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RISPOSTE ALLE DOMANDE DEI NON CREDENTI

Ultimo Aggiornamento: 08/01/2024 16:37
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02/02/2010 23:55
 
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secondo livello di risposta, contenutistico

Che ci sia il male non è obiezione alla esistenza di Dio:

  1. primo perché c'è un male in qualche modo inevitabile, quello che S.Agostino chiamava male metafisico, che non potrebbe mancare in una creazione che è imperfetta (non è l'Essere) e variegata al suo interno in vari gradi di perfezione (alcuni enti creati sono meno perfetti di altri);
  2. secondo, perché quel male che invece è evitabile è dovuto non alla Volontà del Mistero, ma alla volontà della creatura: è l'uomo a scegliere il male (quello che S.Agostino chiamava male morale), e da tale scelta derivano come conseguenza altri tipi di male, ossia la sofferenza, in tutte le sue forme, e la morte.

domande e risposte

Obiezione n.1: ma perché Dio non impedisce all'uomo di commettere il male morale?
Perché Egli ha voluto creare un essere che fosse "a Sua immagine e somiglianza", dunque libero, e non un automa che eseguisse automaticamente delle operazioni ripetitive. Il Mistero ha accettato il rischio della libertà. Lo ha fatto perché solo così il valore della sua creatura umana è davvero pieno. Ma creare un essere libero vuol dire necessariamente creare un essere che può dire non solo sì, ma anche no, cioè può commettere il male.

In ogni caso nella Sua infinita sapienza Egli sa "trarre del bene anche dal male", così che S.Paolo ha potuto dire che "tutto concorre al bene di coloro che amano Dio": anche la crudeltà dei cattivi, anche le disgrazie. Così il peccato di Adamo viene chiamato Felix culpa, perché "ci ha meritato un Redentore così grande", perché nella Croce risplende l'amore infinito di Dio per l'uomo, e al contempo la straordinaria stima per la nostra libertà.

Obiezione n.2: ma perché Dio, a cui la natura obbedisce, causa terremoti, inondazioni, uragani e altre sciagure?
Anche questa non è una obiezione: in parte perché alcune sciagure naturali sono ascrivibili al male dell'uomo (come spesso capita nel nostro tempo), ma soprattutto perché, stante la condizione di lontananza dell'uomo da Dio e dunque di rischio gravissimo per l'uomo di dannazione eterna, Dio si trova per così dire costretto a richiamare l'uomo al suo limite (morale e ontologico) anche mediante questi mezzi estremi. L'uomo si crede Dio, e così rischia la dannazione eterna: Dio lo richiama a riconoscere di essere invece una creatura fragile, e così a volgersi a Colui che, Solo, può salvarlo. Che cosa è peggio: una sofferenza limitata nella vita presente, o l'eterna infelicità? Dio dunque opta per il "male minore", un piccolo castigo temporaneo, per evitarne uno maggiore, la dannazione eterna.

b) il desiderio di indipendenza assoluta

Lo ha detto benissimo Nietzsche: se Dio esiste, non può esistere il SuperUomo, cioè l'uomo non può essere SuperUomo, cioè non può essere lui stesso Dio. La filosofia dell'800 e del '900 ha appunto perseguito la via della autodivinizzazione dell'uomo: da Fichte a Hegel, da Comte a Feuerbach e Marx, per giungere a Nietzsche, il delirio della presunta divinità dell'uomo ha incantato le menti di molti uomini del XIX e XX secolo, per venire alla fine scossa dalle tragedie del '900: le due guerre mondiali, i campi di concentramento e gli altri bei frutti dell'antropocentrismo ateo. Quando l'uomo ha voluto farsi come Dio, ha finito per distruggere sé stesso.

Del resto la rovina dell'umanità è cominciata proprio con quel peccato originale che è consistito esattamente nel voler essere come Dio: "eritis sicut dei".

Eppure ogni essere umano coltiva un po' questo assurdo sogno (assurdo non perché l'uomo desideri trascendere la propria natura: che infatti è chiamata a diventare come Dio, ma per grazia, mentre la assurdità è pretendere di possedere da subito e con le proprie forze quello che Dio ci ha promesso di dare come dono). E per questo si ribella a Dio. E il modo più radicale per ribellarsi a Lui è negarne l'esistenza.

difficoltà di una "fede razionale"

La ragione dunque può arrivare con certezza a dire che Dio esiste. Ma nessun essere umano ha mai potuto vivere di una pura certezza razionale dell'esistenza di Dio: tale certezza, semmai uno ci arrivasse con l'uso della pura ragione si rivelerebbe fragile, perché senza una rivelazione Dio resterebbe talmente avvolto nella tenebra, e così poco di Lui potremo sapere, che in pratica nessuno resisterebbe nell'atteggiamento di una "incondizionata obbedienza a Lui".

In tale situazione o si rinuncerebbe all'idea di Dio, in vista di un nichilismo di fondo, oppure si torcerebbe la apertura originaria, fatta di stupore e di disponibilità alla verità come più grande noi, ad una chiusura che ridurrebbe il Mistero a una propria misura limitata: si arriverebbe così all'idolatria, nel senso più ampio. Ognuno cioè si creerebbe un suo dio, secondo le proprie voglie e i propri schemi. Contraddicendo così la stessa essenza di Dio come Altro e Mistero.

Prova storica

Non a caso pochissimi sono stati nella storia coloro che hanno teorizzato una "religione naturale", puramente razionale. E quei pochissimi hanno totalmente fallito: nessuno li ha seguiti, e probabilmente nemmeno loro sono riusciti a mettere in pratica la loro idea. Ad esempio Voltaire, che credeva di avere finalmente scoperto chissà che geniale idea, arrivò, dopo il terremoto di Lisbona, a dubitare della stessa esistenza di Dio.

Per questo, l'unica possibilità che l'uomo ha per conoscere davvero e adeguatamente il Mistero è che questi si riveli a lui.

E' quanto vedremo parlando della rivelazione cristiana.

[Modificato da AmarDio 02/02/2010 23:57]
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