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Adesso pedala!

Ultimo Aggiornamento: 09/10/2014 23:55
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09/10/2014 23:55
 
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Era soltanto un ferro vecchio senza infamia e neanche gloria, il marchio nascosto da decenni di menefreghismo. Pezzi spaiati ed ingranaggi sgranati, macchie di vernice e buchi.
Roba da non meritare un ultimo viaggio verso la discarica, il metallo non prende fuoco; roba da abbandonare sopra un marciapiede e da dimenticare.
Arriverà un sognatore, che dalla sua visione si lascerà illuminare e tirandola sulle spalle e ripartendo comincerà ad immaginare, cosa ne verrà fuori con pochi spiccioli e catini pieni di sudore.

Terrazzino quadrato, trasformato dal sole in laboratorio improvvisato; gli attrezzi sono pochi e vecchi ma le mani sono quelle buone.
Mattine di passione quando a lavoro non si deve andare ma dentro se stessi si ha più di un mestiere.
Le istruzioni sono la foto scattata dai suoi occhi in festa la sera prima quando l' aveva raccolta; poi con la notte ed il sonno profondo arrivarono anche i dettagli, i decori e la scelta dei colori.

Quel che non cade a pezzi da solo viene scardinato con l' elegante forza del' esperienza, con la pazienza di chi usa un giravite per martello ed un coltello per smontare il mondo.
L' acciaio è sempre duro, colora di ruggine e odora di storia, poca parola e tanta strada.
Le mani si sporcano di nero e lui appare molto più sereno. Gridano i perni che non vogliono lasciare i loro storici alloggi.

Soli che calano e venti che tirano spazzano via sogni di gloria e si trascinano pensieri di resa, quando sopra quel tavolo da lavoro non ci sono forme di senso compiuto ma soltanto ferro a peso pagato.
Acqua che scorre sulle braccia stanche, cena abbondante, lungo riposo alle mani callose e sonno profondo, dentro il suo sogno, riporteranno il giusto entusiasmo.

Nuvola di ruggine che entra nei polmoni e ti rende un uomo meccanico, respira profondamente, nutriti, le tue mani sono più forti delle fabbriche d' altri tempi.
Gli strati vengono via a piccole dosi, fra un' anestetizzante sigaretta ed un purissimo bicchiere d' acqua, dal sapore di sudore e dal chimico odore.
Soltanto un litro di petrolio per ridare gloria al' antico cromato ingiallito, nel' avvenire solamente abbondanza di pasta asciutta come unico carburante.

Nel pomeriggio di un giorno di maggio sarà tempo del bagno. Viti, bulloni e cianfrusaglie varie tutte ammollo. Con acqua, sale e bicarbonato, non serve a mandar giù il pasto esagerato ma a sgrassare il tempo andato; vecchi rimedi in ogni caso.
I veleni industriali glieli lasciamo ai soliti tizi professionali.

Nuova luce al ferro rinato, il suo nuovo ricordo sarà un profondo strato di lucido opaco. Poi vernice, colore e giochi di luce, e gli occhi brillano perchè siamo deboli, emotivamente instabili.
Devi resistere, l' occhio ha bisogno di tenere precisa la mira e la mano deve rimanere ferma ma muoversi leggiadra, nel' aria irrespirabile di prima sera.

Tutto andrà a posto, tutto a suo tempo, serve riposo, notti che passano e soli che scaldano; uniscono, ferro e polimeri.
La domenica qualcuno riposerà, ma chi riposa ogni ora subisce la smania, la voglia di agire e non rimanere senza nulla da fare o senza amici da andare a trovare.
Il banco è pulito, tutto ordinato, tavola imbandita di mille delizie; lucidi ma inutili fascinosi metalli, formeranno un oggetto stupendo.

Solamente io, solitamente solo, i raggi del sole mi evitano e deviano la loro corsa per non far questini, mi conoscono nervoso.
Non ho pubblico, tranne che le distratte piante ed il sonnolente cagnolino che mi segue dal mattino come se io sapessi veramente dove andare.
Mi preparo, come un pianista sciolgo le dita e le intingo nel grasso fresco, un grande artista che domina il mondo dal suo piccolo angolo nascosto, di inquietudine e mistero.

Comincio, mi giro di scatto, la testa mi gratto, confuso dal caldo e da qualche insetto che prude e non chiede il permesso. Adesso ci siamo tutti, mio padre è il martello di gomma, mio fratello una rettissima squadra, insieme a mia sorella cacciavite a stella che in ogni cosa che fa brilla...mi danno supporto, mia mamma è la chiave con la quale effettuo le regolazioni finali.
Sono stravolto e scuro in volto ma finalmente ho finito, accenno un sorriso ed una lacrima di nuova noia scende dal mio occhio sinistro seguendo la curva del naso.

Tutto pronto, tutto perfetto come nel sogno. Ruote che scorrono come il vento, la sella a bolla col pavimento, manubrio dritto, leggero ma fermo e la forcella quella si che è bella, tonica, rigida con una storia da raccontare e tanto asfalto ancora da mangiare; il cambio ed i freni regolati bene per evitare che tu possa cadere, ultima occhiata alle leve comando per perfezionare il tuo controllo.
Per me si è fatto tardi, vado a riposare.
Ma tu, adesso pedala!
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