Scioglieva i suoi pensieri mentre si preparava a quel fugace attimo, i suoi occhi erano di un marrone intenso mentre lo fissava, le sue spalle accoglievano le morbide ciocche di capelli. Era tesa, era pronta. Sapeva che non sarebbe potuta tornare più indietro, ma aveva già scelto, bramava questo momento, la passione ardeva, pulsava, bagnava.
La stanza ci avvolgeva con i colori sfumati dal chiarore delle candele, sembrava molto romantico, ma così non era. L'aspetto aspro, rude e amaro mi eccitava, non volevo essere sdolcinata, ma posseduta, posseduta da lui e non solo, volevo sentirmi un'altra, volevo essere un'altra; volevo giocare, volevo godere, volevo far godere, volevo sentire il peggio e il meglio, avevo bisogno di qualcosa di più da me stessa.
Freddo e distaccato sbottonava la camicia, i movimenti erano lenti, non c'era fretta; la notte non correva, le lancette sembravano paralizzate. Il suo corpo statuario ergeva di fronte a me, ad ogni bottone il mio sguardo scioglieva il legame con i suoi occhi, si distraeva sul suo petto, ero curiosa.
Le sue mani stringevano sempre con maggior forza le lenzuola su cui era seduta, immaginava già di affondare le unghie nella carne, non c'era controllo, non c'erano freni; i denti stringevano il labbro inferiore, lo tiravano, lo lasciavano, lo riprendevano, lo bagnavano, lo sfioravano.
Si avvicinò di scatto alla mia bocca, lasciando cadere la camicia, bloccò per un secondo la sua passione, mi fissò intensamente, quasi per capire se ero pronta e mi spinse indietro con forza. Mi tolse il respiro, i miei pensieri caddero, non pensavo ad altro, lo volevo ora.
La cera scivolava lungo la candela, così come i suoi vestiti. Rimaneva solo l'intimo che lei scelse per l'occasione, le piaceva, la faceva sentire bella, volgare, elegante, eccitante.
Le sue mani delicate e forti mantenevano i miei polsi, ero impotente, voleva giocare con me, con il mio corpo; il suo respiro sfiorava il collo, la sua bocca lo baciava. Scendeva giù lungo il petto, sfiorando i seni. Non potevo muovermi, la mia voglia cresceva, provavo a liberarmi ma non ci riuscivo. Un brivido mi attraversò la schiena, la sua lingua eccitava la mia pelle lungo i fianchi, spostandosi sul basso ventre prese con i denti le mutandine e le tirò indietro con una frenesia apparente. Lasciò i miei polsi e di scatto mi prese con un braccio dietro la schiena, mi strinse a lui e mi baciò.
Ocean di John Butler continuava a riempire la stanza di note trasportatrici, la sua musica era perfetta per il momento; nessuna parola, solo le sue mani sulla chitarra. Continuava imperturbato a sfiorare e toccare il manico della chitarra, nota dopo nota.
Cadde il reggiseno, i capezzoli a contatto con il ghiaccio si indurirono. Era una sensazione che mi inebriava tantissimo, un contrasto che istigava la voglia che cresceva tra le mie gambe. A circoli regolari il ghiaccio si scioglieva e le gocce dondolavano giù verso la schiena, il mio corpo sussultava.
Mi liberai dalla sua morsa, dal suo controllo. Salii sopra di lui, sentii il suo ego tra le mie gambe, iniziai a muovermi e a toccarmi i seni, volevo farlo eccitare, volevo che godesse, volevo che diventasse pazzo di me.
Tutti abbiamo dei pensieri ogni giorno, io voglio condividere i miei con voi.
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