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Cercate risposte nel ventre della notte,
senza fondo il suo splendore. Venere
dai larghi fianchi, con un corno taurino
nella mano, Urania è il mio Orione,
gigante già stato raffigurato a El Tassili
da oranti Teste Rotonde e nella piana
di Nazca, in Perù, come grosso ragno.
Ecco ciò che io vedo nella nota costellazione
meridionale, i cui piè poggiano l'uno
sull'Africa Nera, l'altro sul continente
di assassinata foresta amazzonica,
e in vero il mio verso è imbevuto
di preistorica ammirazione e d'una follia
che fa scricchiolare le basi del mondo.
Talvolta, infatti, mi capita che abbia
pensieri esotici e dovunque posi lo sguardo
sull'affamata terra, come note di una musica
refrattaria ad avverso calore, la consueta
geografia cambia, i suoi fiumi, fonte di vita,
lungo cui sorsero civiltà sepolte, assumono
vario contorno. Così accade al Tigri (Idighnah,
Idiglat, Tilglat, Tikris, nelle varie lingue
dei popoli) e all'Eufrate (Buranum, Purattum,
Eppehurat, Furat). Chi cerca risposte nei silenzi
della notte, senza fondo avrebbe trovato
l'antico splendore del Tempio della Fenice,
a Eliopolis, laddove oggi il quartiere
Al-Matreya de Il Cairo: su di esso, un tempo,
culminò la stella Sirio e simbolicamente
Iside, la maga, distese l'ali dello spirito.
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