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Voci - Capitolo I

Ultimo Aggiornamento: 19/05/2014 10:44
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19/05/2014 10:44
 
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Introduco tale "brano" con una piccola premessa.

Questa Primo Capitolo è parte di un breve romanzo incominciato più di un anno fà. E' la base introduttiva di un racconto distopiano a me molto caro, un racconto ancora in fase di scrittura il quale ha richiesto molto tempo e lavoro.

Se richiesto potrei caricare anche capitoli successivi, ma ovviamente come si potrebbe intuire essendo solo il primo capitolo di una storia assai più lunga tale brano non fà altro che dare primi accenni sui personaggi e gli ambienti.

PS: Chiedo scusa per l'immagine mancante ma non so riuscito a caricarla in alcun modo

Speri vi piaccia


Capitolo I


Era una fresca e limpida mattina di maggio, e Bruno, custodito da quella coperta materna e calda intraprese la solita avventura per svegliarsi, ancora intorpidito dalla terribile notte precedente. Ripensando a ciò che era successo la sera prima provò un brivido di freddo che corse giù per la sua schiena, creandogli un disagio che non aveva mai provato prima. Egli stesso inizialmente non riusciva a ricordare cosa avesse fatto, ma poi i ricordi iniziarono a venire a galla, e incominciò a ricordare.

L’odore di caffè che proveniva da due appartamenti accanto al suo lo stordì, facendolo alzare definitivamente. Le pareti, ormai consumate fino allo scheletro di legno erano pregne di ogni tipo di sostanza possibile ed immaginabile, e non si sentivano soltanto i rumori a quattro appartamenti di distanza, ma anche gli odori. Bruno gradiva questa piccola, se pur a volte snervante, particolarità perché creava un senso di collettività in tutto il piano del palazzo, compensando il vuoto che sentiva dopo una notte d’inferno. Ormai era abituato, ed era riuscito ad imparare a stare in silenzio e a muoversi senza fare rumore. Entrò con passo quieto e aggraziato in cucina, stando attento a tutte le bottiglie e a tutta la spazzatura gettata a terra la sera precedente, e cominciò a preparasi la colazione. “Prendi il caffè, macinalo, mettilo nella macchinetta, accendi il fuoco. Prepara il pane, ora nel tostapane, prepara burro, marmellata e la pesca. Prendi tutto, siediti, è ora”. Continuava a ripetere in continuazione, come la chiamava lui, la ‘storia della colazione’, quasi come una poesia, una filastrocca. Lo considerava un buon metodo per passare il tempo, ma in fondo sapeva che non era così, anche perché usare la lingua profana era proibito, e quello era l’unico piccolo atto di trasgressione che aveva il coraggio di compiere, anche se era poco raccomandabile poiché anche i muri avevano orecchie.

Dopo questo suo piccolo rituale cominciò a sorgere il sole, un grande e caloroso sole estivo, l’unica cosa che faceva sentire veramente a casa Bruno, a parte la sua Voce, ovviamente. Si sedette, cominciò a fare colazione ed iniziò a pensare a ciò che era accaduto la notte precedente. Man mano che il tempo passava metteva insieme vaghi frammenti. Il primo che gli venne in mente era un’enorme nuvola di fumo grigio che fluttuava per la casa. Poi si ricordò la conversazione che stava avendo con il suo amico chitarrista, Thomas, e di come, con un semplice blues da 12 battute alla Parker, parlavano del più e del meno, del tempo e del lavoro che avrebbero dovuto fare il giorno seguente. Dopo quel momento tutti i ricordi si offuscarono, e Bruno riprese lucidità solo quando si sveglio.

Proprio in quel momento di grande concentrazione nel ricordare per quale motivo la casa era disseminata di residui di una festa che sembrava essere riuscita molto bene udì subito i suoi vicini svegliarsi. La seconda casa sulla destra apparteneva ad una piccola famiglia, gli Amato, composta da madre, padre e due bambini, due gemelli. I due gemelli avevano solo due anni, ed era l’età peggiore poiché è l’età d’apprendimento della Voce imposta dal Ministero. Appena si alzò da tavola Bruno udì dei fischi, uno dei due gemelli ricevé dal Ministero una tromba, mentre l’altro, fortunatamente, un flauto. Non era raro che due fratelli avessero Voci diverse, ma era considerato insolito. Pur dovendo ascoltare quei fischi acuti e dolorosi Bruno li ignorò, si fece strada tra il labirinto di bottiglie e resti vari e andò nello studio per recuperare la sua Voce. Appena lo vide si sentì già meglio, come se non ci fossero più fischi né bambini, più nessun fastidio esterno né interno. Lo prese, si infilò l’ormai sgualcito e sfilacciato collarino in pelle al collo, montò l’imboccatura, l’ancia e cominciò a riscaldare un attimo la Voce con un paio di note lunghe e qualche melodia là e qua.

Dopo il solito riscaldamento mattutino entrò nella camera da letto si infilò con un movimento solo la camicia e il paio di jeans della sera prima e uscì di casa. Bruno si considerava molto pignolo, dopo 21 anni di vita era riuscito a mantenere in condizioni perfette la sua Voce, quella patina argentea immacolata splendeva come un sole di luce proprio e l’imboccatura in legno di noce aveva preso una colorazione vintage che tendeva ad un rosso intenso e carnoso. Appena uscì dall’ingresso di casa girò l’angolo e vide uno di quei soliti manifesto affissi sulle pareti di tutta la città. Sullo sfondo era ritratta una scena dello Schiaccianoci di Čajkovskij, la Danza della Fata Confetto. La scena rappresentava una ballerina con un tutu dai colori pastello e diversi ballerini con espressioni sorridenti ed ammalianti. Tutta la scena induceva a Bruno un senso di rilassamento e piacevolezza. Saranno i colori, o magari le espressioni dei ballerini, si diceva, ma non era sicuro su cosa era, sapeva solo che funzionava, e anche molto bene. Sul manifesto vi era scritto una frase, semplice ma efficace:


(Immagine raffigurante melodia scritta su un foglio pentagrammato)


Se pur cosa rara sotto la frase vi avevano messo anche la traduzione in lingua profana, probabilmente era stato stampato durante l’era del cool jazz poiché i manifesti nuovi avevano la frase solo pentagrammata. Ciò era raro perché solo il Ministero aveva il permesso di usare la lingua profana, e recitava in questo modo:
MUSICA PER COMUNICARE
MUSICA PER INFORMARE
MUSICA PER VIVERE
LA TUA VOCE E’ MUSICA

Bruno era così abituato alla vista di queste affissioni che poteva disegnarli su un foglio bianco con una facilità estrema, riuscendo ad illustrare ogni minimo dettaglio. Sapeva cosa voleva fare il Ministero, infatti grazie alla semplicità del testo, e alla grande influenzabilità delle persone questa frase era di grandissimo effetto, in grado di tenere sotto controllo anche la più ribelle delle bestie. Ma ciò che più disturbava Bruno non era il cartello in sé, né il fatto che tutti cadevano ai piedi del Ministero, ma bensì la lingua profana e l’uso che ne faceva il Ministero stesso. Bruno, appassionato della lingua profana, anche se illegale, adorava le parole.

Il Ministero era il cuore pulsante del paese, ed era costituito da i cosiddetti ‘Anziani’. Gli Anziani erano i fondatori del Ministero, ma anche gli artefici della Voce. Furono i creatori del mondo in cui Bruno viveva. Anni prima, quando i primi Anziani vennero alla luce riuscirono a ribellarsi contro il governo grazie al loro Partito delle Voci. Inizialmente era un piccolo partito, nato da un insieme di persone, per lo più musicisti, stanche del governo, e che vollero cominciare una rivoluzione. Guidati da questi Anziani riuscirono ad avere sempre più seguaci, finche un giorno non riuscirono a rovesciare il governo. Da quel giorno, man mano che il tempo passava, il sangue purulento e corrotto del partito si infiltrò nelle vene della città, creando continue leggi. Inizialmente fu imposta la legge della creazione della Voce, cioè un secondo modo di comunicare attraverso una qualche sorta di strumento musicale, subito dopo cominciarono le restrizioni informative e sociali. Fu ricreato dal principio l’ideale di società; furono eretti diversi sotto-ministeri che presero il controllo delle vite dei cittadini stessi. Il primo, e sicuramente il più importante, era quello delle arti e della cultura, il Palazzo delle Arti, il PA, come veniva definito, ed era dove veniva continuamente regolato lo stile di vita di ogni singolo cittadino, dove venivano organizzati concerti, manifestazioni e dove venivano regolate tutte le procedure di propaganda e pianificazioni economiche della città. Il secondo sotto-Ministero era quello del giornalismo, il Palazzo dell’Informazione, il PI, dove lavorava Bruno. In questo palazzo venivano regolate, controllate e censurate tutte le informazioni e notizie non desiderate, e promulgate tutte quelle che mettevano in risalto il Ministero. Vi erano diverse sotto sezioni, ma la più importante era sicuramente quella in cui lavorava Bruno, la sezione della scrittura e della traduzione. Egli infatti, anche grazie alle sue doti musicale e linguistiche, doveva tradurre tutti i testi antecedenti alla Voce in chiave musicale e scrivere articoli, imposti dal Palazzo, in chiave pentagrammata. Il terzo ed ultimo sotto-Ministero era quello della sicurezza, il Palazzo della Sicurezza, il PS, che controllava e si assicurava che tutti i cittadini potessero avere diritto a ciò che gli spettava, ma che seguissero anche ogni singola regola. Se ciò non veniva fatto il PS tendeva a punire in un solo modo, la privazione della Voce, che in chiave profana significa l’isolamento del soggetto a vita. Tutti i soggetti la cui Voce era stata privata scomparivano, senza più ritornare.

Mentre scendeva le tre rampe di scale che distanziavano il suo piano al piano terra vide i due gemelli correre giù per i gradini con le loro Voci. Si poteva ancora vedere quella luce nei loro occhi, effigie della loro affascinante adorazione nei confronti di quei due strumenti che li avrebbero accompagnati per tutta la vita. Egli ancora ricorda la prima volte che gli fu data la sua adorata Voce. Al compimento dei due anni il PA controlla, ispeziona e analizza ogni singolo bambino. Dopo ogni accertamento gli viene dato uno strumento musicale, che dovrebbe rappresentare il possessore stesso. Lo strumento che viene dato ai bambini è un simbolo di individualità, aspetto considerato raro a causa del Ministero e delle sue regole dure ed imprescindibili. In ogni modo questo causò diversi diverbi tra cittadini poiché si formarono stereotipi, che diedero forma a liti e contrasti tra strumenti e famiglie di strumenti. Il più grande scontro storico fu quello tra strumenti a corda e a fiato. Se pur entrambi simili da diversi punti di vista, a parte alcune eccezioni, con l’andar avanti degl’anni si sono formate vere e proprie coalizioni contro la famiglia opposta. In aggiunta gli Anziani inizialmente non avevano fatto una considerazione che Bruno criticava, una valutazione che dimostra la futilità e superficialità di questa legge, cioè l’impossibilità di trasporto di strumenti come il contrabbasso, il pianoforte ed altri strumenti troppo grandi e pesanti da spostare. Infatti se ad un bambino fosse stato assegnato uno strumento di dimensioni esagerate sarebbe stato costretto a portare con sé, se al momento non fosse stato accessibile la loro Voce, uno strumento creato dal PA, chiamato simulatore, che ricreava il timbro dello strumento desiderato. Tutto ciò causava ai bambini nella maggior parte dei casi problemi psicologici, come depressione ed ansia, a causa dell’impossibilità e difficoltà nel comunicare con altre persone, causando perciò l’emarginazione del bambino, data la limitatezza e poca praticabilità del simulatore. Ciò conduceva all’isolamento dei soggetti da parte del PS, poiché il Ministero non tollerava cittadini con problemi psicologici. In ogni caso Bruno era fortunato, molto fortunato. Lui stesso si considerava il ragazzo più fortunato di tutti. All’età di due anni gli fu dato un sassofono contralto, il sassofono di suo nonno, che fu costruito artigianalmente dal più grande mastro costruttore di sassofoni conosciuto. Andava fiero di questo, e girava per le strade della città fiero di ciò che portava al collo.

C’era una cosa che Bruno però adorava più di tutto, girare per le strade di prima mattina. Mischiati a quella effervescenza e vitalità dei profumi che usciva dalle case e dalle botteghe combinati a quella luce che risplendeva su ogni superficie vetrata dei negozi e delle case Bruno sentiva il continuo canto di Voci suonare, amalgamate insieme per formare una sinfonia sempre nuova, in continua evoluzione, che non si fermava mai; dal fruttivendolo con l’oboe che annunciava l’arrivo delle mele, fino al panettiere violinista che salutava chi usciva dal suo negozio. Ma non sempre Bruno era entusiasta della città. Durante le manifestazioni in piazze e strade infatti i suoni prendevano supremazia su tutti i sensi stordendo chiunque si trovasse nei paraggi. La tuba del sindacalista che urla a squarcia gola, il trombone dell’avvocato con un basso che faceva tremare anche i sassi sulla strada e la più potente tromba del lavoratore in prima fila formavano un connubio cacofonico senza ritmo ne melodia. Se pur oppresso e senza libertà, in certi momenti Bruno percepiva la città come il posto più felice al mondo, dove, senza le parole, la musica prende il sopravvento, e dove anche le melodie hanno dei colori propri, in grado di brillare e risplendere alla luce del sole.
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