei Cento Focolari senza nemmeno entrarci il giovane Tully rimase allibito. Se trattavano con così poco rispetto una sala di quelle proporzioni, chissà quali meraviglie si nascondevano tra quelle mura...
La risposta arrivò presto, non appena arrivarono alla torre ovest. Lì, in una stanza non molto grande, anzi proprio piccina, si era rifugiata Minisa con la sua insegnante di cucito. Di fianco alla figura grossa e rozza dell'insegnante, la giovane ragazza appariva piccola come una formica.
La luce era scarsa e Hoster non riusciva a vederla bene, ma per quel poco che la vide ne rimase affascinato. I lunghi, liscissimi, capelli neri le scivolavano lungo la schiena rivelando solo a tratti la schiena dritta e magrissima che si nascondeva sotto l'aderente veste blu. Le sue mani, lunghe e prive anche del più piccolo callo, erano intente a maneggiare una stoffa di un verde brillante. Da esse Hoster notò subito la carnagione chiarissima della sua futura sposa, che paragonò subito nella sua testa al candore proprio della neve, e senza fare esagerazioni.
Ma fu solo quando Minisa alzò lo sguardo che ebbe un tuffo al cuore. La bocca era di un rosso molto scuro, che risaltava con forza sulla pelle bianchissima. Il naso piccolo, drittissimo, era incorniciato da un volto dalle proporzioni perfette. Perfette, sì, tranne che per una cosa. Per gli occhi. Minisa aveva due occhi grandissimi, scuri quasi quanto i suoi capelli. Erano pieni di preoccupazione, nella chiara attesa di posarsi sugli occhi che li avrebbero accompagnati per il resto della loro esistenza. Quando incrociarono i profondi occhi blu di Hoster parvero rilassarsi immediatamente. Evidentemente le piaceva, pensò il giovane Tully sentendo le guance andare a fuoco.
Non aveva mai visto una ragazza così. Non era solo bellissima, c'era qualcosa di più. Voleva proteggerla, non permettere a nessuno di toccarla o di farle del male. Non conosceva ancora il suo carattere, non sapeva se le piaceva viaggiare tanto quanto piaceva a lui o se invece preferisse stare tutto il giorno in una stanza a filare e cucire; sapeva solo, da quegli occhi nerissimi, che non sarebbe mai stato capace di resisterle. E tutto perché non era sfrontata, perché gia in quei quattro secondi aveva dimostrato la sua nobiltà d'animo, perché in quegli attimi infiniti lo aveva reso partecipe di tutta la sua delicatezza.
Quando si alzò per presentarsi, Hoster ebbe modo di osservarla meglio. Era indubbiamente molto giovane e doveva ancora uscire dalla pubertà, ma già si poteva notare il seno fermo e perfetto. Abbassando gli occhi, si potevano invece vedere i fianchi strettissimi. Era solo una diceria probabilmente, ma le voci di corridoio dicevano che le donne dai fianchi stretti non erano portate ad avere figli. Forse i suoi futuri parti sarebbero stati dolorosi, ma ad Hoster non importava. Non gli importava nulla di quanto avrebbero dovuto faticare per avere degli eredi, gli interessava solo la certezza che sarebbero stati meravigliosi almeno quanto lei.
L'incontro fu tuttavia brevissimo dato che non fecero altro che presentarsi, per giunta sotto gli occhi vigili dei genitori. Ma al giovane Hoster non sfuggì il fatto che, quando le baciò la mano destra, entrambi furono scossi da un fremito di origine sconosciuta.

Il giorno successivo i Tully dovettero già ripartire alla volta di Approdo del Re. Dopo la sua futura moglie, Hoster avrebbe conosciuto il suo futuro re. Ma due anni e qualche visita più tardi, arrivò il giorno tanto atteso. Fu una cerimonia intima, svoltasi nella cappella di Harrenal, l'unica stanza pubblica di dimensioni ragionevoli del castello. Harren il Nero infatti non aveva pensato a costruire una cappella per i Sette, adorando il Dio Abissale, e i Qoheris avevano ben pensato di porre il luogo di culto in una stanza che favorisse il raccoglimento.
Se le parole del Septon colpirono profondamente lo sposo, fu la promessa pronunciata da Minisa che cambiò per sempre la vita di Hoster. Mettendole il mantello rosso e blu sulla schiena poté osservare quanto era cresciuta rispetto al loro primo incontro. Ma gli occhi erano sempre gli stessi, e ancora una volta tentavano senza riuscirci di nascondere una preoccupazione più che giustificata. Erano cresciuti lontani, ora si trattava di vivere per sempre insieme.


++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++




Re Jon Arryn


In passato:
- Pincipe Doran Nymeros Martell, Principe di Dorne e Lord di Lancia del Sole. Per colpa di Mace Tyrell il Bellissimo rimane solo un ricordo
- Lord Hoster Tully, Protettore del Tridente e dell'Ovest
- Tormund, Veleno di Giganti, Pugno di Tuono, Soffiatore di Corno, Marito di Orse, Grande Affabulatore, Distruttore del Ghiaccio, Voce degli dei, Re dell'Idromele di Ruddy Hall, Padre delle Armate del Popolo Libero, Scalatore della Barriera, Reietto nei Sette Regni
18/12/2014 20:47
 
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Ned Stark 01 - Il torneo di Harrenal 01

La partenza

Grande Inverno - 283 anni dalla conquista di Aegon

"Forza idioti! Quei sacchi non si muovono da soli!"
Così Jon Umber, detto il grande Jon, spronava gli uomini del nord a caricare sui carri i sacchi contenenti le tende e le provviste, nonchè le armi e le armature per il torneo di Harrenal che aveva indetto il Re Aerys Targaryen per celebrare l'inizio della primavera.
Eddard Stark se ne stava tranquillamente in disparte da tutto quel trambusto, assorto nei suoi pensieri mentre affilava la sua spada con la cote. 'Ogni grande spada deve avere un nome' e quella un nome ce l'aveva: Bianco Artiglio. Quella era la lama forgiata da Mikken, il fabbro di Grande Inverno, e donatagli quando aveva fatto ritorno da Nido dell'Aquila, già in grado di maneggiarla decisamente bene.

La lama era ormai più che affilata ma Ned procedeva in quel movimento meccanico e affascinante, avanti e indietro, da un lato e dall'altro. Un mondo tutto suo, semplice e genuino, un mondo senza intrighi e senza finzione, dove si potesse vivere senza preoccupazioni. Venne richiamato a vivere la vita di tutti i giorni da suo padre, Rickard Stark, lord di Grande Inverno: "Ned, vieni con me". Suo padre era un uomo di poche parole, dirette e sincere, proprio come il figlio e gran parte degli uomini del Nord.
Eddard seguí il padre, attraversarono prima il cortile degli addestramenti, scenario di mille battaglie tra lui e i suoi fratelli Brandon e Benjen, poi le stalle dove i servitori stavano sellando i cavalli per il viaggio, e giunsero quindi al parco degli dei. Tre acri di alberi attorniavano tutta la fortezza, alti e fitti, a formare un enorme ragnatela di rami intrecciati in cima. Quegli alberi erano antichi e silenti, l'aria era impregnata di malinconia e durezza, come gli Stark stessi. Eddard sapeva fin da subito le intenzioni di suo padre, infatti poco dopo arrivarono all'enorme albero diga vicino al laghetto nero, gelido.

Quell'albero, con il tronco bianco come osso e le foglie rosse come sangue, risaliva a prima della costruzione di Grande Inverno. Nel mezzo del legno era raffigurato un volto, gli occhi profondi e rossi di resina, che parevano in grado di scrutare l'animo di ogni persona che si fosse inginocchiata ai suoi piedi a pregare. Così fecero i due Stark.
'Io non so quali siano le ombre che incombono sulla mia vita' erano abituati a pregare in silenzio, per non turbare l'equilibrio della natura 'ma vi prego di proteggere me e la mia famiglia da esse'. Una preghiera semplice, ma era tutto ció di cui aveva bisogno Ned in quel preciso istante.

I carri e gli uomini erano finalmente pronti, avrebbero viaggiato leggeri, per questioni di velocità e di comodità. Prima di raggiungere la testa della colonna, dove li attendeva il lord di ultimo focolare, Ned raggiunse insieme a sua sorella Lyanna e al padre il ponte levatoio. Lì stava in piedi Brandon, il primogenito ed erede di Grande Inverno, avrebbe governato lui Grande Inverno durante il torneo a cui non avrebbe partecipato. "Che gli antichi dei siano con te fratello mio, ci rivedremo a torneo finito, pregando che vada tutto bene" disse Ned, Brandon ricambiò il suo saluto con un abbraccio, lo stesso fece con il padre e infine baciò su entrambe le guance Lyanna.

"Possiamo partire finalmente? Mondo boia, prima arriviamo ad Harrenal e prima spacco qualche sedere reale nella grande mischia!" Nessuno aveva ancora avuto il coraggio di dire al grande Jon che non avrebbe partecipato al torneo. "Certo Jon, fa marciare la colonna" permise Ned "Aye, aye" così dicendo Jon tirò fuori il corno e lo suonò come nessun altro uomo del Nord avrebbe potuto fare. AROOOOOOOOOOO, il suono echeggiò nelle ossa di Ned, fino al midollo, e la colonna cominciò a muoversi.





Eddard Stark
Principe del Nord
Ufficiale dorato



Nella quarta partita: Benjen Stark dei Guardiani della Notte
21/12/2014 14:38
 
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Rattleshirt 2

Il Lord delle Ossa si trovava in una piccola radura, ad una decina di chilometri a sud dall'accampamento principale. Sotto la luce di un timido sole, una nube scura di proporzioni tali da risultare molto più grande di una delle montagne che ora sorvolava si stava avvicinando, quando Rattleshirt inspirò profondamente, chiudendo gli occhi. L'odore della tempesta si mischiava a quello della neve, ed all'odore del sangue. Vestito di sole pelli, per evitare che il tintinnare di ossa tradisse la sua presenza, aprì gli occhi davanti al frutto della caccia, un maschio di alce. Alto più di lui al garrese, l'animale era una preda seconda solo al mammuth, ma dalla carne certamente più gustosa. Mentre la vita scivolava definitivamente via dalle iridi dell'alce, trafitto al collo da una freccia di legno di betulla pelosa, Rattleshirt portò alle labbra il lungo corno che solitamente pendava dalla sua cintura, e soffiò a pieni polmoni.

Nel giro di un'ora si erano radunati intorno alla carcassa una dozzina di persone, cacciatori e mogli di lancia ora intenti a scuoiare accuratamente l'animale, porzionandone le carni a colpi di scure per poterle trasportare a casa. "Assicuratevi di non danneggiare le pelli, ne abbiamo bisogno per rinforzare le tende più vecchie. E fate attenzione a non rompere le ossa, anche quelle possiamo usarle come pali o come ornamenti!"

Le interiora venivano tradizionalmente lasciate alla natura, e un piccolo branco di volpi dal manto candido si era già affacciato tra gli alberi di abete spruzzati dalla neve del giorno prima, pregustando il pasto che davanti a loro si andava formando. L'imponente palco di corna venne trasportato all'accampamento da Rattleshirt in persona, che desiderava esporlo come trofeo alla testa di uno dei suoi carri d'ossa.

Al suo ritorno lo accolse Lenyl Lungapicca, il migliore dei suoi lancieri e uomo fidato sul campo. "Bentornato Rattleshirt" esordì Lenyl, "purtroppo porto brutte notizie. Durante la tua assenza quel figlio di puttana di Errok, detto l'Irruento se l'è data a gambe con un bel gruppo di barbari ed arcieri! Che gli dei possano farlo morire come il verme che è!"

Il viso di Rattleshirt rimase impassibile per qualche attimo, prima di contrarsi in una maschera di odio e furia. Sputò per terra imprecando, lasciò cadere il palco di corna ed urlò a pieni polmoni per farsi udire da tutto il campo: "COME OSA QUEL CANE BASTARDO, come osa tradirmi? Dove pensa di trovare rifugio?? Se non sarà la tormenta di neve a raggiungerlo, lo farò io! E quando lo troverò sarà un piacere impiccarlo ad un abete con una corda fatta dalle sue stesse budella!"

"Gira la voce che sia diretto verso Styr ed i suoi Thenn, a nord" disse Lenyl, in visibile imbarazzo. "Ecco a dirla tutta... alcuni hanno interpretato la tua decisione di mandare Grump da Styr, invece di andarci di persona, come l'azione di un codardo. Errok voleva scontrarsi subito con qualcuno, e crede che sotto il tuo comando fuggiremo invece di affrontare Tormund e Styr."

Rattleshirt cercò di ricomporsi, ed in tono più pacato replicò: "Quando vorrò consigli militari da uno di voi, ve li chiederò. Fino ad allora dovrete fidarvi della mia strategia! E quel coglione di Errok causerà più problemi che altro a Styr, non è una gran perdita. Il nostro piano non cambia! Ed ora iniziate ad allestire il banchetto per la notte, domani smonteremo il campo alle prime luci dell'alba, sperando che la tomenta sia passata. Altre terre ci aspettano!"
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IN GIOCO: Lord Quellon Greyjoy



Nella sesta partita, Lord Tywin Lannister, protettore dell'Ovest, tradito con le brache calate come nei libri
Nella quinta partita, Rattleshirt, un uomo libero che ha portato i suoi mammut sulle spiagge di Old Town
Nella quarta partita, Lord Paxter Redwine, sfortunato ammiraglio della flotta ribelle
Nella terza partita, Oberyn Martell
21/12/2014 19:08
 
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Runestone - Parte I

Castello di Runestone, Valle di Arryn, anno 246 c.a.


L’inverno era passato e i primi ginestrini erano tornati a fiorire sulle Montagne della Luna, annunciando l’avvento della primavera.
Il tepore dei raggi del sole tornava a scaldare la terra, ma non il cuore di Jon. Suo padre Jasper era scomparso pochi mesi prima, stroncato da una brutta polmonite.
Negli ultimi anni della sua vita Jasper aveva riscoperto la fede. Non era mai stato un uomo timorato degli Dei, troppo pragmatico e troppo realista per affidare le sue speranze a qualcosa che non fosse a portata delle sue mani e dei suoi occhi. Tuttavia l’anzianità e la malattia lo avevano avvicinato a una nuova forma di spiritualità, non dogmatica, ma quanto mai umana.

“Mi sono riappacificato col pensiero di dover morire quando ho imparato fidarmi, Jon. Non è mai troppo tardi per imparare, persino alla mia età. Per tutta la vita ho sempre avuto una scelta, un’uscita di sicurezza per ogni situazione. Eppure di fronte alla morte posso solo fidarmi. Che un aldilà esista, che i Sette mi accoglieranno, che la mia vita non è stata solo un vacuo sussurro in un’eternità priva di significato. Solo nella fiducia assoluta trovo la pace di cui ho bisogno per separarmi da questo mondo.”

La fiducia. Jasper aveva insegnato a Jon che credere in dei valori forti in un mondo senza valori era un gioco molto pericoloso. Ecco perché per secoli gli Arryn non si erano mai arrischiati fuori della Valle. Lì erano protetti dal mondo e dai suoi inganni, dalla malizia degli uomini e dalle loro bassezze. Dalla loro mancanza di onore. Lì potevano mantenere il loro stile di vita, per arcaico o desueto che fosse. Era il loro.
Che ridessero pure degli abitanti della Montagna, quei melliflui, falsi e vili omuncoli, svelti con la lingua ma lenti e timorosi quando si trattava di rischiare la propria vita per un Ideale.
Come i vermi che sanno prosperare e annidarsi soltanto nelle cavità sotterranee, perché temono la ribalta del sole e rifuggono che qualcuno possa scorgerli nella propria reale miserevole foggia.

La fiducia è per i propri simili. Solo chi è uguale a te può capirti, e non ti tradirà mai. Perché si può tradire chiunque, Jon, ma mai se stessi. Circondati di chi è simile a te.

Per anni suo padre era stato un faro che aveva illuminato il suo cammino. Un maestro e un giudice. Una meta da raggiungere.
Ma Jon era solo, ormai. Sua madre era morta dando alla luce suo fratello Ronnel, sua sorella Alys si era sposata con Lord Elys Waynwood e viveva ormai da anni con i suoi figli nel castello di Ironoaks.
Come nuovo castellano delle Porte della Luna, anche Ronnel presto avrebbe abbandonato il Nido dell’Aquila per recarsi a prendere posto nel suo nuovo maniero.
Per mesi i nobili della Valle avevano spinto affinché Jon si sposasse. Ora che Jasper era morto, il nuovo Lord aveva bisogno di una moglie e di un erede. Le migliori famiglie bussarono alla sua porta per mesi, cercando il proprio favore per una delle proprie figlie. Non c’era tempo per il lutto, dicevano, la vita doveva andare avanti e la sofferenza essere scalzata dalla gioia. Il fastidio che quelle banali parole gli procurarono fu indicibile. Non riusciva a comprendere la superficialità di quegli uomini, o forse la loro apatia nei confronti del dolore, del rispetto della memoria. Jon voleva soffrire, lo desiderava. Perché solo in quella sofferenza riusciva a ritrovare ogni giorno il volto di suo padre. Per lui smettere di soffrire significava smettere di ricordare, qualcosa che non avrebbe mai potuto fare.
Eppure alla fine il senso di responsabilità aveva prevalso, come sempre. Aveva ceduto, per quanto nel suo cuore non avesse alcuna intenzione di prendere moglie. Jasper gli aveva insegnato di scegliere sempre con la testa, prima che col cuore.

Figlio mio, chi sceglie col cuore sceglie in maniera egoista, mentre chi sceglie con la testa lo fa nel rispetto del suo ruolo e dei suoi doveri.

Fra le tante figlie della Valle che gli erano state offerte in moglie, Jon valutò Jeyne Royce come la migliore candidata. Non l’aveva mai vista, non sapeva se fosse alta o bassa, magra o grassa, bionda o bruna. Né gli interessava saperlo. Il suo era un mero matrimonio formale, un contratto con cui Casa Arryn consolidava il legame di vassallaggio e fedeltà con i suoi più potenti feudatari, i Royce di Runestone. Coloro che un tempo furono i Re delle Rune.
Lord Andar Royce lo aveva accolto nella sua casa come se lo vedesse già come un figlio.

“Mio Lord, siate il benvenuto nella mia umile dimora. Vado subito ad avvertire mia figlia Jeyne affinché si prepari a presentarsi a voi. Permettete che vi lasci in compagnia di Maestro Helliweg, che vi mostrerà il castello e i suoi segreti, se vi compiace.”

A Jon in effetti non compiaceva affatto, ma non poteva che prestarsi. Non aveva la minima voglia di essere lì, né di conoscere la figlia di Andar Royce, né la storia del castello.
Avrebbe voluto semplicemente essere lasciato in pace, ma era un lusso che aveva perso con la morte di suo padre.

“Milord, come certamente saprete la principale caratteristica della Casa dei Royce è l’utilizzo, dall’alba dei tempi, prima ancora che il linguaggio comune fosse portato dagli Andali nel nostro continente, delle rune. Tutto in questo maniero è sigillato dalle rune. Porte, finestre, mura e bastioni, pareti, letti e armadi, persino. Vi chiederete perché, immagino…”

Jon era di pessimo umore ma ciò non cancellava il fatto che fosse un uomo colto.
In gioventù aveva già avuto modo di studiare la storia dei Royce e delle peculiarità del castello di Runestone, seppure era la prima volta che lo visitava in prima persona.

“Maestro, quel che so in proposito non è molto e vi sarò grato se vorrete insegnarmene di più. So che le rune sono una forma di alfabeto ancestrale dalle mistiche e magiche proprietà, si dice che serva per divinare e che tutto ciò che è scritto con quei simboli attinga alla forza sovrannaturale di una dimensione diversa dalla nostra.”

Gli occhi di Maestro Helliweg si strinsero in due piccole fessure scrutando Jon, mentre il volto adornato di una leggera barbetta curata si contraeva in un sorriso.

“Le vostre competenze vi fanno onore, Lord Arryn, eppure la forza di cui parlate è sovrannaturale solo dal punto di vista prettamente scientifico...”

Helliweg si fermò in prossimità dell’enorme tavolo di quercia che riempiva la Sala Grande dei banchetti, una lunga tavola rettangolare di almeno venti metri per sei. Un numero imprecisato di sedie sempre di quercia contornava il tavolo, Jon non le contò ma saranno state come minimo sedie per cinquanta o sessanta posti.

“Vedete, il potere delle rune trae la sua forza non da una dimensione altra, ma dalla natura stessa delle cose.” Disse il Maestro passando la sua mano sul legno levigato dell’enorme desco. Prendete questo legno: arrogantemente siamo portati a considerarlo un oggetto inanimato, eppure cosa direste se sapeste che esso si compone della stessa materia che compone i fiumi, le piante, l’acqua, l’aria che respiriamo, la carne e le ossa degli uomini… Una materia che vive, pulsa e respira. ‘Runa’ significa ‘segreto da sussurrare’: è il mistero, il soffio della vita, l’energia del mondo, che è in tutte le cose, che ci circonda, e che può essere evocata per protezione o consiglio."

Jon cominciava ad essere realmente affascinato dalla dissertazione del Maestro. Suo padre gli aveva riempito la testa degli ideali più alti e nobili, delle vette dell’etica e della moralità dell’uomo, e tuttavia in questo suo volare sulle alture dello spirito e della filosofia, mai Jasper Arryn si era interessato a guardare ciò che c’era più in basso, sotto i piedi, nelle narici e nei polmoni, davanti agli occhi e al tatto delle proprie mani.

“Prendete l’iscrizione runica che attraversa tutta la tavolata…” proseguì il Maestro, “essa recita: ‘Voi che vivete mangiando ciò che è morto, ricordate che la vita non è una linea retta, ma un cerchio ’. ”

Jon non era sicuro di aver capito…

“Perdonatemi, Maestro Helliweg, io non sono sicuro di…”

“L’onore, Lord Arryn. La risposta è l’onore. Pensavo lo sapeste... Non è il motto della vostra casata?”

[Fine prima parte]

[Modificato da Euron Occhiodicorvo 22/12/2014 11:20]

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Rickard della Casa Stark, Signore di Grande Inverno, Lord Protettore del Nord.

L'inverno sta arrivando
21/12/2014 20:14
 
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Condottiero di Eserciti
2PDV Lord Qorgyle.

Sulla sommità della Barriera , un vento infido e traditore spazzava  il camminamento ricoperto di ghiaia,  costringendo Lord Qorgyle e Thoren Smallwood a stare chini e ad allontanarsi dal baratro.
La giornata non era particolarmente rigida , ma a quelle altezze il vento era una costante perenne e insidiosa e il vento alla Barriera, soffiava sempre.
<< Ieri sono arrivati da Torre delle Ombre il Monco  e Mance ,dal loro lato verso le terre della Gola e del passo di Skirling , non abbiamo riscontrato movimenti , pochi bruti stanziano in quei territori, adesso per la maggioranza sembrano essersi spostati ancora più indietro, a occhio direi che stanno dalla parte del Lord delle Ossa e si sono ritirati sugli Artigli del Gelo>> disse il Primo Ranger mentre indicava in vari punti ad  Nord-Ovest , << si dovranno muovere presto se hai ragione , penso sia solo un'adunata ,  quelle terre sono spoglie e inospitali, probabilmente aspetteranno i Thenn e andranno verso il Pugno da Tormund e Dominem , si riuniranno lì , in un luogo più mite e facilmente difendibile, o almeno così farei io>> replicò il Lord Comandante che si riparò ad un tratto da una folata particolarmente intensa , prima si poter continuare<< di fronte a noi non abbiamo avuto molto successo , i nostri esploratori non sono riusciti a raggiungere il Castello di Craster , ne dal lato del Fiumelatte e ne da quello dei Cervi, abbiamo perso quattro dei nostri e c'è un disperso , a quanto pare non  passiamo inosservati , siamo ben sorvegliati >>.  Smallwood scosse la testa come un cane furioso<< sanno che Craster è neutrale e parla talvolta con noi, tra l'altro vi dico di nuovo che non mi fido di quel bruto e meno ancora delle sue stramaledette mogli, io dico ancora di uscire fuori e disperdere quel branco di pecore prima che diventi troppo grosso>> , << di questo si è già discusso , siamo troppo pochi , se marciamo a Nord e crepiamo tutti, avremo fallito e infranto un baluardo che dura da diecimila anni , nonostante la situazione non permetterò che ció avvenga proprio sotto la mia guida ; non finchè  avrò fiato in corpo e poi in fondo,  spero ancora che si scaglino l'uno contro l'altro per ammazzarsi a vicenda.
Basta scendiamo adesso>>.

Al caldo nella Sala Comune Lord Gorgyle e Thoren andarono a rifocillarsi e a bere un boccale di birra , in quello di Leyton c'era anche del succo di limone  , tutto quello che gli rimaneva della suo Dorne.
In quel momento Ser Byam, il suo attendente , Yoren e alcuni altri confratelli dovevano ormai essere arrivati al Grande Torneo, il giovane ragazzo era la prima volta che compiva un viaggio del genere e probabilmente sarebbe stato l'unico , avrebbe fatto esperienza e assistito ad un evento memorabile ,  avrebbe avuto molto da raccontare ai suoi confratelli al suo ritorno, chiacchierando la sera vicino al fuoco.
Lord Leyton vedeva in quel ragazzo un possibile futuro capo per la confraternita, era di carattere equilibrato , coraggioso ma assennato , anche se difettava di vigore per la sua giovane età e di ambizione , oltre ad essere animato da scarse convinzioni.
Da quel viaggio avrebbe potuto imparare molto , vedere un po' il mondo, avere a che fare con le nuove reclute criminali , con commercianti disonesti , meretrici , armigeri e giovani rampolli ;  inoltre un uomo come Yoren , nonostante il suo carattere rozzo e la poca istruzione , poteva invece insegnargli molto sulla vita.

I più grandi Lord dei Sette Regni e più celebri cavalieri si sarebbero sfidati in mezzo ad altre competizioni di varie tipologie ed fastosi banchetti,  le persone più famose e più potenti del continente tutte a cenare sotto lo stesso tetto , Baratheon , Tyrell, Tully , Lannister e .... persino Dorne  con dame e anche lord minori al seguito...   nonostante tutto e dopo così tanto tempo , Lord Gorgyle non potè fare a meno di pensare se LEI avrebbe partecipato , se si era risposata e se aveva avuto figli , ormai sicuramente adulti ; a tali divagazioni  una fitta dolorosa gli attraversò il petto e lo assalì la malinconia , ma anche il desiderio di rivederla un'ultima volta...  Invecchiata che fosse , triste o felice , ancora bella come allora o devastata forse prematuramente dagli anni.....
Il Lord Comandante scosse la testa lentamente ed escluse certi pensieri dalla sua mente , per tornare a quelli usuali ancora una volta ; nelle prossime settimane , a centinaia e centinaia di leghe di distanza , si doveva giocare una parte rilevante del destino della confraternita , Qorgyle aveva confidato a Yoren le sue paure più recondite e per fortuna ,  egli non aveva affatto riso ed aveva promesso di riferire ogni cosa al re e a chiunque altro lo avrebbe ascoltato , sempre che questi avessero avuto le orecchie per sentire.
In ogni caso mentre le cose a Sud , nel bene o nel Male procedevano , i Guardiani della Notte non potevano permettersi di rimanere inattivi ,  informazioni , di questo avevano bisogno.

<< da troppo tempo me ne sto appollaiato in cima alla Barriera , a pianificare e diramare ordini>>

Due giorni dopo , nell'ora del lupo e con una falce di luna a coprirli nell'oscurità, i corvi scesero dai loro rami per andare a dare qualche beccata a Nord.

Duecento  uomini a cavallo e trecento appiedati procedevano a velocità sostenuta, i primi in avanguardia con  drappelli  ancora più avanzati  e i secondi più indietro,  compatti 
ed ordinati.
Era tempo di forzare un po' la situazione ,  i bruti erano riusciti a bloccare gli  esploratori della Confraternita nelle loro maglie , reti che i corvi avrebbero ora squarciato con il ferro ed il fuoco.
Lord Qorgyle procedeva a cavallo in testa ai suoi fanti , egli oltre ad un nero mantello incrostato di ghiaccio ma bordato di pelliccia , portava una semplice cotta di maglia , un mezzo elmo , spallacci e schinieri di cuoio dorniano , uno scudo rivestito appeso alla sella , spada lunga al fianco e la sua irrinunciabile lancia , sempre di foggia dorniana in pugno.
Accanto al Lord Comandante stavano rispettivamente ai fianchi il suo attendente Edd Tollet, che reggeva il vessillo della Confraternita e lord Denys Mallister, mentre Thoren Smallwood , Qhorin il Monco e Mance  Rayder   procedevano In avanscoperta.

Gli uomini in nero ci misero meno di un giorno per raggiungere e invadere Whitetree e le terre circostanti, i corvi non fecero prigionieri , uccisero chiunque trovarono dopo aspri ma disperati combattimenti , che avevano lasciato  i ranger quasi senza perdite  e risparmiarono solo una ventina di persone affinché  potessero essere interrogate, anche se si rivelò come c'era da aspettarsi abbastanza inutile.
Nel terreno scoperto davanti all'immenso albero diga che sovrastava il villaggio , Lord Qorgyle fu attratto da un colore insolito.
Mance Rayder girava tra i morti con sguardo tetro , con la sua spada e il viso imbrattati di sangue, egli portava ancora quel vecchio mantello nero rattoppato con pezze di vivida stoffa rossa ; più di  un anno addietro Rayder era stato assalito da un orso durante un pattugliamento a Nord della Barriera, che gli aveva ridotto i vestiti a brandelli e lo aveva ferito gravemente mentre  i suoi compagni , disperati, avuta la meglio sulla fiera , lo portarono  in un villaggio di bruti non lontano , in cerca di cure.
A quel tempo un'informale tregua vigeva nella zona , niente incursioni come scalate oltre la Barriera e  niente rappresaglie da parte dei rangers.
Nel villaggio Mance Rayder era rimasto per più di due mesi dopo avere informato la Torre delle Ombre, la cosa fu  tollerata date le circostanze , in ogni caso una volta guarito , a quanto si diceva una ragazza del posto gli aveva ricucito il mantello con quelle pezze di stoffa , un tesoro trovato  sulla costa orientale , probabile rigurgito di un mare tempestoso che aveva distrutto un qualche mercantile.
Lord Gorgyle non era interessato a sapere se Mance Rayder aveva infranto il suo giuramento, dato che  non aveva ne prove ne motivi sufficienti  a condannarlo , d'altronde fin troppi confratelli cercavano certi tesori a Città della Talpa ; al lord Comandante interessava solo se la sua volontà nel rimanere fedele al suo giuramento era integra,   Quell'uomo che si dilettava nello suonare si era appassionato pericolosamente alle canzoni dei bruti ed alle loro usanze , parlava fin troppo spesso facendo trapelare la sua ammirazione per loro e... qualcosa di diverso anche , sembrava che egli fosse inquieto, Lord Qorgyle non voleva disertori a cui dare la caccia.
Mance era un ottimo ranger , coraggioso ed energico , lui ed Qhorin il Monco , uno dei migliori uomini della Confraternita, erano molto amici e Lord Leyton sperava che il secondo , dalla volontà incrollabile , tenesse in riga il primo.
Ma Rayder si rifiutava di gettare quel mantello , Wynton Stout più di una volta gli aveva intimato di disfarsene o almeno di non tenerlo in servizio , eppure non c'era stato nulla da fare , quella disobbedienza rasentava l'insubordinazione , ma quell'uomo era un ottimo elemento , molto polare tra i suoi compagni e Il Comandante non aveva troppa smania di tagliargli la testa  - "" eppure quel mantello sta diventando un simbolo che va  estirpato , ognuno ha  i suoi fantasmi privati  , le sue chimere e desideri , eppure tutto ciò va messo da parte , lo abbiamo giurato,  tutti noi!!
Temo che egli sia tentato , in fondo è mezzo bruto e ha sempre dimostrato affinità per il Popolo Libero......""-  , in cuor suo Lord Qorgyle era in inquieto per tale faccenda, un tradimento di un ufficiale durante la guerra che stava per prospettarsi poteva essere  un buon colpo messo a segno per i loro nemici , bisognava tenere Mance Rayder sulla giusta strada ad ogni costo e prima o poi Lord Leyton,  si sarebbe dovuto decidere a dare ordine di far bruciare quel mantello.

Mentre i Guardiani della Notte ammassavano i corpi dei loro nemici per seppellirli , Dywen , un ranger veterano , informò il Lord Comandante che scavando vicino L'immenso albero diga che dava il nome al villaggio stesso,  era stato trovato quello che sembrava essere un arsenale , contenente armi non bensì di acciaio , bronzo o altri metalli , ma di vetro di drago.
Il tutto era stato rivenuto all'interno di una grossa cassa di legno bianco , realizzata certamente  utilizzando un albero diga.
Bisogna sapere che che il tronco di un Albero Diga non si decompone alla sua morte , come farebbe un qualsiasi albero, ma si pietrifica e ciò pertanto, non dava ai corvi nessuna informazione che potesse rivelare , da quanto quello strano tesoro giaceva ivi sepolto.
Erano dunque state ritrovate centinaia di punte di freccia , una decina di spade , picche e addirittura una mazza da guerra , oltre a parecchi pugnali ; tale scoperta turbò profondamente Lord Qorgyle , si diceva che i Figli della Foresta usassero quelle armi  ed essi erano estinti da migliaia di anni , si erano forse imbattuti in un frammento di un epoca lontana e torbida ,  contornata da un'aura di leggenda e mito?
Anche gli estranei erano una leggenda , mantenuta in vita dalle balie e dagli anziani per via strettamente orale ; quel ritrovamento non poteva essere ignorato , Lord Gorgyle ordinò ai suoi uomini di prendere e mettere tutte le armi in dei sacchi di feltro e di trasportare in qualche modo anche la cassa , in quanto caratterizzata da delle strane incisioni in una lingua sconosciuta al Lord Comandante , forse Maestro Aemon avrebbe potuto decifrarle.
Quelle armi erano inutili contro maglie di ferro e scudi , ma chissà, potevano dimostrare qualche utilità , non bisognava tralasciare nulla in quei momenti , dove la Confraternita si era resa conto , molto probabilmente, di aver smarrito alcune delle sue conoscenze e compiti più importanti.

Seppelliti i cadaveri , fortificata un minimo la posizione, disposto le operazioni di difesa e organizzato il pattugliamento della zona , un gruppo di cinquanta ranger a cavallo , capitanati da Ser Denys Mallister, si diressero al galoppo verso il vero scopo della loro spedizione , il castello di Craster.
La tozza costruzione comparve all'orizzonte del drappello nel tardo pomeriggio , ormai prossimo a sera,  Craster li attese fuori nel suo cortile , per niente intimorito e solo vagamente sorpreso << cosa volete voi corvi fottuti da me? Sono un uomo timorato io e non voglio certi uccellacci a casa mia... E poi... >> , << Calma Craster , veniamo in pace , vogliamo solo parlare con te , come sempre . Inoltre ti abbiamo portato dei doni quale dimostrazione della nostra buona fede>> cercò di rispondere pacatamente lord Mallister , cercando di dissimulare il suo disprezzo  e la sua diffidenza.
<< bah entrate , fate alla svelta prima che decida di lasciarvi fuori a mangiar neve!>>.

Al caldo , dentro una sala spaziosa e fumosa , al cui centro si vedeva ruggire un grande fuoco , i guardiani della notte poterono osservare meglio il padrone di casa: corporatura tozza , capelli neri , faccia larga contornata da un naso schiacciato , occhi perennemente furenti pieni di diffidenza e mani che sicuramente, si trovavano a loro agio con un'ascia di pietra in mano.
Un bruto , puro e semplice , ecco che cosa era Craster , egli non si inchinava davanti a nessuno e viveva solo assieme alle sue innumerevoli mogli,  nessuno gli dava fastidio , egli ospitava indifferentemente bruti e confratelli , rifocillandoli e dandogli un letto ; in cambio essi gli portavano doni e gli garantivano piena libertà.
Craster era rispettato,  gli uomini del Popolo Libero di frequente capitavano nelle sue terre e si fermavano nel suo castello , questo rendeva quel bruto dal carattere pessimo e infido un ottimo informatore.
<< Ci servono informazioni , cosa sta succedendo ? Ci sono quattro pretendenti , come sono divise le fazioni? Di che forze dispongono? Chi è in vantaggio sugli altri?>> queste furono le domande poste a Craster che non tardò a dare risposta dopo una risata sprezzante < < vi è andata grassa a voi pennuti spelacchiati!! Dominem era riuscito a farsi proclamare Re Oltre alla Barriera , ma qualcuno l'ha avvelenato durante il banchetto per i festeggiamenti!.
Ora sono rimasti in tre , parlano l'uno con l'altro cercando disperatamente ognuno di ottenere l'appoggio degli altri due.
Tormund sta al Pugno , dove ha una bella banda ,  è riuscito a portare dalla sua i pochi mammuth e giganti rimasti nell'estremo Nord.
Il Lord delle Ossa se ne sta lungo gli Artigli del Gelo col suo clan e i resti di quello del Cranio , mentre dei Thenn non si sa nulla , a parte che stanno lavorando alle loro forge giorno e notte.
Te lo dico io corvo , Dominem era un grande guerriero ma era corto di cervello , tutto palle e mazza da guerra , questi rimasti sono più furbi e quindi non avete molto da sghignazzare , in un modo o nell'altro difficilmente si scanneranno tra loro, verranno a prendervi e poi ora, che sono tornati gli esseri bianchi....>> Ser Denys guardò il bruto con la fronte aggrottata << esseri bianchi?? Che vai dicendo?>> ma in cuor suo il ranger sapeva a cosa volesse alludere Craster << gli Dei corvo , quando arrivano gli esseri bianchi... Gli Estranei , l'unica cosa che ti può difendere sono gli Dei e con loro , bisogna sempre andare d'accordo>>
<< cerchi forse di spaventarci o di prenderci in giro?? Che prove hai di questa vecchia favola che asserisci essere una realtà?>> , << le prove? voi corvi fottuti siete diventati ciechi, a forza di starvene appollaiati nel vostro trespolo a guardare la neve! Per quale motivo pensi che il Popolo Libero si stia per unire!? Vogliono andare a Sud certo, per le terre e le razzie , ma hanno anche paura , una paura che li spingerà dritto verso di voi, occhio a non venire calpestati , ahahahah!>>.





Ser Richard Horpe

Nella sesta partita Lord Leyton Hightower, Voce di Vecchia Città.

Nella quinta partita LORD Leyton Qorgyle , COMANDANTE DEI GUARDIANI DELLA NOTTE.

Nella quarta partita LORD RODRIK HARLAW IL LETTORE, signore di Harlaw

Nella terza partita ROBB STARK

" credevo che la parte più difficile della guerra fossero le battaglie mi sbagliavo..."
Re Robb Stark


uff non è stato facile trovare una frase con un certo peso di robb

risus abundat in ore stultorum

the winter are coming!!


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