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DIFENDERE LA VITA DAL CONCEPIMENTO

Ultimo Aggiornamento: 08/02/2024 17:07
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19/04/2013 17:27
 
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ECCO COME SI PRESENTA UNA CREATURA UMANA ALLA DODICESIMA SETTIMANA DI VITA

a 12 settimane
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05/05/2013 15:58
 
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Cinque modi per fermare l'aborto

Stop abortoIn America ci stanno lentamente riuscendo, così il medicoRandall K. O’Bannon ha consigliato anche all’Europa una serie di strategie per mettere alla porta la cultura della morte. Questi approcci possono servire alla causa pro-life in tutti i Paesi.

 

Strategia 1: raccontare sempre la verità sul bambino.
Chi promuove l’aborto mente su tutto o quasi. La prima grande menzogna riguarda l’umanità del bambino non ancora nato, che viene negata in tutti i modi addirittura definendolo cellula indifferenziata o “tessuto”, qualcosa insomma che può e deve essere rimosso e gettato via come un unghia o un appendice tumorale del corpo della donna. Occorre dunque mostrare i libri scientifici di embriologia e dotare gli ospedali di ecografie 4D che mostrino davvero cosa siano l’embrione e il feto umano, concentrarsi sull’ascolto del battito del cuore del bambino inizia a tre settimane dal concepimento, informare nei consultori che il suo DNA è unico e irripetibile già dal momento del concepimento.

 

Strategia 2: raccontare sempre la verità sulla RU-486 e gli altri abortivi chimici.
L’industria dell’aborto è mantenuta economicamente dalle pillole abortive, come la RU-486. Per questo l’aborto chimico viene presentato come sicuro, semplice e alternativa non rischiosa dell’aborto chirurgico. La verità è gli aborti chimici sono complicati, dolorosi e rischiosi per la donna, con una miriade di altri effetti collaterali spiacevoli. Il tutto con una significativa possibilità che falliscano, causando la necessità di un aborti chirurgico.

 

Strategia 3: sostenere le alternative all’aborto.
La legge 194 invita a non usare l’aborto come metodo anticoncezionale e stimola a offrire alla donna tutte le alternative possibili a questa tragica scelta, è proprio quello che gli abortisti non vogliono fare quando invitano a cacciare i pro-life dai consultori. Occorrono politiche che facilitino l’adozione immediata, de-burocratizzando i processi di affidamento ma mantenendoli comunque sicuri, occorro politiche economiche e sociali a sostegnodella gravidanza e delle famiglie con bimbi, occorrono più centri come quelli in quasi ogni Diocesi che offrano una vasta gamma di servizi come i test di gravidanza gratuiti, psicologi che affrontino le esigenze delle madri, sconti sul cibo per i neonati, sull’abbigliamento ecc. Occorre facilitare la successiva ricerca di lavoro della madre, corsi di genitorialità ecc. La società dovrebbe avere tutto l’interesse per avviare queste politiche che sono un’investimento sul suo futuro, altro che nozze omosessuali!

 

Strategia 4: abbattere la leggenda dell’aborto terapeutico.
L’aborto viene imposto attraverso il mito del pericolo di salute della madre, eppure i Paesi in cui l’aborto è illegale, come Cile e Irlanda, sono anche quelli in cima alla classifica per quanto riguarda la salute materna. Grazie al progresso della medicina sono rarissimi i casi in cui la salute della donna è in pericolo a causa di una gravidanza, occorre dunque abolire il concetto di aborto terapeutico che risulta essere completamente inutile. Occorre inoltre informare delle pesanti e gravi conseguenze dell’aborto indotto sulla salute della donna, come dimostrano gli studi scientifici: dal cancro al seno alla Sindrome post aborto.

 

Strategia 5: ripristinare il rispetto per la vita umana e per l’obiezione di coscienza.
Occorre un impegno anche politico verso il pieno riconoscimento del diritto fondamentale alla vita, il primo di tutti i diritti e per l’obiezione di coscienza dei medici e farmacisti. La vita umana è sacra per tutti, è l’unico vero bene che abbiamo e occorre difenderla dal concepimento fino al suo termine naturale, ognuno deve anche avere il diritto di rifiutarsi di compiere un omicidio, senza alcuna discriminazione lavorativa. Occorre un’educazione sociale, ma anche la politica dev’essere coinvolta. Per questo è importante firmare e invitare tutti ad aderire alla campagna europea “Uno di noi”, per sottolineare il riconoscimento giuridico dell’embrione.

 
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13/05/2013 19:35
 
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Il Fatto Quotidiano non insulta le famiglie pro life, che succede?

Marcia per la vitaSe l’anno scorso i partecipanti alla Marcia per la Vita per le vie di Roma erano 15mila, quest’anno per la terza edizione a partecipare sono state ben 30mila persone. Famiglie, istituti religiosi, associazioni laici, credenti e non credenti, ma sopratutto tantissimi giovani.

Al termine della preghiera del Regina Coeli, di fronte ad oltre 70.000 pellegrini gioiosi e festanti, papa Francescoha saluto i partecipanti alla Marcia e ha invitato tutti a mantenere viva l’attenzione “sul tema così importante del rispetto per la vita umana sin dal momento del suo concepimento”“A questo proposito, – ha sottolineato il Papa - mi piace ricordare anche la raccolta di firme che oggi si tiene in molte parrocchie italiane, al fine di sostenere l’iniziativa europea “Uno di noi”, per garantire protezione giuridica all’embrione, tutelando ogni essere umano sin dal primo istante della sua esistenza”.

Infatti la Marcia per la vita si è svolta congiuntamente alla raccolta firme in tutte le parrocchie per “Uno di noi” (qui si può firmare), campagna per il riconoscimento giuridico all’embrione umano. La notizia è che Austria, Polonia, Italia, Ungheria e Slovacchia hannogià superato la soglia minima di firme da raccogliere per il successo dell’iniziativa! A partecipare alla Marcia anche politici noti come il sindaco Gianni Alemanno, Maurizio Sacconi, Giorgia Meloni, Maurizio Gasparri, Carlo Giovanardi, Carlo Casini, Stefano De Lillo e Paola Binetti (e il Partito Democratico?)

«L’accoglienza di Papa Francesco»hanno affermato gli organizzatori della Marcia,«rappresenta, il più alto riconoscimento per l’iniziativa e la conferma della sensibilità del Pontefice ai principi non negoziabili, a cominciare dal diritto alla vita». Smentito ancora una volta il cattolico sui generis Alberto Melloni che l’anno scorso predicavascandalizzato: «Con la Chiesa questa marcia ha ben poco a che fare». Probabilmente è stata questa attenzione da parte di Papa Francesco a scoraggiare l’informazione aggressivamente laicista, in Italia rappresentata purtroppo sopratutto da “Repubblica” e dal “Fatto Quotidiano”, ad insultare le famiglie che hanno partecipato. L’anno scorso questi quotidiani e altri, come abbiamo mostrato, hanno parlato di “fondamentalisti in marcia”, Il Fatto aveva addirittura proposto di organizzare una class action contro i partecipanti, definendoli “fanatici” ecc. “fondamentalisti”.

Quest’anno invece gli unici rigurgiti sono arrivati ancora una volta dalle colonne del Fatto Quotidiano, ma ben due giorni prima della marcia, quando ha profetizzato che i partecipanti sarebbero stati “integralisti cattolici e neofascisti”, ed annunciando che le donne saranno «insultate come assassine». Ma negli articoli dopo la Marcia, cioè di ieri e di oggi, incredibilmente ancora nessun insulto ma un resoconto onesto dei fatti (si vedaquiqui e qui), divertente il video delle fenomenali femministe dei centri sociali che chiedono di vietare la Marcia per la Vita, ovviamente perché loro sono dalla parte della libertà e del diritto di manifestare. “Repubblica” ha a sua volta confezionato un articolo privo di insulti, cercando tuttavia di denigrare comunque la manifestazione con continue frecciate d’ironia che certamente si sarebbe ben guardata dal fare se si fosse trattato, ad esempio, di un Gay Pride.

Senza rabbiosi insulti però non c’è gusto, in fondo eravamo abituati. Addirittura perfinoIgnazio Marino, abortista e promotore dell’eutanasia, ha affermato senza vergogna:«Non sono alla marcia per la vita perché non voglio strumentalizzare politicamenteun’iniziativa giusta. Io sono per la difesa della vita in ogni suo stadio, ma non si può prendere parte alla marcia solo perché le elezioni comunali sono vicine». Incredibile, non c’è più irreligione.

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20/05/2013 23:24
 
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Il suicidio è un atto di libertà?
No, è proprio l’opposto

DisperazioneRispetto per la persona di Daniela Cesarini e per le sue sofferenze, la donna che ha scelto tragicamente di andare in Svizzera per il “suicidio assistito”. Nessuna legittimazione però per il suicidio, che Immanuel Kant definisce così: «il suicidio non è abominevole e inammissibile perché Dio lo ha proibito, ma al contrario Dio lo ha proibito perché, degradando al di sotto dell’animalità la dignità intrinseca dell’uomo, è abominevole».

Era in carrozzella ma non era malata, dicono gli amici, solo addolorata per la morte del figlio Diego. Aiutava i figli degli immigrati nei compiti perché tutti i bambini hanno diritto a un futuro decente, diceva. Come Mario Monicelli, come Lucio Magri, fondatore del quotidiano“Il Manifesto”, come Piera Franchini, colonna della sezione veneziana di Rifondazione Comunista, anche Daniela era comunista fin nelle vene: militanza nel Pci e poi in Rifondazione comunista, consigliere comunale e assessore di Jesi (Ancona), leader del circolo Karl Marx. Il binomio di comunismo (o post-comunismo) e suicidio sembra essere sempre più stretto, come spiega Camillo Langone.

Vite segnate dalla solitudine esistenziale, privata di qualcosa che desse senso alla morte del marito prima e del figlio dopo. Per quale significato, infatti, ostinarsi a continuare le battaglie politiche e costruire l’agognato “mondo nuovo” comunista quandotutto prima o poi si sfalda come burro, da un giorno con l’altro? Vittorio Messori lo ha detto in altre parole: «il dolore ha un valore, e altissimo, solo nella prospettiva di chi crede in quel Dolorante per eccellenza che è il Dio appeso sulla croce. Fuori di quella prospettiva la sofferenza è un flagello che, non potendo essere domato altrimenti, esige la radicalità della soppressione il più possibile “dolce” del sofferente» (Qualche ragione per credere, Ares 2008, pag. 188)

Il problema dell’eutanasia e del suicidio assistito è dunque un problema esistenziale, prima che etico e politico. Oggi nelle società post-cristiane è un problema opprimente: ci si libera dalla vita perché non si riesce a darle un senso adeguato. «Non voleva mai parlare della sua disperazione»spiegano le amiche. La di-sperazione è l’assenza di speranza, sola prospettiva per chi non crede alla vittoria sulla morte, alla “buona notizia” del cristianesimo. La presenza della morte in costante attesa dell’uomo è la tomba della speranza umana, l’uomo non cristiano -se coerente- può solo essere di-sperato, cioè senza speranza. Per lui la morte, cioè la distruzione di tutto quanto ha costruito in vita (affetti, carriera, passioni, progetti…), è sempre l’ultima parola sulla vita, così come è senza speranza un condannato nel braccio della morte in attesa che il secondino lo venga a prelevare.

Al circolo Karl Marx di Jesi, si spiega su Repubblica, si consolano della perdita di Daniela con una frase di una canzone di Francesco Guccini: «Ognuno vada dove vuole andare / ognuno invecchi come gli pare / ma non raccontare a me cos’è la libertà». Ed invece è bene capire cosa sia la libertà, perché questa parola viene spesso abusata quando si parla di queste tematiche.

Inutile giocare con le parole: suicidarsi non è un atto di libertà, ma è proprio il sintomo della mancanza di libertà. Quando uno è libero? Quando non deve più scegliere perché ha già trovato quel che lo rende libero. Per i cristiani la libertà è una dipendenza, cioè si è liberi solo se dipendenti da Dio. «Il Creatore ci ama e la nostra dipendenza è essere nello spazio del suo amore, in tal caso proprio la dipendenza è libertà»ci ha insegnatoBenedetto XVI. Solo questa dipendenza rende liberi e permette di stare davanti al dolore e alla sofferenza arrivando a dire, come san Francesco d’Assisi«lodato sii, mio signore per sorella morte»

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01/06/2013 12:02
 
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Contrari ad aborto e contraccezione:
non è contraddittori
o

Donna incintaFrequentemente i pro-life vengono accusati in modo retorico di criticare l’aborto ma anche la contraccezione. Secondo chi avanza queste accuse, essi dovrebbero invece cercare di prevenirlo favorendo e contribuendo a diffondere contraccettivi e metodi anticoncezionali, magari in modo gratuito.

Ci sono due motivi per cui questa obiezione è errata, il primo di natura etica e il secondo di natura tecnica.

 

Motivo di natura etica: innanzitutto occorre dire che società non ha evidentemente la stessaconcezione di “amore” e di “sessualità” di cui invece parla la Chiesa cattolica. Non può esistere alcuna scissione tra i due e la sessualità non è un bene di consumo o una fonte di gratificazione fine a se stessa. Il Magistero della Chiesa individua giustamente nella contraccezione un linguaggio oggettivamente contraddittorio, quello cioè del non donarsi all’altro in totalità: ne deriva non soltanto il positivo rifiuto all’apertura alla vita, ma anche una falsificazione dell’interiore verità dell’amore coniugale, chiamato a donarsi in totalità personale. Solo un amore vissuto come dono totale, anche dal punto di vista fisico, è rispettoso per il coniuge in quanto considerato come termine del proprio dono e non semplicemente come oggetto di godimento. Allo stesso modo il Magistero sconsiglia fortemente i rapporti prematrimoniali perché una unione sessuale, spiega bene padre Maurizio Faggioni ordinario di Bioetica presso la Accademia Alfonsiana, è vera quando l’unione dei corpi simboleggia e compie l’unione delle esistenze e, quindi, esprime una relazione di totale coinvolgimento, di reciproca conoscenza, di corresponsabilità, di condivisione. Il contesto migliore perché ciò avvenga è soltanto nel matrimonio perché solo in esso, inteso come progetto globale di vita, la sessualità può esprimere le due dimensioni fondamentali dell’amore coniugale, la comunione e la fecondità (ovviamente bisogna distinguere i rapporti occasionali da quelli tra fidanzati onestamente impegnati nel loro itinerario verso il matrimonio).

In secondo luogo occorre comunque ricordare che la Chiesa sostiene e aiuta le coppie sposate all’uso dei metodi naturali per la regolamentazione della fertilità, è sbagliato pensare che la Chiesa inviti ad «un’ideologia della fecondità ad oltranza, spingendo i coniugi a procreare senza alcun discernimento e alcuna progettualità. Ma basta un’attenta lettura dei pronunciamenti del Magistero per constatare che non è così» come spiegava Giovanni Paolo II nel 1994. E’ evidente che i metodi naturali non sono intesi come contraccettivi, come viene spiegato qui.

 

Motivo di natura tecnica: come più volte abbiamo mostrato l’uso di contraccettivi non diminuisce affatto il numero di aborti, anzi in parecchi casi lo aumenta. Lo hanno mostrato proprio recentemente i dati diffusi dal Ministero della Salute della Spagna: il 43% (contro il 32%) delle 119mila donne che hanno abortito nel 2011 avevano usato un metodo contraccettivo. Secondo la Fundación Española de Contracepción (FEC) il motivo sarebbe il “cattivo uso” del preservativo ma la spiegazione non risulta esplicativa per cifre così alte e oltretutto proviene da chi ha un’oggettivo conflitto di interesse in gioco.

La causa è molto probabilmente quella riscontrata in tanti altri studi che rilevano esattamente la stessa problematicità. Il dott. Renzo Puccetti proprio su UCCR spiegava che un’ampia offerta di contraccettivi porta facilmente ad assumere il modello comportamentale conosciuto comerational choice model, ovvero la convenienza verso una vita sessuale liberata dalla paura della gravidanza. E’ quello che Edward C. Green, direttore dell’AIDS Prevention Research Project al centro Harvard per gli Studi su Popolazione Sviluppo definisce “compensazione di rischio” parlando dell’HIV: «C’è un’associazione costante, dimostrata dai nostri migliori studi, inclusi i “Demographic Health Surveys” finanziati dagli Stati Uniti, fra una maggior disponibilità e uso dei condoms e tassi di infezioni HIV più alti, non più bassi. Questo può essere dovuto in parte a un fenomeno conosciuto come “compensazione di rischio”, che significa che quando si usa una “tecnologia” a riduzione di rischio come i condoms, spesso si perde il beneficio (riduzione di rischio) “compensando” o prendendo chances maggiori di quelle che uno prenderebbe senza la tecnologia di riduzione del rischio».

 Abbiamo dunque visto due motivi, che non pretendono certo di essere esaustivi, per cui è fallace la retorica accusa verso chi è contrario sia all’aborto sia all’uso della contraccezione ma è invece aperto alla vita e ad un amore inteso come dono totale di sé, anche nella sessualità.

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09/07/2013 05:46
 
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Nato vivo a 19 settimane. La storia di Walter «che si ostinavano a chiamare feto, ma era perfetto» .Parla la madre del piccolo le cui foto stanno girando il web
FETO O BAMBINO? Un bambino – perché a un certo punto anche i medici hanno iniziato a usare questo termine – di quell’età non poteva avere molte speranze di vita. Nato alle 21.42, è stato subito messo nelle braccia della madre. «Ho pianto così tanto, ma lui era perfetto», ha raccontato Lexi. «Era completamente formato, era tutto lì. Ho potuto vedere il suo cuore che batteva nel suo piccolo petto. Josh e io lo tenevano in braccio e piangevano su di lui guardando il nostro perfetto, piccolo figlio». Intorno a Lexi ha cominciato a formarsi un capannello di persone: medici, infermieri, familiari. Tutti ad ammirare quel piccolo miracolo. «Hanno pregato con me, con me hanno pianto ed erano lì a rispondere a ogni mio bisogno. Così, pur in un momento di grande dolore, mi sono sentita amata da tutti».
Il piccolo rimane coi genitori fino a spegnersi. Momenti dolorosi, ma che Lexi assicura essere importanti: «Ho il cuore spezzato, avendo saputo delle storie di persone che non sono state autorizzate a vedere il loro bambino. Sarebbe stato devastante per me! Lo tenevo, lo coccolavo mentre il suo cuore batteva. L’ho stretto al mio cuore, gli ho contato le dita dei piedi e gli ho baciato la piccola testa. E ora custodirò per sempre questi ricordi di lui».
Nato vivo a 19 settimane. La storia di Walter «che si ostinavano a chiamare feto, ma era perfetto» .Parla la madre del piccolo le cui foto stanno girando il web
FETO O BAMBINO? Un bambino – perché a un certo punto anche i medici hanno iniziato a usare questo termine – di quell’età non poteva avere molte speranze di vita. Nato alle 21.42, è stato subito messo nelle braccia della madre. «Ho pianto così tanto, ma lui era perfetto», ha raccontato Lexi. «Era completamente formato, era tutto lì. Ho potuto vedere il suo cuore che batteva nel suo piccolo petto. Josh e io lo tenevano in braccio e piangevano su di lui guardando il nostro perfetto, piccolo figlio». Intorno a Lexi ha cominciato a formarsi un capannello di persone: medici, infermieri, familiari. Tutti ad ammirare quel piccolo miracolo. «Hanno pregato con me, con me hanno pianto ed erano lì a rispondere a ogni mio bisogno. Così, pur in un momento di grande dolore, mi sono sentita amata da tutti».
Il piccolo rimane coi genitori fino a spegnersi. Momenti dolorosi, ma che Lexi assicura essere importanti: «Ho il cuore spezzato, avendo saputo delle storie di persone che non sono state autorizzate a vedere il loro bambino. Sarebbe stato devastante per me! Lo tenevo, lo coccolavo mentre il suo cuore batteva. L’ho stretto al mio cuore, gli ho contato le dita dei piedi e gli ho baciato la piccola testa. E ora custodirò per sempre questi ricordi di lui».
 
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10/07/2013 21:30
 
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“Eutanasia legale”: le cinque menzogne della proposta di legge

Condensare tante bugie ed imprecisioni in poche righe è impresa difficile. Occorrono abilità, determinazione e soprattutto esperienza di propaganda; Per questo non stupiscono i molti errori presenti nel testo della “Proposta di legge di iniziativa popolare su: Rifiuto di trattamenti sanitari e liceità dell’eutanasia”, per la quale è avviata, a livello nazionale, una raccolta firme. Errori che, per comodità di chi legge, ci permettiamo di sintetizzare e presentare in cinque punti, iniziando dalla relazione introduttiva.

 

1) «Ben oltre la metà degli italiani, secondo ogni rilevazione statistica, è a favore dell’eutanasia legale».
FALSO: nessuna «rilevazione statistica» dice che «ben oltre la metà degli italiani» vuole l’eutanasia legale. Semmai anni fa delle rilevazioni riscontrarono come, per esempio, il 64%degli italiani fosse favorevole all’eutanasia per Piergiorgio Welby (1945-2006): ma si trattava di rilevazioni effettuate in giorni di forte condizionamento mediatico determinato proprio dal dibattito sul cosiddetto “caso Welby” e per di più commissionate dal quotidiano Repubblica, che non può certo considerarsi fonte di massimo equilibrio. Lo stesso, citatissimo studio Eurispes del 2007 – che rilevò come il 68% degli Italiani sarebbe favorevole all’eutanasia – è da considerarsi scarsamente attendibile, non foss’altro per la definizione, a dir poco imprecisa ed edulcorata, che alle persone consultate si diede dell’eutanasia, vale a dire «la possibilità di concludere la vita di un’altra persona, dietro sua richiesta, allo scopo di diminuire le sofferenze»: imprecisa perché non contempla affatto tutte le varianti pratiche dell’eutanasia, che sono molteplici, come i bioeticisti sanno bene -, edulcorata perché «concludere la vita di un’altra persona» è espressione volutamente zuccherosa rispetto alla gravità di quello che il nostro Codice penale, ex art. 579, chiama omicidio del consenziente, prevedendo la detenzione fino a 15 anni.

 

2) Sempre stando alla relazione della proposta dagli amici della “dolce morte”, si presenta poi l’eutanasia legale come «morte opportuna invece che imposta nella sofferenza».
FALSO: nessuno, ma proprio nessuno chiede o peggio ancora augura una morte «imposta nella sofferenza»; di certo non la vogliono i cattolici, che invece auspicano che a ciascun malato sia assicurata piena assistenza farmacologica ed umana e, se afflitto da sofferenze, il massimo alleviamento del dolore attraverso la somministrazione di opportune cure. Ne parlava già Papa Pacelli (1876-1958), il quale nel lontano 1957 si spinse a precisare che se anche se «la somministrazione dei narcotici cagiona per se stessa due effetti distinti, da un lato l’alleviamento dei dolori, dall’altro l’abbreviamento della vita» essa è da ritenersi «lecita». Analogamente il Catechismo spiega che «l’uso di analgesici per alleviare le sofferenze del moribondo, anche con il rischio di abbreviare i suoi giorni, può esseremoralmente conforme alla dignità umana, se la morte non è voluta né come fine né come mezzo, ma è soltanto prevista e tollerata come inevitabile». Nessuna morte «imposta nella sofferenza», dunque. La morte «imposta nella sofferenza» esiste solo nella mente dei fautori dell’eutanasia legale, che la utilizzano come pretesto per la loro campagna.

 

3) La citata relazione continua dicendo che «i vertici dei partiti e la stampa nazionale» preferiscono non parlare di eutanasia. Questa poi.
FALSO: di eutanasia si parla, invece. E se ne parla pure molto, senz’altro molto di più di altri pur urgentissimi temi di rilevanza sociale. Consultando l’archivio on line del primo quotidiano d’Italia, il Corriere della Sera, scopriamo per esempio che dal 2000 al 2012 sono disponibili317 risposte alla ricerca per la voce «eutanasia». 317 risposte che, per la cronaca, sono più di quattro volte le risposte riguardanti un problema di estrema gravità sociale come la «tossicodipendenza» (77) e più di tredici volte quelle di un altro gravissimo versante, quello della «pedopornografia» (24). Insomma, dire che di eutanasia si parla poco è, ancora una volta, una bufala. A questo punto ci si potrebbe chiedere come mai i radicali, se davvero e coerentemente aspirano a battersi per temi scomodi o comunque di cui la «stampa nazionale» preferisce non parlare, anziché per l’eutanasia legale non s’impegnino per la lotta alla tossicodipendenza o alla pedopornografia, ma la risposta, ahinoi, sembra fin troppo ovvia.

 

4) La relazione alla proposta di legge per l’eutanasia legale mente pure laddove allude al «rafforzamento della piaga tanto dell’eutanasia clandestina che dell’accanimento terapeutico».
FALSO: non c’è alcun rafforzamento dell’eutanasia clandestina. A meno che, naturalmente, non si dimostri il contrario. Nel frattempo, attendendoci a riscontri e non già ad opinioni, possiamo ricordare come uno dei pochi studi seri effettuati sull’argomento affermi che il13% dei medici italiani di rianimazione abbia somministrato sostanze col deliberato intento di accelerare il processo di morte. Il che, se corrisponde al vero, vuol dire che quasi il 90% dei medici non ha mai effettuato nessuna operazione con fini eutanasici, e che non può essere certo il 10% o poco più di loro, vale a dire un’esigua minoranza, a determinare lo stravolgimento della normativa vigente. Viceversa, se pensiamo che basti la condotta di una minoranza a giustificare il cambiamento di approccio di un intero ordinamento su un tema, allora dovremmo fare lo stesso anche per l’evasione fiscale, dato che almeno una famiglia italiana su cinque evade il fisco. Eppure su questo versante – come su molti altri – l’attenzione dei radicali per la clandestinità dei fenomeni, stranamente, non si fa sentire. Chissà perché.

 

5) Passiamo infine all’articolo della proposta di legge, che si propone di tutelare l’autodeterminazione del paziente o comunque del cittadino sul versante del cosiddetto “fine vita”.
FALSO: le disposizioni della proposta di legge non vanno in questo senso. Anzi. Per esempio si prevede la possibilità di nomina di un fiduciario che, allorquando fossimo in condizioni di non poterci esprimere, dovrebbe far valere le nostre volontà terapeutiche (art. 1 comma 3). Peccato che sia dimostrato da accurati studi che un fiduciario, ancorché in buona fede, nel 50% dei casi – una percentuale notevole – male interpreti le volontà della persona che l’ha scelto quale garante delle stesse. Ma anche su questo, naturalmente, gli astutissimi paladini della libertà ad ogni costo tacciono. Esattamente come, allorquando alludono al fatto che un paziente possa essere «congruamente ed adeguatamente informato delle sue condizioni e di tutte le possibili alternative terapeutiche e prevedibili sviluppi clinici», sorvolano su tutte le criticità emerse dall’esperienza. Criticità che riguardano, per esempio, la notevole variabilitàdelle preferenze terapeutiche legate al mutare delle circostanze e delle condizioni di salute di chi le esprime. Senza considerare che non è la «sofferenza» a determinare richieste di morte, bensì la depressione e la disperazione, dato che, per esempio, il tasso di suicidi tra malati di cancro, alla luce di più evidenze, non supera la bassissima percentuale dello 0,3% (cfr. Di Mola G. Suicidio e richiesta di eutanasia nella popolazione di malati sofferenti, in AA.VV. Questioni di vita o di morte, Guerini studio, Milano 2004, p. 142)

 

Riassumendo:  non è affatto dimostrato  che la maggior parte degli italiani sia favorevole all’eutanasia legale; non è vero che l’alternativa all’eutanasia legale è la morte «imposta nella sofferenza»; non è vero che di eutanasia si parla poco, anzi; non esiste alcuna evidenza su una grande diffusione dell’eutanasia clandestina e meno ancora circa un suo presunto «rafforzamento»; non è vero che la Proposta di legge di iniziativa popolare su: Rifiuto di trattamenti sanitari e liceità dell’eutanasia tutela l’autodeterminazione e le volontà terapeutiche del paziente, mentre invece è evidente che getta le basi per la sua negazione, specie con la previsione della nomina di un fiduciario. Insomma, per farla breve quella dell’eutanasia legale come soluzione per venire incontro alle esigenze o ai diritti dei cittadini è solo una grande, grandissima bufala. Il solo modo «per vivere liberi fino alla fine» non è firmare per l’eutanasia legale, bensì tenersi alla larga da simili iniziative. Il più possibile.

Giuliano Guzzo

[Modificato da Credente 10/07/2013 21:32]
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17/07/2013 09:50
 
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Bambino nato a 19 settimane
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18/07/2013 09:12
 
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Ogni volta che si sente parlare di “diritto all’aborto” ci si chiede se davvero possa esistere un diritto a sopprimere la vita di un altro essere umano.

Nella moderna ed occidentale dittatura dei diritti (ogni cosa che si vuole diventa un diritto da acquisire!) anche l’aborto si è trasformato in un diritto della donna. Ce lo dicono ogni giorno i fanta-giornalisti de “Il Fatto Quotidiano”, ce lo dice la Consulta di Bioetica Laica (i cui responsabili sono noti per aver teorizzato l’infanticidio), ce lo dicel’Associazione Luca Coscioni (nota manipolatrice di studi scientifici per far dire a loro quel che vorrebbero sentirsi dire).

Eppure -per molti sarà uno scandalo saperlo-, l’aborto non è un diritto. Non lo dicono solo ilTribunale Europeo, il giurista Francesco d’Agostino, il filosofo Tommaso Scandroglio e il costituzionalista Cesare Mirabelli.

Questo ovvio riconoscimento della realtà, tra i più politicamente scorretti che ci possano essere, è stato avvalorato da Vladimiro Zagrebelsky, magistrato ed ex giudice della Corte europea dei diritti dell’uomo. Dopo aver definito «legislazione estremamente restrittiva»rispetto all’aborto la nuova legislazione dell’Irlanda, -in realtà ancora un orgoglio per i difensori del diritto alla vita!- in un recente articolo ha spiegato che «la Corte europea ha affermato che, in materia così delicata, legata come è a Valutazioni di natura etica, gli Stati hanno un margine di apprezzamento nazionale che giustifica l’adozione di soluzioni diverse. Essa non ha mai affermato che esista un “diritto all’aborto”, anzi ha negato che possa pretendersi una pura e semplice libertà di scelta da parte della donna. Secondo la Corte, la disciplina nazionale relativa all’aborto riguarda il diritto al rispetto della vita privata della donna, con la conseguenza che sono ammesse restrizioni al suo esercizio. Il diritto al rispetto della vita privata, infatti, non è un diritto assoluto, insuscettibile di limitazioni e regole»«Nemmeno la legge italiana prevede un “diritto all’aborto”», ha concluso il magistrato, «essa regola la difficile, drammatica contrapposizione tra la prosecuzione della gravidanza e la tutela della madre».

Nessun diritto all’aborto, dunque. Nessun diritto a terminare la gravidanza prima del parto, anche perché tutte le leggi sull’aborto prevedono delle restrizioni: in Italia, ad esempio, oltre la 22° settimana e in una situazione ordinaria, alla donna non è permesso interrompere la gravidanza in quanto sarebbe omicidio, essendo ormai evidente che si sta parlando di due vite umane distinte (eppure questa evidenza è oggi chiara dal momento del concepimento, anche se fa comodo fare finta di nulla).

Tanto di cappello a Zagrebelsky per il coraggio di aver detto la verità. Le scalmanate di “Se non ora quando?” reagiranno? Assolutamente no, loro vengono attivate soltanto se a descrivere la scomoda realtà è un personaggio cattolico.

http://www.uccronline.it/2013/07/17/

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19/07/2013 11:22
 
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La confusione sull’eutanasia

Chi non ha argomenti convincenti per sostenere le sue posizioni è costretto a denigrare chi non la pensa come lui. Accade ogni volta che si definiscono “anti-gay” gli oppositori al matrimonio omosessuale o “contro le donne” chi è contrario all’aborto.

Per l’eutanasia, invece, l’obiettivo è dipingere i suoi oppositori come perfidi e sadici sostenitori dell’accanimento terapeutico e del mantenimento in vita dei pazienti ad oltranza. Lo sa benissimo Corrado Augias, che non perde occasione per cimentarsi in questa mistificazione della realtà.

Ancora una volta, infatti, ha confuso (o voluto confondere) il rifiuto all’eutanasia con la volontà di imporre l’accanimento terapeutico al paziente. «La cosiddetta “fine naturale della vita” ormai non esiste più. Afferma Veronesi che un paziente ricoverato in una buona terapia intensiva può essere tenuto “in vita” quasi a tempo indeterminato», ha scritto recentemente. «Ma è lecito, è morale, definire in vita quella povera carcassa trafitta da aghi e sonde?». Per mostrare che anche i cattolici ormai la pensano come lui, il furbissimo Augias chi va a citare? Ovviamente Vito Mancuso (ecco perché i laicisti gli danno così spazio!), apologeta a sua volta dell’eutanasia. Il giornalista di“Repubblica” ha quindi concluso: «Credere in una vita eterna al di là di questa dà certo enorme consolazione. Però anche l’idea di ridiventare un pugno di polvere perso nell’immensità non è male. Purché lo Stato non si metta di mezzo per renderci più lunga l’agonia, più doloroso il passaggio».

Non vogliamo entrare nel merito dei gusti esistenziali di Augias, tuttavia come lui si appoggia al sedicente cattolico Mancuso vorremmo appoggiarci al sedicente agnostico Umberto Veronesiil quale, noto oncologo, ha spiegato«Nessuno mi ha mai chiesto di agevolare la sua morte. Ho posto da sempre un’attenzione estrema al controllo del dolore e, per mia fortuna, nessuno dei miei pazienti si è mai trovato in una condizione di sofferenza tale da chiedere di accelerare la sua fine».

Come ha spiegato Veronesi, il problema del dolore oggi, fortunatamente, apparecompletamente superato grazie alle cure palliative, e parlare di  ”povera carcassa”, “agonia”, “atroci dolori” o di “sante torture” significa ingannare i propri lettori, anche perché chi è in fase terminale può legittimamente chiedere di essere sottoposto a sedazione palliativa (o “farmacologica”), come ha legittimamente fatto il card. Carlo Maria Martini (e come è disposto a fare il cardinale Elio Sgreccia, presidente emerito della pontificia Accademia per la vita), attendendo la morte dormendo. Ovviamente senza accorciare la vita del paziente, anzi addirittura allungandola.

Occorre anche ricordare che il Catechismo della Chiesa cattolica afferma«L’interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all’”accanimento terapeutico”. Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o, altrimenti, da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente». Dunque si rifiuta sia l’eutanasia che l’accanimento terapeutico, tutto si basa sullaproporzionalità tra gli oneri che un certo trattamento impone a un malato, ai suoi familiari e alle istituzioni sanitarie che accudiscono il paziente e i benefici che esso promette di fornirgli.

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07/08/2013 18:05
 
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LE COSE CHE NESSUNO DICE SUL SUICIDIO ASSISTITO IN EUROPA

di Giampaolo Squizzato

Lo scorso 5 luglio 2013, in una breve nota apparsa sul sito pro-life americano “National right to life news”, il dottor Peter Saunders, ex chirurgo e amministratore delegato dell’organizzazione britannica Christian Medical Fellowship, che associa numerosi medici e studenti di medicina, ha sollevato ancora una volta il velo sull’ipocrita e menzognera ideologia che sta alla base della cultura eutanasica. Ancora una volta è bastato qualcuno che ci facesse aprire gli occhi, che sollevasse un po’ il velo dell’indolenza generale per beccare i cultori della dolce morte con le mani nella marmellata. Con l’articolo dal titolo “20 things you might not know about assisted suicide in Europe” (20 cose che forse non sapete sul suicidio assistito in Europa), il dottor Saunders ha da subito indirizzato la sua preoccupazione su come i media britannici stiano progressivamente incentivando la programmazione pro-death: il Sunday Times, ad esempio, sposando la sua nuova e aberrante politica editoriale, ha trasmesso un documentario per “pubblicizzare” il suicidio assistito che il britannico Peter Smedley ha scelto nella clinica Dignitas vicino a Zurigo.
Ma nel campo la vera cheerleader, dice Sanuders, sembra essere proprio l’arcinota BBC che ultimamente sta cercando di saturare tutto lo scibile nel campo dell’eutanasia pascendo il gregge televisivo con le pillole di saggezza del famoso scrittore Terry Pratchett, dal 2007 malato di Alzheimer e che dal 2009 imperversa sulla principale rete britannica pontificando la sua scelta per il suicidio assistito quando ormai la malattia non gli consentirà più di vivere dignitosamente. Pratchett è stato scelto dalla BBC per parlare al pubblico e occuparsi di alcuni documentari sulle pratiche eutanasiche in Europa.
Il dottor Saunders lancia un accorato monito per il cosiddetto “effetto Werther” che tali trasmissioni possono portare, aumentando il rischio che questa spudorata e amplificata apologia del suicidio assistito degeneri in una follia di massa, con una serie ininterrotta di suicidi. Vieppiù, come si suol dire, in cauda venenum: sì perché come bene individua Saunders, il programma è palesemente univoco, unilaterale, senza contraddittorio, finendo per celare al telespettatore moltissime cose (ben 20 aspetti dice Sauders) che l’uomo medio non deve sapere, così da facilitare l’adesione incontrastata all’opzione suicida.
Naturalmente Pratchett, nel suo programma non dice che il suicidio assistito e l’eutanasia sono illegali in tutti i paesi europei ad eccezione di Belgio, Lussemburgo, Svizzera e Paesi Bassi (quattro dei cinquanta Stati sovrani): come a dire, facciamo di tutta l’erba un fascio… Nemmeno vi è traccia della bruciante sconfitta che ha subito in Scozia la proposta sull’eutanasia e sul suicidio assistito, sostenuta dalla parlamentare scozzese Margo Macdonald, malata di Parkinson; né del fatto che il 25 gennaio 2011, il Senato francese ha respinto le proposte di legalizzare il suicidio assistito e l’eutanasia, con 170 voti a 142; nemmeno che il Granduca del Lussemburgo Henri, si è opposto alla legge sull’eutanasia e come risultato è stato spogliato del suo potere esecutivo di veto sulle leggi. Il 20 gennaio 2011 la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) ha stabilito che, se da un lato vi è un ‘diritto umano’ al suicidio, lo Stato NON ha alcun obbligo di fornire ai cittadini i mezzi per suicidarsi: di questo la trasmissione non parla. Infine, il Congresso nazionale dei medici tedeschi in data 1° giugno scorso ha deciso di mutare orientamento opponendosi al suicidio assistito e l’eutanasia, vietando così ai medici di partecipare sia il suicidio assistito che all’eutanasia: anche questo a Pratchett è sfuggito, tutto propenso a enfatizzare solo il suo punto di vista e le legislazioni europee pro eutanasia. Al diavolo le sconfitte, spazziamole vie e nascondiamole sotto il tappeto!
Il dottor Sauders elenca poi anche alcuni aspetti più macabri che dovrebbero far riflettere profondamente, se non inorridire, non solo telespettatori britannici, ma ogni uomo sulla faccia della terra. Elenchiamoli: il Belgio è veramente terra d’avanguardia anche dell’eutanasia “illegale” visto che da un lato la metà dei casi di eutanasia sono “clandestini”, non segnalati alla pubblica autorità, oppure non rispettano i requisiti previsti dalla legislazione per addivenire al suicidio; dall’altro, un recente studio ha scoperto, che nella parte fiamminga del Belgio, 66 di 208 casi di ‘eutanasia’ (32%) si sono verificati in assenza di richiesta o consenso, mentre nell’88% pare che manchi proprio una richiesta scritta di eutanasia. Ma la misura non è ancora colma: quasi la metà degli infermieri belgi ha ammesso di aver ucciso senza consenso, (nonostante l’eutanasia involontaria è illegale in Belgio e visto che gli infermieri non sono autorizzati a praticare l’eutanasia, anche volontaria). Dulcis in fundo, si è infatti ormai proditoriamente diffusa la procedura di utilizzo degli organi delle vittime di eutanasia, il che, se non stessimo parlando della crudele e infausta morte di esseri umani, risulta un vero paradosso giacché il suicida, che non vuole proprio più saperne di questo mondo, continua a vedere la luce del sole, con il suo cuore, le sue cornee e qualunque altro organo sano e trapiantabile presente nel suo corpo. Ma la monocorde e patetica programmazione eutanasica della BBC non ci dice neanche che decine di bambini disabili sono stati illegalmente uccisi nel quadro del protocollo di Groningen in Olanda; né tanto meno ci rende edotti che nel 2007 circa il 10% di tutti i decessi nei Paesi Bassi sono stati collegati alla pratica della sedazione terminale e che molte di queste morti sono state in realtà dovute a disidratazione, che di solito avviene in 10 – 14 giorni, con atroce agonia silenziosa.
Rimane occulto all’ignaro telespettatore anche il fatto che sussiste un vero e proprio piano politico, economico e culturale per diffondere la “dolce morte”, sia quando Jacques Attali, ex presidente della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, dice che “l’eutanasia sarà uno degli strumenti essenziali delle nostre società future, in quanto non appena si va al di là di 60-65 anni di età l’uomo vive oltre la sua capacità di produrre, e costa alla società un sacco di soldi”; sia quando la Royal Dutch Medical Association dichiara, nel 2006, che “essere di età superiore ai 70 e stanco di vivere dovrebbe essere un motivo accettabile per la richiesta di eutanasia”. Darwinismo in salsa moderna, selezione eutanasica della specie: secondo una Camera dei Lord una legge sull’eutanasia in Gran Bretagna sul modello di quella olandese si tradurrebbe in 13.000 morti l’anno. Una vera e propria mattanza: ma questo Pratchett non ce lo dice.
Ma anche in Svizzera se ne vedono delle belle: nella sede della Dignitas di Zurigo, ci dice ancora il dottor Saunders, molti di coloro che vengono aiutati al suicidio non sono malati terminali e il direttore, l’avvocato Ludwig Minelli, ha accompagnato numerosi malati cronici, disabili, depressi o anziani ad uccidersi suggerendo al malato, anche se ancora in salute, l’opzione di un cocktail letale di droga. Soraya Wernli, infermiere impiegato alla Dignitas tra il 2003 e il 2005, ha accusato l’organizzazione di essere una “‘production line of death concerned only with profits” ( una “linea di produzione di morte il cui unico interesse è solo il profitto”): anche di questo la tv britannica non fa menzione. Né fa alcun riferimento al fatto che l’impianto della Dignitas ha dovuto spostarsi dalla zona condominiale-residenziale in cui si trovava dopo che i residenti si sono lamentati di incontrare sacchi con i cadaveri negli ascensori. Ma tra le venti cose che proprio non dovete sapere, ponete attenzione a trascorrere le vacanze in Svizzera perché se fate il bagno nel lago di Zurigo potreste imbattervi in qualche brandello umano visto che almeno 300 urne cinerarie contenenti resti umani sono state scaricate nelle acque suddette, nelle adiacenze proprio degli impianti della Dignitas. Che dire di più, scene del miglior film horror!!
L’elencazione di Saunders si conclude con un’amara constatazione che paragona quanto sta succedendo negli stati europei, che hanno sdoganato l’eutanasia, all’olocausto nazista, iniziato nel 1939 con l’uccisione di 6.000 bambini disabili e 70.000 pazienti in istituti geriatrici e psichiatrici. Sauders ci rinvia a una dichiarazione di Leo Alexander, psichiatra ebreo-americano punto di riferimento al processo di Norimberga nello svelare i dialoghi dei medici nazisti, che ha rivelato in un saggio del 14 luglio del 1949 sul New England Journal of Medicine: “I crimini sono iniziati con un sottile cambiamento nell’attitudine dei medici. E’ iniziata con l’accettazione, centrale nel movimento eutanasico, dell’idea che c’è una vita indegna di essere vissuta”. All’inizio questa macchina della morte riguardava soltanto il malato grave o cronico, ma, continua Alexander, “a poco a poco la sfera di quelli che saranno inclusi in questa categoria è stata ampliata fino a comprendere il socialmente improduttivo, l’ideologicamente indesiderato, la razza indesiderata e infine tutti i non tedeschi”. Nel 1984 Alexander reagì così a un manifesto delle università americane a favore dell’eutanasia: “E’ come la Germania negli anni Trenta, le barriere contro l’uccisione stanno crollando”. Sembra profetica questa affermazione di Alexander: se già l’aborto è diventata una delle stragi più diffuse a livello planetario, causando più di un miliardo di morti in pochi decenni, anche l’eutanasia promette di “sfondare le barriere della difesa della vita” e di accattivare l’immaginario collettivo, con l’untuosa collaborazione delle lobby politiche e mass-mediatiche. Sembra quasi che sia tornata di moda (o forse ha sempre covato sotto la cenere) la convinzione di Albert Camus romanziere francese, premio nobel per la letteratura e paladino della corrente nichilista-esistenzialista: “vi è solo un problema filosofico realmente serio, quello del suicidio”. Con buona pace dei telespettatori, prepariamoci, dopo il bombardamento a grappolo sull’aborto e a quello in actu sull’omofobia e la transfobia e derivati, ad una indigestione di programmazione culturale e mediatica a favore dell’eutanasia e del suicidio assistito. Ma badiamo bene a quello che ci propinano, perché ci resti ben impresso il catalogo delle venti cose che mai ci diranno e il dottor Saunders ci ha rivelato.

Fonte: prolifenews.it
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29/09/2013 14:07
 
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Eutanasia? No grazie,
accompagnare non sopprimere

Eutanasia  
 
di Marco Gabrielli*
*cardiochirurgo all’Ospedale di Cattinara (Trieste)

 
da Vita Nuova, 20/08/13
 

Siamo nel pieno di una campagna in favore dell’eutanasia: dopo anni di pubblicità unidirezionale su alcuni casi limite siamo arrivati alla raccolta di firme per la sua legalizzazione. Il tutto abilmente condito da dati statistici non confermati (nessuno studio scientifico è mai stato commissionato su larga scala per conoscere l’effettiva opinione degli italiani) e portando casistiche poco credibili e comunque non confermabili quali quelle relative alla cosiddetta “eutanasia clandestina”.

Ci troviamo davanti a militanti che sanno coprire bene l’odore della morte parlando di libera scelta, di sofferenze evitate, di dignità della vita e di libertà fino alla fine, ma tacciono su cosa sia l’eutanasia, intesa anche come suicidio assistito ed abbandono terapeutico, e a cosa potrebbe portare la sua legalizzazione soprattutto in un momento di grave crisi economica che porta ai tagli alle spese sanitarie. Il tutto aggravato dall’inverno demografico che ci siamo creati che vede un numero sempre più esiguo di giovani dover prendersi cura di un numero sempre maggiore di anziani e dove, non avendo più figli, viene meno il primo livello di solidarietà, quello famigliare.

Facile l’analogia con precedenti campagne quali quella in favore dell’aborto. Chi si sarebbe mai aspettato che in 35 anni in Italia quasi sei milioni di bambini non sarebbero nati perché uccisi legalmente nell’utero materno con la legge 194/78? E dire che solo una minima parte dei bambini abortiti fa parte dei “casi limite” tanto pubblicizzati in occasione del referendum del 1981. Se viene meno un principio, tutto crolla. L’aborto è ormai un fatto routinario perché la vita di un feto non è più considerata un valore con tutte le conseguenze che non sempre si hanno presenti: si è smesso di cercare soluzioni alternative in termini di aiuti, anche economici, ai genitori; si è smesso di ricercare terapie in grado di trattare eventuali patologie fetali; è venuta meno una rete di solidarietà in grado di aiutare le madri e le famiglie a cui fosse capitata una “gravidanza indesiderata”. L’aborto è considerato la soluzione migliore e chi non vi ricorre viene pesantemente commiserato: non sarà “obbligatorio”, ma è “fortemente consigliato” e, in assenza di aiuti concreti, come quelli erogati dal volontariato, non lascia spesso alternative.

Facile l’analogia con l’eutanasia. Perché continuare a ricercare cure quando c’è una via diversa? Perché dovrebbe continuare a vivere una persona quando un’altra affetta dalla stessa malattia ha deciso di morire? Meglio: perché lo Stato dovrebbe continuare a pagare cure per chi ha l’eutanasia come alternativa? Il passo che porterà a chiedere l’eliminazione di tutte le vite “non degne di essere vissute” è brevissimo. Lo abbiamo già visto in un triste passato che ora cerchiamo di dimenticare. Lo vediamo quotidianamente con l’aborto eugenetico.

Dai paesi europei ed extraeuropei in cui già è legale l’eutanasia giungono notizie allarmanti. Per brevità accenno solo all’estrema facilità di accesso al “suicidio assistito” che viene erogato anche per patologie non in fase terminale, alla sospensione delle cure e dei trattamenti salvavita per i pazienti più anziani o affetti da un elenco crescente di patologie per le quali è sufficiente non assumere dei farmaci per alcuni giorni per arrivare al decesso, all’eutanasia del non consapevole quale può essere un malato di Alzheimer, agli errori diagnostici su persone avviate verso protocolli eutanasici e alla sempre più diffusa “eutanasia pediatrica”. Anche fosse vero che una esigua minoranza di medici pratica l’eutanasia non sarebbe sufficiente per far approvare una legge che la consenta: questo varrebbe anche per tutti gli altri reati, pensiamo, ad esempio, all’evasione fiscale o al non rispetto dei limiti di velocità.

Non è cosa esclusiva dei cristiani riconoscere che è insito nell’uomo quell’istinto di sopravvivenza che ci accomuna agli animali e che eliminiamo solo facendoci violenza. In più l’uomo, con la ragione, dovrebbe riconoscere la vita come valore assoluto. Non possono essere dimenticate tutta quella serie di relazioni che danno scopo e dignità alla vita, anche se questa attraversa momenti difficilissimi ed è particolarmente fragile, vulnerabile, dipendente e, per questo, richiedente aiuto e sostegno. Voler eliminare con la morte queste fasi fa venir meno l’umanità di chi soffre e di chi accompagna nella sofferenza. Accompagnare non è semplice, ma sicuramente più umano che sopprimere.

Non è detto che si debba per forza soffrire, accusa gratuita che viene spesso rivolta verso la Chiesa Cattolica: già nel 1957 papa Pio XII precisò che è da ritenersi moralmente lecita una terapia antidolorifica anche se, al fine di alleviare i dolori, di fatto abbrevia la vita. Insegnamento ribadito anche nel Catechismo della Chiesa Cattolica, che pure vieta espressamentel’accanimento terapeutico. La “morte imposta nella sofferenza” di cui i cattolici vengono accusati è una menzogna pretestuosa di chi si batte per la legalizzazione dell’eutanasia.

Da ultimo qualche brevissima considerazione sulle dichiarazioni anticipate di trattamento (DAT). Le DAT sono lo strumento culturale per far accettare ed approvare l’eutanasia. In assenza di una legislazione nazionale non ha alcun senso istituire dei registri a livello locale che le raccolgano. Non si deve temere che i medici pratichino il tanto temuto accanimento terapeutico perché questo è vietato tanto dal Codice Penale quanto dal Codice di deontologia medica. Lo stesso dicasi per l’eutanasia. Che valore può avere una dichiarazione resa in giovane età, davanti ad un funzionario non preparato a raccoglierla in un mondo in veloce cambiamento anche dal punto di vista terapeutico? Tutti noi possiamo cambiare le aspettative di vita e magari quello che oggi ci sembrerebbe insopportabile un domani potrebbe non esserlo più e quanto oggi non è curabile un domani potrebbe diventarlo. Desta preoccupazione leggere il testo di alcune DAT sottoscritte da giovani e rese pubbliche attraverso Internet. Chi firma queste dichiarazioni, spesso tratte dallo stesso canovaccio, dichiara di rifiutare trattamenti quali “rianimazione cardiopolmonare” o “intubazione tracheale”, trattamenti che, se accompagnati al trattamento risolutivo delle cause che li hanno resi necessari, possono portare alla piena guarigione. Il rifiuto aprioristico di questi trattamenti può causare la morte della persona che avrebbe potuto riprendere una vita normale. Stiamo attenti a quello che firmiamo

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12/10/2013 16:12
 
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Ambrogino d’Oro a Paola Bonzi:
16mila vite salvate dall’aborto

Paola BonziQualcuno che ti aiuti a riflettere in un momento di grande sfiducia, un luogo dove tu possa sentirti accolto quando la lucidità della tua psiche vacilla, una dimensione calda e umana che ti conforta e ti ricorda la prospettiva della vita quando il tuo unico pensiero protende alla morte. IlCentro aiuto alla Vita della clinica Mangiagalli di Milano tenta, quotidianamente, di essere tutto questo.

Di aiutare giovani donne a superare maternità difficili, orientate a quella che sembra essere l’unica soluzione possibile, l’aborto. In tante, tantissime, coloro che entrate in questo Centro per uno sfogo in cui sembravano pronte a spegnere quel respiro che già pulsava in grembo, oggi benedicono quel figlio, divenuto motivo di una esistenza. E tutte oggi dicono grazie aPaola Bonzi, direttrice del Cav della clinica Mangiagalli. Sono circa 16 mila i bambini nati dalle quasi 18 mila donne conosciute nella piccola sala della clinica.

Oggi quel luogo di rinascita e speranza è in crisi per mancanza di fondi e rischia di chiudere; se così fosse, tante altre madri non avranno in futuro la possibilità di scegliere la vita. Di essere incoraggiate, illuminate, consapevolizzate rispetto alle conseguenze del gesto intenzionato a compiere, perchè dettato dallo smarrimento, dal disorientamento di una notizia. Grazie a un appello promosso dal consigliere provinciale Nicolò Mardegan (Pdl), il mondo della società civile e politico si è mosso trasversalmente per partecipare a una serata di gala e perl’assegnazione dell’Ambrogino d’oro a Paola Bonzi.

Un modo per attirare l’attenzione su questa finestra di solidarietà. Un alzare le antenne su una struttura sociale che opera in modo bipartisan. Da destra a sinistra, dal mondo della cultura a quello dello show, dai cattolici agli atei, stanno firmando l’appello per conferire l’Ambrogino d’Oro a Paola Bonzi. Anche insospettabili come Lorenzo Strik Lievers, storico radicale pannelliano. E il suo esempio è stato importante anche per un altro radicale come il consigliere comunale Marco Cappato che ha asserito : «Io non conosco Paola Bonzi e mi informerò per capire ma ho la massima stima per Lorenzo e per la sua opinione. Se questo lavoro di Paola Bonzi è svolto in modo serio e non ideologico io non ho nessun motivo per essere contrario».

E su questa scia sono già centinaia le personalità del mondo dell’imprenditoria e delle istituzioni che stanno partecipando alla raccolta di firme per assegnare, a Paola Bonzi , la benemerenza attribuita ai Milanesi che hanno contribuito a fare grande Milano. Tra le prime firme apposte vi è quella dell’assessore regionale alla Salute e vice presidente Mario Mantovani, intervenuto alla serata di beneficenza organizzata proprio per raccogliere fondi per il ‘Centro di aiuto alla vita’. E sui social network, in primis Facebook (clicca qui per aderire), impazzano i commenti e i like per appoggiare la destinazione del premio, un premio che andrebbe a sintetizzare materialmente quella che è stata “una vita dedicata alla vita”.

Livia Carandente

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29/10/2013 21:41
 
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Proseguono le vittorie pro-life nel mondo




In Canada la British Columbia Court of Appeal ha confermato il divieto canadese sulla legalizzazione del suicidio assistito, trovandolo pienamente costituzionale in quanto non violano il “diritto” di morire.


Negli USA si è toccato il record del numero di cliniche abortiste chiuse. Infatti, grazie alle recenti cliniche che hanno cessato l’attività (anche quattro nel Texas), nel 2013 sono state 44 quelle che sono state costrette a chiudere i battenti. In generale quasi una clinica abortista su 10 negli Stati Uniti ha chiuso o smesso di eseguire aborti a partire dal 2011.


Nel North Dakota (USA) una recente sentenza ha respinto un ricorso contro la legge in vigore nel Paese che vieta l’aborto di bimbi disabili. Si tratta del primo Stato a vietare aborti di bambini affetti dalla sindrome di down.


In Ohio (USA) secondo un sondaggio del “Public Religion Research Institute” ha rilevato che il 51% dei cittadini avrebbe votato contro un emendamento costituzionale per ridefinire il matrimonio aprendolo alle coppie omosessuali, mentre il 45 per cento avrebbe votato sì.


In Italia è stata firmata la convenzione tra l’Uls 16 di Padova ed il Movimento per la vita, che autorizza i volontari, muniti di apposito distintivo, ad entrare nell’ospedale per aiutare le donne con una maternità problematica, offrendo loro assistenza, servizio di accoglienza e ascolto; interventi a favore di maternità e genitorialità; realizzazione di attività per l’inserimento lavorativo; interventi di ascolto, di sostegno morale e psicologico, nonché di sensibilizzazione della comunità civile; promozione di iniziative di carattere formativo, educativo ed informativo.


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08/11/2013 12:07
 
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 Max Tresoldi: La vita è bella cos'ì com'è




Nonostante il cervelletto tranciato e i consigli di staccare il respiratore artificiale, la mamma di Max, Ezia, non si è lasciata abbindolare dai cultori della cultura dello scarto e ha iniziato ad assistere suo figlio, tutti i giorni. Una sera in un momento di sconforto, dopo avergli fatto fare il segno di croce è crollata: «Gli ho proprio detto: adesso basta, questa sera non ce la faccio. Se vuoi farti il segno della croce, te lo fai da solo. Era una frase buttata lì, rivolta più a me stessa che a lui», ha raccontato. Improvvisamente Massimiliano ha alzato la mano e si è fatto il segno della croce da solo. Da quel momento, giorno per giorno, ha iniziato il risveglio, lento e faticoso, fino ad arrivare a scrivere e pronunciare le prime parole. Da allora, pur disabile, gira l’Italia a raccontare la sua storia e di come a salvarlo sia stata la cura dell’amore.


Lunedì pomeriggio, 4 novembre 2013, le telecamere di Rai1 del programma “La vita in Diretta”, condotto da Paola Perego e Franco di Rame sono entrate in casa Tresoldi, intervistando mamma Ezia e gli amici di Max. Ospite in studio anche Alda D’Eusanio, già simbolo della tv trash (a lei Pannella regalò un pacchetto di hashish in diretta e lei indossò la maglietta con scritto “Dalla: non è un cantante, è un consiglio”). Sui titoli di coda, mentre la famiglia Tresoldi e Max stavano ancora salutando, la D’Eusanio ha preso la parola: «Rivolgo un appello pubblico a mia madre, se dovesse accadermi quel che è accaduto a Max, non fare come sua mamma! Quella non è vita. Quando Dio chiama, l’uomo deve andare!». I conduttori scioccati, come racconterà Di Rame, hanno dato la parola a mamma Ezia negli ultimi secondi di trasmissione, mentre Max si agitava: «Voglio dire a quella signora che io non ho riportato in vita mio figlio, mio figlio è sempre stato in vita. E la sua vita è bella così com’è».


Il quotidiano“Avvenire”ha chiesto le scuse da parte della Rai che fortunatamente sono arrivate«La Rai si dissocia dalle dichiarazioni e dai commenti che la giornalista Alda D’Eusanio ha indirizzato, nel corso della trasmissione “La Vita in Diretta”, a Max Tresoldi, la cui storia ha commosso milioni di telespettatori – ha scritto al direttore di “Avvenire” il responsabile relazioni con i media, Fabrizio Casinelli –. La Rai esprime solidarietà e comprensione alla famiglia, apprezzandone i valori e i sacrifici fatti per consentire al giovane Max di continuare a vivere nella convinzione che la vita è “bella così come è” e che merita di essere vissuta pienamente».


Questo pomeriggio alle 15:20 Max Tresoldi tornerà in diretta alla trasmissione di Rai1 (quisi può vederla dal PC). Ci auguriamo che anche Alda D’Eusanio chieda scusa a lui e alla famiglia, perché anche lei contribuisca a combattere quella “cultura dello scarto”, che -come si è lamentato Papa Francesco, «tende a diventare mentalità comune, che contagia tutti. La vita umana, la persona non sono più sentite come valore primario da rispettare e tutelare, specie se è povera o disabile, se non serve ancora – come il nascituro –, o non serve più – come l’anziano».


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09/11/2013 17:05
 
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Miss Mondo 2013: più bella dentro che fuori




Alla  domanda su quale posizione avesse a proposito della controversa “RH” ossia  legge filippina su “parentalità e salute riproduttiva” – espressione giuridica che rivela immancabilmente che le controversie dipendono dalla finalità di affermare  la gender theory  travestita [!] da diritti umani- ha risposto: “sono  pro- life e se questa  [legge N.d.r.]intende uccidere qualcuno che è già presente, sono certamente contro.Sono contraria all’aborto”.


Già, perché non si tratta di essere pro o contro un’idea, di esercitare un’opzione piuttosto che un’altra come la formula pro-choice fa surrettiziamente pensare. Si tratta di prendere una decisione sulla materia fondamentale : decidere che la vita di qualcuno prosegua o no. Uccidere, non esprimersi negativamente su una proposta. Lo spettatore televisivo che la scrutava attentamente solo per confermare o smentire con tutta l’autorevolezza della propria originalissima opinione il verdetto che l’ha eletta Miss Mondo, ha dovuto fermarsi per seguire la nuova piega dell’intervista e lasciare da parte banalità come la compossibilità di bellezza ed intelligenza.


Di lì in avanti, infatti, in un minuto circa, l’intervista è diventata serratamente sistematica e ha attinto sempre più al fondo di una testimonianza personale: e allora i contraccettivi? Contraria, la cosa non la coinvolge, “il sesso è per il matrimonio .[…] Deve essere con il tuo compagno per la vita”. Quindi il divorzio? Contraria. Questo approccio  critico e il valore vissuto sulla bocca di una miss non se l’aspettavano e allora la conduttrice Karen Davila – con un sofisma tipico che fa leva sulla vanità, sull’essere socialmente accettati se non si vuole diventare vittime – va al succo della questione : “ora, dato che sei una ragazza meravigliosa, come fai a dire no al sesso?” “Semplicemente  dici di no. […] Se il ragazzo ti pressa …  ed è disposto a sacrificare il valore della relazione questo significa molto”.


Insomma, posta sulla cima di un certo mondo per la sua bellezza ha difeso  quello che ormai oggi è de facto  uno scandaloso tabù –  il valore esclusivo del sesso all’interno del matrimonio, con tutte le conseguenze etiche e vitali che comporta –  con quella semplicità autentica che molte concorrenti tradiscono di voler dimostrare dissimulando il più possibile la loro vanità compiaciuta con una nauseante colata di luoghi comuni e buonismo. La bellezza di questa semplicità è quella che la Chiesa chiama lo splendore della verità (Veritatis Splendor).


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12/12/2013 22:41
 
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Roma, 11 Dicembre 2013 (Zenit.org) | 167 hits

Il Parlamento europeo ha respinto ieri la relazione fortemente controversa sui diritti e la salute sessuale e riproduttiva presentata dall’europarlamentare portoghese Edite Estrela. La relazione aveva provocato una vera e propria sollevazione in tutta Europa. "Il testo presentava infatti una serie di proposte e linee guida inammissibili", commenta il presidente del Forum delle Associazioni Familiari, Francesco Belletti. "Proponeva ad esempio l'aborto come diritto umano - spiega - e invitava l'Unione europea a finanziare Paesi terzi solo se essi legalizzano l'aborto, osteggiava l'obiezione di coscienza, sviliva la libertà di educazione e il ruolo dei genitori, attaccava la famiglia, imponeva un'educazione sessuale dannosa e succube delle proposte delle lobby gay arrivando all’incentivazione della masturbazione anche per bambini inferiori ai sei".


In sostanza, secondo Belletti, il documento era "un’intromissione, aberrante nei contenuti, in argomenti e tematiche di stretta competenza dei singoli Stati membri e non delle istituzioni europee. Con fortissimi dubbi anche procedurali visto che era già stata bocciata dall’assemblea ad ottobre ma reiterata dalla Commissione Diritti della donna con una forzatura senza precedenti delle procedure del Parlamento".

"Questo voto è una grande vittoria dei cittadini dell’Ue che in questi giorni avevano levato la loro voce attraverso mozioni e pressioni sui parlamentari", afferma soddisfatto il Presidente del Forum. "Per una volta - aggiunge - questa voce è stata più forte di quella delle lobby che sostenevano la relazione".

Sull’esito del voto avrà probabilmente influito sia il prezioso lavoro presso le istituzioni dell'UE svolto dalla FAFCE, la Federazione europea delle associazioni familiari, sia la campagna UnoDiNoi che nelle scorse settimane si è conclusa con due milioni di adesioni in tutta Europa, e che - conclude Belletti - "ha costituito un segnale netto della volontà popolare degli europei sui temi legati al diritto alla vita".

(11 Dicembre 2013) © Innovative Media Inc.
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14/12/2013 14:11
 
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Belgio :
Il Senato dice sì all’eutanasia per i minori. Nessun limite di età: anche un bambino di 5 anni potrà richiederla..si avete letto bene il bimbo potrà RICHIEDERLA lui stesso..NESSUN LIMITE DI ETÀ. L’eutanasia per i minori è la legge più liberale mai approvata al mondo perché i politici si sono rifiutati di mettere un limite d’età: anche un bambino di 5 anni, quindi, potrà farsi uccidere se prova una sofferenza insopportabile di ordine fisico, se è in fase terminale, se i suoi parenti sono d’accordo e se uno psichiatra attesta che è in grado di discernere quello che sta facendo.
Purtroppo, come è stato dimostrato nel caso della legge sull’eutanasia del 2002, gli abusi sono continui, i casi per cui è possibile ottenere la “dolce morte” sono aumentati a dismisura (sempre più malattie, anche non terminali) ed è impossibile controllare se si verificano irregolarità.http://www.tempi.it/belgio-il-senato-dice-si-all-eutanasia-per-i-minori-nessun-limite-di-eta-anche-un-bambino-di-5-anni-potra-richiderla#.Uqsbjyf99Py
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18/12/2013 16:41
 
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Una vita strappata dall’eutanasia




AFP_1205221003.jpgUn articolo pubblicato qualche settimana fa sul sito del settimanaleTempi riporta la storia straordinaria di Angèle Lieby, un’operaia francese che il 13 luglio 2009 è caduta in uno stato vegetativo.


Tutto è cominciato con una forte emicrania ed un consulto d’emergenza presso l’ospedale di Strasburgo, seguiti repentinamente da disturbi della parola, affanno e perdita di conoscenza. A questo punto Angèle viene immediatamente ricoverata, ma i medici la danno per spacciata: il coma in cui si trova, dicono, non concede speranze di remissione.


Come si legge nel libro pubblicato grazie alla collaborazione del giornalista Hervé de Chalendar (Angèle Lieby, Una lacrima mi ha salvato; edizioni San Paolo), Angèle è conscia di tutto: sepolta all’interno di un corpo incapace di ogni minimo movimento, la signora Lieby conserva solo il senso dell’udito e, lentamente, intuisce di essere attaccata a una macchina che la tiene in vita.


Ma l’incubo non è finito. Dopo quattro giorni, infatti, il medico che la tiene in osservazione spiega al marito che non c’è più nulla da fare: l’unica soluzione è di concederle una morte dignitosa staccando la spina. Angèle vorrebbe urlare di essere viva, ma non riesce a lanciare alcun segnale, anche il più piccolo, della sua reale condizione. Grazie a Dio il marito rifiuta in maniera categorica i consigli del medico ed il calvario prosegue, non senza altre pressioni da parte dello staff ospedaliero, per altri otto giorni.


Arriviamo quindi al 25 luglio, anniversario di matrimonio di Angèle. Sua figlia Cathy entra in camera e le confida di aspettare il terzo figlio e che sarebbe molto contenta se la nonna potesse vederlo. A questo punto accade l’imprevedibile: dagli occhi di Angèle sgorga una lacrima e, come se non bastasse, poco dopo la famiglia si accorgerà di un minuscolo movimento di un mignolo. C’è ormai poco da discutere, Angéle è viva. Da quel giorno per Angèle inizierà un lungo percorso di rieducazione alla vita che, con piccoli ma costanti progressi, la riporterà in meno di un anno alla guarigione.


Una diagnosi più approfondita rivelerà che la signora Lieby aveva contratto l’encefalite troncoencefalica di Bickerstaff, una rara condizione neurologica ad eziologia infettiva. Nel suo libro Angèle punta il dito contro una certa classe medica che tende a considerare il paziente in stato di coma come un “vegetale” piuttosto che un “essere umano”.


Se prima del 13 luglio 2009 Angèle avesse firmato un testamento biologico, con ogni probabilità quella lacrima non l’avrebbe scagionata. Il tema del “fine vita” è troppo spesso argomento di dibattiti dettati dal più becero sentimentalismo, piuttosto che dal rigore della scienza e dal rispetto dell’etica. La strumentalizzazione mediatica di alcuni drammi che coinvolgono intere famiglie non fa altro che spostare la questione lontano dal suo fulcro reale: cosa si conosce della vita?


E mentre i salotti televisivi si riempiono di voci e dalle aule di tribunale si levano,apparentemente unanimi, i cori di una popolazione che grida al “rispetto della volontà altrui”, nelle corsie d’ospedale, tra i ricoverati per appendicectomia, gli anziani scompensati ed i malati terminali, grida il silenzio di quelle anime vive intrappolate in corpi che sembrano non rispondere più.


Filippo Chelli



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18/12/2013 16:55
 
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L’aborto e il “cattolico” 




Per cercare di rispondere a questa domanda, nel novembre scorso abbiamo letto con molta attenzione e curiosità le riflessioni di alcuni ginecologi abortisti, rimanendo molto sorpresi. Anche loro sanno benissimo che l’embrione è un essere umano, un “bambino” dicono alcuni, nessuno infatti è contento del suo lavoro quando si tratta di sopprimere una vita umana. Addirittura Alessandra Kustermann, della Mangiagalli di Milano, spera di poter redimersi davanti a Dio quando sarà in pensione. Siamo rimasti però con una domanda: se allora è evidente che l’embrione è un essere umano, con quale diritto etico e morale lo si uccide, violando così il suo diritto alla vita? Forse il fatto che la legge lo permetta (fino ad una certa data, perché dopo i 90 giorni obbliga, giustamente, a partorire) evita che la coscienza si interroghi? E’ quindi la legge votata a maggioranza a determinare cosa è eticamente giusto o sbagliato?


Con la stessa curiosità e attenzione abbiamo letto la recente intervista de “L’Espresso” al dott. Nicola Surico, presidente uscente della Società italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo) ed attuale Presidente dei chirurghi italiani, oltre che professore ordinario e direttore della clinica ginecologica della facoltà di medicina di Novara. L’”Espresso” ha iniziato una battaglia contro la tutela della vita e della maternità e a favore dell’aborto, questa intervista rientra in questo contesto.


«Io sono cattolico. Obiettore. Ma penso che la legge vada applicata. Punto. E nel miglior modo possibile». Così inizia l’intervista che serve a richiamare fin da subito l’alto senso civico verso lo Stato del dott. Surico. Un cattolico particolare, però, che sembra infastidito dalle dichiarazioni dei Pontefici e del Vaticano contro l’aborto, tanto che più sotto si lamenta che in Italia «ci sono due Stati, non uno, e lo dico da cristiano». Ma è la prima risposta in realtà a sconcertare: «Far abortire una donna è un lavoro che non piace a nessuno. Molti miei colleghi dopo un po’ non ce la fanno più: si tratta pur sempre di interrompere una vita, e questo pesa. È un dolore traumatico per le pazienti che lo richiedono ma è un problema anche per i medici: ne ho conosciuti molti inseguiti dal rimorso». Con tranquilla nonchalance si riconosce che si tratta di “interrompere una vita” umana e che la legge incredibilmente lo permette. Vengono subito in mente le recenti parole di Papa Francesco: «Ma voi pensate che oggi non si facciano i sacrifici umani? Se ne fanno tanti, tanti! E ci sono delle leggi che li proteggono».


Tuttavia, per l’illustre medico è preferibile far rispettare (“nel miglior modo possibile”) la legge, piuttosto che il comandamento evangelico “non uccidere” quando si tratta di una vita umana. E questo paradossalmente deriverebbe proprio dalla sua fede religiosa: «Da cattolico che non accetta che una legge non venga applicata». Bene, e se la legge permettesse l’infanticidio dei neonati, come due ricercatori della Consulta di Bioetica Laica, guidata da Maurizio Mori e Beppino Englaro (presidente onorario), hanno teorizzato? Oppure ricordiamo le leggi razziali? La legge andrebbe rispettata (“nel miglior modo possibile”) anche in questo caso? E’ sicuro che il cattolico deve rispettare sempre la legge? Se non è così, con quale criterio decidere quando farlo e quando non? Come ha ricordato Renzo Puccetti, durante il processo di Norimberga si è riconosciuto che esiste «il dovere di disobbedire alle leggi chiaramente riconoscibili come in violazione di principi morali superiori». Forse allora uccidere una vita umana non è in violazione dei principi morali superiori? Forse esistono vite umane la cui uccisione viola “meno” i principi morali? Vite umane più sacrificabili delle altre? Nessuna risposta a questo.


Fortunatamente l’ex presidente della Sigo riconosce che l’obiezione di coscienza non disturbal’accesso all’aborto come viene detto da chi vuole impedire la libertà dei medici e anche che «l’obiezione è un diritto che va rispettato», anche se però aggiunge: «esattamente come quello di abortire». Esiste un diritto all’aborto? Quale legge lo stabilisce? Forse la Costituzione parla di diritto? Il laico magistrato Vladimiro Zagrebelsky, ex giudice della Corte europea dei diritti dell’uomo, ha spiegato che «la Corte europea [...] non ha mai affermato che esista un “diritto all’aborto”, anzi ha negato che possa pretendersi una pura e semplice libertà di scelta da parte della donna [...]. Nemmeno la legge italiana prevede un “diritto all’aborto”, essa regola la difficile, drammatica contrapposizione tra la prosecuzione della gravidanza e la tutela della madre». Proprio in questi giorni il Parlamento europeo ha respinto in via definitiva il rapporto Estrela su “Salute e diritti sessuali e riproduttivi”, che avrebbe sponsorizzato l’aborto come diritto umano


Ci sembra abbastanza preoccupante che l’ex Presidente della Società italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo) parli di “diritto all’aborto” e dunque mostri di non conoscere la legislazione italiana rispetto all’interruzione di gravidanza. Sopratutto che consideri il rispetto per una leggesuperiore al rispetto (o al far rispettare, essendo lui obiettore di coscienza) della vita umana.«Sembra poco prudente e esageratamente pericoloso dichiararsi cattolici e pronunciarsi favorevolmente su un atto legislativo le cui conseguenze sono stati così dolorose e cattive»,ha commentato il dott. Puccetti. «C’è una contraddizione di fondo nel dirsi cattolico e poi accettare che non si pratichi la carità per il più indifeso degli esseri umani. Non è assurdo che in nome di un diritto presunto alla scelta, si accetti di sopprimere la vita di un innocente bisognoso di accoglienza e di amore?». Quella del Papa citata più sopra «è un’affermazione che non lascia via di fuga. Il Santo Padre porge la sua parola ad ogni uomo, soprattutto a chi si professa cattolico».



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21/12/2013 14:04
 
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Spagna, aborto torna a essere reato
per i medici che lo praticano

Il governo conservatore rende l'interruzione di gravidanza
possibile solo in pochi e specifici casi

La Spagna ci ripensa e rende più complicato l'accesso all'aborto. Il governo conservatore di Mariano Rajoy ha approvato ieri un progetto di legge più restrittivo delle norme in vigore dal 1985, modificate nel 2010 dalla maggioranza progressista di José Luis Rodriguez Zapatero, che pose la legislazione spagnola all'avanguardia in Europa.


Se il Parlamento approverà il progetto - e non dovrebbero esserci sorprese in questo senso, dato che il Partido popular (Pp) del premier ha la maggioranza assoluta - l'aborto sarà un reato, anche se solo per i medici e non per la donna, e potrà essere consentito solo in pochi casi e ben specificati.

Il Pp aveva fatto di questa riforma uno dei punti salienti del programma elettorale con cui vinse le elezioni nel 2011. L'approvazione del progetto di legge viene però contestato dalle femministe e dal Partito socialista (Psoe) che lo definisce "cinico e ingiusto". L'opposizione annuncia battaglia per cancellare una legge che colpisce "l'autonomia delle donne per esercitare liberamente la loro maternità". Chiede il voto segreto e si appella alle 76 deputate del Pp per modificare il testo. Ma le possibilità che ciò avvenga sono molto scarse.
La "Riforma della salute sessuale e riproduttiva e della interruzione volontaria della gravidanza" modifica la legge in vigore da tre anni. Elimina i vincoli temporali entro i quali è possibile interrompere la gravidanza e l'aborto è consentito solo nei casi di stupro e di "pericolo grave" per la salute fisica o psichica della donna. Inoltre, abolisce anche la possibilità, introdotta nel 2010, che ragazze minori di 16 anni possano abortire senza il consenso dei genitori (sarà obbligatorio).
L'aborto non avrà conseguenze penali per la donna (ma non si specifica se siano previste sanzioni amministrative), mentre costituirà reato per i medici che violino la legge. Viene introdotta la possibilità di obiezione di coscienza per i medici e i professionisti che prescrivono l'interruzione della gravidanza non potranno lavorare nei luoghi dove sarà poi effettuata. La legge attualmente in vigore consente di poter abortire, senza dare spiegazioni, entro le prime 14 settimane; il termine viene elevato a 22 in caso di "grave pericolo per la vita o la salute della donna", rischio di gravi anomalie per il feto, o infermità estremamente gravi e incurabili
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29/04/2014 19:45
 
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«La “Marcia per la Vita”
ha salvato il mio bimbo dall’aborto»

Proprio per difendere la donna e il diritto del nascituro, l’appuntamento è il 4 maggio 2014 a Roma per l’annuale ritrovo del mondo pro-life italiano attraverso una marcia per le vie della Capitale. «La “Marcia per la Vita” è il segno dell’esistenza di un popolo che non si arrende e vuole far prevalere i diritti di chi non ha voce sulla logica dell’utilitarismo e dell’individualismo esasperato, sulla legge del più forte», scrivono gli organizzatori sul sito web www.marciaperlavita.it, dove troverete tutte le informazioni (qui l’acquisto della maglietta ufficiale).

La “Marcia per la Vita” è un’iniziativa diffusa in tutto il mondo. Il portale“aciprensa.com” ha pubblicato una testimonianza da parte di una donna, la giovaneCristina Barreto, che ha partecipato alla Marcia di Lima (Perù), a cui hanno partecipato oltre 250mila persone. Cristina ha spiegato: «Nel 2013 ho scoperto di essere incinta, la situazione era piuttosto complicata e mi è venuta in mente la peggiore decisione in questi casi», ovvero l’aborto. La sua attenzione però è stata catturata dalla pagina Facebook della “Marcia per la Vita”, dove in ogni post o immagine si faceva riferimento al valore della vita, parlando del bambino come “dono di Dio”. «Così ho deciso di lasciare nascere mio figlio, oggi siamo qui entrambi alla Marcia per Vita».

Una cosa simile è accaduta a Michelle che nel settembre 2013 è entrata in una clinica spagnola, venendo però accolta da alcune donne: «Era proprio la salvezza che attendevo. Marta ha guardato me e la mia amica, ci ha fermato e mi ha chiesto di cosa avessi bisogno per non abortire: sono rimasta sorpresa da quel suo modo di essere così diretta. Mi sono arresa e mi sono messa a piangere. Ho cominciato ad ascoltarla, non mi sono neppure accorta del tempo che passava. Quelli della clinica ci guardavano. Ho deciso di non entrare. Non avrei mai voluto abortire, ma con tante pressioni attorno…Tutto ti spinge verso quella scelta. Oggi posso parlare del futuro della mia bambina stando accanto a lei: è diverso. Ho mia figlia, ma continuerò a studiare per lei, per entrambe»

Il 5 maggio, il giorno dopo la “Marcia per la Vita” italiana, donne come Cristina, Michelle e Marta saranno puntualmente calunniate e insultate sui quotidiani, accusate dai nostri intellettuali laici, dalle femministe e dai fans dell’associazione Luca Coscioni, di essere fasciste, oltranziste, bigotte e terroriste. E’ accaduto nel 2012, ed è accaduto nel 2013, dove ad esempio Furio Colombo ha parlato ad esempio di puro “terrorismo”. Per il cattolico sui generis Alberto Melloni, invece, «con la Chiesa questa marcia ha ben poco a che fare». Smentito ovviamente da Papa Francescoche ha rivolto parole di incoraggiamento ai manifestanti, a cui ha chiesto di mantenere viva l’attenzione «sul tema così importante del rispetto per la vita umana sin dal momento del suo concepimento».


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05/05/2014 16:39
 
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La “Marcia per la vita”
incoraggiata da Papa Francesco

Marcia per la vita 2014 2Dall’insulto all’indifferenza: così i media hanno cambiato il loro atteggiamento nei confronti della “Marcia per la Vita” (www.marciaperlavita.it), che si è tenuta ieri, nella terza edizione, nelle vie di Roma. 50mila persone, mamme, papà, nonni e tantissimi bambini hanno proclamato il loro amore per la famiglia e per la vita, chiedendone il rispetto dal concepimento fino alla morte naturale.

Arrivati in piazza San Pietro, sono stati salutati da Papa Francesco«Saluto l’Associazione “Meter”, che da quasi vent’anni lotta contro ogni forma di abuso sui minori. Grazie per il vostro impegno! Come pure i partecipanti alla Marcia per la Vita, che quest’anno ha un carattere internazionale ed ecumenico. A “Meter” e ai partecipanti alla Marcia della Vita tanti auguri e avanti, e lavorare su questo!». Importante la sottolineatura sull’aspetto ecumenico, in data la presenza tra i manifestanti di rappresentanti e fedeli della Chiesa ortodossa (tra cui l’ambasciatore Onu, Alexey Komov), di protestantievangelicivaldesi ed anche musulmanimarocchini. Lo stesso avvenne anche l’anno scorso quando il Pontefice chiese di mantenere viva l’attenzione «sul tema così importante del rispetto per la vita umana sin dal momento del suo concepimento». Oltre ad esponenti politici di Forza Italia, Lega Nord e Fratelli d’Italia, anche quest’anno ha presenziato il card. Raymond Leo Burke, prefetto della Segnatura Apostolica, così come hanno aderito ufficialmente anche diverse diocesi italiane, come quella di Trani-Barletta-Bisceglie.

Quest’anno Furio Colombo, de “Il Fatto Quotidiano”, non ha parlato dei “terroristi” che hanno partecipato all’evento pro-life, ma lo farà probabilmente nei prossimi giorni,così come fece l’anno scorso. Il cattolico sui generis Alberto Melloni, invece, ha scelto un lungimirante silenzio, astenendosi dal scrivere che «con la Chiesa questa marcia ha ben poco a che fare». Anche i sempre poco tolleranti militanti dell’Associazione Luca Coscioni non si sono (ancora?) fatti sentire, strano ma vero. Il sindaco di Roma, Ignazio Marino, si è invece distinto un’altra volta per la sua lontananza etica e morale da Papa Francesco, negando il patrocinio del comune di Roma alla “Marcia per la Vita” e scegliendo di patrocinare, aprendolo personalmente, il Gay Pride del 7 giugno prossimo.

Oltre alle agenzie di stampa, pochi i quotidiani nazionali (molti quelli locali, invece!) si sono occupati dell’evento pro-life. Il Giornale” ha sottolineato la “benedizione” di Papa Bergoglio, considerevole anche il servizio del quotidiano Repubblica, autore di un articolo neutrale e, sopratutto, sincero nei contenuticorredato da immagini molto belle. Tra i vaticanisti, l’unico a parlare delle 50mila persone è stato l’ottimoMarco TosattiSu “La Gazzetta del Sud”Fausto Gasparroni, noto per il bruciante interesse verso gli “intrighi vaticani”, ha tentato il noioso giochino “Papa Francesco vs. Benedetto XVI”, gioendo per il fatto che Bergoglio abbia riservato per i manifestanti solo «uno scarno saluto», perché la difesa dalla vita e della famiglia «non sono i suoi veri cavalli di battaglia, né sono al centro della sua azione di Pontefice». La “Marcia per la Vita” è un’iniziativa locale di fronte al mondo, è ovvio che non vi sia e non vi sarà alcun “appello” del Pontefice, al di là di un saluto e un incoraggiamento. Nessuno si aspettava altro. Rispetto all’importanza di questa tematica per il Papa, Gasparroni dovrebbe essere competente nel suo lavoro ed invece ha dimenticato le parole di Francesco che contraddicono la sua tesi: «La nostra risposta a questa mentalità», ha infatti affermato Papa Bergoglio nel settembre scorso«è un “sì” deciso e senza tentennamenti alla vita. Per questo l’attenzione alla vita umana nella sua totalità è diventata negli ultimi tempi una vera e propria priorità del Magistero della Chiesa, particolarmente a quella maggiormente indifesa, cioè al disabile, all’ammalato, al nascituro, al bambino, all’anziano, che è la vita più indifesa». Una “priorità” per la Chiesa, caro Fausto.

Un’altra buona notizia prima di concludere: è nata in Italia una nuova associazione in difesa della vita, fondata all’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum. Il suo nome è“Vita è”, con l’intenzione di raggruppare varie realtà già impegnate in quest’ambito. Numerosi i volontari, medici, giuristi e giornalisti che hanno già aderito.

 

Marcia per la vita 2014

Marcia per la vita 2014 3

Marcia per la vita 2014 5

 

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16/05/2014 12:16
 
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Anche chi ha la sindrome di Down
può essere felice

Bambini down«Cara futura mamma, non avere paura. Tuo figlio potrà fare un sacco di cose». La rassicurazione arriva da una serie di bambini e adolescenti con sindrome di Down, che hanno voluto così rispondere alla lettera preoccupata di una mamma che ha appena scoperto di avere nel grembo un bambino affetto da questo handicap.

La video-lettera è stata messa on line dal CoorDown, il coordinamento nazionale delle associazioni delle persone con sindrome di Down, che l’ha realizzato in collaborazione con otto associazioni internazionali, in occasione della recente Giornata mondiale delle persone con sindrome di Down, celebrata il 21 marzo scorso.

Protagonisti dello spot dell’agenzia di pubblicità Saatchi & Saatchi diretto da Luca Lucini, sono giovanissimi (e adulti) di tutte le nazionalità, che nelle diverse lingue raccontano cosa può fare un bambino che, oggi, nasca con un handicap attorno al quale esistono ancora troppi pregiudizi. «Tuo figlio potrà essere felice», come lo sono loro.

Il Coordown sul suo sito internet scrive che «per una persona con sindrome di Down essere felice può voler dire tante cose, anche quelle apparentemente più scontate per chiunque: andare a scuola e imparare a scrivere, poter viaggiare e conoscere il mondo, avere la possibilità di lavorare, guadagnare i propri soldi e poter andare, in alcuni casi, anche a vivere da solo, magari con la persona amata».

Un anno fa abbiamo parlato di Cristina Acquistapace, anche lei affetta da sindrome di Down, che ha affermato«L’aborto è una decisione infelice, ci sono madri che non se la sentono di portare avanti dei bambini, non ce la fanno. Si perdono una grande gioia, secondo me, perché tutti i figlio, in qualsiasi modo nasca, è un dono del cielo, e ha tutto il diritto di venire al mondo per mostrare quello che è capace di fare. Anche se sa fare poco, deve far vedere che lo sa fare. Sono stata fortunata ad essere nata nel ’72, perché se nascevo oggi, nel 2000, l’amniocentesi mi fregava».

 


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22/05/2014 17:56
 
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Voglio la mamma adinolfi
http://www.uccronline.it/2014/05/22/la-sinistra-italiana-preferisce-luxuria-a-norberto-bobbio/

ADINOLFI in difesa dei valori non negoziabili

Voglio la mamma – da sinistra, contro i falsi miti di progresso
 è il nuovo libro di Mario Adinolfi, scrittore, giornalista e uno dei fondatori del Partito Democratico italiano, che ha inaugurato una battaglia, da sinistra, in difesa dei più deboli e indifesi.

«Sono stato a sinistra tutta la vita per difendere il grido dei deboli»ha spiegato in un’intervista.«Credo che la sinistra si debba fermare e chiedersi chi è il povero che vuole difendere. Io penso che oggi il più debole e indifeso sia il bambino. Io sono un peccatore, sbaglio, ma tra il desiderio dei più forti e il diritto dei più deboli continuo a battermi per il secondo. Tra il desiderio della mamma di abortire un figlio, malato o meno, sto con il figlio. Tra due coniugi che comprano un bambino, sfruttando l’utero di una madre, sto dalla parte di quello del piccolo a non essere strappato dal seno della madre e di quest’ultima a non essere usata. E davanti all’anziano che chiede l’eutanasia sto con lui e con chi lo accetta e lo ama, non con chi lo ammazza».

Sul suo blog, Adinolfi ha elencato 20 punti “non negoziabili”, che sintetizzano il contenuto del suo lavoro. «Dire “voglio la mamma”, come il titolo del mio libro, significa dire che voglio la donna. Bisogna che la donna ritorni se stessa, ossia una madre che accoglie e vuole proteggere il figlio a costo della sua vita. E invece le mie amiche di sinistra non si indignano nemmeno più per le donne sfruttate dal mercato dell’utero in affitto». Da intellettuale di sinistra critica anche il ddl Scalfarotto: «Non è giusto che stia per passare una legge, il ddl Scalfarotto, che introdurrà il reato di opinione, facendo passare il mio libro o un’intervista come questa come istigazione alla violenza o all’odio».

«Ho scritto questo libro», ha quindi spiegato, «proprio per la sinistra a cui appartengo. Occorre che si liberi da un tic mentale per cui la legge 194 non si tocca, la legge 40 è da scardinare e ora bisogna sostenere per forza la legge sull’omofobia, senza pensare nemmeno a cosa si stia facendo. Che la nostra cultura si sia ridotta ad accettare a scatola chiusa quello che dicono  all’Isola dei famosi è deprimente. Il mio libro vuole liberare da questo tic con l’arma della ragione, seguendo Pasolini, Bobbio e i grandi pensatori di sinistra. Io parto da dati di fatto per avviare una riflessione seria».

Adinolfi (che trovate anche su Facebookha partecipato alla manifestazione di Roma delle “Sentinelle in piedi” e parla di “resistenza”, tanto che dato il successo della sua battaglia, il 25 aprile ha costituito ufficialmente un’associazione«con l’ambizione di ramificarci in tutti gli ottomila comuni italiani: un circolo in ogni borgo, quartiere, città». Per far parte della neo-associazione basta scrivere aadinolfivogliolamamma@gmail.com.  

http://www.uccronline.it/2014/05/22/la-sinistra-italiana-preferisce-luxuria-a-norberto-bobbio/


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30/05/2014 13:46
 
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EUTANASIA:

Belgio, casi di eutanasia aumentati di oltre il 700 per cento in 11 anni. Oggi sono cinque al giorno (almeno).

Nel 2013 in Belgio sono state uccise 1.816 persone con l’eutanasia. I numeri pubblicati dal Le Soir evidenziano un aumento rispetto al 2012 del 26,8%, essendosi verificati in quell’anno 1.432 casi. In Belgio quindi si contano 150 casi di eutanasia al mese, cinque al giorno.

NUMERI PARZIALI. I numeri sono però parziali perché riguardano solo i casi regolarmente riferiti alla Commissione di controllo dell’eutanasia, creata in Belgio nel 2002 quando è stata approvata la legge con l’incarico di monitorare e punire gli abusi della norma (qui un elenco). In 10 anni la Commissione non ha mai riscontrato neanche un caso di irregolarità, anche perché il suo presidente è il pioniere dell’eutanasia Wim Distelmans, ma questo non significa che non ce ne siano.
Un famoso medico in Belgio, il dottor Cosyns, già nel 2007 dichiarava pubblicamente: «Io non consulto mai un secondo medico» nei casi di eutanasia, cosa richiesta dalla legge. Nel 2013, invece, ha detto davanti al Senato che l’ha chiamato per discutere l’estensione dell’eutanasia ai minori, poi approvata: «È dal 2011 che non riporto più alla Commissione i casi di eutanasia».

«BANALIZZAZIONE DELLA MORTE».
In Olanda inoltre, dove la legge sull’eutanasia è molto simile a quella del Belgio, secondo uno studio di Lancet il 23 per cento di tutti i casi di eutanasia non viene riportato. Ma anche se aggiornati con questo difetto, i dati riferiti dalla Commissione belga impressionano se si pensa che dal 2003 le persone uccise con l’eutanasia nel paese sono aumentate di oltre il 700 per cento. Nel 2003, come mostra la tabella in alto, i casi erano 235 contro i 1.816 del 2013.
Le cifre, inoltre, sono cresciute in modo costante a conferma dell’allarme lanciato dai medici belgi: «La legge sull’eutanasia sta portando alla banalizzazione della morte».
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05/06/2014 17:48
 
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Se il feto non è una persona
perché occorre salvaguardarlo?

Feto 11 settimaneDa quando, per la prima volta nella storia, il partito nazista ha reso legale abortire i figli, di fatto è divenuto legale l’omicidio. Non lo dice solo Papa Francesco(«Ma voi pensate che oggi non si facciano i sacrifici umani? Se ne fanno tanti, e ci sono delle leggi che li proteggono»), ma anche il papa laico Norberto Bobbio:«mi stupisco a mia volta che i laici lascino ai credenti il privilegio e l’onore di affermare che non si deve uccidere». Il laicissimo intellettuale Pierpaolo Pasolini fu ancora più chiaro in un durissimo articolo sul “Corriere della Sera” nel 1975: «Sono traumatizzato dalla legalizzazione dell’aborto, perché la considero, come molti, una legalizzazione dell’omicidio».

Chi sostiene l’aborto sostiene l’omicidio legale, ed è dunque costretto adarrampicarsi sugli specchi, con frequente rischio di contraddirsi platealmente, per cercare di sostenere la sua posizione senza riconoscere di essere a favore dell’omicidio di altre persone innocenti. Più volte abbiamo sottolineato questi autogolcitando le riflessioni di noti ginecologi abortisti e più volte abbiamo rilevato come siainconciliabile il tentativo di affermare che embrione/feto non siano esseri umani, giustificando così l’interruzione di gravidanza, e nello stesso tempo parlare di“dramma” dell’aborto o di “scelta sofferente”.

Nessun abortista (o anche solo contrario all’aborto ma favorevole alla legge 194) è in grado di rispondere onestamente a questa semplice domanda: se l’embrione non è un essere umano, non è “uno di noi”, perché sarebbe un dramma abortire? Se l’embrione è un grumo di cellule, perché non si abortisce con facilità e naturalezza come si dovrebbe giustamente fare per estirpare un eccesso di cellule dal proprio corpo? Se invece l’embrione è un essere umano, con quale diritto etico e morale una legge permette il suo omicidio, violando così il suo diritto alla vita? O, per dirla conNorberto Bobbio: «una volta avvenuto il concepimento, il diritto del concepito può essere soddisfatto soltanto lasciandolo nascere».

Non riesce (o non vuole) a rispondere nemmeno il prestigioso comitato etico dell’American Congress of Obstetricians and Gynecologists (ACOG) che da diversi anni sta cercando di difendere due principi in evidente competizione: l’obbligo morale dei medici e delle madri nel promuovere il benessere del feto; e il sostegno all’aborto (per sostenere l’autonomia del paziente, cioè della donna, e il suo senso di benessere).

Nei suoi documenti, infatti, l’ACOG presenta l’aborto come una procedura etica, il che comporta la presunzione che il feto non è una persona e non vi è pertanto alcun obbligo di proteggere la sua vita. Eppure in diversi altri pareri, l’ACOG contraddice, guarda caso, questa posizione. Ad esempio nella relazione sui rischi dell’uso di alcool e droga, il comitato afferma che «una donna incinta ha l’obbligo morale di evitare l’uso di droghe illegali e alcol al fine di salvaguardare il benessere del feto». Nella relazione del Comitato 397 sulla maternità surrogata si parla dell’«obbligo professionale del ginecologo a sostenere il benessere della donna incinta ». Nella relazione del Comitato 501 sulla diagnosi prenatale si afferma che «l’obiettivo prioritario degli interventi fetali è migliorare la salute dei bambini, intervenendo prima della nascita per correggere o trattare le anomalie prenatali diagnosticate. Ciò deriva da un obbligo verso il benessere del feto». E così via…

Ma qual è la natura di questo obbligo morale nel promuovere il benessere del feto? Perché il medico e la donna incinta avrebbero questo obbligo? Esiste un obbligo morale verso il benessere di altre persone, non certo verso le non persone. Eppure il comitato etico dell’American Congress of Obstetricians and Gynecologists non crede che il feto sia una persona. Ma le contraddizioni non sono finite: se esiste un obbligo di natura etica nel promuovere il benessere del feto, perché tale obbligo non viene tenuto in considerazione proprio quando si tratta di porre direttamente fine alla vita del feto, tramite l’aborto?

Se l’obbligo morale di promuovere il benessere del feto deriva dal fatto che il feto è una persona, allora perché il comitato ritiene lecita l’uccisione delle persone in fase fetale? Se il feto non è una persona, allora perché esiste l’obbligo di promuovere il suo benessere? Chissà se i preparatissimi medici e filosofi del comitato etico dell’American Congress of Obstetricians and Gynecologists saranno in grado di rispondere.


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05/06/2014 17:58
 
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Ecco come  si ingannano gli italiani




di Gian Luigi Gigli*
*neurologo  

da “Avvenire”,

 Caro direttore,

esiste in medicina un termine – mitridatismo – che indica il lento processo di assuefazione che può determinarsi in un organismo verso un veleno, quando esso venga somministrato ogni giorno a dosi non letali.

Questo processo di assuefazione si verifica purtroppo anche per gli organismi sociali a proposito delle ideologie del ‘politicamente corretto’. Basta proporre le idee controverse a piccole ma continue dosi, per evitare che esse vengano rigettate dal corpo sociale. Avendo questa accortezza, la società finisce per considerare anche i temi più controversi come qualcosa di normale, addirittura di già coralmente accettato e quindi, poco a poco, di indiscutibile, perdendo ogni capacità di opporsi, quasi fosse anestetizzata.

È quanto sta avvenendo per l’ideologia del ‘gender’ che le lobby Lgbt stanno instancabilmente promuovendo anche in Italia con la loro politica dei piccoli passi. Qualunque occasione è propizia, anche in Parlamento, per muoversi in questa direzione, dalla celebrazione della Giornata contro l’omofobia (evitando, ovvio, di celebrare la Giornata internazionale per la famiglia), all’assistenza integrativa per i deputati omosessuali, all’approvazione della Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne, nella quale si annida – per fortuna almeno individuato ed enucleato – il rifiuto del genere biologicamente inteso, a favore appunto di un ‘gender’ fondato sulla scelta dell’individuo.

Lo stesso discorso potremmo farlo per altri grandi temi. Basti pensare all’aborto, passato in 40 anni da crimine a dramma sociale di cui prendere atto, a scelta dolorosa cui prestare assistenza, a ‘diritto’, fino a incominciare a ipotizzare persino sanzioni verso chi – come i medici obiettori di coscienza – crei ‘ostacoli’ all’aborto on demand. Anche per l’eutanasia si è scelta la via del mitridatismo. Dalla saggia opposizione a ogni accanimento terapeutico, si è passati alla rivendicazione della possibilità di sospendere la ventilazione assistita (caso Welby), poi alla sospensione di nutrizione e idratazione a una disabile (caso Englaro), quindi a mascherare l’eutanasia omissiva come ‘desistenza’ terapeutica. E ora si intensifica il pressing radicale per l’eutanasia attiva e il suicidio assistito come diritto dell’individuo.

Il filo conduttore è sempre quello del primato dell’autodeterminazione sul riconoscimento di un valore sociale per la vita dei nostri simili e sul conseguente interesse comunitario a tutelarla. Il mitridatismo del politically correct ha da tempo penetrato ciò che resta della tradizione socialista che, sconfitta dalla logica del mercato, ha preferito ritirarsi dal fronte della giustizia sociale e attestarsi sulla linea dei cosiddetti diritti civili.

Al radicalismo manca ora solo la capitolazione dell’ultima roccaforte che ancora le si oppone, quella della cultura cattolica. E anche in questa cittadella c’è chi si fa intimorire dal preteso e intollerante pensiero unico – Marcello Veneziani ha parlato recentemente di «razzismo etico») – e rinuncia a opporsi culturalmente alla marea montante. Altri all’inverso sembrano preferire un’opposizione improduttiva, convinti che lo scontro fine a se stesso abbia una sua intrinseca bellezza, dimentichi che le battaglie vanno fatte per guadagnare posizioni o, quantomeno, per non perderne altre.

A questi ultimi, impegnati talvolta più sul versante della critica agli amici che in quello dell’agone culturale con gli avversari, vorrei solo ricordare sommessamente che occorre abituarsi «a rendere ragione della speranza» che è in noi, cercando alleati preziosi sul piano della ragionevolezza, pregando ogni giorno con san Tommaso Moro: «Signore, dammi il coraggio di cambiare le cose che posso cambiare, la forza per accettare quelle che non posso cambiare e la saggezza per distinguere le une dalle altre». È quanto con altri colleghi cerchiamo di fare ogni giorno in Parlamento, nella convinzione che in politica non basti la proclamazione dei princìpi, ma occorra piuttosto la ricerca del consenso sulla nostra agenda. È quanto abbiamo fatto sul tema del ‘gender’, facendo accogliere dal Governo un ordine del giorno con cui lo si impegna, nell’applicare la Convenzione di Istanbul, al rispetto della nostra Costituzione in tema di identità di genere.

Sarà tanto più facile costruire tale consenso anche in altre occasioni, quanto più invece di sparare sui parlamentari cattolici ci si indirizzerà invece a far crescere una nuova cultura nella società, capace di premere sulle istituzioni. I radicali questo fanno, da decenni. E noi?


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27/06/2014 22:55
 
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06/02/2015 22:01
 
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In una nuova pubblicità:
un inno alla vita! 

Pampers pubblicitàRecentemente la famosa marca di pannolini Pampers ha diffuso una nuova pubblicità, un inno alla vita che ha avuto molto successo nell’associazionismo pro-life internazionale, quotidianamente impegnato nel contrastare la “cultura dello scarto”, secondo la definizione del Santo Padre.

Il filmato (qui sotto) si apre con una madre incinta che accarezza amorevolmente la sua pancia, l’ecografia mostra il bambino che si muove nel grembo e dice il suo «primo ciao». Sotto il video pubblicato suYoutube (oltre un milione di visite in soli 15 giorni) si legge: «Dalla prima ecografia alla prima coccola, ogni primo momento è significativo, non importa quanto piccolo sembri. Sia per il bambino che la mamma questo è un viaggio pieno di “primi momenti”. E non c’è niente di più gratificante che sperimentarli assieme». Rivolgendosi ai nuovi genitoriPampers mette in evidenza alcuni di questi “primi momenti”, dal suo “primo russare” al tuo primo “pianto di gioia”, dal suo primo “mamma dove sei?” al tuo primo “sono qui”.

La cosa che è piaciuta di più è che Pampers si rivolga ai bambini non ancora nati con il pronome her” (“suo di lei”) invece che con “it” (“suo di esso”, riferito agli oggetti o agli animali), come viene usato dalla militanza abortista e pro-choice per mistificare la realtà. Durante il video pubblicitario precedente a questo, invece, i bambini venivano definiti dei «miracoli» che «meritano protezione».


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