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Regole per il DISCERNIMENTO DEGLI SPIRITI

Ultimo Aggiornamento: 31/07/2013 14:07
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31/07/2013 13:57
 
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REGOLE PER IL DISCERNIMENTO DEGLI SPIRITI

Conferenze di padre Ludovic Marie Barrielle trascritte dal magnetofono. .

Dagli Esercizi di sant'Ignazio 

Per introdurre adeguatamente il commento di padre Barrielle alle Regole per il discernimento degli spiriti sarebbe necessario - soprattut­to per chi non conosce gli Esercizi spirituali di sant'Ignazio di Loyola - parlare di tutto ciò che li precede e segue. Parlare cioè di quel «Codi­ce di cui deve far uso ogni buon soldato di Gesù Cristo» (Pio XI, Medi­tantibus nobis, 3 dicembre 1922).

Non abbiamo trovato niente di meglio a questo scopo delle belle espressioni che S.E. Mons. Marcel Lefebvre ebbe nel corso di una ome­lia tenuta a esercitanti ignaziani. Vi sono mirabilmente riassunti lo svol­gimento e il significato di questo «cammino spirituale».

Fratelli carissimi, come non ripetere le parole di san Paolo che avete appena ascoltato: «Ringrazio Iddio per la grazia che vi è stata data di conoscere nostro Signore Gesù Cristo e di unirvi a Lui, di avere la scienza di Cristo e così atténdere la venuta del Signor nostro Gesù Cri­sto sino alla fine dei tempi» (1)?

Queste parole si riferiscono perfettamente a tutti coloro che hanno potuto fare i ritiri di sant'Ignazio: è infatti una grande grazia l'aver praticato questi Esercizi. Alcuni di voi li hanno già ripetuti più volte, ri­trovando sempre nuove energie e rinnovato coraggio per realizzare una vita cristiana conforme alla volontà del Buon Dio. Non è infatti con qualche giorno di ritiro che tutti gli ostacoli alla vita cristiana sparisco­no e si è confermati in grazia! Lo sapete bene: rimaniamo peccatori e abbiamo sempre bisogno di far rivivere la grazia che il Signore ci ha da­to nel Battesimo e rafforza coi sacramenti della Penitenza e dell'Euca­restia.

E poiché sentiamo il bisogno, ogni tanto, di ricordarci gli Esercizi già fatti vorrei, in poche parole, ricostruire l'atmosfera di quei ritiri, ricor­dando i punti principali delle quattro settimane di sant'Ignazio; quattro settimane ridotte abitualmente a cinque giorni, perché pochi hanno la possibilità di seguire un ritiro di un mese.

Nella prima settimana, sant'Ignazio ci chiede di considerare i nostri peccati e - per meglio farci comprendere l'orrore e la gravità del pec­cato - ci rievoca le grandi realtà dell'inferno e del purgatorio; poi ci pone davanti agli occhi la croce di nostro Signore Gesù Cristo e il suo sangue che ha versato per i nostri peccati. Con queste meditazioni dob­biamo renderci conto della gravità del peccato per fuggirlo, per pentirci e sottomettere i nostri peccati al sangue di nostro Signore nel sacramen­to della Penitenza.

Nei primi giorni del ritiro si insiste precisamente su questi argomenti, su queste grandi realtà che coincidono con quelle della vita quotidiana. Sì, se san Giovanni afferma che il giusto pecca sette volte al giorno - anche solo con negligenze e mancanze - ebbene, a maggior ragione possiamo pensare di doverci dolere dei nostri peccati e chiedere perdo­no al sacerdote. È proprio ciò che facciamo nel corso del ritiro: una buona confessione, una confessione generale... e la nostra anima, così liberata, riacquista la pace. Il ritorno del «Figliol prodigo» chiude la prima settimana e apre la seconda, ancor più densa.

Siamo alla chiamata di Cristo Re. Liberati dal peso dei peccati, ascoltiamo la chiamata di Gesù: Gesù Cristo Re. Sì, perché Gesù Cristo è Re! È re in quanto uomo poiché unito a Dio e quindi: Re della crea­zione, Re di tutte le cose, Re della terra! Allora Gesù ci chiama... rac­cogliamo l'appello di nostro Signore: «Vieni e seguimi! Prendi la tua croce e sii mio discepolo; ti condurrò nel regno eterno, nel mio regno che non avrà fine»... cuius regni non erit finis, il cui regno non avrà fi­ne!

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31/07/2013 13:58
 
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I DUE STENDARDI

Ed eccoci ai due stendardi: quello di Cristo Re e quello del demonio. Quale dei due seguiremo nella vita, durante i pochi anni - e non sap­piamo quanti - che il Buon Dio ci lascia sulla terra? Chi seguiremo? Nostro Signore Gesù Cristo e la sua santissima Madre, la Vergine Ma­ria e Regina del Cielo? Oppure il demonio?

Si passa allora a considerare ciò che avviene nel mondo, nella realtà. Quanti uomini, ingannati dalle illusioni del mondo e dalle cose sensibi­li, non vanno oltre a ciò che vedono con gli occhi: i beni del mondo, le ricchezze, le voluttà... tutto ciò li attira e non cercano di andare oltre, non vogliono cercare oltre. Se ricercassero la realtà al di là degli oggetti sensibili che li circondano, sarebbero costretti a porsi inquietanti inter­rogativi; ma non vogliono problemi, preferiscono chiudere gli occhi e avanzare come ciechi piuttosto di riflettere sulle grandi realtà della vita e dell'eternità. Ma noi non possiamo, non vogliamo, perché sappiamo di essere stati battezzati nel sangue di Gesù Cristo. Non c'é dunque al­tra scelta: seguire nostro Signore, seguire lo stendardo di Cristo Re, il nostro Re, e della Madonna, la nostra Regina.

Questo, evidentemente, richiede un'elezione, come prevista nella se­conda settimana. Elezione importante, grave, che impegna tutta una vi­ta: sapere dove il Buon Dio ci chiama, se alla vita religiosa o sacerdota­le - vita completamente consacrata al Regno di nostro Signore e al suo servizio - oppure a quella matrimoniale; due vie che vincolano defini­tivamente, per tutta la vita! È dunque importante per i giovani riflettere seriamente a questo scopo.

Senza dubbio i più sono chiamati al matrimonio, ed è per questo che si medita specialmente la Sacra Famiglia. Che meraviglioso modello! Quando pensiamo che Gesù ha vissuto in famiglia per trent'anni sui trentatre della sua vita... con sua Madre e san Giuseppe, suo padre pu­tativo! È veramente una grande lezione per chi vive nel matrimonio. Nostro Signore ci ha dato l'esempio della vita in famiglia; la Madonna, l'esempio della madre di famiglia; san Giuseppe, del padre di famiglia. Nel silenzio, nella gioia, nella pace, nell'unione: così il Signore ha vis­suto per trent'anni. Poi, gli ultimi tre anni, quando ha veramente ini­ziato ad esercitare il sacerdozio. Quanti intraprendono la vita religiosa o sacerdotale devono considerare con particolare attenzione i tre anni della sua vita pubblica.

I giovani sono di fronte ad una grande scelta. Ma per gli altri che so­no già in una via definitiva, perché l'elezione? Per sapere se, nella real­tà quotidiana, stanno veramente seguendo il cammino del Cielo!

Non basta essere definitivamente orientati verso il sacerdozio, la vita religiosa o il matrimonio per sentirsi sicuri di andare in paradiso! No, vi è ancora una quantità di scelte da operare, di decisioni da prendere: in famiglia, sull'educazione dei figli, in merito alla nostra professione, ai beni che possediamo... tutte cose che possono avere un peso per l'eter­nità. Bisogna quindi esaminare tante cose e saper prendere la strada che conduce alla vita eterna; dobbiamo raggiungere il fine per il quale sia­mo stati creati. Ecco le riflessioni da fare durante la seconda settimana. È la meditazione dei misteri gaudiosi. Seguiranno i misteri dolorosi nel­la terza settimana e, infine, i misteri gloriosi.

La terza settimana è particolarmente importante perché ci pone di fronte ciò che dobbiamo sempre contemplare: la croce di nostro Signo­re Gesù Cristo. Gesù è sceso in terra per morire e versare il sangue per noi. Noi pure abbiamo bisogno della sua croce, non possiamo farne a meno: è la via che il Signore ha voluto prendere, è la sua vita, il suo tro­no, la via del Cielo. Non ha voluto prenderne altre: per giungere alla Risurrezione è passato attraverso la Passione e. la croce. Allora anche per noi, che ancora non siamo giunti alla Risurrezione, non c'è altra via che quella della croce. E che gran speranza, che profonda gioia poterci

unire a Gesù fin da questa vita, nelle gioie e nelle difficoltà! Sempre uniti a Gesù e a Maria: seguirli nella Via Crucis e offrire noi stessi in unione a Gesù.

Oggi, in modo particolare, dobbiamo soffrire, soffrire moralmente per la situazione della Chiesa ad esempio. Questa situazione dolorosa è una vera sofferenza quotidiana. Anche noi dobbiamo portare la croce col Signore che la porta vedendo la Chiesa: non è possibile che nostro Signore e la Madonna non siano addolorati vedendo ciò che succede oggi nella Chiesa, questa Passione della Chiesa! Anche noi soffriamo, soffriamo con Gesù, portiamo la nostra croce. Per far ciò abbiamo bi­sogno di contemplare Gesù crocifisso; per questo si rende presente sugli altari, per questo ci ha lasciato il santo sacrificio della Messa, che rin­nova il sacrificio della Croce, e per questo ci chiede di partecipare alla Vittima con la santa comunione: ci cibiamo di nostro Signore crocifis­so, la Vittima, e uniti a Lui portiamo ogni giorno la nostra croce. Non nell'amarezza o nello scoraggiamento, ma con la speranza che, uniti a Gesù nella croce, lo saremo anche nella sua Risurrezione e gloria.

Per questo motivo l'ultima settimana ci presenta la Risurrezione, l'Ascensione e la gloria di nostro Signore e dei santi nella beatitudine eterna. Il cuore si riempie allora di speranza. In questa breve vita terre­na dobbiamo operare una scelta, prendere una decisione, fare l'elezio­ne. Facendolo coraggiosamente, portando la croce con Gesù, parteci­peremo un giorno alla sua gloria e Risurrezione.

Ecco cosa sono gli Esercizi, è semplice! Sono la vita cristiana vissuta, la vita cristiana davanti alle grandi realtà eterne, quelle realtà che stan­no di fronte ad ogni uomo. Ma quanti sono ciechi! Quanti le ignorano! Quanti non ne tengono conto! Allora noi, che abbiamo ricevuto dal Si­gnore la grazia particolare di conoscere e capire queste cose, di credere in Lui, dobbiamo essere riconoscenti e innalzare un inno di ringraziamento! E non dobbiamo conservare questa grazia solo per noi, ma trasformiamoci in apostoli! Apostoli per le nostre famiglie, per il prossimo, per tutti coloro che ci circondano e anche apostoli per il mondo intero. Nella sofferenza, nelle malattie e nelle difficoltà offriamo le angosce e la vita per le anime, affinché siano illuminate e si salvino con nostro Signore Gesù Cristo. Ecco l'ideale della vita cristiana, la sua bellezza, la sua grandezza!

 

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31/07/2013 13:58
 
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Regole per il discernimento degli spiriti della prima settimana

(Regole elementari per tutti: peccatori, principianti o esperti nella vita interiore)

Militia est vita hominis super terram, «una milizia è la vita dell'uomo sulla terra» (Gb 7, 1). Bisogna rendersi conto che per tutta la vita c'è da lottare. In questi combattimenti per difendere l'anima dagli attacchi del demonio, la difficoltà è che non si vede il nemico (come d'altronde non vediamo gli spiriti celesti inviati da Dio in nostro aiuto).

Ricordiamoci la scena narrata nel secondo libro dei Re: i carri del re di Siria assediavano la città dove si trovava il profeta Eliseo, per cattu­rarlo vivo. Il servitore del profeta, vedendo quell'esercito, esclamò: «Come faremo, Padre?». «Non temere - rispose Eliseo - coloro che stanno con noi sono più numerosi di quelli che stanno con loro». E pregò il Signore. Jaweh aprì gli occhi al servitore, che vide la montagna piena di cavalli e carri di fuoco che proteggevano Eliseo (Cfr. 2 Re 6, 15-17).

Noi dobbiamo combattere nelle stesse condizioni, senza vedere i ne­mici che ci attaccano, dato che i demoni sono puri spiriti. Il Signore ci ha però affidato ai suoi angeli, che pure non vediamo, ma che sappia­mo essere più numerosi e più potenti.

San Paolo, nell'ultimo capitolo della lettera agli Efesini, scriveva: «Rivestitevi dell'armatura di Dio per poter resistere alle insidie del dia­volo: perché non dobbiamo combattere contro forze puramente uma­ne, ma contro i principati e le potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebre, contro gli spiriti del male sparsi nell'aria. Rivestitevi dunque dell'armatura di Dio per poter resistere nel giorno maligno».

Il demonio fa di tutto perché non si creda e non si pensi a lui. Solo così può agire indisturbato. Ecco la ragione di tutti i tentativi di negare l'esistenza degli angeli, che capita di sentir ripetere perfino nelle sacre­stie; se non esistono gli angeli, non possono esistere nemmeno i demo­ni. E tuttavia, dal primo all'ultimo capitolo della Bibbia, si parla sia di angeli buoni, che di angeli cattivi. Non è però sufficiente credere che ci siano angeli e demoni; dobbiamo farcene una ragione. Un proverbio spagnolo dice: «Quando qualcuno bussa alla porta, non bisogna limi­tarsi a sentir bussare, ma sapere anche chi bussa».

Molti non si rendono conto dello spirito che li influenza. - Padre, sono giù di corda!

- Nossignore, non sei giù di corda. È una cosa che non esiste. È il demonio che ti ronza attorno.

- Ma no Padre, lei vede il diavolo dappertutto. È che oggi non c'è il sole; e quando il tempo è grigio io mi sento giù, ecco tutto! Il diavolo non c'entra.

- Esatto! Sappi però che il demonio si servirà di tutto per tentarti. Approfitterà del tempo grigio, come di una indisposizione. E sappi, che se ti senti triste, vuol dire che il demonio ti ronza attorno. Sta in guar­dia!

Ecco un giovane triste. Non dico che abbia peccato. Dico: «Il demo­nio gli ronza attorno». Attenzione! Come si fa a saperlo?... Vi sono delle regole, che la Madonna ha dato a sant'Ignazio.

Innanzi tutto distinguere bene ciò che viene da Dio, diciamo dallo Spirito Buono; sia che Dio agisca direttamente, sia tramite un angelo, un predicatore, un buon esempio, ecc. Vi è poi ciò che viene dal demo­nio, diciamo dallo spirito cattivo; sia che il demonio agisca direttamen­te, sia tramite i suoi complici, cattivi consigli o esempi, ecc. Infine, vi sono gli atti procedenti dalla nostra intelligenza e dalla nostra volontà; i soli di cui siamo responsabili.

Quanti giovani si turbano perché hanno cattivi pensieri! Il fatto d'avere cattivi pensieri non è un peccato. È il diavolo che fa del cinema, una specie di film che proietta sulle nostre facoltà sensibili: immagina­zione, memoria, ecc.

- Ma sono immagini sconce!

- Non siete voi ad essere sconci, bensì il demonio. Se acconsentite e vi compiacete in questi turpi diletti, allora sì che peccate, poiché il con­senso viene da voi. Voi ne siete responsabili. Se, al contrario, pregate e fate in modo di cacciare queste tentazioni, non solo non avrete peccato, ma avrete guadagnato dei meriti. Questo viene da voi; il cinema veniva dal demonio.

Una santa religiosa di Barcellona, suor Teresa Rejadell, scriveva a sant'Ignazio, a Roma:

- Padre, ho dei pensieri cattivi!

Sant'Ignazio, che la conosceva bene, le rispondeva:

- lo non mi preoccuperei per i cattivi pensieri che mi invia il demo­nio e che non accetto, più di quanto non sarei orgoglioso per i buoni pensieri inviatimi dal buon angelo e che non sono miei.

E il santo aggiungeva:

- San Pietro e san Paolo, anch'essi hanno avuto dei cattivi pensieri, ma non hanno peccato.

San Paolo ce lo dice nel capitolo XII della sua seconda lettera ai Co­rinti: «...mi è stata messa nella carne una spina (stimulus carnis) ...tre volte, riguardo a questo, pregai il Signore perché la allontanasse da me ... ». E Dio sa se il Sacro Cuore amava san Paolo! Cosa gli ha rispo­sto? «Ti basta la mia grazia perché la mia potenza trionfa nella debo­lezza». Allora se san Pietro e san Paolo hanno avuto cattivi pensieri, anche noi possiamo averne. Il tutto sta nel sapersi ben comportare nelle tentazioni. Questo è il fine delle regole per il discernimento degli spiriti.

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31/07/2013 13:59
 
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313- REGOLE PER SENTIRE E CONOSCERE IN QUALCHE MODO (si dovrà dunque fare attenzione alle sfumature), I VARI MOVI­MENTI CHE SI PRODUCONO NELL’ ANIMA (ad esempio: deside­ro partire in missione, cambiare le mie decisioni, ecc. Attenzio­ne prima di agire! Si tratta di Dio o del demonio?): SIA A CAU­SA DELLO SPIRITO BUONO E ALLORA PER ACCETTARLI (se si è certi che vengono da Dio, non bisognerà esitare. La difficoltà sarà nell'essere ben sicuri che vengono da Dio), SIA A CAUSA DO QUELLO CATTIVO E ALLORA PER RESPINGERLI.

 

Ecco una regola generale capitale. Appena si sa che qualcosa viene dal demonio, bisogna respingerla senza discutere. Il mio superiore al noviziato, padre Terradas, diceva: «Non si gioca con il demonio». Chiamava «giocare con il demonio» il fatto di accarezzare un pensiero che si sa non essere buono e perciò del demonio, contando sulla ferma volontà, nella quale ci si trova, di non acconsentire; con questa convin­zione ci si permette di girarlo e rigirarlo, di vedere ciò che v'è di buono o di gradevole, ben decisi a non acconsentire. Guai a colui che accetta il dialogo con il demonio, molto più astuto di noi. Eva è stata soggiogata perché giocò con il demonio. Dopo aver detto che Dio l'aveva proibito, il demonio prosegui con nuove argomentazioni. Invece di tagliar corto lei cominciò a discutere:

- Se ne mangiamo, moriremo.

- No, non morirete, ma sarete come dei, conoscitori del Bene e del Male!

Discusse, e il demonio finì per farla soccombere. Ecco un uomo sposato:

- No Padre, stia tranquillo, amo troppo mia moglie. Così è solo per divertirmi... È un sogno... solo un sogno... Se lasciassi mia moglie sa­rebbe grossa!... No, no Padre, è solo per ridere! Si rassicuri.

- Caro amico, lei gioca con il demonio. Anche se ciò non dovesse mai capitare, (ma si sono viste cose impossibili) e il demonio riuscisse anche soltanto a provocare in lei un cattivo desiderio, che vittoria per lui! Anche se riuscisse solo a indebolire la sua unione... che sconfitta per lei!

Altro esempio: un novizio, un seminarista... Sogna una bella ragaz­za, bionda, militante d'azione cattolica... una bella casetta. Avrebbe una numerosa famiglia, molti bambini. Continuerebbe l'apostolato nell'azione cattolica, ecc.

- Attento, stai giocando con il demonio.

- Ma Padre, è una distrazione. Lo sa bene che amo la mia vocazio­ne!

- Caro amico, sono fantasie del demonio. Se accetti di ritornare su questo gradevole sogno, la tua vocazione è già perduta. Non insistere in questo gioco!

San Bernardo ha scritto: Nemo repente fit pessimus. «Nessuno di­venta troppo cattivo da un momento all'altro». Si sente parlare, qual­che volta, di sacerdoti e di cristiani esemplari, che cadono. Sappiate che non è successo di colpo. Da lungo tempo, giocavano con il demonio.

 * * *

 Come sapere dunque se quel movimento interiore viene da Dio o dal demonio? Ci sono delle regole. Queste regole non sono uguali, secondo che si tratti di persone che vivono attualmente in peccato o di anime che progrediscono nella virtù.

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31/07/2013 14:00
 
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Prima regola n° 314

314 - Nelle persone che vanno di peccato mortale in peccato mortale, il nemico suole comunemente proporre loro piaceri apparenti, occupando la loro immaginazione con diletti e piaceri sensuali, per meglio ritenerle e immergerle nei loro vizi e peccati; in tali persone lo spirito buono usa un modo contrario, pungendole e rimordendo loro la coscienza con i rimproveri della ragione.

 

Così, con chi vive in peccato mortale, il cattivo spirito rassicura il peccatore e lo spinge sempre più nel suo peccato. Gli raffigura i più vivi piaceri, dilettazioni sensibili. Gli rappresenta gli oggetti del peccato co­me la maggiore felicità, perché vi si immerga sempre più con sicurezza e gioia, come qualche cosa di normale, di indispensabile. «Tanto, lo fan­no tutti».

Il buon angelo, al contrario, gli invia un dardo, un pungolo che lo ur­ta, che gli impedisce di starsene tranquillo: i rimproveri della ragione. Gli mostra le conseguenze del peccato. Il peccatore è in stato di danna­zione. Se in automobile urta un paracarro, rischia di passare dal volan­te al giudizio di Dio e all'inferno. Ed è chiaro... indiscutibile. Il demo­nio gli fa rifiutare questi pensieri che hanno convertito tante anime!

- Ma no! Non t'inquietare, Iddio è buono! Fanno tutti così. Guar­dati in giro, solo gli imbecilli si preoccupano. Non vale la pena di par­larne al tuo confessore. Ciò non lo riguarda. Eppoi ti confesserai sul letto di morte. Hai tutto il tempo! Sei giovane...

Avete un amico che si dichiara non credente, non rassicuratelo dicen­dogli: «Sei in gamba! Sono sicuro che ti salverai! Dai una bella offerta alla festa degli orfanelli, sei intelligente, leale, altruista...», ecc. No! di­tegli la verità!

- Con tutta l'intelligenza che Dio ti ha dato, sei il più stupido di tut­ti. Fai di tutto per dannarti... Ti dici leale? Non sembrerebbe! Se lo fos­si veramente andresti di corsa a fare gli Esercizi spirituali... Tu benefat­tore dell'umanità? Sei uno scandalo pubblico! I bambini perdono la fe­de solo a guardarti; preparati a renderne conto a Dio, che ti ha riempito di doni e di cui ne dovrai dar conto...

Chi dunque rassicura il peccatore nel suo peccato, fa il gioco del de­monio. Ho conosciuto persone che sono state salvate perché hanno in­ciampato in un confessore che ha detto loro: «Se do l'assoluzione a lei, che non è deciso a troncare definitivamente con il peccato (onanismo, aborto, ecc.), compiamo entrambi un sacrilegio... si converta dunque». - Se muoio, vado all'inferno?

- Certo, se resta in questo stato. - Allora, Padre, ritornerò.

La persona m questione si è ravveduta ed ha potuto comunicarsi non nel giorno di Pasqua, ma nell'occasione della Pentecoste. Aveva quat­tro figli, ora ne ha undici. Era stato salvato da un confessore che favo­riva il gioco dell'angelo buono.

Ho conosciuto una parrocchia convertita dal parroco che aveva an­nunciato, all'inizio della quaresima, che tutti coloro che fossero man­cati alla Messa domenicale si sarebbero visti rifiutare l'assoluzione a Pasqua. Era un villaggio molto cristiano, o meglio che si spacciava per tale, ove tutti gli uomini facevano la Pasqua, ma andavano a Messa non più di quattro volte all'anno. Dopo l'avviso dal pulpito niente cambiò; ma il giorno di Pasqua nessun uomo poté comunicarsi. Imma­ginatevi lo scalpore suscitato nel villaggio! Ma... la metà venne poi a comunicarsi per Pentecoste, non essendo più mancati alla Messa, e così continuarono per il futuro. Altri, in buon numero, ritornarono a poco a poco in occasione di missioni o di malattie. È il demonio che rassicura il peccatore nel peccato! Attenzione!

L'angelo buono dà rimorsi di coscienza. Dice esattamente come stan­no le cose. Se volete convertire qualcuno, non dategli delle ragioni da pochi soldi, ad esempio: «Vai a fare gli Esercizi a..., che lì si mangia be­ne». Ditegli: «Se tu morissi in questo istante, saresti in condizione di apparire davanti a Dio? Vai dunque a fare un buon ritiro, sciagurato! Ti è indispensabile e molto urgente!».

Padre Roothan dice che questa prima regola vale anche per quelli che, senza essere in stato di peccato mortale, si intiepidiscono sempre di più. Ad esempio, quei cristiani, quei religiosi ben decisi a non correg­gersi dai loro peccati veniali! Il demonio li rassicura nella tiepidezza, molto pericolosa per la salute dell' anima. Il buon angelo invia loro gravi avvertimenti. Guai, se non ne approfittano! In questo modo, il ri­lassamento si introduce in molti conventi e in molte famiglie cristiane.

 

Seconda regola n° 315

Come agisce lo spirito cattivo? E come si comporta invece lo spirito buono con quelli che lavorano coraggiosamente a correggersi dai loro peccati?

I demoni, come gli angeli buoni, sono puri spiriti, non si vedono. Ma il Buon Dio non ha voluto che i demoni, nostri nemici, possano attac­carci senza che noi avessimo una specie di radar per individuarli. Da qui l'importanza degli esami di coscienza. Vigilate et orate ha detto e ri­petuto Gesù nel Vangelo: «Vegliate e pregate». Guai al cristiano che non sta in guardia! Il demonio trafficherà nella sua anima come gli pia­cerà; l'uomo non se ne renderà conto se non si mantiere all'erta. Perciò non basta vegliare. Da quale segno posso capire di trovarmi di fronte allo spirito buono o cattivo?

Sant'Ignazio ci indica sei segni per riconoscere lo spirito cattivo quando cerca di sorprendere coloro che vanno di bene in meglio,

 

315 - Nelle persone che lavorano coraggiosamente a purificarsi dei lo­ro peccati, e crescono di bene in meglio nel servizio di Dio no­stro Signore, avviene il contrario di quello che s'è detto nella prima regola, perché allora è proprio del cattivo spirito di cau­sare in loro della tristezza e dei tormenti di coscienza, di alzare ostacoli, di inquietare con false ragioni, alfine d'arrestare i loro progressi nel cammino della virtù...

 

Disponiamo dunque di sei caratteristiche, quasi sei odori che tradi­scono lo spirito cattivo:

1. La tristezza

«Un santo triste è un triste santo» diceva san Francesco di Sales. Il demonio è l'eternamente triste... Non può sbarazzarsi della sua tristez­za. Dal momento in cui si avvicina, vi comunica la sua tristezza senza volerlo. È talmente forte che, nelle regole per il discernimento degli spi­riti della seconda settimana, quando il demonio si sforzerà di tentare un'anima fervente, sotto l'apparenza del bene, uno dei segni per rico­noscerlo sarà proprio questa tristezza di cui ci si sente pervadere. Un ta­le era uscito contento dal confessionale, poi ad un tratto si senti triste. Riconoscete colui che lo avvicina con la sua tristezza! Ecco un giovane triste. Io non dico che ha peccato, ma so che il demonio gli gironzola attorno. Attenzione a queste fantasie melanconiche! Ora si sa il perché... il demonio non è lontano!

2. Tormenti di coscienza

Padre Louis Lallemant, il celebre gesuita, diceva: «Ogni proposizio­ne condizionale che turba, viene dal demonio». (Proposizione che co­mincia con un «se» o un condizionale: «chissà se? Chissà se mi sono confessato bene?... se ho la vocazione?... se potrò perseverare?, ecc»). Un sabato sera arriva vostra moglie:

- Chissà Francesco, se mi sono confessata bene! Chissà se domani potrò fare la comunione?

- Perché? Hai forse tenuto nascosto di proposito un peccato morta­le? (E sapete bene che per niente al mondo vorrebbe commettere un peccato, anche veniale).

- Oh no! Ma il sagrestano faceva rumore, i bambini facevano bac­cano, il curato ha starnutito, io mi sono confusa. Chissà se mi sono ben confessata!

Rispondetele:

- Rassicurati, ti sei ben confessata; puoi comunicarti.

- Come puoi saperlo?

- Seconda regola! È il demonio che ti imbroglia e il demonio è un bugiardo! Se avessi fatto una confessione sacrilega, il demonio ti rassi­curerebbe, mentre il buon angelo ti direbbe perché e in che cosa avresti fatto una confessione sacrilega. Perciò stai tranquilla.

Ecco un seminarista che si chiede: «Chissà se ho proprio la vocazio­ne?». Questo pensiero, così com'è, viene dal demonio. Il buon angelo gli direbbe perché e tutto sarebbe chiaro.

3. Gli ostacoli

Il demonio eccelle nel far apparire la pratica delle virtù come troppo difficile, e nell'ingrandire tutte le difficoltà. In quanti sono, purtroppo, a credere che una vita veramente cristiana sia impossibile, che ci siano difficoltà insormontabili per operare la propria salvezza, per praticare la castità secondo il proprio stato, per vivere cristianamente nel matri­monio!

Pensate al «panico» di non essere come gli altri, che ha spinto tanti cristiani a disonorarsi con le mode impudiche; pensate al «panico del fi­glio» che ha spinto molte donne, che si ritengono cattoliche, a commet­tere infanticidi - crimine che grida vendetta al cospetto di Dio! - a privarsi di quel tesoro eterno, di quella, gioia innegabile per una fami­glia rappresentata da un bambino in più, e che allo stesso tempo, si sa, è la salute e la gioia della donna! Il demonio ingigantisce le difficoltà e nasconde tutto quanto facilita la vita cristiana: fuggire le occasioni, la preghiera, i sacramenti, le intense gioie di una famiglia cristiana, le gioie eterne, ecc. Tutto questo sembra irraggiungibile!

4. II turbamento

«Ogni turbamento viene dal demonio» diceva san Giovanni Berch­mans, anche l'esuberanza e l'emotività sono mezzi di cui si serve. A volte, in famiglia c'è elettricità nell'aria. La moglie si innervosisce, i bambini sono scatenati, il marito prenderebbe tutti a sberle. Attenzio­ne: c'è il demonio! In queste occasioni vince sempre... Si dicono e si commettono stupidaggini, peccati più o meno gravi, più o meno nume­rosi. Vigilate! Pregate! Diremo più avanti cosa fare quando i demoni sono presenti. Occorre mettere in guardia anche i bambini contro certe dissipazioni o sentimenti di collera e di orgoglio di cui il demonio si ser­ve...

5. I ragionamenti falsi...

...sono un immancabile segno del demonio. Dobbiamo diffidare di certe teorie false, di certi slogans che fanno commettere peccati in gran numero, e spesso contro la fede, la giustizia e la carità. Ad esempio:

- Quando saranno grandi, sceglieranno la loro religione.

- Scusate, come sapete se vivranno? Non hanno forse il diritto, fin d'ora, di sapere che hanno un Padre nel cielo?... che hanno un destino eterno? Non hanno già un piccolo cuore capace di praticare la virtù?... di amare il Buon Dio?

Non è un atto di giustizia, ma la più orribile e criminale delle ingiusti­zie. Ragionamenti falsi!

Ancora: «Padre, ne avremo uno solo, così lo educheremo meglio!». State tranquilli, non si tira su meglio un figlio di dodici. Da parte mia, tutti gli scappellotti ricevuti, non li ho presi da mio padre e da mia ma­dre; i fratelli e le sorelle servono molto all'educazione!

Ancora: «Non sono stato io a chiedere a Dio di venire al mondo...», oppure l'altro ritornello: «Non sono stato io a chiedere ai genitori di mettermi al mondo». Oltre che stupidità, è anche insopportabile orgo­glio. «Mi dica, signore, quando dovevano chiedere il permesso di darle l'essere? Prima del concepimento?... quando era ancora nel seno di sua madre?... oppure quando si succhiava il pollice?... o già maggiorenne?».

In questi due casi vi è una grave bestemmia contro Dio, Padre di ogni bene. La vita è un bene. Il vostro destino eterno è un bene al di sopra di ogni bene. Tutti i mezzi che Dio ha preparato da tutta l'eternità per la vostra salvezza! I vostri genitori, allo stesso modo, non hanno fatto al­tro che seguire il piano di Dio... E quelli che pongono queste stupide domande così orgogliosamente, non utilizzano forse tutti questi doni di Dio? E senza nemmeno dirgli grazie. Ita ut sint inexcusabiles! scriveva san Paolo ai Romani, parlando di chi non vuol ringraziare il Buon Dio, ma tuttavia se ne approfitta dal caffè del mattino, fino alla sera. Respi­rano l'aria del Buon Dio, bevono il latte del Buon Dio, il vino del Buon Dio, l'acqua del Buon Dio, mangiano il pane del Buon Dio, fumano le sigarette del Buon Dio, ecc.

6. Lo scoraggiamento

Ogni scoraggiamento viene dal demonio. Avete cominciato bene... poi, improvvisamente, manca il coraggio: il demonio si è fatto vivo. E il buon angelo? Il buon angelo, lui, dà coraggio, pace, gioia, rende tut­to facile!

Ricordate la tentazione di sant'Agostino. Aveva 32 anni e non era ancora battezzato. Dopo una vita molto corrotta, era diventato mani­cheo; ma aveva una santa mamma che da 32 anni pregava per lui. L'aveva seguito a Milano, dove era stato nominato dall'imperatore di­rettore del liceo imperiale. Fu lei a metterlo in contatto con sant'Am­brogio, che non ebbe difficoltà a dimostrare al giovane direttore di li­ceo, molto intelligente e che amava ascoltarlo, la necessità di diventare cristiano se voleva salvarsi; avrebbe dovuto abbandonare la vita dissi­pata e farsi battezzare. Divenne catecumeno e avrebbe ricevuto il batte­simo a Pasqua.

Credete che tutto si svolse come previsto? Sant'Agostino nelle sue «Confessioni», racconta come andarono le cose: era nel giardino quan­do, ad un tratto, si rattristò. «Non sarai matto?! Hai riflettuto abba­stanza?... sei sincero? ... ». Versava lacrime tanto grosse da vedersi co­stretto a passeggiare per respirare. «È impossibile!». Tutte le passate relazioni gli tornavano alla mente: «Agostino, come puoi lasciarci? Ca­ro Agostino... È impossibile! ». Fu così forte che stava per rinunciare al battesimo; voleva inviare uno scritto all'arcivescovo: «Monsignore, non sono pronto, ho sopravvalutato le mie forze!». Che peccato! Ma il buon angelo non abbandona i suoi.

Mentre questi pensieri gli si affollano nella mente, ha un'idea: Quod isti et istae, cur non ego?. «Dopo tutto, ciò che fanno questi cristiani, perché non potrei farlo anch'io? Ebbene! Anch'io fuggirò le cattive oc­casioni, pregherò, se cadrò andrò a confessarmi, mi comunicherò; che fortuna!». Questo pensiero lo riempie di pace e di gioia: «Per Pasqua sarò come mia madre!».

Notate bene, nella prima parte, i sei segni del demonio: tristezza, tor­menti di coscienza, ostacoli, turbamento, falsi ragionamenti, scorag­giamento. Nella seconda, invece, la pace e la gioia. Non è stato per ca­so, né grazie a sé stesso, che sant'Agostino ha conservato la sua decisio­ne. È intervenuto lo spirito buono.

 

315 - (seguito) ... al contrario è proprio dello spirito buono dare loro del coraggio e delle forze, consolazioni e lacrime, buone ispira­zioni e pace, facilitando e allontanando ogni ostacolo, affinché esse procedano sempre più nel bene.

 

Terza regola n° 316

Consolazione e desolazione spirituali

Tutto sta nel sapere ciò che occorre fare quando il demonio è vicino. Sant'Ignazio ce lo dice. Ma prima di indicarci il comportamento di fronte alle manovre o agli attacchi del demonio, da ottimo scolastico, definisce i termini che impiega. Il demonio, infatti, spesso vince le ani­me generose grazie ad una falsa definizione della consolazione o della desolazione spirituale.

Molti cristiani confondono consolazione con progresso nella santità, e desolazione con regresso. Ma non sono la stessa cosa.

Non crediate di essere più santi perché provate consolazioni spirituali (dopo la comunione, avete il cuore pieno di buoni sentimenti). Non mollate, quando credete di regredire in santità perché subite delle tenta­zioni, per brutte che siano.

Quanti partecipanti agli Esercizi, dopo aver pianto i loro peccati al primo ritiro, al secondo vengono a dirci: «Padre, il ritiro va male! Sono arido... non riesco ad infiammarmi d'amore». Ho conosciuto generosi fedeli che, ad un ritiro, sono stati scossi al punto di chiedersi se non stessero perdendo la fede.

Ebbene, era proprio a quel ritiro che Dio voleva farli uscire dalle vie ordinarie per introdurli nelle vie mistiche. Fate dunque attenzione alle definizioni di sant'Ignazio. 

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31/07/2013 14:01
 
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316 - DELLA CONSOLAZIONE SPIRITUALE. Chiamo consolazione quando nell'anima si produce qualche movimento interiore, con il quale l'anima viene ad infiammarsi nell'amore del suo Creatore e Signore, e ne segue che nessuna cosa creata sopra la faccia della terra può amare in sé, ma solo nel Creatore di tutte. È ancora la consolazione che fa versare lacrime che muovono l'anima all'amore del suo Signore, sia che avvenga per dolore dei suoi peccati, o della passione di Cristo nostro Signore, o per altre cose direttamente ordinate al suo servizio e lode, infine chiamo consolazione ogni aumento di speranza, fede e carità e ogni letizia interna che chiama e attrae l'anima alle cose celesti e alla cura della sua salvezza, quietandola e pacificandola nel suo Creatore e Signore.

 

Lo vedete: chiama consolazione spirituale il piangere i propri peccati e la Passione di Gesù, poiché sono dolci lacrime. Ma non concludete per questo di essere più santi. Altre volte, malgrado ogni supplica, resterete freddi come pezzi di ghiaccio invece di piangere i peccati: non concludetene che quelle orazioni sono andate a vuoto. Quanti si scorag­giano, allora! Rodriguez cita un santo religioso che, appena si metteva a pregare, si sentiva d'un tratto come un pezzo di ghiaccio senza riusci­re a balbettare una sola parola a nostro Signore. Si accontentava di ri­petere: «Sono una bestia... sono una bestia...». Ma non perdeva il suo tempo. Certamente non più del povero pubblicano del Vangelo che non osava nemmeno levare gli occhi al cielo e si contentava di battersi il pet­to dicendo: «Pietà di me, Signore, che sono un povero peccatore! Ab­biate pietà di me! ».

 

Quarta regola n° 317

317 - DELLA DESOLAZIONE SPIRITUALE. Chiamo desolazione tutto il contrario della terza regola, come le tenebre dell'anima, il suo turbamento, l'inclinazione verso cose basse e terrene, l'inquie­tudine di varie agitazioni e tentazioni, che portano l'anima a sfi­ducia, lasciandola senza speranza, senza amore, tutta pigra, tie­pida, triste e come separata dal suo Creatore e Signore. Perché come la consolazione è contraria alla desolazione, così i pensieri che nascono dalla consolazione sono necessariamente contrari ai pensieri che nascono dalla desolazione.

Perdonatemi l'espressione un po' infantile: «Nella consolazione Dio ci dà lo zuccherino. Nella desolazione ci lascia patire la fame». Ma non si è più santi nel primo caso e più cattivi nel secondo... Quante persone si scoraggiano perché oppresse da tentazioni, anche vili e umilianti! Ve­dremo poi come agire in questi casi. La desolazione, non solo non si­gnifica necessariamente regresso, ma, presa per il giusto verso, è una grazia per avanzare in santità. Santa Giovanna di Chantal rimase molti anni in preda a terribili tentazioni. Non aveva più voglia di pregare; an­zi, quando si accingeva a pregare veniva colta da un incredibile disgu­sto; voleva abbandonare il convento e tornare nel mondo per vivere dis­sipatamente, mondanamente, in modo addirittura corrotto. Si chiede­va se avesse ancora la fede.

Si potrebbe pensare che facesse marcia indietro nella via della santifi­cazione... Al contrario, proprio in quegli anni fece i maggiori progressi nella virtù, e raggiunse quella generosità e forza d'animo che non avrebbe mai ottenuto se il Buon Dio non l'avesse fatta passare per quel­le prove.

Padre Vallet ci diceva: «Ci sono diversi modi per imparare a boxare:

1) Taluni si allenano dando colpi al cuscino. Ma in tal modo si òtter­ranno magri risultati.

2) Altri si allenano menando colpi sul punching ball. Così si progre­dirà maggiormente, tanto più che bisogna muoversi in continuazione altrimenti l'ovale rischia di gonfiarvi un occhio.

3) Ma se volete diventare dei maestri, allora allenatevi con un cam­pione. I primi giorni ne uscirete con le ossa rotte, ma in breve diverrete maestri.

Così, aggiungeva padre Vallet, il Buon Dio permette al demonio di tentarci per farci avanzare rapidamente in santità». Dunque, non con­fondete più tentazioni con regresso nella santità.

«Perché tu fossi gradito a Dio, era necessario che la tentazione ti pro­vasse», diceva l'arcangelo Raffaele a Tobia; e san Giacomo scrive nella sua lettera: «Felice l'uomo che sopporta pazientemente la prova, per­ché dopo essere stato provato, riceverà la corona di vita che il Signore ha promesso a coloro che lo amano».

E san Pietro: «Fratelli, siate sobri e vegliate, perché il vostro avversa­rio, il diavolo, vi gira attorno come un leone ruggente, cercando chi di­vorare. Resistetegli, forti nella fede... ».

Perciò, che la desolazione (e tutto ciò che essa comporta: aridità, scoraggiamento, prove, tentazioni di ogni specie) non vi inganni. Biso­gna passare di lì per arrivare alla santità.

 

Il grafico di san Giovanni della Croce

San Giovanni della Croce, all'inizio della sua opera «La salita del monte Carmelo», in cui indica l'ascensione dell'anima verso le vie mi­stiche, ha fatto un piccolo disegno per illustrare questa ascensione.

1) In basso a destra, un lungo binario morto che sale, scende, curva, svolta e va a finire in un vicolo cieco. Su questo binario san Giovanni della Croce ha scritto: «Consolazioni umane»!

- Vorrei proprio santificarmi, ma mi piacerebbe che venissero rico­nosciuti i miei sforzi, che i superiori mi incoraggiassero... non essere solo, altrimenti lascio tutto!

- Amico, sei in un vicolo cieco, non arriverai mai alla santità.

2) Altro binario morto che gira, rigira, sale, scende, risale e infine ri­torna al punto di partenza. San Giovanni vi ha scritto: «Consolazioni divine».

- No, io non cerco le consolazioni umane, ma quando prego o mi comunico vorrei sentire qualcosa di dolce, un po' d'amore per il Buon Dio, la gioia della sua presenza, il dolore per i miei peccati... e invece resto nell'aridità; ho anche delle tentazioni, mi pare di perder tempo, è inutile che preghi!

San Francesco di Sales vi dice: «Non cercate le consolazioni di Dio, ma il Dio delle consolazioni». Non giungerete mai alla santità se conti­nuate a confondere progresso e consolazione spirituale.

3) Nel mezzo della pagina (quasi la occupa per intero), una figura co­me un pozzo di miniera... angusto... tutto nero... sul quale il santo ha scritto cinque volte in spagnolo: «Nada, nada, nada, nada, nada (nulla)!». È la sola via per arrivare in alto!

- Ma, Padre, devo essermi sbagliato... Devo assolutamente fare al­tre cose. Ho delle tentazioni terribili... non faccio progressi. Se sapesse, Padre, tutti i sentimenti che mi nascono nel cuore... perdo la fede... mi viene voglia di commettere i più orribili peccati, ecc.!

- Coraggio, sei sulla strada giusta!

- Ma non è possibile! Ho l'immaginazione piena di figure impure, di astio. Mi sembra di non credere più a niente.

- Sei sulla buona strada, non mollare, continua!

Poi, in alto, il pozzo di miniera si allarga ad imbuto e si rischiara; ma san Giovanni della Croce scrive: «E là in alto, sempre niente!». Altre specie di tentazioni, molto differenti. Ci si sente così lontani dal Buon Dio! Ci si vede così vili peccatori! Si vorrebbe far meglio senza riuscir­vi!

Infine, al di sopra, i verdi prati del monte Carmelo irrigati dai sette doni dello Spirito Santo, che producono i dodici frutti dello Spirito Santo!... Coraggio dunque, che nulla vi arresti!

Che fare allora? Sant'Ignazio ve lo indica:

 

Quinta regola n° 318

318 - Ne segue che nel tempo della desolazione non si deve mai fare alcun mutamento, ma rimanere fermi e costanti nei propositi e nella determinazione in cui si stava nel tempo precedente a quel­la desolazione o nella determinazione in cui si stava nella prece­dente consolazione. Perché come nella consolazione ordinaria­mente ci guida e consiglia più lo spirito buono, così nella desola­zione è il cattivo spirito, con i consigli del quale non possiamo trovare la strada che conduce a un buon fine.

Quanti e quali errori catastrofici sono stati commessi per avere igno­rato e dimenticato questa quinta regola!

 

In tempo di desolazione non si devono mai mutare i propositi

Perché? Perché in quel momento è il demonio che ci influenza e sia­mo sicuri, se seguiamo la spinta dello spirito cattivo, di fare ciò che lui desidera. «Ordinariamente - dice sant'Ignazio - è Dio che ci guida nel tempo della consolazione». «Ordinariamente», poiché si vedrà in seguito che ci sono false consolazioni, e allora è il demonio; ma in una vera consolazione è sempre Dio che spinge. Tuttavia qui è facile sba­gliarsi.

In una desolazione invece, in un cattivo desiderio, è sempre il demo­nio che ne fa delle sue. (Ricordatevi i sei odori o le caratteristiche spie­gate nella seconda regola).

Quante vocazioni sciupate per aver dimenticato questa regola!

- Signor parroco, il piccolo non vuole più tornare in seminario. Ha proprio perso la vocazione, non è vero?

- Attenzione! Ha o non ha la vocazione? È un'altra questione. Ora subisce un attacco del demonio. Non è il momento di partire. Il demo­nio fa il suo mestiere, qualche volta questo può essere il segno di una grande vocazione. Piccolo mio, rientra in seminario. Dopo si vedrà.

- E se non ho la vocazione?

- Tra un anno o due andrai a fare gli Esercizi e là, dopo esserti mes­so nell'indifferenza ignaziana, ovvero «Dio prima di tutto», potrai sa­pere se Dio ti chiama oppure no. Ma specialmente adesso, non cambia­re.

Da parte mia, povero padre Barrielle, a 17 anni, ho avuto una voglia matta di lasciare il seminario. Fortunatamente il confessore mi ha det­to: «Aspetta». Altrimenti, oggi non sarei qui.

Quanti rinunciano alle loro decisioni alla prima insidia del demonio! Che disgrazia! Come fare per non lasciarsi ingannare? Ebbene, «atten­dere».

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31/07/2013 14:02
 
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Sesta regola n° 319

La regola d'oro della vita interiore: il contrattacco

319 - Dato che nella desolazione non dobbiamo mai mutare i nostri propositi è molto utile mutare coraggiosamente sé stessi, cioè il nostro modo di agire, e dirigerlo interamente contro l'attacco della desolazione, come per esempio, dando più tempo alla preghiera, meditando con più attenzione, esaminando con più se­rietà la propria coscienza, dandoci a qualche pratica convenien­te di penitenza.

Non solo non bisogna cambiare i propositi nel momento della deso­lazione, ma neppure rimanere passivi. Restare così!... Si deve passare al contrattacco per impedire alla corrente di trascinarci via. Riprendia­mo l'esempio del seminarista tentato di lasciare il seminario.

- Sì, mi annoio, sto perdendo il mio tempo, è insopportabile.

- No, no. Non devi rimanere così. Questi falsi ragionamenti sono un segno del demonio: «Perdere il tuo tempo!». Non perderai tempo, lavorerai. Con il lavoro e la preghiera potrai ottenere la salvezza di molte anime, anche se non hai la vocazione al sacerdozio e Dio ti chia­ma al laicato. Puoi lavorare molto per la salvezza delle anime. Tutto ciò è segno del demonio! E se il demonio vuole che lasci il seminario, non vuol dire che non hai la vocazione. Non perderai il tuo tempo. Continuerai gli studi. Sarai il miglior seminarista. Praticherai bene le regole, osserverai i regolamenti, ti comunicherai tutti i giorni, aprirai la coscienza al tuo direttore spirituale, sarai generoso, farai sacrifici, pre­gherai per i peccatori...

- E se non ho la vocazione?

- Sta bene. Fra un anno o due farai gli Esercizi e Dio ti illu­minerà e ti darà la forza di fare, non la tua volontà, ma la sua. Ma adesso, continua. Comportati da buon seminarista e rivolgi­ti devotamente alla Vergine Maria. Lavora sodo!...

Ecco il contrattacco.

Il beato Pietro Fabro, sacerdote savoiardo, era andato a Parigi per laurearsi in teologia alla Sorbona. Siccome era povero, divise la camera con altri due: Saverio e Ignazio. Lui era sacerdote, un sacerdote molto pio. Ben presto però si accorse che Ignazio, più anziano di lui, semplice laico, era più esperto nelle pratiche della vita interiore. Un giorno gli confidò di avere molte tentazioni (si pensa di sensualità). Ignazio gli disse:

- Vi insegnerò un segreto per sbarazzarvene. E, nello stesso tempo, più avrete tentazioni, più avanzerete nella santità.

- Ditemi il vostro segreto!

- Ebbene, nella tentazione, moltiplicate gli atti della virtù contraria. Siete tentato di gola? Digiunate! Tentato di collera? Tacete! Siete preso da rancore? Pregate per il vostro nemico! Da sensualità? Fate peniten­za! Vi sentite pieno d'orgoglio? Umiliatevi!

Fu così che in poco tempo Pietro Fabro diventò un grande santo. A detta di sant'Ignazio era lui il miglior predicatore di Esercizi. Fu lui a celebrare la santa Messa a Mommartre quando i primi gesuiti pronun­ciarono i voti (era l'unico sacerdote, sant'Ignazio non lo era ancora). Sant'Ignazio, in questa regola, indica quattro specie molto facili di contrattacco.

I. La preghiera.

2. La meditazione.

3. I ferventi esami di coscienza (spesso il demonio ci fa credere di aver peccato mentre, non solo non abbiamo acconsentito, ma abbiamo guadagnato dei meriti reagendo. Se ci sono stati sbagli, l'esame ci dà fi­ducia e ci fa ringraziare Dio, ottenendoci il suo perdono con l'atto di contrizione e i fermi propositi).

4. Un po' di penitenza... Qualche piccola penitenza scaccia il demo­nio, per esempio tre Ave Maria recitate con le dita sotto le ginocchia, o una decina di Rosario con le braccia allargate come in croce, o una pic­cola mortificazione di gola. Il demonio teme tutto questo. Un giorno san Benedetto ebbe una terribile tentazione della carne e non riusciva a liberarsene. Allora, levatosi la tonaca, si rotolò in un cespuglio di spi­ne. II corpo era coperto di sangue, ma tutti i demoni erano fuggiti. Ab­biamo, qui un grande principio per vincere il demonio.

 

Come comportarsi, dunque, nelle tentazioni?

Siete tentati? Pregate! In quei momenti, vi avviso, spesso il demonio si impunta e intensifica la tentazione:

- È inutile! Ti vincerò una volta di più... cedi e ti lascerò tranquillo... ti è impossibile resistermi. Lo sai bene!...

Non lasciatevi impressionare. È un bugiardo! Gesù l'ha detto nel vangelo di san Giovanni. Intensificate le preghiere. Che il demonio si consideri avvisato. Se vi tenta tutta la notte, pregate tutta la notte. An­che se vi fa cadere, siate decisi a perseverare nella preghiera. Se necessa­rio, aggiungete qualche piccola penitenza, gettategli dell'acqua bene­detta, invocate «Maria, terrore del demonio», san Giuseppe, san Mi­chele Arcangelo. Allora, proprio nel momento in cui la caduta vi sem­bra inevitabile, tutt'a un tratto la tentazione è passata. Non sentite più niente... Cos'è successo? Il demonio, che non ama le sconfitte, veden­dovi decisi nella preghiera, se n'è andato senza avvertire.

 

Credere alla preghiera

Ah! amici miei, credete alla preghiera! Non insisteremo mai abba­stanza su questo punto. Un cristiano non dice mai: «Non c'è più niente da fare!». Rimane sempre il gran mezzo della preghiera, che è onnipo­tente. È l'onnipotenza di Dio nelle nostre mani. Vediamo nel Vangelo come Gesù ne ha avuto cura. Cura di insegnarla ai suoi, ma soprattutto di inculcare la fede nell'efficacia della preghiera. «Chiedete e ricevere­te, bussate e vi sarà aperto, cercate e troverete». E lo ha detto in diversi modi: «A chi chiede sarà dato, a chi bussa sarà aperto, chi cerca trova» (Mt 7; Mc 11; Lc 11; Gv 14).

«Qual è fra di voi quel padre che darà un sasso al figlio che gli chiede del pane? O se chiede un pesce, gli dia invece una serpe? O se chiede un uovo, gli dia uno scorpione? Se voi dunque, cattivi come siete, sapete dare ai vostri figli cose buone, quanto più il Padre del cielo darà lo Spi­rito Santo a coloro che glielo chiedono!» (Lc 11, 11-13).

E Gesù va ancora più lontano. Noi non avremmo mai osato tanto. Ricordate la parabola dell'amico importuno: costui a notte fonda rice­ve un conoscente digiuno dal mattino. I negozi sono tutti chiusi. Bussa ad un vicino: «Prestami un pane», «Ah no, stiamo dormendo!». «No, che non dormite». «Sì invece, lasciaci dormire». E continua a bussare. Finalmente il vicino s'affaccia: «Ecco il tuo pane, ma lasciaci in pace». E Gesù aggiunge: «Fate così col vostro Padre nei cieli». Ammettete che noi non avremmo mai osato dire questo, Lui invece l'ha detto. Si po­trebbe continuare. Ovunque nel Vangelo ritroviamo questa lezione, si­no all'ultima sera dopo la Cena. Gesù li rimprovera: «Finora non avete chiesto nulla. Chiedete e riceverete. Tutto ciò che chiederete al Padre in mio nome, ve lo accorderà».

Dobbiamo credere nell'efficacia della preghiera!

Conoscete il motto di sant'Alfonso, che dovremmo far si che resti impresso nella mente dei nostri bambini: «Chi prega si salva, chi non prega si danna!». Quali dei vostri figli ritroverete in cielo? Quelli che pregheranno. Com'è possibile, nonostante l'infinita bontà di Dio, che dei cristiani si dannino? È possibile, perchè non pregano!

Chi prega si salva, chi non prega si danna. Sant'Alfonso aggiungeva in quel gioiello che è il suo breve trattato sulla preghiera: «Tutti i santi sono in cielo perchè hanno pregato molto. Sarebbero meno santi se avessero pregato meno, e non sarebbero per niente in cielo se non aves­sero pregato».

Il santo aggiunge queste parole, ancora più consolanti: «Tutti i dan­nati sono all'inferno perché hanno smesso di pregare!... E non sarebbe­ro all'inferno se non avessero smesso di pregare!».

Mettiamo che siate in fondo all'oceano e nessuno pensa più a voi. Pregate!... Non so come, ma è certo che il Buon Dio verrà in vostro aiuto. Dicevo questo ad un ritiro. Uscendo dalla cappella, un parteci­pante mi disse: «Padre, ciò che avete appena detto è vero. Mi è proprio capitato così». E mi spiegò come, caduto in un lago dell'Alvernia (non sapeva nuotare, i suoi amici lo credevano annegato) ebbe l'idea di pre­gare la santa Vergine. In quel momento ebbe l'impressione di sentire qualcosa sotto i piedi, era una pietra! Prende coraggio, si agita come può... e i movimenti smuovono la superficie. Gli amici, che se ne stava­no andando rassegnati, ritornano di corsa... e fu salvato! Ecco un fatto vero!

In proposito, permettetemi una confidenza. Ho provato le pene più grandi che un sacerdote possa avere al mondo. Sono stato coinvolto in­timamente nell'apostasia di un gran numero di confratelli: seminaristi, religiosi e, ahimè, sacerdoti! Ebbene, posso assicurarvi che tutti, salvo qualche eccezione, avevano smesso di pregare. Qualcuno aveva smesso per zelo... Le anime aspettano!... Altri per viltà, negligenza, scoraggia­mento o vergogna... Avevano smesso di pregare! Il demonio li aveva fatti scivolare sulla buccia di banana ed ecco la catastrofe. Nemo repen­tefit pessimus, diceva san Bernardo: «nessuno diventa cattivo improv­visamente». Il lavoro preliminare del demonio è sempre stato quello di far smettere di pregare. Non più orazioni, letture spirituali, esame di coscienza, rosario, breviario, visite al SS. Sacramento, confessioni... Messe (quante volte sacrileghe, il che è peggio!); non più devozione a Maria, ecc. Così erano maturi per la catastrofe!

Sant'Alfonso raccomanda, poiché Dio esaudisce tutte le preghiere, di chiedere ogni giorno la grazia della perseveranza nella preghiera! Ec­co perché fra tanti altri motivi la devozione a Maria ha salvato e salverà tanti peccatori! Dio ascolta la pur minima preghiera. Si quis tristetur oret, dice san Giacomo: «se qualcuno è triste, preghi!». Hoc genus doe­moniorum non eicitur nisi ieiunio et oratione, dice Gesù parlando del giovane lunatico: questo genere di demoni, in particolare quello dell'impurità, si scaccia solo con il digiuno e l'orazione. Gesù ripeteva spesso: Vigilate et orate.

 

Settima regola n° 320

320 - Colui che si trova nella desolazione, consideri come il Signore, per provarlo, lo abbia lasciato alle sue forze naturali, perché re­sista come se fosse solo di fronte alle agitazioni e tentazioni del nemico; poiché lo può fare con l'aiuto divino che sempre gli re­sta, quantunque non lo senta, perché il Signore gli ha sottratto il fervore sensibile, il grande amore e la grazia intensa, lasciando­gli tuttavia la grazia sufficiente per la salvezza eterna.

 

Non crediamo che tutto sia perduto perché il Signore si nasconde, co­me lo sposo del Cantico dei Cantici che «si nasconde dietro la vite e si rallegra nel farsi cercare dalla sposa». Ma rassicuratevi, il Signore non vi lascerà mai senza una grazia sufficiente. (Attenzione, si tratta di una grazia sufficiente, che è sufficiente).

 

La tentazione di santa Caterina da Siena

Questa grande vergine mistica, che aveva continue visioni e grazie mistiche molto elevate, con il permesso di Dio si trovò un giorno in una orribile tentazione. Il demonio l'assalì con pensieri turpi e provocando­le sensazioni (in quanto, Dio permettendo, può eccitare i nostri istinti). Caterina pregava, supplicava Dio di non abbandonarla, protestava di voler morire piuttosto che peccare. Ma il demonio le diceva: « È inutile, non potrai resistere... d'altronde hai già peccato e Dio t'ha abbandona­ta».

- Oh Signore! Soccorrimi! Fammi morire o soffrire qualsiasi cosa piuttosto di offenderti!

Era infernale. Improvvisamente, però, la tentazione cessa! (Non di­menticate che la tentazione non durerà un istante in più di quanto Dio permetta). Nostro Signore le apparve. Allora, abituata ad intrattenersi familiarmente con Lui, lo rimproverò dolcemente:

- Oh, mio buon Maestro, mi hai abbandonata nel momento più ter­ribile della mia vita!

- Ma Caterina, io non t'ho abbandonata!

- Dov'eri, Signore?

- Ero nel tuo cuore.

- Nel mio cuore? Con tutto quello che c'era di cattivo?

- E tu acconsentivi?

- Oh, no! mio Signore! Tu lo sai, avrei preferito qualsiasi sofferen­za o la morte...

- Ebbene, sappi che io ti sostenevo e mi dava piacere la tua fedeltà davanti al demonio. Come avrei potuto abbandonarti?...

Nelle nostre tentazioni, non dimentichiamo mai questo esempio trat­to dalla vita di santa Caterina.

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31/07/2013 14:03
 
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Ottava regola n° 321

321 - Chi si trova nella desolazione si sforzi di conservare la pazienza, virtù direttamente opposta alle vessazioni che gli vengono e spe­ri che sarà presto consolato, purché applichi come abbiamo det­to alla sesta regola, i mezzi necessari per vincere la desolazione.

 

Quando siamo tentati, pazienza! Pazienza significa soffrire e atten­dere... ma anche fiducia e speranza!

Non dimentichiamo mai che la nostra è la religione del «Padre no­stro». Non dimentichiamo nemmeno le due ali di cui parla santa Teresi­na del Bambin Gesù: la diffidenza di sé, e la fiducia in Dio. Con esse si sale molto in alto e non si rischia niente. Ricordate, nel Discorso della Montagna, ciò che Gesù disse a quelli che temevano di non avere da mangiare e da vestire... (Mt 6).

Sant'Ignazio promette alle anime tentate, ma fiduciose in Dio, che alla tentazione seguiranno ben presto dolci consolazioni, purché l'ani­ma si applichi ad osservare la sesta regola «e speri che sarà presto con­solata». La sesta regola è quella del contrattacco, non dimenticatelo.

San Paolo, nella prima lettera ai Corinti, dice una frase che dovrebbe allontanare da noi ogni scoraggiamento: «Dio è fedele; Egli non per­metterà che siate tentati al di sopra delle vostre forze, ma insieme alla tentazione vi darà pure la forza di poterla superare» (1 Cor 10,13). Ec­co perché, a proposito del martirio, Gesù proibisce di pensarci anzitem­po e di inquietarci, poiché quel giorno, se Dio ci chiama a questo ono­re, avremo grazie insospettate. «Lo Spirito Santo risponderà per voi».

 

Nona regola n° 322

Perché il Buon Dio permette le tentazioni?

Quando siamo tentati, dobbiamo chiederci perché subiamo questa prova. Così progredirete. A volte è per colpa nostra, oppure per motivi di ordine naturale che avremmo potuto evitare. Altre volte sono grazie di Dio, di cui bisogna profittare: Da qui la necessità di esaminarsi spes­so. Coloro che non fanno mai l'esame di coscienza si priveranno di molte grazie per avanzare nella santità. Ecco dunque la nona regola di sant'Ignazio:

 

322- Tre sono le cause principali per cui ci troviamo desolati: la pri­ma può essere un castigo perché siamo tiepidi, pigri o negligenti nei nostri esercizi spirituali, e così per le nostre mancanze si al­lontana da noi la consolazione spirituale. La seconda è una pro­va. Dio vuol provare quel che siamo e fin dove possiamo arriva­re nel suo servizio e lode, senza tanto sussidio di consolazioni e di grandi grazie. La terza è una lezione. Dio vuol darci la certez­za e la conoscenza pratica alfine di sentire internamente che non dipende da noi raggiungere o conservare una tenera devo­zione, un amore intenso accompagnato da lacrime, né alcun'al­tra consolazione spirituale, ma che tutto è dono e grazia di Dio nostro Signore, e perché impariamo a non mettere dimora in co­sa altrui, elevando la nostra mente in qualche superbia o vana­gloria, attribuendo a noi stessi la devozione o le altre parti della consolazione spirituale.

Tre cause principali: ciò vuol dire che ve ne sono delle altre. Per esempio possono esserci «cause di ordine naturale».

Molti vanno facilmente in collera perché non hanno dormito abba­stanza. È cosa frequente. In Francia una madre superiora fu nominata a capo di un piccolo ospedale regionale. Vi erano là alcune suore, sem­pre in collera e a discutere fra di loro, il che non deve essere fatto quan­do si è suore. E la superiora, che per altro costatava trattarsi di religiose molto devote e generose, se ne chiedeva il motivo. Alla fine comprese: non dormivano abbastanza. In mancanza di personale, per generosità, pagavano di persona rubando sul loro riposo, ma poi partivano come un tappo di champagne alla minima contrarietà. La superiora decise di farle dormire un'ora in più e vietò di vegliare senza il suo permesso. Da quel giorno, come per incanto, non si ebbero più dispute. Occorreva pensarci!

Santa Teresa d'Avita, quando una suora le diceva: «Madre, ho delle visioni!», rispondeva: «Bene, domani prenderete un buon brodo!». Ad una religiosa che credeva di avere delle visioni, fu consigliata anche una buona bistecca, cosa che nell'ambito del Carmelo riformato non si fa­ceva mai. Santa Teresa consigliava perfino la purga! Per chi conduce una vita troppo sedentaria, una carenza di circolazione può essere cau­sa di scrupoli o di turbamento.

Padre Timon David, il fondatore dei primi patronati operai dopo la Rivoluzione Francese, nel mirabile trattato «Della confessione e dire­zione dei giovani», insegna che è importante occuparsi dei piccoli tu­bercolosi. Perché, direte voi? Una lunga inazione, la sedia a sdraio, la super-alimentazione possono provocare terribili tentazioni che impedi­ranno loro di guarire, in attesa di inviarli all'inferno. Il demonio è catti­vo. Occuparsene vuol dire dar loro dei buoni libri, insegnar loro a con­templare i misteri del santo Rosario, a mantenersi alla presenza di Dio, a fuggire le fantasie pericolose, a confessarsi e comunicarsi spesso. La malattia, allora, li aiuterà a realizzare i piani di Dio su di loro, diven­tando santi. Ma tutte queste cause di ordine naturale si riconducono a tre cause principali:

1. Castigo

Vi accorgerete che dopo essere rimasti, la sera, due ore davanti al te­levisore, o solamente per aver omesso la lettura spirituale, l'indomani sarete aridi nella preghiera. Notatelo... e non fatelo più. Altrimenti, Gesù tacerà. È questo un grande castigo. Se avete delle violente tenta­zioni dopo aver attraversato una spiaggia, dopo aver letto una certa ri­vista o aver visto quel film, dopo aver fantasticato prolungando il ripo­so, dopo aver troppo mangiato o bevuto, notatelo... Così si impara a condurre una vita interiore seria. Quando recitate il Rosario vi capita di sentire o di comprendere che la famiglia sta scivolando verso il peccato. Fate subito tesoro dell'avvertimento...

2. La desolazione o tentazione può benissimo non essere un castigo, ma un'occasione di praticare virtù eroiche

Per esempio, la tentazione di san Giuseppe, le tribolazioni della Sa­cra Famiglia, non erano un castigo. Di quali esempi eroici saremmo stati privati se la Sacra Famiglia non avesse subito queste prove! Santa Teresina del Bambin Gesù, sul letto di morte, era terribilmente tentata contro la fede. «...Mi trovo in un tunnel», diceva a sua sorella, madre Agnese, e si sforzava di ripetere con fede invincibile e senza sen­tire nulla: «Mio Dio, vi amo! Mio Dio, vi amo!». Rassicuratevi, non era una punizione; la santa non aveva letto né Sartre, né Gide, né Beau­voir, né la Sagan, né alcuna di queste porcherie. Il buon Dio voleva ac­crescere i suoi meriti per far discendere una più abbondante pioggia di rose per la conversione dei non-credenti, e allora permetteva a tutti i de­moni di scagliarsi contro di lei.

Anche voi, può darsi siate passati attraverso certe prove per ottenere la salvezza di un figlio, di un amico, ecc. Accettate umilmente e genero­samente. Il santo curato d'Ars subiva attacchi furiosi nei giorni che precedevano l'arrivo di un gran peccatore da convertire...

3. Una lezione

Queste prove possono rappresentare una lezione. Siamo tutti più o meno portati ad essere contenti di noi quando abbiamo fatto qualcosa di buono. E questo Dio non l'accetta. Vogliamo per noi ciò che appar­tiene a Lui. «La mia gloria non la darò a nessun altro» ci dice per mez­zo di Isaia, al capitolo 42. E san Paolo scriveva: «Oh! Che cosa hai tu che non l'abbia ricevuta? E se l'hai ricevuta, perché te ne glori come se tu non l'avessi ricevuta?» (1 Cor 4,7).

- Io sono il miglior parrocchiano!...

- Ma senza quella grazia, senza questa madre o quel sacerdote, cosa sareste diventato?

Come è buono il Signore ad impedirci di cadere in questo errore!... Permette delle tentazioni che potrebbero inviarci in fondo all'inferno; dopo di che non saremo più indotti a criticare nessuno. Umiliamoci e ringraziamo il Buon Dio. Ma vigilate et orate. Tutto deve concorrere a santificarci.

 

Decima e undicesima regola n° 323 e n° 324

- E quando va bene, cosa bisogna fare?

- Ebbene, approfittarne... per praticare la virtù, guadagnare meriti. In bicicletta, quando il vento è a favore, approfittatene per fare chilo­metri; quando il vento gira, almeno un po' di chilometri saranno fatti.

 

323 - Colui che si trova nella consolazione pensi come si troverà nella desolazione che verrà poi, e faccia provvista di coraggio per il momento della prova.

Ma soprattutto umiliatevi! Non un po'... ma quanto potete.

 

324 - Chi si trova consolato procuri di umiliarsi e abbassarsi quanto può, pensando quanto è da poco nel tempo della desolazione, quando è privo della grazia sensibile o della consolazione. Al contrario, colui che si trova nella desolazione pensi che può molto con la grazia sufficiente per resistere a tutti i suoi nemici, purché confidi solo nel concorso del suo Creatore e Signore.

 

Alla venerabile Marina d'Escobar, una grande mistica spagnola, mentre faceva un giorno gli Esercizi spirituali secondo il metodo igna­ziano, apparve l'arcangelo Gabriele e si felicitò con lei perché stava fa­cendo gli Esercizi che proprio nostra Signora aveva consegnato a sant'Ignazio, l'arcangelo aggiunse: «Maria stessa viveva queste regole durante la sua vita». Chi non conosce la vita della nostra buona Madre, chi non l'ha meditata o non conosce gli Esercizi, può pensare che que­ste parole contengano qualche esagerazione; ma se guardiamo da vici­no, vediamo che era questo il modo normale di vivere della Madonna. Pensate alla Visitazione: sua cugina, l'anziana cugina, le dice: «Come mai mi è concesso che la Madre del mio Signore venga a me?». E cono­sciamo la risposta di Maria: «La mia anima magnifica il Signore... poi­ché grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente...» e umiliandosi quanto può: «Perché ha rivolto i suoi sguardi sull'umiltà della sua serva...».

Facciamo in modo di umiliarci quando va tutto bene. Più riceviamo di grazie, più dobbiamo chiedere umiliazioni. Dobbiamo cercare il ter­zo modo di umiltà... altrimenti il nostro tesoro è in pericolo. Perciò non dobbiamo compiacerci, non dobbiamo far conoscere agli altri le grazie preziose che abbiamo ricevuto; altrimenti ci accadrà come ad Ezechia. Questi aveva mostrato, a Gerusalemme, i suoi tesori all'amba­sciatore del re d'Assiria, e Isaia lo rimproverò della sua condiscendenza dicendogli: «Disgraziato! Verrà lui stesso a prenderti tutti i tuoi tesori».

 

Dodicesima regola n° 325

Questa è una regola molto importante: completa la sesta.

325 - Il nostro nemico si comporta come una donna, ne ha la debolez­za e l'ostinazione. Perché è proprio della donna, quando litiga con qualche uomo, perdersi d'animo, dandosi alla fuga, se l'uo­mo le mostra il viso duro; al contrario, se l'uomo comincia a fuggire, perdendosi d'animo, l'ira, la vendetta e la ferocia della donna si accrescono e non hanno più misura. Così è proprio del nemico fiaccarsi e perdersi d'animo, dileguandosi con le sue tentazioni, quando la persona che si esercita nelle cose spirituali mostra molta fermezza contro il tentatore, facendo diametral­mente l'opposto di quello che gli suggerisce. Al contrario, se la persona che si esercita comincia a temere e sopportare l'attacco con meno coraggio, non v'è bestia tanto feroce sopra la terra come il nemico della natura umana, la cui crudeltà eguaglia la malizia nel perseguire la sua dannata intenzione.

 

Il demonio è terribile con chi tentenna. Ad esempio, un seminarista esita dinanzi alle tentazioni sulla sua vocazione: «E se interrompessi per qualche mese il seminario? Farei esperienza nel mondo e dopo sarei an­che più forte». Il demonio gli darà al bisogno dei buoni motivi; se esita è perduto. Il demonio apporterà anche difficoltà maggiori: una bella situazione... una eccezionale occasione matrimoniale... noie alla salute. Ricordiamoci il principio di padre Terradas: «Non si gioca con il de­monio». Allo stesso modo, se vostra moglie comincia a pensare che le sue vesti potrebbero essere un po', oh! solo un poco più corte... ben presto diventerà immodesta come le altre. Ancora: quando gli sposi, dopo qualche discussione, cominciano a domandarsi se non vi siano motivi sufficienti per divorziare, il diavolo ne fa qualcuna delle sue; ad ogni modo, si arriva al peggio. La stessa cosa riguardo ai metodi mal­thusiani. Se si vuol fare «come gli altri», allora il demonio si scatenerà.

Ci si sforzerà di non peccare, ma il demonio riuscirà ad attirarci in una vita di peccato.

Sant'Agostino in una celebre frase riassume il gioco del demonio: la­trare potest, mordere non potest, nisi volentem, «può abbaiare, ma non può mordere, a meno che uno non voglia farsi mordere». Tutti sia­mo stati in campagna; all'improvviso, ecco un cane furioso che si lan­cia verso di voi ringhiando. Che fate? Se fuggite correndo, il cane si getterà su di voi e vi morderà. Che fare, allora? Affrontarlo senza ti­more, con la più gran calma. Allora, indispettito nel constatare che non avete paura, il cane abbassa la testa, poi il tono... e fila via con la coda tra le gambe. Ma se manifestate timore, sentirà la vostra debolezza e si avvicinerà terribile per mordervi. Non dimentichiamo il principio: da­vanti ad una tentazione non turbarsi né rimettere in questione le pro­prie risoluzioni. Non cedere, neanche un po', «ma fare diametralmente l'opposto di quanto il demonio suggerisce». Pregate, moltiplicate gli atti della virtù contraria.

San Vincenzo de' Paoli è diventato san Vincenzo de' Paoli grazie agli Esercizi che fece nel 1611. Poi li propagò in tutte le sue case. Lui stesso li faceva due volte l'anno, di 15 giorni ciascuna. Fu grazie a questa re­gola che si salvò.

C'era a Parigi un giovane professore di filosofia che stava perdendo la fede. San Vincenzo chiese a Dio di liberarlo dalle tentazioni e di in­viarle a lui stesso. Fu esaudito, eccome! Benché fosse sacerdote, benché fosse santo, ebbe le più terribili tentazioni contro la fede. In ogni mo­mento, durante la Messa, mentre predicava, pregava, si occupava dei poveri, tutte le imposture che il demonio può inventare contro la fede gli venivano continuamente alla mente. «Tu non sei leale, non c'è Dio, il Signore non è nell'Eucarestia, tu racconti frottole». Che fare? Dove­va forse cercare sui libri di teologia tutte le prove per controllare se le avesse ben studiate? Sarebbe divenuto pazzo, perché il demonio è terri­bile.

Ecco quel che fece: applicò questa regola. Scrisse un atto di fede con ardenti parole, chiedendo a Dio di morire martire per la fede. Firmò il foglio, se lo appuntò sul cuore, e fece questo proposito: ogni volta che metteva la mano sul cuore voleva dire rinnovare a Dio l'offerta di mori­re martire per la fede. E sempre, in ogni momento, celebrando la Mes­sa, predicando, facendo del bene, ecco le tentazioni: «non è vero, sei un bugiardo, ecc.». Ma san Vincenzo portava la mano al cuore, ripetendo così migliaia di volte un atto eroico, sublime. Il demonio vedendo che queste tentazioni non lo spingevano a peccare, ma anzi a compiere atti eroici, finì col lasciarlo. Non dimenticate, dunque, questa regola capi­tale nelle tentazioni.

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31/07/2013 14:04
 
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Tredicesima regola n° 326

Il demonio imita un seduttore: «Non parlarne a tuo padre, non dirlo a tuo marito». Altrimenti il gioco sarà subito bloccato. Allo stesso mo­do il demonio teme che si scoprano le sue trame al confessore, al diret­tore spirituale o ad un uomo di Dio che riconosca le sue insidie.

 

326 - Similmente si comporta come un seduttore. Egli domanda il se­greto e nulla teme come di essere scoperto, perché il seduttore che, parlando con cattiva intenzione, adesca la figlia di un buon padre o la moglie di un buon marito, chiede che le sue parole e suasioni restino segrete. Al contrario, gli dispiace assai quando la figlia al padre o la moglie al marito rivela le sue false parole e la sua depravata intenzione, perché facilmente si avvede che non potrà riuscire nell'impresa cominciata. Alla stessa maniera, quando il nemico della natura umana vuole ingannare con le sue astuzie e suasioni l'anima giusta, desidera e vuole che siano rice­vute e tenute in segreto. Ma quando l'anima scopre tutto a un buon confessore o ad altra persona spirituale che conosca gl'in­ganni e le malizie del nemico, molto gli pesa, perché sa che non potrà riuscire nella malvagità che aveva cominciata, essendo stati scoperti e manifestati i suoi inganni.

Sempre che l'anima si apra ad un confessore illuminato... sottolineo l'aggettivo, dato che ai nostri giorni, soprattutto, si possono incontrare confessori poco capaci nella direzione delle anime. Altri abusano del loro ruolo, come già lamentava san Paolo a Timoteo (1 Tim 4; 2 Tim 3).

Santa Teresa d'Avila soffrì molto a causa di confessori non illumina­ti e scrisse nell'autobiografia: «È importante che il direttore sia giudi­zioso, intendo dire che abbia capacità di giudizio, dell'esperienza; e se a questo aggiunge la santità, è perfetto... L'anima resti piuttosto senza direttore fino a che non ne abbia trovato uno con queste qualità». Santa Giovanna di Chantal fu molto confusa da un confessore ca­puccino che le imponeva voti eccentrici e proibiti. La terrorizzava. For­tunatamente, un giorno incontrò san Francesco di Sales. Il vescovo di Ginevra era già noto, e il duca di Savoia lo inviò, come ambasciatore, presso Enrico IV; attraversando Digione venne invitato dal presidente del parlamento Frémiot. Un altr'anno, il santo fu invitato a predicare la quaresima a Digione. La figlia del presidente, Giovanna di Chantal, venne a trascorrere la quaresima presso il padre per approfittare degli insegnamenti del predicatore. Ebbe così l'occasione di aprirgli l'anima: «Monsignore, il mio confessore mi ha proibito di consultarne altri... Commetto peccato mortale se ve ne parlo?».

- Dite pure, senza timore...

- Ma mi ha obbligata a non parlare con nessun altro, non posso fare o dire nulla senza prima avvisarlo. Mi ha detto che se consulto qualcun altro, commetto peccato mortale. Forse ho torto nel dirglielo, e magari mi danno.

- No, no. Rassicuratevi; continuate pure... Infine, sorridendo, san Francesco di Sales le disse: - Mandate a spasso quel confessore. Non se ne intende.

E meno male, altrimenti avremmo avuto una pazza in più ed una santa in meno.

Altro esempio. Nella nostra casa di Esecizi a Chabeuil, la sera prima del ritiro, viene a trovarmi un giovane:

- Padre, credo di dovermene andare. Sono qui, ma ho disobbedito. Il mio confessore non è d'accordo con Chabeuil. Mi aveva proibito di venire.

Da parte mia gli chiedo se è malato di nervi.

- No, Padre!

- Allora il tuo confessore non ha il diritto di proibirti di venire in una casa di Esercizi approvata da un ordinario del luogo, dove si predi­cano gli Esercizi raccomandati dai Sommi Pontefici, da Paolo III a Pio XII (era l'epoca del suo pontificato). È un abuso d'autorità. Non devi fare ciò che ti ha detto!

Santa Teresa fu molto confusa da confessori non competenti in teo­logia mistica. Venne poi rassicurata da dotti domenicani e gesuiti, che non erano suoi confessori, ma conoscevano la teologia mistica; le disse­ro che le sue estasi e visioni, le sue orazioni venivano da Dio.

Detto questo, non fatemi dire il contrario di ciò che voglio dire.

Cioè: non nascondete qualcosa al vostro confessore o direttore spiri­tuale; più il demonio vi inciterà a nascondere un dettaglio, più bisogne­rà rivelarlo.

Conosco casi in cui il demonio è giunto a far perdere una vocazione per dettagli tenuti nascosti. Dettagli puerili, apparentemente senza im­portanza. Se il giovane li avesse rivelati, il disegno del demonio sarebbe svanito.

Dite, per esempio, che avete messo una scaletta per saltare il muro, che conservate il suo ritratto nel portafogli, che le telefonate tutte le se­re, che tenete con voi una ciocca dei suoi capelli, ecc.

- Non lo farò più! Toglierò la scaletta! Ma non voglio disturbare il confessore, è troppo occupato. Rischierei il ridicolo...

- No, suvvia, scoprire tutto, anche in minimo dettaglio.

Si può anche consultare un esperto, o un anziano sacerdote che vi co­nosce da molto tempo, o un parroco che conosce la situazione della fa­miglia, o un predicatore di Esercizi che vi ha seguito diverse volte.

Inoltre, avete certamente amici che non andranno mai a consultare un sacerdote e verranno ad esporvi le loro difficoltà. Vi conoscono, hanno fiducia in voi: non esitate a mettervi a loro disposizione e a trarli d'impaccio, pronti a dire: «Ti conduco da un amico sacerdote che facil­mente metterà tutto a posto. Stai tranquillo!». Così lo agevolate.

Molte volte ci si dimentica che il primo direttore spirituale di una sposa è il marito, e viceversa. San Paolo dice: «La donna taccia in chie­sa e in casa consulti il marito». Le donne ostinate e intrattabili col mari­to si privano di molte grazie, anche se si comunicano tutte le mattine e passano un'ora la settimana in confessionale. Quanti sposi si sono aiutati a vicenda, pregando insieme e consultandosi negli scrupoli e nei casi di coscienza. Tuttavia, gli Esercizi spirituali si fanno meglio separatamen­te. Soli con Dio. Lo scambio, indispensabile tra gli sposi, non deve farsi durante il ritiro - sarebbe un errore - ma in seguito, nel focolare do­mestico. Quante donne e quanti uomini sono stati convertiti dai loro congiunti! Ma lo ripeto, dopo il ritiro. Altrimenti si rischia di trasfor­marlo in un nuovo viaggio di nozze...

Manteniamo l'abitudine di manifestare le tentazioni. Non aspettia­mo d'aver commesso il peccato per parlarne al direttore spirituale (se si ha la fortuna di averne trovato uno come si deve), o almeno al confes­sore abituale. Spesso il solo fatto di rivelare la tentazione, scaccia il ten­tatore e vanifica i suoi piani.

 

Quattordicesima regola n° 327

327- Similmente il demonio si comporta come un capobanda, che spera di vincere e derubare quello che desidera. Infatti agisce come un capitano e capo d'esercito, che piantando il suo accam­pamento e osservando le forze o disposizione di un castello, lo assale dalla parte più debole. Allo stesso modo il nemico della natura umana, girandoci attorno incessantemente, osserva da ogni parte ciascuna delle nostre virtù teologali, cardinali e mo­rali; e quando ha scoperto in noi il lato più debole e meno pro­tetto dalle armi della salvezza, là ci attacca e cerca di riportare su di noi completa vittoria.

Un comandante che vuole espugnare una città, invia spie per sapere dove attaccare. E dove attaccherà? Nel punto più debole e meno fortifi­cato. Allo stesso modo il demonio, «girando attorno a noi», come dice san Pietro, osserva i nostri punti deboli; e dove attacca? Possiamo sa­perlo in anticipo...

... Amate la tavola... vi piace bere... essere lodati... siete pigri o im­prudenti... leggete qualsiasi cosa... non badate chi frequentate... Quali catastrofi sono cominciate da leggere imprudenze!

Ho conosciuto persone con qualità e virtù poco comuni. Non aveva­no che un piccolo, un piccolissimo difetto. Erano un po' suscettibili. Un giorno il parroco, a torto o a ragione, li rimproverò. Hanno abban­donato anche la pratica religiosa! È forte il diavolo! Si vedono tanti sa­cerdoti, religiosi, cristiani con un'intensa vita interiore, arrestarsi... e generalmente retrocedere! Perché succede? Per una grande difficoltà? No! È per un lieve disordine... una golosità, più spesso il rispetto uma­no, quel maledetto rispetto umano all'origine di ogni capitolazione e della dannazione di tanta gente, ecclesiastici compresi... la paura del sorriso di un confratello!...

Per un niente si perde così la santità, quando per altro si ha il corag­gio di fare grossi sacrifici!

Un medico di un convento di Barcellona diceva a padre Vallet: «Non capisco. Vedo delle giovani che hanno lasciato ricchezze, castelli e for­tune, attaccarsi ad un'immaginetta o irritarsi per un piccolo rimprove­ro. Ecco cosa impedisce la santità!».

Padre Vallet ci ripeteva: «Vi scongiuro di osservare i vostri peccati veniali abituali! È su questi che il demonio farà leva per catturarvi!». Regola sempre attuale... ma specialmente durante gli Esercizi, quan­do si prendono delle decisioni.

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31/07/2013 14:05
 
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Regole per il discernimento degli spiriti della seconda settimana

Altre regole che trattano più a fondo la stessa materia del discernimento degli spiriti.

Queste regole convengono soprattutto alla seconda settimana. Le re­gole del discernimento degli spiriti della prima settimana sono regole elementari per tutti, peccatori, incipienti, anime progredite. Ma, ordi­nariamente, con le anime progredite nelle vie della vita interiore, il de­monio agisce in un modo più sottile. Allora diventa più difficile sventa­re i suoi piani perché, in generale, tenta queste anime sotto l'apparenza del bene. Non propone loro di compiere il male, ma di fare il bene! Co­me resistere a un simile invito? Si ha il diritto di rifiutarsi di compiere il bene? Non sarebbe questa pusillanimità? Lassismo?... Tuttavia, quan­te anime, quanti apostoli zelanti, quali grandi opere sono state gettate al vento per delle buone ragioni abilmente presentate dal seduttore tra­sformato in «angelo di luce».

Queste regole saranno utili ad ogni anima generosa, anche se cammi­na ancora nella via ascetica (ascesi vuol dire combattimento. La via ascetica è la via di chi, con l'aiuto dello Spirito Santo, sempre indispen­sabile per agire sul piano soprannaturale, vive nella via ordinaria delle virtù cristiane).

Queste regole saranno maggiormente utili, a coloro che Dio ha già elevato nella via mistica (è quando Dio conduce l'anima completamen­te abbandonata in Lui, più con i doni dello Spirito Santo che con le bat­taglie ordinarie). Queste regole saranno utili, infine, anche in occasione di casi mistici, miracolosi, di visioni, di stati mistici, estasi (che non so­no tanto dei segni di santità, - «altrimenti, diceva umoristicamente san Bonaventura, bisognerebbe dire che Balaam era un santo, come pu­re la sua asina» - quanto dei segni voluti da Dio per il bene del popolo). Stati miracolosi che non si devono desiderare, perché sono spesso accompagnati da terribili prove e anche perché, se l'anima non è distaccata da tutto, queste grazie possono farle del male. Padre Vallet diceva: «Noi tutti siamo chiamati all'unione mistica ordinaria, a cui lo Spirito Santo ci conduce con i suoi doni, ma non tutti sono chiamati all'unione mistica miracolosa. Benché se Dio chiama qualcuno, costui deve accettare umilmente e con grande fedeltà».

Che si tratti di via ascetica o di via mistica, di unione mistica ordina­ria o di via straordinaria, visioni, estasi, ecc. queste regole, che richie­dono un esame approfondito, possono aiutare molte anime sia a rassi­curarsi, sia a sventare le insidie del demonio, facendoci notare, se non tutto, almeno i segni che svelano lo spirito buono e quelli che svelano lo spirito cattivo. Inutile dire che bisogna accompagnarle con le preghiere e la docilità allo Spirito Santo, altrimenti si cadrà spesso nei lacci del demonio. Ragione di più per meditare queste regole, dette della secon­da settimana. Troppo spesso si parla alla leggera di grazie «gratis da­tae» (estasi, miracoli, visioni, ecc.) sia in un senso che nell'altro. Gli ec­clesiastici e i dotti sono portati a negarle o a deriderle (spesso per la paura di passare per creduloni). Altri s'affannano alla ricerca del mera­viglioso e pensano che la Santa Vergine ci porti qualcosa di nuovo che la Chiesa non avrebbe ricevuto dal suo divin Figlio, come se la Rivela­zione non fosse terminata con la morte dell'ultimo apostolo...

Il dotto Gersone, l'abbiamo visto, derideva le visioni di santa Cateri­na da Siena e voleva che il concilio di Costanza condannasse tutte le sue rivelazioni e visioni, e ordinasse di non parlarne più. Al tempo di santa Teresa d'Avila, tutti i dotti di Avila si riunirono per discutere sulle vi­sioni di Teresa e conclusero all'unanimità che questi favori non veniva­no da Dio. Le inviarono anche una delegazione per notificarle che era stata ingannata dal demonio e che doveva fare di tutto per uscire da questa via che era un'illusione.

Una delle maggiori difficoltà che incontrò la diffusione della devo­zione del Sacro Cuore, fu dovuta al fatto che nostro Signore aveva vo­luto servirsi di un'umile religiosa della Visitazione per chiedere que­sta festa, il primo venerdì del mese, la consacrazione, ecc.

Tuttavia nell'Antico e nel Nuovo Testamento, queste ineffabili rela­zioni di Dio con certi uomini sono narrate spesso... È vero che non bi­sogna essere troppo creduloni. San Pietro, nella sua seconda lettera, dopo aver ricordato la visione del Tabor, dà la grande regola che dob­biamo fissare e tener presente prima di ogni racconto meraviglioso: Sed habemus firmiorem propheticum sermonem. Altrimenti detto: «Abbia­mo, prima di ogni rivelazione privata, la santa Chiesa gerarchica uffi­ciale, con il deposito della fede». Ecco quello che sarà il grande segno per esaminare se una visione viene da Dio o no. Ma attenzione, quando entrano in gioco le passioni, molti vorrebbero far credere che l'autenti­ca gerarchia ha parlato anche quando in realtà è solo un detentore di una parcella di questa gerarchia che è andato oltre le sue funzioni.

Il Papa, parlando ex-cathedra, è infallibile. Un vescovo, pur essendo l'autorità gerarchica nella sua diocesi, non è necessariamente infallibi­le. Un vescovo può emanare leggi territoriali, e sul suo territorio gli si deve obbedire (almeno i suoi soggetti). Per gli stranieri, il Diritto Cano­nico specifica che in qualche caso, quando sono di passaggio, sono te­nuti in coscienza ad obbedire a queste leggi, in altri casi invece no. Ma un vescovo non può pronunciarsi ex-cathedra (se non c'è niente contro la fede e i costumi) circa la verità di un particolare favore divino, di una visione, ecc. Il Sant'Uffizio che condannò due volte Padre Pio, ha ora autorizzato l'introduzione della sua causa di beatificazione.

Altrimenti detto, l'obbedienza vera e la regola della fede sono una doppia regola per giudicare la falsità di una visione. (E ancora bisogna esaminare la cosa in modo approfondito). Circa l'autenticità della grazia miracolosa personale, sarà spesso impossibile averne la certezza. E la santa Chiesa, pur favorendo gli atti pubblici di devozione, pellegri­naggi ecc., e vieta di pronunciarsi sul fatto.

In materia di mistica non si possono fissare regole generali. Dio è il Padrone e agisce come gli piace!

Le regole del discernimento degli spiriti di sant'Ignazio ci aiuteranno ad agire prudentemente in ogni caso, sia ascetico che mistico ordinario o mistico miracoloso.

 

Prima regola n° 329

329 - È proprio di Dio e dei suoi angeli dare nelle loro mozioni, vera allegrezza e gaudio spirituale, rimuovendo ogni tristezza e tur­bamento che il nemico induce. Al contrario è proprio del nemi­co combattere contro tale allegrezza e consolazione interiore, portando ragioni apparenti, sottigliezze e continue illusioni.

 

San Paolo (Gal 5, 22) ci indica i frutti dello Spirito Santo (12 nella Volgata e 9 nel testo greco): innanzi tutto la carità, la pace, la gioia. Dio e i "suoi angeli infondono nell'anima la pace, la gioia (ma sant'Ignazio specifica: la vera allegrezza); la vera gioia spirituale è da distinguere bene da quella torbida, dissipata e dissipante; ad esempio quelli che dicono: la religione cristiana è una religione di gioia, evviva il ballo, dunque, viva la dissipazione, la promiscuità, ecc.! Attenzione, non confondete. Non è questa la vera allegrezza. Il demonio quando arriva, si sforza (non sempre ci riesce, soprattutto se l'anima è comple­tamente abbandonata allo Spirito Santo) di cacciare quella pace, quella gioia, tenta di turbare l'anima, la rende triste... poiché lui è l'eterna­mente triste. Un modo di constatare la sua vicinanza sta nel sentirsi per­vadere dalla tristezza. Ma come fa? Lo vedremo.

«Portando ragioni apparenti». Che non sono vere ragioni. Molti ci cascano, ma esse non provano niente. Uno dei pericoli attuali che turba la Chiesa e getta la società nella più grande confusione che si possa ri­scontrare nel corso dei secoli, è proprio questo gioco delle ragioni appa­renti che turbano molti buoni cristiani, preoccupati di essere fedeli al loro dovere, e li impediscono di reagire; ad esempio, il catechismo ereti­co che taluni vogliono imporre alla santa Chiesa e che la Chiesa stessa ha condannato più volte. Con il pretesto molto bello dell'adattamento del metodo di insegnamento (il che è una buona cosa), con il pretesto che è stato fatto pubblicare da una commissione o sottocommissione (che non sono controllate), si fa credere agli stessi vescovi che, poiché fanno parte della collegialità, devono accettare e pubblicare quanto è edito dalla sottocommissione. Poi si fa credere ai fedeli che in coscienza sono tenuti ad accettare, sotto pena di disobbedienza, ciò che il loro ve­scovo ha pubblicato.

Si insinua anche (e certi osano dirlo) che il concilio Vaticano II ha cambiato la fede: è una dottrina prettamente modernista. Si arriva per­sino a minacciare i librai di escluderli dalla distribuzione qualora osas­sero vendere ancora i catechismi di una volta. Qui ci troviamo innanzi ad un caporalismo nazi-ecclesiastico fra i più contrari alla giustizia, e ad un grave abuso di autorità.

E il gioco è fatto. Ora, analizzate.

Anche se un vescovo (che Dio non voglia!) ordinasse di tacere le veri­tà necessarie alla salvezza, quest'ordine sarebbe nullo. E non solo i ve­scovi non obbligano a compiere questa omissione, ma loro stessi affer­mano che il nuovo catechismo è stato pubblicato di sorpresa e contro la loro volontà.

E le sottocommissioni che tentano di imporcelo fanno ragionamenti che sarebbero esatti se:

I. Fossero stati i vescovi ad averlo imposto (e non è così).

2. Si trattasse di ordini che avrebbero avuto il diritto di dare. Ora, i vescovi non hanno l'intenzione di dare ordini eretici.

Ecco la mistificazione!

- Come, non distribuite la comunione nella mano?... Osate disap­provare questo? Allora siete contro il vostro vescovo?

- Ma il mio vescovo aveva risposto di essere contrario alla comunio­ne nella mano. E il Santo Padre ha fatto notare che anche la maggior parte dei vescovi era contraria. E poi l'autorizzazione era data solo per i luoghi dove l'uso era già stabilito, mentre qui l'uso della comunione nella mano non esisteva. È vero che gli innovatori hanno subito aziona­to le batterie; il vescovo fu avvertito di non andare contro la collegiali­tà, e così ha pubblicato questa autorizzazione. Ben presto «qualcuno» impose alle religiose e ai bambini di obbedire al concilio. Poi, minacce ai parroci che «disobbedivano» al vescovo e al concilio... Tutto questo viene da Dio?

- Da parte mia, credo di no.

Esempio di un parroco di campagna molto zelante e ingannato da una di queste mistificazioni dell'Azione cattolica. Mi è capitato mentre ero in una parrocchia a predicare; come mi vede, il parroco mi pone una domanda:

- Padre, ho un caso di coscienza. La Federazione (della Gioventù Cattolica) ha ordinato la «penetrazione» ai balli per ragioni di aposto­lato. Ho obbedito. Bisognava obbedire, non è vero? Anche se non mi andava a genio, di mandare i giovani a ballare. Ora sono stufo. In se­guito i miei giovani hanno preso gusto al ballo, ve n'è uno che è anche passato al comunismo, e gli altri non si comunicano più la domenica mattina. Che ne pensa, Padre?

Gli ho risposto:

1. Lei non ha obbedito, signor parroco. Chi comanda qui?... Prima di tutto il vescovo. Ora, ogni anno, in questa diocesi, il vescovo proibi­va ufficialmente il ballo ai giovani. E in quell'anno aveva ribadito la proibizione in due occasioni.

2. Ragioni apparenti: signor parroco, non può incontrare questi gio­vani all'uscita della Messa? In un bar? O quando sono nei campi? Cre­de forse che il momento più propizio per convertirli sia necessariamente quando hanno una ragazza tra le braccia?

3. Regresso: uno passato al comunismo. Gli altri non si comunicano, non hanno più voglia di comunicarsi, hanno voglia di ballare. Quante ragioni apparenti! Quante sottigliezze! Quante continue illusioni! Il pe­scatore che si fa prendere dal pesce! Conoscete la storia...

 

Seconda regola n° 330

330 - È solo di Dio nostro Signore dare consolazione all'anima senza causa precedente, perché è proprio del Creatore entrare nell'anima, uscire e destare mozione in essa, traendola tutta nell'amore, di sua divina Maestà. Dico senza cause, cioè senza che sia preceduta dal sentimento o conoscenza di alcun oggetto, per cui tale consolazione venga mediante i propri atti di intellet­to e volontà.

Vedete, solo Dio può fare miracoli... veri miracoli, senza causa pre­cedente. Dio solo può creare, ovvero fare qualcosa dal nulla. Solo Dio può dare e rendere la vita. Ogni volta che gli spiriti, angeli o demoni, fanno qualcosa, non possono però creare o fare dal nulla. Devono ser­virsi di qualcosa, non fosse che un raggio di sole. Bisogna sapere che i demoni possono compiere certi miracoli secondari che, a dire il vero, non sono veri miracoli: lo sono in rapporto a noi. È in questo senso che essi sono più intelligenti di noi, più potenti di noi. Ma un vero miraco­lo, senza servirsi di niente, solo Dio lo può fare.

Per esempio: solo Dio può risuscitare un morto, un vero morto. Ma un fachiro che non è un morto, potrà essere mantenuto in vita dal de­monio per un intero anno in una bara, come se fosse morto, e poi ripor­tato in vita. Ma se il fachiro fosse veramente morto, il demonio non po­trebbe restituirgli la vita. Similmente, solo Dio può fare certi miracoli a distanza senza l'uso preliminare di qualche oggetto; ad esempio, far ve­dere senza il senso della vista, restituire alla vita un bimbo fatto a pezzi, come accadde a san Vincenzo Ferreri quando resuscitò il bambino della ostessa folle. Dio solo può farlo.

Ma sollevare a trecento metri d'altezza Simon Mago, se noi non pos­siamo farlo, degli spiriti non soggetti alla legge di gravità possono be­nissimo farlo. Il fatto capitò ai tempi di san Pietro e ci è raccontato da san Clemente papa. San Pietro aveva inviato un giovane sacerdote, che doveva poi diventare il suo primo successore (san Lino, il secondo pa­pa), per essere testimone del fatto. Simon Mago, per opporsi a san Pie­tro, aveva annunziato che in quel giorno, alla tal ora, sarebbe salito in cielo da una certa piazza pubblica. All'ora convenuta la piazza era pie­na di gente. Simon Mago arriva e... oplà, sale in aria per trecento me­tri. Miracolo! Vedremo tuttavia che il demonio non può fare miracoli senza il permesso di Dio. E infatti, giunto a trecento metri di altezza, Dio ordina al demonio di lasciarlo e Simon Mago precipita, sfracellan­dosi al suolo fra lo stupore dei presenti.

Si riconoscono i prodigi, più che i miracoli, del demonio, da quattro segni. È importante saperlo per non lasciarsi ingannare da questi pseudo-miracoli.

1. I demoni non possono compiere miracoli veri, ma solo miracoli re­lativi a noi, nel senso che superano le nostre capacità naturali.

2. I loro miracoli non sono per il bene; ad esempio, le streghe che ina­ridiscono le mammelle delle mucche, ecc.

3. Generalmente questi pseudo-miracoli sono a favore della cattiva dottrina; ad esempio, Apollonio di Tiana che faceva danzare le statue, i maghi, ecc.

4. I demoni possono fare miracoli solo col permesso di Dio. Non un minuto di più. Come Dio ordinò al demonio di lasciare Simon Mago, questi cadde davanti a quella folla, stupita prima di vederlo salire al cie­lo, e poi più stupita ancora di vederlo cadere.

Ma perché il Buon Dio permette al demonio di compiere questi pseudo-miracoli? Per punire quelli che non vogliono accettare i veri mi­racoli e che, per contro, cascano davanti alle magie di una strega. Per­dam sapientiam sapientium et prudentiam prudentiam reprobabo. Bi­sogna saperlo: «Distruggerò la sapienza dei savi, annienterò l'intelli­genza dei dotti» (1 Cor 1, 19).

I demoni possono imprimere false stigmate, possono permettere su­dore di sangue, portare un'ostia dalla mano di un sacerdote alla bocca della veggente. Questo il demonio può farlo, come del resto anche l'an­gelo. Come dice san Giovanni (1 Gv 4, 1): «... Non vogliate credere ad ogni spirito, ma esaminate prima se tali spiriti provengpno da Dio». Anche i demoni possono agire sulle facoltà sensibili, ma non possono entrare nella nostra anima per farla acconsentire. Come è buono il Si­gnore ad avere salvaguardato la cittadella della nostra anima! Il demo­nio non può sapere ciò che pensiamo, a meno che non glielo manifestia­mo. Non può obbligarci a dire di sì; noi rimaniamo liberi.

E se Dio gli permette qualche volta di possedere qualcuno, di prende­re, per così dire, le leve di comando di una persona, il demonio non può però obbligare questo posseduto ad acconsentire. Ecco perché le osses­sioni in cui il demonio sollecita dal di fuori al male, in modo talvolta prodigioso, sono più temibili della possessione in cui l'anima è testimo­ne di ciò che il demonio opera nelle sue facoltà, ma di cui non è respon­sabile, dato che sono i demoni ad operare.

«Senza causa precedente»

Ad esempio: la beata Anna Maria Taigi, mentre si trova in cucina, ri­ceve ad un tratto ispirazioni sulla SS. Trinità; va a trovare il suo confes­sore e gli confida le illuminazioni avute. Il confessore le chiede:

- Avete forse letto un libro sulla SS. Trinità? ... Avete appena ascol­tato una conferenza?... Siete passata davanti alla chiesa?...

- No, è stato improvviso...

- Non vi sono cause precedenti: viene da Dio!

 

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31/07/2013 14:06
 
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Terza regola n° 331

331 Quando una causa ha preceduto la consolazione, tanto l'angelo buono come il malvagio possono esserne l'autore, ma per fini contrari. Il buon angelo ha in vista il profitto dell'anima, perché cresca e salga di virtù in virtù. L'angelo malvagio, al contrario, vuole sempre bloccare i suoi progressi nel bene per poi attirarla nella sua intenzione colpevole e perversa.

 

All'inizio non vediamo chi ci spinge, ma è dai frutti che si riconosce l'albero. Non va dimenticato il principio: il demonio in fondo vuole in­durci al male, anche se all'inizio ci spinge verso il bene; è per questo che si dice: «Talvolta il meglio è nemico del bene».

Lo spirito buono, al contrario, non vuole che il bene. Bisognerà dun­que stare molto attenti, osservare da vicino e per un certo tempo.

 

Quarta regola n° 332

È la trappola che prepara il demonio, quando questi vuole ingannare un'anima fervente... Non le propone il male: l'anima fervente reagireb­be. Le propone di fare il bene. Ma non un bene qualsiasi: un bene che corrisponde ai suoi gusti personali. Infatti è bello fare ciò che si sa ben fare. E dopo, poco a poco, la fa deviare.

 

332 - E’ proprio dell'angelo malvagio, quando si trasforma in angelo di luce, entrare nei sentimenti dell'anima devota e finire con ispirarle i propri. Così incomincia con insinuare a quest'anima buoni e santi pensieri, conformi alle sue disposizioni virtuose, ma poi, a poco a poco, cerca di trarre l'anima ai suoi inganni occulti e di farla consentire alle sue perverse intenzioni.

 

Ad esempio, si rivolge ad un prete zelante: «Perdi troppo tempo nel­la contemplazione, le anime aspettano». E gli fa trascurare l'orazione. Oppure, durante l'orazione, invierà ad un sacerdote poeta alcune belle rime per fare un cantico alla SS. Vergine. Ad un matematico non invierà delle rime, bensì un problema tanto difficile da fare impallidire Einstein. Ad un apostolo, invierà piani mirabolanti di conferenze per convertire folle intere, ecc.

Il demonio è riuscito ad ingannare diverse volte il curato d'Ars. Cosa avreste fatto voi, per ingannare il curato d'Ars? Probabilmente gli avreste inviàto una misera prostituta. Ma pensate un po', il santo cura­to l'avrebbe convertita, senza peccare... Il demonio è più sottile. Ha scrutato da vicino le virtù del curato d'Ars, il suo odio per il peccato, il suo amore per la penitenza, l'amore alla preghiera. Ed ecco, ve n'è ab­bastanza:

- Vai nella Trappa a piangere i tuoi peccati. Vai a fare lunghe peni­tenze, dedicati alla vita contemplativa!

Il curato d'Ars si è lasciato ingannare. Fu ingannato almeno due vol­te.

 

Quinta regola n° 333

È la regola d'oro che permetterà di scoprire la coda del demonio.

333 - Dobbiamo esaminare con molta cura il processo dei pensieri. Se l'inizio, il mezzo e il fine sono tutti buoni e tendono pienamente al bene, è segno che procedono dall'angelo buono; ma se il cor­so dei pensieri che ci sono suggeriti termina a qualche cosa catti­va o che distrae, o meno buona di quella che l'anima aveva pri­ma proposto di fare, o se questi pensieri infiacchiscono o in­quietano o conturbano l'anima, togliendola pace, la tranquilli­tà e la quiete che prima aveva, è chiaro segno che essi procedono dal cattivo spirito nemico del nostro profitto e della nostra eter­na salute.

 

Non bisogna guardare le cose superficialmente. L'intenzione e il fi­ne, visibilmente buoni, non devono farci concludere subito che «viene da Dio». La cosa potrebbe venire dal demonio, soprattutto se si tratta di grazie apparentemente miracolose. Il demonio può impiegare tutta la sua abilità, che sappiamo grande, per ingannarci... e poi nei due sensi: sia per far credere che tale mistificazione viene da Dio, sia per indurre poco a poco, le anime coraggiose a scoraggiarsi o a cadere nell'errore; come anche per svalutare una vera azione di Dio, un vero santo... (se Dio lo permette).

Questa regola delicata ma molto sicura è fondata sul principio di mo­rale: Bonum ex integra causa, malum ex quocumque defectu. Perché qualcosa meriti l'aggettivo di buona, occorre che sia perfettamente buona, perché sia cattiva basta che vi sia qualcosa di cattivo. Ad esem­pio un ottimo dolce, un ottimo vino, se ad essi è mescolato qualche grammo di stricnina o solo qualche goccia di petrolio non meritano l'epiteto di buono. Perché una cosa sia chiamata cattiva, basta che ab­bia qualcosa di cattivo; ad esempio, una buona minestra bruciata, un bell'abito di seta sul quale è caduta qualche goccia d'olio (almeno, fin tanto che non sarà smacchiato non potrà essere utilizzato) ecc. Del buon Chianti messo in un bidone di benzina, sarà un disastro, ecc. Dunque, ascoltiamo sant'Ignazio: «Se il principio e il mezzo sono buo­ni, non ci si può ancora pronunciare; se anche il fine è buono, attenzio­ne!». E sant'Ignazio specifica, per non lasciarci ingannare: «Se tutto in essa è buono allora procede da Dio». Ma se il seguito dei pensieri sug­geriti finisce per incontrare qualcosa di cattivo allora è segno che non viene da Dio. Ad esempio, nel caso del parroco che abbiamo citato po­co prima, uno dei giovani è passato al partito comunista; il consiglio di incrementare i balli, dato con buona intenzione, è cattivo o dissipatore (hanno preso gusto al ballo) o meno buono di quanto ci si era proposti di fare (non si comunicano più): questo non può venire da Dio.

Sant'Ignazio approfondisce i segni più difficili da cogliere. Se questi pensieri indeboliscono la nostra anima, l'inquietano, la turbano, le tol­gono la pace... la tranquillità di cui godeva all'inizio, è un segno evi­dente che procedono dal cattivo spirito.

A Parigi sant'Ignazio ebbe questo pensiero: «Tu che vuoi fondare un ordine, che vuoi influenzare la classe dirigente in pieno secolo umani­sta, devi lavorare per diventare un distinto latinista. (E fin qui niente da dire!). Dunque, anche tu devi comperare e leggere un'opera del canoni­co Erasmo così lodato da tutti». Doveva dunque, prima di tutto e ad ogni costo, leggere questo libro. E sant'Ignazio comprò il libro «Miles Christi». Ogni giorno ne leggeva qualche pagina. Era, in effetti un buon latino... Dopo qualche tempo però, Ignazio si accorse che da quando leggeva Erasmo, non aveva più il suo fervore, la sua abituale compunzione. Fece qualche controprova e finì col rinunciare ad Era­smo. Qualche anno dopo si comprese il male che aveva fatto alla gio­ventù il paradossale scrittore e il suo libro fu condannato. Ignazio l'aveva capito perdendo la sua soavità.

Abbiamo anche l'esempio di Maddalena della Croce che, all'inizio del secolo di santa Teresa, aveva ingannato tutta la Spagna. Si innalza­va per aria, l'ostia partiva dalla mano del sacerdote per posarsi sulle sue labbra, in certi giorni le comparivano le stimmate, sudori di sangue, an­nunciò che Francesco I era stato battuto a Pavia e si era consegnato ai soldati spagnoli (allora non c'era il telegrafo). Di lì l'entusiasmo. Popo­lo, sacerdoti, vescovi, imperatore, imperatrice, tutti la veneravano e la consultavano.

Un visitatore apostolico inviato da Roma, entrato nella clausura, fu colpito da una serie di inezie. Fece parlare ciascuna delle suore e sopra tutto la Madre badessa, la stessa Maddalenza della Croce, che finì col confessargli che sin da quando era pastorella, aveva dato la sua anima al demonio in cambio di poter compiere prodigi. E la cosa durava da trent'anni. La risonanza di questi pseudo-miracoli era dovuta al fatto che erano prodigi relativi a noi. Un demonio può benissimo portare l'ostia, andare in un batter d'occhio da Pavia a Cordova, sollevare qualcuno o farlo sanguinare, ecc.

La stessa cosa capitò qualche anno più tardi a Parigi. Una domestica tuttofare chiamata Nicole Tavernier faceva «miracoli», diciamo prodi­gi. Annunciava avvenimenti a distanza, da Parigi si trovava trasportata a Tours e due ore dopo era nuovamente a Parigi. Tutti correvano da lei ed ebbe perfino l'ardire di far ordinare dall'arcivescovo una processio­ne pubblica, alla quale prese parte il Parlamento francese.

Intanto, una vera santa, madame Accarie (che diventerà la beata Ma­ria dell'Incarnazione, carmelitana) diceva: «No, Dio non c'entra! ». Lei sì che aveva ragione. Nicole finì miserabilmente e divenne ugonotta. Madame Accarie, infatti, l'aveva sorpresa in flagrante delitto di men­zogna e di autocompiacimento. Bastava.

Nello stesso secolo, viveva a Roma una religiosa considerata santa per i suoi miracoli (prodigi). I cardinali non erano d'accordo sull'origi­ne dei fatti straordinari. Chiesero allora a san Filippo Neri di control­larli. Filippo va al convento, suona, e, brutalmente:

- Scusi sorella, vengo per vedere la santa. E quella, tutta felice:

- Sono io!

Questo bastava. Filippo ripartì, certo sulla santità e l'origine dei pro­digi della «santa» religiosa.

Attenzione, dunque!

Padre Ibànez, domenicano, in merito a santa Teresa d'Avila diceva: queste grazie «gratis datae» di visioni e rivelazioni, vengono donate per la santificazione del prossimo. Se coloro che vi si accostano, invece di santificarsi si ritrovano disobbedienti, orgogliosi, contestatori, ecc. è segno che simili fatti miracolosi non vengono da Dio.

«Dai frutti si riconosce l'albero». Ma anche lì, attenzione! Bisogna guardare le cose da vicino.

Un monaco venne a dirmi che desiderava entrare nella Certosa. Aveva chiesto il permesso anche al suo abate, ma solo in seguito ne aveva parlato al confessore. Questo segno, averne parlato al confessore solo a decisione presa, era sufficiente per mostrare che non era Dio, ma il de­monio, a volerlo nella Certosa.

 

Sesta regola n° 334

334 - Quando il nemico della natura umana è stato scoperto e ricono­sciuto dalla sua coda serpentina, cioè dal cattivo fine al quale ci portava, giova alla persona che è stata da lui tentata, riflettere subito sul corso dei buoni pensieri che le suggerì: il loro inizio e come, a poco a poco, procurò di farla scendere dalla soavità e gaudio spirituale in cui si trovava, fino a trarla alla sua deprava­ta intenzione. L'esperienza che essa acquisterà attraverso questa ricerca e questa osservazione le fornirà i mezzi di tenersi in guar­dia, in seguito, contro gli ordinari inganni del nemico.

 

Da qui la necessità di esaminarsi. San Benedetto diceva ai suoi mona­ci: «Esamina ogni tua azione». Sant'Ignazio dice: «...dalla sua coda serpentina». Il serpente si nasconde sotto le foglie, non lo si vede. Ma se solo si sospetta la sua presenza, si guarda con attenzione. Il serpente si nasconde con abilità, ma non si accorge che la sua coda è visibile. Co­sì lo si riconosce e sarà abbattuto. Capiterà di essere ingannati dal de­monio; non spaventiamoci! È necessario, allora, un attento esame: co­me ci ha sorpresi? All'inizio, forse quando eravamo più stanchi, o più entusiasti, o magari un po' euforici?

Cosa proponeva al curato d'Ars? L'orrore del peccato, la vita con­templativa, minimizzava i compiti del parroco...

Esaminate i sofismi usati per ingannarvi, gli errori fatti, l'abbandono dell'orazione e della lettura spirituale, le perdite di tempo nella lettura di giornali e riviste... Avete tralasciato l'esame di coscienza... Non ave­te mai tenuto conto degli avvertimenti, non avete confidato quella rela­zione, quell'imprudenza al direttore spirituale. Poco a poco, il demo­nio vi ha fatto perdere il fervore iniziale...

Guadagnerete molto in esperienza, in forze nella lotta, nella cono­scenza di voi stessi, se saprete analizzare come il demonio vi ha ingan­nato. Generalmente, poi, si ripete e tornerà a farvi gli stessi ragiona­menti. Notate, esaminate lo sviluppo dei buoni pensieri: ecco un pre­zioso metodo d'esame.

 

Settima regola n° 335

335 - In coloro che fanno progressi nella virtù il buon angelo tocca dolcemente, lievemente e soavemente l'anima, come goccia d'acqua che entra in una spugna. Il cattivo angelo, al contrario, rudemente e con rumore e inquietudine, come quando la goccia cade sopra la pietra. Quelli che invece procedono di male in peg­gio sono toccati dai sopraddetti spiriti in modo contrario: la causa di ciò è la disposizione dell'anima in quanto è contraria o simile a detti spiriti. Perché quando è contraria, lo spirito entra con strepito e si sente facilmente la sua presenza. Quando invece e simile, vi entra tranquillamente e in silenzio come in casa pro­pria, a porta aperta.

 

Questa regola è molto preziosa e può illuminare non solo per il com­battimento individuale, ma anche per quello generale dei due stendardi. Sarda y Salvany, nel suo El liberalismo es pecado (Il liberalismo è un peccato), la consiglia a chi vuol vedere chiaro negli avvenimenti in cui è poco informato.

Fondamento della regola: i principi o le idee contrarie ci urtano, mentre i pensieri simili ai nostri ci sembrano buoni e naturali, come normali.

Esempio: un prete progressista legge un'enciclica che ribadisce i prin­cipi della fede, e ne è irritato. «Con questo Papa la teologia non può più progredire...». Al contrario, leggerà un articolo modernizzante, che incoraggia i preti progressisti, e approva: «Ecco, qualcosa di buo­no, com'è profondo!».

Spesso incontriamo semplici contadini, fedeli agli Esercizi, con in mano un articolo che li ha colpiti. Non riescono a vedere l'inganno, ma si sentono istintivamente urtati. Allo stesso modo, sentendoci predicare sull'inferno e constatando il bene di questi pensieri sui peccatori, senza dubitarne e ascoltandoci, annuiscono convinti.

È chiaro l'influsso che trascina il prete progressista e quello che tra­scina il contadino. Allo stesso modo, quando si dicono meraviglie di un movimento appena costituito, o di un tale partito... Ma cosa si dice? chi lo dice? chi ne è partigiano? quali sono i frutti soprannaturali d'umiltà, fede e obbedienza? che ne pensano i mondani? cosa ne pensa, invece, l'uomo di Dio?... Senza conoscerli a fondo, potete sapere se vengono da Dio o dal demonio.

Il metodo può darvi il criterio giusto per valutare gli avvenimenti e le associazioni non ancora ben conosciute. Come lo Spirito Santo induce alla pace, alla gioia spirituale, alla carità, alla castità, alla dolcezza, all'umiltà, ecc.; così ciò che muove al contrario non viene dallo Spirito Santo. Una vergine cristiana, cinese, dei nostri giorni, ha le stesse rea­zioni di una vergine cristiana dei primi secoli. I materialisti empi (co­munisti, nazisti, ecc.) hanno, di fronte alla dottrina di Cristo e della Chiesa, le stesse reazioni di Nerone e Diocleziano. E quelli che sono più o meno nell'errore, come i cattolici di sinistra, li approvano e al limite li giustificano; da qui, si indovina lo spirito che li influenza. Oppure, un ultra-cattolico che tratta il Papa da eretico, non potrà dirsi guidato dal­lo spirito divino, anche se è pio, dice cose buone o, addirittura, facesse miracoli! Non è spinto dallo spirito di Dio.

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31/07/2013 14:07
 
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Ottava regola n° 336

Attenzione! Anche quando l'inizio viene da Dio, in seguito può be­nissimo infiltrarsi il demonio.

Il demonio può contraffare anche vere apparizioni. Ricordate la fa­mosa visione della SS. Trinità avuta da sant'Ignazio a Manresa. Alcuni giorni dopo, gli appare nostro Signore, ma Ignazio è sorpreso, turbato, si chiede perché nostro Signore è così: fa il segno di croce e, improvvi­samente, la visione si trasforma in serpente e scompare, lasciando un odore nauseabondo.

Un uomo può avere grazie straordinarie e lasciarsi trascinare dal de­monio. «Questa notte, prima che il gallo canti, mi avrai rinnegato tre volte». E si che san Pietro aveva già ottenuto favori mistici straordinari (Cana, pesca miracolosa, tu es Christus Filius Dei vivi!). Quindi, signo­ri miei, attenzione!

 

336 - Quando la consolazione spirituale è senza causa, è certo che è al riparo da ogni inganno, essendo solo da Dio nostro Signore, co­me s'è detto nella seconda regola. Tuttavia la persona spiritua­le, alla quale Dio dà tale consolazione, deve con molta vigilanza e attenzione mirare e discernere il tempo proprio di tale consola­zione attuale dal seguente, in cui l'anima rimane fervente e sente ancora il favore e i preziosi resti della consolazione passata; per­ché molte volte in questo secondo tempo forma, con la sua pro­pria riflessione, secondo le abitudini naturali e in conseguenza dei suoi concetti e giudizi, sotto l'ispirazione dello spirito buono o l'ispirazione del cattivo, diverse risoluzioni e decisioni che non sono ricevute immediatamente da Dio nostro Signore, e pertan­to bisogna che siano esaminate molto bene, prima di dar loro intero credito e di metterle in esecuzione.

 

Dunque, attenzione! I fenomeni ascetici e, a fortiori, quelli mistici vanno esaminati con la più grande cura. In particolare, nei casi di rive­lazioni e visioni, bisogna distinguere bene ciò che viene certamente da Dio, dalle reazioni, ragionamenti e conclusioni tratti dai veggenti, dai testimoni o esaminatori, e soprattutto dagli entusiasti più o meno ecci­tati.

Ecco perché in presenza di ogni visione o rivelazione privata d'origi­ne soprannaturale divina, ci si deve ricordare le parole di san Pietro do­po il racconto della Trasfigurazione: Sed habemus firmiorem propheti­cum sermonem (2 Pt 1, 19), «abbiamo però una parola più ferma, quel­la dei profeti», quella della rivelazione, quella della Chiesa ufficiale. Umiltà: Vigilate et orate, ne intretis in tentationem; spiritus probate... «Vegliate e pregate per non essere indotti in tentazione», «provate gli spiriti» come dice san Giovanni.

«Dai loro frutti li riconoscerete. Si coglie forse l'uva sui pruni, o i fi­chi sui rovi?» (Mt 7, 7).

Invochiamo nostra Signora del Buon Consiglio, imitiamo la Vergine cosi prudente nel porre all'arcangelo Gabriele la domanda: «Come può essere se non conosco uomo?». Si vede che la Madonna era abituata ad essere tentata sotto l'apparenza del bene, ma che agiva in tutta pruden­za, quale sposa dello Spirito Santo. Invochiamo san Giuseppe, custode e protettore della Chiesa universale. Invochiamo i grandi arcangeli san Michele, san Gabriele, san Raffaele e gli spiriti celesti preposti a nostra custodia e a guardia delle istituzioni.

 

Rapporto del padre Ibânez O.P. su santa Teresa d'Avila

Permettetemi di concludere aggiungendo un'importante relazione di un grande teologo domenicano, l'unico che, ai tempi di santa Teresa, ebbe il coraggio di assumerne la difesa.

Mentre tutti i teologi di Avila erano giunti alla conclusione che la santa era ingannata dal demonio, lui solo seppe dare le regole per di­scernere lo spirito che la guidava, concludendo vittoriosamente che era lo spirito di Dio. Morì due anni dopo. Santa Teresa, da lui tanto inco­raggiata nella riforma del Carmelo, lo vide salire direttamente in para­diso senza passare dal purgatorio. Ella ne fa un bell'elogio nei capitoli 9 e 23 dell'«Autobiografia».

Queste regole non riguardano il discernimento degli spiriti della pri­ma settimana, ma si collegano piuttosto a quelle della seconda: le rego­le per i casi superiori, soprattutto per i casi mistici.

Padre Ibànez O.P., professore di teologia ad Avila, preparò questa relazione circa vent'anni prima della morte della santa, e la presentò ad una riunione di dotti per provare che Teresa era guidata da Dio. È forse la più importante testimonianza della santità della riformatrice del Car­melo. Quanto a noi, potrà aiutarci a risolvere i molti problemi posti og­gi da visioni e apparizioni, delle quali alcune sono senz'altro false, altre vere ed altre ancora rimangono dubbie.

Cito padre Ibànez: come riconoscere coloro che hanno visioni e rive­lazioni provenienti da Dio? E come scoprire se siamo invece vittime, noi o gli altri, di illusioni?

Santa Teresa, ancora bambina, sente parlare del cielo, dell'immensa gioia riservata ai buoni e dei terribili tormenti che attendono i cattivi; quando le narrano le gesta dei martiri, prova il desiderio di partire in missione fra i Mori. A 19 anni, l'esempio di una santa religiosa la con­duce al Carmelo dell'Incarnazione; vi entrerà a 21 anni. Era piena di buone intenzioni, ma non le mancavano gli ostacoli. Non si dedicava abbastanza all'orazione; i rapporti amichevoli e familiari con persone non totalmente dedite a Dio, costituivano seri ostacoli per il progresso spirituale e perfino per la sua salvezza. Un bel giorno decide di impe­gnarsi seriamente nell'orazione, nella penitenza e nei digiuni, nella più completa obbedienza al confessore.

Da quel momento è oggetto di favori speciali. Le sembrava di udire il Signore insegnare un gran numero di verità, misteri nascosti, avveni­menti futuri concernenti le eresie che sconvolgevano la Francia, e alcu­ne opere che avrebbe dovuto compiere. Santa Teresa aveva un gran ti­more che fossero inganni del demonio, permessi come punizione dei suoi peccati.

L'esempio di Maddalena della Croce, che soltanto quache anno pri­ma aveva fatto parlare tutta la Spagna, incuteva nei confessori il timore che anche lei fosse vittima del demonio. Maddalena della Croce, anco­ra giovane pastorella, aveva venduto l'anima al demonio in cambio di poter compiere prodigi; e infatti da trent'anni faceva prodigi. Tutti ac­correvano a lei: ecclesiastici, imperatore, popolo... Annunciò perfino, stando a Cordova, che il re di Francia Francesco I, nel 1525, si era co­stituito prigioniero dei soldati spagnoli a Pavia. Tutti erano d'accordo: «È una gran santa!». Ma poi si scoprirono gli inganni del demonio e si comprese come poteva compiere, non dei miracoli, ma dei prodigi. (I demoni possono d'un tratto spostarsi da Pavia a Cordova, sollevarla da terra, portarle la comunione dalle mani del sacerdote alla sua lingua, farla sanguinare o procurarle anche le stigmate in determinati giorni, ecc.).

Si obietta, continua padre Ibàitez, che spesso anche uomini saggi e competenti si sono ingannati. I santi affermano che bisogna accettare per vere solo un numero esiguo di visioni... se sono vere, sono miracoli. Ora, per considerare miracoloso un fatto, ci vuole una grave necessità; ma questa necessità di confermare la fede non si verifica in un chiostro... I santi non desideravano manifestare pubblicamente i parti­colari favori divini, preferivano nasconderli. Potrebbe essere un'illu­sione o una menzogna, non sembrano esserci motivi per pensare diver­samente.

Il famoso Gersone, al concilio di Costanza, affermò che santa Cate­rina da Siena non poteva avere una tale familiarità con Dio. Scrisse contro di lei e chiese al concilio di condannarla...

Non è ancora successo che qualcuno sia progredito nell'amore di Dio, senza essere stato combattuto da contraddittori in cerca di distrug­gere la reputazione! Vi sono persone che espongono le loro opinioni contro la verità.

Essere oggetto di contraddizione non è dunque motivo sufficiente per considerare illusione i favori della divina Maestà. Ciò è ancor più vero se si considera che coloro che perseverano in questa errata visione non hanno mai parlato con santa Teresa, ma si sono formati un'opinio­ne fondata su semplici chiacchiere.

Certe cose, a prima vista, sembrano cattive, ma, se vi si aggiungono alcune circostanze, diventano sante e virtuose.

Appropriarsi della roba degli altri, per esempio, è un male; ma farlo per il bene del proprietario, per impedirgli il suicidio, è una buona azio­ne. Così, se normalmente non è saggio e prudente credere con facilità alle visioni, in determinati casi sarà un atto di giustizia. Non si deve inoltre dimenticare che in ogni epoca nostro Signore ha avuto una gran­de intimità con certe anime; basti pensare ad Abramo, al profeta Amos, ai santi... Finché il mondo durerà, a Dio non mancheranno pro­feti e amici nella Chiesa. Egli offre la sua amicizia a chi vi si prepara, in qualunque epoca. Dio suscita i santi per il bene e l'utilità della Chiesa, per placare l'indignazione divina.

Queste necessità sono ora attuali.

 

* * *

 

Dunque, non bisogna scandalizzarsi quando si sente parlare di un santo da parte di coloro che lo conoscono e che hanno avuto rapporti con lui. Quando si dubita della provenienza di una rivelazione, una for­te prova della sua veridicità e provenienza divina è costituita dalla con­dotta di vita perfettamente cristiana della persona in questione.

Nella scienza dei segni che indicano se lo spirito apparentemente buono proviene veramente da Dio, è difficile dare regole precise per ogni caso particolare. Molti si sono ingannati, pur possedendo la scien­za necessaria, come Gersone. Dopo aver lungamente lavorato per ap­pianare questa via, giunse al punto di sorridere delle visioni e rivelazio­ni di santa Caterina, e ciò per ragioni umane insufficienti: primo, per­ché ignorava parecchi fatti; secondo, perché Dio opera nei santi molte cose che superano la ragione naturale.

Stabiliamo ora qualche punto fondamentale:

Esaminare gli effetti e i frutti. Come il medico vede una malattia in­visibile dagli effetti, così lo stato di un'anima si riconosce dalle opere e dalla bellezza della sua vita.

A fructibus eorum cognoscetis cos, disse Gesù. «Dai loro frutti li ri­conoscerete» (Mi 7, 16).

Le rivelazioni o visioni possono essere buone e vere, e allora vengono da Dio; oppure cattive e bugiarde, e allora vengono dal demonio. In ca­so di dubbio, quelle divine si riconoscono dall'impronta divina che por­tano in sé; quelle diaboliche, dagli artifici e dall'astuzia del demonio.

 

Fissiamo alcune regole per stabilire un buon discernimento:

1. Quando la persona che riceve le rivelazioni prova, tanto nel perio­do dei favori che in seguito, il disprezzo di sé stessa e la conoscenza del­le proprie colpe; quando si riconosce più debole e miserabile delle altre, ciò significa che la rivelazione procede da Dio.

Questo segno è sempre presente nei servi del Signore, mentre manca nei mistificatori ingannati dal demonio. Da una parte umiltà e amore, dall'altra orgoglio e turbamento. Vedi la Madonna e santa Elisabetta (l'Annunciazione e la Visitazione).

2. Se la persona, una volta ricevute le rivelazioni, è portata al racco­glimento e al distacco da tutto; se fugge il mondo, non gli parla né lo stima, tende a dimenticarlo e a disprezzarlo, ciò è un segno evidente della provenienza divina della rivelazione. Se invece suscita lo spirito di ribellione, il desiderio di mettersi in vista e d'essere ammirata, di mo­strare che si ricevono favori da Dio, lì c'è senz'altro l'inganno.

L'amore, lo spirito di Dio e l'umiltà fuggono tutto ciò e ricercano il disprezzo del mondo. «II mio segreto è per me», diceva il profeta Isaia.

3. Osservare se la persona è dedita o no all'orazione; se, nei rapporti col prossimo, si nota un amore di Dio non solo apparente. Chi perseve­ra nell'orazione non sarà mai ingannato dal demonio che, al contrario, spinge ad abbandonare questa pratica.

4. Osservare se la persona si preoccupa di consultare qualche esperto in materia, e soprattutto se non nasconde nulla al confessore. Se segue i suoi consigli, è certo che non siamo di fronte ad un inganno: Dio non abbandona chi è animato da rette intenzioni. Aprirsi è un atto di umil­tà. Al contrario, se rifiuta di parlare a competenti che non sono disposti ad approvare tutto, e non si preoccupa molto di cercare la verità, c'è da credere ad un'illusione del demonio.

5. Attenersi all'opinione di chi conosce fatti miracolosi e dei confes­sori cui siamo soliti aprire la coscienza. Quando si manca di esperienza, e i confessori consultati non sono d'accordo, l'aiuto della sola teologia non basta.

6. Osservare se la persona subisce opposizioni e contraddizioni, sen­za aver fatto nulla per attirarle. Se poi le opposizioni vengono da perso­ne buone e piene di zelo, e malgrado ciò si mantiene nella pazienza, è segno che Dio vive e abita nel suo cuore. Il demonio non può dunque ingannarla. Vedi il caso di Giobbe...

7. Un'altra prova, che solo i confessori o direttori spirituali possono accertare, è la purezza d'animo e l'altezza della virtù. Questa prova è si­cura ed efficace, perché Dio concede i favori solo alle anime pure e pri­ve di peccato. Beati mundo corde, «beati i puri di cuore»!

8. Osservare il profitto tratto da coloro che intrattengono stretti rapporti con questa persona: le grazie «gratis datae» sono infatti concesse per il bene del prossimo. Vedere se costoro hanno lo spirito di Dio o, al contrario, se ne risulta l'indipendenza, l'orgoglio, la ricerca degli agi; in questo caso la visione non viene da Dio, ma dal demonio trasforma­to in «angelo di luce».

9. Considerare ciò che è detto e rivelato. Se tende a nascondere qual­che cosa, a fuggire o disprezzare le persone competenti trattandole da ignoranti, se racconta cose inutili o di scarsa edificazione, è certo l'in­ganno dello spirito maligno. Ma se si apre con semplicità a coloro che possono capire e giudicare, se non nasconde nulla e tutto ciò che dice è prudente e conforme all'insegnamento della Chiesa, è segno che viene dal Cielo.

10. Quando, osservando attentamente, si trova irreprensibile la sua compagnia e ricca di profonda virtù la sua conversazione, è una ragio­ne evidente che ciò è vero. Quando tutti, e specialmente gli uomini di dottrina, approvano una persona, significa che i fatti che la riguardano vengono da Dio.

11. Rendersi conto del comportamento del demonio con questa per­sona. Se l'approva e manifesta soddisfazione, è cattivo segno; se la per­seguita, è buon segno. Verso i buoni il demonio si mostra feroce; cogli amici da lui ingannati si mostra invece calmo.

Senza dubbio all'inizio sarà difficile riconoscere se viene da Dio, ma col tempo ci si riesce.

Quanto a Teresa, lei pensa solo a Dio e si occupa solo di Dio. Ogni cosa è per la gloria di Dio e il bene spirituale delle anime. Per nulla al mondo commetterebbe un peccato veniale, per piccolo che sia. La sua ambizione consiste nel perfezionamento quotidiano e nella crescita in virtù.

Un giorno, così si rivolse a Dio:

- Signore, ma non ci sono proprio altre persone, specialmente per­sone di dottrina?

Dio rispose:

- Quando gli uomini di dottrina non vogliono disporsi a trattare con me, ecco che io, messo alle strette e respinto da loro, vado in cerca di povere donnette presso cui trovo riposo e con le quali tratto i miei in­teressi.

Gesù aggiunse ancora:

- Il demonio non poteva dare questa contentezza, questa gioia inte­riore e spirituale. Non poteva neppure produrre questo amore e questo progresso nella virtù. (Citazione di santa Teresa d'Avita).

Aggiungiamo, continua padre Ibànez:

I. Non c'è mai stata persona ingannata dal demonio, con tante ragioni e prove da credere che fosse Dio a produrre quei favori.

2. I santi non hanno insegnato a non ricevere assolutamente certe rive­lazioni, né riconoscere come santi certi personaggi. Hanno solo detto di non prestar fede facilmente. Ora, non è leggerezza credere a fatti di tale levatura.

3. Sua Maestà, per consolare i servitori fedeli e, tramite loro, salvare al­tre anime, ha sempre accordato favori straodinari a talune creature. Ora, vi è una quantità di ragioni per considerare questa religiosa favori­ta da Dio, mentre non ve n'è alcuna per negarlo.

4. All'inizio Teresa esponeva questi favori solo ai confessori e a chi po­teva illuminarla, e sempre con la raccomandazione di non dir nulla.

5. II padre ha assistito alla guarigione disperata di un rene quando lei ha pregato per il malato. Un'altra volta, per un benefattore che perde­va la vista, nostro Signore le apparve mostrando la piaga sul costato e dicendole che avrebbe esaudito ogni sua richiesta; immediatamente la vista fu ricuperata. Ha anche operato numerose guarigioni.

Queste pagine sono il riassunto della relazione fatta da padre Ibànez. Vi prego di scusarmi se non la posso citare integralmente. Vi si troverà l'essenziale per discernere se i carismi mistici (visioni, estasi o altro) che una persona può presentare vengono da Dio o dal demonio.

Ludovic Marie Barrielle direttore spirituale a Ecône

Sia lodato Gesù Cristo.

Sempre con Maria.

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